Untitled - Flower Distribution
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Untitled - Flower Distribution
In questa semplice rubrica Vi voglio raccontare il tipo di esperimenti che stiamo cercando di realizzare all’interno del nostro punto vendita HANNIBAL Store di Torino dopo aver studiato per circa un anno alcune tecniche di neuromarketing di base. Da premettere che il Neuromarketing (nome coniato da Ale Smidts nel 2002) è quella scienza che aiuta a decifrare le reazioni del cervello umano a stimoli di natura fisica e chimica al fine di individuare i canali ideali di comunicazione e di propensione all’acquisto da parte del cliente. La mia curiosità e la voglia di approfondire la mia conoscenza in tale argomento hanno sempre avuto l’intento di identificare quelle tecniche di vendita che non siano solo ed esclusivamente relegate ad una buona selezione di prodotto ed una buona capacità oratoria da parte del venditore, che oggi, nel 2011, diamo assolutamente per scontata. Qui è dove tutto avviene: ecco lo showroom di via Bologna 220 a Torino Ciao a tutti. Sono seduto dietro la mia scrivania nel nostro showroom di Via Bologna 220 e sto cercando le parole e gli aggettivi giusti che descrivano in maniera efficace l’intento di questa nostra newsletter. Principalmente ritengo sia utilissimo nel 2011 decifrare i codici di quello che è diventato un grande business identificato come street fashion, tutte le sue sfaccettature e le sue diversità dettate da geografia e background socio culturali che divergono in maniera sostanziale fra stato e stato e per quanto ci riguarda fra regione e regione e ancora di più nel dettaglio fra provincia e provincia. E’ bene analizzare tutte le sue diramazioni colpendo e carpendo le differenze sostanziali fra i tantissimi brands in circolazione, le tecniche di marketing adottate dalle case madri ed il posizionamento del prodotto operato dai distributori e dai propri agenti, identificazione di un target di riferimento ben preciso legato ad età, gusti musicali e micro elementi di sottoculture oggi diventate assolutamente imprescindibili dal nostro operato e dalla nostra ricerca come addetti ai lavori. Sia ben chiaro che non è assolutamente nostra intenzione quella di salire in cattedra e dettare vade mecum o verità di alcuna natura, anzi, speriamo che questa newsletter diventi un elemento di scambio e confronto e che possa essere utile ad una crescita collettiva nel rispetto e nella stima del lavoro di ognuo di noi. Mi piace dover pensare di poter raccontare quelle che sono anche le nostre vicissitudini quotidiane legate ad un lavoro che amiamo perche così intriso di elementi a noi vicini che ci regalano la possibilità di sperimentare, viaggiare, conoscere e toccare con mano creatività e audacia di piccoli imprenditori che sognano di diventare grandi uomini spinti da qualcosa che vada ben oltre il fatturato ed i numeri. Mi piace davvero poter immaginare che tutte le persone con cui collaboriamo e interagiamo quotidianamente siano persone con una sensibilità imprenditoriale quasi romantica, attenti alla crescita personale ma anche spinti da una forza che non necessariamente sviluppi utili ma che appaghi la propria intraprendenza, sia allineata con il proprio passato di skater, di musicista, di stilista, di artista o semplice sognatore e che invogli a spingersi oltre, osare e sfidare le dinamiche tradizionali del commercio e del fare impresa. Spero di cuore sia questo un lavoro che possa in qualche modo tornarvi utile perlomeno per capire che i vostri sforzi sono condivisi e supportati da chi come voi cerca di spingersi oltre e sfidare nelle vesti di un piccolo Davide i tanti Golia senza anima e senza colore. Grazie Fabio Raffaeli CEO FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio Ovvio che riproporre gli stessi esperimenti che multinazionali dai budget quasi illimitati hanno già sviluppato all’interno di un micromondo come quello dello street-fashion è impresa assai ardua. Dobbiamo tenere anche in forte considerazione il senso critico che anima i nostri clienti e la percezione di prodotto che il nostro fruitore “tipo” ha sviluppato dai primi anni 90 ad oggi. E’ anche vero però che questi specifici canali di comunicazione tendono a colpire il cliente non in quanto appartenente ad una sottocagoria o ad una determinata sottocultura bensì sono sviluppati al fine di soddisfare i bisogni e le aspettative del cliente in quanto semplice essere umano. Come descrive in maniera più che accurata l’autore danese Martin Lindstrom nel suo libro BUYOLOGY ci sono diversi fattori che bisogna considerare e che possono spronare all’ acquisto. Il primo vero semplice esperimento che abbiamo tentato è stato quelo di creare un “scent” cioè un odore ben definito e identificabile all’interno del nostro punto vendita. Questo primo esperimento è legato alla stimolazione della sensorialità del cliente cioè lontano da tradizionali forme di comunicazioni molto più rumorose o evidenti come tradizionali offerte promozionali o banali catelloni pubblicitari. L’olfatto è un senso importantissimo che ci riporta a situazioni, ad esperienze vissute, a ricordi ben specifici che disegnano nel nostro cervello linee dirette con sentimenti alle volte in netto contrasto fra di loro. Un profumo specifico può ricordare una storia d’amore come l’acquisto di una nuova automobile, la casa della nonna o la sacralità di una chiesa. La base della fragranza del nostro punto vendita è stata scelta sulla base di quello che è considerato l’unico aroma che abbia il potere di riportare tutti al proprio stato primordiale cioè capace di rilassare e agire direttamente in maniera positiva fin dentro la nostra pancia: la Vaniglia, ossia l’unico aroma naturale che riporta al gusto del latte materno, gusto che non a caso anche un brand come la Coca cola ha associato ad una linea di prodotti in commercio ormai da anni in tutto il mondo. Nei primi anni 90 cosi come citato da Naomi Klein nel suo capolavoro NO LOGO la Nike già sperimentava queste tecniche di seduzione spruzzando buone dosi di feromoni e testosterone nei department stores da uomo e da donna con il chiaro intento di “eccitare” i propri clienti e renderli così piu propensi ad un acquisto impulsivo e di petto. Questa semplice tecnica legata all’identificazione di un odore ben definito ha dato secondo studi a livello mondiale una crescita del fatturato medio delle aziende nel mondo dell’abbigliamento di circa il 40% e vi garantisco che ha funzionato anche per noi!!! Abercrombie and Fitch si è spinta oltre spruzzando il proprio “scent” direttamente sui capi venduti all’interno dei propri negozi in modo da costruire un ricordo psico-emotivo positivo trasportandolo fino dentro le singole dimore di ognuno dei propri clienti. Costruire ricordi, è questo l’intento di queste tecniche, costruire rituali, costruire un legame quasi intimo con i propri clienti. Ikea ad Oslo in Norvegia ha da poco dato la possibilità ai propri clienti di dormire all’interno di camere preparate all’interno del proprio negozio trasformando ed adattando parte del piano espositivo ad una sorta di ostello low budget. L’intento è quello di fidelizzare il cliente. Se si riescie addirittura a fare dormire il proprio cliente all’interno del proprio punto vendita allora si è sicuri di aver costruito un ricordo associato a forme, odori, colori e suoni per lui assolutamente indelebile. Questo non vuol dire che si debba eliminare la sezione dedicata al denim nel proprio punto vendita e trasformare quello spazio in un piccolo albergo ma è utile capire come alcune di queste semplici tecniche possano aiutare davvero a sviluppare ricordi che aiutino a definire un’identità forte, unica, originale ed inequivocabile del proprio punto vendita in barba alle catene prive di di personalità e di carattere. FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio Tutte le stagioni, verso fine gennaio e intorno alla prima settimana di Luglio il rituale della campagna acquisti ripercorre tutti i suoi cliche’ ed i suoi stereotipi. Mentre i tanti agenti diversi contattano i propri clienti nella speranza di fissare appuntamenti e nella speranza di raggiungere gli obiettivi dettati dalle case madri in fase di riunione pre-campagna vendita, I clienti invece sono sempre un pò imprigionati da processi mentali che stagione dopo stagione si susseguono e che cercherò di ripercorrere nelle seguenti considerazioni: • • • • • • • • • • • quanto e come valuto il mio budget d’acquisto per la prossima stagione? sono sicuro di poter stabilire cosa si venderà fra 6/8 mesi? quanto osare in brands nuovi nella speranza di dare un segnale ai miei clienti di evoluzione e di ricerca? in che percentuale sarebbe saggio bilanciare l’inserimento di nuovi brand e l’acquisto di marchi consolidati? quanto la mia clientela è ricettiva su marchi sconosciuti? quanto pesa sulla decisione d’acquisto finale il brand e quanto pesa la fiducia che il mio cliente ripone nel mio punto vendita? che tipo di mark up mi consentono di fare le aziende con cui lavoro ormai da anni? esistono aziende che permettono di fare mark up più alti senza essere costretti a comprare a box? sono sicuro di offrire un brandmix completo? acquisto quello che piace a me o quello che piace ai miei clienti? meglio comprare tutto quello che mi serve in pre ordine o operare anche da stock sul pronto? Le domande sarebbero ancora tantissime ma la considerazione su cui voglio concentrarmi maggiormente adesso riguarda la ricerca di nuovi sbocchi imprenditoriali per i negozi di streetwear e la continua perplessità nell’osare in fase di acquisti. Purtoppo è un dato consolidato è che sono pochissimi i clienti italiani legati al mono street-fashion a investire del tempo in ricerca nelle varie fiere come il bread and butter, bright, who’s next?, vision, gallery, fresh ecc che danno la possibilità di avere una panoramica completa dell’offerta e dell’evoluzione del mercato. Da quando ad esempio il Bread and Butter è stato spostato nuovemente da Barcellona a Berlino il numero dei negozianti italiani vicini al nostro segmento è calato drasticamente. Forse qualcuno reputa sia una perdita di tempo, altri lo reputano uno spreco di energie finanziarie inutile, altri invece pensano che non ne valga la pena perche comunque da li a breve fisseranno gli appuntamenti con gli agenti di zona per i marchi di proprio interesse...è esattamente da qui che comincia la catena vorticosa di elementi a nostro sfavore. Mi spiego meglio. Spesso in Italia capita di avere all’interno dello stesso contenitore brands legati al mondo dell’urban piuttosto che della jeanseria evoluta associati in vetrina a brand scandinavi piuttosto che a brand nati in seno al mondo dello skateboarding lontanissimi gli uni dagli altri in comunicazione, posizionamento e concezione di fit e di prodotto. Questo a mio avviso è dovuto ad una povera sensibilità di agenti e commercianti che precisa, ben identificabile, associabile cioè a perfetti elementi legati al tipo di musica che si ascoltava, al tipo di locali che si frequentava, al tipo di intrattenimento che si ricercava, al tipo di attività extra scolastiche che si preferiva e spesso addirittura legati al tipo di alimentazione che si seguiva. Oggi tutto questo non esiste più, o perlomeno, è cambiato in maniera radicale. Il mercato è cresciuto, il mondo dello streetwear ha creato dei cross over prima assolutamente impensabili, sottocategorie di sottocategorie che spesso e volentieri si incrociano creando nuovi mondi, nuove forme di aggregazione sociale, nuovi linguaggi e nuovi potenziali sviluppi commerciali. Oggi è facile che un ragazzo di 22 anni ascolti musica elettronica cosi come frequenti serate di musica black, indossi jeans superskinny, tshirt senza grafica e new era oppure che uno skater abbracci l’hipsterismo estremo e che si lasci trasportare dalle note di una band indie venuta da Hackney per intrattenere orecchie sofisticate o solo alle volte per assecondare i gusti di un ego dal colore un pò troppo eccentrico. Quale dovrebbe essere il ruolo del nostro punto vendita in questo turbinìo di cambiamenti così repentini? La chiave di lettura è che oggi non dob- biamo aver paura di sperimentare, di percorrere vie alternative, di essere noi stessi proprietari di contenitori d’avanguardia pronti a mescolare nuovi ingredienti purchè sempre freschi e gustosi. Come ogni buon bar man o come ogni buon cuoco dobbiamo conoscere a perfezione gli ingredienti a nostra disposizione e tutte le possibili combinazioni fra loro. Sebbene il latte di cocco sia un ottimo ingrediente di base di sicuro non renderà il vostro bloodymary più raffinato. Sarà semplicemente un ingrediente casuale che altererà la percezione di quello che state offrendo. I nostri clienti devono carpire il nostro impegno, il nostro studio, la nostra ricerca e noi dobbiamo essere in grado di fargli respirare l’idea ed il concept del prodotto stesso. Fiere, blogs, magazines, webzine...questi sono i nuovi strumenti a nostra disposizione per capire che direzione far prendere al nostro punto vendita, che evoluzione subire non per seguire in maniera ottusa il mercato ma per diventare noi i primi leader nel nostro settore, per interagire con le forze che lo governano e che lo animano. Rimanere solo ancorati ai brand consolidati potrebbe in qualche modo creare delle sicurezze di fatturato illusorie a breve termine ma come stiamo esaminando in tutta Italia i vecchi contenitori hanno stufato e man mano stanno lasciando sempre piu share di mercato a nuovi spazi che osano, sperimentano, mischiano categorie mercelogiche e non sono più ancorati a logiche stantie e brand stanchi e ripetitivi. Questi nuovi spazi hanno ridato allo street fashion nuova vita, un tocco di passione e poesia che i clienti percepiscono e che premiano. Creiamo un parallelismo forzato fra il negozio vecchio stampo ed un orologio. Entrambi svolgono la loro funzione ma ahimè svolgono una sola funzione senza libertà di sfoghi alternativi e mansioni diverse. Di contro invece un nuovo I-phone offre l’ora precisa esattamente come il vecchio orologio ma al contempo giusto qualche migliaio di applicazioni in più, abbracciando in maniera esaustiva la voglia di informazione, la voglia di intrattenimento e servizi multitasking oggi indispensabili per essere competitivi. Questo è quello che i nostri contenitori dovrebbero rappresentare ricercando ed offrendo un brandmix intelligente, mirato, stravagante ma coerente unendo fashion, arte, musica, fotografia e tutti gli elementi per creare uno spazio poliedrico e polifunzionale per avere e respirare la libertà di poter osare senza rischiare di rimanere intrappolati in un tunnel con una sola via d’uscita. A buon imprenditor... inseriscono in maniera a volte casuale a volte seriale i marchi in questione creando lacune spaventose di informazione e formazione del cliente finale che da ignaro consumatore non riuscirà mai a percepire e scindere quali siano le origini, il concept e la comunicazione legate al singolo brand con una conseguente inevitabile involuzione del mercato stesso. L’importante è che si venda? Bene, le cose oggi non stanno proprio cosi... Lo streetwear nell’arco di qualche anno si è evoluto in qualcosa di decisamente più raffinato e tocca sfere che vanno ben oltre il brand, il prodotto o la semplice vendita veloce da cassetto. Qualche anno fa come tutti sappiamo, il pantalone baggy ed un determinato tipo di scarpa automaticamente proiettava il cliente all’interno di una categoria ben FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio Faccio il grafico e sono nell’ambiente pubblicitario creativo già dai tempi delle superiori, e ragazzi si parla di anni ‘90 che a me sembra ieri ed oggi è acclamata corrente neo vintage con tanto di reissue delle magliette del mercato con le facce dei ragazzi di Beverly Hills 90210, ve le ricordate? Io avevo qualla di Dylan, non so perchè. Nell’estate del 2009 dopo un breve e squattrinatissimo soggiorno solitario a New York City sui divani di amici di amici, e sopratutto dopo aver passato quel breve periodo a contatto con un numero incredibile di gente contenta e appassionata di quello che faceva e che avrebbe potuto elencarmi almeno 10 ottime ragioni per le quali avevano scelto di fare quello che facevano e non tutti erano lavori creativi sia chiaro, me ne torno a Torino, da una parte tristissimo ma dall’altra con le idee chiarissime dopo anni di “si va beh...”, “ehh magari...” oppure “sarebbe bello però”. Come l’Alchimista vorrebbe, a quel punto, subito dopo il ritorno, ricevo una proposta di collaborazione con Flower Distribution per lavori di publicità, grafica, per creare artworks e quant’altro. Mi interessava sicuramente l’ambiente fashion, textile design e i brand che erano collegati ad un certo background musicale e sottoculturale che avevo. Il mio interesse al tempo si fermava ad un livello di consumo critico del tipo “compro questo marchio perchè...” e giù di motivazioni che andavano da teorie consumeristiche alla mera simpatia o emulazione. Poi col tempo inizio ad entrare sempre di più nei meccanismi, nei tempi e nel gergo di chi crea e vende moda, sempre di più. Andiamo al Bread And Butter a Berlino e in quella fiera mi si apre un mondo fatato dove tutti sono persone interessanti e pure belle, giustamente eccentriche ed energiche. Inizio a frequentare giornalmente tutti i blog che trattano certi marchi e un certo stile legato a tutto ciò che deriva dallo streetwear. Inizio a scervellarmi creando categorie e sottocategorie all’interno di sottoculture e trend, per poi sezionarle maniacalmente ancora una volta e ritagliare microsegmenti di pubblico/target. Passo dal conoscere alcuni brand legati allo skateboarding perchè li indossavano amici all’incontrare i fondatori di brand super hype come 10deep, Mishka, Wemoto o CTRL. Tutto questo e poi di nuovo pianeta terra, casa, Torino e i processi mentali nel mediare tra quello che è un mondo idilliaco di marchi sconosciuti bellissimi e sempre nuovi con quella che è la realtà di tutti i giorni, avendo al che fare con clienti che giustamente non sanno niente di quello che ho visto, della creatività, e che non hanno la minima idea che queste cose e certe dinamiche esistano, e che tra l’altro sicuramente manco gli interessano. Loro, 49 volte su 50, vogliono un prodotto, che li convinca, che sia cool abbastanza o che sia rassicurante, e che costi una cifra ragionevole. Questo non significa affatto che queste 49 persone su 50 non abbiano un gusto proprio, o che non siano sensibili alle novità e a ciò che il negoziante gli propone o alla freschezza di idee nuove. Passando da outsider a insider del mondo del fashion, che non è solo bread and butter ma anche il negozio del paese di 3000 abitanti nel quale sono cresciuto, quello che ho capito è che a tutti piace l’entusiasmo, e che l’entusiasmo è contagioso. Approdare ad una linea che sta a metà tra l’essere addetto ai lavori e semplice fruitore significa mediare, facedo tentativi, ma sempre cercando di spingere quello che a Te, negoziante in primis, piace e convince. Ci sono mille idee là fuori e basta guardare due siti internet per capirlo, tutti dovremmo essere qui per una ragione soltanto che dovrebbe essere tanto semplice quanto pronunciare la sacrosanta frase”lo faccio perchè mi piace”. Spero che sia così anche nella maggioparte dei vostri casi e che Flower Distribution vi sia una graditissima complice. Enrico Grosso, Flower Ditribution Ecco i layout grafici delle 6 pagine pubblicate su VICE negli ultimi mesi: Immagine by The Sartorialist © ( http://thesartorialist.blogspot.com - non avete idea di quante volte abbia visitato questo blog) FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio FLOWER DISTRIBUTION NEWSLETTER - Flower Distribution SRL, via Bologna 220, 10154 Torino - www.flowerdistribution.it - Stampato in Proprio