6 La misura del tempo - Il Liceo “G. Cesare

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6 La misura del tempo - Il Liceo “G. Cesare
12 LA MISURA DEL TEMPO
12.1 II calendario.
Il termine «calendario» deriva da Kalendae (dal verbo calare, «chiamare, convocare»), il primo giorno del
mese in cui il collegio dei pontefici chiamava a raccolta la popolazione per informarla sulle scadenze
imminenti. Originariamente il calendarium era il registro usato dagli usurai per annotare i nomi dei debitori
e le somme prese a prestito, i cui pagamenti a rate avvenivano appunto il primo giorno del mese. A questo
proposito, l'espressione «alle Calende greche», ancor oggi in uso, risale ad Augusto che la introdusse per
indicare in tono scherzoso il giorno in cui alcuni debitori avrebbero saldato i loro debiti, cioè mai dal
momento che nel calendario greco le Calende non esistevano.
Successivamente il termine calendarium passò anche a indicare il libricino su cui venivano registrate le
variazione dei giorni e dei mesi in rapporto alle fasi lunari; inizialmente, infatti, il calendario era di tipo
lunare e comprendeva 304 giorni che erano suddivisi in 10 mesi.
Secondo la tradizione, fu Romolo a istituire questo primo calendario e a dare il nome ai mesi, a iniziare da
marzo, il mese che coincide con il risveglio della natura: Martius (dedicato a Marte), Aprilis, (da aperio, in
riferimento all'aprirsi delle gemme), Maius (sacro a Maia, madre di Mercurio), Iunius (sacro a Giunone e
quindi mese propizio ai matrimoni), Quintilis, Sextilis, September, October, November, December
(rispettivamente 5°, 6°, 7°, 8°, 9°, 10° mese dell'anno).
Con questa scansione, però, le stagioni venivano a trovarsi del tutto sfasate rispetto ai mesi: perciò una
successiva riforma, attribuita a Numa Pompilio, portò l'anno a 355 giorni ed elevò i mesi a 12, con l'aggiunta
di Ianuarius (sacro al dio Giano) e di Februarins (da februa, cerimonia di purificazione).
Ma anche così i cicli della luna non coincidevano con quelli del sole e, per colmare la differenza, ogni due
anni e su proposta del collegio dei pontefici, veniva aggiunto un mese supplementare, detto mensis
intercalaris.
In seguito, nel 46 a.C. Giulio Cesare, in qualità di pontefice, introdusse un nuovo calendario che da lui prese
il nome di «giuliano»: esso si basava sul ciclo solare e, secondo i calcoli dell'astronomo Sosigene, aveva una
durata di 365 giorni e 6 ore. Inoltre, proprio per compensare questo scarto di ore, si stabilì che ogni quattro
anni si aggiungesse al mese di febbraio un giorno supplementare ripetendo il 24 febbraio, cioè il sesto giorno
prima delle Calende di marzo, indicato come bis sextus, e proprio da questo fatto l'anno di 366 giorni fu
chiamato «bisestile». Da allora il calendario giuliano è rimasto in uso fino ai giorni nostri, con un ulteriore
aggiustamento introdotto nel XVI sec. dal papa Gregorio XIII che, per ovviare ad un errore di calcolo (l'anno
solare dura in realtà 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 36 secondi), stabilì di saltare un anno bisestile ogni 400
anni. Per quanto riguarda i mesi, il calendario giuliano ne mantenne 12, composti dello stesso numero di
giorni che conservano ancor oggi, e lasciò invariati anche i loro nomi, compresi quelli derivati dagli aggettivi
numerali che indicavano l'ordine di successione dal quinto (diventato ormai il settimo) al decimo (in realtà il
dodicesimo). Più tardi Quintilis, Sextilis furono chiamati Iulius e Augustus in onore di Giulio Cesare e di
Augusto e così l'intera denominazione dei mesi si è trasmessa con poche variazioni fonetiche non solo
nell'italiano e nelle altre lingue neolatine, ma anche nell'inglese.
12.2 Le ore.
Fino al III sec. a.C. i Romani non ebbero a disposizione nessuno strumento per misurare il tempo: basandosi
sulla luce solare, essi suddividevano il giorno in nox, che
andava dal tramonto all'alba, e dies, che iniziava all'alba, ortu solis, culminava nel mezzogiorno, meridies, e
terminava al tramonto, occasu.
Verso il 291 a.C. Lucio Papirio Cursore portò a Roma da Catania una meridiana (solarium), cioè un orologio
basato sul movimento del sole: esso era costituito da un ago che, essendo fissato perpendicolarmente su una
superficie piana, segnava le ore con la sua ombra. Questo primo orologio, però, non era esatto perché era
regolato secondo la latitudine di Catania, così nel 164 a.C. fu introdotta a Roma un'altra meridiana,
appositamente costruita per la città.
Con l'introduzione del solarium il dies fu suddiviso in 12 horae, che erano indicate con il numerale ordinale
(hora prima, secunda, tertia, ecc); esse andavano dalle sei di mattina alle sei di sera ed erano della stessa
durata solo nei giorni dell'equinozio, cioè il 21 marzo e il 21 settembre. In tutti gli altri periodi dell'anno,
invece, dal momento che il sorgere e il tramontare del sole varia a seconda delle stagioni (in estate si ha l'alba
verso le 5 del mattino, in inverno verso le 7,30; così si ha il tramonto intorno alle ore 20 in estate, intorno alle
16,30 in inverno), lo spazio diurno da dividere era diverso e l’hora variava quindi di conseguenza.
La nox era invece suddivisa in 4 vigiliae di tre ore ciascuna, che corrispondevano ai turni di guardia dei
soldati.
Ecco lo schema generale delle suddivisioni del giorno e della notte in horae e vigiliae e la corrispondenza
approssimativa con le nostre ore:
6-7
7-8
8-9
9-10-
10-11
11-12
12-13
13-14
14-15
15-16
16-17
17-18
18-21
21-24
24-3
3-6
Hora II
Hora III
Hora IV
Hora V
Hora VI
Hora VII
Hora VII
Hora VIII
Hora IX
Hora X
Hora XI
Prima vigilia
Seconda vigilia
Termia vigilia
Quarta vigilia
notte
Hora I
giorno