L`arte di fare le domande giuste in mediazione
Transcript
L`arte di fare le domande giuste in mediazione
PAGE 15 MEDIAZIONE L'arte di fare le domande giuste in mediazione di Silvia Piazzolla Il setting di mediazione è un luogo “magico” (nella accezione generativa) dove viene stimolata la trasformazione delle posizioni conflittuali in una ottica collaborativa. Il mediatore ha la consapevolezza che fin dall’infanzia veniamo “programmati” e seguiamo una mappa fatta di comportamenti che danno forma alla nostra personalità e alle nostre idee sulla vita e sugli altri. Ciascun individuo “funziona” a partire da una certa mappa del mondo, da “come” vede la realtà e dalle esperienze passate. Ognuno di noi legge la realtà con i suoi filtri. Le nostre esperienze mentali non sono la realtà ma una nostra rappresentazione della stessa e la mappa non è il territorio. L’ambiente genera i comportamenti; i comportamenti le capacità; le capacità le convinzioni; le convinzioni i valori; all’apice l’identità. Le convinzioni possono essere riferite agli altri, a se stessi, al mondo. Possono essere potenzianti o limitanti. Il problema portato in mediazione è la distanza tra lo stato presente (posizione conflittuale dichiarata) e lo stato desiderato (l’interesse sotteso). Stato problema = posizione conflittuale dichiarata (sorretto da convinzioni limitanti) | mettere in dubbio (attraverso la confrontazione con le domande giuste) | apertura al cambiamento del sistema di credenze (cosa potresti dire di diverso rispetto a…..? Cosa succederebbe se…….?) | Stato desiderato = interesse sotteso (sorretto da convinzioni potenzianti) Ogni persona ha tutte le capacità e le risorse per fare qualsiasi cosa. Un principio della PNL dice che se c’è una persona capace di fare qualcosa, tutti lo possono fare. Le cause di un problema non sono oggettive ma dipendono dalla rappresentazione che il soggetto ne fa, in base al suo sistema di credenze. Il metamodello fornisce risorse tra lo stato presente e lo stato desiderato. In PNL il LINGUAGGIO DI PRECISIONE è detto METAMODELLO. Comunicare è indispensabile. Il metamodello è uno strumento che serve a “stanare” le nostre convinzioni che ci condizionano la vita. Gandhi nella “Fabbrica del pensiero” scriveva: “le tue convinzioni diventano i tuoi pensieri; i tuoi pensieri diventano le tue parole; le tue parole diventano le tue azioni, le tue azioni diventano le tue abitudini, le tue abitudini diventano i tuoi valori, i tuoi valori diventano i tuoi destini”; Gandhi aveva capito che le credenze formano le nostre mappe. La convinzione è una idea che si concretizza e ci condiziona. Le convinzioni sono come i filtri di una macchina fotografica attraverso i quali cambia la prospettiva del mondo. Le convinzioni ci fanno interpretare la realtà. Il Metamodello è l’arte di fare le domande giuste per ottenere informazioni mirate per andare verso l’obiettivo di aiutare sé o gli altri a chiarire le intenzioni. L’obiettivo è: 1) avere informazioni per 2) provocare cambiamenti (cambiando prospettiva). Tutto nella nostra vita (esperienze, abilità, emozioni, relazioni) dipende dalle mappe costruite. Le nostre mappe di navigazione determinano le esperienze. Giudicarle giuste o sbagliate non serve. E’ importante sempre valutare se ci potenziano o se ci limitano nel viaggio. Il M. ci offre un codice per entrare nelle nostre mappe mentali. Ci indica come interrogarle per essere in grado di trarre da esse mappe più ricche e più utili. Il termine meta modello si riferisce a qualsiasi modello che sia meta o superiore al suo contenuto. “Andare meta” significa spostarsi ad un livello di consapevolezza superiore, in modo da poter “pensare e provare” sensazioni a riguardo del livello precedente. La distinzione tra modello e realtà è stata sottolineata da Alfred Korzybsky nel suo libro “Scienze e Sanità” del 1933. La mappa VAKOG rappresenta la struttura profonda dell’esperienza soggettiva che viene portata alla struttura superficiale e tradotta in parole e frasi attraverso violazioni universali del linguaggio o filtri; tali meccanismi sono: CANCELLAZIONI, GENERALIZZAZIONI, DEFORMAZIONI (tutti modi per distorcere la realtà). Là dove la struttura superficiale è impoverita, può essere utile tornale alla struttura profonda attraverso l’uso del metamodello, una tecnica di PNL che agisce direttamente sul linguaggio. Le domande del Metamodello danno subito un orientamento. Quando si raccolgono le informazioni, occorre ricordare le 6 W, care ai giornalisti: cosa (what), quale (which), chi (who), quando (when), dove (where), perché (why), ricordando che le cause del problema non sono oggettive, dipendono dal sistema di credenze e che PAGE 16 MEDIAZIONE e che il “perché” non riguarda il metamodello. Quando una persona esclude un intero sistema rappresentazionale, le sue esperienze si riducono. Il segreto è quello di ripetere mentalmente ciò che l’altro dice (ciò serve ad evitare il dialogo interno). Il M. deriva dallo studio ed applicazione della grammatica generativa trasformazionale (Noam Chomsky). La strategia del Metamodello è: - identificare le violazioni del linguaggio; - conoscere l’obiettivo; - porre domande; - verificare le risposte; - acquisire informazioni utilizzandole verso l’obiettivo stesso. Persone, posti, cose, attività, tempo sono i primi punti da considerare nella raccolta delle informazioni. Esse formeranno il quadro dal quale partire per portare alla consapevolezza ed al cambiamento. Le domande chiave sono -cosa…..? -come…..? es. “rispetto” ” cosa intendi specificamente per rispetto? “ come per te una persona deve essere rispettosa?” Per conoscere le violazioni del linguaggio è bene cominciare dalle a) GENERALIZZAZIONI Una parte dell’esperienza viene separata da quella originaria e ne rappresenta la categoria. 1) Quantificazioni universali: “tutti, nessuno, ognuno, sempre, mai, ogni volta che” Es. “Lei/Lui non mi ascolta mai” Dom. “Mai? Proprio mai? C’è mai stata una volta in cui l’ha ascoltata/o?” Sfidare le generalizzazioni può essere molto utile per portare la persona ad una realtà da cui sta fuggendo. Es. “Tutti gli uomini sono insensibili” (ripetere il quantificatore come fosse una domanda: “insensibili?” Dom. “Tutti gli uomini?” (esagerare in modo paradossale) Dom. “Stai dicendo che proprio ogni uomo che hai incontrato in tutta la tua vita era insensibile?” (contro esempio) “Hai mai incontrato un uomo che ti ha dimostrato di essere sensibile?” Oppure “Puoi pensare ad un uomo che in qualche modo ha dimostrato di essere sensibile?” 2) Operatori modali Sono quelle particelle che si aggiungono all’azione per indicarne i vari gradi di NECESSITÀ (devo / non devo / dovrei / è necessario) di POSSIBILITÀ (posso / non posso / potrei / è possibile) di VOLONTA’ (voglio / non voglio / vorrei). Es. “ non posso chiedere attenzioni a mia madre” (implica un quantificatore universale “NON POSSO MAI”) Dom. “che cosa accadrebbe se tu lo facessi? Cosa ti ha obbligato sino ad ora”? (questa domanda serve a raccogliere informazioni su conseguenze prevedibili) Dom. “ che cosa succederebbe se tu potessi?” Dom. “che cosa te lo impedisce?” (questa domanda fa ottenere informazioni riguardo ad ostacoli presenti e passati e mette in luce “vantaggi secondari”). b) CANCELLAZIONI Violazione che porta a considerare dell’esperienza, SOLO quelle parti che sono utili in un contesto. La struttura profonda è quella dove c’è tutto il nostro vissuto. Il linguaggio rappresenta la struttura superficiale, porta al di fuori quella che è la struttura profonda ma, per semplificare le cose, utilizza generalizzazioni, cancellazioni, deformazioni. PAGE 17 MEDIAZIONE Per recuperare informazioni cancellate è opportuno procedere a domande di specificazione (d. di confrontazione). Es. alcune persone sono davvero sensibili Dom. “quali persone specificamente?” Risp. Tutte Dom. “e chi in particolare tra tutte?” Ci sono: - cancellazioni semplici, es. “sono debole”. Domanda “cosa intendi per debole?”. Es. “non sono portato per la matematica”. Domanda: “Cosa intendi specificamente per non essere portato?”, “Come ha la certezza di non essere portato?”, “Ti è mai capitato di riuscire a….?” - mancanze di comparativo, es. “è meglio restare”. Domanda “è meglio di cosa?” - spostamento degli indici referenziali, es. “hai presente quando tu..” . Domanda “tu chi?”; - falsi avverbi, es. “chiaramente, naturalmente”; - verbi non specificati, es. “lui mi rifiuta”. Domanda “come ti rifiuta?”; - nominalizzazioni: sono parole che sono state girate in sostantivi. Sono statiche. Sono verbi usati come sostantivi. Es. “la mia frustrazione è grande”. Frustare è un verbo ma in questo caso viene usato come sostantivo. Per ottenere informazioni possiamo “sfidare” le nominalizzazioni. Quando una persona invece di usare un verbo, usa un nome è come se facesse un “fermo immagine”, una sosta e si blocca. Usando un verbo, invece, dà movimento. es. Felicità; domanda di processo: “chi è felice, riguardo a che cosa?” Doppie Nominalizzazioni: es. livello di abilità domanda di processo “chi è abile in che cosa?” Nominalizzazioni insolite Es. come il vento Dom. “come si muove l’aria?” E’ importante “addolcire” le domande del M.: “mi piacerebbe sapere; mi chiedo come mai; potresti essere più precisa?; sono curioso di sapere”. c) DEFORMAZIONI Noi ricordiamo, modifichiamo, interpretiamo a seconda delle convinzioni. 1) causa / effetto Ovvero x determina y. Si da per scontato che qualcuno abbia il potere di provocare stati interni nelle altre persone. In verità ciascuno è responsabile dei suoi stati interni. Es. “mi ha fatto arrabbiare” Domanda “in che modo ti fa arrabbiare?” “come specificamente ti arrabbi?” 2) lettura della mente E’ quel meccanismo che mettiamo in atto quando ci comportiamo come se sapessimo cosa sta pensando o provando un’altra persona. Es. “so cosa stai pensando” Domanda “come fai a saperlo?” 3) performativo mancante Manca chi da il giudizio di valore. Es. “E’ sbagliato essere disordinato”. Domanda “ Chi dice che è sbagliato? Per chi è sbagliato? Come fai a sapere che è sbagliato?” 4) equivalenza complessa Ovvero x è uguale a y. Quando due o più esperienze sono interpretate come sinonimi. Es. “quando mi guardano, so che mi giudicano” PAGE 18 MEDIAZIONE La caratteristica di base è che si danno per equivalenti cose o azioni che equivalenti non sono. Smontare una convinzione limitante significa recuperare possibilità di scelta cioè allargare la mappa del mondo. 5) presupposti Sono uno degli strumenti più potenti della comunicazione. Es. “quando tornerà comprenderà tante cose” (il presupposto è che tornerà e che capirà delle cose) Domanda “che cosa ti fa pensare che tornerà e che capirà allora? Il metamodello è uno strumento molto efficace. Mi sono esercitata e divertita a riconoscerne le violazioni nel contesto professionale in cui opero, nella vita di tutti i giorni, nei film che vedo. Un caro collega ed amico Stefano Cera ha fatto del cinema uno strumento della sua attività di formazione utilizzandolo al servizio della formazione nella gestione dei conflitti. C’è un film Don Juan De Marco – Maestro d’amore (commedia sentimentale, con la regia di Jeremy Leven, 1995, interpreti Johnny Depp nel ruolo di Don Juan e Marlon Brando nel ruolo del dott. Jack Mickler) la cui scena topica ci mostra come fare le domande giuste in un contesto di “crisi”, come quello del conflitto in mediazione. La storia del film narra le gesta di un giovane che si crede Don Juan (interpretato da Johnny Depp) il quale dopo aver sedotto con la sua irresistibile corte una donna in attesa del fidanzato al ristorante, decide di suicidarsi. Ecco la scena: siamo sul tetto di un palazzo, ad un passo dal gesto estremo. Il giovane “Don Juan” ha chiesto ai poliziotti di duellare con Don Francesco Da Silva. Interviene il Dott. Jack Mickler, psichiatra, che spacciandosi per lo zio Don Octavio De Flores instaura un rapport tale da farlo desistere dal suo proposito nefasto. Ciò attraverso la sospensione del giudizio, la calibrazione, l’allineamento all’altrui “follia” con il rispecchiamento ed il ricalco, per poi procedere con la guida fuori dal “problema”. Nel dettaglio... - Dott. Mickler: “come mai dopo tutti i vostri successi il grande Don Juan desidera concludere la sua vita?” - Don Juan: “perché non resta niente per cui vivere” (‘niente’ è una violazione del metamodello, cioè una generalizzazione, un quantificatore universale. La domanda di confrontazione è quella che pone il Dott. Mickler di seguito..) - Dott. Mickler: “intendete dire che non c’è assolutamente niente?” (in altri termini… non c’è proprio niente per cui valga la pena vivere? Almeno una cosa?) - Don Juan: “Dona Ana” (la sua amata) - Dott. Mickler: ”questa giovane donzella… deve essere davvero speciale” (a seguire la domanda di specificazione...) “Mi piacerebbe molto sapere qualcosa di lei” (in altri termini è come se dicesse: cosa intendi per “speciale”? Cosa è speciale per te?). - Don Juan: “Non avete mai incontrato…..” (il rapport è instaurato. Da ora in poi comincia la fase della comprensione, del ricalco e della guida…) - Dott. Mickler: “perché perdere la speranza insieme alla vita? Non dovete dimenticare che il potere dell’amore di Don Juan è eterno e nessuno lo può negare” - Don Juan: “ Vi chiedo scusa per esservi apparso debole, Don Octavio” - Dott. Mickler: “vi prego” - Don Juan: “ accetto” Missione compiuta, Dott. Mickler! Il cinema insegna ed ora tocca a voi. Stanate le violazioni del metamodello e ristrutturatele… buon divertimento! Silvia Piazzolla (avvocato, mediatore familiare e civile, master practitioner pnl)