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Corso ECM on line MODULO DIDATTICO 2 Bifosfonati: caratteristiche farmacologiche e indicazioni all’utilizzo I bifosfonati, analoghi sintetici dei pirofosfati introdotti sul mercato negli anni ’70, sono un gruppo di farmaci ampiamente raccomandati e utilizzati per ridurre il rischio di osteoporosi nelle donne in menopausa, e impiegati nella terapia della malattia di Paget, in chirurgia ortopedica, negli iperparatiroidismi e in corso di terapie corticosteroidee prolungate. Basandosi sulle linee guida dell’American Society of Clinical Oncology, l’uso dei bifosfonati è inoltre da considerarsi il trattamento di elezione per l’ipercalcemia moderata e severa associata a neoplasie e per le lesioni osteolitiche metastatiche, associate al tumore della mammella o della prostata o al mieloma multiplo, in combinazione con altri agenti chemioterapici (1-4). Il loro meccanismo d’azione prevede l’inibizione del riassorbimento del tessuto osseo da parte degli osteoclasti. I bifosfonati sono assorbiti dai cristalli d’idrossiapatite riducendo il tasso di ricambio osseo e il suo dissolvimento aumentando così il volume osseo sia a livello corticale sia trabecolare. Essi non vengono metabolizzati e quindi permangono nell’osso, a concentrazioni elevate, anche per lunghi periodi di tempo. Quando un sito osseo, in cui il bifosfonato è stato trattenuto, si riattiva anche dopo mesi o anni di quiescenza, il farmaco viene liberato dai cristalli di idrossiapatite e rientra in circolo. È stato ipotizzato che i bifosfonati possano agire a livello del ricambio osseo su differenti livelli. A livello tissutale, inibiscono il riassorbimento osseo riducendone il turn-over, così come viene indicato da differenti markers biochimici; a livello cellulare, hanno come target gli osteoclasti, inibendone la funzione e diminuendone il reclutamento, la vita REVIEW Osteonecrosi mascellare da bifosfonati: lo stato dell’arte Paolo G. Arduino, Lucia Reggio, Roberto Broccoletti, Mario Carbone. Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Giovanni Battista di Torino Dipartimento Capo e Collo: Centro di eccellenza, assistenza-didattica e ricerca in Campo odontostomatologico, c/o Unito Lingotto Dental School I PREMESSA: nel 2003 vengono segnalati in letteratura i primi casi di una probabile relazione fra terapia endovenosa con bifosfonati e necrosi avascolare alle ossa mascellari, dovuti fondamentalmente a manovre di avulsioni dentarie o traumi accidentali. L’effetto anti-angiogenico attribuito ai bifosfonati, probabilmente dovuto alla capacità di ridurre il livello circolatorio del fattore di crescita vascolo-endoteliale, sommato a microtraumi e successivi fenomeni di natura infiammatoria, potrebbe giocare un ruolo importante nel determinare i cambiamenti ischemici responsabili di tale fenomeno necrotico a livello osseo. I IL PROBLEMA: il quadro clinico si presenta come un focolaio osteomielitico, singolo o multiplo, che appare nelle fasi iniziali come una banale patologia infiammatoria alveolare, refrattaria alle comuni manovre terapeutiche locali e sistemiche; il focolaio tende poi a estendersi in zone limitrofe fino a manifestarsi come vaste aree di necrosi ossea; l’osso esposto è di colore giallo-biancastro, circondato da aree mucose fortemente edematose e arrossate. Il paziente riferisce una forte sintomatologia algica e difficoltà nell’alimentarsi (il dolore è solitamente resistente ai comuni farmaci antinfiammatori), e vengono riportate zone di parestesia cutanea; il focolaio di necrosi può accompagnarsi ad ascessi più o meno gravi che tendono a guarire solo parzialmente con la terapia antibiotica e solitamente diventano cronici. I CONCLUSIONI: i pazienti che devono intraprendere una terapia endovenosa con bifosfonati dovrebbero essere informati su questa possibile complicanza. A oggi non esistono dati scientifici certi e un protocollo chiaro sulle corrette modalità da seguire per la prevenzione di questa complicanza. media e l’attività sulla superficie ossea stessa; infine, a livello molecolare, è stato ipotizzato che i bifosfonati modulino la funzione osteoclastica interagendo con recettori cellulari di superficie ed enzimi intracellulari. Anno II - n°2 - maggio 2009 15 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE I bifosfonati si distinguono sulla base della struttura chimica delle catene laterali. I bifosfonati possono essere fra loro distinti per la diversa struttura chimica delle catene laterali dalle quali dipende la potenza relativa, l’affinità e il grado di tossicità, in non amino-bifosfonati (acido etidronico, acido clodronico, acido tiludronico), che vengono metabolizzati all’interno delle cellule in composti citotossici, e in amino-bifosfonati (acido alendronico, acido ibandronico, acido pamidronico, acido risedronico, acido zoledronico), caratterizzati invece da una maggiore potenza per quanto riguarda l’effetto inibente il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti (tabella I). Gli amino-bifosfonati determinano l’apoptosi degli osteoclasti mediante l’inibizione della fase di isoprenilazione nella sintesi del colesterolo. Ne consegue quindi un deficit di alcune proteine indispensabili per la sopravvivenza e l’attività degli osteoclasti. I non amino-bifosfonati, invece, determinano un’inibizione dell’attività osteoclastica. Essi vengono metabolizzati all’interno dell’osteoclasta e incorporati in un analogo dell’ATP non idrolizzabile. Vengono quindi inibiti enzimi che utilizzano l’ATP indispensabili per l’attività dell’osteoclasta. Il metabolismo del tessuto osseo è caratte- rizzato dal continuo alternarsi di apposizione, risultato dell’attività osteoblastica, e riassorbimento, esito dell’azione degli osteoclasti (2). La differenziazione e l’attivazione della linea osteoclastica è stimolata dal sistema RANKRANKligando, che nell’osso sano è controllata dalla secrezione, a opera degli osteoblasti, dell’osteoprotegerina, proteina in grado di bloccare l’attività osteoclastica (5). Nella regolazione di questo delicato equilibrio entrano in gioco PTH, calcitonina ed estrogeni. Questi ultimi possiedono loro ricettori su diverse linee cellulari presenti nell’osso e agiscono stimolando la produzione di osteoprotegerina e bloccando quindi il sistema RANK-RANKligando e la conseguente attivazione osteoclastica (2); sono inoltre in grado di indurre direttamente l’apoptosi degli osteoclasti in attività (6). Tumori solidi come principalmente il carcinoma mammario o prostatico, ma anche vescicale, epatico, renale, a origine tiroidea o il melanoma, danno frequentemente secondarismi ossei. Le metastasi possono essere osteolitiche o osteoaddensanti, in entrambi i casi vi è un’alterazione del normale metabolismo osseo (7): le cellule CLASSIFICAZIONE DEI BIFOSFONATI E INDICAZIONI TERAPEUTICHE AMINO-BIFOSFONATI Principio attivo I Acido zoledronico I Acido pamidronico I Acido alendronico I Acido ibandronico I Acido risedronico Nome commerciale Potenza relativa Via di somministrazione Utilizzo Zometa Aclasta 10000 Endovena Pz oncologici Osteoporosi Aredia 100 Endovena Pz oncologici Fosamax 1500 Per os Osteoporosi Boniva 750 Per os endovena Osteoporosi Actonel 2000 Per os Osteoporosi NON AMINO-BIFOSFONATI Principio attivo Nome commerciale Potenza relativa Via di somministrazione Utilizzo I Acido etidronico Didronel 1 Per os Osteoporosi Skelid 10 Per os Osteoporosi Difosfonal 10 Intramuscolo Osteoporosi I Acido tiludronico I Clodronato Tabella I 16 Anno II - n°2 - maggio 2009 REVIEW tumorali sono in grado di secernere PTHrP (parathyroid hormonerelated protein) (8) che stimola l’espressione, a opera di osteoblasti e cellule stromali, del RANKligando, il quale attraverso il suo recettore situato sugli osteoclasti, ne attiva la maturazione e l’attività di riassorbimento; le cellule tumorali perdono inoltre la capacità di secernere osteoprotegerina (9). L’alterata secrezione di fattori di crescita quali TGF-beta, IGF-I e EGF stimola la crescita, la progressione e l’angiogenesi tumorale (10,11). A questo quadro si aggiunge l’effetto delle ormonoterapie effettuate in caso di tumore mammario e prostatico che riducono drasticamente i livelli di estrogeni e di conseguenza la loro azione trofica sul tessuto osseo. Anche nel caso del mieloma multiplo, in cui si ha coinvolgimento osseo nel 95-100% dei casi, si ha un disequilibrio del sistema RANK-RANKligando- osteoprotegerina, accompagnato da un’ipersecrezione di metalloproteinasi che distruggono la matrice ossea e di IL-6 che funge da fattore di crescita tumorale (12). È su questo quadro di alterazione metabolica che intervengono i bifosfonati. L’elevata incidenza di metastasi ossee, unita alla relativamente lunga aspettativa di vita di questi pazienti (24 mesi di media per i carcinomi mammari dalla diagnosi di metastasi, 40 per i carcinoma prostatici e 20 per i mielomi), rende considerevole la prevalenza di secondarietà ossee. Il trattamento delle metastasi ossee ha scopo prettamente palliativo, che però risulta di primaria importanza sia per assicurare la miglior qualità di vita ai pazienti che per prevenire complicanze che peggiorerebbero significativamente la prognosi. Le complicanze scheletriche più frequenti consistono in fratture patologiche, compressioni midollari, necessità di radioterapia palliativa e ipercalcemia maligna, e nel- PREVALENZA DI SRE NEI DIVERSI TIPI DI TUMORE Evento mammella proststa mieloma altri 68% 49% 51% 48% 43% 33% 34% 34% I Totale SRE I Radioterapia palliativa I Fratture patologiche I Ipercalcemia maligna I Chirurgia ossea I Compressione midollare e crollo vertebrale 52% 25% 37% 22% 13% 1% 9% 4% 11% 4% 4% 5% 3% 8% 2% 4% Tabella II l’insieme prendono il nome di SRE (13). È dimostrato che il manifestarsi di un SRE peggiora notevolmente la prognosi della malattia (14). Il manifestarsi di una complicanza scheletrica è influenzato dalla progressione della malattia e dal tipo di neoplasia, risultando più frequente nelle donne con carcinoma mammario che nel 70% dei casi manifestano un SRE in un periodo di osservazione di 2 anni, di cui il 50% è rappresentato da frattura patologica (13) (tabella II). Risulta inoltre molto importante il controllo del dolore osseo di cui la presenza di metastasi è la principale causa. I meccanismi attraverso cui si manifesta il dolore, sebbene poco noti, sembrano essere dovuti alla secrezione massima di citochine proinfiammatorie in sede tumorale, alla compressione e all’infiltrazione nervosa nonché ai meccanismi di osteolisi (9). Effetto molto importante della terapia con bifosfonati è la significativa riduzione del dolore osseo che si verifica in più dell’80% dei casi e che risulta netta nel 55% (1). È ampiamente dimostrato in letteratura che l’utilizzo di bifosfonati per via endovenosa ostacola il riassorbimento osseo e lo sviluppo della malattia metastatica (15). Si assiste alla riduzione del rischio di SRE (16), al miglioramento della deambulazione (17), della qualità e dell’aspettativa di vita del paziente affetto da malattia metastatica ossea. Gli effetti antiinvasivi, antitumorali e antian- PUNTO CHIAVE Grazie alle loro proprietà antitumorali, antiangiogenetiche e antiinvasive i bifosfonati sono usati in terapia oncologica. Anno II - n°2 - maggio 2009 17 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE È del 2003 la prima segnalazione di una nuova reazione avversa associata all’uso di bifosfonati. 18 Anno II - n°2 - maggio 2009 giogenetici dei bifosfonati determinano inoltre un’azione adiuvante nei confronti della chemioterapia, della radioterapia e della terapia oncologica in generale (18). Nella patologia osteoporotica si assiste alla riduzione della densità ossea e all’alterazione della sua microstruttura a seguito del calo dei livelli di estrogeni dovuto alla menopausa (20). Ne consegue una maggior fragilità ossea e un maggior rischio di fratture patologiche che normalmente interessano bacino, ossa lunghe distali e corpi vertebrali. Il verificarsi di una frattura patologica peggiora notevolmente l’aspettativa nonché la qualità di vita creando dolore, allettamento, debilitazione e una mortalità del 20-24% nel primo anno dopo la frattura del bacino (21). Vengono utilizzati anche in questo caso i bifosfonati per via orale o intramuscolo, ed è dimostrato in letteratura che non solo si previene la riduzione della massa ossea ma se ne favorisce l’incremento (22), ostacolando l’alterazione strutturale e la maggior fragilità Viene così migliorata la qualità e l’aspettativa di vita delle pazienti, nonché la deambulazione e la possibilità di movimento che risultano essere molto importanti nel controllare il progredire dell’osteoporosi (23). La somministrazione per via orale deve essere quotidiana e l’assunzione deve avvenire lontano dai pasti dal momento che solo il 5% della dose introdotta viene assorbita (24-25). La somministrazione intramuscolo avviene per clodronato, ibandronato e pamidronato ed è indicata per il trattamento dell’osteoporosi. Essa è però poco diffusa data la scomodità per il paziente rispetto alla via orale, soprattutto tenendo conto del carattere cronico che caratterizza l’osteoporosi. Nei primi mesi del 2008 è stata, tuttavia, approvata la somministrazione di 5 mg Zometa (acido zoledronico) per via endovenosa una sola volta l’anno come trattamento dell’osteoporosi; i primi risultati sembra- Figura 1 no buoni sia per quanto riguarda l’efficacia sia per la sicurezza (26,27). Questa nuova schedula di somministrazione, detta Aclasta, apre la possibilità di utilizzo dei bifosfonati endovena anche per l’osteoporosi, disegnando tuttavia un nuovo possibile quadro epidemiologico (24). Osteonecrosi mascellare associata all’uso di bifosfonati Nel 2003 vengono segnalati all’attenzione della comunità scientifica internazionale i primi casi di una nuova reazione avversa associata all’uso di bifosfonati (28). Si tratta di una necrosi avascolare delle ossa mascellari caratterizzata da esposizione di osso necrotico e associata a sovrinfezione batterica e infiammazione dei tessuti molli circostanti, definita BRONJ (biphosphonate related osteonecrisis of the jaws).(Figura1) Il numero dei casi aumenta consistentemente nel giro di pochi anni, compatibilmente con la crescita esponenziale delle prescrizioni, data la loro dimostrata efficacia, sia dei bifosfonati intravenosi sia di quelli orali e intramuscolo (29). Epidemiologia L’incidenza di BRONJ nella popolazione trattata con bifosfonati per via endovenosa è REVIEW del 0.8-12%, fra i pazienti in cura con bifosfonati orali è del 0.7% (30). Per quanto riguarda la somministrazione orale, è emersa più recentemente l’associazione con la necrosi (31), data la minor potenza rispetto alla via parenterale; anche in questo caso, però, sia il numero di casi di BRONJ che il numero di prescrizioni è in continuo aumento (32). L’analisi della popolazione affetta da BRONJ mette in luce come siano la sesta e la settima decade di vita a essere le più colpite, principalmente per la maggior probabilità di incontrare patologie oncologiche e/o osteoporosi postmenopausale. Si riscontra un aumento del rischio di sviluppare BRONJ del 9% per ogni decade passata a partire dai sessanta anni (30). Tuttavia, recenti studi denunciano la presenza di BRONJ in bambini e adolescenti trattati con bifosfonati per osteogenesi imperfetta, displasia fibrosa e osteoporosi secondaria (33). La patologia sembra distribuirsi in modo equivalente tra i due sessi. Alcuni autori evidenziano la maggior prevalenza di BRONJ nella razza caucasica (30) Eziopatogenesi Nella maggior parte dei casi la necrosi ha come causa scatenante un intervento di chirurgia orale che generalmente è rappresentato da estrazione dentaria. Secondo la letteratura, infatti, l’estrazione dentaria è la causa scatenante nel 40-86% dei casi (3436). Altre possibili cause scatenanti sono l’inserimento di impianti (34), la presenza di parodontopatia e di ascessi parodontali (37), il trauma protesico, l’esposizione di tori (34), l’estrazione di denti inclusi e, in alcuni casi, si può verificare necrosi spontaneamente; tuttavia è presumibile che ove non sia evidente una causa scatenante possano esserci stati traumi o infezioni croniche o latenti (34). È comunque chiaro che la causa scatenante della BRONJ è un insulto o un trauma a cui l’osso, il cui metabolismo risulta alterato dai bifosfonati, non è in grado di rispondere (38). L’azione dei bifosfonati è, come noto, volta al blocco dell’attività osteoclastica, ma, ottenendo ciò, essi riducono anche il normale turnover osseo fatto dalla continua alternanza di apposizione e riassorbimento (39). In caso di trauma, infezione e conseguente osteolisi, fisiologicamente il tessuto osseo si attiva tramite rimodellamento e neoapposizione per colmare il difetto formatosi e guarire; questo fisiologico processo non avviene nell’osso alterato dal trattamento con bifosfonati e non è possibile arrivare a guarigione bensì si manifesta la necrosi (35). Si aggiunge inoltre l’attività anti-neoangiogenetica posseduta dai bifosfonati che rende quindi l’osso scarsamente vascolarizzato e incapace di ricevere nutrimento, ossigeno, fattori di crescita e i mediatori dell’infiammazione necessari nella fase di guarigione (40). Si aggiunge, ancora, la sovrinfezione batterica, che a partire dal cavo orale e dalla dentatura residua, raggiunge l’osso necrotico (38). Inoltre, la riduzione dell’attività macrofagica provocata dai bifosfonati rende difficile l’azione del sistema immunitario, per altro già spesso compromesso, del paziente. Risulta evidente che i fattori di rischio elencati precedentemente aggravano l’incapacità dell’osso di fronteggiare l’insulto esterno e di guarire (30). Ci si è a lungo interrogati sul perché la necrosi associata a bifosfonati colpisca solo le ossa mascellari, dal momento che l’azione di questi farmaci è sistemica e l’intero apparato scheletrico capta le molecole con i medesimi meccanismi. La spiegazione più plausibile e abbracciata dalla maggior parte degli autori, è che nessun segmento osseo dell’organismo è così facilmente comunicante con un ambiente molto settico come PUNTO CHIAVE Nella gran parte dei casi la necrosi viene scatenata da un intervento di chirurgia orale, come un’estrazione. Anno II - n°2 - maggio 2009 19 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE il cavo orale(38), inoltre le stimolazioni biomeccaniche continue che i mascellari subiscono rendono il loro turnover molto elevato e di conseguenza maggiore la captazione dei bifosfonati. È tuttavia da segnalare che è stato pubblicato un articolo che presenta un unico caso di osteonecrosi associata a bifosfonati del condotto uditivo esterno (41). Fattori di rischio PUNTO CHIAVE Esposizione ossea infiammazione, dolore e infezione dei tessuti circostanti sono tipici della lesione da bifosfonati. Sono stati identificati diversi fattori di rischio per lo sviluppo di BRONJ. Innanzitutto il rischio è maggiore per i pazienti in terapia endovenosa rispetto a quelli in terapia per os in particolare per quanto riguarda l’acido zolendronico (42), inoltre maggiore è il tempo di esposizione al farmaco e maggiore è il rischio di sviluppare BRONJ, tuttavia si possono avere casi di lesione dopo pochissime somministrazioni (30). L’età avanzata risulta aumentare il rischio di sviluppo di BRONJ per il fisiologico decadimento fisico, per la maggior prevalenza di patologie tumorali e osteoporosi e per la concomitante presenza di altre malattie. Importante risulta infatti il quadro sistemico del paziente: il rischio di sviluppo di BRONJ aumenta in caso di concomitante chemioterapia (6), terapia con corticosteroidei (6), diabete non compensato (30) e recentemente si è analizzata la correlazione con eventuali squilibri elettrolitici e ormo- Figura 2 20 Anno II - n°2 - maggio 2009 nali, come per esempio l’ipocalcemia e l’elevato dosaggio sierico di PTH (43). Fattori di rischio molto importanti risultano essere la cattiva igiene orale, la presenza di parodontopatia (37) e di protesi incongrue; è fattore di rischio anche l’eventuale presenza di torus, esostosi o linee milojoidee molto rappresentate in quanto zone di maggior traumatismo (30). Il tabagismo e l’abitudine all’abbondante consumo d’alcol, infine, rappresentano un altro fattore di rischio. Aspetti clinici La tipica lesione da bifosfonati è caratterizzata da esposizione ossea, con infiammazione e infezione dei tessuti circostanti associata a sintomatologia dolorosa importante. Tuttavia è possibile osservare lesioni prive di esposizione ossea, in cui i tessuti mucosi rimangono integri sopra il focolaio osteonecrotico e infettivo (38). L’insorgenza della malattia è subdola, generalmente passa inosservata o viene scambiata per un problema di tipo odontogeno fino a quando il quadro clinico o la sintomatologia divengono evidenti. L’osso esposto si presenta scarsamente sanguinante, inizialmente di colore bianco avorio con superficie liscia, mentre con il progredire della necrosi appare irregolare, con colorazione dal grigio-giallastro fino al bruno e di consistenza duro-gessosa (34).(Fig.2) L’area di osso esposto è circondata da mucosa francamente eritematosa reattiva all’infezione batterica la quale si manifesta con pus e fistole mucose (36). La lesione osteonecrotica è accompagnata da forte dolore, costante o intermittente, dovuto principalmente al progredire dell’infezione e dell’infiammazione (40). Si riscontra soventemente alitosi dovuta alla costante raccolta batterica. La successiva progressione della malattia porta all’estensione dell’area di necrosi con REVIEW Figura 3 Figura 4 possibili fratture mandibolari, compressione nervosa, parestesia (36) e fistole mucocutanee (44). È inoltre possibile assistere all’interessamento dei seni mascellari e delle fosse nasali con possibili sinusiti secondarie, comunicazioni buccosinusali ed epistassi. La necrosi insorge, secondo la maggioranza degli studi pubblicati, con maggior frequenza a livello mandibolare; questo dato è spiegabile considerando la minor vascolarizzazione e cellularità della mandibola che presenta una maggior percentuale di corticale rispetto alla mascella (39). Zone di maggior frequenza per l’insorgenza di BRONJ sono inoltre tori, esostosi, linee milojoidee, sinfisi mentoniera perchè più facilmente soggette a trauma e perchè generalmente ricoperte di mucosa sottile e delicata. ziali delle lesioni di maggior estensione. Al contrario la tomografia computerizzata (TC) è in grado di identificare anche le lesioni iniziali e di stabilire con precisione i confini della necrosi (45). Con la TC siamo, infatti, in grado di individuare le alterazioni della trabecolatura ossea, le reazioni periostali, l’alterazione della midollare, la formazione di sequestri ed eventualmente l’interessamento del nervo mandibolare o dei seni paranasali (46). È possibile avvalersi della risonanza magnetica nucleare che, in associazione con la TC, permette di completare il quadro diagnostico definendo meglio le modificazioni a livello della midollare (46), della corticale e dell’area subcorticale nonché l’esatta estensione della lesione e soprattutto dell’infezione. Alcuni autori hanno presentato la possibilità di utilizzare la medicina nucleare: attraverso la scintigrafia 99Tcm-MDP (47), la tomografia a emissione di positroni con 2(fluorine-18)-fluoro-2-deoxy-Dglucose (FDG) che risulta essere un esame non invasivo e capace di evidenziare le aree osteomielitiche (48); è stato ancora proposto il monitoraggio dei livelli sierici di PTH (49) per valutare lo sviluppo delle lesioni già presenti, e del “morning fasting” serum C-terminal telopeptide (CTX), un supposto marker del tunover osseo, per valutare il rischio di sviluppo di osteonecrosi: per valori compresi tra 150 e 300 pg/ml si ha rischio lieve, tra Diagnosi e stadiazione Risulta molto importante confermare il quadro clinico con l’imaging radiografico in quanto l’estensione della necrosi apprezzabile clinicamente generalmente è minore di quella osservabile radiograficamente.(Fig.3 e 4) L’esame radiologico più comune e pratico, quale l’ortopantomografia, non risulta adatto alla diagnosi di BRONJ: non è in grado infatti di identificare le lesioni in fase iniziale e non descrive correttamente i limiti spa- PUNTO CHIAVE Per confermare il quadro clinico è fondamentale eseguire imaging radiografico. Anno II - n°2 - maggio 2009 21 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE I primi approcci terapeutici volti a risolvere la problematica furono fallimentari. terapeutici iniziali sono drammaticamente falliti (41). Attraverso protocolli ben sperimentati, venne semplice affiancare la BRONJ all’osteoradionecrosi, che era ben conosciuta e affrontata; si provò quindi a utilizzare l’ozono terapia nella camera iperbarica, trattamento efficace nella necrosi da rx ma non giovante alla BRONJ (36). La riduzione della vascolarizzazione causata dai bifosfonati, e dai farmaci frequentemente associati, rende difficile il raggiungimento delle aree necrotiche a opera dei farmaci (44). Venne provato l’approccio chirurgico recettivo, il quale portò a totale insuccesso, in quanto determinava recidive in altissima percentuale; risultava molto difficile determinare con precisione l’estensione dell’area di necrosi e di infezione, e l’intervento in sé era fonte di trauma termico e mecca- 100 e 150 pg medio e alto per valori minori di 100 pg/ml (34). Tali teorie però non sono supportate da chiara evidenza scientifica. Solo dopo l’unione della diagnosi clinica e di quella strumentale è possibile avere un quadro preciso della situazione, stadiarla e definire il piano terapeutico. Tre sono le principali stadiazioni proposte: Ruggiero (con la modifica di Bagan), Marx e McMahon, le prime due basate esclusivamente sul quadro clinico sintomatologico, l’ultima basata sulla clinica unita alla diagnosi strumentale (tabella III, IV e V). Prevenzione e terapia Dall’emergere dei primi casi di BRONJ del 2003, la comunità scientifica si è trovata a dover affrontare un problema nuovo e assolutamente sconosciuto, e i tentativi STADIAZIONE DI RUGGIERO E MODIFICA DI SCULLY Stadio II I II I III Clinica (Ruggiero) osso esposto ma asintomatico/no lesioni cliniche con dolore Clinica (Bagan) osso necrotico esposto (o fistola) senza sintomatologia Osso esposto con dolore, infiammazione ed infezione osso necrotico esposto (o fistola) con sintomi controllati (IIIa) e non (IIIb) Come stadio II + fratture patologiche e/o fistole muco-cutanee e/o erosione corticale inferiore Fratture patologiche, fistole extraorali o segni di osteolisi fino alla corticale inf. Tabella III STADIAZIONE DI MARX Stadio I0 II I II I III Tabella IV 22 Anno II - n°2 - maggio 2009 Clinica Situazione pre-patologica e sub-clinica, assenza di esposizione ossea e dolore a Esposizione ossea < 1 cm senza dolore b Esposizione ossea > 1 cm senza dolore a Esposizione ossea < 2 cm con dolore e infezione b Esposizione ossea > 2 cm con dolore e infezione a Esposizioni ossee multiple con dolore e infezione ma assenza di osteolisi e/o fistole oro-cutanee e/o fratture patologiche b Esposizioni ossee multiple con dolore, infezione e osteolisi e/o fistole oro-cutanee e/o fratture patologiche REVIEW STADIAZIONE DI MC MAHON Stadio II I II I III I IV IV I VI Clinica Assenza di osso esposto con lieve dolore; assenza di infiammazione o infezione perilesionale Esami strumentali Assenza di alterazioni in OPT, ma visibili alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Complicanze Assenti Assenza di osso esposto con lieve dolore; assenza di infiammazione o infezione perilesionale Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Assenti Assenza di osso esposto, con dolore intenso, infiammazione e infezione perilesionale Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Assenti Presenza di esposizione ossea < 2 cm con dolore intenso, infiammazione e infezione perilesionale; lieve alitosi Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Assenti Presenza di esposizione ossea > 2 cm con dolore intenso, infiammazione e infezione perilesionale; alitosi Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Assenti Presenza di esposizione ossea > 4 cm con dolore intenso, infiammazione e infezione perilesionale; forte alitosi Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo, TC e RMI Fratture mandibolari e/o fistole muco-cutanee e/o CBS e/o lisi della corticale inferiore Tabella V nico sull’osso, scatenando nuovamente la patogenesi della necrosi. Sebbene a oggi non esista ancora un trattamento definitivo e risolutivo per la cura delle lesioni osteonecrotiche da bifosfonati, sono stati formulati differenti protocolli terapeutici, con una maggior percentuale di successo clinico e una minore percentuale di recidive (35). A oggi, in letteratura, è considerato come successo clinico l’ottenimento della chiusura mucosa dell’esposizione ossea, in assenza di segni o sintomi d’infezione e infiammazione (50), e che quind,i è verso questo obiettivo che tendono gli attuali protocolli terapeutici. Il piano di trattamento dovrebbe essere sempre impostato in base alla stadiazione (tabella VI-VII). In caso di lesioni di dimensioni ridotte e/o con segni e sintomi d’infezione e infiammazione assenti o scarsi, secondo le diverse scuole, possono essere usate diverse terapie spesso combinate tra loro. Fra queste, si possono effettuare dei lavaggi della lesione con soluzione di metronidazolo al 5% o di clorexidina 0,12% (40) o minocicli- na cloridrato (36) che, oltre all’azione farmacologia del principio attivo, esercitano un’azione di lavaggio meccanico e di ossigenazione della lesione e che devono essere eseguiti quotidianamente attraverso l’utilizzo di una ago-canula. Quasi in tutti i casi viene prescritta una terapia antibiotica a largo spettro e mirata su GRAM negativi e anaerobi, che costituiscono la tipica flora della lesione osteonecrotica, (48,51) come per esempio la combinazione di amoxicillina + acido clavulanico associato a metronidazolo, e può risultare utile far seguire un antibiogramma per focalizzare il target della cura antibiotica (52). In taluni casi è possibile effettuare un debridement superficiale della lesione o strumentarla in superficie con ultrasuoni o strumenti piezoelettrici (52). Qualora ci si trovi innanzi a lesioni osteonecrotiche di maggiori dimensioni e/o associate a sintomatologia dolorosa, infezione e infiammazione importante, in assenza però di complicazioni quali fistole orocutanee, CBS o comunicazioni oronasali, coinvolgimento del nervo mandibolare, PUNTO CHIAVE Non esistono ancora trattamenti definitivi e risolutivi, tuttavia sono stati formulati diversi protocolli terapeutici. Anno II - n°2 - maggio 2009 23 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PROTOCOLLI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI IN PAZIENTI IN TERAPIA CON BF E BRONJ Tipo di paziente I Paziente pre-bifosfonato I Paziente in terapia PO - OPT - Piano di cura e bonifica - DTR e istruzioni igiene - Esecuzione di cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie - Estrazione elementi persi o dalla prognosi incerta - Interruzione tabagismo - Riduzione alcolici - OPT annuale e controlli semestrali - DTR e motivazione all’igiene - Cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie - Estrazione elementi persi con intervento a lembo e copertura antibiotica post intervento standard - Interruzione tabagismo I Paziente in terapia EV - Riduzione alcolici - OPT annuale e controlli semestrali - DTR e motivazione all’igiene ogni 4-6 mesi - Cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie - Estrazione elementi persi con intervento a lembo e copertura antibiotica (da 1 g prima a 10 gg dopo) in centro di riferimento ospedaliero - Interruzione tabagismo - Riduzione alcolici Tabella VI PUNTO CHIAVE Prima dell’intervento chirurgico occorre sempre valutare il rapporto rischio-beneficio. 24 Anno II - n°2 - maggio 2009 della corticale inferiore della mandibola o di fratture patologiche, oltre a rimanere valide le scelte terapeutiche della terapia antibiotica sistemica e locale, è indicato affiancare una terapia analgesica e ricorrere alla terapia chirurgica conservativa. Quest’ultima consiste nella rimozione di eventuali sequestri ossei e delle zone di osso francamente necrotico (51). Per le lesioni osteonecrotiche che, in aggiunta al quadro in precedenza descritto, presentano le complicanze sopra elencate, risulta necessario ricorrere alla terapia chirurgica resettiva con ampie resezioni di osso necrotico. Tuttavia, sia per la chirurgia conservativa che per quella resettiva, è importante valutare il quadro sistemico del paziente: spesso, infatti, non vi sono le condizioni adatte ad affrontare un intervento chirurgico dato il quadro medico generale fortemente compromesso che questi pazienti presentano e diviene quindi obbligatorio ripiegare sulle opzioni terapeutiche non chirurgiche. È importante inoltre valutare il rapporto rischio-beneficio la terapia chirurgica, infatti, pur determinando un effetto antalgico sicuramente più a lungo termine e pur avendo migliorato nettamente le percentuali di successo, non assicura la guarigione e l’eventualità di malattia recidivante è ancora una realtà; questo è valido in particolare nel caso della terapia chirurgica resettiva che comporta interventi molto invasivi, invalidanti e che determinano una qualità di vita scarsa con difficoltà di alimentazione, di relazione con gli altri e l’uso di otturatori (51). Valutando inoltre che l’attesa di vita di questi pazienti spesso è scarsa, in definitiva non sempre si REVIEW ricorre a terapia chirurgica anche in presenza di lesioni avanzate. È comunque opinione comune della letteratura internazionale che, dati tutti questi aspetti, sia sempre meglio mantenere un approccio il più conservativo possibile (35). È sul filo di questo ragionamento che è stato recentemente proposto l’utilizzo di un laser terapeutico sulle lesioni osteonecrotiche. È noto, infatti, in letteratura, che l’utilizzo di un fascio laser a bassa lunghezza d’onda (low level laser teraphy LLLT) abbia effetti positivi sui tessuti biologici: si ottiene stimolazione della differenziazione, della proliferazione e dell’attività di osteoblasti, fibroblasti, cellule endoteliali e immunitarie, nonché un effetto antibatterico e antifungino. L’utilizzo della LLLT non ha controindicazioni, è ripetibile ed è totalmente indolore per il paziente. È indicato in lesioni di piccola dimensione o in tutti quei casi in cui, per ragioni di compromissione sistemica, non si può intervenire a livello chirurgico. Risultati preliminari del nostro gruppo hanno dimostrato un effetto antalgico, antiedemigeno, antibatterico statisticamente significativi, nonché l’ottenimento di una totale o parziale riepitelizzazione e chiusura mucosa (53). Dalla letteratura emerge il ruolo di primaria importanza che esercita la prevenzione: se inizialmente infatti non erano noti i meccanismi eziopatogenetici della BRONJ e i suoi fattori di rischio e quindi non era possibile adottare misure preventive, a oggi la prevenzione risulta il primo passo nell’ottenimento di una soluzione a questo problema (36). È stato dimostrato che aumentando le misure preventive nei pazienti in terapia con bifosfonati è possibile ottenere una drastica riduzione dell’incidenza di BRONJ (54, 55). Intercettando i pazienti prima dell’inizio della terapia con bifosfonati, grazie alla collaborazione tra oncologi, ematologi e odontoiatri e alla maggior informazione sia PUNTO CHIAVE In letteratura è opinione diffusa il fatto di seguire un approccio il più conservativo possibile. PROTOCOLLI TERAPEUTICI IN PZ IN TERAPIA CON BF E BRONJ+* Tipo di lesione I Lesione iniziale I Lesione avanzata Aspetti clinici Terapia - Dimensioni <2cm - Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/ - Assenza o scarsa presenza di pus, minociclina cloridrato dolore ed infiammazione - Terapia antibiotico sistemica - Strumentazione con US o piezon della superficie esposta - LLLT - Dimensioni >2 cm - Presenza di pus, dolore ed infiammazione I Lesione complicata Dimensioni >2 cm Presenza di pus, dolore ed infiammazione Presenza di CBS e/o comunicazioni oronasali e/o parestesia e/o fistole mucocutanee e/o interessamento della corticale inferiore e/o frattura mandibolare - Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/minociclina cloridrato - Terapia antibiotico sistemica - LLLT - Terapia antalgica - Chirurgia conservativa - Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/minociclina - Terapia antibiotico sistemica - LLLT - Terapia antalgica - Chirurgia conservativa - Chirurgia resettiva *Tali pazienti sono sempre da riferire presso un centro ospedaliero Tabella VII Anno II - n°2 - maggio 2009 25 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE Obbiettivo terapeutico primario è la riduzione della sintomatologia e dell’infezione. 26 Anno II - n°2 - maggio 2009 dei pazienti che degli operatori, è possibile eseguire una visita odontostomatologica per individuare eventuali foci di infezione attivi o elementi che verosimilmente potrebbero dare problemi in futuro e di formulare un programma di cura e bonifica (55). Così facendo vengono drasticamente ridotte le possibili cause scatenanti della necrosi. Una volta iniziata la terapia con bifosfonati, risulta necessario mantenere sotto controllo i pazienti, monitorarne e seguirne le condizioni di salute generale e del cavo orale, all’interno di programmi di screening per intercettare precocemente eventuali lesioni osteonecrotiche incipienti (55). Durante le terapie odontoiatriche effettuate prima dell’inizio della somministrazione di bifosfonati non sono necessarie particolari misure preventive né è necessario effettuare copertura antibiotica (36). Una volta iniziata la terapia con bifosfonati, nel management della salute orale risulta fondamentale il mantenimento di un’igiene gengivale ottimale (30,55) e di assenza di parodontopatia attiva (37), che, come detto, rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di BRONJ; allo stesso modo risulta necessario l’interruzione di eventuale abitudine al fumo e la riduzione del consumo di alcool (55). Dalla più recente letteratura, emerge la necessità di distinguere la popolazione in cura con bifosfonati per motivi oncologici e quella affetta da osteoporosi (55). In entrambi i casi è possibile eseguire tutte le terapie conservative e endodontiche ed è imperativo il mantenimento degli elementi residui per evitare la necessità di estrazione (36). Necessario risulta inoltre assicurarsi che i pazienti possiedano protesi congrue e non traumatizzanti la mucosa (36). Per le restanti cure però è importante sapere che i pazienti in terapia con bifosfonati per la malattia osteoporotica presentano un rischio di sviluppo di BRONJ molto più ridotto (34) e di conseguenza anche il loro management deve esser differente (56): in assenza di altri fattori di rischio quali diabete o terapia con corticosteroidi, è possibile gestire in ambito ambulatoriale qualsiasi tipo di cura odontoiatrica necessaria, in letteratura infatti non emergono controindicazioni assolute nel trattamento chirurgico dei pazienti in terapia con bifosfonati orali (56,51). Le procedure chirurgiche andranno comunque eseguite con procedura a lembo e chiusura per prima intenzione e sotto copertura antibiotica. Al contrario, nei pazienti in terapia con bifosfonati per via endovenosa, e nei pazienti in terapia orale, ma presentanti ulteriori fattori di rischio (e.g. terapia cortisoniche protratte), l’odontoiatra dovrebbe assolutamente cercare di evitare qualsiasi tipo di intervento chirurgico, preferendo le cure conservative, endodontiche e proteiche non invasive che possono invece essere eseguite in tranquillità. Qualora però il mantenimento di un elemento compromesso e infetto comporti un rischio troppo elevato di sviluppare BRONJ e si debba quindi ricorrere all’estrazione, risulta consigliabile inviare il paziente a centri di riferimento ospedalieri. Le procedure chirurgiche devono esser eseguite in campo asettico,con intervento a lembo, con sutura per ottenere chiusura mucosa, con tecniche minimamente invasive e sotto copertura antibiotica da iniziarsi prima dell’intervento e da proseguirsi per 10 giorni dopo di questo (36). Conclusioni Key points: I I bifosfonati sono farmaci utilizzati con elevato successo terapeutico in patologie caratterizzate da aumentata osteolisi ossea quali metastasi ossee da tumori solidi, mie- REVIEW loma multiplo, osteoporosi, morbo di Paget osseo, ipercalcemia maligna. I La loro azione determina una diminuzione della vascolarizzazione e del potenziale rigenerativo delle ossa mascellari che se esposte a trauma possono sviluppare BRONJ. I La BRONJ si manifesta con osso necrotico esposto, infezione, dolore e infiammazione dei tessuti perilesionali e può complicarsi con CBS, comunicazioni oronasali, fistole orocutanee, interessamento del nervo mandibolare e parestesia, frattura mandibolare. I La diagnosi è prettamente clinica, poi associata a quella strumentale (principalmente TC), attraverso cui si esegue anche la stadiazione delle lesioni. I In base allo stadio, si utilizzano terapie topico-conservative, chirurgia conservativa, chirurgia recettiva. I Di fondamentale importanza risulta la prevenzione attraverso cui è possibile ridurre l’incidenza di BRONJ Di fronte a un problema nuovo, grave e di dimensioni crescenti la comunità scientifica internazionale si è mobilitata per comprenderne i meccanismi eziopatogenetici, i fattori di rischio, e per trovare protocolli terapeutici efficaci. Sebbene non esista a oggi una terapia univoca e risolutiva per la BRONJ, è ora possibile affrontare questo problema con maggior competenza avendo a disposizione protocolli terapeutici maggiormente efficaci e dai risultati più prevedibili. L’attenta valutazione del quadro complessivo del paziente risulta fondamentale per una corretta impostazione terapeutica. Deve esser obiettivo terapeutico primario la riduzione della sintomatologia e dell’infezione per assicurare a pazienti già fortemente defedati un miglioramento della qualità di vita. In attesa di ulteriori progressi terapeutici, deve essere primo investimento quello di risorse per l’attuazione di ottimi programmi di prevenzione e di screening. Bibliografia 1 Pavlakis N, Schmidt R. Bisphosphonates for breast cancer. Cochrane Database Syst Rev . 2005 Jul 20;(3):CD003474 2 Berenson JR, Lichtenstein A, Porter L et al. Efficacy of pamidronate in reducing skeletal events in patients with advanced multiple myeloma. Myeloma Aredia Study Group. N Engl J Med. 1996; 334: 488-93. 3 Wellington K, Goa KL. Zoledronic acid: a review of its use in the management of bone metastases and hypercalcaemia of malignancy. Drugs 2003; 63: 417-37. 4 Reid IR, Brown JP, Burckhardt P, et al. Intravenous zoledronic acid in postmenopausal women with low bone mineral density. N Engl J Med 2002; 346: 653-61. 5 Aapro M, Abrahamsson PA, Body JJ, et al. Guidance on the use of bisphosphonates in solid tumours: recommendations of an international expert panel. 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Leghissa – Carlo Maiorana Andrea Melle – Marco Miceli – Vittoria Perrotti – Adriano Piattelli Elisabetta Maria Polizzi – Antonio Scala – Annalisa Sibille – Sandro Siervo Massimo Simion – Sergio Spinato – Giacomo Urbani – Simone Villa Raffaele Vinci – Amedeo Zirilli COI-AIOG aderente