seconda parte - Noi sulla strada
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seconda parte - Noi sulla strada
cosa. Solo una cosa mi ripeteva : di poter vedere il suo nipotino. Era il 31 Novembre”. Poi aggiunge: “ Il primo Dicembre verso le dieci e mezza del mattino mi chiede un bicchiere d’acqua. Due ore dopo di chiamare Tiziana e portargli Sandro. E lo ha aspettato, si è lasciato salutare dal nipote e poi si è spento davanti ai miei occhi “. Ora i toni di Guglielmo iniziano a cambiare. I suoi occhi profondi si fanno più tristi. Siamo nel 2006. Sandro ha ormai 8 anni ma le sue crisi epilettiche non sono ancora diminuite. “ Non ve l’ho detto ma è nato con due cervelli che gli causano, tra le altre cose, difficoltà nel linguaggio e nei movimenti. Non lo sentivo parlare, non lo vedevo camminare. Poi a Natale ero in camera mia, sdraiato sul letto e da lontano sento un rumore…io e mia moglie lo vediamo camminare con il cuore che ci esplode dalla gioia! Adesso la situazione è migliorata, il secondo cervello è in riassorbimento”. S’interrompe. Vuole parlare di altro. “Dove siamo arrivati? Nel 2006, sì. Eh sì, l’anno della grande discussione con mia moglie”. E’ l’anno che a Guglielmo cambierà la vita. Tornato da lavoro prima, narra con voce esitante, la trova con un altro uomo, un carabiniere di Bologna. E non ci pensa due volte. Divide la casa e dorme lontano da lei. “Avrei voluto cacciarla, ma come posso lasciare una donna sola con un bambino?”. Si tiene sei metri quadri di terra e dorme nel capannone, intestando tutto il resto alla moglie ed al figlio. “ Poi il carabiniere mi ha cacciato via di casa!” . Guglielmo si sente solo ed arrabbiato. Arrabbiato per tante cose. “Dalla morte dei miei genitori, si, per la morte dei miei genitori ero rabbioso con tutti. Ero arrabbiato con Dio”. E per risollevarsi da questo stato d’animo di solitudine e rabbia violenta da Agosto a Settembre 2007 va in una comunità. “ Ero arrivato a pesare 120kg, l’avreste mai detto?”, chiede facendo tornare il sorriso sul volto. Ed effettivamente no, a guardarlo adesso non lo si direbbe per niente. Guglielmo dopo quei mesi ha iniziato un percorso di reinserimento lavorativo presso l’Aps, grazie al quale ha incontrato la sua compagna attuale, Silvia. ” L’ho conosciuta al pranzo della ditta, è stato un colpo di fulmine. Abbiamo anche convissuto nel 2011 per un mese, mentre i genitori erano in India. Poi con loro ho discusso ed ora ci vediamo di nascosto, ma stiamo bene insieme. Ci vogliamo bene e ci chiamiamo amore”. Ci guarda con occhi che mescolano felicità e malinconia. Le ultime parole dell’intervista sono per il piccolo Sandro, che ormai ha 14 anni. “E’ dal 2008 che non vogliono farmelo vedere. Mi danno l’appuntamento ma non si presentano. Io non ho un carattere violento ma è difficile mantenere la calma quando ci si sente presi in giro e c’è di mezzo una tua creatura! Per questo una volta ho rischiato che chiamassero i carabinieri, perché ho dato in escandescenza con la segretaria durante l’ennesimo tentativo andato a vuoto”. Di tutte queste parole raccolte in due giorni di chiacchierata forse i lettori si diranno che qualcosa manca, che non tutto, della vita di quest’uomo, è stato raccontato. Che c’è qualcosa di taciuto. Ma una cosa a chi lo ha ascoltato è evidente e trasuda in ogni espressione del viso di quest’uomo: l’amore di un orfano per la famiglia, per la sua famiglia e per chi gli vuole bene, senza interesse. -Gugliemo,Ambra- 7 Visti da vicino: Intervista doppia, fuori e dentro il Torresino Come ti chiami, da dove vieni e quanti anni hai? Giorgio, padovano DOC, diciamo un cinquantino favoloso! Elisabetta, Riviera del Brenta, ancora 34... per poco Che giornata hai avuto? Devo essere sincero?! Bruttissima giornata … per Pesante, per non dire di merda anche io! non dire di “merda”! Parliamo del Torresino … come mai sei arrivato/a qui? Per caso. Ho digitato sul web “volontariato Per i problemi miei … sono arrivato a piedi Cotolengo”, perché lo volevo fare con i … come mai? Problemi, diciamo, classici disabili invece ho trovato l'annuncio della oggigiorno … il lavoro, cosa vuoi che sia! Francesca, nel lontano 2008 Hai a disposizione una macchina … dove vai? Io andrei lontano nel deserto dove non c'è niente tanto per andare, e poi se mi stufo non so! Ma Andrei fuori Padova a cercare lavoro e saprei siccome c'è la crisi … la macchina non c'è e c'è dove andare! solo la bicicletta … ? Un pregio e un difetto … Pregio: non dico mai di no.. che poi è anche il mio difetto … spesso avrei dovuto dire di no ma Difetto: rimugino troppo e non vivo serena. Pregio: di no sul serio... sempre per quel discorso (in so ascoltare gli altri, chiamiamola empatia! ambito lavorativo)! Sarebbe stato sicuramente meglio! Parliamo del lavoro... se avessi la possibilità che lavoro ti piacerebbe fare? A me piacerebbe quello che facevo prima. Il lavoro dei miei sogni è fare il Vorrei lavorare come infermiera in un cameriere , vorrei sapere tutte le ospedale da campo, in guerra lingue per andare in giro . 8 Se ti dico rosso... che mi dici? Passione – toro! Nero! Perché sono milanista! Se fossi un regista, che film gireresti? Bha.. ti posso dire che uno dei più bei film che ho visto è “Qualcuno volò sul Io un film comico. nido del cuculo”, l'ho visto 8 volte.. strepitoso! Il tuo piatto preferito? La pasta, i primi La Pizza kebab! Cosa pensi delle attività del giornale “Pensieri senza tetto”? Il mio giudizio è molto buono! Un'occasione per conoscere storie e persone diverse! Ora che ci siamo conosciuti un po' meglio, cosa mi dici del tuo compagno e della tua compagna di intervista? Anche io.. È una persona che mi fa Favolosa!! Tutto, scrivi tutto quello che ridere, mi mette di buon umore, è una vuoi … bisogna fare i complimenti a persona positiva... da quando c'è lui il questa ragazza! clima qui è più disteso! Vuoi dire qualcosa a ruota libera? Meglio di no...!! “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole...!” Ultima domanda proporresti altre domande? …Semplice ma efficace... “Cosa o chi cambieresti qui dentro?” -Elisabetta e Giorgio- 9 Un caffè che ti fa fare le bolle di sapone «Mi sto rendendo conto di come è vivere in Italia, dice un ragazzo. «In Italia cambia se sei bianco o nero. Non avevo mai visto una cosa del genere prima. In Africa non è un problema come qui, se sei l’unico bianco in mezzo a neri. Invece mi rendo conto che qui è diverso. Che la gente si comporta diversamente se sei bianco o nero. Il colore della pelle è l’unica cosa che vede la gente qui. Non importa chi sei, perché sei qui, cosa stai facendo. Eppure sotto la pelle, sotto i diversi colori della pelle, il sangue è uguale. Per tutti. Lo dice anche Bob Marley. Credo che il problema più grave è questo: la gente è razzista. La gente, ma anche tutti, la polizia, le istituzioni. Solo perché io sono nero e tu sei bianco. È incredibile, ma è così. Si vede anche se guardi per esempio chi fa i lavori importanti. Perché in Italia non ci sono poliziotti neri? O persone che lavorano al Comune? O persone importanti? In realtà anche sull’autobus non ho mai visto un autista nero, chissà perché. I neri non possono fare nessun lavoro? Credo che il problema, in Italia ma anche in Europa per quello che ho visto con i ragazzi che sono partiti, sia un problema di discriminazione. Discriminazione e razzismo. La gente non vuole saperne niente, è ignorante, disinteressata. Solo per il colore della pelle. Si sono dimenticati che siamo uguali, tutti uguali. Che il sangue è lo stesso. Che se togli la pelle siamo tutti uguali». E poi, un’altra voce: «Parlano tutti dell’Italia come Paese avanzato, dell’Europa come la parte del mondo che lavora e produce, dove si vive bene. Ma da fuori non è così, in Libia non sono mai stato guardato in modo diverso perché sono nero. In Libia non ho mai visto tante persone dormire in strada, come invece vedo nella stazione di Padova. E così nemmeno nel mio Paese. In Africa non c’è l’indifferenza che c’è qui. Qui la gente che passa in strada e vede qualcuno che dorme fuori non fa niente. Nessuno mi aveva detto che sarebbe stato così difficile, e non perché non ci sono possibilità, ma perché non ci vogliono vedere, non ci vogliono aiutare. Aiutarci non è darci soluzioni che vanno bene adesso e tra un mese scadono. Non è fare finta che vada tutto bene, mentre noi, a vent’anni, non sappiamo nulla del nostro futuro. Aiutarci non è trattarci come se fossimo pericolosi. Ma sembra che questo sia troppo difficile da capire, anche per le persone comuni, hanno paura di noi». Chi parla è un ragazzo ghanese; ha perso la sua famiglia a vent’anni, ha lavorato in Libia fino a quando è riuscito a sopravvivere là. Poi, dopo tre giorni in mare, tre giorni di paura e di stenti, è arrivato in Italia. Febbraio 2013. Si dichiara la definitiva conclusione di un’“Emergenza”. Come se la vita delle persone coinvolte potesse rimanere sospesa, fuori da ogni responsabilità. Esistenze rese invisibili, cancellate, nascoste. Si dichiara concluso un periodo e si citano numeri, le spese sostenute dallo Stato italiano per far fronte alla cosiddetta “Emergenza Nord Africa”. Come se il 10 fatto di parlare di grandi cifre fosse di per sé una garanzia dell’autenticità della volontà, da parte delle istituzioni italiane, di aiutare, tutelare, proteggere, risolvere. Eppure non è così lineare come sembra. Eppure, nonostante diversi tentativi di prendere la parola, chi doveva essere il destinatario dell’Emergenza non ha mai potuto parlare. Eppure i «principi di efficienza, efficacia ed economicità» a cui le istituzioni si sono rifatte non sono stati in grado di gestire la complessità che la situazione ha rappresentato. Ostacolare le relazioni, ammutolire reprimere, rallentare la presa di consapevolezza: questo ha significato il disinteresse, l’indifferenza di due anni, il silenzio totale dei media. Eccetto per i commenti finali di ordine meramente economico, in quanto non si è letto un articolo, negli ultimi mesi (quando la situazione era troppo eclatante e rumorosa per continuare a non parlarne), che non facesse riferimento alle strepitose spese che l’«accoglienza» ha implicato. Sono mancate invece analisi di carattere più generale sui rapporti tra Italia e Libia, per esempio; sui patti firmati dai nostri premier e poi tenuti segreti; sulle volontà dei rispettivi governi; sui retroscena del ‘post-Primavera araba’. Ma anche sugli effetti collaterali, non indifferenti, del nostro modello di sviluppo; sul nostro stile di vita, centrato sul consumo, dato per scontato al punto da costituire un diritto: il diritto di consumare senza pensare, il diritto di esistere per consumare. Quello stesso stile di vita che legittima distinzioni arbitrarie tra persone degne di essere chiamate tali e persone invisibili. «Un richiedente asilo si farebbe tagliare una mano pur di non farsi fermare dalla polizia italiana», diceva M., immigrato tunisino che vive in Italia da una decina d’anni, in una discussione sull’essere stranieri in Italia. M. deve saperne molto, penso mentre lo ascolto. Deve averne sentite tante di storie di persone obbligate a rimanere nell’ombra per non essere definite illegali e allontanate dal nostro Paese. Lui stesso ci è passato. Ma la condizione di richiedente asilo, più diffusa di quanto ci aspettiamo, non viene raccontata dai giornali, non ne sentiamo parlare in TV. È una condizione paradossale, dall’inizio alla fine, fatta di contraddizioni e ipocrisie. E il silenzio creato attorno non sembra propriamente casuale. È un pomeriggio d’inverno, di quelli in cui il cielo bianco non lascia filtrare raggi di sole. Scambiamo qualche parola sorseggiando un caffè solubile in bicchieri di plastica blu in cui è rimasto del detersivo per piatti. Alcune frasi di quel pomeriggio, che mi annoto non appena ci salutiamo. Sembrano troppo preziose per lasciarle andare. Per me saranno ciò che ha dato colore al pomeriggio del caffè con le bolle di sapone. -Silvia- Un cinque all’Associazione “Noi sulla strada” Destina il tuo cinque per mille alle persone senza dimora ASSOCIAZIONE NOI SULLA STRADA C.F 92085660287 11 I matti non erano dentro, erano fuori Come descrivere il Torresino? Tre parole: tiro a segno! Hai capito a che cosa mi riferisco? Se sei fatto non riesci a centrare il buco, così caghi nell’angolo. Qui la notte ne succedono di tutti i colori. Sai, non ci sono le freccette così ci si diverte in altro modo. La realtà è che ci sono le categorie di persone più disparate, non possono stare tutti insieme in questo modo, giovani, vecchi, bevuti, drogati! Quando sei fuori non puoi neanche immaginare la realtà che c’è qui dentro, è un altro mondo. Accadono delle cose tali che se te le dico passo io per deficiente. Voi credete di vedere tutto, in realtà vedete solo il bello, perché finché ci siete voi volontari è tutto tranquillo. Fortunatamente io non ho mai avuto problemi di dipendenza, né di alcol né di droga. Qui ci sono finito per un investimento andato male, avevo una società, ma ho commesso degli errori nella scelta del socio, ha fatto il furbo così è fallito tutto e mi sono trovato senza introiti. Non è stato sempre così, pensa che quand’ero giovane facevo anche il calciatore, mi è capitato addirittura di giocare venti minuti in serie B. Sai, una volta si guadagnavano circa 8000 lire al punto! Poi ho lavorato come cameriere, anche in ristoranti di un certo livello, ho perfino fatto il maître al Bassanello. Fino a qualche anno fa etichettavo bottiglie alla Peroni, ne facevo 55’000 all’ora, poi ho mollato tutto per creare una società ed ora eccomi qua. Prima che mi mandassero al Torresino ho vivacchiato, ospitato da amici. La mia ex moglie e i miei figli non sanno che sono qui, ne ho due, uno di 19 ed uno di 23 anni. Ora ho una compagna, però siamo dei portatori sani di sfiga, ti racconto solo questa: una volta le avevo trovato una famiglia dove potesse fare la badante, lei è polacca. Intanto, giusto per cominciare, aveva una figlia zitella che rompeva le scatole. Poi aggiungici che avevamo bisogno di soldi perché tutto d’un colpo mi sono arrivati i conti da pagare, ecco, dopo una settimana è morta la vecchia, quindi niente lavoro. Vi sembra che ne parli come se niente fosse? Vi dirò, se uno non è incazzato con se stesso e col mondo per forza è positivo! -Giorgio,Luigi- Hanno partecipato a questo numero: Silvia, Luca, Ambra, Luigi, , Ludovico, Giorgio, Francesca, Irene, Isabella, D.A., Alice, Elisabetta, Massimiliano Per idee, critiche e riflessioni [email protected] 12