Diario di bordo Lotti 2014-15 secondo anno

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Diario di bordo Lotti 2014-15 secondo anno
Diario del Secondo Anno del Laboratorio del Sapere Scientifico
ISS Bernardino Lotti, Massa Marittima (GR) A.S. 2014-2015
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Premessa: dalle conclusioni del primo anno all’anno in corso.
Il lavoro di studio bibliografico condotto durante il primo anno ha visto centrale ciò che afferma
l'OCSE, ovvero che [cit.] "Gli studenti non possono imparare tutto ciò di cui avranno bisogno in età
adulta. Ciò che devono acquisire sono i requisiti per un apprendimento di successo nel futuro”.
L’istruzione scientifica dovrebbe, quindi, permettere agli studenti di:
1. acquisire le principali linee di pensiero per capire gli aspetti del mondo che li circonda, essere in
grado di effettuare scelte e prendere decisioni che riguardano la loro salute e la loro relazione con
l’ambiente;
2. capire, in modo elementare, ciò che la scienza è, "come funziona”, quali sono i suoi punti di forza
e i limiti, per rendersi conto che i principi e le teorie avanzate per spiegare i fenomeni sono
temporanei e saper riconoscere l'influenza della pseudo‐scienza che spesso offrono pubblicità e
media;
3. sviluppare la capacità di comunicare esperienze e contenuti della scienza per esprimere pensieri e
idee, condividerli e difenderli attraverso la discussione e l’argomentazione;
4. essere in grado di continuare ad apprendere. Più che l'accumulazione delle conoscenze teoriche,
che si possono facilmente recuperare tramite le fonti di informazione ampiamente disponibili oggi,
ciò che è realmente necessario sono le competenze necessarie per accedere a queste fonti,
selezionare le informazioni pertinenti e dar loro un “significato”.
Un altro dato che emerge è che i giovani non riescono a mettere in relazione ciò che fanno a scuola
con la loro vita reale di tutti i giorni, non riescono a comprendere l'utilità e la fruibilità di ciò che
imparano e, di conseguenza, sono anche molto critici nei confronti dell'insegnamento delle scienze.
I metodi basati sull'investigazione, rispetto ai metodi deduttivi, aumentano l'interesse verso le
scienze che molto spesso vengono vissute come un qualcosa di separato dalla vita reale.
Con la messa a punto e la sperimentazione in oltre trenta paesi del mondo del metodo IBSE (Inquiry
Based Science Education) appare sempre più evidente che l’insegnamento delle Scienze non può
assolutamente prescindere dall’osservazione ed investigazione sperimentale in cui gli allievi,
sostenuti dal docente, ricercano, progettano autonomamente attività sperimentali, analizzano i dati e
formulano nuove domande di investigazione.
Risulta quindi strategico sollecitare la discussione ed il confronto tra insegnanti e attivare iniziative
finalizzate all'acquisizione professionale ed applicazione di strumenti e metodi didattici
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sperimentali riferendosi a supporti metodologici condivisi a livello internazionale, adattabili ed
adattati a contesti diversificati.
Sollecitazioni simili sono fornite anche dalle Nuove Indicazioni per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione che evidenziano l’esigenza di “ripensare l’esperienza
del fare scuola” e sono per molti aspetti perfettamente in linea anche con lo sviluppo delle
competenze funzionali richieste nelle indagini OCSE‐PISA. Riguardo all’insegnamento delle
scienze naturali e sperimentali, esse infatti recitano:
“Presupposto di un efficace insegnamento/apprendimento delle scienze è un’interazione diretta
degli alunni con gli oggetti e le idee coinvolti nell’osservazione e nello studio, che ha bisogno […]
di tempi e modalità di lavoro che diano ampio margine alla discussione e al confronto. […]
Particolare cura dovrà essere dedicata all’acquisizione di linguaggi e strumenti appropriati,
funzionali a dare adeguata forma al pensiero scientifico e necessari per descrivere, argomentare,
organizzare, rendere operanti conoscenze e competenze”.
Altri progetti studiati come “La main à la pâte” e il progetto Fibonacci (entrambi sviluppati
nell'ambito dell'IBSE) hanno condotto il laboratorio in una condizione di riflessione epistemologica
sul rapporto docente/alunni/competenze che ha preparato la strada, a nostro avviso in linea con il
bando, alla progettazione e messa in opera di percorsi tematici esplorativi e sperimentali della
didattica laboratoriale alla base del processo scientifico.
Una “scolarizzazione scientifica” è, per noi, un obiettivo raggiunto quando i discenti sono in grado
di osservare, sperimentare e affrontare un processo logico che induca a conclusioni che a loro volta
devono essere corroborate, confortate e riprodotte per essere verificate o smentite.
Quindi, come ripreso nel sito della regione Toscana, anche noi abbiamo “lavorato per promuovere
il miglioramento della qualità nell'insegnamento delle scienze e della matematica nelle scuole”
attraverso un progetto di “Educazione scientifica”.
E siamo confortati dal fatto di essere in linea con quanto suggerito ovvero:
-“ di trarre dall'attività di ... Laboratorio del Sapere Scientifico da proporre quale strumento di
ricerca/sviluppo
della
qualità
dell'insegnamento
delle
scienze
e
della
matematica”;
- “di consolidare l'efficace e stabile collaborazione con i tre Atenei toscani (nel nostro caso Siena
attraverso il Prof. Giuseppe Latino), rappresentati nel Comitato scientifico del Progetto (Prof.
Giuseppe Anichini)”.
Grazie alla sua disponibilità, anche quest'anno il LSS si è potuto avvalere del contributo dell’esperto
esterno Prof. Giuseppe Latino, che ci ha aiutato a curare gli aspetti teorici del metodo induttivo,
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centrare l’attenzione sulle ricadute della didattica nell’ambiente classe e a valutare l’impatto dei
moduli.
Punto della situazione, inizio delle attività :
L'attività iniziale del laboratorio nel secondo anno è stata caratterizzata da una discussione
finalizzata a collegare il lavoro precedente divulgando la riflessione del primo anno ai nuovi
membri del gruppo (4/10) portando i docenti di matematica da 1 a 3/10, di fisica da 1 a 2/10,
chimica 4/10 e biologia 1/10 (come l'anno passato).
In particolare il nuovo e innovativo modo di fare didattica proposto lo scorso anno dall'esperto
esterno (IBSE) è stato ridiscusso e rielaborato, soprattutto a favore di quei docenti che non avevano
partecipato a questa prima fase del lavoro del gruppo LSS.
Per loro l'attività di auto-formazione è stata parallela allo svolgimento dell'attività del gruppo di
ricerca.
Il metodo, non utilizzato in tutti i moduli sviluppati durante l'anno ma in qualche modo trasversale
a molti ed alle discussioni del gruppo, è un approccio alla didattica che scaturisce dall'analisi delle
modalità di apprendimento degli studenti e da una riflessione attenta dei contenuti fondamentali da
imparare. Esso, mimando il processo della ricerca scientifica, mira a far scoprire autonomamente
agli studenti contenuti fondamentali partendo da obiettivi vicini alle loro attitudini e alle loro sfere
d'interesse, facendo leva sulla soddisfazione di avere capito e appreso qualcosa in modo
significativo. IBSE non prevede una quantità di informazioni memorizzate nell'immediato, ma è
finalizzato alla formazione graduale di significati, idee o concetti individualizzati. Il rapporto
docente-discente cambia in modo radicale: argomenti e concetti non vengono più presentati come
verità precostituite; il docente ha fa funzione di guida e stimolo su un dato percorso che deve essere
sviluppato dagli studenti a partire da domande.
Gli aspetti chiave dell'IBSE sono stati reputati conformi alle linee guida del bando LSS anche se è
solo una delle tante metodologie didattiche per la trattazione “induttiva” delle competenze da
sviluppare.
Dopo i primi due incontri incentrati a pianificare e uniformare la progettazione dei percorsi, è stato
molto utile che alcuni dei membri del gruppo abbiano portato le proposte didattiche all'interno degli
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organi collegiali quali dipartimenti, gruppi disciplinari e consigli di classe, tentando così di allargare
i confini del gruppo e di coinvolgere, o quantomeno informare, anche docenti non direttamente
coinvolti. Il laboratorio ha inoltre realizzato un gruppo di lavoro virtuale su piattaforma web in
modo da scambiare informazioni, impressioni e materiali anche a margine degli incontri in presenza
(rendicontati), per avere un aggiornamento in tempo reale dei progressi o delle problematiche
riscontrate nell'applicazione in classe, realizzando di fatto una rete di supporto utile ai docenti
interessati.
A questo punto il laboratorio è diventato "entità operativa" all'interno dell'istituto; la
programmazione dei primi lavori è stata discussa in laboratorio sin dal mese di ottobre.
In questa fase sono state decise anche le strumentazioni/attrezzature da utilizzare e integrare, quindi
i materiali da acquisire nell'ambito del progetto. Infine, nel mese di dicembre, tutte le 5
programmazioni sono state consegnate al coordinatore e discusse nel laboratorio:
1.
Biologia: “l'adattamento degli animali-perfetti non si nasce ma si diventa”.
Si
confrontano due gruppi di studenti nell'ambiente classe 2A e 2B in cui uno, tramite ricerca
web, conosce l'ambiente e le abitudini di un animale e l'altro, partendo dall'osservazione,
dissezione dell'animale e valutazione della sua morfologia, tenta di ipotizzare il suo
ambiente e abitudini. Il confronto delle risposte dovrebbe suggerire il concetto di
forma/funzione degli adattamenti.
2.
Chimica: “Dai passaggi di stato ai legami chimici ” L’esperienza sarà svolta nella
classe 1D dell’istituto professionale elettronico, nel corso del primo periodo dell’anno
scolastico; ha come obiettivo operare una distinzione tra i diversi tipi di trasformazioni della
materia, la distinzione tra concetto di calore e temperatura, arrivando a introdurre il concetto
di legame chimico intermolecolare. L’esperienza è stata progettata dall’insegnante
all’interno del gruppo di docenti partecipanti al Laboratorio del Sapere Scientifico.
3.
Matematica: “Costruire la disequazione” L'attività sarà svolta nelle classi 1A e 1B
dell'istituto IT. Utilizzando la metodologia IBSE, lavoro a gruppi eterogenei e discussioni
collettive, gli alunni saranno guidati a costruire il concetto di disequazione a una variabile e
quello di sistema di disequazioni. A partire dall'esperienza pratica della costruzione di
triangoli, gli alunni verranno condotti all’utilizzo di una metodologia operativa utile anche
in altri contesti.
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4.
Chimica: “Pensare al piccolo osservando in grande. L’esperienza è proposta nella
classi 1°A e 1°B dell’Istituto Tecnico nel corso del secondo periodo dell’anno scolastico.
L’obiettivo disciplinare di partenza sono i concetti di trasformazione fisica, calore,
temperatura, sostanze, per arrivare al concetto di struttura particellare di quest’ultime e
successivamente, da questo, comprendere il significato di reazione chimica, la formazione
di sostanze diverse e la loro particolare natura.
L’esperienza è stata progettata dall’insegnante che ha tratto spunto dalla collaborazione
con altri colleghi, docenti di chimica, partecipanti al Laboratorio del Sapere Scientifico.
5.
Chimica: “Reazioni alla frutta” Attraverso l'utilizzo di filmati si cerca di introdurre il
concetto di elettrolita forte e di come la corrente abbia differenti metodi di conduzione
soffermandosi sulle specie ioniche. Il percorso virtuale e laboratoriale consente
l'applicazione concreta della nomenclatura chimica di sali e acidi e permette un riscontro
diretto sulla legge di Coulomb e il legame ionico ponendo l'attenzione sulle differenze tra le
varie tipologie di legame. L'attenzione è spostata sul problema di conduzione di seconda
specie attraverso semplici esempi di laboratorio e filmati che esemplificano i meccanismi.
Una volta apprese le competenze descritte il discente viene accompagnato attraverso un
cammino basato sulle reazioni redox di formazione di sali a comprendere due aspetti
fondamentali: la impossibilità di avere elettroni liberi e la capacità di alcune reazioni a
fornire energia. Questo consente ulteriormente di verificare i processi che consentono di
differenziare i composti ionici da covalente, le modalità di scrittura e di bilancio di ioni,
cariche ed elettroni. Attraverso esperienze virtuali e pratiche si arriva a comprendere come
l'ambiente di reazione possa influenzare la reattività e come alcune reazioni senza il giusto
ambiente (acido o basico) non possano avvenire. Si cerca quindi di indurre lo studente a
escogitare un metodo utile a considerare la presenza di bilanciamenti acidi e basici
concludendo di fatto il meccanismo di bilanciamento redox.
Per ogni modulo si allegano le schede riassuntive anche per evincere l’impostazione didattica che,
teniamo a precisare, non è solo personale del docente ma anche attività integrata dell’intero gruppo
di lavoro del LSS.
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Le attività proposte sono iniziate in tempi diversi nei mesi successivi seguendo le indicazioni dei
consigli di classe e in funzione della didattica delle singole materie e classi.
Via via che le attività prendevano forma in classe, i risultati preliminari sono stati presentati e
discussi sulla piattaforma social e durante le riunioni del gruppo.
In questa fase di confronto e discussione è stato opportuno ricavare dalla piattaforma TRIO e da
convegni/seminari sul LSS in Toscana alcuni materiali utili alla progettazione operativa ed
all’attuazione dei lavori disciplinari. In particolare il gruppo ha trovato utile l’utilizzo dell’archivio
TRIO dei moduli precedentemente sviluppati da altre scuole nel contesto del progetto.
Inoltre la discussione nel gruppo si è soffermata sul report del seminario "laboratorio sapere
scientifico” tenutosi il 30 gennaio c.a. a Grosseto che ha visto presente una delegazione del nostro
laboratorio. Da queste attività si è evidenziato che generalmente le attività del laboratorio didattico
di tipo induttivo hanno principalmente interessato le classi del primo ciclo di istruzione, mentre le
esperienze per il secondo ciclo, specie di secondo grado, risultano meno numerose; questo, per
quanto potesse costituire una difficoltà nella programmazione e nell’attuazione, è stato un ulteriore
stimolo a sperimentare una forma di didattica alternativa anche con discenti più grandi.
I punti di discussioni in itinere sono stati molti e specifici per le fasi progettuali e attuative di ogni
singolo progetto, guidando il gruppo a riflessioni che hanno trovato riscontro diretto nei moduli
presentati. In particolare sono emerse problematiche e punti di forza.
Gli elementi di discussione generale del gruppo sono stati principalmente:
•
Il tempo necessario per lavorare secondo i canoni LSS è spesso un fattore limitante.
Qualunque argomento sviluppato attraverso metodi induttivi quali IBSE, richiede molto
tempo/classe, soprattutto quando le attività devono essere organizzate e gestite in parallelo
su più gruppi/classi o le attività vengano organizzate su moduli ampi e quindi con numerose
competenze da raggiungere. Il laboratorio infatti è consapevole che il tempo per il
raggiungimento delle competenze prefissate è maggiore quando l’elaborazione delle
conoscenze fatta in autonomia da ogni singolo studente segue percorsi individualizzati e non
necessariamente rettilinei allo sviluppo della soluzione.
Di contro una competenza così acquisita e consolidata è un valore aggiunto poiché il
ragionamento e il percorso di scoperta del “nuovo” diventa esso stesso formazione
metodologica e la sua validità non è limitata alle conoscenze del modulo specifico.
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Spesso si è riscontrata la difficoltà di far comprendere agli studenti la pianificazione di
attività che necessariamente si articolano su più giorni e con più gruppi, rendendo necessaria
un’organizzazione più capillare in funzione anche delle assenze degli alunni.
Inoltre l’organizzazione scolastica (ATA, fondo istituto, orari a completamento) non
consente una fruibilità flessibile degli spazi della scuola anche in orario extrascolastico.
Questo, e le limitazioni che impone, diventa un problema ancora più evidente nel rapporto
con l’utenza di questo istituto che ha punte dell’80% di pendolarismo tra gli alunni.
Infine le numerose attività, non ultime quelle di recupero in itinere che sono obbligatorie nel
nostro percorso didattico, riducono in maniera sostanziale il monte ore dedicato a ciascuna
disciplina, andando a diminuire gli spazi di progettazione soprattutto per attività che
naturalmente si articolano su tempi piuttosto lunghi. Idealmente bisognerebbe formalizzare i
recuperi lavorando su competenze minime in una didattica individuale senza pertanto
intaccare il lavoro dell’intera classe, ma questo non è sempre possibile specie quando le
insufficienze sono distribuite su competenze diverse, numerose e/o diffuse.
•
Elemento limite per la buona riuscita del modulo è, da parte degli studenti, un impegno
personale a casa di rielaborazione critica, ricerca materiali e approfondimento, parallelo alle
attività del modulo svolte in classe e/o in laboratorio. Con questo non si vuole mescolare il
lavoro induttivo in classe con il lavoro deduttivo “classico” a casa, configurabile con
un’attività di studio del manuale, ma piuttosto ci si riferisce qui ad una fase di elaborazione
critica delle esperienze fatte a scuola che porti allo sviluppo e consolidamento delle
competenze.
In linea con questo, l’attuazione di tre moduli su cinque, che pure erano riusciti in una prima
fase a stimolare l’attenzione e la curiosità degli alunni, ha trovato un limite nella mancata
corrispondenza di rielaborazione personale individuale. Molti alunni si lasciavano
coinvolgere dalle attività in classe costruendo solo alcune delle capacità e abilità necessarie
al raggiungimento delle competenze minime del modulo. Infatti si è notato come questi
hanno aggirato la fase della costruzione della competenza andando a recuperare i singoli dati
di conoscenza non tanto seguendo il percorso induttivo previsto e sviluppato dalla classe,
basato sull’integrazione delle osservazioni fatte e incentrato sull’elaborazione personale e di
gruppo, ma semplicemente reperendo la conoscenza di regole base dai libri di testo o più
spesso da internet. Sono quindi arrivati ad una conoscenza senza aver creato la competenza
utile ad applicarla.
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•
Prerequisiti: “non troppo avanzati e non troppo semplici” ovvero giusta scelta del target del
modulo:
•
il metodo IBSE richiede che le conoscenze vengano costruite partendo dall'esperienza,
pertanto i prerequisiti dovrebbero essere minimi e necessari soltanto a creare un terreno
comune per svolgere le attività proposte. Contemporaneamente bisogna assicurarsi che tra le
conoscenze pregresse non ci sia quella che si sta tentando di costruire con la specifica
attività, in modo da valorizzare il lavoro di costruzione delle competenze, non solo il loro
possesso o ottenimento, che il gruppo ribadisce essere il nucleo fondante della propria
esperienza nel LSS. Infatti una difficoltà potrebbe verificarsi lavorando su esperienze in cui
le competenze da raggiungere non vengano effettivamente sviluppate dagli studenti durante
il progetto ma piuttosto raggiunte in base a conoscenze parziali e pregresse o, in altre parole,
non seguendo il percorso di scoperta previsto ma reperite acriticamente da testi o dal web.
•
L'attività didattica è necessariamente limitata ad alcune parti dell'intera programmazione.
Assodate le difficoltà di sviluppare in tempi brevi la didattica attraverso il metodo IBSE o
altri metodi indut tivi nell’ambito del LSS, si è da subito arrivati alla conclusione che non
sarebbe stato possibile sviluppare tutte o una parte significativa delle competenze che si
auspicava di raggiungere nell'anno in base alle linee guida ministeriali utilizzando questi
metodi in maniera esclusiva o principale. Pertanto si è convenuto che fosse più opportuno
scegliere un solo macro-argomento da trattare nell’ambito del LSS e quindi scegliere un
opportuno set di competenze da sviluppare. Il resto della programmazione è stata svolta con
metodi classici.
•
La valutazione per competenze sembra il metodo più appropriato per valutare i risultati
conseguiti con la metodologia LSS.
Un ulteriore punto di discussione ha riguardato la valutazione dello studente. Si è convenuto
sin dall’inizio che, visti gli orientamenti del ministero in questi ultimi anni sul tema della
valutazione, era opportuno lavorare in termini di valutazione per competenze.
Si può pensare ad un sistema di valutazione strutturato in modo che ogni docente, per ogni
materia e modulo, possa proporre al consiglio di classe una griglia di valutazione delle
competenze acquisite da depositare nella propria programmazione e in grado di evidenziare,
attraverso descrittori specifici, i risultati ottenuti. Le valutazioni così ottenute sarebbero poi
trasformate in decimi e mediate in un voto unico da inserire sul registro. La necessità di
ufficializzare questo tipo di valutazione in parziale sostituzione della verifiche sommative
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classiche, che richiedono tempo aggiuntivo e costituiscono una attività scollegata e utile
esclusivamente alla valutazione stessa, richiede tuttavia la ratifica del consiglio di classe.
Il LSS conviene che una didattica laboratoriale, che tenga presente prerequisiti, conoscenze
pregresse e abilità acquisite in funzione della costruzione di nuove abilità, conoscenze e
competenze, sia un naturale viatico al lavoro di elaborazione di competenze generali e
specifiche. Di fatto per ogni modulo è possibile scegliere dei descrittori che diano costante
indicazione in itinere di come le competenze prefissate siano state raggiunte dai discenti. La
costruzione di griglie di valutazione specifiche è stata oggetto di studio e discussione da
parte del gruppo e due moduli su cinque le hanno adottate per la valutazione. Di questi due
moduli solo un docente è riuscito effettivamente a ricavare una valutazione sommativa dai
descrittori sia generali che specifici, mentre l’altro, pur arrivando alla definizione di una
griglia, ha optato per una differente forma di valutazione per la difficoltà di applicare i
descrittori proposti nella pratica del lavoro in classe.
Esempio di griglie utilizzate per competenze generali e competenze specifiche:
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Si pongono delle difficoltà nell'utilizzo del metodo induttivo per arrivare a concetti tecnici
più specifici.
Già dallo scorso anno il gruppo di lavoro si è posto la questione di come fosse conciliabile
una didattica basata sul metodo induttivo e indirizzata a sorprendere, incuriosire e far
interagire gli alunni con la possibilità di introdurre e ottenere competenze valide specifiche
su concetti tecnici avanzati come quelli che si mira ad introdurre nel triennio.
La conclusione dell’anno precedente era stata che il percorso induttivo avrebbe dovuto
essere presente nel curricolo del discente sin dai primi anni della formazione, andando a
fornire delle basi metodologiche su cui costruire conoscenze sempre più specifiche e
complesse a partire dal primo biennio dell’ultimo ciclo di studi. Questo avrebbe potuto
condurre l’alunna/o attraverso un percorso educativo destinato allo sviluppo spontaneo di
competenze avanzate attraverso un approccio sperimentale induttivo da corroborare con
aspetti tecnico-teorici, invertendo le modalità di apprendimento, eventualmente, anche nel
triennio.
L’esperienza sul campo ha, di fatto, evidenziato che questa tipologia di didattica è più ostica
nei gruppi classe in cui metodologie di autocostruzione sono state raramente incontrate dagli
alunni e risultano pertanto completamente estranee. Nelle classi in cui le attività laboratoriali
sono scarse, le lezioni hanno sempre visto un’attuazione frontale e diretta, i lavori di gruppo
non sono stati centrati sulle competenze e le impostazioni di problem solving e problem
posing sono state discusse di rado, gli studenti possono trovare nell'applicazione di queste
metodologie solo benefici di tipo iniziale, quali un amento di interesse, curiosità e
coinvolgimento in classe.
Affinché le metodologie messe in campo siano utili alla costruzione del percorso delle
competenze per via induttiva è pertanto utile che questa metodologia sia introdotta e radicata
sin dall’infanzia. In caso contrario, il rischio è quello di dover investire nell’elaborazione
personale dei contenuti, nella scuola secondaria sempre più tecnici e specifici, una gran
quantità di tempo ed energie senza riuscire, talvolta, a trarne frutti commisurati all'impegno.
L’attività pratica associata a quella laboratoriale del LSS stimola i ragazzi e li rende
sicuramente più partecipi durante le lezioni. Questo è un aiuto fondamentale soprattutto
nella creazione del dialogo educativo con quegli alunni che, per svariate ragioni, hanno
difficoltà ad essere indirizzati in un percorso di istruzione “predefinito”. Da queste attività
induttive di laboratorio si evince come gli studenti che si trovano a lavorare su abilità e
competenze pratiche siano facilitati nel ricercare le conclusioni utili al dialogo educativo.
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Un limite in questo contesto è semmai che non sempre queste conclusioni vengono
ridiscusse, messe in crisi o consolidate.
Si nota che nel gruppo sono presenti dei membri non strutturati (docenti precari).
Nonostante la mancanza di prospettive circa l’impatto del proprio lavoro di sperimentazione
nell'immediato questi non si sono trovati a essere meno motivati degli altri in questa fase
dello sviluppo dei moduli. La situazione ha portato tuttavia il gruppo a riflettere sul fatto che
la precarietà, intesa come frequente cambiamento della scuola/classe di riferimento, è un
forte limite allo sviluppo di tecniche didattiche nuove e non convenzionali.
L'apporto di un docente al consolidamento di una metodologia utile a risolvere il problema
in modo scientifico prevede la costruzione di un valido GRUPPO CLASSE mentre la
precarietà mina alle basi della formazione di un ambiente di lavoro docente/docente e
docente/discente utile allo scopo.
Un buon lavoro “permanente” nel LSS si può avere a condizione che i componenti del LSS
siano ben motivati e stabili dal punto di vista occupazionale, e non si può pensare di
migliorare la qualità della didattica senza pensare (anche) a migliorare la qualità della vita
lavorativa dei docenti.
Dettagli metodologici dei moduli:
Il lavoro di progettazione dei moduli è stato un lavoro di equipe in cui, per ogni unità didattica, i
docenti/il docente di riferimento esperto della disciplina si è avvalso della collaborazione del
gruppo per l’individuazione dei prerequisiti e degli obiettivi/competenze da raggiungere, il tempo e
la logistica di attuazione del modulo e il feedback della sperimentazione è stato sempre continuo
grazie all’utilizzo della piattaforma informatica. In alcuni casi il percorso prefissato ha subito delle
variazioni di contenuti (classiche nell’utilizzo di metodi di didattica induttivi quali l’IBSE) che sono
stati allineati alle competenze prefissate grazie al supporto teorico e sul campo di tutti i membri del
gruppo LSS.
Le seguenti attività di didattiche sperimentali, sviluppate nel LSS, sono state inserite nelle
programmazioni didattiche dei singoli docenti, approvate dai consigli di classe e ratificate da tutti
gli organi collegiali, segnalando e presentando i moduli e i loro criteri di valutazione ai CdC: infatti
proprio in questo II anno il LSS è diventato una “realtà operativa” all’interno dell’Istituto.
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Chimica
Titolo dell’esperienza: “Reazioni alla frutta”
Sottotitolo: Reazioni di ossidoriduzione e pile
Destinatari: Classe 2A IT Chimico indirizzo chimica materiali e biotecnologie
Elementi salienti dell’approccio metodologico:
Attraverso l'utilizzo di foto, filmati ed esperienze di laboratorio è stato possibile attivare il dibatto
nella comunità classe cercando il più possibile di lasciare i docenti teorici e di laboratorio solo come
anelli di congiunzione e auditori di un discorso che il più delle volte si è mostrato articolato,
pregnante e sorprendente specialmente nella definizione di esempi utili a costruire un percorso
logico di avvicinamento alla competenza richiesta.
Non sempre il linguaggio si è dimostrato da subito adeguato e la forma colloquiale del dibattito ha
caratterizzato molti incontri; le discussioni hanno portato spesso a risolvere quesiti, problem solving
e esperienze strutturate che sono state preparate e gestite al momento. Ad esempio per introdurre il
concetto di reazione a scambio elettronico è stato necessario ricondurre gli alunni ad uno studio
sulla fotografia che non era stato previsto e che ha prodotto buoni risultati nel raggiungimento di
competenze generali e specifiche come mostrato nelle successive slide.
Attraverso esperienze audio-visive-pratiche, la classe è stata quindi accompagnata alle reazioni
redox di formazione di sali riuscendo ad interrogarsi su due aspetti fondamentali:
l’impossibilità di avere elettroni liberi e la capacità di alcune reazioni di fornire energia.
Attraverso l'intuizione di come sia possibile ottenere energia dalle reazioni e di come gli elettroni si
possano bilanciare in un areazione redox, è stato possibile introdurre il metodo di bilanciamento di
reazioni attraverso le semireazioni scritte in forma ionica.
Attraverso esperienze virtuali e pratiche si arriva a comprendere come l'ambiente di reazione possa
influenzare la reattività e come alcune reazioni senza il giusto ambiente (acido o basico) non
possano avvenire. Ciascuno studente (a gruppi) ha quindi escogitato un proprio metodo utile a
considerare la presenza di bilanciamenti acidi e basici concludendo di fatto che il meccanismo di
bilanciamento redox è uguale a prescindere dal metodo logico utilizzato. Inoltre attraverso semplici
osservazioni e esperimenti si è giunti a comprendere che sia tra due metalli che tra due molecole
organiche esiste una differente "tendenza" a cedere elettroni e come questa sia l'inizio di processi
ossido riduttivi biochimici utili a produrre un complesso passaggio elettronico dedicato alla
riduzione dell’ossigeno e all’ossidazione del glucosio (o viceversa). Inoltre, considerando che in
questo “passaggio” si produce (o si perde) energia, è stato sorprendente aver intuito come nel nostro
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corpo vi siano reazioni classificabili allo stesso modo di quelle che avvengono nella pila. Quindi
dall’osservazione di fenomeni energetici comuni nella vita di tutti i giorni, è stato possibile
introdurre la relazione tra energia e concentrazione e quindi introdurre l’equazione di Nernst. In
laboratorio sono state costruite delle pile Daniel a setto poroso che messe in serie e parallelo hanno
avuto potenziale e amperaggio utile ad accendere un led e le simulazioni al computer hanno trovato
riscontro con i dati ricavati in laboratorio, misurando infine il voltaggio di alcuni tra frutti e ortaggi.
Infine è stato posto il problema energetico globale, lo smaltimento delle pile e attraverso una
discussione guidata e una serie di problem posing, sono state trattate tematiche quali elettrolisi, pile
batterie e fenomeni collaterali della ricarica (effetto memoria), la produzione di energia da
idrocarburi, le fonti rinnovabili, i fotovoltaico, pile alcaline, e a litio-PEG e i polimeri ora più
utilizzati.
Uno dei tanti elementi di sorpresa della sperimentazione sul campo è stato quando, posta la
domanda mirata alla discussione aperta in classe, l’andamento della discussione è virato molto
lontano dagli obiettivi e competenze prefissate. La discussione non è stata bloccata ma anzi
incentivata cercando di trarre le dovute conclusioni attraverso un percorso che l’insegnante non
aveva né previsto né programmato.
In particolare l’insegnante e l’ITP hanno dovuto, al momento, ridefinire i “limiti” del discorso,
posticipare ad altra data le esperienze laboratoriali prefissate e usarne di nuove in grado comunque
di portare la classe a completare il percorso verso le competenze prefissate.
La curiosità degli alunni ha portato a inserire alcuni concetti sulla storia della fotografia dai primi
utilizzi di materiali fotosensibili agli attuali dispositivi CMOS delle macchine fotografiche in
astronomia e di uso comune.
Quindi è stato possibile eseguire alcuni esperimenti sulla radiazione luminosa in luce bianca e i
vapori di magnesio studiandone lo spettro attraverso un semplice diffrattometro utilizzato per i
saggi alla fiamma. E’ stato scaldato del magnesio e prodotto il flash che rendeva le foto del vecchio
west giallastre!
E’ stato possibile seguire la classe nell’acquisizione dei principi basilari di fissaggio e di utilizzo
delle prime pellicole colori intuendo come i processi redox non siano solo presenti nei sali ma anche
in molecole organiche e polimeri e si sono potute fare le differenze tecniche sull’utilizzo della luce
nelle nuove e vecchie macchine fotografiche introducendo il concetto di “sensibilità” legata al
significato più nascosto di “reattività” di “risoluzione e quindi “pixel”, “fotoni” e concentrazione
delle specie Ridotte e ossidate e quindi importanza di materiali e quantità nelle redox, chiudendo il
cerchio sulle competenze. Di seguito è riportata una griglia di autovalutazione del modulo
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estrapolata dagli indicatori di competenze generali e competenze specifiche con cui ogni alunno è
stato valutato.
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Matematica
Titolo: Verso ed oltre la disequazione
Sottotitolo: Costruire la disequazione : disequazioni e sistemi di disequazioni
di primo grado in una variabile
Destinatari: classe I A IT chimico/geominerario
Aspetti salienti dell’approccio metodologico
Il progetto, rispetto all’idea originaria, è stato più volte rivisitato in ragione delle reazioni degli
alunni nelle fasi attuative e delle articolate riflessioni avvenute all’interno del gruppo LSS e con
l’esperto . Il titolo iniziale, in fase di progettazione ,era “costruire la disequazione” al temine è
diventato “verso ed oltre la disequazione” proprio perché gli obiettivi finali sono stati ampliati con
un gruppo di alunni particolarmente recettivi e interessati. Il progetto si è sviluppato nelle seguenti
fasi:
Fase 1: il gruppo disciplinare di matematica facente parte del laboratorio ha rivisto la propria
programmazione nell’ottica dell’applicabilità della metodologia IBSE in coerenza con l’attività
svolta con l’esperto nel primo anno di vita del laboratorio e scelto il tema da sviluppare nelle classi
prime dell’istituto tecnico: per le caratteristiche di questa metodologia era importante che gli
studenti non avessero conoscenze pregresse sul tema da trattare. Tutti gli argomenti vagliati erano
quelli delle programmazioni disciplinari redatte seguendo fedelmente le linee guida ministeriali per
i bienni degli istituti tecnici ma l’idea guida era quella di focalizzare l’attenzione sulla metodologia
IBSE e scegliere un tema che con essa potesse essere sviluppato. Il percorso ha contribuito al
raggiungimento delle competenze disciplinari ministeriali:
►Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche
in forma grafica
►Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi
ma anche agli obiettivi educativi quali:
► Creazione del gruppo classe
► Acquisizione delle capacità di socializzazione
► Acquisizione delle capacità di collaborazione interpersonale
► Sviluppo dell’atteggiamento di rispetto della persona e delle opinioni altrui
► Motivazione allo studio
Fase 2:presentazione della bozza del progetto all’intero gruppo del laboratorio. L’idea è stata
valutata idonea per il passaggio alla fase attuativa così come presentata. Si è riflettuto
essenzialmente sull’opportunità di iniziare dalle classi prime perché più disponibili e bisognose di
apprendere un metodo critico di approccio allo studio della matematica troppo spesso intesa come
un noioso e confuso insieme di formule e regole. Il tema delle disequazioni inoltre era del tutto
sconosciuto perché non affrontato da nessuno alla scuola media e pertanto “perfetto” per essere
“scoperto” come da prerogativa IBSE.
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Fase 3:attuazione nella classe nel mese di maggio. Inizialmente la progettazione prevedeva lo
sviluppo in parallelo nelle due classi prime del tecnico ma in una sezione i tempi di apprendimento
degli alunni si sono rivelati più lenti del previsto e quindi non hanno consentito lo sviluppo di
questo tema e la messa in campo di questa metodologia.
Fase 4:analisi critica del percorso. In occasione degli incontri formali del LSS e anche nelle
numerose occasioni di incontro informali all’interno dell’istituto si è monitorato e discusso
sull’avanzamento del percorso e sulle criticità che via via l’insegnante incontrava. Dalla discussione
è emerso che il problema comune a tutti i docenti è stato quello del tempo di attuazione
,sicuramente più lungo rispetto ad una didattica tradizionale e in certi casi faticosamente
conciliabile con i ritmi e le scadenze scolastiche innegabilmente presenti nella vita dell’Istituto. Si è
convenuto alla fine di ritenere che abbia maggiore valenza instillare nei giovani studenti un modus
operandi nei confronti della disciplina che consentirà loro di raggiungere le competenze a discapito
di qualche contenuto che, ad obiettivo raggiunto, sarà facilmente recuperabile. Riguardo alla
metodologia IBSE, la docente ha evidenziato nel gruppo e all’attenzione dell’esperto un limite a cui
non si era pensato inizialmente: l’età degli alunni a cui il progetto è rivolto e la loro consuetudine e
abilità di frequentare il mondo del web per ricercare informazioni e dare subito risposte alle
domande. In questo senso la costruzione lenta e ragionata induttivamente dell’IBSE,
necessariamente frammentata in lezioni svoltesi in giorni diversi, ha presentato il rischio di
“inquinamento” con le informazioni che i ragazzi potevano cercare e trovare rapidamente con
internet. In realtà il confronto ci ha condotto alla conclusione che anche saper ricercare
informazioni pertinenti può essere un obiettivo trasversale dignitoso da raggiungere e che
comunque rimane sempre la validità dell’idea della scoperta se non di “cosa”, del “come”. Aspetti
positivi si sono rilevati per quanto riguarda l’ambito motivazionale negli studenti: specialmente
nella fase iniziale, la raccolta del materiale richiesto, il lavoro a piccoli gruppi, la discussione
collettiva ha visto una partecipazione attiva di tutti gli alunni. Non aver dichiarato subito gli
obiettivi di apprendimento, ha creato quella curiosità che, insieme alla richiesta “insolita” di portare
delle strisce di cartoncino, ha creato quella curiosità favorevole al clima di apprendimento e l’avvio
propositivo del progetto. Al momento della progettazione si era pensato di limitare i contenuti alla
disequazione di primo grado in una sola incognita, ai problemi risolubili mediante questo modello
algebrico. Successivamente, quando si è passati all’utilizzo di Derive 6 e alle rappresentazioni
grafiche in R2 delle disequazioni in oggetto, per un gruppo di (cinque) alunni è stato piuttosto
naturale passare alla rappresentazione di e quindi andare ad affrontare concetti e problemi connessi
alle disequazioni in due variabili. In altre parole, quando si riesce a lasciare “liberi” gli studenti di
provare, sperimentare, si riesce meglio anche ad attuare una didattica personalizzata su ciascuno
perché più chiara lettura offre il feedback sui diversi stili di apprendimento . All’interno del LSS ci
siamo anche chiesti se i risultati rilevati nei momenti delle valutazioni sommative siano stati diversi
rispetto a quelli che avremmo potuto rilevare con altro tipo di didattica: difficile rispondere perché
molti sono i fattori di successo legati alle caratteristiche di un gruppo classe e ai suoi singo li
componenti. Quello comunque da evidenziare è la motivazione scaturita anche negli elementi
generalmente più passivi e le buone capacità emerse a lavorare in gruppo, collaborare, confrontarsi.
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Chimica
Titolo dell’esperienza: “ Pensare al piccolo osservando in grande”
Sottotitolo: Dai passaggi di stato alla struttura particellare della materia
Destinatari : Classi 1°A e 1°B Istituto tecnico Chimico indirizzo Materiali e Biotecnologie
Elementi salienti dell’approccio metodologico.
Prima di entrare nel merito di quanto indicato, occorre precisare che l’approccio didattico per le
materie scientifiche nella nostra Scuola è stato sempre caratterizzato dalla possibilità di alternare
lezioni in classe con quelle nei laboratori, dei quali il nostro Istituto risulta ben adeguato in
particolare per la materia di Chimica cui l’esperienza da svolgere fa riferimento.
Nel metodo di lavoro normalmente adottato l’insegnante si è sempre posto in modo da favorire un
approccio partecipato, sondando le conoscenze degli alunni su un determinato argomento per poi
procedere a chiarimenti e precisazioni nello sviluppo dello stesso; poi si è stimolata l’iniziativa
degli alunni attraverso lo svolgimento di ricerche personali e si aggiungeva a questo la possibilità
di osservare situazioni reali nei laboratori proseguendo con l’attuazione del “problem solving”
atta a stimolare il lavoro indipendente, singolarmente o in gruppo.
La funzione dell’insegnante in queste situazioni è quella di un
“ direttore ai lavori “ che
coordina i passaggi cercando di mantenere attivi , affinché si possano sviluppare, l’attitudine e
l’abilità oltre che l’approccio al metodo di lavoro e di studio degli studenti.
Con il metodo IBSE si cercato di rendere gli alunni maggiormente attori protagonisti della loro
formazione con l’insegnante che fornisce l’input iniziale sotto forma di una domanda per poi
diventare una guida, un coordinare che porta a “scoprire”, nel nostro caso, verità o modelli
scientifici.
Si deve inoltre precisare che il lavoro svolto, al di là dei suoi esiti finali, rappresenta un momento
di confronto, di aggiornamento e di sperimentazione
insegnamento
nell’ambito della ricerca di metodi di
tendenti a migliorare l’interesse dei ragazzi, il loro rapporto con le strutture
scolastiche e con tutto ciò che possa permettere a loro di diventare persone migliori.
Per l’esperienza condotta si è giunti al momento della sua attuazione dopo aver approfondito il
concetto di materia , le sue proprietà, le grandezze fisiche e unità di misura che le caratterizzano, la
differenza tra calore e temperatura, il principio di conservazione della materia e dell’energia , il
concetto di sostanza semplice e composto, il significato di sistema omogeneo ed eterogeneo e le
tecniche di separazione.
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Tutti questi temi, sono stati svolti con una didattica laboratoriale , presentando via via i nuovi
argomenti attraverso una problemizzazione e facendo intervenire gli studenti anche con lavoro di
ricerca individuale fino ad arrivare alla definizione operativa dei concetti.
A questo punto, per comprendere la distinzione tra fenomeno fisico e reazione chimica, sempre
partendo dall’osservazione di un fenomeno fisico, il passaggio di stato, si è cercato di portare gli
alunni a formulare, dall’osservazione di un fenomeno macroscopico, un’ ipotesi di modello
microscopico-particellare della materia per cominciare poi a parlare di atomi e procedere oltre. Alla
classe, suddivisa in gruppi, si è chiesto di cercare di dare una spiegazione ai passaggi di stato della
materia, poi sempre in gruppo, gli alunni con il “problem solving” si sono trovati ad allestire in
pratica l’esperienza di determinazione della “curva di riscaldamento” di una sostanza pura, solida,
cristallina ( nel nostro caso il tiosolfato di sodio ) registrando in tempi successivi e determinati la
temperatura della sostanza, riscaldata in bagno d’acqua, osservando anche il suo stato fisico. Il tutto
è stato documentato con foto dagli alunni stessi durante il loro lavoro. Il passo successivo è stato
quello di costruire la curva, inizialmente con gli strumenti più semplici (attrezzatura da disegno e
carta millimetrata), poi qualche gruppo ha elaborato il tutto al computer utilizzando il programma
Excel e ciò ha permesso in modo autonomo alla classe di aggiornare le proprie conoscenze nell’uso
del computer.
Una volta costruita la curva di riscaldamento gli alunni sono passati alla fase di interpretazione
della stessa e con pazienza sono riusciti ad arrivare a delle conclusioni accettabili cominciando a
fare delle ipotesi di struttura microscopica particellare.
Le difficoltà maggiori si sono incontrate nel tentare di spiegare il collegamento tra riscaldamento e
aumento di temperatura della sostanza solida, mentre più rapidamente si è arrivati a trovare una
relazione tra riscaldamento e temperatura costante nel passaggio di stato.
Alcuni gruppi hanno cominciato a parlare di atomi, molecole della sostanza, e a questo punto
l’obiettivo principale dell’esperienza condotta si poteva considerare raggiunto.
Il tempo necessario a condurre il lavoro è andato oltre le previsioni, e la sperimentazione iniziata,
sicuramente positiva, ha costretto a proseguire secondo la precedente metodologia fino alla sua
conclusione. Per l’anno prossimo comunque sarebbe utile organizzare tutta la programmazione
secondo il metodo sperimentato
che può portare benefici, ma necessità di essere ottimizzato
nell’organizzazione in tutti i suoi punti essenziali.
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Biologia
Titolo: L'adattamento negli animali
Sottotitolo: Perfetti non si nasce, si diventa
Destinatari
Classi 2A e 2B, istituto tecnico.
Elementi salienti dell’approccio metodologico
L'esperienza si propone di introdurre il concetto di adattamento e la chiave interpretativa di
forma/funzione. Questi sono stati sviluppati dagli studenti in un percorso di scoperta personale
attraverso la ricerca di informazioni su internet, l'osservazione diretta di animali interi e/o
dissezionati e la discussione in gruppo.
Il ruolo dell'insegnante nelle prime lezioni è essenzialmente di programmazione, organizzazione e
stimolo. Nell'ultima fase è invece di guida, ove cerca di portare la classe ad una discussione in cui si
possano inquadrare le nuove acquisizioni in maniera organica. Il ruolo degli studenti è attivo nel
recuperare informazioni, fare osservazioni, valutarne il significato e rielaborare i risultati. La
necessità di lavorare in gruppo e l'organizzazione di attività in cui gli studenti hanno ruoli diversi
dovrebbero garantire un reciproco stimolo, motivazione e controllo.
Rispetto ad esercitazioni simili proposte in siti specializzati su internet, le attività proposte qui
tentano di differenziarsi per una maggiore attenzione al processo di scoperta attraverso il metodo di
indagine scientifica.
Le prime sono incentrate sui tre momenti di: a) dissezione; b) risposta a domande e c)
rielaborazione e presentazione dei risultati. Le attività proposte qui, per quanto tecnicamente sempre
giocate sulla dissezione e osservazione, si incentrano su: a) porre una domanda iniziale; b) fare una
serie di osservazioni e discussioni per arrivare alla risposta; c) valutare le conclusioni,
confrontandosi in gruppo. Lo scopo è quello di introdurre un tipo di ragionamento quanto più
assimilabile al processo di indagine scientifica autonoma, aggiungendo semmai un ultimo
passaggio, in capo all'insegnante, per valorizzare gli aspetti epistemologici dell'attività e mettere in
luce i collegamenti possibili con altri argomenti del programma.
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Valutazione
Nel corso del progetto si è lavorato su una griglia di valutazione specifica che comprendesse il
lavoro preparatorio, la partecipazione durante le operazioni e la rielaborazione dei concetti. Anche
se questo tipo di valutazione sarebbe idealmente più opportuna per la valutazione di un'attività di
questo tipo, integrando anche aspetti diversi come il coinvolgimento, la qualità delle relazioni, il
rispetto delle consegne e il 'saper fare' in laboratorio, la valutazione sommativa è stata infine
effettuata mediante una prova scritta, che ha condizionato in maniera determinante il voto finale, e
la valutazione delle relazioni di gruppo.
La metodologia di verifica è stata rivista per due motivi:
- per avere valore di valutazione formale, la griglia sarebbe dovuta essere presentata e approvata dai
rispettivi consigli di classe, cosa che risultava difficile nei tempi necessari.
- le relazioni sono risultate, almeno in parte, copiate da internet. Allo stesso tempo la possibilità di
valutare il livello di argomentazione di ciascuno studente durante la discussione è stata in parte
inficiata dalla difficoltà di portare avanti un dialogo ordinato, rendendo difficile la valutazione
individuale solo basandosi sull'osservazione della classe. La valutazione mediante compito scritto è
risultata invece più attendibile, oltre a permettere agli studenti di sviluppare un proprio
ragionamento in maniera più tranquilla.
Studenti con bisogni speciali
Nonostante uno degli scopi di questo tipo di attività sia il coinvolgimento anche degli studenti
difficili o meno motivati, qui non si sono osservati significativi cambi di passo. Come notato e
discusso anche in altri moduli sperimentati, la buona disposizione osservata in qualche caso si è
limitata agli aspetti più ludici dell'attività, stentando ad evolvere in un genuino interesse e
partecipazione.
Andando a valutare l'applicabilità dell'esperienza anche in classi che vedono la presenza di studenti
con bisogni speciali, si nota come si mettano qui in gioco le capacità manuali (dissezione), le
capacità di organizzazione (ricerca, lavoro di gruppo) e le capacità integrative di più alto livello
(rielaborazione), non andando a toccare i domini della lettura e della scrittura se non
marginalmente. Pertanto, restando salva una valutazione specifica della produzione scritta,
l'esperienza risulta pienamente fruibile da studenti DSA. I risultati di una studentessa dislessica
sono stati pienamente positivi. L'esperienza tuttavia richiede un certo livello di ordine, attenzione e
partecipazione. Pertanto limiti in questi settori, siano essi dovuti ad un semplice deficit di
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scolarizzazione, indisciplina o ad un concreto problema di disturbo dell'attenzione, rendono difficile
l'attuazione dell'esperienza. In alcuni casi si sono notati partecipazione scostante e limitato impegno
nel lavoro di gruppo a casa, e conseguentemente un insoddisfacente livello di acquisizione delle
competenze previste.
Considerazioni conclusive
Lo svolgimento, e soprattutto i limiti dell'esperienza suggeriscono alcuni indirizzi per una possibile
riproposizione della stessa. Si è notato che la scarsa partecipazione di alcuni studenti ha complicato
l'andamento dell'esperienza e ridotto, al contempo, la possibilità di quelli più interessati di fruire a
pieno delle potenzialità formative e motivazionali offerte da un approccio di questo tipo. Si
potrebbe limitare l'attività in classe ad alcune osservazioni strettamente funzionali ad approfondire
gli aspetti prettamente curricolari degli argomenti trattati. Si potrebbe, a latere, organizzare
un'attività di questo tipo in orario pomeridiano e su base volontaria. Questo avrebbe il vantaggio di
svincolare le attività dagli obblighi di una valutazione di profitto, di poter sviluppare l'attività su
tempi meno costretti dall'orario scolastico e, primariamente, di selezionare i partecipanti in funzione
della loro motivazione ed interesse. In termini più generali, la pianificazione dell'esperienza è nata
dalla volontà di mediare fra un'attività funzionale al resto del corso e la sperimentazione della
metodologia di inquiry based science education che era centrale agli interessi del gruppo LSS.
Questa dualità è stata forse il limite maggiore dell'esperienza così strutturata, in quanto gli obiettivi
curricolari sarebbero stati massimizzati con una preventiva presentazione dell'ambiente e della
morfologia degli animali e una successiva osservazione degli stessi. Al contempo, l'idea di
autocostruzione dei saperi sarebbe stata più proficua se l'osservazione fosse stata del tutto svincolata
da obiettivi curricolari e più libera di seguire la propria evoluzione in mano agli studenti. E' stato
tuttavia possibile introdurre in maniera abbastanza proficua il tema del rapporto fra forma e
funzione, che costituisce un importante prerequisito del successivo modulo sull'evoluzione. Gli
studenti hanno inoltre acquisito una cognizione diretta di un certo numero di esempi reali da
richiamare nella successiva trattazione dell'evoluzione e degli organi e apparati.
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Chimica
Titolo dell’esperienza: “Dai passaggi di stato ai legami chimici”
Destinatari : Classe 1°D Istituto dell’Istituto Professionale Elettronico
Premessa
Negli istituti professionali, la materia “Scienze integrate: Chimica” viene affrontata solo al primo
biennio, per due ore settimanali di cui solo una in copresenza con l’insegnante tecnico pratico. Gli
alunni che intraprendono il percorso professionale sono in genere più propensi a svolgere attività
pratiche rispetto alla consueta lezione frontale; le stesse indicazioni ministeriali in merito alla
programmazione per tali classi invitano a svolgere attività laboratoriali.
In tale contesto, l’insegnante ha ritenuto il metodo IBSE uno strumento idoneo agli scopi preposti
per la classe in oggetto.
Fase 1: Scelta dell’argomento
La scelta dell’argomento da trattare in classe utilizzando la metodologia IBSE è stata effettuata
insieme al docente di Chimica del biennio ITI appartenente al gruppo del LSS.
Si è scelto di lavorare sul concetto di passaggio di stato partendo da un’esperienza di laboratorio per
poi passare alla discussione guidata in classe con il fine di far comprendere il significato di legame
chimico (per gli alunni del professionale) e di struttura particellare (per gli alunni del tecnico).
Fase 2: Presentazione al gruppo del LSS
Il progetto è stato quindi presentato al gruppo di lavoro del LSS che lo ha ritenuto idoneo per il
passaggio alla fase attuativa.
Fase 3: Attuazione del progetto
Dopo una breve trattazione sul concetto di trasformazione, l’insegnante ha proposto alla classe di
elencare tutte le trasformazioni conosciute ed oggetto di vita quotidiana.
Sull’elenco stilato, l’insegnante ha proposto di individuare quelle trasformazioni nelle quali la
materia subisce un sostanziale cambiamento e quelle nelle quali la materia non subisce una
modificazione intrinseca.
In questa fase alcuni alunni hanno mostrato difficoltà nel classificare le trasformazioni dovute alla
mancata comprensione del concetto di cambiamento della materia.
L’insegnante è ricorso quindi al proporre la discussione su una delle trasformazioni più semplici e
conosciute dalla classe: la combustione.
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Le domande-stimolo:
“Se prendo un foglio di carta e lo brucio, cosa ottengo?”
“La cenere ottenuta è uguale alla carta che ho bruciato?”
“Posso dalla cenere riottenere il foglio di carta?”
hanno innescato un dibattito che ha portato anche quegli alunni in difficoltà a capire che la materia
aveva subito una modificazione passando da una sostanza iniziale ad una finale completamente
differenti. Da qui è nata la distinzione tra trasformazioni fisiche e trasformazioni chimiche: la prima
come processo spesso reversibile che non modifica la natura della materia; la seconda come
processo quasi sempre irreversibile che modifica la natura della materia.
L’attenzione si è quindi spostata verso le trasformazioni fisiche, nello specifico verso i passaggi di
stato.
La classe è stata divisa in tre gruppi e a turno portati in laboratorio. È stato scelto di suddividere la
classe per evitare di avere un numero elevato di studenti nel laboratorio e permettere all’insegnante
tecnico pratico di seguire gli alunni individualmente.
Gli alunni in gruppi di due hanno sperimentato la fusione di un solido (ghiaccio).
Senza dare spiegazioni, ai ragazzi è stato chiesto di annotare su apposita tabella lo stato fisico e la
variazione di temperatura del solido ad intervalli di tempo regolari.
I dati raccolti sono stati successivamente discussi in classe. È stato chiesto agli alunni se notassero
qualcosa di particolare nell’andamento della temperatura ma solo pochi di loro sono riusciti ad
individuare una sorta di variazione.
Per facilitare l’osservazione dei dati ottenuti, l’insegnante ha proposto alla classe di realizzare un
grafico su carta millimetrata mettendo in ascisse il tempo e in ordinate la temperatura.
Molti hanno avuto problemi nella stesura del grafico, dovuti essenzialmente alla scarsa padronanza
con i diagrammi cartesiani e ciò ha richiesto l’intervento-guida dell’insegnante.
Una volta realizzati i diagrammi, l’intera classe ha constatato una irregolarità nell’aumento di
temperatura in prossimmità della variazione di stato fisico del solido.
Questo ha instaurato un dibattito di gruppo sul perchè fosse avvenuto questo fenomeno. Molte sono
state le interpretazioni ma solo alcune corrette. È emerso il termine “temperatura di fusione” (anche
sulla base di ciò che era stato studiato alle scuole medie inferiori), ma spesso confuso con il termine
“calore”. Per cercare di orientare il dibattito, l’insegnante ha proposto la domanda:
“Temperatura e calore sono la stessa cosa?”
In molti hanno risposto di si, confermando la difficoltà dei ragazzi nel distinguere questi due
concetti. L’insegnante ha quindi fatto notare che durante l’esperimento la fonte di calore non era
mai stata spenta, quindi alla domanda: “Come può essere possibile che pur somministrando calore
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la temperatura non subisce un incremento?” i ragazzi hanno ripensato alle risposte date e
concordato che temperatura e calore non potevano essere la stessa cosa.
Ai ragazzi è stato chiesto di effettuare una piccola ricerca a casa sulla differenza tra calore e
temperatura per poi discuterne in classe. Solo alcuni di loro hanno eseguito il compito assegnato.
Sono state lette le ricerche svolte e su tale base l’insegnante ha instaurato un dibattito che ha portato
i ragazzi a definire il calore come una forma di energia, mentre la temperatura come forma di
misura di un’energia.
A questo punto, il progetto ha subito un arresto dovuto alla necessità dell’insegnante di concludere
il programma e provvedere alle valutazioni di fine anno.
L’intenzione sarebbe stata quella di stimolare gli alunni ad una serie di dibattiti guidati per far
capire quale fosse la differenza tra calore che si somministra per far aumentare la temperatura del
corpo e calore necessario al passaggio di stato; cosa succede alle molecole di acqua durante il
passaggio di stato e, attraverso l’utilizzo di modellini, spiegare il concetto di legame
intermolecolare che viene rotto durante il passaggio di stato.
Problematiche:
Durante l’anno scolastico è cambiato l’insegnante tecnico pratico di laboratorio e sono passati molti
giorni prima di avere un nuovo docente incaricato. Ciò ha rallentato notevolmente il progetto al
punto che l’attività laboratoriale si è conclusa dopo le vacanze pasquali (per gli studenti del
professionale è previsto l’utilizzo del laboratorio di chimica solo per un giorno a settimana in
presenza dell’insegnante tecnico pratico).
Il progetto richiede molte ore di lavoro in laboratorio ed in classe. L’impossibilità di iniziare
l’attività prima delle vacanze natalizie ha impedito di portare a conclusione il progetto come era
stato pianificato.
Un’altra problematica riscontrata è la mancanza di lavoro a casa da parte di molti alunni e il limitato
numero di ore settimanali che è stato possibile dedicare al progetto. Spesso intercorreva troppo
tempo tra una lezione stimolo e l’altra, tanto da risultare difficile per gli studenti riallacciarsi agli
argomenti precedenti.
Sarebbe interessante ripetere il progetto nella nuova classe prima professionale del prossimo anno
scolastico, iniziando però dalle prime settimane di scuola per evitare di incorrere nella mancata
realizzazione del percorso.
Discussione su prospettive future (da considerare nel corso del III anno):
Il progetto, di durata biennale, ha prodotto esiti positivi sia nell’innovazione della didattica sia nella
riflessione condivisa tra docenti, non solo basata sui contenuti e le competenze da sviluppare ma
anche e soprattutto centrata sulle modalità di conseguimento e permanenza a lungo termine di
competenze e strutture logiche utili ad affrontare e risolvere aspetti della vita quotidiana, del lavoro
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e capaci di predisporre i discenti ad un apprendimento continuo e ad uno sviluppo sistematico di
nuove competenze.
Le cose da migliorare sono molte, ad esempio nella “calibrazione” della progettazione, nella
valutazione e autovalutazione, nel lavoro per competenze trasversali, nell’autonomia di riflessione
personale oltre che di gruppo dei membri del gruppo classe, nel centrare le competenze in modo da
sviluppare la “mentalità scientifica” che a nostro avviso dovrebbero avere le nostre alunne e i nostri
alunni per affrontare consapevolmente le materie del triennio dei nostri indirizzi di studio.
Non secondario è l’aspetto legato al consolidamento del lavoro di formazione e autoformazione dei
docenti. Infatti, sono stati due anni di lavoro intenso per ogni docente, sia in termini di studio
individuale, che nel confronto continuo con i colleghi e con i prof. referenti ed esperti, nel lavoro di
sperimentazione sul campo, nella progettazione iniziale e in itinere, nella valutazione, nella
redazione e report dei contenuti e nello studio di prospettive future.
Inoltre, lavorare per competenze richiede un maggiore coinvolgimento degli organi collegiali in uno
scambio sistemico e non può ricondursi ad un mero criterio di valutazione dello studente da parte
del singolo docente. O si fa in tutte le materie o perde di significato a lungo termine. Servirebbe
quindi un’attenzione maggiore alla programmazione delle competenze da raggiungere, valutandone
i prerequisiti e fare in modo che i contenuti siano trattati in modo più “flessibile” e quindi possano
anche essere cambiati e rivisti dal gruppo classe durante l’attività, in funzione del raggiungimento
delle competenze utili.
Inoltre un buon metodo, sicuramente non definitivo, per auto valutare il metodo sperimentale
potrebbe essere quello di lavorare per classi parallele, alternando i moduli LSS e le valutazioni per
competenza con la didattica “tradizionale” e le valutazioni sommative “classiche”, per studiare
come il metodo possa essere efficace mediamente, come possa aiutare i casi più deboli o
evidenziare maggiormente le eccellenze.
Il LSS avrà una sezione dedicata sul sito web della scuola, in cui verranno caricati moduli,
materiali, relazioni, diario e tutto quello che verrà anche consegnato per la valutazione finale.
Infine potrebbe concretizzarsi, per espressa volontà dell’LSS e la disponibilità dell’esperto esterno
prof. Latino, l’idea di riassumere/riportare l’esperienza “operativa” complessiva del II anno del LSS
in una pubblicazione da proporre ad una rivista specializzata in problematiche inerenti la didattica.
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