Miti e Storie - Diocesi di Brescia

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Miti e Storie - Diocesi di Brescia
Miti e Storie
Le cinque storie fondamentali della cultura occidentale
La cultura monoteista ebraico-cristiana introduce la concezione di un Dio che interviene nella
storia per salvare il popolo eletto e l'umanità, fondando così il mito di liberazione. Nell'Antico
Testamento, Mosé libera il popolo di Israele dalla schiavitù d'Egitto. Nel Nuovo, Gesù Cristo libera
l'umanità dalla morte. Col cristianesimo si crea una possibilità permanente del mito attraverso la
tipologia, che è il modello mitografico del mito della liberazione. La lettura tipologica è quella
utilizzata dal cristianesimo per rileggere l'Antico Testamento come figura e annuncio di ciò che
viene poi realizzato compiutamente nel Nuovo. In questa prospettiva, Gesù che muore sull'albero
della croce è il secondo Adamo, morto per l'albero dal frutto proibito, e diventa il capostipite della
nuova umanità. Così Gesù è il nuovo Mosé che stabilisce la Nuova Alleanza non più fondata sulla
Legge, ma sull'Amore. La tipologia quindi definisce ‘tipo’ la persona o l'evento che precede, con
una speciale promessa, l'‘anti-tipo’ – dove ‘anti’ non è una negazione –, cioè la persona o l'evento
che porta a realizzazione quanto prefigurato. La tipologia si distingue in ortodossa e radicale. La
prima sostiene l'interpretazione della realizzazione compiuta della storia attraverso Gesù e la sua
Chiesa. In questo senso ricorda molto l'allegoria e si propone come una lettura quasi dogmatica
della vicenda cristiana. La tipologia radicale, invece, esula dall'interpretazione biblica e assume il
‘tipo’ e l'‘antitipo’ come elementi della nuova mitologia. In altri termini, tutti i miti rimandano a
racconti precedenti e, a loro volta, funzionano da modelli per i racconti futuri. In tale contesto il
processo mitopoietico – cioè l'invenzione dei miti – è destinato ad un ampio sviluppo, non solo
recuperando e rinnovando i miti e i racconti del passato, ma allargando all'infinito le possibilità del
mito di autogenerarsi. Non si dà in tal modo verità definitiva, perché il linguaggio e i miti non
possono essere definitivi. Può essere che le parole degli uomini implichino una Parola eterna, ma
esse certamente sono sempre caduche. L'uomo e il mondo, essendo costituiti dal linguaggio e
trovandosi sempre all'interno di un processo di relazione tra la verità e l'illusione, sono sempre nella
storia. Il logos dunque è effetto del mythos e non viceversa.
Nella cultura contemporanea, oltre al mito della liberazione, risultano molto frequentati altri
paradigmi mitici, ossia modelli per altre storie, quali il mito della fertilità, il mito della creazione, il
mito dell'eroe, il mito letterario.
Il mito egiziano di Iside e Osiride è una storia esemplare del mito della fertilità. L'amore e
l'ammirazione che in tutti suscita Osiride, dio della vegetazione, ingelosiscono il fratello Seth, che
getta in mare una bara con dentro Osiride sepolto vivo. Iside, dea della vegetazione, scopre il
cadavere di Osiride e lo nasconde. Seth però lo ritrova, lo fa a pezzi e sparge le membra in tutto
l'Egitto. Iside riesce a recuperare tutto il corpo salvo il pene. Ma, in forza dei suoi poteri magici,
riesce a rendere Osiride padre di un figlio, Oro, il nome che assumeva il faraone regnante durante le
solenni cerimonie religiose, mentre il re defunto veniva chiamato Osiride. L'analogo mito di Adone
racconta della sua morte ad opera di un cinghiale e della sua resurrezione annuale ad opera di
Venere, dea dell'amore e della fertilità, che si vuole garantire i suoi amori a primavera. James Frazer
raccolse una quantità immensa di racconti e di pratiche rituali relative alla morte e alla resurrezione
di una divinità, per dimostrare l'universale presenza dei riti e dei miti di fertilità. Anche Dioniso e
Cristo rientrano in questa tipologia del dio che muore come un capro espiatorio per portare via il
male e la sterilità del mondo e risorge rinvigorito per fecondare e rinnovare la terra. Analoghi ai riti
della vegetazione sono, per Fraser, i miti e i riti di fondazione politica e religiosa delle civiltà
magiche.
Modello originario e universale dei riti e dei miti del mondo è, per lo storico delle religioni
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Mircea Eliade, il mito della creazione, come quello recitato e agito nella festa babilonese del
nuovo anno. Due gruppi di attori rappresentavano la lotta tra un giovane guerriero, il dio Marduk, e
il primordiale mostro marino e dea madre, origine della vita, Tiàmat. Sceso nelle profondità del
mare Marduk vinse il drago e, tagliandone in due il corpo, creò l'Universo. Nel rito, la scena in cui
il caos si mutava in cosmo veniva vissuta dagli astanti come se stesse avvenendo realmente in quel
luogo e in quel momento. Per Eliade l'umanità primitiva, sconvolta dalla corruzione delle cose e
dalla morte dell'uomo, vede il tempo storico come male e si rifugia nell'eterno, cercando di rendere
presente la primordiale immagine creativa. Mediante il ritorno al caos e all'orgia delle origini si
dissolvono la povertà energetica e l'insignificanza del tempo profano, si supera la caduta dal
paradiso e si torna all'età dell'oro, quella dell'armonia cosmica. La festa per eccellenza del mito
della creazione è il Capodanno.
Sul mito dell'eroe abbondano i modelli. Tra i più interessanti per le implicazioni
psicoanalitiche è quello di Teseo, figlio di Egeo, re dell'Attica. Ogni anno Atene deve mandare sette
giovani uomini e sette giovinette come tributo a Minosse, re di Creta. I giovani vengono rinchiusi
nel celebre labirinto costruito da Dedalo, per fare da pasto al Minotauro – mostro metà uomo e metà
toro. Teseo vuole far cessare questa pratica e si offre volontario, promettendo al padre che, se fosse
riuscito nell'impresa di vincere il mostro, avrebbe, al ritorno, issato sulle navi le vele bianche,
mentre, in caso di insuccesso, esse sarebbero state nere. Giunto a Creta, Teseo conosce e seduce
Arianna, figlia di Minosse e sorellastra del Minotauro. Arianna si offre di aiutarlo nell'impresa in
cambio della promessa di matrimonio. Grazie al filo datogli da Arianna, Teseo, dopo aver ucciso il
mostro, riesce ad uscire dal labirinto. Riparte verso casa insieme ad Arianna, ma l'abbandona dopo
la sosta all'isola di Naxos. Arianna lo maledice, ma viene poi salvata da Dioniso, che la prende
come sua compagna. Teseo nel frattempo arriva ad Atene, dimenticandosi però di cambiare le vele
nere. Vedendole, il padre Egeo si butta dallo scoglio, in quel mare che da allora prende il suo nome,
e si annega. Teseo diventa re di Atene, ma il suo regno è assai turbolento e anche lui muore di morte
violenta.
In una lettura freudiana del mito, la dimenticanza di Teseo svelerebbe l'inconscia volontà di
uccidere il padre e prenderne il posto. Una lettura più convincente offre il modello mitico di Karl
Jung, costruito su quattro principali archetipi che raccontano la storia della psiche individuale e
collettiva. Per prima cosa c'è l'io, la consapevolezza, il senso del fine e dell'identità personale. Poi
viene ‘l'ombra’, gli aspetti inconsci e spiacevoli che l'io tende a rifiutare o a cancellare,
simboleggiata in genere, nei sogni, da figure dello stesso sesso dell'io. Per realizzarsi, l'io deve
affrontare e assimilare i poteri dell'ombra. Al terzo posto viene il lato complementare del proprio
sesso, l'anima o inconscio femminile – o la donna interna all'uomo – e l'animus, l'inconscio
maschile – o uomo interno alla donna. Quando sono immagini positive, esse stimolano l'io a
intraprendere un viaggio verso e oltre il regno dell'ombra, per giungere alla realizzazione completa
del sé. Nel mito di Teseo l'io è l'eroe, l'ombra è il Minotauro, l'anima è Arianna. Il sé non viene
rappresentato in quanto il percorso di Teseo è incompiuto, avendo abbandonato Arianna, cioè la
parte femminile di sé, e non avendo quindi superato il potere dell'ombra del Minotauro, le cui
crudeltà e violenza si ripresentano infatti quando Teseo diventa re di Atene.
Esempio infine di mito letterario o di letteratura mitica, ossia la creazione o ricreazione in
opere letterarie di racconti fondamentali per la comprensione del mondo, è La tempesta di
Shakespeare (1611). Il duca di Milano Prospero, più interessato ai libri e alla magia che al governo
del ducato, viene spodestato dal fratello Antonio. Con la figlia Miranda Prospero approda in un'isola
abitata da Calibano, figlio di una strega, e da alcuni spiriti, tra i quali Ariele. Prospero, con le sue
arti magiche, riduce tutti al proprio servizio. Dodici anni dopo fa naufragare una nave che trasporta
il fratello Antonio, il complice Alonso re di Napoli e suo figlio Ferdinando con il seguito. Tutti si
salvano sull'isola. Ferdinando, separato dagli altri, incontra Miranda e si innamora di lei,
ricambiato. Con un incantesimo Prospero lo fa schiavo. Antonio e Alonso intanto sono
continuamente terrorizzati da Ariel e si pentono dei loro misfatti. A questo punto, Prospero libera
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Ferdinando dal sortilegio, perdona il fratello a patto che restituisca il ducato, e ridà il figlio al padre
Alonso. Si ordinano le nozze di Ferdinando, il figlio del re, con la figlia del legittimo duca. Dopo
aver rinunciato alla magia, Prospero libera Ariel e salpa per l'Italia, lasciando Calibano padrone
dell'isola.
Secondo il critico letterario Northrop Frye, il rapporto tra mito e letteratura, a seconda della
presenza più o meno grande di ‘realismo’ nella narrazione, produce cinque categorie di invenzioni
gerarchicamente distribuite per dignità di personaggi. Seguendo la distinzione di Aristotele, se la
condizione dell'eroe è superiore per tipo a noi e al nostro ambiente, l'eroe è un essere divino e la sua
storia è la storia di un dio ed è propriamente un ‘mito’.
Se l'eroe è superiore per grado agli altri uomini e al suo ambiente, la sua storia è tipicamente
un ‘romance’, racconto di azioni meravigliose in un mondo in cui le leggi di natura sono sospese e
abbondano incantesimi, animali parlanti, streghe, orchi, fate, talismani e prodigi di ogni specie.
Tuttavia l'eroe non è un dio, ma un essere umano, forte e coraggioso – es.: Robin Hood, Parsifal,
Superman.
Se l'eroe è superiore in grado agli altri uomini, ma non al suo ambiente naturale, allora è un
capo. Autorità, passioni e capacità sono superiori alle nostre, ma il suo agire è sottoposto alla critica
pubblica e all'ordine della natura. Questo tipo di eroe appartiene al modo ‘alto-mimetico’, espresso
dalla tragedia – dove l'eroe cade dall'alto al basso, dalla vita alla morte – e dall'epica – es: gli
shakespeariani Re Lear, Otello, Amleto.
Se il protagonista non è superiore agli altri uomini, né al suo ambiente, è come uno di noi e il
poeta costruisce situazioni più vicine all'esperienza comune. Esempio di eroe del modo ‘bassomimetico’ è Viola della Dodicesima notte o Beatrice di Molto rumore per nulla. L'eroe, come
Cenerentola, sale dal basso verso l'alto, passa da una stato di oscurità e di miseria, da una morte-invita, ad una nuova vita e ad uno stato di grazia.
Infine se l'eroe è inferiore a noi per intelligenza, forza e capacità, così da darci l'impressione
di osservare dall'alto una scena di umiliazione, frustrazione o assurda, ci troviamo nel modo
‘ironico’. Lo stesso succede se la situazione rappresentata ricorda al fruitore della storia situazioni
simili in cui si è trovato o potrebbe facilmente trovarsi e tuttavia ‘gode’ perché ne è fuori e osserva
‘libero’ ciò che sta capitando ad un altro. Espressione tipica del modo ‘ironico’ è il teatro di Beckett
con i suoi eroi Vladimiro ed Estragone di Aspettando Godot. Poiché lo sviluppo storico dei modi
letterari trasportano i miti verso il polo opposto della verosomiglianza, con i modi alto e basso
mimetici, l'ironia si allontana di nuovo verso il punto di partenza, ritornando al mito.
La mitopieisi di Frye congiunge i due paradigmi del mito di fertilità, connesso al tempo
ciclico, e del mito di liberazione, legato al tempo storico. I quattro modi della letteratura – romance,
tragedia, commedia, ironia – ricordano infatti la storia del dio che muore e risorge e sono analoghi
alle quattro stagioni: il romance è il mito dell'estate, la tragedia è il mito dell'autunno, l'ironia
l'inverno, la commedia è il mito di primavera. Ma il modello ciclico è contenuto nel modello più
ampio sia cosmico che storico, presente nella Bibbia, che narra di un inferno sottostante, di un
paradiso nei cieli e di una terra in mezzo, il tutto creato all'inizio del tempo e ricreato alla fine dei
tempi. L'apocalisse, intesa non come catastrofe, ma come aspettativa e desiderio di una vita più
ricca e di un mondo migliore, ha senso nel rapporto dialettico che intrattiene con il ‘demonico’,
insieme di visioni del mondo che rifiutano il desiderio, espresse da immagini come la terra desolata,
la foresta nera, il labirinto, l'albero della morte, il drago, il regno della distruzione. La
complementarietà dei due paradigmi, il ciclo della fertilità e la lotta tra apocalittico e demonico, si
esplicita in Frye in una visione narrativa del desiderio, dapprima frustrato ma poi realizzato, che si
risolve nel più ampio mito della ricerca umana, che presenta quattro aspetti fondamentali
corrispondenti ai quattro modi letterari: l'agon o lotta dell'eroe contro il drago, tipico del romance. Il
pathos ossia catastrofe o morte, sia dell'eroe che del mostro, tipico della tragedia. Lo sparagmos o
strazio e spargimento del corpo dell'eroe che rappresenta l'azione infruttuosa, la totale sconfitta, il
regno della confusione e dell'anarchia, la terra bruciata, che sono i temi tipici dell'ironia, della satira
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e dell'assurdo. L'anagnorisis o agnizione di una nuova società, che sorge dall'amore contrastato ma
poi realizzato tra il giovane eroe e la sposa. Per Frye, che predilige la lotta che conduce alle nozze
piuttosto che la morte che conduce alla desolazione, la storia è mitica in quanto anelito
all'affermazione comica – o lieto fine – della ricerca umana.
Fonte Claudio BERNARDI, Carlo SUSA (a cura di), Storia essenziale del teatro, Vita e Pensiero,
Milano, 2005, pp. 19-23.
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