Chiara Morlini

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Chiara Morlini
© C. Morlini e S. Moruzzi - Convegno La Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8, 9 e 10 novembre 2013
E’ conforme ai requisiti della norma per i sistemi di gestione per la qualità UNIEN ISO 9001:2008
per i seguenti due campi applicativi:
- Gestione di progetti educativi di assistenza alla comunicazione in Lingua Italiana dei Segni
- Progettazione ed erogazione di corsi di formazione professionale
EQUIPE:
• Assistente alla comunicazione L.I.S. (lingua dei segni) e L.I.S.T. (lingua dei segni tattile)
• Operatore Tecnico della Comunicazione
• Mediatore linguistico-culturale
• Applicatore Feuerstein
• Educatore sordo
• Logopedista
• Coordinatore psico-pedagogico
• Socio volontario
• Comitato Tecnico «Gino Avanzo»
www.insiemeper.bo.it
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Siamo la cooperativa “Insieme per l’integrazione e il bilinguismo” attiva in Emilia Romagna,
un equipe multi-professionale composta da esperti in Lingua dei Segni Italiana (LIS) e
Lingua dei Segni Italiana Tattile (LIST), pedagogia della sordità e didattica visiva, in
comunicazione oggettuale e comportamentale, in mediazione linguistico-culturale e
all’apprendimento anche secondo il metodo Feuerstein, in grado di veicolare i contenuti con
strumenti specifici, favorendo una reale inclusione del bambino in un contesto relazionale
sereno.
Ciò che ci contraddistingue è l'esperienza di lavoro maturata dall’inizio del 2000 con
bambini sordi e stranieri figli di famiglie provenienti da Albania, Turchia, India, Pakistan,
Nord e Centro Africa, Nord America, Ucraina, Bielorussia, Moldavia,
Filippine e con
bambini sordi e stranieri adottati e/o in affido presso famiglie italiane.
La continuità lavorativa avuta con molti di loro ci ha consentito di accompagnarli nel loro
percorso di crescita, sviluppo personale e sociale, di consolidare una rete territoriale dove
siamo intervenuti come interfaccia pedagogica di mediazione e supporto tra l'equipe sociosanitaria, gli operatori della scuola, i genitori, operando in contesto scolastico e non,
progettando e gestendo anche attività extra scolastiche.
All’inizio del 2000 avevamo iniziato a ricercare strumenti e metodi di lavoro per lavorare
con alunni sordi e stranieri, ma a livello nazionale non ce n'erano, così come affermato da
Alain Goussot durante un nostro colloquio nell’estate 2013 e come scrivono Roberto Farnè
e Luigi Guerra nella Presentazione del libro "Alunni con disabilità, figli di immigranti" a cura
di Roberta Caldin nel 2012 e cito "Insomma, i bambini figli di migranti non possono
aspettare fuori dalla scuola che la ricerca dica a insegnanti e dirigenti come la scuola deve
operare in maniera pedagogicamente (scientificamente) corretta nei loro confronti e a quel
punto inserirli.".
La realtà della scuola italiana, per la sua rigidità di spazi e tempi, non ci consentì di
realizzare una effettiva inclusione in grado di leggere tutti i bisogni specifici di un bambino
individuando il reale fabbisogno di risorse adeguate e di risposte necessarie.
Allora abbiamo iniziato a studiare, sperimentare ed applicare metodo e tecniche di lavoro
innovative intervenendo in tutti i contesti di vita dei bambini: famiglia, scuola, dopo scuola,
extra scuola, incontri mirati pomeridiani, attività estive.
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Mentre da una parte venivamo incaricati dai Comuni di residenza dei bambini di
intervenire nelle scuole di ogni ordine e grado grazie all’applicazione della Legge 104/92,
dall’altra
come
cooperativa
siamo
riusciti
ad
organizzare
in
proprio
attività
extrascolastiche.
Il modello ICF ( Classificazione Internazionale del Funzionamento - OMS ) è stato lo
strumento che ci ha guidato per valutare e leggere tutte le difficoltà specifiche nei vari
ambiti:
- Condizioni fisiche, struttura corporea, funzioni corporee
- Attività personali: di apprendimento, di applicazione delle conoscenze, di pianificazione
delle azioni, di comunicazione, di integrazione sociale, di autonomia, di cura del proprio
luogo di vita
- Partecipazione sociale nei vari ambiti di vita, nelle varie situazioni sociali più tipiche e
difficoltà a rivestire i ruoli sociali di alunno
- Fattori contestuali ambientali: famiglia, cultura e situazione sociale, scarsità di risorse
- Fattori contestuali personali: scarsa autostima, reazioni emozionali eccessive, scarsa
motivazione
Convinti che non dovevamo soltanto preoccuparci dei contenuti scolastici in un contesto
scolastico, ma anche dei valori umani e della insopprimibile esigenza di comunicare in un
contesto più allargato e a questo dare la priorità, è stato inevitabile avvicinare le famiglie
straniere con figli sordi, presentandoci con la nostra famiglia, la nostra cultura, le nostre
personali abitudini e iniziare, con il loro aiuto, a conoscere la cultura del paese di origine, a
comprendere le motivazione che hanno indotto queste famiglie ad emigrare. La
conoscenza reciproca di tradizioni, usi e costumi, festività e religioni ha evitato gli equivoci
che avrebbero impedito la nascita di un rapporto di fiducia e di stima.
Questo lavoro con le famiglie ha permesso di abbattere pregiudizi e “credenze popolari”
sulla sordità: sembrerà strano, ma una famiglia pensava che la sordità della propria figlia
fosse la punizione per un rituale mal eseguito in occasione della sua nascita; un’altra
famiglia pensava che la sordità colpisse solo i Paesi poveri.
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Altrettanto importante è stato avvicinare le famiglie italiane adottive e/o affidatarie di
bambini e di ragazzi sordi di origine straniera alle quali erano state date solo informazioni
di carattere clinico-sanitario e non avevano così compreso che la possibilità del recupero
non dipende soltanto dalla gravità del danno organico, ma anche dalla esistenza di
risposte specifiche.
La sordità è un deficit sensoriale che non compromette a priori le capacità cognitive,
affettive, emotive, socio-relazionali di un bambino sordo. Per evitare che al deficit uditivo si
sommi quello cognitivo, si dovrebbe attivare una serie di canali sostituivi in modo che il
bambino sordo non rimanga escluso dal tessuto relazionale circostante.
Le famiglie hanno iniziato a comprendere meglio la sordità e la sua valenza di deficit
esclusivamente percettivo, le potenzialità dei loro figli, la possibilità di realizzare per loro
progetti di vita e hanno, di conseguenza, accettato le nostre prime proposte utili ad una
inclusione sociale: feste di compleanno; week end in montagna a sciare; giornate in
piscina; partecipazione a gruppi sportivi.
Convinti che l’incontro tra i ragazzi sordi stranieri e i sordi italiani fosse indispensabile per
la realizzazione dei nostri progetti di integrazione e di alfabetizzazione e che solo il
contatto tra “pari” potesse creare il presupposto per attivare la volontà di comunicare e per
acquisire un primo codice comunicativo efficace, è nata in noi l’idea di creare uno spazio
dedicato ai ragazzi sordi e udenti dove proprio la lingua dei segni potesse essere
finalmente impiegata come “lingua ponte”, in vista dell’educazione bilingue (italiano e
lingua dei segni).
Si è così concretizzato il nostro primo campo estivo “Insieme stiamo bene”: una settimana
in tenda.
La partecipazione dei ragazzi sordi stranieri alla vacanza estiva insieme a qualche loro
compagno di classe ha consentito una condivisione di esperienze utile ad avviare il vero
percorso di inclusione anche in ambito scolastico. Infatti i ragazzi sordi e udenti esposti ad
un modello comunicativo corretto e completo e stimolati alla comunicazione visivogestuale, hanno compreso come la lingua dei segni non servisse solo alle discipline di
studio, ma fosse un codice comunicativo utile e adatto alle esigenze concrete di
comunicazione nella vita di tutti i giorni, unico ambito in cui si realizza la vera “inclusione”.
In questo modo i ragazzi sordi e stranieri hanno iniziato ad uscire dalla propria solitudine e
dall’emarginazione, ad acquisire una prima significativa volontà di comunicare, una prima
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consapevolezza della propria identità ed una prima “dignità” agli occhi della comunità
scolastica: a questo punto si poteva avviare il vero e proprio percorso di alfabetizzazione!
La nostra volontà di dare priorità ai valori umani era riuscita a creare le basi per un
concreto percorso scolastico e per un nostro specifico metodo di lavoro:
-
utilizzare la lingua dei segni, in forza della sua specificità di lingua visiva e
cinematica accessibile anche ai sordi privi di madrelingua segnata, per la
presentazione dei significati;
-
impiegare
la
dattilologia
per
la
compitazione
del
vocabolario
e
per
l’apprendimento della lettura e della scrittura, cioè per l’acquisizione del lessico di
base utile alla comunicazione funzionale e per l’apprendimento della lingua italiana
scritta, in un doppio percorso di alfabetizzazione all’italiano scritto e da leggere sulle
labbra (e, quando possibile, pronunciare) ed alla lingua dei segni;
-
creare percorsi integrati tra scuola ed extra scuola che rispettino il diritto
all’istruzione e favoriscano l'integrazione delle competenze, come in alcuni casi che
vi presentiamo: B. è ragazzo sordo indiano residente nel comune di Castelfranco
Emilia (Modena); alle elementari iniziammo con un dizionario trilingue (lis, italiano,
punjabi) a lui utile per comprendere l’esistenza di più lingue e dare loro dignità; alle
medie lo abbandonò convinto che la LIS fosse la lingua che gli permetteva
l'accesso a tutte le informazioni di carattere didattico e non. Nel passaggio dalle
medie alle superiori era in crisi, non voleva continuare gli studi; per evitare il
fenomeno della dispersione scolastica siamo intervenuti come interfaccia
pedagogica
predisponendo
un
progetto
condiviso
con
la
famiglia,
la
neuropsichiatria, il comune e la scuola. Il progetto prevedeva e prevede tuttora che
il finanziamento dovuto dall’ente locale in virtù della Legge 104/92 e dell’Accordo di
Programma provinciale sia destinato per il 50% in contesto scolastico e per il
rimanente in contesto extra scolastico; l’assistente alla comunicazione incaricata
lavora per 9 ore settimanali a scuola e per le restanti 9 ore presso la biblioteca
comunale per lo studio pomeridiano. Nell'estate 2013 B. ha superato l'esame di
qualifica di 3^ con il miglior voto della classe seguendo la stessa programmazione.
S. è una bambina sorda turca residente in un Comune dell’Appennino toscoemiliano, comune che non ha concesso i finanziamenti per realizzare lo stesso
progetto di B.; anzi, le ore settimanali di assistente alla comunicazione sono state
drasticamente ridotte da 14 a 9 in occasione del passaggio dalla scuola elementare
alla scuola media; pertanto abbiamo pensato ad un altro tipo di progetto: abbiamo
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raccolto le esigenze di famiglie che avevano necessità di un prolungamento
dell’orario scolastico in un territorio privo di infrastrutture adeguate; abbiamo
organizzato un dopo scuola nei locali di una scuola elementare concessi ad uso
gratuito da un ente locale e con le rette raccolte copriamo i costi dell’assistente alla
comunicazione indispensabile alla ragazzina sorda e straniera per lo studio
pomeridiano.
E. è una ragazza sorda extracomunitaria che ha avuto un percorso traumatizzante:
in età scolare è stata tolta alla madre biologica e data in affido ad una famiglia
udente italiana, è stata protesizzata e successivamente ha subito un intervento
chirurgico invasivo irreversibile che non ha dato risultati positivi, poi è rientrata nel
nucleo familiare di origine. Quando l’abbiamo conosciuta in età adolescenziale non
accettava il colore della propria pelle, era priva di identità sorda, non conosceva il
proprio deficit e ci chiedeva se eravamo in grado di comprendere il linguaggio della
madre, mettendo in evidenza i suoi dubbi sulle capacità genitoriali della stessa. Per
la realizzazione del progetto interveniamo per 20 ore settimanali con due figure
finanziate dal comune di residenza della ragazza: l’assistente alla comunicazione e
l’educatrice sorda, indispensabili per il percorso didattico e di crescita umana.
L’educatrice sorda permette alla ragazza di proiettarsi in un suo futuro,
comprendere come sia possibile studiare, diplomarsi, laurearsi, fidanzarsi,
insegnare, lavorare e quindi credere nella possibilità di un suo progetto di vita
futura.
Altri enti locali riconoscono esigenze specifiche dei nostri ragazzi sordi e ci
concedono di effettuare il servizio di mediazione linguistico-culturale dell’assistente
alla comunicazione previsto per l’attività scolastica anche domiciliarmente, in caso
di malattie dell’utente sordo in una fascia d’età in cui esistano ancora gravi difficoltà
nello sviluppo comunicativo/linguistico e l’interruzione del percorso formativo che
dovrebbe favorire lo sviluppo della sua autonomia e comunicazione personale
comporterebbe un rischio recessivo.
In tutti questi progetti utilizziamo dal nido alle superiori strumenti di lavoro da noi creati per
dare risposte adeguate alle esigenze percettive dei nostri ragazzi sordi e stranieri quali:
giochi ludico-didattici, tombole, storie ad immagini, storie in sequenza, calendario,
quaderno delle regole, domande guida.... indispensabili all’ampliamento del lessico,
all’avvio alla letto-scrittura in lingua italiana, all’attivazione e miglioramento dei processi
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cognitivi, all’arricchimento del repertorio individuale delle strategie cognitive per giungere
ad un apprendimento e problem solving più efficaci.
Tutto questo ha permesso e permette ai ragazzi sordi e stranieri di crescere e svilupparsi
cognitivamente, linguisticamente e affettivamente, sentendosi parte integrante del paese
di accoglienza, talvolta rifiutando di tornare nel paese di origine per non sentirsi
nuovamente isolati.