Amici - Natale 2014

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Amici - Natale 2014
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• N. 22 • Natale 2014 •
Il Bambino che Maria Vergine e Madre partorisce e depone nella mangiatoia di Betlemme, è vero Dio e vero uomo. E ciò non come se
in Cristo abitassero Dio e l’uomo uno accanto all’altro, ma in una sola Persona la divinità e l’umanità sono completamente unite. Cristo come Figlio di Dio vive da uomo. In Lui l’umanità diventa la rivelazione di Dio, della figliolanza divina.
La liturgia ci conduce anno dopo anno in questo mistero, in un modo totalmente personale, poiché il battesimo ci ha innestati nel
Corpo di Cristo e il Natale diventa così anche per noi la festa della manifestazione della vita divina, del suo amore nella nostra umanità. In una delle sue omelie di questo tempo liturgico, san Giovanni Crisostomo ci avverte che questa rivelazione dell’amore di Dio
in noi può essere ostacolata dal nostro appoggiarci su noi stessi. La perfezione non sta nel dare a se stessi una forma di perfezione
ideale, ma sta nella pienezza della vita di Dio, che scorre attraverso di noi e illumina la nostra realtà come una luce dal di dentro,
come una grazia, che viene incontro alla nostra preghiera, alla nostra apertura, alla nostra accoglienza del dono del Natale.
Cari amici e benefattori del Centro Aletti, ricordandovi nella preghiera vi auguriamo che qualsiasi cosa abbiate vissuto in questo anno
possiate gustare quanto è salvifica questa Luce, che bagna tutte le ombre, lava e santifica tutte le ferite e trasfigura quel male come da soli
non riusciremmo mai.
e l’équipe del Centro Aletti
Santuario di Mátraverebély-Szentkút in ungheria
Il 16 dicembre 2014 è stato
conferito il dottorato honoris causa a p. Marko Ivan
Rupnik, presso la Facoltà di
Teologia di Lugano, in presenza del pro-rettore Prof.
Azzolino Chiappini e del
Vescovo di Lugano, monsignor Valerio Lazzeri (Gran
Cancelliere della Facoltà di
Teologia).
Da alcuni anni esiste la possibilità di destinare il 5xmille dell’IRPEF al Centro
Aletti. La destinazione va fatta indicando
nella dichiarazione dei redditi la Fondazione Agape, creata nel 2001 proprio
per dare vita ad un fondo per sostenere le
attività del Centro Aletti.
Concretamente, si tratta di firmare e di
inserire il Codice Fiscale della Fondazione Agape n. 97244880585 nella
prima riga dell’apposita scheda allegata al
CUD, o 730 o Mod. Unico, relativa alle
“Fondazioni riconosciute”.
Lipa compie 20 anni
Ad ottobre Lipa ha compiuto 20 anni. Siamo partiti, non voglio dire per scherzo,
perché questo significherebbe senza responsabilità, ma in un modo leggero, a cominciare dal nome della casa editrice, che abbiamo scelto durante una cena in terrazza d’estate, in un clima d’amicizia e di comunione. Avevamo bisogno di
pubblicare dei libri e non avevamo la pazienza di aspettare i tempi delle case editrici che sarebbero state disposte a darci credito e a farci entrare in qualche loro
collana. Da noi, tutto si fa un po’ velocemente. Così abbiamo cominciato, senza
avere troppe idee su che cosa volesse dire mettere su una casa editrice, appoggiandoci sull’aiuto di Beniamino, un nostro amico, un po’ artigianali, ma coraggiosi,
senza sapere quanto Lipa sarebbe durata e mettendo in atto coscientemente una
struttura piccola e agile in modo da poterla chiudere quando sarebbe stato necessario, senza affezionarci e dover piangere troppo.
E poi le cose si sono sviluppate. Ma non sono andate da sole, perché ad ogni passo
si trattava di fare una scelta. Queste scelte hanno comportato anche ad imboccare
strade diverse da chi aveva cominciato a collaborare con noi. Per noi era chiaro fin
dall’inizio che la casa editrice era strumentale al Centro Aletti. Era cioè una casa editrice “per modo di dire”. Serviva per far conoscere la riflessione che veniva fatta al
suo interno e, tutt’al più, per pubblicare autori altrimenti sconosciuti in Italia che
erano organici alla nostra riflessione. C’era quindi tutto l’“armadio” di padre Špidlík da aprire, per valorizzare i suoi scavi nei campi della teologia orientale, alla ricerca di quei contenuti che potrebbero essere oggi fonte di vita e che allo stesso
tempo potrebbero essere vitalizzati proprio in quanto accolti. E poi c’era tutto l’ambiente del Centro Aletti che accoglieva questo suo insegnamento, questa sua opera,
e – soprattutto padre Rupnik – cercava di gettare ponti ancora più consolidati con
l’uomo di oggi, con la cultura contemporanea, con le questioni più vive della pastorale. Le 25mila copie vendute de L’arte di purificare il cuore, le 8mila di Pregare nel
cuore, le 14mila de Il discernimento, le 10mila di “Gli si gettò al collo”, le 9mila di Nel
fuoco del roveto ardente, 270 traduzioni in altre lingue, indicano che in questo percorso
c’era un messaggio teologico capace di ispirare, di orientare le persone, di assumere
per loro un valore esistenziale. Ma non si trattava solo di “indovinare” bestsellers.
Da Solov’ëv, Bulgakov, Ivanov e i teologi russi, passando per Clément, sant’Efrem
e la poesia siriaca con Brock, Nicola Cabasilas, l’Anthologhion, Taft, Schmemann, il
catalogo di Lipa è in qualche modo il testimone della crescita della nostra comunità su alcuni temi, di incontri, di amicizie, che cercavamo di tradurre in rifles-
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sione, in arte, in visione pastorale, nei
nostri esercizi e corsi spirituali: la divinoumanità, l’amore e la libertà, la persona come realtà di comunione e di
relazione, l’arte e la teologia, il linguaggio della teologia, il battesimo e la vita
nuova come esistenza secondo il modo
trinitario, la liturgia come anticipo dell’assemblea escatologica del Signore e
quindi come luogo dove la Chiesa “diventa ciò che è”…
In questo senso Lipa è il frutto di una
vita comunitaria, non solo perché
ognuno di noi fa qualcosa – dallo scrivere, al correggere, al tradurre, all’impaginare, al fare i mosaici che diventano
le copertine, al correggere le bozze, allo
spostare le scatole, al fare i banchetti ai
convegni –, ma perché c’è una riflessione condivisa.
Questo significa fare pochi libri (fedeli
all’ignaziano “non è il molto sapere che
sazia”, soprattutto in un tempo dove il
problema è riuscire ad essere selettivi in
ciò che leggiamo, ascoltiamo, vediamo,
per non essere sommersi) che cercano
di trasmettere un’“arte del leggere”. I
monaci hanno sempre letto tanto. Dai
tempi di Pacomio, quando uno, appena
entrato in monastero, doveva con le
buone o con le cattive imparare a leggere, fino ai tanti modi di lectio divina
che, più che tecniche di preghiera, sono
forse state pratiche per imparare a maturare una visione – teologica, spirituale. Una visione non intellettuale e
cervellotica, neanche per piccoli puntolini, piccoli argomenti, piccoli settori,
ma globale, che è della comunione, cioè
della Chiesa, ma allo stesso tempo è nostra, perché è quello che abbiamo capito
attraverso una conoscenza di Dio che si
è rivelato nella vita come un modo concreto di salvezza e di amore che ci ha
sempre più unito. Cercare di fare libri
che aiutino a fare questo. Aiutare a
creare una visione dove ogni cosa nostra
è collocata: i grandi contenuti teologici,
la sapienza della tradizione, come vediamo noi stessi, come vediamo gli altri,
la parola che diciamo, il consiglio spirituale che diamo, il lavoro che facciamo,
la preghiera, la liturgia, la Chiesa…
anche il nostro peccato… tutto in una
unità organica.
Per continuare a fare questo oggi, non
possiamo più farlo come lo abbiamo
fatto finora. Oggi ci sono tre crisi profonde che attraversano il mondo di cui
facciamo parte: la crisi economica, che si
fa sentire in modo sempre più profondo
e non sembra allentare la sua morsa, una
crisi dovuta al cambiamento di supporto
del libro (dalla carta al digitale) e una
crisi del mondo religioso in Italia, che
già ora non è più quello di 20 anni fa, quando è nata Lipa, e
che fra 5 anni sarà ancora diverso. La crisi è un momento doppio per definizione, sin dal suo significato antico di “separare”,
dis-cernere. Per entrare in questo mondo nuovo, abbiamo pensato che era fondamentale rimettere completamente a nuovo
il sito di Lipa per farne un sito dove fosse possibile comunicare
dei contenuti: scaricare qualche pagina di anteprima di un
libro, l’articolo non pubblicato di un autore, un piccolo video,
un’intervista, un’omelia o una conferenza...
Non è stata una cosa facile. In questi mesi, abbiamo capito
che fare un sito web è una specie di esercizio di identità, e a
Lipa ci siamo trovati più di una volta “sull’orlo di una crisi di
nervi” quando le persone a cui ci eravamo rivolti per impostare la piattaforma del sito proponevano qualcosa che era più
adatto alla vendita delle saponette…
Speriamo che alla fine di gennaio il sito sia online. In questi
anni abbiamo imparato che è Dio che fa nascere le cose e le
mantiene in vita. Grati a Dio per le persone che, tramite Lipa,
abbiamo potuto raggiungere, sappiamo che la cosa più importante che possiamo fare è mantenere il cuore libero perché
Lipa risponda alle sfide che oggi sono davanti a noi in un
modo che non è solo nostro, ma nostro e di Dio insieme.
Colori e calori in Amazzonia
Stiamo concludendo. Anche i trecento mq di Castanhal sono
archiviati, in una settimana i 19 prodi sono riusciti a portare
a termine, e stavolta pure senza affanno, una parete che all’inizio ci si presentava proprio come un muro, vuoto e duro.
Alla partenza eravamo un po’ preoccupati del poco tempo a
disposizione. Ma, dopo una settimana, mentre già si puliva e
inscatolava il materiale rimasto, mentre ci chiedevamo come
avevamo fatto, abbiamo ringraziato profondamente e sinceramente Dio per le condizioni favorevolissime in cui ci ha permesso di lavorare. Anche se, chiaramente, quando si viaggia
con uno che vede e prevede le peggiori catastrofi, Dio riesce
facilmente a farti contento! Sembra che il peggio sia passato
prima della partenza, quando ogni giorno ne succedeva una:
malattie, defezioni, problemi di visti e soggiorni… non sapevamo più in quanti saremmo partiti. Arrivati qui, tutto sembrava più rilassante... Dei miliardi di zanzare non se ne sono
viste che il minimo necessario, dato il luogo. “Ma milioni
erano!”, mi corregge il catastrofico ottimista. Dei 40 gradi previsti, promessi e minacciati, ce ne sono stati dati molti di
meno. “Solo un po’ di meno”, dice lui, “mica con 35 si scherza!”
Dell’umidità terrificante non abbiamo avuto troppa percezione. “Ma che dici, invece di annegare abbiamo potuto anche respirare”, precisa sempre lo stesso soggetto... Le sudate
pazzesche hanno riguardato soprattutto le stazze più abbondantine. “Ma non è vero, abbiamo sudato tutti, almeno quelli che lavoravamo!!!”. Ma certo, ci credo che abbiamo sudato come
pazzi, e lo dice lui a capo della banda che, per non raffreddarsi,
spegneva tutti i ventilatori installati a ogni piano appositamente per non sudare. Ma come si fa a raffreddarsi se sono 40
gradi e quella che gira continua a essere aria calda???
La parte più angosciante dell’approccio con l’Amazzonia per
Novità
A. SCHMEMANN
Chiesa, mondo e missione
Arguti, provocatori, profondi, questi saggi
sono una lettura fondamentale non solo per
coloro che sono interessati al ruolo dell’ortodossia nel mondo attuale, ma per tutti coloro
che vogliono approfondire la riflessione sulla
storia, la teologia, liturgia, il movimento ecumenico e la missione...
N. GOVEKAR
La vita in Cristo
A partire dalla tomba vuota e dal soffio
che Cristo trasmette agli apostoli, i mosaici della cripta di san Pio, accompagnati
da brevi commenti teologico-spirituali, ci
introdurranno a contemplare la vita di
Cristo, cioè la vita umana vissuta dal Figlio di Dio che ha inaugurato anche per
noi un nuovo modo di esistere, una nuova vita, la vita in Cristo. Troveremo quegli episodi della vita del Signore che rappresentano il fondamento spirituale della vita di ogni battezzato.
Lipa Edizioni via Paolina 25, 00184 Roma
Tel. 06/4747770 - Fax : 06/485876,
[email protected] - www.lipaonline.org
qualcuno è stato l’incontro con il mondo animale. Un ragnaccio
gigante – veramente schifoso alla vista e all’immaginazione,
grosso come un muffin non di formato mignon, brutto e peloso pure – ha turbato i sogni, soprattutto dopo che il custode
ha fatto fuori la sua ragnatela, perché dove sarebbe andato a
metter su casa non era ben chiaro; i pipistrelli erano parecchio
problematici per le chiome fluenti, quindi non certo per i nostri maschietti; le cavallette però si son tenute lontane da quelli
che ne hanno un terrore ancestrale, le formicone sono andate
da quelli che avevano lo spray, i gechi hanno le misure dei nostri – almeno quelli che abbiamo visto. C’era qualche rana girovaga, ma pure lei è entrata nella stanza giusta. Abbiamo
inoltre scoperto che queste sono capacissime di dileguarsi perché, per quanto il fortunato ospite abbia dato la caccia alla sua
coabitatrice, non è stato in grado di trovarla. Ma, per scrupolo, il giorno dopo si è armato di rete e scotch per bloccare
tutti i buchi, non fosse mai che rientrasse in piena notte, momento questo già pieno a sufficienza di suoni, sibili, fruscii
che a tutti sembrava di percepire nella propria stanza. Unico
rimedio, cercare di far finta di niente e rinnovare la fede nel
Signore!
In ogni caso con un po’ di mango, papaya, açai, carambóle –
e non carambole – cupuaçu, guajaba, avocadi, maracuja, jaca,
caju e chi più ne ha più ne metta perché di quanta frutta c’è
qui siamo riusciti a imparare solo i nomi più classici per noi –
i beati artisti hanno continuato a lavorare indefessamente senza
lasciarsi troppo scomporre. Mi sembra sempre di più che la
parete, quasi come quella che si trova davanti chi scala, ad un
certo punto ti risucchia, ti coinvolge, concentra la tua attenzione e la tua passione – nel senso più nobile del termine direbbe Rupnik! – e ti conduce secondo un ritmo che è tutto
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tuo, talmente personale da annullare le condizioni sfavorevoli.
Diventa la misura di come ti lasci coinvolgere per diventare
ciò che fai e non per il principio che le cose bisogna farle bene,
esserci dentro e crederci, ma perché il mosaico ti costringe
continuamente a uscire da te. La pietra non è morta ma è
come un cacciavite che stringe chiedendoti se ci sei e perché
lo fai e in qualche modo fa uscire la tua verità. Credo che abbia
questo “ultimo tocco” di far uscire ogni nostra inconsistenza.
Prima o poi, al tempo opportuno, ma inevitabilmente. Nell’omelia sulla parabola dei talenti durante il cantiere di Parigi,
da dove siamo tornati giusto una settimana prima della partenza per il Brasile, p. Marko ha detto molto bene – naturalmente! – che “il regno è una vita di comunione, è una vita che mette
insieme, che accomuna, che unisce. Io, impegnandomi in questo, farò
sempre qualcosa che mi inserisce dentro un tessuto. Cioè, il mio lavoro
non farà emergere me e mi strappa dal tessuto. è proprio il contrario,
perché, se sto investendo il dono del regno che ho ricevuto – e il dono
del regno è la vita di Dio – quale ne sarà l’effetto? Che io divento
sempre più parte integrante del regno, sempre più simile al dono che
ho ricevuto, perché quel dono poco per volta mi ha assorbito. Ciò che
di me passerà nel regno è tutto ciò che ho trasfigurato dall’individuo
alla persona, a membro della Chiesa, a membro di questo corpo di comunione, del regno. Solo in questo modo i doni mi salveranno, altrimenti non servono a niente. Allora il regno si tinge dell’umanità,
perché è divinoumano. Il regno ha questa dimensione divinoumana,
quindi si tingerà anche dei miei colori se li ho strappati all’individuo
e li ho investiti nella comunione. Perciò, noi artisti del mosaico, oggi
[era la XXXIII Domenica TO] abbiamo un vangelo proprio per noi.
Tu hai ricevuto un dono – facciamo l’esempio che il regno è il mosaico.
C’è uno che disegna, uno che taglia, uno che prepara le pietre, uno
che sa mettere l’oro… ognuno ha ricevuto qualcosa.
Più ti coinvolgi con il mosaico, più fai parte del mosaico. Perché tu non
puoi fare il mosaico nella tua stanzetta da solo, ma lo devi fare sull’impalcatura insieme a tutti gli altri. è proprio così: il dono del regno
costituisce il regno e trasforma noi nel regno. Ognuno ha ricevuto una
cosa già al battesimo. Perciò la nostra vita non è altro che la manifestazione di ciò che abbiamo ricevuto al battesimo. In questo impegniamo tutte le nostre energie, tutti i nostri doni, tutto ciò che siamo…
e alla fine ci troviamo tutti sull’impalcatura, lavorando insieme, diventando esattamente ciò che stiamo facendo. Stiamo facendo un mosaico, stiamo diventando un mosaico. Tanti diversi, così diversi, da
tante parti diverse, un’unica comunione.”
Oggi è il giorno dopo la gita... Non posso non augurare a
tutti di essere una volta ospiti del vescovo di Castanhal, dom
Carlos. È inutile che ve lo racconti perché non riuscirei a comunicare l’esperienza in barca sul Rio delle Amazzoni, scalando la prua per salire e calandosi per scendere, con una
scaletta che copriva metà dell’altezza, lanciandosi più per fede
che per visione, con tutti quelli che sono venuti ad accoglierci,
banda compresa, schierati a guardare come ce la saremmo cavata. Uno che ripeteva “Ma come risaliremo?”, l’altra che gli rispondeva “Si ritorna in autobus…”, quello che continuava a
chiedere “Ma come faremo a risalire?” e quella che continuava
a scandire “Si torna in autobuuuus!!!”… La messa in perfetto
stile amazzonico l’abbiamo fatta a Porto Salvo, incontrando
alcune comunità della diocesi.
Mentre registravano un piccolo video durante i lavori, ci
hanno chiesto cosa rende speciale questo mosaico in Brasile.
Credo sia il desiderio del vescovo di lasciare qualcosa di bello
alle persone alle quali vuole bene. Ha voluto regalare loro un
pezzo di Bellezza, attendendo e custodendo il sogno di poterlo
davvero fare un giorno. Difficilmente dimenticheremo il suo
contagioso buonumore e la sua affabilità e come al rientro,
quando il mosaico è stato svelato, tolta l’impalcatura, saltellava di gioia da una parte all’altra della chiesa. Per questo mi
scuseranno tutti gli ultimi cantieri, grandi e piccini, ma questi giorni brasiliani, dove l’avvento sotto il caldo del sole ti
scombussola un po’ l’immaginazione liturgica, sono stati talmente “altro” che in questo mettiamo tutto ciò che abbiamo
vissuto nell’ultimo tempo, in un bellissimo caldo Buon Natale!
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