Il sigillo dell`amore

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Il sigillo dell`amore
Il sigillo dell’amore
Come una sorta di grande inclusione, il Cantico dei Cantici si apre con
lʼimmagine del bacio (Ct 1,2) e si chiude con quella del sigillo (Ct 8,6). Le due
immagini sembrano due facce della stessa medaglia, attraverso le quali viene
espresso quello che potremmo considerare lʼintero cammino dʼamore, presente
nellʼopera biblica: dal bacio bocca a bocca, ardentemente desiderato dalla
sposa, alla totale appartenenza dellʼuna verso lʼaltro, emblematicamente
rappresentata dallʼimmagine del sigillo. Poco prima (Ct 8,1), la sposa ha
espresso il desiderio di poter baciare, incontrandolo per la strada, il proprio
amato (cfr anche Ct 4,9), fino a introdurlo nella propria intimità, affinché
lʼamato la possa iniziare allʼarte dellʼamore (v. 2). Tutta questa tensione
agápica fa da preludio allʼimmagine del sigillo, che è in definitiva la
realizzazione piena dellʼamore voluto, desiderato e finalmente ottenuto.
Ed ecco che questi versetti finali dellʼopera si presentano come una vera e
propria conclusione di tutto il Cantico dei Cantici, descrivendo con immagini
profondamente significative la natura vera e autentica dellʼamore. Si
comprende, perciò, perché questo meraviglioso poema sia stato messo, come
corona, alla fine del libro. Lʼapertura è solenne e riguarda la duplice richiesta,
da parte della sposa, di essere posta come sigillo sia sul cuore e sia sul braccio.
Il sigillo veniva portato o come un pendente al collo, appeso ad una collana (cfr
Gn 38,18.25), oppure sul braccio, sulla mano o al dito, come un anello (cfr Gn
41,42; Ger 22,24; Ag 2,23). In entrambi i casi, la persona innamorata e
profondamente legata allʼamato aveva, nel segno del sigillo, la continua
possibilità di ricordare il proprio diletto. Inoltre, legato al cuore o alla mano, il
sigillo veniva a contatto con la parte più nobile del corpo della persona, che
perciò sentiva il proprio legame affettuoso nei confronti dellʼamato. Il sigillo
diveniva, così, una sorta di garanzia dellʼamore e della reciproca appartenenza,
senza alcuna possibilità di poter venir meno. Ed è esattamente allʼinterno di
questa particolare immagine dellʼamore, data dal sigillo, che ora lʼamata, forse
per la prima volta nel Cantico dei Cantici, può definire lʼamore nella sua
essenza e profonda identità. Infatti, con termini molto forti e intensi viene
descritta la forza invincibile dellʼamore, il suo carattere ineluttabile, il suo
valore senza pari. Le immagini, con cui si descrive lʼamore, si succedono in un
crescendo e in una ritmica poetica, che creano nel lettore un forte e profondo
sconquassamento del cuore. Si passa, infatti, dallʼimmagine della morte e degli
inferi (morte e inferi qui sono sinonimi) a quella del fuoco e della fiamma
(anchʼessi da considerarsi sinonimi), per poi concludere con la figura delle
grandi acque e dei fiumi, fino a quella delle ricchezze. Cʼè unʼinteressante
ascesi emotiva, data proprio dalle immagini utilizzate, per mettere a fuoco vari
elementi dellʼesperienza amorosa: esattamente come la morte o il regno dei
morti, che è lo sheol (= inferi), lʼamore provoca la fine del proprio sé, per
vivere solamente dellʼaltro, che si ama più di se stessi in modo forte e tenace;
esso procura in colui che ama una forza simile al fuoco e alle sue vampe; la sua
forza non può essere distrutta neanche dalle cascate e dai fiumi, al punto che
non si può spegnere né travolgere. Lʼamore non è per nulla commerciabile,
perché esso, come è noto, non si può comprare. Dalla morte o inferi al fuoco e
alle sue vampe fino alle grandi cascate e i torrenti, il tutto si sviluppa in un
crescendo emotivo, che fa dellʼamore unʼesperienza unica e irripetibile,
particolare e straordinaria, avvincente e desiderabile. È come entrare in un
mistero di morte, che avvampa e travolge. Tale ingresso è gratuito e dono
incommensurabile della grazia, tale che non rientra nei parametri umani della
compravendita o della speculazione.
Nel commentare questo passo del Cantico dei Cantici, così scriveva il
vescovo Baldovino di Canterbury nel 1190:
«Forte è la morte perché è capace di privarci del dono della vita. Forte è l’amore, che è
capace di ricondurci a un uso migliore della vita. Forte è la morte, che è in grado di spogliarci del
vestito di questo corpo. Forte è l’amore, che è capace di strappare le nostre spoglie alla morte e
restituircele. Forte è la morte a cui nessun uomo è in grado di resistere. Forte è l’amore al punto da
trionfare su di essa, spuntarne il pungiglione, smorzarne la forza, vanificarne la vittoria. Forte come
la morte è l’amore, perché l’amore di Cristo è la fine della morte».
E Benedetto XVI, nell’enciclica Deus caritas est, 6, aggiungeva:
«La scoperta dellʼamore diventa ora scoperta dellʼaltro, superando il carattere egoistico
prima chiaramente dominante. Adesso lʼamore diventa cura dellʼaltro e per lʼaltro. Non cerca più se
stesso, lʼimmersione nellʼebbrezza della felicità, cerca invece il bene dellʼamato: diventa rinuncia, è
pronto al sacrificio, anzi lo cerca».
Ma a dimostrazione di quanto lʼesperienza amorosa sia universale, lo stesso
Virgilio in un celebre verso delle Bucoliche (X,69) affermava:
«Omnia vincit amor et nos cedamus amori (Lʼamore vince ogni cosa e noi soccombiamo di
fronte ad esso)».
Agostino nei suoi Commenti ai Salmi concludeva (Patrologia Latina
37,1628):
«Lʼamore è forte come la morte: che parola ammirabile! La forza dellʼamore non può
trovare espressione più magnifica di questa. Fratelli, chi resiste alla morte? Ascoltatemi: si resiste
alle fiamme, alle onde, alla spada. Si resiste ai tiranni e ai re. Viene la morte: Chi le può resistere?
Nulla è più forte di essa. Lʼamore soltanto può misurarsi con la sua forza. Si può veramente dire che
lʼamore è forte come la morte».
E il Targum ebraico del Cantico dei Cantici, collegando questi versetti con
lʼesperienza dolorosa dellʼesilio babilonese, così si rivolge al Dio dʼIsraele
(Targum Cantica Canticorum VIII,6):
«Mettici come il sigillo di un anello sul tuo cuore, e come il sigillo di un anello sul tuo
braccio, affinché non torniamo in esilio, perché lʼamore della tua divinità è forte come la morte,
mentre la gelosia delle nazioni contro di me è potente come lʼinferno».
Certamente non ci sono immagini più forti e più intense per dire la forza
dellʼamore di Cristo per lʼumanità, perché un fuoco robusto e un torrente
maestoso sono sgorgati dal suo cuore squarciato e martoriato dallʼamore (cfr
Gv 19,34).