Vita, lavoro e amore, tutto cominciò al “Carducci

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Vita, lavoro e amore, tutto cominciò al “Carducci
Vita, lavoro e amore, tutto
cominciò al “Carducci”. Quarta
puntata
Pubblicato il 3 settembre 2015 in Racconti di Paola Lunghini
di Paola G. Lunghini
Ritratto di Renato Fabietti : e fu subito “ fascination”
Inizio della seconda liceo.
Il nostro nuovo Professore di storia e filosofia lo stavamo aspettando con
ansia e , alle otto del mattino di quel primo giorno di scuola, un gruppetto di
noi era di sentinella in cortile. Al suono della campana , se nulla fosse accaduto, ci saremmo precipitati in aula facendo le scale verso il primo
piano a quattro gradini alla volta.
-Sta arrivando, sta arrivando ! ( conoscevamo – anche se solo di vista - tutti i professori del Carducci o quasi, e una faccia nuova figuriamoci se
non eravamo in grado di identificarla ) .
Una Giulia chiara era infatti entrata sgommando nel piccolo parcheggio
riservato agli insegnanti ( dove sarebbe stata l’ auto di maggior pregio nei
due anni a venire , sino alla mia maturità, e ciò la dice lunga sul potere d’
acquisto dei nostriinsegnanti di allora) e ne era sceso un individuo “
abbastanza anziano” , ancora leggermente abbronzato nonostante fossimo
ai primi di ottobre, capelli sale e pepe , vestito di un completo di gabardine
beige. Molto magro, andatura dinoccolata ma dritta che lo faceva sembrare più alto di quanto fosse.
Sollevò lo sguardo verso il palazzo come lo volesse abbracciare tutto in una
volta; poi lo abbassò su di noi che lo fissavamo immobili. In un attimo capì
tutto , ci sorrise e ci fece con la mano un cenno di saluto. Schizzammo via
come topolini che hanno appena scorto un gatto , per dare alle nostre classi
il grande annuncio .
-Com’è, com’è ?
-Mah, non è troppo vecchio.
-Ha un’aria simpatica.
-Ha una Giulia!
-E’ bellissimo ! ( una studentessa della terza).
Oddio, definirlo bellissimo era una vera esagerazione; ma è un dato di fatto
che il Professor Renato Fabietti si rivelò subito per quello che era, cioè un
uomo affascinante.
Al di là del ruolo, di ciò che diceva e del come lo diceva, la sua forza stava
nelle corde vocali. Aveva infatti una voce stupenda e formidabilmente stentorea , quasi sproporzionata al corpo solo apparentemente esile, e
che lui sapeva modulare con arti quasi da attore di teatro. Tono e colore da
vendere , il tutto avvolto in una dizione perfetta che a volte, e volutamente,
scivolava in una intensa cadenza toscana . Quando la usava, sapevi che era
di buon umore oppure molto arrabbiato ( non con noi, sia chiaro, ma con il
mondo) : anche se venuto alla luce a Milano il 3 settembre 1923 ( oggi è
dunque un anniversario…) , Renato Fabietti era infatti un “ toscanaccio” di
Cetona, piccola città in provincia di Siena dove era nato suo padre e dove - con i proventi dei libri che avrebbe poi scritto con l’ amico e collega Augusto
Camera, un best seller da milioni di copie – sarebbe riuscito a “ farsi” una
magnifica villa.
Città di cui sarebbe diventato “ l’ illustre concittadino”.
In pochissimo tempo venimmo a sapere di lui tutto ciò che occorreva . Aveva
studiato al Liceo classico Berchet, e conseguito la laurea in filosofia con
Antonio Banfi ; era sposato, e aveva un figlio che si chiamava Ugo ma lo
chiamavano Gughi ( il quale Ugo avrebbe pure lui frequentato il Carducci, e
sarebbe poi andato a insegnare antropologia all’ Università Statale di
Milano . La faccio semplice, perché oggi codesta disciplina ha rivoli di nomi complicatissimi. Comunque, se volete saperne di più, c’è una pagina che lo
riguarda sul sito di Milano-Bicocca ).
Fabietti trascorreva le vacanze con gli amici di un tempo , il più possibile all’
aria aperta ( da cui l’ abbronzatura), nella “ sua” Cetona ; e proveniva dallo
stesso Istituto monzese dove aveva insegnato anche Salvatore Guglielmino
(cfr il secondo capitolo del mio racconto, ndr), di cui era grande amico. E
soprattutto, ci tenne subito a farci sapere che durante la Guerra era entrato
nella Resistenza , e che era socialista. «Quando si hanno 20 anni BISOGNA
essere socialisti. Chi lo è a 40 è un cretino. Io ho più di 40 anni e sono
socialista, dunque sono un cretino».
Spiritoso, per i tempi, vero ?
No, era spiritoso in assoluto: ricordo che il primo giorno di scuola mentre iniziavamo la terza arrivò in classe, si stravaccò in cattedra ( sempre con il
completo di gabardine beige ) e con la sua voce stentorea annunciò «Ragazzi, coraggio, che tra nove mesi ricominciano le vacanze !»
Si era dimenticato che avremmo avuto la maturità, e quindi i mesi sarebbero
stati dieci. E ancora non sapeva che in quel 1967 egli sarebbe stato
nominato “ membro interno” della Commissione giudicatrice.
Dio, cosa non fece – sempre nel lecito, intendiamoci - per aiutarci e
assisterci , onnipresente dal primo giorno dello scritto di Italiano sino a
quando, a orali conclusi, comparvero sui Tabelloni gli esiti degli esami !!! Quel mattino abbracciò i promossi ( sapeva già molto delle nostre prossime scelte universitarie) , incoraggiò i rimandati – a quell’ epoca si “
portavano” alla maturità TUTTE le materie, più i famosi “ riferimenti” degli
anni precedenti : significava in pratica il programma di tre anni – e consolò
i ( pochissimi) bocciati.
Come un padre.
No, forse di più. Come un Angelo Custode.
Era a quell’ epoca prassi che – al termine degli esami di maturità - gli
studenti organizzassero una sorta di “ Gala Dinner “ invitando come
ospiti i loro Professori. Non tutti ovviamente accettavano, ma più Professori
c’ erano e più la serata ( a quel punto “ liberatoria” ) sarebbe stata di
successo.
Noi della terza B ovviamente non ci sottraemmo alla consuetudine e, già
per tempo, avevamo incaricato un compagno particolarmente “ modaiolo” di organizzare il tutto.
Fabietti era in prima linea , e fu proprio al suo tavolo che io mi accomodai.
-Allora, Grego ( il mio cognome da ragazza, ndr), cosa farai adesso ?
Avevo fatto un buon esame, e la media del 7 mi consentiva un certo
abbattimento delle tasse universitarie.
-Filosofia, Professore.
Scoppiò una risata megalattica.
-Tu, a Filosofia?
-Sì ( e seriamente gli spiegai a “cosa mi serviva “. Un percorso che sarebbe
stato un intermezzo per un qualche cosa che ancora non mi
era completamente chiaro, ma che certo non riguardava né l’ insegnamento, né un incarico in qualche casa editrice, etc etc . Non lo confessavo ancora nemmeno a me stessa, ma …io volevo diventare una giornalista !
-Se avrai bisogno di me, quando dovrai fare gli esami di storia e filosofia ,
telefonami. Prima di presentarti, ti interrogherò io .
Ne approfittai spudoratamente, durante il percorso universitario ( «Vai pure,
sei “ abbastanza preparata”» ). Ma lui era contento. E io anche, perché in
questo modo agli esami in università ci andavo “abbastanza tranquilla”, e noi
mantenemmo i rapporti ancora per anni.
(Più di una volta , in quel tempo , aveva radunato noi, un gruppo di ex allievi, a casa sua per ascoltare e commentare insieme l’ ultimo LP di De Andrè o di Gaber. Mitico ).
Domanda : ma ci sono ancora insegnanti così???
Lo rividi per l’ ultima volta a un pranzo – insieme ad alcuni altri amici- a
casa di una “ vecchia collega “ di studi che ci aveva invitato. Era già molto
anziano, e provato da una malattia che gli aveva compromesso lo sguardo. Debole, aveva mangiato come un uccellino. Ma la voce era sempre ancora
quella che conoscevamo, stentorea . E, mentre noi sorseggiavamo il caffè,
se ne uscì con una frase incredibile e indimenticabile .
-Sapete, siete sempre voi . Ma siete così diversi.
Avrei voluto dirgli «Anche Lei, Professore », ma mi mancò il coraggio .
Lo sguardo. Renato Fabietti aveva uno sguardo che ti dominava. Non
aveva bisogno di alzare la voce già alta di suo per farsi “ ubbidire” (Oddio,
nei voti era di manica alquanto stretta…), o anche solo per farsi seguire.
Gettava semplicemente lampi dagli occhi. E tu gli andavi dietro.
Dove ? Ma è ovvio, in tutti i percorsi della storia, e della storia della filosofia. Che sapeva “raccontare” in classe come fossero stati il più affascinante dei romanzi, rivoluzione francese e russa comprese. E così imparammo a
capire che , davvero, la storia e la storia della filosofia ( Fabietti, in ciò
era “in tune “ con Guglielmino , amava i collegamenti trasversali tra le varie discipline, e spaziava ben oltre il programma ) erano ancora più affascinanti
del più affascinante tra i romanzi .
A questo sapeva aggiunger un flavour speciale, il vento della libertà, che è
una conquista che non mancava mai di ricordarci.
Quando ci “ prese in mano” in seconda liceo, Renato Fabietti vide subito che
noi di Platone e Aristotele quasi nulla sapevamo. Furono settimane a tappe
forzate. Ma dopo un po’ eravamo in grado di “vincere una Olimpiade”. Alla
vigilia della maturità, anche se il programma non lo prevedeva, eravamo abbastanza “ferrati” anche su Kennedy e il Muro di Berlino.
Grazie a lui , come con il Professor Guglielmino, “vissi di rendita” sino all’
università, e oltre. Ci vivo sicuramente anche adesso, mentre sto scrivendo.
Circa la sua personale concezione della democrazia scolastica , beh, non
c’è molto da aggiungere, se non che – in classe – non c’era programma che tenesse, se gli “ eventi del giorno” richiedevano una discussione. Anche furibonda, perché non sempre eravamo d’ accordo con lui : ma lui il
dibattito lo “moderava “ ( sono quasi certa che io – che sono stata e sono
un Moderatore professionale in migliaia di convegni in Italia e all’ estero –
le basi di codesta professione le ho imparate da lui ), ascoltandoci come fossimo non ragazzi ma già adulti .
Ci insegnò ad andare sulle giuste tracce, senza mai imporsi o strafare.
Grazie ancora di tutto, caro Professor Fabietti!
Le farà piacere sapere che talvolta, conversando con figli di nostri amici io
– che non ho avuto figli – allorchè rivelavo di averLa avuta come professore , mi sentivo porre mille domande da codesti ragazzi per i quali Lei era ( insieme ad Augusto Camera ) “ il nome mitico” sul loro libro di
testo scolastico.
Bello, vero?
Domanda : Ministro Giannini, ma ci sono ancora insegnanti così??? Perché è solo così, al di là di tutte le stupidaggini di cui si discute in questi giorni
di apertura dell’ anno scolastico, che si fa “ la buona scuola”.