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INCLUSIONE
Senza dimora. Partire dalla
casa per restituire dignità,
autonomia e fiducia
6 dicembre 2016
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Oggi a Torino i primi risultati del programma nazionale di
sperimentazione Housing First della Fiopsd: 510 persone in
mini appartamenti stanno ritrovando dignità, autonomia e
fiducia grazie a 33 progetti pilota avviati in tutto il Paese. Dal
ministero del Lavoro e delle politiche sociali 50 milioni per il
triennio 2016-2019. Ma è importante anche lavorare sul
territorio per abbattere i pregiudizi
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Giovanna
Pasqualin
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Anche nell’emarginazione più grave c’è sempre una possibilità di
riscatto, una capacità di ritrovare la fiducia in se stessi
riappropriandosi della propria dignità e della propria vita. Per non
essere più “invisibili” e ricominciare. E tutto parte da una
scommessa. Il 1° marzo 2014 la Federazione italiana organismi per le
persone senza fissa dimora – Fiopsd (110 realtà fra Caritas
diocesane, Comuni, enti religiosi, cooperative sociali, l’associazione
Emmaus e la Fondazione Arca) che quest’anno compie 30 anni,
lancia a Torino il Programma nazionale di sperimentazione
dell’Housing First che prevede l’inserimento diretto di
homeless in appartamenti per favorirne in modo graduale
l’autonomia e l’integrazione, invitando i servizi che lavorano
sulla grave marginalità a portare avanti iniziative e progetti ispirati a
questo approccio innovativo. Grazie al network Housing First Italia, è
stata data una casa a oltre 500 persone che vivevano un
grave disagio abitativo (senza dimora croniche, adulti soli,
famiglie senza casa, padri soli, ex detenuti…). E proprio a Torino,
dove tutto è iniziato, oggi, in occasione della Conferenza
Internazionale Housing First promossa da Fiopsd, verranno
presentati i primi risultati e le buone pratiche, e verranno messe a
fuoco le sfide. Trentatré i progetti pilota avviati, da Acireale a
Pordenone. Tema dell’appuntamento, che non a caso sintetizza
l’obiettivo della Federazione, “C’è solo una strada: la casa”. E intanto,
dopo il volto di Richard Gere, la campagna #HomelessZero ha una
nuova testimonial: l’attrice americana Susan Sarandon.
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“tradurre in azioni concrete la
campagna #HomelessZero: da
sperimentazione a realtà strutturata”.
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Da sperimentazione a realtà strutturata. Lo scorso 4 ottobre è
stato pubblicato sul sito del ministero del Lavoro e delle politiche
sociali il primo avviso di bando per finanziare azioni a favore delle
persone senza dimora, da realizzare nel periodo 2016-2019. Le
risorse stanziate ammontano complessivamente a 50 milioni di euro
e serviranno, spiega la presidente di Fiopsd, Cristina Avonto, “a
portare avanti interventi mirati per il potenziamento della rete dei
servizi, per il sostegno materiale alle persone senza dimora e per
formulare misure innovative di accompagnamento verso
l’autonomia”. In altre parole, per
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Partire dalla casa. Ad anticipare al Sir un primo bilancio di questi
primi mesi sono Paolo Molinari, ricercatore sociale dell’Istituto di
ricerche economiche e sociali del Friuli Venezia Giulia (Ires-Fvg), e
Massimo Santinello, docente del Dipartimento di psicologia dello
sviluppo e della socializzazione all’Università di Padova. La
sperimentazione è attiva in dieci regioni (Piemonte, Lombardia,
Liguria, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia
Romagna, Toscana, Calabria e Sicilia) e al network Housing First
Italia partecipano 53 realtà fra Comuni, enti ecclesiastici o religiosi,
cooperative sociali e altre organizzazioni ascrivibili a soggetti del no
profit che erogano direttamente servizi di contrasto alla grave
marginalità.
Al 30 marzo 2016 erano 510 le persone accolte, in una condizione
di salute fisica e mentale “sotto la media generale della
popolazione italiana”: 343 adulti e 167 loro figli. Il 68,2% sono
maschi; 73 le famiglie.
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Verso l’autonomia e l’integrazione. A distanza di sei mesi
dell’ingresso in appartamento, spiega Molinari, “il 76% dei
soggetti accolti dichiara di avere incontrato persone per un caffè o
pranzare/cenare insieme, il 63,8% ha fatto amicizia con nuove
persone, e il 38,3% ha partecipato a un evento organizzato dalla
comunità”. L’80,85% dichiara di “sentirsi a casa nel luogo in cui
vive”. Uno dei punti qualificanti del percorso verso l’autonomia “è la
compartecipazione alle spese”. Dopo un po’ infatti, il 47% degli adulti
coinvolti nei programmi riesce a concorrere alle spese del progetto
personale. Eugenio, quasi 60 anni, calabrese, sposato e con un
figlio, si separa nel 1996 e da quel momento inizia la discesa nel
tunnel tra strada e alcol. A lanciargli un’ancora di salvezza a Rimini,
dove nel frattempo “si è rifugiato”, è l’Associazione Papa
Giovanni XXIII che lo accoglie e inserisce in un’abitazione,
assistendolo e lavorando sulla sua autonomia. Eugenio si fida, inizia
un percorso per disintossicarsi ed ora gestisce autonomamente la
casa cucinando anche per i volontari. Simile il percorso di Anna,
badante dell’est che dopo avere perduto il lavoro ed essere rimasta
vedova precipita in una spirale di solitudine e alcol. Ad accoglierla,
sempre a Rimini è la “Capanna di Betlemme” che dopo un po’ le
offre un’abitazione autonoma. Oggi ha ripreso a lavorare, mente la
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Sono 176 gli alloggi utilizzati, il 29,6% condivisi da più persone; il
60% acquisito nel libero mercato immobiliare, il 21% nelle
disponibilità delle organizzazioni del network, il 19% recuperato dal
patrimonio immobiliare pubblico.
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Giunta del Comune riminese ha stanziato 70mila euro per i progetti
Housing first per il triennio 2017 – 2019. Roberto vive invece a
Verona in un mini appartamento messo a disposizione dalla
Cooperativa sociale “Il Samaritano” nata nel 2006 come segno
del Convegno ecclesiale scaligero. “Ora – spiega molto
semplicemente – ho delle basi di serenità che mi aiutano ad essere
meno solo. Avere i miei spazi di privacy mi fa stare bene ma mi aiuta
anche a integrarmi con gli altri”. “Il mio declino è stato enorme”,
confida un ospite da quattro mesi dell’ Opera San Francesco per i
poveri, fondata a Milano dai padri cappuccini che dal 2014
partecipa al progetto Housing first. Il nostro interlocutore, che
preferisce restare anonimo, dice:
“la strada ti inghiotte come il mare”.
Importante, spiegano gli operatori, lavorare anche sul territorio per
aumentare il senso di appartenenza e abbattere i pregiudizi: “Dalle
parrocchie ai bar, le persone devono sapere che nel loro quartiere è
attivo questo progetto”.
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