INDICE - Radio Vaticana
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Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi del Gabon Città del Vaticano, 22-27 ottobre 2007 A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana INDICE Repubblica del Gabon Il paese Cenni storici Struttura ecclesiastica Le diocesi Cronologia della Chiesa in Gabon Intervista con Mons. Mvé Engone La vita della Chiesa Le visite ad limina Giovanni Paolo II e il Gabon P. P. P. P. P. P. P. P. P. P. 1 2 2 3 4 5 6 7 10 16 24 REPUBBLICA DEL GABON Superficie: 267.667 km2. Confini: NORD: Guinea Equatoriale e Camerun, EST E SUD Congo, OVEST: Oceano Atlantico. Capitale: Libreville Altre città: Port-Gentil, Masuku, Oyem, Moanda, Mouila, Lambaréné, Tchibanga, Koulamoutou, Makokou. Popolazione: 1 424 906 (stima 2006) Gruppi etnici per la quasi totalità di stirpe bantu. I pigmei, abitatori originari della regione, sono ridotti a un’esigua minoranza. Lingua ufiiciale: francese Altre lingue: Fang, Myene, Nzebi, Pounou/Eschira, Teke, Obamba,ecc. Religione: Cattolici 55% (dati Annuario Statistico della Chiesa del 2005). Altre confessioni: protestanti (10% circa), sette pentecostali (in crescita),credenze tradizionali (13%), musulmani (6%) Ordinamento: Repubblica di tipo presidenziale, con a capo un presidente eletto per 7 anni a suffragio diretto; potere legislativo esercitato dal Parlamento, eletto a suffragio universale per 5 anni e formato da due camere: l'Assemblea Nazionale (120 membri) e il Senato (91 membri). Presidente Omar Bongo (PDG), dal 29-XI-1967, rieletto da ultimo il 27-XI-2005 Primo Ministro Jean Eyeghe Ndong (PDG), dal 20-I-2006 Unità monetaria franco CFA Membro di OCI, ONU, UA e WTO, associato UE IL PAESE Negli ultimi anni il costante miglioramento delle condizioni di vita ha portato a un forte aumento della popolazione che risiede in gran parte in piccoli villaggi agricoli. L'area di più fitto insediamento è la costa, dove sono gli attivi centri portuali di Libreville, fondata, come dice il nome (città libera), da un gruppo di ex schiavi e divenuta la base della penetrazione coloniale francese nell'interno del Paese, e di Port-Gentil, massimo sbocco del Gabon. Area di sviluppo è anche quella di Franceville, grazie ai ricchissimi giacimenti di Moanda (manganese). (Fonte principale: De Agostini 2007) 2 CENNI STORICI I primi abitanti dell’attuale territorio del Gabon erano delle tribù pigmee dedite alla caccia e alla raccolta. Intorno al 1000 d. C. cominciarono ad insediarsi popolazioni Bantu che sostituirono e in parte assorbirono le popolazioni pigmee. Tuttavia oggi una piccola percentuale dell'attuale popolazione del Gabon è ancora costituita da pigmei. I Bantu che si insediarono nell'area diedero origine all'etnia Mpongwe. Gli ultimi ad insediarsi nell'area, nel XIX secolo furono i Fang provenienti dal nord. I primi europei a stabilire contatti con il Gabon furono mercanti portoghesi arrivati nel XV secolo che chiamarono il territorio con la parola portoghese gabao (un cappotto con il manicotto ed il cappuccio che assomiglia alla forma creata dall'estuario del fiume Komo). Il litorale divenne un importante centro per il commercio di schiavi. Nel XVI secolo vi giunsero commercianti olandesi, britannici e francesi. Nella prima metà del XIX secolo il controllo delle coste fu affidato ai francesi per reprimere la tratta degli schiavi. Tra il 1839 e il 1849 essi firmarono una serie di contratti con i capi-tribù locali, in particolare con i re Louis e Denis che controllavano la costa. La Francia consolidò il controllo dell’area con la costruzione di insediamenti militari. Del 1843 è la costruzione del Fort Aumale usato come base per la marina nell'estuario del fiume Komo e nel 1849 venne fondata la capitale, chiamata Libreville in quanto destinata ad ospitare gli schiavi liberati. Nel 1888 il territorio il Gabon fu unito a quelli situati alla destra del fiume Congo per formare la Colonia del Medio Congo che nel 1910 entrò a fare parte dell'Africa Equatoriale Francese. Membro della Comunità Francese dal 1958, il Paese ottenne l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Raggiunta l'indipendenza, il carattere autoritario e filo-occidentale del regime del primo Presidente Léon M'Ba venne formalizzato dal successore Omar Bongo Ondimba, che nel 1968 fece del Partito Democratico Gabonese l'unico ammesso nel Paese. Solo nel 1990 la crescente pressione popolare obbligò Bongo ad aprire al multipartitismo e, dopo una contestatissima rielezione nel 1993, a creare un governo di unità nazionale con le opposizioni per preparare una riforma costituzionale (1995). Bongo fu rieletto alla presidenza nel 1998. Il suo partito conquistò la maggioranza assoluta nelle legislative del 2001. Nelle successive elezioni legislative del 2002 il partito Democratico Gabonese ha conquistato una larga 3 maggioranza. Alle elezioni presidenziali del novembre 2005 Omar Bongo Ondimba è stato riconfermato con il 79,21% dei voti. Nel gennaio 2006 Ondimba ha nominato Jean Eyeghe Ndong Primo Ministro che ha costituito il nuovo governo. (Fonti: De Agostini 2007; Sapere.it; Jean Pierre Bodjoko -lz) Struttura ecclesiastica Conferenza episcopale del Gabon Presidente: Mons. Timothée Modibo-Nzockena, vescovo di Franceville Segretario: Don Simon Nkoulou Nunzio Apostolico: Mons. Andrés Carrascosa Coso, arciv. tit. di Elo La Chiesa è presente nel territorio con una Arcidiocesi metropolitana, quattro Diocesi e una Prefettura apostolica Arcidiocesi di Libreville (metr.) Mons. Basile Mvé Engone Suffraganee Diocesi di Franceville Mons. Timothée Modibo-Nzockena Diocesi di Mouila Mons. Dominique Bonnet Diocesi di Oyem Mons. Jean-Vincent Ondo Eyene Diocesi di Port-Gentil Mons. Mathieu Madega Prefettura apostolica di Makokou (dir. sogg. alla S. Sede) Mons. Joseph Koerber 4 LE DIOCESI Arcidiocesi di Libreville (metr.) Mons. Basile Mvé Engone Costituita nel 1842, prima come Prefettura apostolica e quindi come Vicariato apostolico delle “Due Guinee” (con territorio comprendente tutta l’Africa Occidentale tra la Prefettura Apostolica del Senegal e il fiume Orange, senza confini precisi verso l’interno) venne rinominata nel 1863 Vicariato del Gabon, dopo il dismembramento del suo territorio. Assunse il nome di Libreville l’8 luglio 1947, diventando Diocesi il 14 settembre 1955. L’11 dicembre 1958 fu elevata ad arcidiocesi e divisa per costituire prima la diocesi di Mouila e, successivamente, il 29 maggio 1969, quella di Oyem. L’arcidiocesi abbraccia attualmente le province civili dell’Estuaire e del Medio Ogooué. Il clero diocesano è aiutato dai Padri dello Spirito Santo (Spiritani), dai Claretiani, dai religiosi della Comunità di Cristo R, dai Trinitari, dai Salesiani, dai Premostratensi, dai Cappuccini e dai Calasanziani. Diocesi di Franceville Mons. Timothée Modibo-Nzockena È stata eretta il 5 ottobre 1974, con territorio dismembrato dalla diocesi di Mouila. Abbraccia le province civili dell’Alto Ogooué e dell’Ogooué-Lolo. Insieme al clero diocesano svolgono il loro ministero i Padri Spiritani e i Missionari Clarettiani, Giuseppini. Diocesi di Mouila Mons. Dominique Bonnet È stata eretta l’11 dicembre 1958 con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Libreville. Il 5 ottobre 1974 è stata successivamente divisa per costituire la diocesi di Franceville. Abbraccia le province civili di Ngouinié et di Nyanga. Il clero diocesano è aiutato dai Padri Spiritani e dai Salesiani e religiosi della Comunità di Cristo Re. Diocesi di Oyem Mons. Jean-Vincent Ondo Eyene 5 E’ stata eretta il 29 maggio 1969 con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Libreville. Abbraccia le province di Oyem (WoleuNtem) e di Makokou (Ogooué-Ivindo). Il clero diocesano è aiutato dai Padri Spiritani e dai Salesiani. Diocesi di Port-Gentil Mons. Mathieu Madega È la diocesi di più recente creazione: è stata eretta il 19 marzo 2003 con territorio dismebrato dall’arcidiocesi di Libreville. Port-Gentil è il capoluogo della provincia dell'Ogooué-Maritime, importante centro commerciale e portuale. I sacerdoti diocesani sono aiutati dai Salesiani e dai Spiritati. Prefettura apostolica di Makokou Mons. Joseph Koerber La Prefettura di Makokou è stata costituita il 7 marzo 2003, con territorio dismembrato dalla diocesi di Oyem. Il clero diocesano è aiutato dai Padri Spiritani e dai Salesiani. Cronologia della Chiesa in Gabon 1673 Primo tentativo di evangelizzazione ad opera di un Cappuccino. Settembre 1844 Arrivo a Libreville di padre Jean Rémy Bessieux della Congregazione dello Spirito Santo che celebra la prima messa in terra gabonese. I primi Padri del Sacro Cuore di Maria di Padre Libermann fondano la prima missione a Libreville. 1863 Erezione del Vicariato apostolico del Gabon. 1875 Fondazione di una seconda missione a Donguila. 1878 Inizia l'evangelizzazione dell'interno che si estende al Cameroun, alla Guinea Spagnola e Medio Congo. 1881 Fondazione della missione di Lambaréné. 1899 Prima ordinazione sacerdotale. 1913 Fondazione della missione di Mourindi 14 settembre 1955 istituzione della Sacra Gerarchia dipendente da Brazzaville (Congo). 1958 Il Gabon diventa Provincia ecclesiastica con sede metropolitana a Libreville 1958 Erezione della Diocesi di Mouila. 6 1961 Ordinazione del primo vescovo autoctono, mons. Ndong. 1968 Erezione della Diocesi di Oyem. 1968 Morte del primo sacerdote gabonese, mons. André RapodaWalker. 1974 Erezione della Diocesi di Franceville. 1982 Visita Pastorale di Giovanni Paolo II. 2003 Viene eretta la nuova diocesi di Port-Gentil e costituita la Prefettura Apostolica di Makokou. Intervista con Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di Libreville e già presidente della conferenza episcopale del Gabon (E’ a Roma per la visita ad limina con gli altri presuli del Suo Paese e lo abbiamo incontrato nella sede della RV) Eccellenza, può descriverci il contesto in cui opera la Chiesa cattolica in Gabon? La chiesa del Gabon è stata fondata dai padri dello Spirito Santo nel 1844 da p. Bessieux, che ha fondato la prima Chiesa e le prime strutture. Oggi il paese, indipendente dal 1960, si sforza di creare le condizioni di sviluppo di cui possa beneficiare la gran parte della popolazione. Sul piano sociale il contesto non e’ di lotta ma un contesto dove i responsabili politici si sforzano di ridistribuire le ricchezze a tutti. A dispetto di una situazione generale africana dove spesso si devono attendere aiuti esterni, dobbiamo far sì che lo sviluppo nasca da noi. Vuol dire, Eccellenza, che il contesto politico permette alla Chiesa di evangelizzare senza problemi? Essendo un contesto in cui ciascuno cerca di fare del suo meglio, la Chiesa è chiamata essa stessa ad andare sempre più avanti nell’annuncio della buona novella, nell’evangelizzazione, per essere più vcina alla popolazione, vicina a coloro ai quali annuncia la buona novella. 7 Tra Stato e Chiesa quindi i rapporti sono buoni? Certo. La chiesa si pronuncia. ha libertà di parola e d’espressione. Non è conculcata nei suoi diritti, può dire ciò che crede e lo dice. Sa se le cose vanno bene o se vanno male, a vantaggio dell’interesse comune. Mons. Mvé Engone, qual è la sfida principale della Chiesa? Per quanto posso vedere dalla mia diocesi, Libreville, la principale è quella della formazione. La formazione dei cristiani, dei preti, dei seminaristi, perché il messaggio evangelico possa essere inculturato e possa prendere nella società lo spazio che gli compete. Così le persone che ricevono l’annuncio potranno esserne trasformate negli stili di vita, nelle consuetudini familiari e diventiare, come dicono le Scritture, esseri nuovi nel loro spirito, nel loro contegno e soprattutto nelle loro azioni. Questa è la sfida della Chiesa, ancor più oggi che c’è una moltitudine di sétte che arrivano dall’estero, in special modo dal continente americano, dal sudamerica e dal nord, e invadono la nostre società dell’Africa subsahariana. Quindi la presenza delle sétte costituisce una sfida anche per la Chiesa del Gabon? Decisamente sì. E’ per questo che mettiamo l’accento sulla formazione e su un’evangelizzazione che tenga conto delle necessità della gente e che si prenda carico dei problemi. Per questo è necessario che si viva una grande comunione tra coloro che credono in Dio e bisogna che vi sia anche una grande condivisione dei beni, di ciò che siamo e di ciò che abbiamo perchè la chiesa diventi - come abbiamo proclamato in occasione del sinodo speciale per l’Africa - veramente una chiesa famiglia dei figli di Dio. In quale famiglia uno può vivere nella povertà più assoluta ed un altro ha tutto? E’ quindi necessaria la condivisione alll’interno della Chiesa. Ella ha parlato poc’anzi della formazione. E quella delle vocazioni, ad esempio alla vita religiosa e sacerdotale? Per quanto attiene alla vita religiosa e sacerdotale potrei dire, 8 prendendo ad esempio la mia diocesi, che le vocazioni sono in crescita. Ad esempio quest’anno ho avuto la gioia di presiedere l’ordinazione di cinque nuovi diaconi. L’anno prossimo quindi avremo cinque nuovi sacerdoti a servizio della diocesi. Nelle altre diocesi, come ad esempio a Port Gentil, ci saranno a breve delle ordinazioni diaconali, mentre a Oyem hanno già avuto luogo. Si assiste dunque ad uno sviluppo delle vocazioni. Parlando sempre della mia diocesi, abbiamo una ventina di seminaristi maggiori e nell'insieme in Gabon si arriva a circa 40-50 seminaristi maggiori. Certo a qualcuno potrebbero sembrare numeri modesti, ma per le esigenze della nostra chiesa, possiamo veramente ringraziare Dio per ciò che ci dona e progredire sulla strada intrapresa a livello vocazionale. E qual è il posto del laicato nella Chiesa del Gabon? I laici stanno prendendo un posto sempre maggiore nel contesto ecclesiale, noi stiamo lanciando delle associazioni perchè i laici sappiano che la loro presenza è fondamentale, perché la Chiesa cammina con le loro gambe nella società. Devono essere il volto della Chiesa nella società e devono tentare di far scoprire agli altri il volto della Chiesa. Vi sono ad esempio delle associazioni di donne cattoliche che stanno iniziando a Libreville e che si diffonderanno progressivamente all’insieme delle nostre diocesi. Un'altra associazione che stiamo per lanciare è rivolta ai quadri della Stato, affinché siano il volto della chiesa nella società civile. Vogliamo quindi che la Chiesa sia presente nella società attraverso i suoi fedeli, i suoi laici, e ci sforziamo di fare in modo che i laici possano in misura maggiore prendere delle responsabilità nella chiesa. Il nostro compito di pastori è quello di facilitare la loro presa di coscienza. I vescovi del Gabon vengono a Roma per incontrare il successore di Pietro, quali sono le vostre preoccupazioni particolari che portate? Sono numerose, abbiamo parlato adesso della formazione, perché i nostri giovani non siano dei mendicanti che vanno da tutte le parti per avere l’insegnamento cui aspirano. La gioventù infatti è in sé una grande sfida per la nostra Chiesa. Essa infatti sarà ciò che sono i giovani d’oggi nella chiesa. Se essi sono veramente impegnati 9 nella Chiesa siamo certi che la fiaccola sarà data a quelli che verranno dopo e che essa continuerà a sviluppare la nostra Chiesa, il suo insegnamento tra le popolazioni. Così la fede cristiana sarà una fede che vive e non solo una fede di testa, ma che certo è nella testa ma va al cuore e si esprime in ciò che viviamo e dunque una grande comunione. E’ certo questa una grande sfida per i paesi dell’Africa. Forgiare buoni cristiani significa lavorare per l’unità. Siamo divisi in numerose tribù, ma nella chiesa non ci sono più greci, giudei o pagani, non ci sono stranieri, siamo tutti membri di questa Chiesa (Gal. 3,28-29) ed è dunque una grande sfida per la Chiesa fare in modo che le tribù, le razze di ogni Paese e di ogni Chiesa non siano più individui che si combattono, ma di uomini che si tendono la mano e lavorano assieme per il vero sviluppo dei propri Paesi, per la vera unità. Perché senza unità non possiamo avanzare e quindi creare queste condizioni d’unità. Il Vangelo è lì a suggerirci come creare queste condizioni di unità per tendere la mano a chi ne ha bisogno, per incoraggiarlo, per progredire tutti insieme ogni volta che è necessario dire no ad idee senza costrutto e promuoverne invece una che ci permette di andare lontano. E vivere come un popolo, un gruppo umano unito attorno al Vangelo. Un’ultima parola, come pastore della Chiesa… Voglio ribadire che dobbiamo sempre tendere ad essere testimoni veri del vangelo. Una testimonianza che deve aprirci alla condivisione, all’accoglimento dell’altro, alla sua comprensione, a non rifiutarlo ma a considerarlo un fratello. Senza di lui io sono nulla agli occhi di Dio e lui anche. Dobbiamo accoglierci per manifestare quell’amore che Dio nutre nei confronti di ognuno e vuole che noi siamo accanto ai nostri fratelli i testimoni autentici. LA VITA DELLA CHIESA Dalle notizie della Radio Vaticana I 150 anni dell’evangelizzazione del Gabon LIBREVILLE, 8 nov ’94 - La Chiesa del Gabon celebra quest'anno il 150°mo anniversario dell'arrivo dei primi missionari nel Paese. Per l'occasione sono state organizzate diverse manifestazioni che 10 culmineranno tra il 15 e il 20 novembre con importanti cerimonie nella capitale, Libreville, tra cui l'ordinazione di tre nuovi sacerdoti. E' prevista la partecipazione di una cinquantina di personalità religiose provenienti dai paesi dell'africa occidentale, la cui evangelizzazione partì proprio dal Gabon. Tutte le parrocchie del Paese si sono mobilitate per questo importante avvenimento. Ai preparativi hanno partecipato molti giovani che hanno messo in scena una rappresentazione teatrale dello scrittore gabonese Vincent De Paul Nyonda dedicata alla figura padre Jean-Remy Bessieux, il sacerdote francese che nel settembre 1844 celebrò la prima Messa in terra gabonese. La maggioranza della popolazione in Gabon oggi è cristiana. Vescovi del Gabon su progetto di legge che modifica l'attuale regime matrimoniale civile LIBREVILLE, 26 giu 96 - Il Parlamento del Gabon è stato chiamato ad esaminare un progetto di legge che modifica l'attuale regime matrimoniale civile. nel progetto vene consentito allo sposo di ritirare la sua scelta di matrimonio monogamico senza chiedere l'assenso della prima moglie, com'era previsto dalla legge fin qui in vigore. I vescovi del Gabon hanno reagito dichiarando che tutto ciò che va contro la famiglia e contro l'istituzione del matrimonio deve essere considerato contro la società. I vescovi del Gabon chiedono la revisione di un progetto di riforma del Codice penale che prevede la pena di morte per chi compie sequestri o arresti arbitrari LIBREVILLE, 13 nov 01 - I vescovi del Gabon hanno chiesto la revisione di un progetto di riforma del codice penale che prevede la pena di morte per chi compie sequestri o arresti arbitrari contro persone che rivestono cariche pubbliche o si rende responsabile di torture fisiche. Il progetto è stato presentato dal Ministro della Giustizia ed ha aperto in queste settimane un vivace dibattito nel Paese. Critiche alle nuove disposizioni vengono mosse dai vescovi del Paese che giudicano inaccettabile, oltre che inutile, l'applicazione della pena di morte per questi reati. In una dichiarazione, il cui testo è stato reso noto ieri dall'agenzia cattolica africana Dia, essi hanno chiesto che venga modificato perché in Gabon si affermi un vero Stato di diritto. Il documento è firmato, tra gli altri, dall'arcivescovo di Libreville, Mons. Mve Basile Engome e dall'ausiliare dell'arcidiocesi, Mons. Matthieu Madega 11 Lebonakehan, rispettivamente Presidente e Segretario della Conferenza episcopale gabonese. Citando la Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo, i presuli ricordano che "Qualsiasi legislazione deve tenere conto dei diritti della persona". Secondo i vescovi lo Stato dispone di numerosi mezzi per reprimere efficacemente il crimine e fare in modo che un criminale venga messo in condizioni di non nuocere, senza precludergli la possibilità di pentirsi ed emendarsi. In questo senso, fanno notare i vescovi, la pena di morte non sarebbe una migliore garanzia per la società contro crimini odiosi quali il sequestro o le torture. Nel Gabon si consolida la presenza di “Radio Santa Maria” LIBREVILLE. – Nel Gabon, si è consolidata la presenza di Radio Santa Maria, emittente in FM attiva nella evangelizzazione. La dirige un religioso spiritano, padre Jean-Louis Rey, originario del cantone svizzero di Valais. Radio Santa Maria, spiega il religioso, “trasmette 24 ore su 24, fa molti programmi religiosi ed è collegata con Radio Notre Dame di Parigi”. L’emittente trasmette in modulazione di frequenza e copre le aree della capitale Libreville e di altre città importanti, come Port-Gentil e Lambaréné. Il trasmettitore ha la potenza di un kilowatt. Sono 18 le persone impiegate presso Radio Santa Maria. Su richiesta dell’arcivescovo, il salesiano mons. Basil Mvé Engone, le parrocchie di Libreville promuovono una questua mensile per sostenere la radio cattolica. Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di Libreville chiede una più incisiva lotta contro la corruzione LIBREVILLE, 15 gen 04 - Una più incisiva lotta contro la corruzione, l’arricchimento illecito, la distrazione di fondi pubblici. L’ha chiesta con forza Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di Libreville, in Gabon, per superare la povertà crescente nel paese. L’occasione è stata la recente cerimonia, nella capitale, per lo scambio di auguri per il nuovo anno dei rappresentanti delle istituzioni gabonesi con il Presidente Omar Bongo. Nel suo discorso, diffuso dall’emittente pan-africana “Africa Number One” e di cui riferisce l’agenzia cattolica congolese Dia, il presule ha sottolineato come solo un’adeguata “riduzione di questi flagelli” potrà permettere alla maggioranza dei cittadini gabonesi di vivere “decentemente”. In proposito, il presule ha suggerito, tra le altre cose, il rimpatrio dei capitali depositati presso le banche estere da diversi dignitari del regime. Nel suo intervento Mons. Engone ha, infine, deplorato la 12 mancanza di qualsiasi riferimento a Dio nella costituzione. Seccata è stata la replica del Presidente Bongo, che ha bollato le critiche come fuori luogo e “demagogiche”. Secondo il Capo dello Stato gabonese questa cerimonia tradizionale non può essere “trasformata in una tribuna per denunciare le manchevolezze e criticare l’operato degli uni e degli altri, proporre piattaforme e dare lezioni di morale e patriottismo”. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Pnud), il 20 per cento degli abitanti delle due principali città del Gabon, dove risiede il 70 per cento della popolazione, vive sotto la soglia di povertà, percentuale ancora maggiore nelle aree rurali. Questo, nonostante il Prodotto interno lordo risulti essere uno dei più alti dell’Africa sub-sahariana. Messaggio dei vescovi in vista delle elezioni presidenziali del 2005 LIBREVILLE, 22 nov. 05 - In vista delle prossime elezioni presidenziali in Gabon, il 25 e 27 novembre, l’episcopato locale ha pubblicato un messaggio in cui rivolge un pressante appello alla calma e per lo svolgimento pacifico dello scrutinio. Nel documento, il cui contenuto Þ stato diffuso dal quotidiano filo-governativo “L’Union”, i sei presuli del Paese africano chiedono in particolare alla classe politica gabonese di fare il possibile per garantire la massima trasparenza del processo elettorale, “fondamento affermano - della legittimità e della legalità di un regime democratico”. In questo senso, i leader politici vengono esortati a non soffermarsi su “questioni secondarie”e a pronunciarsi piuttosto su punti essenziali quali ôil rispetto della vita umana e i diritti fondamentali, poiché, sottolinea il messaggio, ôÞ meno importante vincere le elezioni che vincere insieme la lunga battaglia per lo sviluppo, la pace sociale, la concordia nazionale e la sicurezza delle persone e dei beni”. Rivolgendosi quindi agli elettori cristiani, i presuli gabonesi rilevano come essi non possano “assistere passivamente o partecipare attivamente alla menzogna, alla delazione, alla corruzione, alla violenza, alle uccisioni, ai sacrifici umani”. In conclusione, essi invitano tutti i compatrioti “a comportarsi da persone ragionevoli, giuste e religiose, a mettere in atto comportamenti semplici, autentici e coraggiosi che promuovano la giustizia, la verità, la fratellanza e la pace”. Governato da presidenti autocratici fin dalla sua indipendenza dalla Francia, il Gabon ha introdotto un sistema multipartitico e una 13 nuova costituzione all'inizio degli anni '90, che non ha comunque impedito all’attuale Presidente El Hadj Omar Bongo Ondimba, in carica dal 1967 e principale favorito anche a queste elezioni, di restare al potere, nonostante il crescente malcontento popolare. Da parte dei vescovi non sono mancate in passato critiche alla sua gestione e in particolare alla corruzione e ai fenomeni di arricchimento illecito diffusi nel suo entourage. Appello per la pace dei vescovi del Gabon LIBREVILLE, 20 gen 06 - Nel corso dell’Assemblea ordinaria, in corso da martedì a Libreville, i vescovi del Gabon hanno condannato gli atti di violenza nella capitale verificatisi a seguito della rielezione a capo dello stato di Omar Bongo Ondimba. I presuli hanno pubblicato un messaggio ufficiale, reso noto il 17 gennaio scorso, nel quale invitano la popolazione alla calma. “In questo momento di transizione, è opportuno mettere da parte il sentimento di odio e di vendetta” scrivono i presuli, aggiungendo che “Il dialogo - lo strumento principe per il superamento dei conflitti. Il ricorso alla violenza - sottolineano - non ha mai portato da nessuna parte”. Omar Bongo, al timone del Gabon dal 1967, con la recente vittoria ha conquistato il suo sesto mandato presidenziale. La Chiesa gabonese celebra uno speciale anno giubilare per il 25° della visita di Giovanni Paolo II LIBREVILLE, 16 gen 2007 - La Chiesa in Gabon ha indetto per il 2007 uno speciale anno giubilare per celebrare il 25° anniversario della visita di Giovanni Paolo II, avvenuta il 17 e 18 febbraio 1982. L’anniversario - spiegano gli organizzatori, con in prima linea l’arcivescovo di Libreville Basile Mvé Engone - sarà un’occasione per rilanciare l’esortazione del Papa alla Chiesa gabonese: “Alzati e cammina”. In programma figurano numerose iniziative e manifestazioni che ruoteranno attorno a sette temi principali. Le celebrazioni si concluderanno nel gennaio 2008. Evangelizzato 162 anni fa, il Gabon è oggi un Paese in maggioranza cattolico, con un’ancora forte presenza culti tribali. La figura di Giovanni Paolo II è particolarmente cara ai gabonesi, come conferma il fatto che alla sua morte il governo proclamò cinque giorni di lutto nazionale. 14 I vent'anni del Seminario Maggiore di Libreville LIBREVILLE, 22mar07 - Nel Gabon il Seminario Maggiore di Libreville ha festeggiato i 20 anni di vita. Venne, infatti, eretto nel 1985. Tre anni prima, nel corso della visita pastorale in Gabon, Giovanni Paolo II esortò la Chiesa locale “ad alzarsi e a mettersi in marcia”. Lo ha ricordato, nella cerimonia commemorativa, il rettore del seminario, don Emmanuel Meaudre, che non ha mancato di ricordare pure il padre Daniel Brottier, sacerdote francese della Congregazione dello Spirito Santo e del Cuore Immacolato di Maria, a cui è intitolato lo stesso Seminario Maggiore di Libreville. Il religioso (1876-1936), missionario nell’Africa francofona, è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 25 novembre del 1984. Visita pastorale in Gabon del cardinale Dias MOUILA, 5 giu 07 - È continuata, domenica scorsa, la visita pastorale in Gabon del cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. A Mouila il cardinale Dias ha presieduto la celebrazione eucaristica per la consacrazione della nuova Cattedrale dedicata a San Giovanni Apostolo. Nel corso della sua omelia, il porporato ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, e in particolare il Presidente della Repubblica El Hadj Omar Bongo Odimba. “Con la consacrazione di questa cattedrale, edificio costruito da mani umane, - ha detto il cardinale Dias pensiamo alla Chiesa costituta da "pietre viventi" che sono i cristiani uniti a Cristo nel Battesimo. L'assemblea del popolo di Dio nel tempio di Gerusalemme prefigura la Chiesa. Questa Assemblea di Dio, siete voi fedeli di Mouila". Sabato scorso, il porporato era a Libreville per la celebrazione centrale dell'Anno giubilare per i 25 anni della visita pastorale in Gabon di Giovanni Paolo II. All'omelia della Santa Messa il cardinale Dias ha ripercorso alcuni tratti della figura e dell'opera di Giovanni Paolo II con i suoi richiami alla santità ed a scelte autenticamente cristiane. 15 LE VISITE AD LIMINA 15 febbraio 1993 Sono vicino alle popolazioni africane Al ritorno dal mio decimo viaggio nel vostro continente, è con gioia che vi ricevo a Roma e che ritrovo in vostra compagnia l’atmosfera dell’Africa. Siate i benvenuti in questa casa in cui vi riceve un Pastore che desidera essere vicino alle affascinanti popolazioni africane, vicino a voi e alle vostre comunità ecclesiali e che porta nel cuore e nella preghiera la sollecitudine di tutte le Chiese particolari, fra cui quelle del Gabon che siete venuti ad affidare all’intercessione dei Santi Apostoli, in occasione della tradizionale visita “ad limina”! (…) La missione di Cristo affidata a Pietro Presto celebreremo la Cattedra di San Pietro, una festa che si radica nel culto reso dai cristiani ai loro padri nella fede, presso il sepolcro di Pietro in Vaticano e quello di Paolo sulla via per Ostia. Questa solennità ci ricorda la missione che Cristo ha affidato a Pietro di confermare la fede dei suoi fratelli, di fare l’unità dei cristiani, di presiedere alla carità e di portare tutti i battezzati a condividere lo stesso pane e a bere dallo stesso calice. La missione originaria di Pietro è rimasta nel corso dei secoli quella dei suoi successori sul Seggio Episcopale di Roma: il Papa, Successore di Pietro, è per il popolo cristiano il principio e il fondamento visibile della sua unità in una stessa fede e in una stessa comunione. Mi auguro che questo pellegrinaggio romano, compiuto sulle orme dei vostri Fratelli membri del Collegio Episcopale, vi porti luce e forza, pace e conforto, cosicché ritorniate in Gabon colmi di nuova sollecitudine per il vostro ministero quotidiano. (…) La Chiesa esiste per evangelizzare Alle soglie del terzo millennio, dinanzi a drammi e speranze, le Diocesi dell’Africa uniscono le loro ricerche e sommano i loro sforzi per far sì che il Vangelo sia accolto sempre meglio e vissuto più profondamente in tutti i luoghi e in tutti gli ambienti. Questo è, infatti, lo scopo della prossima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi: “La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice in vista del Duemila”. L’Evangelizzazione vuole offrire “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la 16 comunione dello Spirito Santo” (2 Cor 13, 13) a tutta l’umanità. Cristo è stato il primo evangelizzatore e la Chiesa continua la sua missione. L’evangelizzazione è quindi “la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione” (Evangelii nuntiandi, 14). (…) La Chiesa è una famiglia viva (...) formata da Vescovi, da sacerdoti, da religiosi, da religiose e da fedeli laici: ciascuno dei membri di questa famiglia, in ragione del proprio battesimo, è responsabile dell'annuncio del Vangelo. Certo, il ruolo principale spetta ai Vescovi, assistiti dai loro collaboratori immediati nel sacerdozio, i sacerdoti e i diaconi. I religiosi e le religiose si collocano nel dinamismo stesso dell'evangelizzazione incarnando il radicalismo delle Beatitudini. Tuttavia, il laicato deve essere incoraggiato ad assumere la propria responsabilità nella missione evangelizzatrice della Chiesa, e vi esorto, cari Fratelli, a proseguire i vostri sforzi per formare dei laici in Gabon capaci di testimoniare autenticamente la loro fede. Offrite loro i mezzi per acquisire un'autentica cultura religiosa attraverso l'insegnamento della Bibbia, la vita spirituale e la dottrina sociale della Chiesa. In particolare, esorto i fedeli laici a educare cristianamente i loro figli: infatti, l'infanzia e la gioventù sono per l'avvenire della Chiesa di notevole importanza. "I bambini ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio" (Christifideles laici, 47). Sulla scia di altri Paesi africani, le scuole cattoliche del Gabon hanno contribuito a formare la classe dirigente del vostro Paese. Possano continuare a offrire un'educazione per la vita, una formazione della coscienza cristiana, e a proporre efficacemente i valori umani e spirituali in armonia con la fede! (...) Il compito missionario e i catechisti "Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i catechisti... (essi sono) operatori specializzati, testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane" (Redemptoris missio, 73). Essi costituiscono un importante aiuto per l'espansione della fede. Essi sono al centro della storia della Chiesa in Africa e del suo successo 17 missionario. Possano ricevere sempre un'accurata istruzione dottrinale e pedagogica, e al tempo stesso ricevano mezzi adeguati allo sviluppo della loro vita spirituale! Preparateli in particolare al sostegno del "Catechismo della Chiesa Cattolica", a divenire attivi animatori di comunità, che compiano con maestria la loro indispensabile funzione di insegnanti e di testimoni del Vangelo, guidati dai Pastori. (...) Tanti sacerdoti secondo il cuore di Cristo La questione delle vocazioni nel clero secolare e nel clero religioso resta per voi, lo so, di grande importanza. Come ho fatto notare ai Vescovi del Benin che ho incontrato recentemente, “la Chiesa si augura di avere sacerdoti in gran numero, ma non a qualsiasi costo, perché soltanto sacerdoti secondo il cuore di Cristo possono rispondere alle immense necessità della messe” (Discorso ai membri della Conferenza Episcopale del Benin, n. 3). Continuate a rivolgere tutta la vostra attenzione al risveglio delle vocazioni e alla formazione dei candidati al sacerdozio. Grazie a gruppi di educatori qualificati, offrite loro solide basi dottrinali, spirituali e disciplinari. Dai seminari sia offerto ai futuri sacerdoti uno spirito di collaborazione sincero fra i membri del clero diocesano e religioso! Siano anche impartiti loro l’apprezzamento per la vita consacrata e il desiderio di promuoverla secondo il carisma proprio di ciascun istituto, poiché la presenza attiva delle religiose nei settori parrocchiali, educativi e ospedalieri è particolarmente preziosa per la diffusione della Buona Novella! Infine, secondo lo spirito dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, cercate di radicare la convinzione che “tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni” (n. 41). Infatti, il problema delle vocazioni sacerdotali non deve essere delegato ad alcuni specialisti sui quali ci si appoggerebbe. È un problema vitale che ogni cristiano che ama veramente la Chiesa deve portare nel proprio cuore. Cari Fratelli volevo soprattutto mostrarvi l’interesse che nutro per le vostre maggiori preoccupazioni, confermarvi nella vostra missione di Pastori, ridarvi speranza e fiducia: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?” (1 Gv 5, 5). In segno di incoraggiamento, vi imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica che estendo a tutti i vostri collaboratori e alle vostre comunità diocesane. 18 5 giugno 2001 Approfondire i vincoli della comunione Sono lieto di accogliervi, Vescovi della Chiesa cattolica nel Gabon, mentre realizzate la vostra visita ad Limina. All'indomani della celebrazione della festa della Pentecoste, auspico che lo Spirito Santo vi colmi dei suoi doni affinché siate sempre più fedeli nell'esercitare il ministero che avete ricevuto dal Signore. Che i vostri incontri con il Successore di Pietro e con i Dicasteri della Curia romana siano per voi intensi momenti di comunione ecclesiale e di conforto apostolico! (...) Dalla sua ultima visita ad Limina, l'Episcopato del Gabon è stato ampiamente rinnovato. Vi incoraggio vivamente ad approfondire sempre più fra di voi i vincoli di comunione che vi uniscono al fine di svolgere il vostro incarico in modo fecondo e di sviluppare fra le vostre diocesi un'autentica armonia pastorale. Trasmettete ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi il mio saluto affettuoso e assicurateli della mia vicinanza spirituale. Attraverso di voi saluto tutto il popolo del Gabon, chiedendo a Dio di concedergli di vivere nella pace e di assisterlo nei suoi sforzi volti a costruire una società solidale dove ognuno possa trovare il suo pieno sviluppo. (...) E’ necessario un nuovo slancio evangelizzatore L'anno giubilare che si è appena concluso è stato per tutta la Chiesa l'occasione di un rinnovamento spirituale e missionario. È dunque ora necessario che in ogni Paese venga conferito un nuovo slancio all'evangelizzazione. Pertanto, come ho avuto l'opportunità di scrivere nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità" (n. 30), poiché se il nostro Battesimo ci fa veramente entrare nella santità di Dio, "sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale" (n. 31). Per essere testimoni credibili del Vangelo che annunciano fra i loro fratelli, i cristiani devono volgere risolutamente il proprio sguardo a Cristo Signore e Salvatore di tutta l'umanità. Vi esorto dunque a procedere con entusiasmo lungo le difficili vie della missione. Certo, conosco i limiti dei vostri mezzi umani e materiali. Tuttavia, il Signore ci ha assicurato della sua presenza in mezzo a noi. Non abbiate paura di lasciarvi pervadere dallo slancio missionario che animava l'Apostolo 19 Paolo, andando incontro agli uomini e alle donne che non hanno ancora ricevuto la Buona Novella. In effetti, tutti hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo. (…) Chiesa, società ed stato D'altro canto, da alcuni anni nel vostro Paese l'attività della Chiesa, che vuole essere al servizio di tutti gli abitanti del Gabon senza distinzioni, si può sviluppare in un quadro giuridico nuovo. Sono lieto dell'accordo concluso fra la Santa Sede e la Repubblica del Gabon per lavorare alla promozione del bene comune, garanzia del benessere spirituale e materiale delle persone. È auspicabile che, nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia delle due parti, questo spirito di collaborazione si sviluppi maggiormente, in particolare per permettere alle scuole cattoliche di contribuire con sempre maggiore efficacia all'educazione umana e spirituale della gioventù del vostro Paese. (…) La formazione dei laici, priorità ed esigenza La formazione degli agenti dell'evangelizzazione è molto importante per assicurare il futuro della Chiesa nel continente africano. L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha posto l'accento sulla necessità di formare i laici affinché possano assumere il loro ruolo insostituibile nella Chiesa e nella società. Desidero pertanto salutare in modo particolare i catechisti delle vostre diocesi, il cui ruolo resta determinante per lo sviluppo delle comunità cristiane. Vi incoraggio vivamente a offrire a questi preziosi collaboratori della missione un sostegno materiale, morale e spirituale attento, e a far sì che beneficino di una salda formazione dottrinale iniziale e permanente. I fedeli del vostro Paese devono essere parimenti capaci di assumersi le proprie responsabilità civili e di "esercitare sul tessuto sociale un influsso volto a trasformare non soltanto le mentalità, ma le stesse strutture della società in modo che vi si rispecchino meglio i disegni di Dio sulla famiglia umana (Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, n. 54). È dunque opportuno aiutare i laici a condurre una vita in armonia con la loro fede, affinché le loro attività e le loro responsabilità siano una testimonianza sempre più autentica resa al Vangelo in tutti i settori della vita sociale. (…) 20 La famiglia cristiana e la sua missione D'altro canto, è indispensabile che le famiglie cristiane prendano vivamente coscienza della loro missione nella Chiesa e nella società. Una pastorale familiare adattata ai grandi problemi che si pongono oggi, soprattutto per ciò che concerne il rispetto della vita umana, contribuirà a promuovere la testimonianza di fede dei coniugi attraverso una esistenza vissuta in conformità con la legge divina sotto tutti gli aspetti, come pure mediante un impegno a dare ai propri figli una formazione autenticamente cristiana. Che, offrendo loro il suo aiuto disinteressato, la Chiesa si dimostri vicina alle famiglie che si trovano in situazioni difficili, sapendo di essere sempre per esse il volto di verità, di bontà e di comprensione del Signore! Ai giovani delle vostre diocesi auguro di trovare nel loro incontro con Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore. Nelle difficoltà che vivono, che non perdano mai la fiducia nel futuro, ma che accettino di lavorare coraggiosamente con i propri fratelli per l'avvento di un mondo nuovo fondato sulla fraternità e sulla giustizia. (...) I sacerdoti e la loro chiamata alla santità Nel riunire la famiglia di Dio in una fraternità animata dalla carità e condurla al Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo (cfr Decreto Presbyterorum ordinis, n. 6), i sacerdoti sono i collaboratori necessari e insostituibili che dovete considerare come fratelli e amici, preoccupandovi della loro situazione materiale e spirituale ed esortandoli a una collaborazione fraterna con voi e fra di loro. Saluto di cuore tutti i vostri sacerdoti e li esorto a perseverare generosamente, malgrado gli ostacoli, negli impegni che hanno preso il giorno della loro ordinazione. Che si ricordino sempre che hanno ricevuto una chiamata specifica alla santità e sono tenuti a tendere alla perfezione in tutti gli ambiti della loro esistenza, soprattutto attraverso una vita morale retta, poiché tutta la loro persona, consapevole, libera e responsabile, è profondamente impegnata nell'esercizio del proprio ministero! Deve pertanto esistere uno stretto vincolo fra l'esercizio del ministero e una vita spirituale intensa. È dunque fondamentale che ogni sacerdote "rinnovi continuamente e approfondisca sempre più la coscienza di essere ministro di Gesù Cristo in forza della consacrazione sacramentale e della configurazione a lui, Capo e Pastore della Chiesa (Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, n. 25). Solo 21 un'intimità abituale con Cristo, manifestata in particolare nella preghiera e nella ricezione dei sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, darà loro la forza e il coraggio di sostenere le prove, e di accettare di ritornare fedelmente al Signore dopo la caduta. Esorto anche il presbiterio di ognuna delle vostre diocesi, sacerdoti autoctoni e missionari originari di altri Paesi, a manifestare la sua unità e la sua profonda comunione attorno al Vescovo, con la convinzione di essere al servizio di un'unica missione che gli è stata affidata dalla Chiesa in nome di Cristo. (…) Attenzione prioritaria per la pastorale delle vocazioni La pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose esige la più grande attenzione affinché la Chiesa locale prosegua la sua edificazione e la sua crescita. L'esempio di vita irreprensibile dei sacerdoti e delle persone consacrate è per i giovani uno sprone vigoroso per aiutarli a rispondere con generosità all'appello del Signore. Nella promozione delle vocazioni, come pure nel loro discernimento e nel loro accompagnamento, la prima responsabilità è quella del Vescovo, responsabilità che deve assumersi personalmente, assicurando la collaborazione indispensabile del suo presbiterio e ricordando alle famiglie cristiane, ai catechisti e all'insieme dei fedeli, la loro responsabilità particolare in questo ambito. (…) La formazione spirituale permanente La costituzione di gruppi di formatori e di direttori spirituali per il seminario maggiore deve essere una priorità per i Vescovi. Vi esorto dunque a unire le vostre forze e a cercare collaborazioni, affinché il seminario maggiore nazionale possa accogliere i giovani delle vostre diocesi che hanno ricevuto la chiamata del Signore al sacerdozio e offrire loro una formazione salda che li preparerà a svolgere il ministero presbiterale con le qualità richieste di rappresentanti di Cristo, di veri servitori e animatori delle comunità cristiane. È indispensabile che questa formazione umana, intellettuale, pastorale e spirituale permetta loro anche di mettere alla prova e di sviluppare la propria maturità affettiva e di acquisire forti convinzioni sull'indissociabilità del celibato e della castità del sacerdote (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). (…) 22 Gli Istituti missionari Desidero testimoniare la riconoscenza della Chiesa per l'opera degli istituti missionari nella vita ecclesiale del Gabon. Mediante il loro lavoro apostolico disinteressato e a volte eroico, i loro membri, ma anche laici cristiani, hanno trasmesso la fiaccola della fede al vostro popolo e hanno permesso alla Chiesa di radicarsi e di crescere nel vostro Paese. Oggi, originari del Gabon o provenienti da altri Paesi, in spirito di comunione e di collaborazione con voi e con il clero diocesano, i religiosi svolgono un ruolo importante nella vita pastorale delle vostre diocesi; le religiose, mediante le loro attività parrocchiali, educative od ospedaliere, svolgono un generoso lavoro al servizio della popolazione, senza distinzione di origine o di religione, attirandosi così la stima di tutti. Auspico vivamente che la vita consacrata si sviluppi nelle vostre diocesi al fine di contribuire all'edificazione della Chiesa locale nella carità secondo il carisma proprio di ogni istituto. Accoglietela come un dono di Dio "prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione" (Esortazione Apostolica Vita consecrata, n. 3)! Con il vostro sostegno, incoraggiate i diversi istituti a offrire a tutti i loro membri una salda formazione, che permetterà loro di rispondere alle esigenze spirituali e umane della propria vocazione. (…) L’unità fra i cristiani Fra le urgenze che si pongono alla Chiesa cattolica all'inizio del nuovo millennio, vi è la ricerca dell'unità fra i cristiani. Certo, un lungo cammino resta da percorrere. Non dobbiamo perderci d'animo ma sviluppare con fiducia rapporti sempre più sereni e più fraterni con i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Parimenti, l'incontro con i credenti dell'Islam e della Religione tradizionale africana, in uno spirito di apertura e di dialogo, è molto importante. Vi incoraggio dunque a mantenere vincoli cordiali con le comunità religiose che costituiscono la società, al fine di assicurare a tutti gli abitanti del Gabon le condizioni di un'esistenza armoniosa nel rispetto reciproco. Tuttavia, come ho già scritto nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "il dialogo non può essere fondato sull'indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi" (n. 56). (…) Vi affido a Maria, Regina dell’Africa 23 Cari Fratelli nell'Episcopato, è con questi sentimenti che al termine del nostro incontro vi invito a proseguire con coraggio e con audacia l'annuncio gioioso del dono che il Signore offre a tutti gli uomini. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito" (Gv 3, 16). Il compito prioritario della missione è quello di annunciare a tutti che è in Cristo che gli uomini trovano la salvezza. Forte della sua presenza operante, la Chiesa non può sottrarsi all'urgenza del comandamento missionario che la invia a tutte le nazioni e a tutti i popoli. Che l'esperienza dell'anno giubilare che abbiamo appena celebrato vi dia un entusiasmo rinnovato per andare avanti con speranza! Affido all'intercessione materna della Vergine Maria, Regina dell'Africa, l'insieme delle vostre diocesi e vi imparto di tutto cuore un'affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli laici nel Gabon. GIOVANNI PAOLO II E IL GABON Giovanni Paolo II ha visitato il Gabon una sola volta dal 17 al 19 febbraio 1982 (10° Viaggio internazionale in Benin, Gabon Guinea Equatoriale) DISCORSO ALL'ARRIVO NEL GABON Libreville, 17 febbraio 1982 Apro le mie braccia e il mio cuore a tutti L’Africa è un continente così vasto che dovrei viaggiarvi senza sosta per poterlo visitare tutto! Ogni Paese ha la sua storia, molto antica e recentissima, umana e religiosa, che merita di essere meglio conosciuta, rispettata, amata. Sono felice di poter ripetere qui che la mia prima visita pastorale in Africa, nel 1980, mi ha insegnato molto e ha lasciato in me ricordi indimenticabili. Sono profondamente riconoscente alle popolazioni che mi hanno riservato un’accoglienza così calorosa. Ma ora sono nel Gabon! La vostra attesa e la mia hanno avuto risposta. Noi vogliamo ringraziare sin da ora la Divina Provvidenza per aver predisposto le cose, al tempo da essa stabilito, perché questo storico incontro sia possibile e fruttuoso. Sono molto commosso di aprire oggi le mie braccia e il 24 mio cuore a tutti ed a ciascuno di voi, come un fratello ai suoi fratelli, come un amico ai suoi amici, come un Padre a coloro che sono figli della Chiesa cattolica. Mi rivolgo innanzi tutto a lei, signor Presidente, e la ringrazio molto cordialmente per aver fatto tutto ciò che era in suo potere per rendere possibile questo mio soggiorno di carattere eminentemente pastorale. (…) La memoria dei vostri antenati Saluto tutte le delegazioni delle comunità cristiane. La loro accoglienza entusiasta e confortante richiama alla mia mente le folle che riempiono ogni giorno la sala delle udienze o la piazza di san Pietro a Roma, e le grandi assemblee dei miei viaggi apostolici precedenti tra voi in Africa, o nell’America Settentrionale e Meridionale, in Europa e in Estremo Oriente. La Chiesa di Cristo è realmente viva e animata sempre più da un soffio potente di comunione fraterna la cui espressione è favorita dai mezzi moderni di comunicazione. Ed è proprio a tutti quei gabonesi trattenuti dai loro impegni nelle città e nelle campagne, che mi ascoltano attraverso la radio o che mi vedono sui loro schermi televisivi, che rivolgo il mio gioioso saluto. Mi preme anche rievocare la memoria dei vostri antenati, di tutte quelle generazioni che hanno forgiato la storia del vostro popolo. Come già avete saputo fare così splendidamente per il centenario della sua morte nel 1973, voglio rendere un fervido omaggio alla persona e all’opera determinante di Monsignor Jean-Remy Bessieux. Fu lui a dare inizio – dopo il suo sbarco al Forte d’Aumale il 28 settembre 1844 – all’epopea missionaria e al decollo culturale del vostro Paese, primo dei paesi dell’Africa nera a ricevere il Vangelo. La vostra fedeltà alla memoria di Monsignor Bessieux sarà sempre una delle fonti della vostra unità. (…) Il Pastore deve conoscere le sue pecore e farsi conoscere da esse Senza prolungare troppo questo mio discorso, vorrei tuttavia sottolineare lo spirito con il quale sono venuto a voi. Vengo unicamente come Pastore la cui missione, alla sequela dell’apostolo Pietro e di tutti i suoi successori, è di curare l’unità di tutte le Chiese nella fede e nella carità. Il Pastore deve conoscere le sue pecore e farsi conoscere da esse. Gesù è stato assolutamente esplicito su questo dovere (cf. Gv 10,11-17). Bisogna che io condivida con i vostri Vescovi la conoscenza concreta delle realtà 25 che costituiscono la vostra vita di gabonesi, che condizionano senza alcun dubbio la vostra accoglienza e la vostra pratica del Vangelo, e quindi la pastorale adatta che i vostri Vescovi si sforzano di attuare. (…) Sono venuto a ricevere e a dare Non sono venuto soltanto per conoscere e ricevere, ma anche per portarvi qualche cosa. Vorrei che la mia umile presenza, a conferma del ministero dei vostri Pastori, fosse vista come un nuovo segno che Dio vi ama, e che vi propone sempre di fare alleanza con lui per la liberazione del vostro cuore e del vostro spirito. Questa liberazione resta la condizione imprescindibile perché vi liberiate sempre più dalla pesantezza del materialismo contemporaneo e da altre miserie sociali. Vorrei anche farvi apprezzare meglio la felicità e la sicurezza che la vostra fedeltà rappresenta al centro del cattolicesimo. Vorrei anche farvi sentire che occupate un posto di pieno diritto nel vasto concerto delle Chiese locali, e che la qualità della vostra vita ecclesiale si ripercuote certamente sulle Chiese sorelle. Insomma, durante i giorni del nostro incontro la verità dei nostri scambi favorirà la crescita spirituale delle persone e delle comunità e permetterà di approfondire la comunione tra voi e me, tra la Chiesa nel Gabon e le Chiese del mondo intero, grazie a questa presenza simbolica ed efficace del successore di Pietro tra i vostri Vescovi che sono suoi fratelli, successori degli Apostoli. Esprimo l’augurio e chiedo a Dio che viviamo tutti i nostri incontri in questo spirito. Affido inoltre la buona volontà di ognuno e il mio ministero tra di voi alla protezione della Vergine Maria, particolarmente venerata nella più antica Chiesa di Libreville costruita dalla pietà e dalla sollecitudine dell’indimenticabile Monsignor Bessieux. Che Dio benedica il Gabon! DISCORSO AL PRESIDENTE DEL GABON Libreville, 17 febbraio 1982 Lo sforzo dello sviluppo Il Gabon fa spicco per gli sforzi e per l’impegno che gli hanno consentito, basandosi sulle sue vaste risorse naturali e sotto il suo impulso, di imboccare senza ritardi la via dello sviluppo economico. Non si può che restarne ammirati; si tratta infatti di una premessa fondamentale per la sua sussistenza, il suo progresso e il suo 26 avvenire. Formulo i migliori voti per la prosperità del suo paese. Questo sforzo, che viene seguito e stimolato in particolar modo dal Governo e dai responsabili della vita del paese, è tutto sommato quello di tutti i gabonesi; infatti il difficile compito dello sviluppo affinché sia completo, perché investa ciascuno e rechi beneficio a tutta la comunità degli uomini, riguarda in definitiva ciascun cittadino. (…) Il progresso fondato anche sui valori Un progresso come questo è fondato in realtà non solo sulla ricchezza e sul lavoro, ma anche sugli altri valori come quelli della giustizia sociale, della libertà, del sentimento del bene comune, dell’onestà; della solidarietà con i più deboli ed indigenti. Un decollo economico che non si fondasse su tali virtù metterebbe a repentaglio la sua finalità, che è la promozione di una società fraterna capace d’integrare armoniosamente le giovani generazioni, le differenti etnie del paese, e di accogliere gli stranieri. Tutto ciò è condizionato dal grado di responsabilità che ciascuno è disposto ad assumersi nella società. La Chiesa stessa vi svolge un suo ruolo per ricordarne la necessità e contribuirvi in modo concreto. Infatti il disegno di Dio è che l’uomo cresca e si sviluppi giorno per giorno attraverso un lavoro pienamente dominato ed il suo senso etnico, nel contesto dei suoi rapporti familiari e sociali. Allora l’adorazione che dedica al Creatore secondo la sua coscienza, insieme alla comunità, esprimerà l’obbedienza che gli deve. So bene che, presso di voi, gli esempi di questa crescita, e di questa effusione dell’africano, non mancano. Occorre seguire instancabilmente la via tracciata. E io sono venuto ad incoraggiarvi in questo! (…) Una delle caratteristiche della nazione è la sua cultura (...) Essa porta all'uomo, tra le altre cose, una maniera di vivere, una maniera di sentire insieme. Si è felici di trovarsi o ritrovarsi nel proprio paese, perché è qui che si sente di appartenere ad una grande famiglia. La cultura di un popolo è costituita da ciò che esso ha di originale, che lo differenzia dai suoi vicini senza tuttavia separarlo da essi, che lo chiama a portare agli altri il suo proprio contributo. La cultura africana – e quella del Gabon ne è una delle espressioni singolari – è un bene prezioso. Deve sapere includere le tradizioni ancestrali, in ciò che hanno di meglio, e non aver paura della novità perché sa di essere abbastanza forte per restare se stessa. Ma soprattutto essa sviluppa in ognuno dei figli della 27 nazione un sentimento di fierezza che provoca rispetto negli altri. Siate dunque fieri di essere gabonesi! (...) La Chiesa cattolica del Gabon Il vostro paese non ha forse saputo assumersi un ruolo di primo piano nel concerto delle nazioni in questi ultimi anni, particolarmente in Africa? Possa la vostra azione contribuire a portare qui la pace di cui ha tanto bisogno nonostante gli ostacoli di ordine sociale, etnico, economico, ideologico, affinché si stabilisca una cooperazione fruttuosa da popolo a popolo, rispettosa delle diverse sensibilità e centrata sui grandi obiettivi che devono restare quelli di uno sviluppo adatto a questi paesi! A tutto questo la Santa Sede volge la sua cura e il suo impegno, nel contesto della sua missione spirituale, favorendo il più possibile le cose che concernono la pace, l'intesa, il rispetto dei diritti dell'uomo, la crescita delle nazioni giovani. So bene, e mi è gradito testimoniarlo qui, che la Chiesa cattolica del Gabon gode di libertà e della considerazione delle pubbliche autorità. Ed è vero che ha dato un grande contributo – prendendo spesso essa stessa l'iniziativa – alle opere di istruzione ed educazione, di miglioramento delle condizioni sanitarie, di assistenza ai poveri, di formazione alle diverse attività civiche. È pronta a continuare questa partecipazione nella misura dei suoi mezzi, come va facendo da un secolo e mezzo. Come già Vostra Eccellenza ha cortesemente e opportunamente rilevato, essa ha recato un grande contributo alla maturazione del Gabon moderno. (...) DISCORSO AL CLERO, ALLE RELIGIOSE E AI CATECHISTI Libreville, 17 febbraio 1982 Carissimi figli e figlie della Chiesa nel Gabon Ogni popolo è legittimamente fiero di possedere sulla sua terra luoghi e monumenti che sono testimonianza dei grandi momenti della sua vita e che invitano le generazioni successive a creare un nesso tra passato e presente. Restando fedeli alla loro storia esse adempiono ad un dovere di giustizia e d’onestà, consolidano o ritrovano la loro unità, diventano capaci di portare avanti questa storia integrando sapientemente i valori del passato con le novità seducenti, ma talvolta ambigue, delle epoche successive. Questa 28 cattedrale di sainte-Marie de Libreville rappresenta appunto un momento saliente della vostra storia. È in questo luogo che il 29 settembre 1844 l’indimenticabile Padre Bessieux celebrava per la prima volta il Sacrificio di Cristo in terra gabonese. Questo sacro monumento resta come culla simbolica della vostra nazione. Mi compiaccio con voi per aver inciso sui muri interni, entrando a destra, una frase che è una testimonianza tanto commovente quanto veritiera: “Da qui la luce del Vangelo ha brillato sui Paesi africani”. (…) Da allora sono trascorsi 138 anni! (...) Più fortunato dei miei predecessori del secolo scorso Pio IX e Leone XIII, i quali incoraggiarono questo tentativo di evangelizzazione, ho la gioia immensa di contemplare in questa numerosa assemblea i risultati della paziente opera degli operai della prima ora e di tutti quelli che hanno dato loro il cambio. L'insegnamento che il Cristo dava in parabole sulla futura espansione del messaggio evangelico riguardava anche il vostro continente. Siete oggi circa 500.000 ad avere ascoltato la Buona Novella e ricevuto il battesimo cristiano. Siete oggi la parabola vivente del granello di senape diventato un grande albero (cf. Mt 13,31-33). In questo memorabile incontro sento l'urgenza di confermare tutte le persone che il Cristo ha misteriosamente chiamato ai compiti dell'evangelizzazione in terra gabonese. In uno spirito di riconoscenza e di fedeltà ai pionieri del secolo scorso, esse continuano la stessa opera conformemente ai metodi rinnovati dalla Chiesa nel nostro tempo. Per questo mi rivolgerò prima ai sacerdoti gabonesi ed ai Padri Spiritani, Salesiani, Claretiani e Fidei Donum che recano loro un così prezioso contributo. Mi rivolgerò successivamente ai religiosi e alle religiose – mi è stato detto che 18 Congregazioni sono attive nelle quattro diocesi del Paese – e naturalmente ai numerosi laici cristiani che sono catechisti o responsabili di movimenti di apostolato, o che hanno una grande responsabilità nelle loro comunità cristiane. (...) Identità e missione del sacerdote A voi, carissimi fratelli nel sacerdozio ministeriale, che vi preoccupate talvolta del vostro numero limitato e che soffrite talvolta degli interrogativi – anche in Africa – sulla identità e la missione del sacerdote, voglio confidare alcune cose che mi stanno profondamente a cuore. Prima di tutto: senza perdere 29 assolutamente di vista il problema estremamente serio dei nuovi sacerdoti che diano il cambio a quelli di oggi, argomento che riprenderemo dopo, non credete voi – e questo vale anche per molte altre parti del mondo – che i sacerdoti di Cristo siano chiamati più che mai ad una altissima qualità di vita sacerdotale? Vi sono momenti in cui la qualità deve necessariamente supplire alla quantità! D’altronde gli interrogativi che menzionavo precedentemente, indubbiamente eccessivi e scoraggianti, possono e devono darci anche la prova che il sacerdozio è un vero mistero nel senso cristiano della parola, ossia una realtà di cui conosciamo una sola faccia ma di cui l’altra ci sfugge perché viene da Dio e si ricongiunge a Dio. Nel linguaggio dei Padri della Chiesa, le parole mistero e sacramento erano spesso impiegate nella stessa accezione. (…) Diventare figli di dio nell’amore Fratelli carissimi – e dico questo anche per tutta l’assemblea – è chiesto a tutti noi di credere al sacerdozio come crediamo al Battesimo e all’Eucaristia. Ora, potremo noi mai esaurire per esempio il significato del Battesimo: diventare figli di Dio nell’amore, morire al peccato con Cristo per risuscitare in una nuova vita, diventare sempre più membri del Popolo di Dio, vivere le beatitudini nella speranza? Ricchezza e profondità del dono di Dio! E lo stesso vale per il sacerdozio. Rallegriamoci se pone interrogativi e se nessuna definizione ci soddisfa mai pienamente, perché la sua scoperta totale non è mai stata compiuta. In ogni caso tengo a sottolineare che la prima fedeltà richiesta ad un sacerdote – quale che sia il suo genere di vita e di apostolato – è di continuare a credere al suo mistero, perseverare nella fede in questo dono di Dio che ha ricevuto e che può certamente essere intaccato dall’inevitabile routine e dagli altri ostacoli. È proprio questo che l’apostolo Paolo ricordava con sollecitudine al suo discepolo Timoteo (2Tm 1,6). Se ancora non tanto tempo fa si sono potute scrivere pagine ispirate ad un alto lirismo sulla grandezza del sacerdote, oggi a forza di proclamare che il sacerdote deve essere un uomo come gli altri si corre il rischio di relativizzare il Sacramento che egli ha ricevuto e di velare il carattere indelebile di cui parla la teologia tradizionale, confermata dai Concili di Trento e Vaticano II. In una autentica prospettiva teologica, si è sacerdoti per tutta la vita o non si è sacerdoti, esattamente come si è battezzati o non si è battezzati. Solo gli atti del ministero sono 30 impegnati nella successione e nel tempo. Questa è sempre stata la fede della Chiesa cattolica e delle Chiese orientali. (…) "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Cor 9,16) È in base a tutto questo che voglio confermare nel vostro cuore la fedeltà alla vostra missione sacerdotale, che è fedeltà d’amore all’annuncio del Vangelo, al servizio dei sacramenti, al sostegno delle comunità cristiane in un attaccamento senza pecche alla Chiesa ed ai suoi responsabili. Il grido di san Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16), non mobiliterà mai abbastanza le energie fisiche, intellettuali e spirituali di un sacerdote. E nei vostri annali gabonesi siete a buon diritto orgogliosi di conservare la memoria del primo sacerdote nato dal vostro popolo, Monsignor Raponda-Walker. Sì, gli uomini si aspettano – consapevolmente o inconsapevolmente – che il sacerdote parli loro di Dio con molta convinzione ed umiltà. E le occasioni non mancano, dalla liturgia domenicale agli incontri di preparazione ai sacramenti e di animazione dei movimenti apostolici o caritativi, senza tralasciare le ore dedicate al dovere grave dell'insegnamento catechetico. Rinunciare alla proclamazione esplicita del Vangelo per dedicarsi ad attività socio-professionali significherebbe mutilare l'ideale apostolico e sacerdotale. Aggiungerò che il servizio dei sacramenti è sempre parte integrante del sacerdozio ministeriale, e che i cristiani che lo chiedono hanno bisogno di essere ascoltati, compresi, illuminati sul vero senso della loro vita. (...) Fedeltà d’amore ardente al mistero della Chiesa Un sacerdote non saprebbe rassegnarsi a diventare un funzionario autoritario e annoiato, dimentico del fatto che i sacramenti e tutti gli atti liturgici sono non soltanto segni efficaci della fede ma anche appelli a pregare meglio e ad amare meglio, per quelli che li conferiscono e per quelli che li ricevono. Tutte queste persone che cercano la luce e la forza di Dio costituiscono comunità umane e cristiane indubbiamente molto diverse ma che tutte hanno bisogno della fedeltà del sacerdote alla sua missione, ai suoi impegni. Può accadere certe volte che la fede nella chiamata di Cristo si oscuri e che le tentazioni di un’altra vita diventino più pressanti. Ma la presenza di giovani, di adulti, di anziani – tutte persone di cui il sacerdote conosce il bisogno di lui e la fiducia in lui – è un motivo indiscutibile tra tanti altri per restare fedele alla sua missione. 31 Terminerò le mie confidenze ai sacerdoti sottolineando che le fedeltà che enumeravo non potrebbero reggersi senza una fedeltà d’amore ardente al mistero della Chiesa, alla riscoperta continua delle sue dimensioni misteriose, divine e nello stesso tempo fraterne. Mistero della Chiesa, di cui la costituzione conciliare del Vaticano II è forse la gemma! Il fatto è che la missione del sacerdote – che si trovi sotterrato in pieno Sahara come lo fu Charles de Foucauld, o perso nella boscaglia africana come lo sono stati e lo sono ancora tanti missionari – è sempre una missione della Chiesa! Sacerdoti di Gesù Cristo, sacerdoti nel Gabon, il Papa vi ama con tutto il cuore, prega specialmente per voi, per la vostra fedeltà, per il vostro fervore. (…) Il servizio e il contributo della Congregazioni religiose Nel preparare il mio viaggio pastorale, ho potuto vedere che numerose Congregazioni religiose lavorano nel Gabon, e che quelle insediate da più tempo – le Congregazioni dello Spirito Santo, delle Suore dell’Immacolata Concezione di Castres, dei Fratelli di san Gabriele – hanno portato un singolare contributo all’edificazione della Chiesa nel Gabon e allo sviluppo umano del paese. A nome di voi tutti, devo ringraziare particolarmente la Congregazione locale delle Piccole Suore di santa Maria del Gabon per il loro coraggio, la loro semplicità e la loro vicinanza al popolo gabonese. Ma le mie felicitazioni e il mio ringraziamento vanno ai diciotto Istituti venuti al vostro servizio. Carissimi fratelli e sorelle, valorizzate ancora ciò che siete e ciò che fate! Siete cristiani in mezzo ad altri, voi che avete avuto la grazia di sentire la chiamata alla pratica radicale del Vangelo caratterizzata, ieri come oggi, dai voti di povertà, di castità e d’obbedienza. Pratica radicale che, di anno in anno, vi conduce ad uno stato di disponibilità tale al Signore ed agli uomini vostri fratelli, che questi ne restano quasi interdetti. Testimonianza personale e testimonianza comunitaria di distacco e di disponibilità devono armonizzarsi e rinforzarsi vicendevolmente. È di queste cose che hanno bisogno le società moderne, tentate di rinchiudersi in un materialismo pratico che assume spesso l’aspetto di una idolatria del potere, del denaro e del sesso. Se questa testimonianza vi sembra spesso difficile e limitata, ritornate, vi prego, allo spirito dei vostri Fondatori e delle vostre Fondatrici che bruciavano d’amore per Cristo e per la sua Chiesa. (...) 32 Le vocazioni sacerdotali e religiose E qui mi sento in dovere di appoggiare gli sforzi della Conferenza Episcopale al livello di pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose. So bene che per ora i risultati non sono affatto incoraggianti. Il recupero degli organici in molti Seminari e Noviziati africani deve tuttavia mantenervi nella serenità e nella speranza. Nelle relazioni che mi avete inviato nelle scorse settimane ho potuto vedere che vari movimenti o centri di giovani danno di nuovo segni che fanno bene sperare. Ho anche letto che molti giovani delusi dalla società consumistica sono alla ricerca dell'assoluto, o comunque di nuovi motivi per vivere. I diversi organismi di pastorale delle vocazioni sono certamente molto attenti a questo complesso fenomeno, che si osserva sempre più frequentemente nelle società dell'abbondanza. Per alcuni potrebbe essere la via per un impegno radicale alla sequela di Cristo. Mi sembra anche che le comunità di sacerdoti, di religiosi e di religiose, attraverso l'acquisizione di una vera trasparenza evangelica e una accoglienza disinteressata, una apertura ai giovani ed anche ai loro genitori, siano un elemento di questa pastorale. Alcune di queste comunità e di altre comunità cristiane organizzano con entusiasmo ritiri spirituali e corsi di collaborazione dei giovani che hanno un progetto di vocazione. Una reale convergenza di iniziative giudiziose, ben studiate, perseveranti come queste, permetteranno alla Chiesa nel Gabon di trovare nel suo seno buona parte degli operai apostolici di cui ha tanto bisogno. Vi prometto di continuare a portare questa intenzione nelle mie preghiere. (...) Il mio incoraggiamento ai laici cristiani Ed ora mi rivolgo ai laici cristiani che si assumono generosamente molte e svariate responsabilità nelle diocesi e parrocchie del Gabon. Mi rallegro con loro e li ringrazio con tutto il cuore, in nome di tutta la Chiesa, per l’opera evangelica che svolgono e che continueranno a svolgere. Molti Paesi europei sono lungi dall’avere organici così numerosi di laici impegnati, spesso spontaneamente e gratuitamente. Nel leggere le relazioni di preparazione alla mia visita ho potuto convincermene, ed osservare che i termini “catechista” e “responsabile” riguardavano funzioni di ogni genere riconosciute dai Vescovi e dagli altri cristiani: quelle cioè dell’insegnamento propriamente detto della fede, del catecumenato, dell’animazione dei gruppi di preghiera, dei movimenti di apostolato e altre associazioni, della corresponsabilità 33 delle parrocchie rurali e urbane, d’accordo con il sacerdote e nel pieno rispetto della sua particolare responsabilità e del suo ministero. Ho molta speranza che la mia visita pastorale susciti nuove reclute, specialmente tra i giovani che abitano in città. Vi incoraggio tutti, carissimi laici, a prendere il vostro posto nell’organizzazione e nell’animazione delle vostre comunità cristiane. Vi incoraggio altresì ad usufruire pienamente dei mezzi di formazione permanente che la Conferenza Episcopale ha istituito: ora una fine di settimana al mese, ora una sessione di dieci giorni ogni due mesi, ecc. Le vostre qualifiche dottrinali, pedagogiche e spirituali sono indispensabili per voi stessi, per la propagazione della vostra azione, e per consentirvi di formare altri catechisti e responsabili. È proprio in questi gruppi di giovani laici impegnati che devono normalmente germinare vocazioni. Infine una parola di fervido incoraggiamento ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose affinché appoggino l’azione dei laici e diano loro maggior fiducia; e d’incoraggiamento non meno fervido ai laici perché circondino di rispetto, di amicizia e di spirito di collaborazione i loro sacerdoti, le loro comunità di fratelli e di sorelle. (…) DISCORSO AI VESCOVI DEL GABON Libreville, 18 febbraio 1982 Il Gabon e l’evangelizzazione dell’Africa equatoriale Il Gabon meritava questa visita pastorale perché è veramente da qui che è partita l’evangelizzazione verso la maggior parte dei paesi dell’Africa equatoriale ed occidentale. Ho ancora il ricordo di quella carta che il vostro Presidente, Monsignor Felicien Makouaka, mi ha portato esattamente dodici giorni fa per illustrare questo progredire che non cessa di stupirci ed ammirarci. Ammirazione per lo zelo dei missionari, impazienti di portare la Buona Novella ai loro fratelli d’Africa; ammirazione per le vostre popolazioni che hanno creduto nel Vangelo e accettato il Battesimo. Siete realmente la primizia della messe evangelica in tutta questa regione. Ne sono orgoglioso insieme a voi. I traguardi e le sfide La Chiesa nel Gabon si distingue anche per il numero relativamente considerevole dei suoi membri rispetto al totale della popolazione, per la fitta rete delle sue scuole cristiane, delle sue associazioni 34 cattoliche, e per la libertà di cui gode. Ma avete chiaramente in mente i limiti di questi aspetti positivi e mi avete fatto conoscere con molta semplicità, nelle vostre relazioni scritte e verbalmente, le vostre preoccupazioni pastorali: la scarsità di sacerdoti e di religiose indigeni, la difficoltà della perseveranza nelle vocazioni, la mancanza di educatori profondamente cristiani, l’abbandono della pratica religiosa da parte di molti, le esitazioni davanti al matrimonio cristiano, la difficoltà di fare presa sul clima morale e sociale, il carattere ancora insufficientemente autoctono della Chiesa. Le cause sono molte e svariate. Temete sia una ripresa di determinate pratiche pagane, sia l’influenza nefasta di alcuni aspetti della mentalità europea che, lungi dall’essere un progresso, sono in realtà una degradazione della fede o dei costumi. In una situazione come questa è necessario che ci attacchiamo ai segni positivi, e ve ne sono tanti, come non cesso di sottolineare in tutti i miei discorsi. Senza voler minimizzare le esigenze evangeliche, bisogna conservare una viva speranza: la speranza che Dio può suscitare grandi cose nella sua Chiesa, in proporzione alla nostra fede e alla nostra fedeltà. Tornerò su questo argomento domani, nell’omelia della Messa. Consentitemi di trattare con voi quattro punti. (…) Il lavoro con i laici e il loro impegno Per quanto riguarda i laici, come potremmo non rallegrarci della vitalità di certi gruppi di preghiera, di movimenti cristiani molto diversi? Si osserva soprattutto, in un numero sempre maggiore di fedeli, il desiderio di assumersi – in sintonia con il sacerdote e senza voler sconfinare nel suo ruolo specifico – l’intera responsabilità nelle loro comunità cristiane per quanto riguarda la catechesi e l’animazione, ed il desiderio di meglio comprendere il nesso tra la loro fede ed i loro impegni professionali e sociali. Se questi laici sono esigenti nella loro riflessione cristiana o nelle iniziative che vogliono prendere, rallegriamocene. E provvediamo a procurare loro l’approfondimento spirituale e dottrinale di cui hanno bisogno. Aiutiamoli anche a scoprire il senso dei sacramenti e più particolarmente della partecipazione regolare ed attiva alla Messa domenicale: devono capire infatti che si crea qui la loro unione, l’unione di tutta la loro vita, con Gesù Cristo; che questa partecipazione è una esigenza di santità ma anche un mezzo, un rimedio alla loro debolezza. Impegniamoci affinché la liturgia sia degna e orante. (…) 35 La grande priorità: la famiglia Il secondo aspetto è quello della pastorale della famiglia. Anche questa richiede un grande discernimento e un fermo impegno. Avete analizzato bene la situazione complessa delle famiglie in vista del Sinodo romano. Nella prospettiva attuale molti casi resteranno senza dubbio difficili, e non è possibile minimizzare quanto riguarda il mistero cristiano del matrimonio e le sue esigenze per risolvere tali casi. Ma nessuna famiglia deve sentirsi esclusa dalla Chiesa o incapace di camminare con decisione verso la pienezza cristiana dell’amore coniugale, come ho avuto occasione di scrivere nell’esortazione Familiaris Consortio. Ciò che soprattutto importa è di far brillare l'ideale della famiglia cristiana, non soltanto nella sua teoria ma quale viene vissuto nei focolari che l'hanno accettato. Non farete mai abbastanza per la pastorale della famiglia: non è forse questo il luogo per eccellenza in cui affondano le loro radici le virtù cristiane – che la catechesi s'incaricherà di far sbocciare – ed anche le virtù del cittadino? (...) Affrettare la presa di responsabilità più completa da parte di un clero africano Ma ciò che giustamente vi sta più a cuore è il problema delle vocazioni sacerdotali e religiose. Si resta abbastanza sconcertati: come mai hanno portato così scarsi frutti gli sforzi di ogni genere intrapresi da tanti anni? (il Padre Bessieux se n’era preoccupato al suo arrivo, e un piccolo seminario fu inaugurato già nel 1856). Lo ripeto, si tratta di un problema veramente fondamentale, della prova della vitalità religiosa e della condizione di questa vitalità. So bene quanto state cercando la soluzione, anche se per ora sacerdoti “espatriati”, come li chiamate, vi aiutano a tal punto da garantire talvolta quasi la totalità del ministero, come avviene nella diocesi di Franceville. Sono d’altra parte lieto dell’intesa fraterna e fiduciosa che regna tra di voi. Ma è necessario affrettare la presa di responsabilità più completa da parte di un clero africano. La preparazione delle vocazioni consiste innanzitutto nel far apprezzare e desiderare il sacerdozio; vi contribuirà meglio di tutto la testimonianza di una vita sacerdotale zelante, che s’irradia, disponibile. Importa far conoscere l’urgenza, la bellezza del ministero apostolico, che risponde all’attesa profonda dei fedeli. Ciò che è essenziale è soprattutto di suscitare un grande amore per Cristo, uno spirito di preghiera, un clima di generosità, che faccia 36 accettare la rinuncia alla vita familiare e ad una situazione profana indubbiamente meglio retribuita, per il più alto servizio di Dio e dei fratelli. Del resto conviene forse associare ancora di più i vostri sacerdoti gabonesi alle responsabilità ecclesiali, affinché si abituino a sostituirsi a tutti i livelli. Possano essi convincersi infine che sarebbe malsano trasporre in Africa gli aspetti meno accettabili della rimessa in discussione del sacerdozio da cui sono afflitti alcuni settori della Chiesa in Europa ed altrove. Non sarebbe forse come introdurre un “corpo estraneo” nel vostro paese, alieno ai suoi problemi? (…) La responsabilità dei vescovi Per quanto riguarda le vostre responsabilità di Vescovi infine, fratelli carissimi, vi incoraggio ad unire i vostri sforzi in una collegialità sempre più profonda, più affettiva e più efficace. So bene che i problemi sono molti: dovete affrontare tanti problemi, e con mezzi così ridotti. Ma questo potrebbe essere un invito a gerarchizzare le vostre attività. Come voi chiedete senza dubbio ai vostri sacerdoti di liberarsi da determinati compiti per consacrarsi interamente all’evangelizzazione, così vi auguro di trovare i mezzi per liberarvi il più possibile da incombenze troppo esclusivamente amministrative che potrebbero essere assunte con voi da sacerdoti o da laici competenti, così da dedicarvi alle cose che sono fondamentali per il Vescovo: la predicazione, le visite pastorali, il sostegno cordiale, spirituale e dottrinale ai vostri sacerdoti, gabonesi o altri, e il dialogo con tutti gli operatori apostolici affinché si sentano incoraggiati e aiutati nel discernimento e negli impegni da prendere. Il vostro ruolo principale, come il mio, è di confermare i vostri fratelli. Porterò nella preghiera tutte le vostre intenzioni pastorali, e vi benedico con tutto il mio fraterno affetto. DISCORSO ALLA POPOLAZIONE DEL GABON Libreville, 18 febbraio 1982 Un incontro di amicizia e di riflessione Vi ringrazio molto cordialmente della vostra presenza numerosa e calorosa, e per i sentimenti che mi avete espresso per bocca dei vostri delegati. Voi rappresentate dunque i principali settori della vita nazionale, caratterizzati presso di voi – come nella maggior parte dei paesi africani che si trovano in uno stato di transizione 37 economica e culturale – da indiscutibili successi e da difficoltà persistenti, da speranze e da rischi. È in questo contesto che vorrei aiutarvi ad affrontare le vostre responsabilità personali e collettive. So bene che siete per la maggior parte membri della Chiesa cattolica, ma rispetto profondamente tutti coloro che, senza partecipare della fede cristiana, hanno a cuore il servizio dei loro connazionali senza la minima discriminazione. È mio ardente desiderio che questo incontro di amicizia e di riflessione lasci in tutti noi un ricordo luminoso e stimolante in vista dei compiti che incombono su ciascuno di noi. E il mio compito, consentitemi di sottolinearlo, non è meno gravoso. (...) Ai dirigenti e ai professionisti Senza seguire un ordine di preferenza – infatti avete tutti pari diritto alla mia stima ed amicizia – mi rivolgerò prima al mondo dei dirigenti e delle professioni liberali. Le vostre professioni, differenti e complementari, vi pongono al servizio del vostro paese. Ciascuno di voi possiede attualmente una chiave per lo sviluppo del Gabon, e tutti insieme avete la responsabilità della qualità di questo sviluppo. La Chiesa, come ben sapete, non guarda di malocchio l'evoluzione delle società. Soffre nel vedere troppe nazioni ancora sottosviluppate o assistite per ovvi scopi d'influenza ideologica o di profitto economico. In una celebre enciclica, che conserva ancor oggi tutta la sua validità, la Chiesa per voce di Paolo VI proclama che "lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico deve essere integrale, deve promuovere cioè ogni uomo e tutto l'uomo" (cf. Paolo VI, Populorum Progressio, 14). Per voi, in un Gabon che si trova in una fase di pieno decollo, il problema non è solo quello di garantire la continuità di questo processo di sviluppo, ma anche e soprattutto di controllarlo e dominarlo. Con questo credo di venire incontro alle vostre preoccupazioni circa il tipo di società che sta nascendo nelle vostre città in via di crescita e nelle vostre campagne in via di spopolamento. (...) Non basta temere e deplorare le sue carenze (...) È ora di accordarsi per la difesa e la promozione dei valori etici fondamentali senza di cui la stabilità e la prosperità di un popolo sono condannate in un avvenire più o meno prossimo. Ne abbiamo prove lampanti dalla storia antica come da quella contemporanea. E questi valori fondamentali e permanenti si chiamano sacro rispetto 38 per la vita, dignità inviolabile di ogni persona, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, condivisione delle ricchezze nella giustizia, senso dell'impegno e della coscienza professionale, fratellanza e solidarietà tra gruppi sociali e tra nazioni. Questi valori, presenti o latenti nella coscienza degli individui e dei popoli, hanno sempre e dovunque bisogno di essere risvegliati, riformulati, vissuti meglio. Del resto le nuove generazioni cominciano a sentire il vuoto, anzi l'assurdità di una civiltà che si lasciasse rinchiudere nel triste paradiso della produzione e del consumo. Questo campanello d'allarme è provvidenziale. (...) Alle persone con responsabilità pubbliche Uomini e donne che svolgete funzioni importanti nel Governo e nella pubblica amministrazione, nell’economia e nell’industria, nella legge e nella giustizia, nel mondo della sanità e dell’insegnamento, voi specialmente cristiani che avete ricevuto sin dall’inizio della vostra vita i preziosi insegnamenti della fede sul valore dell’uomo creato ad immagine di Dio e sul senso di tutta la storia individuale e collettiva che è costruzione del mondo con Dio, datevi tutti la mano per edificare la nuova società gabonese, in una maniera veramente umana e solidale. Auspico anzi che organizziate periodicamente colloqui di amicizia e di riflessione sotto la guida di personalità competenti e di ispirazione spiritualista se non cristiana, per approfondire le vostre convinzioni e guidare la vostra azione. (…) Agli uomini di scienza e cultura Queste mie considerazioni troveranno forse un’eco tra i membri dell’Università di Stato qui presenti e tra gli studenti. Voglio rivolgere loro tuttavia alcuni particolari incoraggiamenti. La vostra delegazione mi fa tornare alla memoria l’epoca molto felice quando ero cappellano degli studenti e titolare della cattedra di morale all'Università cattolica di Lublino, ed a Cracovia. Ho vissuto quindi problemi analoghi ai vostri. Per questo motivo, e nel pieno rispetto delle vostre convinzioni, mi permetto di farvi parte di alcune delle mie. Una nazione non può svilupparsi senza Università. Auguro un buon cammino alla vostra, certamente portatrice di promesse. Ma ogni università degna di questo nome deve dedicarsi a quelle cose che costituiscono dovunque e sempre l'essenziale della sua missione, che è quella d'insegnare e non d'indottrinare, di manifestare la verità e non di tacerla, di favorire il libero confronto delle idee e non di cedere ai vincoli delle ideologie. È questo il modo 39 in cui le università si fanno rispettare nelle nazioni e tra i popoli che le mantengono. Permettetemi di esprimervi una convinzione ancora più profonda. Il fine degli studi universitari non può ridursi all'acquisizione di conoscenze, all'ottenimento di una laurea o di un diploma, alla conquista di posizioni bene retribuite. Se non vogliono fallire nel loro scopo devono condurre lo studente ad una completa maturità dello spirito, della coscienza: fare di lui cioè un ricercatore autentico e appassionato della verità sull'uomo, sui veri problemi dell'uomo, sul "perché" e sul "come" della sua esistenza. (...) Crescere nella verità È questa crescita nella verità, questa maturazione degli spazi più interiori dell’uomo, che consente più sicuramente di assumere gli impegni responsabili richiesti oggi dal servizio del bene comune. Sono profondamente convinto che sia questo il tipo d’uomo di cui la società ha più bisogno oggi – in Africa come altrove – e l’università ha l’onore e la responsabilità di contribuire alla sua preparazione. Sono anche uomini di questo tipo che porteranno una pietra, se non molte pietre, per edificare la cultura del vostro paese; cultura che volete autenticamente africana, aperta, coerente, integrale, dunque “ciò attraverso cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, "è" di più, accede di più all’"essere"”. È questo un tema che ebbi occasione di presentare alla tribuna dell’UNESCO in occasione della mia visita in Francia il 2 giugno 1980. Carissimi maestri e studenti, che i miei voti vi accompagnino nei vostri rispettivi compiti. L’educazione cattolica Mi consentirete anche di salutare e incoraggiare in modo particolare i responsabili, i professori e gli studenti dell’insegnamento cattolico. Da oltre 130 anni l’opera scolastica realizzata in terra gabonese da numerose congregazioni religiose è notevole. Siete tutti perfettamente d’accordo su questo fatto storico, tanto che vi vedo pronti ad applaudire a tutti questi educatori meritevoli di ieri e di oggi... Dopo i miei predecessori, particolarmente dopo Paolo VI, ho spesso ricordato chiaramente e serenamente che il problema dell’istruzione è stato sempre legato alla missione della Chiesa. Essa ha fatto sorgere università ai quattro angoli dell’Europa sin dal Medio Evo e dopo. Ha sviluppato scuole e collegi, come servizio connesso alla sua missione, specialmente a partire dal XVI secolo. Ancora oggi essa ha a cuore di garantire lo stesso contributo dovunque siano richieste e rispettate le sue attività. Tanto è vero 40 che non si può contestare il diritto fondamentale di ogni famiglia di educare i suoi figli in scuole rispondenti alla sua concezione della vita e del mondo. Avviene ogni tanto che la coesistenza di un insegnamento confessionale e di un insegnamento di Stato sia rimessa in discussione. Dobbiamo sperare tutti che la saggezza dei responsabili che abbiano a cuore una vera democrazia continuerà a trionfare sul miraggio di un livellamento che potrebbe facilmente essere un impoverimento. Auguriamoci tutti l’avvento della comprensione, del dialogo, della collaborazione tra due istituzioni che potrebbero benissimo essere complementari senza perdere la loro particolare identità. Anche qui bisognerebbe evitare di proiettare sulla gioventù di oggi crisi e dispute, contrastanti con le sue sorprendenti capacità di fratellanza e di novità. Voglio esprimere il mio voto più fervido affinché le vostre scuole ed i vostri collegi siano centri di solida formazione mana e cristiana. (…) Al mondo del lavoro e ai lavoratori A tutti voi che lavorate in stabilimenti ed in cantieri, nelle attività minerarie e silvicole o nelle campagne, rivolgo il mio saluto più cordiale. Molti di voi qui convenuti provengono da Port-Gentil, da Moanda, da Bakumha, da Mounana e da tutte le province del Gabon. Molti altri, che non hanno potuto venire, ci ascoltano e ci vedono grazie ai mezzi audiovisivi di comunicazione. Anche a loro va il mio cordiale saluto. Ogni volta che incontro lavoratori manuali non posso fare a meno di confidare loro con emozione che nella mia vita ho avuto la grande grazia di lavorare in cava e in stabilimento per quasi quattro anni. Sono passati ormai quaranta anni da allora, ma me ne ricordo come se fosse ieri. Questa esperienza di vita operaia, con tutti i suoi aspetti positivi e con tutte le sue miserie, come, ad altro livello, gli orrori della deportazione dei miei compatrioti polacchi verso i campi di sterminio, hanno marcato profondamente la mia esistenza. Da allora il mistero dell’uomo ha preso il primo posto nelle mie riflessioni, e mi sono sentito spinto irresistibilmente a perorare il rispetto dell’uomo, sostenuto in questa azione dal Mistero di Cristo, lui che è nostro Dio ma anche nostro Fratello per salvarci. È per questo motivo che, all’inizio del mio servizio nella sede romana dell’apostolo Pietro, ho voluto presentare, nell’enciclica Redemptor Hominis, a tutti gli uomini di buona volontà il volto integrale dell’uomo così spesso sfigurato da umanismi riduttivi. In nome della Chiesa fedele al suo Fondatore ho proclamato la verità sull’uomo restituendogli una dimensione 41 costitutiva del suo stesso essere: la sua ricerca dell’infinito, la sua capacità dell’assoluto, la sua misteriosa attrazione a Cristo Redentore, che rivela l’uomo a lui stesso. L’Uomo-Dio è per così dire lo specchio nel quale ogni uomo può ritrovare i lineamenti della sua dignità, il valore delle sue attività, il senso profondo della sua vita (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 10). Ho tentato per questo motivo – in un documento più recente e alla sequela dei grandi Papi che hanno trattato il problema del lavoro nelle nostre società moderne industrializzate – di portare al mondo del lavoro, mentre tanti lavoratori sono così spesso sacrificati nella loro dignità e nei loro diritti agli imperativi della crescita economica, la luce e il sostegno di Cristo e della sua Chiesa. Parlo dell’enciclica Laborem Exercens. (…) Il Vangelo del lavoro Senza perdere di vista le ingiustizie subìte dai lavoratori, ho voluto ricordare loro che esiste una “Buona Novella”, un “Vangelo del lavoro” secondo il quale la vocazione dell’uomo è di dominare la terra, e di realizzarsi come uomo in questa maniera. Non ci stancheremo mai di ammirare attraverso i secoli e i continenti le opere, modeste o grandiose, di uomini ingegnosi e pieni d’inventiva, coraggiosi, appassionati per la loro opera, desiderosi di condividere il frutto del loro lavoro. Ma vi è un altro aspetto assolutamente sorprendente di questo “Vangelo del lavoro” che dobbiamo considerare insieme. È il valore misterioso di partecipazione all’opera redentrice di Cristo, attraverso l’offerta silenziosa delle fatiche inerenti al lavoro. L’operaio credente che si unisce nello spirito a Cristo Redentore raggiunge con lui, per lui e in lui il livello della sofferenza offerta per amore di Dio e degli altri uomini, sofferenza generatrice di vita. Senza questa visione umana e cristiana del lavoro è impossibile comprendere per quale motivo lo zelo nel lavoro è una virtù. Eppure è essa che permette all’uomo di diventare più uomo, che lo rende capace di creare e mantenere una famiglia, di accrescere il patrimonio del suo paese e di tutti gli uomini (cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 9-10; Allocutio in urbe Saint-Denis habita, die 31 maii 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1562ss). (…) 42 La Chiesa ha il dovere di stare dalla parte dei poveri e degli oppressi Resta il fatto che l’avvento della civiltà industriale con tutte le sue conseguenze ha condotto i lavoratori a darsi la mano per soffocare i fattori di disumanizzazione introdotti dalle nuove strutture socioeconomiche eccessivamente, e talvolta esclusivamente, fondate sul profitto. Se la Chiesa non ha paura di stimolare i lavoratori a compiere i loro doveri, non ha neanche paura di aiutarli a ottenere la soddisfazione dei loro diritti legittimi: il rispetto di ogni lavoratore che si tratti di un autoctono o di un immigrato, il diritto all’impiego, alla sicurezza e all’igiene, a ritmi umani di rendimento, a tempi di riposo sufficienti, a paghe giuste, alle previdenze sociali, al rispetto delle opinioni politiche e religiose, alla libertà di associazione nei sindacati, ecc. La Chiesa ha il dovere di stare dalla parte dei poveri e degli oppressi. Si rende certamente conto che le richieste meno essenziali non possono essere soddisfatte immediatamente e pienamente. Occorre tenere conto delle possibilità reali, attuali, e della solidarietà con tutta la nazione, del ritmo e della maturità di ciascun paese in via di sviluppo. La Chiesa resta comunque convinta che i metodi di violenza non possono portare una soluzione efficace alla questione sociale. È per questo che la Chiesa, senza voler ignorare le tensioni o perfino i conflitti nel mondo del lavoro, raccomanda e raccomanderà sempre le vie d’incontro tra le parti sociali, di dialogo, di ricerca leale e perseverante di accordi spesso parziali ma portatori di nuove speranze. Sono queste vie della ragione, ma ancora più quelle evangeliche, che possono modificare in profondità i rapporti tra uomo e uomo. Auspico con tutto il cuore che, nella vostra giovane nazione, i lavoratori ed i responsabili del lavoro progrediscano sempre verso la comprensione reciproca e l’armonia, affinché la promozione dell’uomo accompagni veramente lo sviluppo del paese. (…) Mi rivolgo infine a voi, carissimi giovani … (...) Siete stati pazienti. Ho notato anche che vi interessavate a ciò che ho detto agli altri gruppi; me ne rallegro vivamente. Ho sempre amato molto i giovani: quando avevo la vostra età, ma anche nel mio ministero sacerdotale ed episcopale, e adesso che il Signore mi ha chiesto di servire alla testa della Chiesa. Amo i giovani, perché sono come la primavera che sorge sul mondo e su ciascun paese in particolare, con la sua luce e le sue ricche promesse. I giovani che ho incontrato mi hanno dato la certezza che il nostro mondo ha un 43 futuro grazie a loro. Ho avuto questa sensazione in Italia, nel Messico, in Polonia, in Irlanda, negli Stati Uniti, in Francia, nel Brasile, in Germania, nelle Filippine, in Giappone, e tra di voi in Africa durante la mia prima visita. A cosa era dovuta questa sensazione? Era dovuta al fatto che tanti giovani mi sono parsi sani e generosi, felicemente preoccupati – come lo siete voi – dei limiti di una civiltà di permissivismo, di sprechi, d'ineguaglianza. Se i giovani cedono per un certo tempo a queste cose, seguendo la loro naturale tendenza a voler sperimentare tutto, a seguire la corrente dominante, molti se ne distaccano. Prosperano oggi un pò dappertutto piccole comunità di giovani che riflettono e pregano per avere il coraggio di andare contro corrente rispetto ai modi di pensare e di vivere che senza dubbio distruggono la persona umana e la società. Giovani del Gabon, appartenenti al mondo della scuola o che esercitate già un mestiere, che siete entrati – almeno alcuni di voi – in movimenti di apostolato come la JEC, la JOC, lo scoutismo, i GEN, i Cours Vaillants e le Ames Vaillantes, ho tanta fiducia in voi da osare di chiamarvi tutti e ciascuno in particolare a seguire di nuovo Cristo. È possibile che la vostra vita di battezzati sia fervente, e ne sono lieto. È anche possibile che sia mediocre o addirittura completamente trascurata. (...) Il passato appartiene al passato (...) Gesù ha sempre chiamato gli uomini a seguirlo facendo "tabula rasa" del loro passato, restituendo loro fiducia e dando loro di nuovo tutte le possibilità. La storia del cristianesimo è felicemente piena di esempi del genere. Sappiamo cosa Gesù fece di Pietro, il rinnegato; di Paolo, il persecutore dei primi cristiani; di Agostino, prigioniero di un sistema filosofico ed ancor più delle sue passioni; di Francesco d'Assisi, già irretito dal mondo degli affari e che sposa madonna povertà... E ai tempi nostri il numero di giovani che tornano a Cristo dopo un istante o dopo anni di indifferenza, se non di viltà, è impressionante. I gruppi di preghiera, le "marce" e i pellegrinaggi dei giovani, sono spesso i punti focali di tali decisioni. Fate questo passo liberamente, generosamente. Non abbiate paura. Cristo non è un "rapitore", ma un Salvatore. È venuto perché abbiate la vita (cf. Gv 10,10). È lui che ha le vere risposte ai vari quesiti sul senso e sull’uso della vita. La vostra vita è così preziosa. Il vostro paese ha bisogno di una gioventù sana, cosciente e coraggiosa. Le vostre comunità parrocchiali e i vostri movimenti di giovani hanno bisogno della vostra presenza gioiosa e dinamica. I 44 centri di preparazione al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa hanno bisogno di individui decisi “a lasciare tutto per seguire Cristo” (cf. Mt 4,22; 19,21). Spero veramente molto dai giovani del Gabon, e vi raccomando a Cristo stesso e alla sua santa Madre. DISCORSO AI CRISTIANI DI ALTRE CONFESSIONI Libreville, 19 febbraio 1982 Ecumenismo: l’impegno costante della Chiesa L’incontro con i fratelli cristiani delle Chiese o delle Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica è una componente dei miei pellegrinaggi apostolici. È un segno della volontà della Chiesa cattolica di proseguire con fermezza nel suo impegno nel movimento ecumenico, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II. Anche se brevi questi incontri vogliono essere, nei confronti di coloro che non condividono la nostra fede cristiana o che non sono credenti, la testimonianza della nostra comune appartenenza a Cristo Signore. (…) Collaborare per la causa di Cristo In molti dei suoi documenti, e in particolare nel Decreto sull’Ecumenismo il Concilio ha sottolineato la collaborazione che deve esistere tra i fratelli cristiani sparsi in tutto il mondo. E nel documento sull’attività missionaria della Chiesa, il Concilio insiste su questa collaborazione: “... In rapporto poi alla obiettiva situazione religiosa, va promossa un’azione ecumenica tale che i cattolici, esclusa ogni forma sia di indifferentismo e di sincretismo, sia di sconsiderata concorrenza, attraverso una comune – per quanto è possibile – professione di fede in Dio ed in Gesù Cristo di fronte ai non credenti, attraverso la cooperazione nel campo tecnico e sociale come in quello religioso e culturale, collaborino fraternamente con i fratelli separati, secondo le norme del Decreto sull’Ecumenismo. Collaborino soprattutto per la causa di Cristo, che è il loro comune Signore: sia il suo nome il vincolo che li unisce. Questa collaborazione deve stabilirsi non solo tra persone private, ma anche, secondo il giudizio dell’Ordinario del luogo, a livello delle Chiese o comunità ecclesiali, e delle loro opere” (Ad Gentes, 15). (…) 45 Non fermiamoci dunque nel nostro cammino Per quanto mi riguarda, nel compito d’insegnamento che mi compete ho spesso rilevato questo aspetto. Nella mia esortazione sulla catechesi, per esempio, ho voluto sottolineare in particolar modo la dimensione ecumenica di questo compito essenziale della Chiesa e l’importanza, a questo proposito, di una sana collaborazione con i fratelli cristiani. So bene che questa collaborazione viene realizzata nel vostro paese, manifestando i buoni rapporti che intercorrono tra la Chiesa cattolica e la Chiesa evangelica del Gabon. Penso specialmente, per la sua grande importanza, alla collaborazione già antica tra cattolici e protestanti evangelici nel campo della radiotelevisione. Me ne rallegro di cuore, come di una testimonianza data in comune e che reca un grande contributo alla causa dell’unità. So anche che ogni anno la Settimana di preghiera per l’unità è vissuta qui profondamente. Un mese fa, in occasione dell’udienza settimanale ai pellegrini e visitatori convenuti a Roma, ricordavo che la settimana di preghiera ci offre seri motivi di gioia e di speranza, ma che dobbiamo purtroppo anche costatare con amarezza che non tutte le nostre divergenze sono state superate. Voglio ripetervi oggi, carissimi fratelli e sorelle cristiani del Gabon, le parole che pronunciai quel giorno davanti ai pellegrini e visitatori di lingua francese: “Bisogna veramente pregare, supplicare lo Spirito Santo, dopo essere diventati consapevoli – attraverso una adeguata catechesi – che la divisione è contraria alla volontà di Dio... È nella presenza del Signore, nell’obbedienza alla sua volontà, che si cammina verso l’unità”. Non fermiamoci dunque nel nostro cammino. Cerchiamo di realizzare la collaborazione in tutte le sue forme possibili. Cerchiamo l’unità come la vuole il Signore, e per questo, lasciamo che il nostro cuore si converta sempre più alle esigenze del suo Regno. (…) SANTA MESSA Libreville, 19 febbraio 1982 Quattro aspetti della Buona Novella di Gesù Cristo Siete stati liberati dalla potenza del Male donando la vostra fede a Dio nostro buon Pastore: vivete fiduciosi nel suo amore! Siete stati accolti dalla Chiesa come membri a parte intera: assumetevi le vostre responsabilità, per edificare in voi questa Casa spirituale! 46 Nella vostra vita familiare, siete stati associati al mistero dell’amore di Dio e al dono della sua vita: questo mistero è grande! Il Cristo vi chiama, come san Pietro, a superare i vostri timori e le vostre debolezze, per seguirlo sul cammino esigente delle beatitudini: camminate nella speranza, con la forza dello Spirito Santo! Ecco quattro aspetti della Buona Novella di Gesù Cristo, che vorrei meditare con voi. (1) Ecco il primo aspetto della Buona Novella: la pace in Dio Prima di tutto, questo apostolo Pietro, al quale Gesù risorto, sulle rive del lago di Galilea ha detto: “Sii il pastore delle mie pecore”, ha terminato, come sapete, la sua vita terrena a Roma, martire della sua fedeltà all’amore di Cristo. Ma, come sulla sua tomba è stata costruita una splendida Basilica, è sulla sua fede che l’immensa Chiesa di Gesù Cristo si è fondata da venti secoli. Da Cracovia, Dio mi ha chiamato a Roma, io, suo indegno servo per ereditare la responsabilità di Pietro, che è quella di mantenere riunite attorno a Cristo, vero Pastore, le pecore sperdute. Nel compimento di questa missione, mi piace rileggervi qualche parola che proprio l’apostolo Pietro scriveva da Roma a dei cristiani dell’Asia minore, convertiti dal paganesimo: “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce. Un tempo voi non eravate il suo popolo, ora invece siete il popolo di Dio. Eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia” (1Pt 2,9-10). Cari fratelli e sorelle, ecco un messaggio confortante, un messaggio di pace! È anche per voi che avete dato la vostra fede a Cristo. Certamente Dio non è mai stato lontano dai vostri avi, che d’altronde avevano le loro virtù naturali, ma non conoscevano, come voi, il suo volto di Salvatore. Voi lo conoscete. Voi siete stati battezzati nel suo nome, liberati nel più profondo delle vostre anime dal dominio del Maligno che, fin dal peccato originale, tiene l’uomo nella sua schiavitù, nel maleficio, nella menzogna e nella paura. Voi avete ricevuto lo Spirito Santo che vi consente di rivolgervi a Dio chiamandolo come Gesù: “Abbà, Padre!” (Rm 8,15). Già il profeta Ezechiele ci annunciava un Dio che si preoccupava di tutte le sue pecore, che cercava quella sperduta, che fasciava quella ferita e curava quella malata (cf. Ez 34,16). E Gesù ci ha rivelato, meglio di qualunque altro, il volto di suo Padre, un volto di misericordia, sofferente per il peccato, ma pronto a perdonare al peccatore, a rialzarlo, a 47 reintegrarlo nella casa paterna. Ciò che egli chiede prima di tutto, come Gesù disse a Pietro, è l’amore: “Mi ami tu veramente?”. Sì, Gesù ci permette di avvicinarci a questo Dio misericordioso, di pregarlo con fiducia perché continui a liberarci dal male, esercitando noi stessi la misericordia. Certo, la nostra vita, come quella di tutti gli uomini, come quella di tutti i cristiani, rimane sottomessa a numerose prove. È perché, a causa del peccato originale, il genere umano ha ereditato una situazione storica di disordine, di rottura con Dio, come lo rivela la Bibbia, in un modo globale e misterioso; e le cause immediate e concrete di queste prove sono da ricercare nei limiti normali di questo mondo creato, a volte nelle difficili condizioni climatiche, nel nostro stato di creatura mortale, nelle nostre imprevidenze, nelle nostre negligenze e, a volte, anche nelle ingiustizie sociali sostenute da altri. Con il Cristo, l'"uomo dei dolori", esse possono essere accolte, offerte, superate con coraggio; bisogna evitare di lasciarsi ossessionare dalla malevolenza degli altri, e più ancora di provare una morbosa paura di Dio "che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,45). Voi, cari fratelli e sorelle, pur rinunciando al peccato – la sola cosa che si deve temere! – bandite ogni fatalismo, ogni inutile paura. Pur operando ardentemente per allontanare le sofferenze e le difficoltà naturali della vita, con tutti i mezzi che Dio vi ha dati, mettete sempre la vostra fiducia nel Salvatore, in lui solo, ricorrendo a lui con tutta semplicità. Cercate appoggio nella vita comunitaria del vostro prossimo e in particolare dei cristiani che Dio ha chiamati a vivere come fratelli. Ecco il primo aspetto della Buona Novella: la pace in Dio. (...) (2) La vitalità della Chiesa locale e i doni dello Spirito Ora, dedicatevi a edificare la Chiesa nel Gabon, “nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica”, come in ogni Chiesa particolare (Christus Dominus, 11). L’unica Chiesa di Cristo vi ha preceduti. Istituita da lui, si è manifestata pubblicamente nella prima Pentecoste cristiana a Gerusalemme. Essa “ha per fondamenta gli Apostoli e i profeti, e la pietra angolare è lo stesso Cristo”, come ci ricorda san Paolo. Essa è unica, anche se purtroppo i cristiani sono a volte divisi. È la Chiesa che invia alcuni suoi membri in missione, per fondare nuove comunità, come i missionari l’hanno fatto qui da voi circa centoquaranta anni fa. “Voi siete stati integrati nella costruzione... 48 per diventare anche voi, per mezzo dello Spirito Santo, dimora di Dio”. “Voi non siete più stranieri, né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19-22). Coloro che sono venuti a portarvi il Vangelo, come l’avevano essi stessi ricevuto, l’hanno fatto per amore vostro. Nella fede, voi non eravate stranieri per essi. Felicemente, voi continuate a beneficiare dell’aiuto fraterno di questi missionari venuti da un’altra patria, ma questa Chiesa, edificata dai figli di questo Paese e per essi, deve anche contare sempre di più sulla vostra responsabilità: sui vostri Vescovi – la Santa Sede ha fatto in modo che ora siano tutti gabonesi – e sui vostri sacerdoti, sui religiosi e religiose di questo paese, sui laici, catechisti o responsabili a qualsiasi titolo, insomma, su tutti gli operatori apostolici ai quali ho parlato l’altro giorno in Cattedrale, ma anche su tutti gli altri battezzati e cresimati, che assumono le loro responsabilità con spirito cristiano nella loro famiglia, nella loro scuola, nella loro professione, nella società civile. Perché ciascuno possa entrare, a modo suo, nella costruzione della Chiesa nel Gabon. Ne va del suo radicamento duraturo. Ne va della sua vitalità. Ne va della sua autenticità, perché possa toccare profondamente l’anima gabonese e produca dei frutti che abbiano il sapore di questo paese. Il tema di questa Messa è proprio quello della Chiesa locale. Ogni Chiesa locale, soprattutto quando è riunita in preghiera attorno al suo Vescovo, successore degli Apostoli e rappresentante di Cristo in mezzo ad essa, è la principale manifestazione del mistero della Chiesa (cf. Sacrosanctum Concilium, 41). Nella persona di monsignor Fernand Anguillé, Arcivescovo di Libreville, di monsignor Félicien Makouaka, Vescovo di Franceville, di monsignor Cyriaque Obamba, Vescovo di Mouila, di monsignor Francois Ndong, Vescovo di Oyem e del suo coadiutore, monsignor Basile Mvé Engone, saluto affettuosamente ciascuna delle vostre Chiese locali che insieme formano la Chiesa del Gabon. Queste Chiese locali dovranno certamente evitare sempre il ripiegamento su se stesse. Voi comprendete molto bene – e me ne rallegro – la necessità della vostra comunione con le altre comunità ecclesiali del mondo intero, e con colui che presiede il collegio dei Vescovi, il successore di Pietro. Questa comunione significa anche, in pratica, la condivisione della stessa fede, della stessa etica cristiana, degli stessi sacramenti, della disciplina essenziale comune a tutta la Chiesa. Questi legami saranno d'altronde sempre, per voi stessi, una condizione della vostra fedeltà al Vangelo, dell'autenticità della vostra appartenenza alla 49 Chiesa cattolica. Ma, all'interno di questi legami, si deve sviluppare la vostra personalità gabonese. Può darsi che qualcuno dica: come potremo trovare i mezzi per assumerci la responsabilità della nostra Chiesa, finché non disporremo sufficientemente, da noi stessi, di pastori, di religiose, di mezzi pedagogici, di risorse finanziarie? Senza dubbio il passaggio non potrà che essere progressivo. Ma non è tanto questione di un aumento di mezzi: molte Chiese oggi hanno dovuto accontentarsi di poveri mezzi, come all'origine, come ad ogni crisi storica sperimentata dalla Chiesa e seguita da un rinnovamento. È molto più di una questione di vigore interiore, di linfa spirituale, come la linfa generosa dei vostri magnifici alberi, che fa spuntare il loro fogliame. E, con questa, avete già i mezzi spirituali. Bisogna che regni anche un clima di fiducia e di corresponsabilità, che permetta di associare alle iniziative apostoliche quelli che si accontenterebbero di ricevere, spesso dall'estero, un'assistenza. Non è il cammino che, grazie a Dio, un certo numero di laici sta per cominciare da voi, o sperano di poterlo fare presto? Dio voglia che essi trovino il sostegno spirituale di cui hanno bisogno e che tra essi fioriscano molte vocazioni sacerdotali e religiose! Sì, lo Spirito di Dio saprà suscitare questa maturità a misura della vostra fede. (...) (3) La famiglia cristiana una "Chiesa domestica" Dopo la pace ricevuta da Dio e la vitalità della Chiesa locale, affronto il terzo aspetto della Buona Novella. In effetti, è un luogo dove la Chiesa deve trovare la sua espressione privilegiata: la famiglia. Il Concilio Vaticano II non ha esitato a chiamare la famiglia cristiana la “Chiesa domestica”, una Chiesa in miniatura. I costumi ancestrali, nel Gabon come in parecchi paesi africani, segnano ancora profondamente molte famiglie. Esse hanno inculcato a queste un certo numero di valori che possono essere molto preziosi per gli sposi cristiani; in particolare, permettono di evitare alla coppia di limitarsi a una prospettiva troppo individualista, mantenendola per esempio solidale con le famiglie degli sposi: queste possono apportare il loro contributo alla fondazione della nuova famiglia e sono suscettibili di manifestare anche il loro aiuto nell’educazione dei bambini o di fronte alle prove che sopravvengono. Nella misura in cui tali pratiche favoriscono la stabilità e l’unità delle coppie, pur lasciando ai fidanzati la libertà del loro consenso e del loro impegno personale, la Chiesa non può che rallegrarsene. Ciò che la Chiesa chiede ai cristiani di capire 50 bene, è l’incomparabile dignità dell’unione dell’uomo e della donna nel piano originale di Dio, e il senso del sacramento del matrimonio cristiano: questo ha lo scopo di elevare l’unione degli sposi similmente all’alleanza d’amore tra Cristo e la sua Chiesa, di associarli al dinamismo del mistero pasquale del Salvatore e di apportare così a tutta la loro vita di coniugi, una santificazione e un irradiamento che si diffondono sulle loro persone, sui loro figli, sulla vita della Chiesa e della società. Mi manca il tempo di riprendere qui quello che esponevo lungamente, appena due anni fa, alle famiglie cristiane di Kinshasa, quello che i Vescovi del mondo intero hanno testimoniato al Sinodo dell’autunno del 1980, e quello che io stesso ho scritto per tutta la Chiesa nella mia recente esortazione apostolica. Lascio ai vostri Pastori di offrirvi i mezzi concreti per familiarizzarvi con la natura del matrimonio cristiano, e permettervi di viverlo fin d’ora. Pensate, per esempio, al vero amore coniugale, sorgente e forza di una comunione indissolubile, la cui fedeltà ricorda l’incrollabile fedeltà di Dio alla sua alleanza con gli uomini. Pensate alla cura che ha la Chiesa di fare in modo che la persona – in particolare la donna – non sia mai trattata come “oggetto” di piacere, né come un semplice mezzo di fecondità, ma che meriti di essere amata per se stessa da parte del coniuge, anche se sfortunatamente è sottomessa alla prova della sterilità. Pensate anche ai valori di rispetto, di delicatezza, di perdono, di misericordia, di cui la visione cristiana arricchisce il matrimonio. Pensate alla dignità del compito di padre e di madre, in cui i coniugi diventano cooperatori del Dio creatore dando la vita, e alla loro comune responsabilità per allevare fino alla maturità affettiva e spirituale i figli che hanno messo al mondo. Per proteggere tutto questo, la Chiesa ricorda delle esigenze, delle esigenze gravi, certo, che hanno il loro fondamento nel Vangelo e che necessitano di sforzi e della conversione del cuore. Ma essa vorrebbe che i cristiani percepiscano anzitutto il sacramento del matrimonio come una “grazia”. Essa comprende con misericordia coloro che incontrano delle difficoltà a corrispondervi in pienezza, e non vuole allontanare nessuno da “un cammino pedagogico di crescita” che deve condurli più lontano, “giungendo a una conoscenza più ricca e ad una integrazione più piena di questo mistero nella loro vita” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 9). Alle famiglie del Gabon, come l’ho già scritto nell’esortazione, dico: “Famiglia, diventa ciò che sei!” (Ivi, 17). Mi felicito con le famiglie cristiane che già danno questa bella testimonianza: ve n’è un certo numero in questo paese. E le 51 invito a condurre le altre famiglie nel loro solco, mediante un apostolato da coppia a coppia, come invito tutta la Chiesa del Gabon a promuovere un’adeguata pastorale della famiglia. (…) (4) La Chiesa non può cessare di essere il sale e il lievito Concludendo, cari fratelli e sorelle – ed è il culmine della Buona Novella che vi annunciavo – chiedo per voi al Signore una viva speranza, sul cammino della santità delle beatitudini. Abbiamo appena ricordato alcune esigenze della vita cristiana. In questi ultimi giorni ne ho ricordate altre, ad ogni categoria del popolo di Dio, ma sempre con fiducia e su un tono positivo. Tutte queste esigenze concretizzano il duplice comandamento fondamentale: amare Dio con tutte le forze, amare il prossimo come noi stessi, o, piuttosto, come Gesù ci ha amati. Va da sé che la preghiera, la partecipazione ai sacramenti e specialmente alla celebrazione eucaristica della domenica, ne sono l’espressione e gli alimenti essenziali. Alcuni hanno tentato di chiedere alla Chiesa di mitigare le sue esigenze, sia, per esempio, per il matrimonio cristiano o per il sacerdozio. In realtà, voi tutti l’intuite, la Chiesa allora cesserebbe di essere il sale e il lievito di cui parlava Gesù; essa sarebbe ancor meno credibile, il suo messaggio sarebbe insipido, ambiguo, e la sua testimonianza molto meno vigorosa. Cristo non ha proposto un cammino facile, ma un sentiero scosceso, la porta stretta delle beatitudini, che è follia agli occhi di certi uomini, ma che è sapienza di Dio e forza di Dio: lo spirito di povertà, la purezza, la sete di giustizia, la mitezza, la misericordia, la ricerca della pace, la pazienza nella prova, la perseveranza nella persecuzione a causa di Gesù e, in sovrappiù, la gioia, sì, la gioia più profonda: “Beati!”. Ecco che cosa è capace di rinnovare il mondo attuale, malato delle sue incertezze o dei suoi surrogati di felicità. Non è quindi sul denaro, il potere e la seduzione della facilità, che la Chiesa può veramente contare per risolvere i suoi problemi, ma sulla pratica dei mezzi spirituali che corrispondono alle beatitudini. E quando ha l'audacia di crederlo e di rischiare il suo impegno, allora un nuovo orizzonte, una nuova Pentecoste si apre davanti ad essa. Il cammino che sembrava condurla al fatalismo, allo scoraggiamento, che avrebbe potuto ripiegarla sulla sua "crisi", cambia senso. Tutto è possibile, anche se il peccato è ancora vicino, anche se le tentazioni rimangono, anche se ci si sente ancora deboli, quando si è umili e pieni di fiducia. Ed ecco che la scena evangelica che abbiamo appena contemplata ce lo conferma. L'apostolo Pietro è 52 appena tornato dalla sua umiliazione durante la Passione. Una conversazione profonda s'intreccia con Gesù risorto, una specie di contrattazione che sfocia in un contratto in tre tempi. Gesù conosce la sua debolezza. Ma di fronte alla triplice dichiarazione d'amore, gli dice: "Sii il pastore dei miei agnelli, sii il pastore delle mie pecore". E gli affida il cammino di tutto il gregge, di tutta la Chiesa. Il Signore vi affida oggi, cari Pastori del Gabon, il cammino della vostra Chiesa. (...) DISCORSO ALLA PARTENZA DALL'AFRICA Libreville, 19 febbraio 1982 Dio benedica il Gabon! Mentre sto per lasciare questo paese, sono lieto di ripetere la mia soddisfazione. Nel mio periplo africano era giusto riservare una visita pastorale al Gabon, che è stato il punto d’origine dell’evangelizzazione in tutta questa regione dell’Africa; l’albero della Chiesa si è seriamente sviluppato a partire da questa terra. Era anche opportuno onorare questa nazione che ha notevoli capacità e che si sforza di progredire con slancio. Rinnovo la mia gratitudine a tutti coloro che hanno organizzato questa magnifica accoglienza al Papa: a sua eccellenza il signor Presidente della Repubblica, ai membri del Governo e dell’Amministrazione, ai responsabili di questa grande città di Libreville, a tutta la popolazione che mi ha manifestato stima, calore, e attenzione alle mie parole; ai cristiani così vicini nella fede, e in particolare ai cattolici così felici di ricevere il Vicario di Cristo. Saluto e ringrazio specialmente i Vescovi, miei fratelli. Durante questi tre giorni, io vi ho aperto il mio cuore, per ricevere la vostra testimonianza e darvi quello che avevo di meglio. Che ciascuno di voi si senta ormai più vicino al Papa, amato, riconfortato e incoraggiato nella via del bene! Da parte mia non vi dimenticherò. Come dice un proverbio mbédé: “Otcwi Holwodo mvudu a nde ha moni” (“La mente sogna l’uomo che ha visto”). Dio benedica il Gabon! (…) Un messaggio a tutta l’Africa Permettetemi ora di aggiungere un messaggio a tutta l’Africa, poiché è da questo luogo che alla fine del mio secondo viaggio lascio il continente. Questo soggiorno ha confermato le impressioni che ho espresso il 12 maggio 1980 alla partenza d’Abidjan. Voi 53 sapete bene che a Roma noi seguiamo da vicino la vita dei paesi africani, tramite le visite che riceviamo, dai rapporti che ci mandano i Vescovi o i rappresentanti pontifici. Ma una visita tra gli abitanti fa acquisire una nuova sensibilità. E di questo, rendo grazie a Dio. Il vostro continente, cari amici africani, persegue ammirabili sforzi di sviluppo, sotto molti aspetti. È stato sorprendente in Nigeria, è evidente qui e in tanti altri paesi. Le ricchezze naturali, per lungo tempo trascurate, sono attivamente sfruttate, a volte, è vero, da società straniere. La protezione sanitaria progredisce, e ciò procura un risveglio di speranza in questi paesi equatoriali dal clima così estenuante. La maturità politica si rafforza, malgrado qualche scompiglio abbastanza frequente. Le città si sviluppano, spesso purtroppo a detrimento di zone rurali, i cui prodotti sarebbero molto utili. Molte persone accedono all’istruzione, su di un modello più universale, spesso importato da fuori, ma nello stesso tempo aumenta la presa di coscienza di una cultura africana. I rapporti tra paesi si allacciano in modo più stretto a livello di regioni, di continente, e del resto del mondo. Ovunque si registra un desiderio di progredire, un entusiasmo evidente. (…) Quale progresso cercate? Ma, oltre i limiti di questo progresso, s’incontrano anche dei timori e, a volte, delle stanchezze, delle delusioni, come pure delle regressioni in questo entusiasmo. In nome della Chiesa esperta in umanità, ovunque io vada, ripropongo le domande fondamentali: Quale progresso cercate? Quali bisogni dell’uomo volete soddisfare? Quale uomo volete formare? Interpello i cristiani, ma anche tutti gli uomini di buona volontà. Perché tutti sentono l’imperiosa necessità di guidare questo sviluppo. L’uomo africano, come del resto gli altri, ma con le sue caratteristiche particolari e ad un grado intenso, ha bisogno di uno spazio di libertà, di creatività e, nello stesso tempo, ha un senso comunitario molto profondo, nella famiglia, nella tribù, nell’etnia. Senza il calore dell’amicizia, egli deperisce. L’anonimato di certe città, la lontananza dai propri familiari, sono per lui particolarmente deprimenti e degradanti. Per l’uomo africano, i problemi della fame sono lungi dall’essere risolti in molte regioni dell’Africa, soprattutto quando la calamità della siccità o le spaventose ripercussioni delle guerre si aggiungono a questo dramma. Ma egli aspira anche ad essere meglio considerato, meglio rispettato nel suo essere africano, meglio stimato nei suoi valori. Egli ha bisogno d’istruzione per sviluppare il suo spirito e per 54 prepararsi a svolgere un lavoro interessante e utile al suo paese. E deve raggiungere una maturazione che si armonizzi con la sua cultura tradizionale. Egli ha un senso acuto della giustizia e vuole vivere in pace. La vita umana è per lui un grande dono di Dio. Tutti coloro che attizzano in lui l’opposizione razziale o ideologica, anche l’odio, la guerra e il desiderio di sterminio, fanno pensare ai cattivi pastori di cui parlava Cristo, che vengono a sgozzare e a distruggere, invece di costruire e favorire la vita. (…) L’uomo africano e il senso del sacro L’uomo africano ha soprattutto il senso del mistero, del sacro, dell’assoluto. Anche se qualche volta questo istinto ha bisogno d’essere purificato ed elevato, è una ricchezza invidiabile. Egli aspira dunque a vivere d’accordo con il Padrone della Natura, liberato dai timori alienanti, ed è pronto ad entrare in comunione profonda con il Dio della pace. Aggiungiamo un’ultima osservazione: ciò che era relativamente facile risolvere a livello di villaggio, di tribù, di etnia, deve ora trovare la sua soluzione umana in relazioni molto più vaste, a livello nazionale e anche internazionale. È un programma difficile, che esige un’etica trasposta. Ne va della qualità degli uomini e della loro civiltà. Ecco, rievocati a grandi linee, i punti che mi sembrano più importanti per i nostri amici africani. Di conseguenza, davanti ai modelli di società che vengono loro presentati da altri paesi, è normale che gli africani diffidino di un “umanesimo” riduttore. Ben volentieri accetteranno l’aiuto fraterno, umanitario, economico, culturale, di cui hanno certo bisogno, ma nel rispetto della loro dignità e del loro ideale; ed essi vogliono essere riconosciuti come capaci di apportare ad altri il meglio di loro stessi. Io spero che queste preoccupazioni siano condivise da un gran numero d’uomini di buona volontà, in tutto questo continente. Coloro che adorano Dio con cuore sincero dovrebbero essere particolarmente sensibili a questi voti che raggiungono la sua volontà. Coloro che condividono la fede cristiana trovano in essa lo stimolo più forte per servire così l’uomo nel quale Cristo si è identificato, e servire Cristo nell’uomo. Quanto ai figli della Chiesa cattolica, sono sicuro che impiegheranno tutte le loro forze per promuovere questo sviluppo integrale(…). 55 PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II Libreville, 19 febbraio 1982 O Madre degli uomini e dei popoli, tu che fosti presente nella Chiesa fin dall'inizio della sua missione, intercedi per essa, affinché, camminando attraverso il mondo, continui ad ammaestrare tutte le nazioni ed annunci il Vangelo ad ogni creatura! È con queste parole, già pronunciate per salutarti a Roma nella solennità della Pentecoste, l'anno scorso, in unione con i Vescovi di tutto il mondo, che desidero salutarti oggi, o Madre di Dio, o Theotokos, insieme con i Vescovi della Chiesa del Gabon, il paese che mi è dato di visitare in questo momento! A te, che sei la Madre della Chiesa, voglio affidare e consacrare in modo speciale la Chiesa che è nel Gabon, come nella festa di Pentecoste ti ho affidato e consacrato la Chiesa sparsa in tutte le nazioni e presso tutti i popoli della terra, sì, la Chiesa e il mondo intero! In questo gesto di consacrazione, che compio oggi, accomuno tutti coloro che vivono e lavorano in terra d'Africa, come pure tutti coloro che il Padre celeste ha amato in Gesù Cristo e vuole salvare mediante il sangue della sua croce. O Madre della Chiesa, ti rivolgo una speciale supplica per tutti i sacerdoti che operano su questa terra, affinché siano "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Cor 4,1) per il bene dei loro fratelli. Ti prego per i religiosi e le religiose, per tutte le anime consacrate e perché molti rispondano a una simile vocazione. Ti prego perché i fedeli, e specialmente le famiglie di questo paese, abbiano sempre una grande generosità nella fede. Che tutti facciano progredire l'opera dell'evangelizzazione iniziata qui dagli operatori apostolici che li hanno preceduti da molte generazioni! Che il Verbo di Dio, che si è fatto carne nel tuo seno verginale per opera dello Spirito Santo, cresca nei cuori ed estenda il suo irradiamento per la salvezza del mondo intero! Amen! 56 DISCORSO DI BENEDETTO XVI AI VESCOVI DEL GABON Udienza del 26/10/2007 CITTA' DEL VATICANO, 26 OTT. 2007 (VIS). Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI, nel ricevere in udienza i Presuli della Conferenza Episcopale del Gabon, al termine della Visita "ad Limina Apostolorum", ha affermato che i gabonesi "si lasciano talvolta attrarre dalla società dei consumi e della permissività, trascurando così i più poveri del Paese". "Incoraggio i gabonesi a far accrescere il senso della fraternità e della solidarietà. Si constata nel contempo una certa rilassatezza nella vita dei cristiani attratti dalle seduzioni del mondo. Auspico che essi abbiano sempre una condotta esemplare per quanto attiene ai valori spirituali e morali". "Fra i doveri più urgenti della Chiesa in Gabon" - ha ribadito Papa Benedetto XVI - "occorre anzitutto segnalare la trasmissione della fede e l'approfondimento del mistero cristiano. Per far fronte alle diverse sollecitazioni, i fedeli devono avere una formazione approfondita che dia loro la possibilità di fondare la propria vita cristiana su chiari principi". "Le comunità ecclesiali saranno", così, "più vive e i fedeli attingeranno alla liturgia, nella preghiera personale, familiare e comunitaria, forze per essere, in tutti gli ambiti della vita sociale, testimoni della Buona Novella, artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace, delle quali il nostro mondo ha più che mai bisogno". Successivamente il Papa ha ribadito che i Vescovi sono chiamati a riservare particolare attenzione ai giovani ed ha affermato in merito: "Auspico che i giovani non temano di essere i primi evangelizzatori dei loro coetanei. Spesso è grazie all'amicizia e alla condivisione che questi ultimi potranno scoprire la persona del Cristo e unirsi a Lui". Richiamando l'attenzione sulla preoccupazione dei Vescovi per lo scarso numero di vocazioni sacerdotali e religiose, il Santo Padre ha affermato: "La presenza di un Seminario a Libreville deve essere per voi oggetto di particolare attenzione, perché è il futuro dell'evangelizzazione e della Chiesa che è in gioco; ciò non mancherà di essere un incentivo affinché in ogni diocesi, si sviluppi e si intensifichi la pastorale vocazionale". 57 Benedetto XVI ha esortato i sacerdoti, i religiosi e le religiose e le famiglie a "mobilitarsi con la preghiera, mediante l'accompagnamento dei più giovani e l'impegno nella trasmissione della chiamata di Cristo, affinché nascano e fioriscano le nuove vocazioni di cui il Paese ha bisogno". "Non si deve dimenticare il ruolo dell'Insegnamento cattolico, nel quale professori ed educatori hanno il compito dell'educazione integrale dei giovani, la quale abbisogna della testimonianza e della trasmissione della fede, e di riservare attenzione alle vocazioni". "Sviluppando instancabilmente la loro vita in intimità con il Cristo" - ha detto il Pontefice riferendosi ai sacerdoti - "avranno una coscienza più viva dell'esigenza della fedeltà agli impegni assunti davanti a Dio e alla Chiesa, in particolare l'obbedienza e la castità nel celibato. Così essi vivranno sempre più il loro ministero sacerdotale come un servizio ai fedeli". "Nella fraternità sacerdotale, confortati da voi che siete per loro padre e fratello, essi troveranno un sostegno spirituale; voi potrete allora realizzare progetti pastorali comuni che daranno nuovo slancio alla missione. Esorto ogni sacerdote" - ha concluso il Pontefice - "a cercare dapprima il bene della Chiesa e non i vantaggi personali, conformando la propria vita e la propria missione al gesto della lavanda dei piedi (Jn 13, 1-11). Questo amore vissuto in una prospettiva di servizio disinteressato fa nascere una gioia profonda". 58