INDICE - Radio Vaticana

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INDICE - Radio Vaticana
Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa
dei vescovi del Gabon
Città del Vaticano, 22-27 ottobre 2007
A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana
INDICE
Repubblica del Gabon
Il paese
Cenni storici
Struttura ecclesiastica
Le diocesi
Cronologia della Chiesa in Gabon
Intervista con Mons. Mvé Engone
La vita della Chiesa
Le visite ad limina
Giovanni Paolo II e il Gabon
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REPUBBLICA DEL GABON
Superficie: 267.667 km2.
Confini: NORD: Guinea Equatoriale e Camerun, EST E SUD Congo,
OVEST: Oceano Atlantico.
Capitale: Libreville
Altre città: Port-Gentil, Masuku, Oyem, Moanda, Mouila, Lambaréné,
Tchibanga, Koulamoutou, Makokou.
Popolazione: 1 424 906 (stima 2006)
Gruppi etnici per la quasi totalità di stirpe bantu. I pigmei, abitatori
originari della regione, sono ridotti a un’esigua minoranza.
Lingua ufiiciale: francese
Altre lingue: Fang, Myene, Nzebi, Pounou/Eschira, Teke, Obamba,ecc.
Religione: Cattolici 55% (dati Annuario Statistico della Chiesa del
2005). Altre confessioni: protestanti (10% circa), sette pentecostali
(in crescita),credenze tradizionali (13%), musulmani (6%)
Ordinamento: Repubblica di tipo presidenziale, con a capo un
presidente eletto per 7 anni a suffragio diretto; potere legislativo
esercitato dal Parlamento, eletto a suffragio universale per 5 anni e
formato da due camere: l'Assemblea Nazionale (120 membri) e il
Senato (91 membri).
Presidente Omar Bongo (PDG), dal 29-XI-1967, rieletto da ultimo il
27-XI-2005
Primo Ministro Jean Eyeghe Ndong (PDG), dal 20-I-2006
Unità monetaria franco CFA
Membro di OCI, ONU, UA e WTO, associato UE
IL PAESE
Negli ultimi anni il costante miglioramento delle condizioni di vita ha
portato a un forte aumento della popolazione che risiede in gran
parte in piccoli villaggi agricoli. L'area di più fitto insediamento è la
costa, dove sono gli attivi centri portuali di Libreville, fondata, come
dice il nome (città libera), da un gruppo di ex schiavi e divenuta la
base della penetrazione coloniale francese nell'interno del Paese, e di
Port-Gentil, massimo sbocco del Gabon. Area di sviluppo è anche
quella di Franceville, grazie ai ricchissimi giacimenti di Moanda
(manganese).
(Fonte principale: De Agostini 2007)
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CENNI STORICI
I primi abitanti dell’attuale territorio del Gabon erano delle tribù
pigmee dedite alla caccia e alla raccolta. Intorno al 1000 d. C.
cominciarono ad insediarsi popolazioni Bantu che sostituirono e in
parte assorbirono le popolazioni pigmee. Tuttavia oggi una piccola
percentuale dell'attuale popolazione del Gabon è ancora costituita da
pigmei. I Bantu che si insediarono nell'area diedero origine all'etnia
Mpongwe. Gli ultimi ad insediarsi nell'area, nel XIX secolo furono i
Fang provenienti dal nord.
I primi europei a stabilire contatti con il Gabon furono mercanti
portoghesi arrivati nel XV secolo che chiamarono il territorio con la
parola portoghese gabao (un cappotto con il manicotto ed il
cappuccio che assomiglia alla forma creata dall'estuario del fiume
Komo). Il litorale divenne un importante centro per il commercio di
schiavi. Nel XVI secolo vi giunsero commercianti olandesi, britannici e
francesi.
Nella prima metà del XIX secolo il controllo delle coste fu affidato ai
francesi per reprimere la tratta degli schiavi. Tra il 1839 e il 1849 essi
firmarono una serie di contratti con i capi-tribù locali, in particolare
con i re Louis e Denis che controllavano la costa. La Francia consolidò
il controllo dell’area con la costruzione di insediamenti militari. Del
1843 è la costruzione del Fort Aumale usato come base per la marina
nell'estuario del fiume Komo e nel 1849 venne fondata la capitale,
chiamata Libreville in quanto destinata ad ospitare gli schiavi liberati.
Nel 1888 il territorio il Gabon fu unito a quelli situati alla destra del
fiume Congo per formare la Colonia del Medio Congo che nel 1910
entrò a fare parte dell'Africa Equatoriale Francese.
Membro della Comunità Francese dal 1958, il Paese ottenne
l’indipendenza dalla Francia nel 1960. Raggiunta l'indipendenza, il
carattere autoritario e filo-occidentale del regime del primo Presidente
Léon M'Ba venne formalizzato dal successore Omar Bongo Ondimba,
che nel 1968 fece del Partito Democratico Gabonese l'unico ammesso
nel Paese.
Solo nel 1990 la crescente pressione popolare obbligò Bongo ad
aprire al multipartitismo e, dopo una contestatissima rielezione nel
1993, a creare un governo di unità nazionale con le opposizioni per
preparare una riforma costituzionale (1995). Bongo fu rieletto alla
presidenza nel 1998. Il suo partito conquistò la maggioranza assoluta
nelle legislative del 2001. Nelle successive elezioni legislative del
2002 il partito Democratico Gabonese ha conquistato una larga
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maggioranza. Alle elezioni presidenziali del novembre 2005 Omar
Bongo Ondimba è stato riconfermato con il 79,21% dei voti. Nel
gennaio 2006 Ondimba ha nominato Jean Eyeghe Ndong Primo
Ministro che ha costituito il nuovo governo.
(Fonti: De Agostini 2007; Sapere.it; Jean Pierre Bodjoko -lz)
Struttura ecclesiastica
Conferenza episcopale del Gabon
Presidente:
Mons. Timothée Modibo-Nzockena, vescovo di Franceville
Segretario: Don Simon Nkoulou
Nunzio Apostolico:
Mons. Andrés Carrascosa Coso, arciv. tit. di Elo
La Chiesa è presente nel territorio con una Arcidiocesi metropolitana,
quattro Diocesi e una Prefettura apostolica
Arcidiocesi di Libreville (metr.)
Mons. Basile Mvé Engone
Suffraganee
Diocesi di Franceville
Mons. Timothée Modibo-Nzockena
Diocesi di Mouila
Mons. Dominique Bonnet
Diocesi di Oyem
Mons. Jean-Vincent Ondo Eyene
Diocesi di Port-Gentil
Mons. Mathieu Madega
Prefettura apostolica di Makokou (dir. sogg. alla S. Sede)
Mons. Joseph Koerber
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LE DIOCESI
Arcidiocesi di Libreville (metr.)
Mons. Basile Mvé Engone
Costituita nel 1842, prima come Prefettura apostolica e quindi come
Vicariato
apostolico
delle
“Due
Guinee”
(con
territorio
comprendente tutta l’Africa Occidentale tra la Prefettura Apostolica
del Senegal e il fiume Orange, senza confini precisi verso l’interno)
venne rinominata nel 1863 Vicariato del Gabon, dopo il
dismembramento del suo territorio. Assunse il nome di Libreville l’8
luglio 1947, diventando Diocesi il 14 settembre 1955. L’11
dicembre 1958 fu elevata ad arcidiocesi e divisa per costituire
prima la diocesi di Mouila e, successivamente, il 29 maggio 1969,
quella di Oyem. L’arcidiocesi abbraccia attualmente le province civili
dell’Estuaire e del Medio Ogooué. Il clero diocesano è aiutato dai
Padri dello Spirito Santo (Spiritani), dai Claretiani, dai religiosi della
Comunità di Cristo R, dai Trinitari, dai Salesiani, dai Premostratensi,
dai Cappuccini e dai Calasanziani.
Diocesi di Franceville
Mons. Timothée Modibo-Nzockena
È stata eretta il 5 ottobre 1974, con territorio dismembrato dalla
diocesi di Mouila. Abbraccia le province civili dell’Alto Ogooué e
dell’Ogooué-Lolo. Insieme al clero diocesano svolgono il loro
ministero i Padri Spiritani e i Missionari Clarettiani, Giuseppini.
Diocesi di Mouila
Mons. Dominique Bonnet
È stata eretta l’11 dicembre 1958 con territorio dismembrato
dall’arcidiocesi di Libreville. Il 5 ottobre 1974 è stata
successivamente divisa per costituire la diocesi di Franceville.
Abbraccia le province civili di Ngouinié et di Nyanga. Il clero
diocesano è aiutato dai Padri Spiritani e dai Salesiani e religiosi
della Comunità di Cristo Re.
Diocesi di Oyem
Mons. Jean-Vincent Ondo Eyene
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E’ stata eretta il 29 maggio 1969 con territorio dismembrato
dall’arcidiocesi di Libreville. Abbraccia le province di Oyem (WoleuNtem) e di Makokou (Ogooué-Ivindo). Il clero diocesano è aiutato
dai Padri Spiritani e dai Salesiani.
Diocesi di Port-Gentil
Mons. Mathieu Madega
È la diocesi di più recente creazione: è stata eretta il 19 marzo 2003
con territorio dismebrato dall’arcidiocesi di Libreville. Port-Gentil è il
capoluogo della provincia dell'Ogooué-Maritime, importante centro
commerciale e portuale. I sacerdoti diocesani sono aiutati dai
Salesiani e dai Spiritati.
Prefettura apostolica di Makokou
Mons. Joseph Koerber
La Prefettura di Makokou è stata costituita il 7 marzo 2003, con
territorio dismembrato dalla diocesi di Oyem. Il clero diocesano è
aiutato dai Padri Spiritani e dai Salesiani.
Cronologia della Chiesa in Gabon
1673 Primo tentativo di evangelizzazione ad opera di un Cappuccino.
Settembre 1844 Arrivo a Libreville di padre Jean Rémy Bessieux
della Congregazione dello Spirito Santo che celebra la prima messa in
terra gabonese. I primi Padri del Sacro Cuore di Maria di Padre
Libermann fondano la prima missione a Libreville.
1863 Erezione del Vicariato apostolico del Gabon.
1875 Fondazione di una seconda missione a Donguila.
1878 Inizia l'evangelizzazione dell'interno che si estende al
Cameroun, alla Guinea Spagnola e Medio Congo.
1881 Fondazione della missione di Lambaréné.
1899 Prima ordinazione sacerdotale.
1913 Fondazione della missione di Mourindi
14 settembre 1955 istituzione della Sacra Gerarchia dipendente
da Brazzaville (Congo).
1958 Il Gabon diventa Provincia ecclesiastica con sede metropolitana
a Libreville
1958 Erezione della Diocesi di Mouila.
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1961 Ordinazione del primo vescovo autoctono, mons. Ndong.
1968 Erezione della Diocesi di Oyem.
1968 Morte del primo sacerdote gabonese, mons. André RapodaWalker.
1974 Erezione della Diocesi di Franceville.
1982 Visita Pastorale di Giovanni Paolo II.
2003 Viene eretta la nuova diocesi di Port-Gentil e costituita la
Prefettura Apostolica di Makokou.
Intervista con Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di
Libreville e già presidente della conferenza episcopale del
Gabon
(E’ a Roma per la visita ad limina con gli altri presuli del Suo Paese
e lo abbiamo incontrato nella sede della RV)
Eccellenza, può descriverci il contesto in cui opera la Chiesa
cattolica in Gabon?
La chiesa del Gabon è stata fondata dai padri dello Spirito Santo nel
1844 da p. Bessieux, che ha fondato la prima Chiesa e le prime
strutture. Oggi il paese, indipendente dal 1960, si sforza di creare
le condizioni di sviluppo di cui possa beneficiare la gran parte della
popolazione. Sul piano sociale il contesto non e’ di lotta ma un
contesto dove i responsabili politici si sforzano di ridistribuire le
ricchezze a tutti. A dispetto di una situazione generale africana
dove spesso si devono attendere aiuti esterni, dobbiamo far sì che
lo sviluppo nasca da noi.
Vuol dire, Eccellenza, che il contesto politico permette alla
Chiesa di evangelizzare senza problemi?
Essendo un contesto in cui ciascuno cerca di fare del suo meglio, la
Chiesa è chiamata essa stessa ad andare sempre più avanti
nell’annuncio della buona novella, nell’evangelizzazione, per essere
più vcina alla popolazione, vicina a coloro ai quali annuncia la buona
novella.
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Tra Stato e Chiesa quindi i rapporti sono buoni?
Certo. La chiesa si pronuncia. ha libertà di parola e d’espressione.
Non è conculcata nei suoi diritti, può dire ciò che crede e lo dice. Sa
se le cose vanno bene o se vanno male, a vantaggio dell’interesse
comune.
Mons. Mvé Engone, qual è la sfida principale della Chiesa?
Per quanto posso vedere dalla mia diocesi, Libreville, la principale è
quella della formazione. La formazione dei cristiani, dei preti, dei
seminaristi, perché il messaggio evangelico possa essere
inculturato e possa prendere nella società lo spazio che gli compete.
Così le persone che ricevono l’annuncio potranno esserne
trasformate negli stili di vita, nelle consuetudini familiari e
diventiare, come dicono le Scritture, esseri nuovi nel loro spirito,
nel loro contegno e soprattutto nelle loro azioni. Questa è la sfida
della Chiesa, ancor più oggi che c’è una moltitudine di sétte che
arrivano dall’estero, in special modo dal continente americano, dal
sudamerica e dal nord, e invadono la nostre società dell’Africa subsahariana.
Quindi la presenza delle sétte costituisce una sfida anche
per la Chiesa del Gabon?
Decisamente sì. E’ per questo che mettiamo l’accento sulla
formazione e su un’evangelizzazione che tenga conto delle
necessità della gente e che si prenda carico dei problemi. Per
questo è necessario che si viva una grande comunione tra coloro
che credono in Dio e bisogna che vi sia anche una grande
condivisione dei beni, di ciò che siamo e di ciò che abbiamo perchè
la chiesa diventi - come abbiamo proclamato in occasione del
sinodo speciale per l’Africa - veramente una chiesa famiglia dei figli
di Dio. In quale famiglia uno può vivere nella povertà più assoluta
ed un altro ha tutto? E’ quindi necessaria la condivisione alll’interno
della Chiesa.
Ella ha parlato poc’anzi della formazione. E quella delle
vocazioni, ad esempio alla vita religiosa e sacerdotale?
Per quanto attiene alla vita religiosa e sacerdotale potrei dire,
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prendendo ad esempio la mia diocesi, che le vocazioni sono in
crescita. Ad esempio quest’anno ho avuto la gioia di presiedere
l’ordinazione di cinque nuovi diaconi. L’anno prossimo quindi
avremo cinque nuovi sacerdoti a servizio della diocesi. Nelle altre
diocesi, come ad esempio a Port Gentil, ci saranno a breve delle
ordinazioni diaconali, mentre a Oyem hanno già avuto luogo. Si
assiste dunque ad uno sviluppo delle vocazioni. Parlando sempre
della mia diocesi, abbiamo una ventina di seminaristi maggiori e
nell'insieme in Gabon si arriva a circa 40-50 seminaristi maggiori.
Certo a qualcuno potrebbero sembrare numeri modesti, ma per le
esigenze della nostra chiesa, possiamo veramente ringraziare Dio
per ciò che ci dona e progredire sulla strada intrapresa a livello
vocazionale.
E qual è il posto del laicato nella Chiesa del Gabon?
I laici stanno prendendo un posto sempre maggiore nel contesto
ecclesiale, noi stiamo lanciando delle associazioni perchè i laici
sappiano che la loro presenza è fondamentale, perché la Chiesa
cammina con le loro gambe nella società. Devono essere il volto
della Chiesa nella società e devono tentare di far scoprire agli altri il
volto della Chiesa. Vi sono ad esempio delle associazioni di donne
cattoliche che stanno iniziando a Libreville e che si diffonderanno
progressivamente all’insieme delle nostre diocesi. Un'altra
associazione che stiamo per lanciare è rivolta ai quadri della Stato,
affinché siano il volto della chiesa nella società civile. Vogliamo
quindi che la Chiesa sia presente nella società attraverso i suoi
fedeli, i suoi laici, e ci sforziamo di fare in modo che i laici possano
in misura maggiore prendere delle responsabilità nella chiesa. Il
nostro compito di pastori è quello di facilitare la loro presa di
coscienza.
I vescovi del Gabon vengono a Roma per incontrare il
successore di Pietro, quali sono le vostre preoccupazioni
particolari che portate?
Sono numerose, abbiamo parlato adesso della formazione, perché i
nostri giovani non siano dei mendicanti che vanno da tutte le parti
per avere l’insegnamento cui aspirano. La gioventù infatti è in sé
una grande sfida per la nostra Chiesa. Essa infatti sarà ciò che sono
i giovani d’oggi nella chiesa. Se essi sono veramente impegnati
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nella Chiesa siamo certi che la fiaccola sarà data a quelli che
verranno dopo e che essa continuerà a sviluppare la nostra Chiesa,
il suo insegnamento tra le popolazioni. Così la fede cristiana sarà
una fede che vive e non solo una fede di testa, ma che certo è nella
testa ma va al cuore e si esprime in ciò che viviamo e dunque una
grande comunione. E’ certo questa una grande sfida per i paesi
dell’Africa. Forgiare buoni cristiani significa lavorare per l’unità.
Siamo divisi in numerose tribù, ma nella chiesa non ci sono più
greci, giudei o pagani, non ci sono stranieri, siamo tutti membri di
questa Chiesa (Gal. 3,28-29) ed è dunque una grande sfida per la
Chiesa fare in modo che le tribù, le razze di ogni Paese e di ogni
Chiesa non siano più individui che si combattono, ma di uomini che
si tendono la mano e lavorano assieme per il vero sviluppo dei
propri Paesi, per la vera unità. Perché senza unità non possiamo
avanzare e quindi creare queste condizioni d’unità. Il Vangelo è lì a
suggerirci come creare queste condizioni di unità per tendere la
mano a chi ne ha bisogno, per incoraggiarlo, per progredire tutti
insieme ogni volta che è necessario dire no ad idee senza costrutto
e promuoverne invece una che ci permette di andare lontano. E
vivere come un popolo, un gruppo umano unito attorno al Vangelo.
Un’ultima parola, come pastore della Chiesa…
Voglio ribadire che dobbiamo sempre tendere ad essere testimoni
veri del vangelo. Una testimonianza che deve aprirci alla
condivisione, all’accoglimento dell’altro, alla sua comprensione, a
non rifiutarlo ma a considerarlo un fratello. Senza di lui io sono
nulla agli occhi di Dio e lui anche. Dobbiamo accoglierci per
manifestare quell’amore che Dio nutre nei confronti di ognuno e
vuole che noi siamo accanto ai nostri fratelli i testimoni autentici.
LA VITA DELLA CHIESA
Dalle notizie della Radio Vaticana
I 150 anni dell’evangelizzazione del Gabon
LIBREVILLE, 8 nov ’94 - La Chiesa del Gabon celebra quest'anno il
150°mo anniversario dell'arrivo dei primi missionari nel Paese. Per
l'occasione sono state organizzate diverse manifestazioni che
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culmineranno tra il 15 e il 20 novembre con importanti cerimonie
nella capitale, Libreville, tra cui l'ordinazione di tre nuovi sacerdoti.
E' prevista la partecipazione di una cinquantina di personalità
religiose provenienti dai paesi dell'africa occidentale, la cui
evangelizzazione partì proprio dal Gabon. Tutte le parrocchie del
Paese si sono mobilitate per questo importante avvenimento. Ai
preparativi hanno partecipato molti giovani che hanno messo in
scena una rappresentazione teatrale dello scrittore gabonese
Vincent De Paul Nyonda dedicata alla figura padre Jean-Remy
Bessieux, il sacerdote francese che nel settembre 1844 celebrò la
prima Messa in terra gabonese. La maggioranza della popolazione
in Gabon oggi è cristiana.
Vescovi del Gabon su progetto di legge che modifica l'attuale
regime matrimoniale civile
LIBREVILLE, 26 giu 96 - Il Parlamento del Gabon è stato chiamato
ad esaminare un progetto di legge che modifica l'attuale regime
matrimoniale civile. nel progetto vene consentito allo sposo di
ritirare la sua scelta di matrimonio monogamico senza chiedere
l'assenso della prima moglie, com'era previsto dalla legge fin qui in
vigore. I vescovi del Gabon hanno reagito dichiarando che tutto ciò
che va contro la famiglia e contro l'istituzione del matrimonio deve
essere considerato contro la società.
I vescovi del Gabon chiedono la revisione di un progetto di
riforma del Codice penale che prevede la pena di morte per
chi compie sequestri o arresti arbitrari
LIBREVILLE, 13 nov 01 - I vescovi del Gabon hanno chiesto la
revisione di un progetto di riforma del codice penale che prevede la
pena di morte per chi compie sequestri o arresti arbitrari contro
persone che rivestono cariche pubbliche o si rende responsabile di
torture fisiche. Il progetto è stato presentato dal Ministro della
Giustizia ed ha aperto in queste settimane un vivace dibattito nel
Paese. Critiche alle nuove disposizioni vengono mosse dai vescovi
del Paese che giudicano inaccettabile, oltre che inutile,
l'applicazione della pena di morte per questi reati. In una
dichiarazione, il cui testo è stato reso noto ieri dall'agenzia cattolica
africana Dia, essi hanno chiesto che venga modificato perché in
Gabon si affermi un vero Stato di diritto. Il documento è firmato,
tra gli altri, dall'arcivescovo di Libreville, Mons. Mve Basile Engome
e
dall'ausiliare
dell'arcidiocesi,
Mons.
Matthieu
Madega
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Lebonakehan, rispettivamente Presidente e Segretario della
Conferenza episcopale gabonese. Citando la Dichiarazione
universale dei diritti dell'Uomo, i presuli ricordano che "Qualsiasi
legislazione deve tenere conto dei diritti della persona". Secondo i
vescovi lo Stato dispone di numerosi mezzi per reprimere
efficacemente il crimine e fare in modo che un criminale venga
messo in condizioni di non nuocere, senza precludergli la possibilità
di pentirsi ed emendarsi. In questo senso, fanno notare i vescovi, la
pena di morte non sarebbe una migliore garanzia per la società
contro crimini odiosi quali il sequestro o le torture.
Nel Gabon si consolida la presenza di “Radio Santa Maria”
LIBREVILLE. – Nel Gabon, si è consolidata la presenza di Radio
Santa Maria, emittente in FM attiva nella evangelizzazione. La dirige
un religioso spiritano, padre Jean-Louis Rey, originario del cantone
svizzero di Valais. Radio Santa Maria, spiega il religioso, “trasmette
24 ore su 24, fa molti programmi religiosi ed è collegata con Radio
Notre Dame di Parigi”. L’emittente trasmette in modulazione di
frequenza e copre le aree della capitale Libreville e di altre città
importanti, come Port-Gentil e Lambaréné. Il trasmettitore ha la
potenza di un kilowatt. Sono 18 le persone impiegate presso Radio
Santa Maria. Su richiesta dell’arcivescovo, il salesiano mons. Basil
Mvé Engone, le parrocchie di Libreville promuovono una questua
mensile per sostenere la radio cattolica.
Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di Libreville chiede
una più incisiva lotta contro la corruzione
LIBREVILLE, 15 gen 04 - Una più incisiva lotta contro la corruzione,
l’arricchimento illecito, la distrazione di fondi pubblici. L’ha chiesta
con forza Mons. Basile Mvé Engone, arcivescovo di Libreville, in
Gabon, per superare la povertà crescente nel paese. L’occasione è
stata la recente cerimonia, nella capitale, per lo scambio di auguri
per il nuovo anno dei rappresentanti delle istituzioni gabonesi con il
Presidente Omar Bongo. Nel suo discorso, diffuso dall’emittente
pan-africana “Africa Number One” e di cui riferisce l’agenzia
cattolica congolese Dia, il presule ha sottolineato come solo
un’adeguata “riduzione di questi flagelli” potrà permettere alla
maggioranza dei cittadini gabonesi di vivere “decentemente”. In
proposito, il presule ha suggerito, tra le altre cose, il rimpatrio dei
capitali depositati presso le banche estere da diversi dignitari del
regime. Nel suo intervento Mons. Engone ha, infine, deplorato la
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mancanza di qualsiasi riferimento a Dio nella costituzione. Seccata
è stata la replica del Presidente Bongo, che ha bollato le critiche
come fuori luogo e “demagogiche”. Secondo il Capo dello Stato
gabonese questa cerimonia tradizionale non può essere
“trasformata in una tribuna per denunciare le manchevolezze e
criticare l’operato degli uni e degli altri, proporre piattaforme e dare
lezioni di morale e patriottismo”.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Pnud), il
20 per cento degli abitanti delle due principali città del Gabon, dove
risiede il 70 per cento della popolazione, vive sotto la soglia di
povertà, percentuale ancora maggiore nelle aree rurali. Questo,
nonostante il Prodotto interno lordo risulti essere uno dei più alti
dell’Africa sub-sahariana.
Messaggio dei vescovi in vista delle elezioni presidenziali del
2005
LIBREVILLE, 22 nov. 05 - In vista delle prossime elezioni
presidenziali in Gabon, il 25 e 27 novembre, l’episcopato locale ha
pubblicato un messaggio in cui rivolge un pressante appello alla
calma e per lo svolgimento pacifico dello scrutinio. Nel documento,
il cui contenuto Þ stato diffuso dal quotidiano filo-governativo
“L’Union”, i sei presuli del Paese africano chiedono in particolare
alla classe politica gabonese di fare il possibile per garantire la
massima trasparenza del processo elettorale, “fondamento affermano - della legittimità e della legalità di un regime
democratico”. In questo senso, i leader politici vengono esortati a
non soffermarsi su “questioni secondarie”e a pronunciarsi piuttosto
su punti essenziali quali ôil rispetto della vita umana e i diritti
fondamentali, poiché, sottolinea il messaggio, ôÞ meno importante
vincere le elezioni che vincere insieme la lunga battaglia per lo
sviluppo, la pace sociale, la concordia nazionale e la sicurezza delle
persone e dei beni”. Rivolgendosi quindi agli elettori cristiani, i
presuli gabonesi rilevano come essi non possano “assistere
passivamente o partecipare attivamente alla menzogna, alla
delazione, alla corruzione, alla violenza, alle uccisioni, ai sacrifici
umani”. In conclusione, essi invitano tutti i compatrioti “a
comportarsi da persone ragionevoli, giuste e religiose, a mettere in
atto comportamenti semplici, autentici e coraggiosi che
promuovano la giustizia, la verità, la fratellanza e la pace”.
Governato da presidenti autocratici fin dalla sua indipendenza dalla
Francia, il Gabon ha introdotto un sistema multipartitico e una
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nuova costituzione all'inizio degli anni '90, che non ha comunque
impedito all’attuale Presidente El Hadj Omar Bongo Ondimba, in
carica dal 1967 e principale favorito anche a queste elezioni, di
restare al potere, nonostante il crescente malcontento popolare. Da
parte dei vescovi non sono mancate in passato critiche alla sua
gestione e in particolare alla corruzione e ai fenomeni di
arricchimento illecito diffusi nel suo entourage.
Appello per la pace dei vescovi del Gabon
LIBREVILLE, 20 gen 06 - Nel corso dell’Assemblea ordinaria, in
corso da martedì a Libreville, i vescovi del Gabon hanno
condannato gli atti di violenza nella capitale verificatisi a seguito
della rielezione a capo dello stato di Omar Bongo Ondimba. I presuli
hanno pubblicato un messaggio ufficiale, reso noto il 17 gennaio
scorso, nel quale invitano la popolazione alla calma. “In questo
momento di transizione, è opportuno mettere da parte il
sentimento di odio e di vendetta” scrivono i presuli, aggiungendo
che “Il dialogo - lo strumento principe per il superamento dei
conflitti. Il ricorso alla violenza - sottolineano - non ha mai portato
da nessuna parte”. Omar Bongo, al timone del Gabon dal 1967, con
la recente vittoria ha conquistato il suo sesto mandato
presidenziale.
La Chiesa gabonese celebra uno speciale anno giubilare per
il 25° della visita di Giovanni Paolo II
LIBREVILLE, 16 gen 2007 - La Chiesa in Gabon ha indetto per il
2007 uno speciale anno giubilare per celebrare il 25° anniversario
della visita di Giovanni Paolo II, avvenuta il 17 e 18 febbraio 1982.
L’anniversario - spiegano gli organizzatori, con in prima linea
l’arcivescovo di Libreville Basile Mvé Engone - sarà un’occasione per
rilanciare l’esortazione del Papa alla Chiesa gabonese: “Alzati e
cammina”. In programma figurano numerose iniziative e
manifestazioni che ruoteranno attorno a sette temi principali. Le
celebrazioni si concluderanno nel gennaio 2008. Evangelizzato 162
anni fa, il Gabon è oggi un Paese in maggioranza cattolico, con
un’ancora forte presenza culti tribali. La figura di Giovanni Paolo II
è particolarmente cara ai gabonesi, come conferma il fatto che alla
sua morte il governo proclamò cinque giorni di lutto nazionale.
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I vent'anni del Seminario Maggiore di Libreville
LIBREVILLE, 22mar07 - Nel Gabon il Seminario Maggiore di
Libreville ha festeggiato i 20 anni di vita. Venne, infatti, eretto nel
1985. Tre anni prima, nel corso della visita pastorale in Gabon,
Giovanni Paolo II esortò la Chiesa locale “ad alzarsi e a mettersi in
marcia”. Lo ha ricordato, nella cerimonia commemorativa, il rettore
del seminario, don Emmanuel Meaudre, che non ha mancato di
ricordare pure il padre Daniel Brottier, sacerdote francese della
Congregazione dello Spirito Santo e del Cuore Immacolato di Maria,
a cui è intitolato lo stesso Seminario Maggiore di Libreville. Il
religioso (1876-1936), missionario nell’Africa francofona, è stato
beatificato da Giovanni Paolo II il 25 novembre del 1984.
Visita pastorale in Gabon del cardinale Dias
MOUILA, 5 giu 07 - È continuata, domenica scorsa, la visita
pastorale in Gabon del cardinale Ivan Dias, Prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. A Mouila il
cardinale Dias ha presieduto la celebrazione eucaristica per la
consacrazione della nuova Cattedrale dedicata a San Giovanni
Apostolo. Nel corso della sua omelia, il porporato ha voluto
ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione
dell’opera, e in particolare il Presidente della Repubblica El Hadj
Omar Bongo Odimba. “Con la consacrazione di questa cattedrale,
edificio costruito da mani umane, - ha detto il cardinale Dias pensiamo alla Chiesa costituta da "pietre viventi" che sono i
cristiani uniti a Cristo nel Battesimo. L'assemblea del popolo di Dio
nel tempio di Gerusalemme prefigura la Chiesa. Questa Assemblea
di Dio, siete voi fedeli di Mouila". Sabato scorso, il porporato era a
Libreville per la celebrazione centrale dell'Anno giubilare per i 25
anni della visita pastorale in Gabon di Giovanni Paolo II. All'omelia
della Santa Messa il cardinale Dias ha ripercorso alcuni tratti della
figura e dell'opera di Giovanni Paolo II con i suoi richiami alla
santità ed a scelte autenticamente cristiane.
15
LE VISITE AD LIMINA
15 febbraio 1993
Sono vicino alle popolazioni africane
Al ritorno dal mio decimo viaggio nel vostro continente, è con gioia
che vi ricevo a Roma e che ritrovo in vostra compagnia l’atmosfera
dell’Africa. Siate i benvenuti in questa casa in cui vi riceve un
Pastore che desidera essere vicino alle affascinanti popolazioni
africane, vicino a voi e alle vostre comunità ecclesiali e che porta
nel cuore e nella preghiera la sollecitudine di tutte le Chiese
particolari, fra cui quelle del Gabon che siete venuti ad affidare
all’intercessione dei Santi Apostoli, in occasione della tradizionale
visita “ad limina”! (…)
La missione di Cristo affidata a Pietro
Presto celebreremo la Cattedra di San Pietro, una festa che si
radica nel culto reso dai cristiani ai loro padri nella fede, presso il
sepolcro di Pietro in Vaticano e quello di Paolo sulla via per Ostia.
Questa solennità ci ricorda la missione che Cristo ha affidato a
Pietro di confermare la fede dei suoi fratelli, di fare l’unità dei
cristiani, di presiedere alla carità e di portare tutti i battezzati a
condividere lo stesso pane e a bere dallo stesso calice. La missione
originaria di Pietro è rimasta nel corso dei secoli quella dei suoi
successori sul Seggio Episcopale di Roma: il Papa, Successore di
Pietro, è per il popolo cristiano il principio e il fondamento visibile
della sua unità in una stessa fede e in una stessa comunione. Mi
auguro che questo pellegrinaggio romano, compiuto sulle orme dei
vostri Fratelli membri del Collegio Episcopale, vi porti luce e forza,
pace e conforto, cosicché ritorniate in Gabon colmi di nuova
sollecitudine per il vostro ministero quotidiano. (…)
La Chiesa esiste per evangelizzare
Alle soglie del terzo millennio, dinanzi a drammi e speranze, le
Diocesi dell’Africa uniscono le loro ricerche e sommano i loro sforzi
per far sì che il Vangelo sia accolto sempre meglio e vissuto più
profondamente in tutti i luoghi e in tutti gli ambienti. Questo è,
infatti, lo scopo della prossima Assemblea Speciale per l’Africa del
Sinodo dei Vescovi: “La Chiesa in Africa e la sua missione
evangelizzatrice in vista del Duemila”. L’Evangelizzazione vuole
offrire “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la
16
comunione dello Spirito Santo” (2 Cor 13, 13) a tutta l’umanità.
Cristo è stato il primo evangelizzatore e la Chiesa continua la sua
missione. L’evangelizzazione è quindi “la vocazione propria della
Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare,
vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della
grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del
Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della
sua gloriosa risurrezione” (Evangelii nuntiandi, 14). (…)
La Chiesa è una famiglia viva
(...) formata da Vescovi, da sacerdoti, da religiosi, da religiose e da
fedeli laici: ciascuno dei membri di questa famiglia, in ragione del
proprio battesimo, è responsabile dell'annuncio del Vangelo. Certo,
il ruolo principale spetta ai Vescovi, assistiti dai loro collaboratori
immediati nel sacerdozio, i sacerdoti e i diaconi. I religiosi e le
religiose si collocano nel dinamismo stesso dell'evangelizzazione
incarnando il radicalismo delle Beatitudini. Tuttavia, il laicato deve
essere incoraggiato ad assumere la propria responsabilità nella
missione evangelizzatrice della Chiesa, e vi esorto, cari Fratelli, a
proseguire i vostri sforzi per formare dei laici in Gabon capaci di
testimoniare autenticamente la loro fede. Offrite loro i mezzi per
acquisire un'autentica cultura religiosa attraverso l'insegnamento
della Bibbia, la vita spirituale e la dottrina sociale della Chiesa. In
particolare, esorto i fedeli laici a educare cristianamente i loro figli:
infatti, l'infanzia e la gioventù sono per l'avvenire della Chiesa di
notevole importanza. "I bambini ci ricordano che la fecondità
missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e
nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio"
(Christifideles laici, 47). Sulla scia di altri Paesi africani, le scuole
cattoliche del Gabon hanno contribuito a formare la classe dirigente
del vostro Paese. Possano continuare a offrire un'educazione per la
vita, una formazione della coscienza cristiana, e a proporre
efficacemente i valori umani e spirituali in armonia con la fede! (...)
Il compito missionario e i catechisti
"Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i
catechisti... (essi sono) operatori specializzati, testimoni diretti,
evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare
delle comunità cristiane" (Redemptoris missio, 73). Essi
costituiscono un importante aiuto per l'espansione della fede. Essi
sono al centro della storia della Chiesa in Africa e del suo successo
17
missionario. Possano ricevere sempre un'accurata istruzione
dottrinale e pedagogica, e al tempo stesso ricevano mezzi adeguati
allo sviluppo della loro vita spirituale! Preparateli in particolare al
sostegno del "Catechismo della Chiesa Cattolica", a divenire attivi
animatori di comunità, che compiano con maestria la loro
indispensabile funzione di insegnanti e di testimoni del Vangelo,
guidati dai Pastori. (...)
Tanti sacerdoti secondo il cuore di Cristo
La questione delle vocazioni nel clero secolare e nel clero religioso
resta per voi, lo so, di grande importanza. Come ho fatto notare ai
Vescovi del Benin che ho incontrato recentemente, “la Chiesa si
augura di avere sacerdoti in gran numero, ma non a qualsiasi
costo, perché soltanto sacerdoti secondo il cuore di Cristo possono
rispondere alle immense necessità della messe” (Discorso ai
membri della Conferenza Episcopale del Benin, n. 3). Continuate a
rivolgere tutta la vostra attenzione al risveglio delle vocazioni e alla
formazione dei candidati al sacerdozio. Grazie a gruppi di educatori
qualificati, offrite loro solide basi dottrinali, spirituali e disciplinari.
Dai seminari sia offerto ai futuri sacerdoti uno spirito di
collaborazione sincero fra i membri del clero diocesano e religioso!
Siano anche impartiti loro l’apprezzamento per la vita consacrata e
il desiderio di promuoverla secondo il carisma proprio di ciascun
istituto, poiché la presenza attiva delle religiose nei settori
parrocchiali, educativi e ospedalieri è particolarmente preziosa per
la diffusione della Buona Novella! Infine, secondo lo spirito
dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, cercate di radicare
la convinzione che “tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso,
hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni” (n.
41). Infatti, il problema delle vocazioni sacerdotali non deve essere
delegato ad alcuni specialisti sui quali ci si appoggerebbe. È un
problema vitale che ogni cristiano che ama veramente la Chiesa
deve portare nel proprio cuore. Cari Fratelli volevo soprattutto
mostrarvi l’interesse che nutro per le vostre maggiori
preoccupazioni, confermarvi nella vostra missione di Pastori, ridarvi
speranza e fiducia: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che
Gesù è il Figlio di Dio?” (1 Gv 5, 5). In segno di incoraggiamento, vi
imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica che estendo a
tutti i vostri collaboratori e alle vostre comunità diocesane.
18
5 giugno 2001
Approfondire i vincoli della comunione
Sono lieto di accogliervi, Vescovi della Chiesa cattolica nel Gabon,
mentre realizzate la vostra visita ad Limina. All'indomani della
celebrazione della festa della Pentecoste, auspico che lo Spirito
Santo vi colmi dei suoi doni affinché siate sempre più fedeli
nell'esercitare il ministero che avete ricevuto dal Signore. Che i
vostri incontri con il Successore di Pietro e con i Dicasteri della
Curia romana siano per voi intensi momenti di comunione ecclesiale
e di conforto apostolico! (...) Dalla sua ultima visita ad Limina,
l'Episcopato del Gabon è stato ampiamente rinnovato. Vi incoraggio
vivamente ad approfondire sempre più fra di voi i vincoli di
comunione che vi uniscono al fine di svolgere il vostro incarico in
modo fecondo e di sviluppare fra le vostre diocesi un'autentica
armonia pastorale. Trasmettete ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle
religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi il mio
saluto affettuoso e assicurateli della mia vicinanza spirituale.
Attraverso di voi saluto tutto il popolo del Gabon, chiedendo a Dio
di concedergli di vivere nella pace e di assisterlo nei suoi sforzi volti
a costruire una società solidale dove ognuno possa trovare il suo
pieno sviluppo. (...)
E’ necessario un nuovo slancio evangelizzatore
L'anno giubilare che si è appena concluso è stato per tutta la Chiesa
l'occasione di un rinnovamento spirituale e missionario. È dunque
ora necessario che in ogni Paese venga conferito un nuovo slancio
all'evangelizzazione. Pertanto, come ho avuto l'opportunità di
scrivere nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, "la
prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella
della santità" (n. 30), poiché se il nostro Battesimo ci fa veramente
entrare nella santità di Dio, "sarebbe un controsenso accontentarsi
di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e
di una religiosità superficiale" (n. 31). Per essere testimoni credibili
del Vangelo che annunciano fra i loro fratelli, i cristiani devono
volgere risolutamente il proprio sguardo a Cristo Signore e
Salvatore di tutta l'umanità. Vi esorto dunque a procedere con
entusiasmo lungo le difficili vie della missione. Certo, conosco i
limiti dei vostri mezzi umani e materiali. Tuttavia, il Signore ci ha
assicurato della sua presenza in mezzo a noi. Non abbiate paura di
lasciarvi pervadere dallo slancio missionario che animava l'Apostolo
19
Paolo, andando incontro agli uomini e alle donne che non hanno
ancora ricevuto la Buona Novella. In effetti, tutti hanno il diritto di
conoscere la ricchezza del mistero di Cristo. (…)
Chiesa, società ed stato
D'altro canto, da alcuni anni nel vostro Paese l'attività della Chiesa,
che vuole essere al servizio di tutti gli abitanti del Gabon senza
distinzioni, si può sviluppare in un quadro giuridico nuovo. Sono
lieto dell'accordo concluso fra la Santa Sede e la Repubblica del
Gabon per lavorare alla promozione del bene comune, garanzia del
benessere spirituale e materiale delle persone. È auspicabile che,
nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia delle due parti,
questo spirito di collaborazione si sviluppi maggiormente, in
particolare per permettere alle scuole cattoliche di contribuire con
sempre maggiore efficacia all'educazione umana e spirituale della
gioventù del vostro Paese. (…)
La formazione dei laici, priorità ed esigenza
La formazione degli agenti dell'evangelizzazione è molto importante
per assicurare il futuro della Chiesa nel continente africano.
L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha posto
l'accento sulla necessità di formare i laici affinché possano
assumere il loro ruolo insostituibile nella Chiesa e nella società.
Desidero pertanto salutare in modo particolare i catechisti delle
vostre diocesi, il cui ruolo resta determinante per lo sviluppo delle
comunità cristiane. Vi incoraggio vivamente a offrire a questi
preziosi collaboratori della missione un sostegno materiale, morale
e spirituale attento, e a far sì che beneficino di una salda
formazione dottrinale iniziale e permanente. I fedeli del vostro
Paese devono essere parimenti capaci di assumersi le proprie
responsabilità civili e di "esercitare sul tessuto sociale un influsso
volto a trasformare non soltanto le mentalità, ma le stesse strutture
della società in modo che vi si rispecchino meglio i disegni di Dio
sulla famiglia umana (Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, n.
54). È dunque opportuno aiutare i laici a condurre una vita in
armonia con la loro fede, affinché le loro attività e le loro
responsabilità siano una testimonianza sempre più autentica resa al
Vangelo in tutti i settori della vita sociale. (…)
20
La famiglia cristiana e la sua missione
D'altro canto, è indispensabile che le famiglie cristiane prendano
vivamente coscienza della loro missione nella Chiesa e nella
società. Una pastorale familiare adattata ai grandi problemi che si
pongono oggi, soprattutto per ciò che concerne il rispetto della vita
umana, contribuirà a promuovere la testimonianza di fede dei
coniugi attraverso una esistenza vissuta in conformità con la legge
divina sotto tutti gli aspetti, come pure mediante un impegno a
dare ai propri figli una formazione autenticamente cristiana. Che,
offrendo loro il suo aiuto disinteressato, la Chiesa si dimostri vicina
alle famiglie che si trovano in situazioni difficili, sapendo di essere
sempre per esse il volto di verità, di bontà e di comprensione del
Signore! Ai giovani delle vostre diocesi auguro di trovare nel loro
incontro con Cristo il segreto della vera libertà e della gioia
profonda del cuore. Nelle difficoltà che vivono, che non perdano mai
la fiducia nel futuro, ma che accettino di lavorare coraggiosamente
con i propri fratelli per l'avvento di un mondo nuovo fondato sulla
fraternità e sulla giustizia. (...)
I sacerdoti e la loro chiamata alla santità
Nel riunire la famiglia di Dio in una fraternità animata dalla carità e
condurla al Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo (cfr Decreto
Presbyterorum ordinis, n. 6), i sacerdoti sono i collaboratori
necessari e insostituibili che dovete considerare come fratelli e
amici, preoccupandovi della loro situazione materiale e spirituale ed
esortandoli a una collaborazione fraterna con voi e fra di loro.
Saluto di cuore tutti i vostri sacerdoti e li esorto a perseverare
generosamente, malgrado gli ostacoli, negli impegni che hanno
preso il giorno della loro ordinazione. Che si ricordino sempre che
hanno ricevuto una chiamata specifica alla santità e sono tenuti a
tendere alla perfezione in tutti gli ambiti della loro esistenza,
soprattutto attraverso una vita morale retta, poiché tutta la loro
persona, consapevole, libera e responsabile, è profondamente
impegnata nell'esercizio del proprio ministero! Deve pertanto
esistere uno stretto vincolo fra l'esercizio del ministero e una vita
spirituale intensa. È dunque fondamentale che ogni sacerdote
"rinnovi continuamente e approfondisca sempre più la coscienza di
essere ministro di Gesù Cristo in forza della consacrazione
sacramentale e della configurazione a lui, Capo e Pastore della
Chiesa (Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, n. 25). Solo
21
un'intimità abituale con Cristo, manifestata in particolare nella
preghiera e nella ricezione dei sacramenti dell'Eucaristia e della
Riconciliazione, darà loro la forza e il coraggio di sostenere le prove,
e di accettare di ritornare fedelmente al Signore dopo la caduta.
Esorto anche il presbiterio di ognuna delle vostre diocesi, sacerdoti
autoctoni e missionari originari di altri Paesi, a manifestare la sua
unità e la sua profonda comunione attorno al Vescovo, con la
convinzione di essere al servizio di un'unica missione che gli è stata
affidata dalla Chiesa in nome di Cristo. (…)
Attenzione prioritaria per la pastorale delle vocazioni
La pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose esige la più
grande attenzione affinché la Chiesa locale prosegua la sua
edificazione e la sua crescita. L'esempio di vita irreprensibile dei
sacerdoti e delle persone consacrate è per i giovani uno sprone
vigoroso per aiutarli a rispondere con generosità all'appello del
Signore. Nella promozione delle vocazioni, come pure nel loro
discernimento e nel loro accompagnamento, la prima responsabilità
è quella del Vescovo, responsabilità che deve assumersi
personalmente, assicurando la collaborazione indispensabile del suo
presbiterio e ricordando alle famiglie cristiane, ai catechisti e
all'insieme dei fedeli, la loro responsabilità particolare in questo
ambito. (…)
La formazione spirituale permanente
La costituzione di gruppi di formatori e di direttori spirituali per il
seminario maggiore deve essere una priorità per i Vescovi. Vi
esorto dunque a unire le vostre forze e a cercare collaborazioni,
affinché il seminario maggiore nazionale possa accogliere i giovani
delle vostre diocesi che hanno ricevuto la chiamata del Signore al
sacerdozio e offrire loro una formazione salda che li preparerà a
svolgere il ministero presbiterale con le qualità richieste di
rappresentanti di Cristo, di veri servitori e animatori delle comunità
cristiane. È indispensabile che questa formazione umana,
intellettuale, pastorale e spirituale permetta loro anche di mettere
alla prova e di sviluppare la propria maturità affettiva e di acquisire
forti convinzioni sull'indissociabilità del celibato e della castità del
sacerdote (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). (…)
22
Gli Istituti missionari
Desidero testimoniare la riconoscenza della Chiesa per l'opera degli
istituti missionari nella vita ecclesiale del Gabon. Mediante il loro
lavoro apostolico disinteressato e a volte eroico, i loro membri, ma
anche laici cristiani, hanno trasmesso la fiaccola della fede al vostro
popolo e hanno permesso alla Chiesa di radicarsi e di crescere nel
vostro Paese. Oggi, originari del Gabon o provenienti da altri Paesi,
in spirito di comunione e di collaborazione con voi e con il clero
diocesano, i religiosi svolgono un ruolo importante nella vita
pastorale delle vostre diocesi; le religiose, mediante le loro attività
parrocchiali, educative od ospedaliere, svolgono un generoso lavoro
al servizio della popolazione, senza distinzione di origine o di
religione, attirandosi così la stima di tutti. Auspico vivamente che la
vita consacrata si sviluppi nelle vostre diocesi al fine di contribuire
all'edificazione della Chiesa locale nella carità secondo il carisma
proprio di ogni istituto. Accoglietela come un dono di Dio "prezioso
e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio,
perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla
sua missione" (Esortazione Apostolica Vita consecrata, n. 3)! Con il
vostro sostegno, incoraggiate i diversi istituti a offrire a tutti i loro
membri una salda formazione, che permetterà loro di rispondere
alle esigenze spirituali e umane della propria vocazione. (…)
L’unità fra i cristiani
Fra le urgenze che si pongono alla Chiesa cattolica all'inizio del
nuovo millennio, vi è la ricerca dell'unità fra i cristiani. Certo, un
lungo cammino resta da percorrere. Non dobbiamo perderci
d'animo ma sviluppare con fiducia rapporti sempre più sereni e più
fraterni con i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali.
Parimenti, l'incontro con i credenti dell'Islam e della Religione
tradizionale africana, in uno spirito di apertura e di dialogo, è molto
importante. Vi incoraggio dunque a mantenere vincoli cordiali con le
comunità religiose che costituiscono la società, al fine di assicurare
a tutti gli abitanti del Gabon le condizioni di un'esistenza armoniosa
nel rispetto reciproco. Tuttavia, come ho già scritto nella Lettera
Apostolica Novo Millennio ineunte, "il dialogo non può essere
fondato sull'indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il
dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza
che è in noi" (n. 56). (…)
Vi affido a Maria, Regina dell’Africa
23
Cari Fratelli nell'Episcopato, è con questi sentimenti che al termine
del nostro incontro vi invito a proseguire con coraggio e con
audacia l'annuncio gioioso del dono che il Signore offre a tutti gli
uomini. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
Unigenito" (Gv 3, 16). Il compito prioritario della missione è quello
di annunciare a tutti che è in Cristo che gli uomini trovano la
salvezza. Forte della sua presenza operante, la Chiesa non può
sottrarsi all'urgenza del comandamento missionario che la invia a
tutte le nazioni e a tutti i popoli. Che l'esperienza dell'anno giubilare
che abbiamo appena celebrato vi dia un entusiasmo rinnovato per
andare avanti con speranza! Affido all'intercessione materna della
Vergine Maria, Regina dell'Africa, l'insieme delle vostre diocesi e vi
imparto di tutto cuore un'affettuosa Benedizione Apostolica, che
estendo volentieri ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai
catechisti e a tutti i fedeli laici nel Gabon.
GIOVANNI PAOLO II E IL GABON
Giovanni Paolo II ha visitato il Gabon una sola volta dal 17 al
19 febbraio 1982 (10° Viaggio internazionale in Benin,
Gabon Guinea Equatoriale)
DISCORSO ALL'ARRIVO NEL GABON
Libreville, 17 febbraio 1982
Apro le mie braccia e il mio cuore a tutti
L’Africa è un continente così vasto che dovrei viaggiarvi senza sosta
per poterlo visitare tutto! Ogni Paese ha la sua storia, molto antica
e recentissima, umana e religiosa, che merita di essere meglio
conosciuta, rispettata, amata. Sono felice di poter ripetere qui che
la mia prima visita pastorale in Africa, nel 1980, mi ha insegnato
molto e ha lasciato in me ricordi indimenticabili. Sono
profondamente riconoscente alle popolazioni che mi hanno riservato
un’accoglienza così calorosa. Ma ora sono nel Gabon! La vostra
attesa e la mia hanno avuto risposta. Noi vogliamo ringraziare sin
da ora la Divina Provvidenza per aver predisposto le cose, al tempo
da essa stabilito, perché questo storico incontro sia possibile e
fruttuoso. Sono molto commosso di aprire oggi le mie braccia e il
24
mio cuore a tutti ed a ciascuno di voi, come un fratello ai suoi
fratelli, come un amico ai suoi amici, come un Padre a coloro che
sono figli della Chiesa cattolica. Mi rivolgo innanzi tutto a lei, signor
Presidente, e la ringrazio molto cordialmente per aver fatto tutto ciò
che era in suo potere per rendere possibile questo mio soggiorno di
carattere eminentemente pastorale. (…)
La memoria dei vostri antenati
Saluto tutte le delegazioni delle comunità cristiane. La loro
accoglienza entusiasta e confortante richiama alla mia mente le
folle che riempiono ogni giorno la sala delle udienze o la piazza di
san Pietro a Roma, e le grandi assemblee dei miei viaggi apostolici
precedenti tra voi in Africa, o nell’America Settentrionale e
Meridionale, in Europa e in Estremo Oriente. La Chiesa di Cristo è
realmente viva e animata sempre più da un soffio potente di
comunione fraterna la cui espressione è favorita dai mezzi moderni
di comunicazione. Ed è proprio a tutti quei gabonesi trattenuti dai
loro impegni nelle città e nelle campagne, che mi ascoltano
attraverso la radio o che mi vedono sui loro schermi televisivi, che
rivolgo il mio gioioso saluto. Mi preme anche rievocare la memoria
dei vostri antenati, di tutte quelle generazioni che hanno forgiato la
storia del vostro popolo. Come già avete saputo fare così
splendidamente per il centenario della sua morte nel 1973, voglio
rendere un fervido omaggio alla persona e all’opera determinante di
Monsignor Jean-Remy Bessieux. Fu lui a dare inizio – dopo il suo
sbarco al Forte d’Aumale il 28 settembre 1844 – all’epopea
missionaria e al decollo culturale del vostro Paese, primo dei paesi
dell’Africa nera a ricevere il Vangelo. La vostra fedeltà alla memoria
di Monsignor Bessieux sarà sempre una delle fonti della vostra
unità. (…)
Il Pastore deve conoscere le sue pecore e farsi conoscere da
esse
Senza prolungare troppo questo mio discorso, vorrei tuttavia
sottolineare lo spirito con il quale sono venuto a voi. Vengo
unicamente come Pastore la cui missione, alla sequela dell’apostolo
Pietro e di tutti i suoi successori, è di curare l’unità di tutte le
Chiese nella fede e nella carità. Il Pastore deve conoscere le sue
pecore e farsi conoscere da esse. Gesù è stato assolutamente
esplicito su questo dovere (cf. Gv 10,11-17). Bisogna che io
condivida con i vostri Vescovi la conoscenza concreta delle realtà
25
che costituiscono la vostra vita di gabonesi, che condizionano senza
alcun dubbio la vostra accoglienza e la vostra pratica del Vangelo, e
quindi la pastorale adatta che i vostri Vescovi si sforzano di attuare.
(…)
Sono venuto a ricevere e a dare
Non sono venuto soltanto per conoscere e ricevere, ma anche per
portarvi qualche cosa. Vorrei che la mia umile presenza, a conferma
del ministero dei vostri Pastori, fosse vista come un nuovo segno
che Dio vi ama, e che vi propone sempre di fare alleanza con lui per
la liberazione del vostro cuore e del vostro spirito. Questa
liberazione resta la condizione imprescindibile perché vi liberiate
sempre più dalla pesantezza del materialismo contemporaneo e da
altre miserie sociali. Vorrei anche farvi apprezzare meglio la felicità
e la sicurezza che la vostra fedeltà rappresenta al centro del
cattolicesimo. Vorrei anche farvi sentire che occupate un posto di
pieno diritto nel vasto concerto delle Chiese locali, e che la qualità
della vostra vita ecclesiale si ripercuote certamente sulle Chiese
sorelle. Insomma, durante i giorni del nostro incontro la verità dei
nostri scambi favorirà la crescita spirituale delle persone e delle
comunità e permetterà di approfondire la comunione tra voi e me,
tra la Chiesa nel Gabon e le Chiese del mondo intero, grazie a
questa presenza simbolica ed efficace del successore di Pietro tra i
vostri Vescovi che sono suoi fratelli, successori degli Apostoli.
Esprimo l’augurio e chiedo a Dio che viviamo tutti i nostri incontri in
questo spirito. Affido inoltre la buona volontà di ognuno e il mio
ministero tra di voi alla protezione della Vergine Maria,
particolarmente venerata nella più antica Chiesa di Libreville
costruita dalla pietà e dalla sollecitudine dell’indimenticabile
Monsignor Bessieux. Che Dio benedica il Gabon!
DISCORSO AL PRESIDENTE DEL GABON
Libreville, 17 febbraio 1982
Lo sforzo dello sviluppo
Il Gabon fa spicco per gli sforzi e per l’impegno che gli hanno
consentito, basandosi sulle sue vaste risorse naturali e sotto il suo
impulso, di imboccare senza ritardi la via dello sviluppo economico.
Non si può che restarne ammirati; si tratta infatti di una premessa
fondamentale per la sua sussistenza, il suo progresso e il suo
26
avvenire. Formulo i migliori voti per la prosperità del suo paese.
Questo sforzo, che viene seguito e stimolato in particolar modo dal
Governo e dai responsabili della vita del paese, è tutto sommato
quello di tutti i gabonesi; infatti il difficile compito dello sviluppo
affinché sia completo, perché investa ciascuno e rechi beneficio a
tutta la comunità degli uomini, riguarda in definitiva ciascun
cittadino. (…)
Il progresso fondato anche sui valori
Un progresso come questo è fondato in realtà non solo sulla
ricchezza e sul lavoro, ma anche sugli altri valori come quelli della
giustizia sociale, della libertà, del sentimento del bene comune,
dell’onestà; della solidarietà con i più deboli ed indigenti. Un decollo
economico che non si fondasse su tali virtù metterebbe a
repentaglio la sua finalità, che è la promozione di una società
fraterna capace d’integrare armoniosamente le giovani generazioni,
le differenti etnie del paese, e di accogliere gli stranieri. Tutto ciò è
condizionato dal grado di responsabilità che ciascuno è disposto ad
assumersi nella società. La Chiesa stessa vi svolge un suo ruolo per
ricordarne la necessità e contribuirvi in modo concreto. Infatti il
disegno di Dio è che l’uomo cresca e si sviluppi giorno per giorno
attraverso un lavoro pienamente dominato ed il suo senso etnico,
nel contesto dei suoi rapporti familiari e sociali. Allora l’adorazione
che dedica al Creatore secondo la sua coscienza, insieme alla
comunità, esprimerà l’obbedienza che gli deve. So bene che, presso
di voi, gli esempi di questa crescita, e di questa effusione
dell’africano, non mancano. Occorre seguire instancabilmente la via
tracciata. E io sono venuto ad incoraggiarvi in questo! (…)
Una delle caratteristiche della nazione è la sua cultura
(...) Essa porta all'uomo, tra le altre cose, una maniera di vivere,
una maniera di sentire insieme. Si è felici di trovarsi o ritrovarsi nel
proprio paese, perché è qui che si sente di appartenere ad una
grande famiglia. La cultura di un popolo è costituita da ciò che esso
ha di originale, che lo differenzia dai suoi vicini senza tuttavia
separarlo da essi, che lo chiama a portare agli altri il suo proprio
contributo. La cultura africana – e quella del Gabon ne è una delle
espressioni singolari – è un bene prezioso. Deve sapere includere le
tradizioni ancestrali, in ciò che hanno di meglio, e non aver paura
della novità perché sa di essere abbastanza forte per restare se
stessa. Ma soprattutto essa sviluppa in ognuno dei figli della
27
nazione un sentimento di fierezza che provoca rispetto negli altri.
Siate dunque fieri di essere gabonesi! (...)
La Chiesa cattolica del Gabon
Il vostro paese non ha forse saputo assumersi un ruolo di primo
piano nel concerto delle nazioni in questi ultimi anni,
particolarmente in Africa? Possa la vostra azione contribuire a
portare qui la pace di cui ha tanto bisogno nonostante gli ostacoli di
ordine sociale, etnico, economico, ideologico, affinché si stabilisca
una cooperazione fruttuosa da popolo a popolo, rispettosa delle
diverse sensibilità e centrata sui grandi obiettivi che devono restare
quelli di uno sviluppo adatto a questi paesi! A tutto questo la Santa
Sede volge la sua cura e il suo impegno, nel contesto della sua
missione spirituale, favorendo il più possibile le cose che
concernono la pace, l'intesa, il rispetto dei diritti dell'uomo, la
crescita delle nazioni giovani. So bene, e mi è gradito testimoniarlo
qui, che la Chiesa cattolica del Gabon gode di libertà e della
considerazione delle pubbliche autorità. Ed è vero che ha dato un
grande contributo – prendendo spesso essa stessa l'iniziativa – alle
opere di istruzione ed educazione, di miglioramento delle condizioni
sanitarie, di assistenza ai poveri, di formazione alle diverse attività
civiche. È pronta a continuare questa partecipazione nella misura
dei suoi mezzi, come va facendo da un secolo e mezzo. Come già
Vostra Eccellenza ha cortesemente e opportunamente rilevato, essa
ha recato un grande contributo alla maturazione del Gabon
moderno.
(...)
DISCORSO AL CLERO, ALLE RELIGIOSE E AI CATECHISTI
Libreville, 17 febbraio 1982
Carissimi figli e figlie della Chiesa nel Gabon
Ogni popolo è legittimamente fiero di possedere sulla sua terra
luoghi e monumenti che sono testimonianza dei grandi momenti
della sua vita e che invitano le generazioni successive a creare un
nesso tra passato e presente. Restando fedeli alla loro storia esse
adempiono ad un dovere di giustizia e d’onestà, consolidano o
ritrovano la loro unità, diventano capaci di portare avanti questa
storia integrando sapientemente i valori del passato con le novità
seducenti, ma talvolta ambigue, delle epoche successive. Questa
28
cattedrale di sainte-Marie de Libreville rappresenta appunto un
momento saliente della vostra storia. È in questo luogo che il 29
settembre 1844 l’indimenticabile Padre Bessieux celebrava per la
prima volta il Sacrificio di Cristo in terra gabonese. Questo sacro
monumento resta come culla simbolica della vostra nazione. Mi
compiaccio con voi per aver inciso sui muri interni, entrando a
destra, una frase che è una testimonianza tanto commovente
quanto veritiera: “Da qui la luce del Vangelo ha brillato sui Paesi
africani”. (…)
Da allora sono trascorsi 138 anni!
(...) Più fortunato dei miei predecessori del secolo scorso Pio IX e
Leone XIII, i quali incoraggiarono questo tentativo di
evangelizzazione, ho la gioia immensa di contemplare in questa
numerosa assemblea i risultati della paziente opera degli operai
della prima ora e di tutti quelli che hanno dato loro il cambio.
L'insegnamento che il Cristo dava in parabole sulla futura
espansione del messaggio evangelico riguardava anche il vostro
continente. Siete oggi circa 500.000 ad avere ascoltato la Buona
Novella e ricevuto il battesimo cristiano. Siete oggi la parabola
vivente del granello di senape diventato un grande albero (cf. Mt
13,31-33). In questo memorabile incontro sento l'urgenza di
confermare tutte le persone che il Cristo ha misteriosamente
chiamato ai compiti dell'evangelizzazione in terra gabonese. In uno
spirito di riconoscenza e di fedeltà ai pionieri del secolo scorso, esse
continuano la stessa opera conformemente ai metodi rinnovati dalla
Chiesa nel nostro tempo. Per questo mi rivolgerò prima ai sacerdoti
gabonesi ed ai Padri Spiritani, Salesiani, Claretiani e Fidei Donum
che recano loro un così prezioso contributo. Mi rivolgerò
successivamente ai religiosi e alle religiose – mi è stato detto che
18 Congregazioni sono attive nelle quattro diocesi del Paese – e
naturalmente ai numerosi laici cristiani che sono catechisti o
responsabili di movimenti di apostolato, o che hanno una grande
responsabilità nelle loro comunità cristiane. (...)
Identità e missione del sacerdote
A voi, carissimi fratelli nel sacerdozio ministeriale, che vi
preoccupate talvolta del vostro numero limitato e che soffrite
talvolta degli interrogativi – anche in Africa – sulla identità e la
missione del sacerdote, voglio confidare alcune cose che mi stanno
profondamente a cuore. Prima di tutto: senza perdere
29
assolutamente di vista il problema estremamente serio dei nuovi
sacerdoti che diano il cambio a quelli di oggi, argomento che
riprenderemo dopo, non credete voi – e questo vale anche per
molte altre parti del mondo – che i sacerdoti di Cristo siano
chiamati più che mai ad una altissima qualità di vita sacerdotale? Vi
sono momenti in cui la qualità deve necessariamente supplire alla
quantità!
D’altronde
gli
interrogativi
che
menzionavo
precedentemente, indubbiamente eccessivi e scoraggianti, possono
e devono darci anche la prova che il sacerdozio è un vero mistero
nel senso cristiano della parola, ossia una realtà di cui conosciamo
una sola faccia ma di cui l’altra ci sfugge perché viene da Dio e si
ricongiunge a Dio. Nel linguaggio dei Padri della Chiesa, le parole
mistero e sacramento erano spesso impiegate nella stessa
accezione. (…)
Diventare figli di dio nell’amore
Fratelli carissimi – e dico questo anche per tutta l’assemblea – è
chiesto a tutti noi di credere al sacerdozio come crediamo al
Battesimo e all’Eucaristia. Ora, potremo noi mai esaurire per
esempio il significato del Battesimo: diventare figli di Dio
nell’amore, morire al peccato con Cristo per risuscitare in una
nuova vita, diventare sempre più membri del Popolo di Dio, vivere
le beatitudini nella speranza? Ricchezza e profondità del dono di
Dio! E lo stesso vale per il sacerdozio. Rallegriamoci se pone
interrogativi e se nessuna definizione ci soddisfa mai pienamente,
perché la sua scoperta totale non è mai stata compiuta. In ogni
caso tengo a sottolineare che la prima fedeltà richiesta ad un
sacerdote – quale che sia il suo genere di vita e di apostolato – è di
continuare a credere al suo mistero, perseverare nella fede in
questo dono di Dio che ha ricevuto e che può certamente essere
intaccato dall’inevitabile routine e dagli altri ostacoli. È proprio
questo che l’apostolo Paolo ricordava con sollecitudine al suo
discepolo Timoteo (2Tm 1,6). Se ancora non tanto tempo fa si sono
potute scrivere pagine ispirate ad un alto lirismo sulla grandezza
del sacerdote, oggi a forza di proclamare che il sacerdote deve
essere un uomo come gli altri si corre il rischio di relativizzare il
Sacramento che egli ha ricevuto e di velare il carattere indelebile di
cui parla la teologia tradizionale, confermata dai Concili di Trento e
Vaticano II. In una autentica prospettiva teologica, si è sacerdoti
per tutta la vita o non si è sacerdoti, esattamente come si è
battezzati o non si è battezzati. Solo gli atti del ministero sono
30
impegnati nella successione e nel tempo. Questa è sempre stata la
fede della Chiesa cattolica e delle Chiese orientali. (…)
"Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Cor 9,16)
È in base a tutto questo che voglio confermare nel vostro cuore la
fedeltà alla vostra missione sacerdotale, che è fedeltà d’amore
all’annuncio del Vangelo, al servizio dei sacramenti, al sostegno
delle comunità cristiane in un attaccamento senza pecche alla
Chiesa ed ai suoi responsabili. Il grido di san Paolo: “Guai a me se
non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16), non mobiliterà mai
abbastanza le energie fisiche, intellettuali e spirituali di un
sacerdote. E nei vostri annali gabonesi siete a buon diritto
orgogliosi di conservare la memoria del primo sacerdote nato dal
vostro popolo, Monsignor Raponda-Walker. Sì, gli uomini si
aspettano – consapevolmente o inconsapevolmente – che il
sacerdote parli loro di Dio con molta convinzione ed umiltà. E le
occasioni non mancano, dalla liturgia domenicale agli incontri di
preparazione ai sacramenti e di animazione dei movimenti
apostolici o caritativi, senza tralasciare le ore dedicate al dovere
grave dell'insegnamento catechetico. Rinunciare alla proclamazione
esplicita del Vangelo per dedicarsi ad attività socio-professionali
significherebbe mutilare l'ideale apostolico e sacerdotale.
Aggiungerò che il servizio dei sacramenti è sempre parte integrante
del sacerdozio ministeriale, e che i cristiani che lo chiedono hanno
bisogno di essere ascoltati, compresi, illuminati sul vero senso della
loro vita. (...)
Fedeltà d’amore ardente al mistero della Chiesa
Un sacerdote non saprebbe rassegnarsi a diventare un funzionario
autoritario e annoiato, dimentico del fatto che i sacramenti e tutti
gli atti liturgici sono non soltanto segni efficaci della fede ma anche
appelli a pregare meglio e ad amare meglio, per quelli che li
conferiscono e per quelli che li ricevono. Tutte queste persone che
cercano la luce e la forza di Dio costituiscono comunità umane e
cristiane indubbiamente molto diverse ma che tutte hanno bisogno
della fedeltà del sacerdote alla sua missione, ai suoi impegni. Può
accadere certe volte che la fede nella chiamata di Cristo si oscuri e
che le tentazioni di un’altra vita diventino più pressanti. Ma la
presenza di giovani, di adulti, di anziani – tutte persone di cui il
sacerdote conosce il bisogno di lui e la fiducia in lui – è un motivo
indiscutibile tra tanti altri per restare fedele alla sua missione.
31
Terminerò le mie confidenze ai sacerdoti sottolineando che le
fedeltà che enumeravo non potrebbero reggersi senza una fedeltà
d’amore ardente al mistero della Chiesa, alla riscoperta continua
delle sue dimensioni misteriose, divine e nello stesso tempo
fraterne. Mistero della Chiesa, di cui la costituzione conciliare del
Vaticano II è forse la gemma! Il fatto è che la missione del
sacerdote – che si trovi sotterrato in pieno Sahara come lo fu
Charles de Foucauld, o perso nella boscaglia africana come lo sono
stati e lo sono ancora tanti missionari – è sempre una missione
della Chiesa! Sacerdoti di Gesù Cristo, sacerdoti nel Gabon, il Papa
vi ama con tutto il cuore, prega specialmente per voi, per la vostra
fedeltà, per il vostro fervore. (…)
Il servizio e il contributo della Congregazioni religiose
Nel preparare il mio viaggio pastorale, ho potuto vedere che
numerose Congregazioni religiose lavorano nel Gabon, e che quelle
insediate da più tempo – le Congregazioni dello Spirito Santo, delle
Suore dell’Immacolata Concezione di Castres, dei Fratelli di san
Gabriele – hanno portato un singolare contributo all’edificazione
della Chiesa nel Gabon e allo sviluppo umano del paese. A nome di
voi tutti, devo ringraziare particolarmente la Congregazione locale
delle Piccole Suore di santa Maria del Gabon per il loro coraggio, la
loro semplicità e la loro vicinanza al popolo gabonese. Ma le mie
felicitazioni e il mio ringraziamento vanno ai diciotto Istituti venuti
al vostro servizio. Carissimi fratelli e sorelle, valorizzate ancora ciò
che siete e ciò che fate! Siete cristiani in mezzo ad altri, voi che
avete avuto la grazia di sentire la chiamata alla pratica radicale del
Vangelo caratterizzata, ieri come oggi, dai voti di povertà, di castità
e d’obbedienza. Pratica radicale che, di anno in anno, vi conduce ad
uno stato di disponibilità tale al Signore ed agli uomini vostri
fratelli, che questi ne restano quasi interdetti. Testimonianza
personale e testimonianza comunitaria di distacco e di disponibilità
devono armonizzarsi e rinforzarsi vicendevolmente. È di queste
cose che hanno bisogno le società moderne, tentate di rinchiudersi
in un materialismo pratico che assume spesso l’aspetto di una
idolatria del potere, del denaro e del sesso. Se questa
testimonianza vi sembra spesso difficile e limitata, ritornate, vi
prego, allo spirito dei vostri Fondatori e delle vostre Fondatrici che
bruciavano d’amore per Cristo e per la sua Chiesa. (...)
32
Le vocazioni sacerdotali e religiose
E qui mi sento in dovere di appoggiare gli sforzi della Conferenza
Episcopale al livello di pastorale delle vocazioni sacerdotali e
religiose. So bene che per ora i risultati non sono affatto
incoraggianti. Il recupero degli organici in molti Seminari e Noviziati
africani deve tuttavia mantenervi nella serenità e nella speranza.
Nelle relazioni che mi avete inviato nelle scorse settimane ho potuto
vedere che vari movimenti o centri di giovani danno di nuovo segni
che fanno bene sperare. Ho anche letto che molti giovani delusi
dalla società consumistica sono alla ricerca dell'assoluto, o
comunque di nuovi motivi per vivere. I diversi organismi di
pastorale delle vocazioni sono certamente molto attenti a questo
complesso fenomeno, che si osserva sempre più frequentemente
nelle società dell'abbondanza. Per alcuni potrebbe essere la via per
un impegno radicale alla sequela di Cristo. Mi sembra anche che le
comunità di sacerdoti, di religiosi e di religiose, attraverso
l'acquisizione di una vera trasparenza evangelica e una accoglienza
disinteressata, una apertura ai giovani ed anche ai loro genitori,
siano un elemento di questa pastorale. Alcune di queste comunità e
di altre comunità cristiane organizzano con entusiasmo ritiri
spirituali e corsi di collaborazione dei giovani che hanno un progetto
di vocazione. Una reale convergenza di iniziative giudiziose, ben
studiate, perseveranti come queste, permetteranno alla Chiesa nel
Gabon di trovare nel suo seno buona parte degli operai apostolici di
cui ha tanto bisogno. Vi prometto di continuare a portare questa
intenzione nelle mie preghiere. (...)
Il mio incoraggiamento ai laici cristiani
Ed ora mi rivolgo ai laici cristiani che si assumono generosamente
molte e svariate responsabilità nelle diocesi e parrocchie del Gabon.
Mi rallegro con loro e li ringrazio con tutto il cuore, in nome di tutta
la Chiesa, per l’opera evangelica che svolgono e che continueranno
a svolgere. Molti Paesi europei sono lungi dall’avere organici così
numerosi
di
laici
impegnati,
spesso
spontaneamente
e
gratuitamente. Nel leggere le relazioni di preparazione alla mia
visita ho potuto convincermene, ed osservare che i termini
“catechista” e “responsabile” riguardavano funzioni di ogni genere
riconosciute dai Vescovi e dagli altri cristiani: quelle cioè
dell’insegnamento
propriamente
detto
della
fede,
del
catecumenato, dell’animazione dei gruppi di preghiera, dei
movimenti di apostolato e altre associazioni, della corresponsabilità
33
delle parrocchie rurali e urbane, d’accordo con il sacerdote e nel
pieno rispetto della sua particolare responsabilità e del suo
ministero. Ho molta speranza che la mia visita pastorale susciti
nuove reclute, specialmente tra i giovani che abitano in città. Vi
incoraggio tutti, carissimi laici, a prendere il vostro posto
nell’organizzazione e nell’animazione delle vostre comunità
cristiane. Vi incoraggio altresì ad usufruire pienamente dei mezzi di
formazione permanente che la Conferenza Episcopale ha istituito:
ora una fine di settimana al mese, ora una sessione di dieci giorni
ogni due mesi, ecc. Le vostre qualifiche dottrinali, pedagogiche e
spirituali sono indispensabili per voi stessi, per la propagazione
della vostra azione, e per consentirvi di formare altri catechisti e
responsabili. È proprio in questi gruppi di giovani laici impegnati che
devono normalmente germinare vocazioni. Infine una parola di
fervido incoraggiamento ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose
affinché appoggino l’azione dei laici e diano loro maggior fiducia; e
d’incoraggiamento non meno fervido ai laici perché circondino di
rispetto, di amicizia e di spirito di collaborazione i loro sacerdoti, le
loro comunità di fratelli e di sorelle. (…)
DISCORSO AI VESCOVI DEL GABON
Libreville, 18 febbraio 1982
Il Gabon e l’evangelizzazione dell’Africa equatoriale
Il Gabon meritava questa visita pastorale perché è veramente da
qui che è partita l’evangelizzazione verso la maggior parte dei paesi
dell’Africa equatoriale ed occidentale. Ho ancora il ricordo di quella
carta che il vostro Presidente, Monsignor Felicien Makouaka, mi ha
portato esattamente dodici giorni fa per illustrare questo progredire
che non cessa di stupirci ed ammirarci. Ammirazione per lo zelo dei
missionari, impazienti di portare la Buona Novella ai loro fratelli
d’Africa; ammirazione per le vostre popolazioni che hanno creduto
nel Vangelo e accettato il Battesimo. Siete realmente la primizia
della messe evangelica in tutta questa regione. Ne sono orgoglioso
insieme a voi.
I traguardi e le sfide
La Chiesa nel Gabon si distingue anche per il numero relativamente
considerevole dei suoi membri rispetto al totale della popolazione,
per la fitta rete delle sue scuole cristiane, delle sue associazioni
34
cattoliche, e per la libertà di cui gode. Ma avete chiaramente in
mente i limiti di questi aspetti positivi e mi avete fatto conoscere
con molta semplicità, nelle vostre relazioni scritte e verbalmente, le
vostre preoccupazioni pastorali: la scarsità di sacerdoti e di
religiose indigeni, la difficoltà della perseveranza nelle vocazioni, la
mancanza di educatori profondamente cristiani, l’abbandono della
pratica religiosa da parte di molti, le esitazioni davanti al
matrimonio cristiano, la difficoltà di fare presa sul clima morale e
sociale, il carattere ancora insufficientemente autoctono della
Chiesa. Le cause sono molte e svariate. Temete sia una ripresa di
determinate pratiche pagane, sia l’influenza nefasta di alcuni aspetti
della mentalità europea che, lungi dall’essere un progresso, sono in
realtà una degradazione della fede o dei costumi.
In una situazione come questa è necessario che ci attacchiamo ai
segni positivi, e ve ne sono tanti, come non cesso di sottolineare in
tutti i miei discorsi. Senza voler minimizzare le esigenze
evangeliche, bisogna conservare una viva speranza: la speranza
che Dio può suscitare grandi cose nella sua Chiesa, in proporzione
alla nostra fede e alla nostra fedeltà. Tornerò su questo argomento
domani, nell’omelia della Messa. Consentitemi di trattare con voi
quattro punti. (…)
Il lavoro con i laici e il loro impegno
Per quanto riguarda i laici, come potremmo non rallegrarci della
vitalità di certi gruppi di preghiera, di movimenti cristiani molto
diversi? Si osserva soprattutto, in un numero sempre maggiore di
fedeli, il desiderio di assumersi – in sintonia con il sacerdote e
senza voler sconfinare nel suo ruolo specifico – l’intera
responsabilità nelle loro comunità cristiane per quanto riguarda la
catechesi e l’animazione, ed il desiderio di meglio comprendere il
nesso tra la loro fede ed i loro impegni professionali e sociali. Se
questi laici sono esigenti nella loro riflessione cristiana o nelle
iniziative che vogliono prendere, rallegriamocene. E provvediamo a
procurare loro l’approfondimento spirituale e dottrinale di cui hanno
bisogno. Aiutiamoli anche a scoprire il senso dei sacramenti e più
particolarmente della partecipazione regolare ed attiva alla Messa
domenicale: devono capire infatti che si crea qui la loro unione,
l’unione di tutta la loro vita, con Gesù Cristo; che questa
partecipazione è una esigenza di santità ma anche un mezzo, un
rimedio alla loro debolezza. Impegniamoci affinché la liturgia sia
degna e orante. (…)
35
La grande priorità: la famiglia
Il secondo aspetto è quello della pastorale della famiglia. Anche
questa richiede un grande discernimento e un fermo impegno.
Avete analizzato bene la situazione complessa delle famiglie in vista
del Sinodo romano. Nella prospettiva attuale molti casi resteranno
senza dubbio difficili, e non è possibile minimizzare quanto riguarda
il mistero cristiano del matrimonio e le sue esigenze per risolvere
tali casi. Ma nessuna famiglia deve sentirsi esclusa dalla Chiesa o
incapace di camminare con decisione verso la pienezza cristiana
dell’amore coniugale, come ho avuto occasione di scrivere
nell’esortazione Familiaris Consortio. Ciò che soprattutto importa è
di far brillare l'ideale della famiglia cristiana, non soltanto nella sua
teoria ma quale viene vissuto nei focolari che l'hanno accettato.
Non farete mai abbastanza per la pastorale della famiglia: non è
forse questo il luogo per eccellenza in cui affondano le loro radici le
virtù cristiane – che la catechesi s'incaricherà di far sbocciare – ed
anche le virtù del cittadino? (...)
Affrettare la presa di responsabilità più completa da parte di
un clero africano
Ma ciò che giustamente vi sta più a cuore è il problema delle
vocazioni sacerdotali e religiose. Si resta abbastanza sconcertati:
come mai hanno portato così scarsi frutti gli sforzi di ogni genere
intrapresi da tanti anni? (il Padre Bessieux se n’era preoccupato al
suo arrivo, e un piccolo seminario fu inaugurato già nel 1856). Lo
ripeto, si tratta di un problema veramente fondamentale, della
prova della vitalità religiosa e della condizione di questa vitalità. So
bene quanto state cercando la soluzione, anche se per ora sacerdoti
“espatriati”, come li chiamate, vi aiutano a tal punto da garantire
talvolta quasi la totalità del ministero, come avviene nella diocesi di
Franceville. Sono d’altra parte lieto dell’intesa fraterna e fiduciosa
che regna tra di voi. Ma è necessario affrettare la presa di
responsabilità più completa da parte di un clero africano. La
preparazione delle vocazioni consiste innanzitutto nel far
apprezzare e desiderare il sacerdozio; vi contribuirà meglio di tutto
la testimonianza di una vita sacerdotale zelante, che s’irradia,
disponibile. Importa far conoscere l’urgenza, la bellezza del
ministero apostolico, che risponde all’attesa profonda dei fedeli. Ciò
che è essenziale è soprattutto di suscitare un grande amore per
Cristo, uno spirito di preghiera, un clima di generosità, che faccia
36
accettare la rinuncia alla vita familiare e ad una situazione profana
indubbiamente meglio retribuita, per il più alto servizio di Dio e dei
fratelli. Del resto conviene forse associare ancora di più i vostri
sacerdoti gabonesi alle responsabilità ecclesiali, affinché si abituino
a sostituirsi a tutti i livelli. Possano essi convincersi infine che
sarebbe malsano trasporre in Africa gli aspetti meno accettabili
della rimessa in discussione del sacerdozio da cui sono afflitti alcuni
settori della Chiesa in Europa ed altrove. Non sarebbe forse come
introdurre un “corpo estraneo” nel vostro paese, alieno ai suoi
problemi? (…)
La responsabilità dei vescovi
Per quanto riguarda le vostre responsabilità di Vescovi infine,
fratelli carissimi, vi incoraggio ad unire i vostri sforzi in una
collegialità sempre più profonda, più affettiva e più efficace. So
bene che i problemi sono molti: dovete affrontare tanti problemi, e
con mezzi così ridotti. Ma questo potrebbe essere un invito a
gerarchizzare le vostre attività. Come voi chiedete senza dubbio ai
vostri sacerdoti di liberarsi da determinati compiti per consacrarsi
interamente all’evangelizzazione, così vi auguro di trovare i mezzi
per liberarvi il più possibile da incombenze troppo esclusivamente
amministrative che potrebbero essere assunte con voi da sacerdoti
o da laici competenti, così da dedicarvi alle cose che sono
fondamentali per il Vescovo: la predicazione, le visite pastorali, il
sostegno cordiale, spirituale e dottrinale ai vostri sacerdoti,
gabonesi o altri, e il dialogo con tutti gli operatori apostolici affinché
si sentano incoraggiati e aiutati nel discernimento e negli impegni
da prendere. Il vostro ruolo principale, come il mio, è di confermare
i vostri fratelli. Porterò nella preghiera tutte le vostre intenzioni
pastorali, e vi benedico con tutto il mio fraterno affetto.
DISCORSO ALLA POPOLAZIONE DEL GABON
Libreville, 18 febbraio 1982
Un incontro di amicizia e di riflessione
Vi ringrazio molto cordialmente della vostra presenza numerosa e
calorosa, e per i sentimenti che mi avete espresso per bocca dei
vostri delegati. Voi rappresentate dunque i principali settori della
vita nazionale, caratterizzati presso di voi – come nella maggior
parte dei paesi africani che si trovano in uno stato di transizione
37
economica e culturale – da indiscutibili successi e da difficoltà
persistenti, da speranze e da rischi. È in questo contesto che vorrei
aiutarvi ad affrontare le vostre responsabilità personali e collettive.
So bene che siete per la maggior parte membri della Chiesa
cattolica, ma rispetto profondamente tutti coloro che, senza
partecipare della fede cristiana, hanno a cuore il servizio dei loro
connazionali senza la minima discriminazione. È mio ardente
desiderio che questo incontro di amicizia e di riflessione lasci in tutti
noi un ricordo luminoso e stimolante in vista dei compiti che
incombono su ciascuno di noi. E il mio compito, consentitemi di
sottolinearlo, non è meno gravoso. (...)
Ai dirigenti e ai professionisti
Senza seguire un ordine di preferenza – infatti avete tutti pari
diritto alla mia stima ed amicizia – mi rivolgerò prima al mondo dei
dirigenti e delle professioni liberali. Le vostre professioni, differenti
e complementari, vi pongono al servizio del vostro paese. Ciascuno
di voi possiede attualmente una chiave per lo sviluppo del Gabon, e
tutti insieme avete la responsabilità della qualità di questo sviluppo.
La Chiesa, come ben sapete, non guarda di malocchio l'evoluzione
delle società. Soffre nel vedere troppe nazioni ancora
sottosviluppate o assistite per ovvi scopi d'influenza ideologica o di
profitto economico. In una celebre enciclica, che conserva ancor
oggi tutta la sua validità, la Chiesa per voce di Paolo VI proclama
che "lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per
essere autentico deve essere integrale, deve promuovere cioè ogni
uomo e tutto l'uomo" (cf. Paolo VI, Populorum Progressio, 14). Per
voi, in un Gabon che si trova in una fase di pieno decollo, il
problema non è solo quello di garantire la continuità di questo
processo di sviluppo, ma anche e soprattutto di controllarlo e
dominarlo. Con questo credo di venire incontro alle vostre
preoccupazioni circa il tipo di società che sta nascendo nelle vostre
città in via di crescita e nelle vostre campagne in via di
spopolamento. (...)
Non basta temere e deplorare le sue carenze
(...) È ora di accordarsi per la difesa e la promozione dei valori etici
fondamentali senza di cui la stabilità e la prosperità di un popolo
sono condannate in un avvenire più o meno prossimo. Ne abbiamo
prove lampanti dalla storia antica come da quella contemporanea. E
questi valori fondamentali e permanenti si chiamano sacro rispetto
38
per la vita, dignità inviolabile di ogni persona, libertà di pensiero, di
coscienza e di religione, condivisione delle ricchezze nella giustizia,
senso dell'impegno e della coscienza professionale, fratellanza e
solidarietà tra gruppi sociali e tra nazioni. Questi valori, presenti o
latenti nella coscienza degli individui e dei popoli, hanno sempre e
dovunque bisogno di essere risvegliati, riformulati, vissuti meglio.
Del resto le nuove generazioni cominciano a sentire il vuoto, anzi
l'assurdità di una civiltà che si lasciasse rinchiudere nel triste
paradiso della produzione e del consumo. Questo campanello
d'allarme è provvidenziale. (...)
Alle persone con responsabilità pubbliche
Uomini e donne che svolgete funzioni importanti nel Governo e
nella pubblica amministrazione, nell’economia e nell’industria, nella
legge e nella giustizia, nel mondo della sanità e dell’insegnamento,
voi specialmente cristiani che avete ricevuto sin dall’inizio della
vostra vita i preziosi insegnamenti della fede sul valore dell’uomo
creato ad immagine di Dio e sul senso di tutta la storia individuale e
collettiva che è costruzione del mondo con Dio, datevi tutti la mano
per edificare la nuova società gabonese, in una maniera veramente
umana e solidale. Auspico anzi che organizziate periodicamente
colloqui di amicizia e di riflessione sotto la guida di personalità
competenti e di ispirazione spiritualista se non cristiana, per
approfondire le vostre convinzioni e guidare la vostra azione. (…)
Agli uomini di scienza e cultura
Queste mie considerazioni troveranno forse un’eco tra i membri
dell’Università di Stato qui presenti e tra gli studenti. Voglio
rivolgere loro tuttavia alcuni particolari incoraggiamenti. La vostra
delegazione mi fa tornare alla memoria l’epoca molto felice quando
ero cappellano degli studenti e titolare della cattedra di morale
all'Università cattolica di Lublino, ed a Cracovia. Ho vissuto quindi
problemi analoghi ai vostri. Per questo motivo, e nel pieno rispetto
delle vostre convinzioni, mi permetto di farvi parte di alcune delle
mie. Una nazione non può svilupparsi senza Università. Auguro un
buon cammino alla vostra, certamente portatrice di promesse. Ma
ogni università degna di questo nome deve dedicarsi a quelle cose
che costituiscono dovunque e sempre l'essenziale della sua
missione, che è quella d'insegnare e non d'indottrinare, di
manifestare la verità e non di tacerla, di favorire il libero confronto
delle idee e non di cedere ai vincoli delle ideologie. È questo il modo
39
in cui le università si fanno rispettare nelle nazioni e tra i popoli che
le mantengono. Permettetemi di esprimervi una convinzione ancora
più profonda. Il fine degli studi universitari non può ridursi
all'acquisizione di conoscenze, all'ottenimento di una laurea o di un
diploma, alla conquista di posizioni bene retribuite. Se non vogliono
fallire nel loro scopo devono condurre lo studente ad una completa
maturità dello spirito, della coscienza: fare di lui cioè un ricercatore
autentico e appassionato della verità sull'uomo, sui veri problemi
dell'uomo, sul "perché" e sul "come" della sua esistenza. (...)
Crescere nella verità
È questa crescita nella verità, questa maturazione degli spazi più
interiori dell’uomo, che consente più sicuramente di assumere gli
impegni responsabili richiesti oggi dal servizio del bene comune.
Sono profondamente convinto che sia questo il tipo d’uomo di cui la
società ha più bisogno oggi – in Africa come altrove – e l’università
ha l’onore e la responsabilità di contribuire alla sua preparazione.
Sono anche uomini di questo tipo che porteranno una pietra, se non
molte pietre, per edificare la cultura del vostro paese; cultura che
volete autenticamente africana, aperta, coerente, integrale, dunque
“ciò attraverso cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, "è" di
più, accede di più all’"essere"”. È questo un tema che ebbi
occasione di presentare alla tribuna dell’UNESCO in occasione della
mia visita in Francia il 2 giugno 1980. Carissimi maestri e studenti,
che i miei voti vi accompagnino nei vostri rispettivi compiti.
L’educazione cattolica
Mi consentirete anche di salutare e incoraggiare in modo particolare
i responsabili, i professori e gli studenti dell’insegnamento cattolico.
Da oltre 130 anni l’opera scolastica realizzata in terra gabonese da
numerose congregazioni religiose è notevole. Siete tutti
perfettamente d’accordo su questo fatto storico, tanto che vi vedo
pronti ad applaudire a tutti questi educatori meritevoli di ieri e di
oggi... Dopo i miei predecessori, particolarmente dopo Paolo VI, ho
spesso ricordato chiaramente e serenamente che il problema
dell’istruzione è stato sempre legato alla missione della Chiesa.
Essa ha fatto sorgere università ai quattro angoli dell’Europa sin dal
Medio Evo e dopo. Ha sviluppato scuole e collegi, come servizio
connesso alla sua missione, specialmente a partire dal XVI secolo.
Ancora oggi essa ha a cuore di garantire lo stesso contributo
dovunque siano richieste e rispettate le sue attività. Tanto è vero
40
che non si può contestare il diritto fondamentale di ogni famiglia di
educare i suoi figli in scuole rispondenti alla sua concezione della
vita e del mondo. Avviene ogni tanto che la coesistenza di un
insegnamento confessionale e di un insegnamento di Stato sia
rimessa in discussione. Dobbiamo sperare tutti che la saggezza dei
responsabili che abbiano a cuore una vera democrazia continuerà a
trionfare sul miraggio di un livellamento che potrebbe facilmente
essere un impoverimento. Auguriamoci tutti l’avvento della
comprensione, del dialogo, della collaborazione tra due istituzioni
che potrebbero benissimo essere complementari senza perdere la
loro particolare identità. Anche qui bisognerebbe evitare di
proiettare sulla gioventù di oggi crisi e dispute, contrastanti con le
sue sorprendenti capacità di fratellanza e di novità. Voglio
esprimere il mio voto più fervido affinché le vostre scuole ed i vostri
collegi siano centri di solida formazione mana e cristiana. (…)
Al mondo del lavoro e ai lavoratori
A tutti voi che lavorate in stabilimenti ed in cantieri, nelle attività
minerarie e silvicole o nelle campagne, rivolgo il mio saluto più
cordiale. Molti di voi qui convenuti provengono da Port-Gentil, da
Moanda, da Bakumha, da Mounana e da tutte le province del
Gabon. Molti altri, che non hanno potuto venire, ci ascoltano e ci
vedono grazie ai mezzi audiovisivi di comunicazione. Anche a loro
va il mio cordiale saluto. Ogni volta che incontro lavoratori manuali
non posso fare a meno di confidare loro con emozione che nella mia
vita ho avuto la grande grazia di lavorare in cava e in stabilimento
per quasi quattro anni. Sono passati ormai quaranta anni da allora,
ma me ne ricordo come se fosse ieri. Questa esperienza di vita
operaia, con tutti i suoi aspetti positivi e con tutte le sue miserie,
come, ad altro livello, gli orrori della deportazione dei miei
compatrioti polacchi verso i campi di sterminio, hanno marcato
profondamente la mia esistenza. Da allora il mistero dell’uomo ha
preso il primo posto nelle mie riflessioni, e mi sono sentito spinto
irresistibilmente a perorare il rispetto dell’uomo, sostenuto in
questa azione dal Mistero di Cristo, lui che è nostro Dio ma anche
nostro Fratello per salvarci. È per questo motivo che, all’inizio del
mio servizio nella sede romana dell’apostolo Pietro, ho voluto
presentare, nell’enciclica Redemptor Hominis, a tutti gli uomini di
buona volontà il volto integrale dell’uomo così spesso sfigurato da
umanismi riduttivi. In nome della Chiesa fedele al suo Fondatore ho
proclamato la verità sull’uomo restituendogli una dimensione
41
costitutiva del suo stesso essere: la sua ricerca dell’infinito, la sua
capacità dell’assoluto, la sua misteriosa attrazione a Cristo
Redentore, che rivela l’uomo a lui stesso. L’Uomo-Dio è per così
dire lo specchio nel quale ogni uomo può ritrovare i lineamenti della
sua dignità, il valore delle sue attività, il senso profondo della sua
vita (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 10). Ho tentato per
questo motivo – in un documento più recente e alla sequela dei
grandi Papi che hanno trattato il problema del lavoro nelle nostre
società moderne industrializzate – di portare al mondo del lavoro,
mentre tanti lavoratori sono così spesso sacrificati nella loro dignità
e nei loro diritti agli imperativi della crescita economica, la luce e il
sostegno di Cristo e della sua Chiesa. Parlo dell’enciclica Laborem
Exercens. (…)
Il Vangelo del lavoro
Senza perdere di vista le ingiustizie subìte dai lavoratori, ho voluto
ricordare loro che esiste una “Buona Novella”, un “Vangelo del
lavoro” secondo il quale la vocazione dell’uomo è di dominare la
terra, e di realizzarsi come uomo in questa maniera. Non ci
stancheremo mai di ammirare attraverso i secoli e i continenti le
opere, modeste o grandiose, di uomini ingegnosi e pieni
d’inventiva, coraggiosi, appassionati per la loro opera, desiderosi di
condividere il frutto del loro lavoro.
Ma vi è un altro aspetto assolutamente sorprendente di questo
“Vangelo del lavoro” che dobbiamo considerare insieme. È il valore
misterioso di partecipazione all’opera redentrice di Cristo,
attraverso l’offerta silenziosa delle fatiche inerenti al lavoro.
L’operaio credente che si unisce nello spirito a Cristo Redentore
raggiunge con lui, per lui e in lui il livello della sofferenza offerta per
amore di Dio e degli altri uomini, sofferenza generatrice di vita.
Senza questa visione umana e cristiana del lavoro è impossibile
comprendere per quale motivo lo zelo nel lavoro è una virtù.
Eppure è essa che permette all’uomo di diventare più uomo, che lo
rende capace di creare e mantenere una famiglia, di accrescere il
patrimonio del suo paese e di tutti gli uomini (cf. Giovanni Paolo II,
Laborem Exercens, 9-10; Allocutio in urbe Saint-Denis habita, die
31 maii 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980]
1562ss). (…)
42
La Chiesa ha il dovere di stare dalla parte dei poveri e degli
oppressi
Resta il fatto che l’avvento della civiltà industriale con tutte le sue
conseguenze ha condotto i lavoratori a darsi la mano per soffocare i
fattori di disumanizzazione introdotti dalle nuove strutture socioeconomiche eccessivamente, e talvolta esclusivamente, fondate sul
profitto. Se la Chiesa non ha paura di stimolare i lavoratori a
compiere i loro doveri, non ha neanche paura di aiutarli a ottenere
la soddisfazione dei loro diritti legittimi: il rispetto di ogni lavoratore
che si tratti di un autoctono o di un immigrato, il diritto all’impiego,
alla sicurezza e all’igiene, a ritmi umani di rendimento, a tempi di
riposo sufficienti, a paghe giuste, alle previdenze sociali, al rispetto
delle opinioni politiche e religiose, alla libertà di associazione nei
sindacati, ecc. La Chiesa ha il dovere di stare dalla parte dei poveri
e degli oppressi. Si rende certamente conto che le richieste meno
essenziali non possono essere soddisfatte immediatamente e
pienamente. Occorre tenere conto delle possibilità reali, attuali, e
della solidarietà con tutta la nazione, del ritmo e della maturità di
ciascun paese in via di sviluppo. La Chiesa resta comunque
convinta che i metodi di violenza non possono portare una
soluzione efficace alla questione sociale. È per questo che la Chiesa,
senza voler ignorare le tensioni o perfino i conflitti nel mondo del
lavoro, raccomanda e raccomanderà sempre le vie d’incontro tra le
parti sociali, di dialogo, di ricerca leale e perseverante di accordi
spesso parziali ma portatori di nuove speranze. Sono queste vie
della ragione, ma ancora più quelle evangeliche, che possono
modificare in profondità i rapporti tra uomo e uomo. Auspico con
tutto il cuore che, nella vostra giovane nazione, i lavoratori ed i
responsabili
del
lavoro
progrediscano
sempre
verso
la
comprensione reciproca e l’armonia, affinché la promozione
dell’uomo accompagni veramente lo sviluppo del paese. (…)
Mi rivolgo infine a voi, carissimi giovani …
(...) Siete stati pazienti. Ho notato anche che vi interessavate a ciò
che ho detto agli altri gruppi; me ne rallegro vivamente. Ho sempre
amato molto i giovani: quando avevo la vostra età, ma anche nel
mio ministero sacerdotale ed episcopale, e adesso che il Signore mi
ha chiesto di servire alla testa della Chiesa. Amo i giovani, perché
sono come la primavera che sorge sul mondo e su ciascun paese in
particolare, con la sua luce e le sue ricche promesse. I giovani che
ho incontrato mi hanno dato la certezza che il nostro mondo ha un
43
futuro grazie a loro. Ho avuto questa sensazione in Italia, nel
Messico, in Polonia, in Irlanda, negli Stati Uniti, in Francia, nel
Brasile, in Germania, nelle Filippine, in Giappone, e tra di voi in
Africa durante la mia prima visita. A cosa era dovuta questa
sensazione? Era dovuta al fatto che tanti giovani mi sono parsi sani
e generosi, felicemente preoccupati – come lo siete voi – dei limiti
di una civiltà di permissivismo, di sprechi, d'ineguaglianza. Se i
giovani cedono per un certo tempo a queste cose, seguendo la loro
naturale tendenza a voler sperimentare tutto, a seguire la corrente
dominante, molti se ne distaccano. Prosperano oggi un pò
dappertutto piccole comunità di giovani che riflettono e pregano per
avere il coraggio di andare contro corrente rispetto ai modi di
pensare e di vivere che senza dubbio distruggono la persona umana
e la società. Giovani del Gabon, appartenenti al mondo della scuola
o che esercitate già un mestiere, che siete entrati – almeno alcuni
di voi – in movimenti di apostolato come la JEC, la JOC, lo
scoutismo, i GEN, i Cours Vaillants e le Ames Vaillantes, ho tanta
fiducia in voi da osare di chiamarvi tutti e ciascuno in particolare a
seguire di nuovo Cristo. È possibile che la vostra vita di battezzati
sia fervente, e ne sono lieto. È anche possibile che sia mediocre o
addirittura completamente trascurata. (...)
Il passato appartiene al passato
(...) Gesù ha sempre chiamato gli uomini a seguirlo facendo "tabula
rasa" del loro passato, restituendo loro fiducia e dando loro di
nuovo tutte le possibilità. La storia del cristianesimo è felicemente
piena di esempi del genere. Sappiamo cosa Gesù fece di Pietro, il
rinnegato; di Paolo, il persecutore dei primi cristiani; di Agostino,
prigioniero di un sistema filosofico ed ancor più delle sue passioni;
di Francesco d'Assisi, già irretito dal mondo degli affari e che sposa
madonna povertà... E ai tempi nostri il numero di giovani che
tornano a Cristo dopo un istante o dopo anni di indifferenza, se non
di viltà, è impressionante. I gruppi di preghiera, le "marce" e i
pellegrinaggi dei giovani, sono spesso i punti focali di tali decisioni.
Fate questo passo liberamente, generosamente. Non abbiate paura.
Cristo non è un "rapitore", ma un Salvatore. È venuto perché
abbiate la vita (cf. Gv 10,10). È lui che ha le vere risposte ai vari
quesiti sul senso e sull’uso della vita. La vostra vita è così preziosa.
Il vostro paese ha bisogno di una gioventù sana, cosciente e
coraggiosa. Le vostre comunità parrocchiali e i vostri movimenti di
giovani hanno bisogno della vostra presenza gioiosa e dinamica. I
44
centri di preparazione al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa
hanno bisogno di individui decisi “a lasciare tutto per seguire Cristo”
(cf. Mt 4,22; 19,21). Spero veramente molto dai giovani del Gabon,
e vi raccomando a Cristo stesso e alla sua santa Madre.
DISCORSO AI CRISTIANI DI ALTRE CONFESSIONI
Libreville, 19 febbraio 1982
Ecumenismo: l’impegno costante della Chiesa
L’incontro con i fratelli cristiani delle Chiese o delle Comunità
ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica è
una componente dei miei pellegrinaggi apostolici. È un segno della
volontà della Chiesa cattolica di proseguire con fermezza nel suo
impegno nel movimento ecumenico, soprattutto dopo il Concilio
Vaticano II. Anche se brevi questi incontri vogliono essere, nei
confronti di coloro che non condividono la nostra fede cristiana o
che non sono credenti, la testimonianza della nostra comune
appartenenza a Cristo Signore. (…)
Collaborare per la causa di Cristo
In molti dei suoi documenti, e in particolare nel Decreto
sull’Ecumenismo il Concilio ha sottolineato la collaborazione che
deve esistere tra i fratelli cristiani sparsi in tutto il mondo. E nel
documento sull’attività missionaria della Chiesa, il Concilio insiste
su questa collaborazione: “... In rapporto poi alla obiettiva
situazione religiosa, va promossa un’azione ecumenica tale che i
cattolici, esclusa ogni forma sia di indifferentismo e di sincretismo,
sia di sconsiderata concorrenza, attraverso una comune – per
quanto è possibile – professione di fede in Dio ed in Gesù Cristo di
fronte ai non credenti, attraverso la cooperazione nel campo tecnico
e sociale come in quello religioso e culturale, collaborino
fraternamente con i fratelli separati, secondo le norme del Decreto
sull’Ecumenismo. Collaborino soprattutto per la causa di Cristo, che
è il loro comune Signore: sia il suo nome il vincolo che li unisce.
Questa collaborazione deve stabilirsi non solo tra persone private,
ma anche, secondo il giudizio dell’Ordinario del luogo, a livello delle
Chiese o comunità ecclesiali, e delle loro opere” (Ad Gentes, 15).
(…)
45
Non fermiamoci dunque nel nostro cammino
Per quanto mi riguarda, nel compito d’insegnamento che mi
compete ho spesso rilevato questo aspetto. Nella mia esortazione
sulla catechesi, per esempio, ho voluto sottolineare in particolar
modo la dimensione ecumenica di questo compito essenziale della
Chiesa e l’importanza, a questo proposito, di una sana
collaborazione con i fratelli cristiani. So bene che questa
collaborazione viene realizzata nel vostro paese, manifestando i
buoni rapporti che intercorrono tra la Chiesa cattolica e la Chiesa
evangelica del Gabon. Penso specialmente, per la sua grande
importanza, alla collaborazione già antica tra cattolici e protestanti
evangelici nel campo della radiotelevisione. Me ne rallegro di cuore,
come di una testimonianza data in comune e che reca un grande
contributo alla causa dell’unità. So anche che ogni anno la
Settimana di preghiera per l’unità è vissuta qui profondamente. Un
mese fa, in occasione dell’udienza settimanale ai pellegrini e
visitatori convenuti a Roma, ricordavo che la settimana di preghiera
ci offre seri motivi di gioia e di speranza, ma che dobbiamo
purtroppo anche costatare con amarezza che non tutte le nostre
divergenze sono state superate. Voglio ripetervi oggi, carissimi
fratelli e sorelle cristiani del Gabon, le parole che pronunciai quel
giorno davanti ai pellegrini e visitatori di lingua francese: “Bisogna
veramente pregare, supplicare lo Spirito Santo, dopo essere
diventati consapevoli – attraverso una adeguata catechesi – che la
divisione è contraria alla volontà di Dio... È nella presenza del
Signore, nell’obbedienza alla sua volontà, che si cammina verso
l’unità”. Non fermiamoci dunque nel nostro cammino. Cerchiamo di
realizzare la collaborazione in tutte le sue forme possibili.
Cerchiamo l’unità come la vuole il Signore, e per questo, lasciamo
che il nostro cuore si converta sempre più alle esigenze del suo
Regno. (…)
SANTA MESSA
Libreville, 19 febbraio 1982
Quattro aspetti della Buona Novella di Gesù Cristo
Siete stati liberati dalla potenza del Male donando la vostra fede a
Dio nostro buon Pastore: vivete fiduciosi nel suo amore! Siete stati
accolti dalla Chiesa come membri a parte intera: assumetevi le
vostre responsabilità, per edificare in voi questa Casa spirituale!
46
Nella vostra vita familiare, siete stati associati al mistero dell’amore
di Dio e al dono della sua vita: questo mistero è grande! Il Cristo vi
chiama, come san Pietro, a superare i vostri timori e le vostre
debolezze, per seguirlo sul cammino esigente delle beatitudini:
camminate nella speranza, con la forza dello Spirito Santo! Ecco
quattro aspetti della Buona Novella di Gesù Cristo, che vorrei
meditare con voi.
(1) Ecco il primo aspetto della Buona Novella: la pace in Dio
Prima di tutto, questo apostolo Pietro, al quale Gesù risorto, sulle
rive del lago di Galilea ha detto: “Sii il pastore delle mie pecore”, ha
terminato, come sapete, la sua vita terrena a Roma, martire della
sua fedeltà all’amore di Cristo. Ma, come sulla sua tomba è stata
costruita una splendida Basilica, è sulla sua fede che l’immensa
Chiesa di Gesù Cristo si è fondata da venti secoli. Da Cracovia, Dio
mi ha chiamato a Roma, io, suo indegno servo per ereditare la
responsabilità di Pietro, che è quella di mantenere riunite attorno a
Cristo, vero Pastore, le pecore sperdute. Nel compimento di questa
missione, mi piace rileggervi qualche parola che proprio l’apostolo
Pietro scriveva da Roma a dei cristiani dell’Asia minore, convertiti
dal paganesimo: “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la
nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le
opere meravigliose di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla
sua ammirabile luce. Un tempo voi non eravate il suo popolo, ora
invece siete il popolo di Dio. Eravate esclusi dalla misericordia, ora
invece avete ottenuto misericordia” (1Pt 2,9-10). Cari fratelli e
sorelle, ecco un messaggio confortante, un messaggio di pace! È
anche per voi che avete dato la vostra fede a Cristo. Certamente
Dio non è mai stato lontano dai vostri avi, che d’altronde avevano
le loro virtù naturali, ma non conoscevano, come voi, il suo volto di
Salvatore. Voi lo conoscete. Voi siete stati battezzati nel suo nome,
liberati nel più profondo delle vostre anime dal dominio del Maligno
che, fin dal peccato originale, tiene l’uomo nella sua schiavitù, nel
maleficio, nella menzogna e nella paura. Voi avete ricevuto lo
Spirito Santo che vi consente di rivolgervi a Dio chiamandolo come
Gesù: “Abbà, Padre!” (Rm 8,15). Già il profeta Ezechiele ci
annunciava un Dio che si preoccupava di tutte le sue pecore, che
cercava quella sperduta, che fasciava quella ferita e curava quella
malata (cf. Ez 34,16). E Gesù ci ha rivelato, meglio di qualunque
altro, il volto di suo Padre, un volto di misericordia, sofferente per il
peccato, ma pronto a perdonare al peccatore, a rialzarlo, a
47
reintegrarlo nella casa paterna. Ciò che egli chiede prima di tutto,
come Gesù disse a Pietro, è l’amore: “Mi ami tu veramente?”. Sì,
Gesù ci permette di avvicinarci a questo Dio misericordioso, di
pregarlo con fiducia perché continui a liberarci dal male,
esercitando noi stessi la misericordia. Certo, la nostra vita, come
quella di tutti gli uomini, come quella di tutti i cristiani, rimane
sottomessa a numerose prove. È perché, a causa del peccato
originale, il genere umano ha ereditato una situazione storica di
disordine, di rottura con Dio, come lo rivela la Bibbia, in un modo
globale e misterioso; e le cause immediate e concrete di queste
prove sono da ricercare nei limiti normali di questo mondo creato, a
volte nelle difficili condizioni climatiche, nel nostro stato di creatura
mortale, nelle nostre imprevidenze, nelle nostre negligenze e, a
volte, anche nelle ingiustizie sociali sostenute da altri. Con il Cristo,
l'"uomo dei dolori", esse possono essere accolte, offerte, superate
con coraggio; bisogna evitare di lasciarsi ossessionare dalla
malevolenza degli altri, e più ancora di provare una morbosa paura
di Dio "che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e
fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,45). Voi, cari
fratelli e sorelle, pur rinunciando al peccato – la sola cosa che si
deve temere! – bandite ogni fatalismo, ogni inutile paura. Pur
operando ardentemente per allontanare le sofferenze e le difficoltà
naturali della vita, con tutti i mezzi che Dio vi ha dati, mettete
sempre la vostra fiducia nel Salvatore, in lui solo, ricorrendo a lui
con tutta semplicità. Cercate appoggio nella vita comunitaria del
vostro prossimo e in particolare dei cristiani che Dio ha chiamati a
vivere come fratelli. Ecco il primo aspetto della Buona Novella: la
pace in Dio. (...)
(2) La vitalità della Chiesa locale e i doni dello Spirito
Ora, dedicatevi a edificare la Chiesa nel Gabon, “nella quale è
presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e
apostolica”, come in ogni Chiesa particolare (Christus Dominus,
11). L’unica Chiesa di Cristo vi ha preceduti. Istituita da lui, si è
manifestata pubblicamente nella prima Pentecoste cristiana a
Gerusalemme. Essa “ha per fondamenta gli Apostoli e i profeti, e la
pietra angolare è lo stesso Cristo”, come ci ricorda san Paolo. Essa
è unica, anche se purtroppo i cristiani sono a volte divisi. È la
Chiesa che invia alcuni suoi membri in missione, per fondare nuove
comunità, come i missionari l’hanno fatto qui da voi circa
centoquaranta anni fa. “Voi siete stati integrati nella costruzione...
48
per diventare anche voi, per mezzo dello Spirito Santo, dimora di
Dio”. “Voi non siete più stranieri, né ospiti, ma siete concittadini dei
santi e familiari di Dio” (Ef 2,19-22). Coloro che sono venuti a
portarvi il Vangelo, come l’avevano essi stessi ricevuto, l’hanno
fatto per amore vostro. Nella fede, voi non eravate stranieri per
essi. Felicemente, voi continuate a beneficiare dell’aiuto fraterno di
questi missionari venuti da un’altra patria, ma questa Chiesa,
edificata dai figli di questo Paese e per essi, deve anche contare
sempre di più sulla vostra responsabilità: sui vostri Vescovi – la
Santa Sede ha fatto in modo che ora siano tutti gabonesi – e sui
vostri sacerdoti, sui religiosi e religiose di questo paese, sui laici,
catechisti o responsabili a qualsiasi titolo, insomma, su tutti gli
operatori apostolici ai quali ho parlato l’altro giorno in Cattedrale,
ma anche su tutti gli altri battezzati e cresimati, che assumono le
loro responsabilità con spirito cristiano nella loro famiglia, nella loro
scuola, nella loro professione, nella società civile. Perché ciascuno
possa entrare, a modo suo, nella costruzione della Chiesa nel
Gabon. Ne va del suo radicamento duraturo. Ne va della sua
vitalità. Ne va della sua autenticità, perché possa toccare
profondamente l’anima gabonese e produca dei frutti che abbiano il
sapore di questo paese. Il tema di questa Messa è proprio quello
della Chiesa locale. Ogni Chiesa locale, soprattutto quando è riunita
in preghiera attorno al suo Vescovo, successore degli Apostoli e
rappresentante di Cristo in mezzo ad essa, è la principale
manifestazione del mistero della Chiesa (cf. Sacrosanctum
Concilium, 41). Nella persona di monsignor Fernand Anguillé,
Arcivescovo di Libreville, di monsignor Félicien Makouaka, Vescovo
di Franceville, di monsignor Cyriaque Obamba, Vescovo di Mouila,
di monsignor Francois Ndong, Vescovo di Oyem e del suo
coadiutore, monsignor Basile Mvé Engone, saluto affettuosamente
ciascuna delle vostre Chiese locali che insieme formano la Chiesa
del Gabon. Queste Chiese locali dovranno certamente evitare
sempre il ripiegamento su se stesse. Voi comprendete molto bene –
e me ne rallegro – la necessità della vostra comunione con le altre
comunità ecclesiali del mondo intero, e con colui che presiede il
collegio dei Vescovi, il successore di Pietro. Questa comunione
significa anche, in pratica, la condivisione della stessa fede, della
stessa etica cristiana, degli stessi sacramenti, della disciplina
essenziale comune a tutta la Chiesa. Questi legami saranno
d'altronde sempre, per voi stessi, una condizione della vostra
fedeltà al Vangelo, dell'autenticità della vostra appartenenza alla
49
Chiesa cattolica. Ma, all'interno di questi legami, si deve sviluppare
la vostra personalità gabonese. Può darsi che qualcuno dica: come
potremo trovare i mezzi per assumerci la responsabilità della nostra
Chiesa, finché non disporremo sufficientemente, da noi stessi, di
pastori, di religiose, di mezzi pedagogici, di risorse finanziarie?
Senza dubbio il passaggio non potrà che essere progressivo. Ma
non è tanto questione di un aumento di mezzi: molte Chiese oggi
hanno dovuto accontentarsi di poveri mezzi, come all'origine, come
ad ogni crisi storica sperimentata dalla Chiesa e seguita da un
rinnovamento. È molto più di una questione di vigore interiore, di
linfa spirituale, come la linfa generosa dei vostri magnifici alberi,
che fa spuntare il loro fogliame. E, con questa, avete già i mezzi
spirituali. Bisogna che regni anche un clima di fiducia e di
corresponsabilità, che permetta di associare alle iniziative
apostoliche quelli che si accontenterebbero di ricevere, spesso
dall'estero, un'assistenza. Non è il cammino che, grazie a Dio, un
certo numero di laici sta per cominciare da voi, o sperano di poterlo
fare presto? Dio voglia che essi trovino il sostegno spirituale di cui
hanno bisogno e che tra essi fioriscano molte vocazioni sacerdotali
e religiose! Sì, lo Spirito di Dio saprà suscitare questa maturità a
misura della vostra fede. (...)
(3) La famiglia cristiana una "Chiesa domestica"
Dopo la pace ricevuta da Dio e la vitalità della Chiesa locale,
affronto il terzo aspetto della Buona Novella. In effetti, è un luogo
dove la Chiesa deve trovare la sua espressione privilegiata: la
famiglia. Il Concilio Vaticano II non ha esitato a chiamare la
famiglia cristiana la “Chiesa domestica”, una Chiesa in miniatura. I
costumi ancestrali, nel Gabon come in parecchi paesi africani,
segnano ancora profondamente molte famiglie. Esse hanno
inculcato a queste un certo numero di valori che possono essere
molto preziosi per gli sposi cristiani; in particolare, permettono di
evitare alla coppia di limitarsi a una prospettiva troppo
individualista, mantenendola per esempio solidale con le famiglie
degli sposi: queste possono apportare il loro contributo alla
fondazione della nuova famiglia e sono suscettibili di manifestare
anche il loro aiuto nell’educazione dei bambini o di fronte alle prove
che sopravvengono. Nella misura in cui tali pratiche favoriscono la
stabilità e l’unità delle coppie, pur lasciando ai fidanzati la libertà
del loro consenso e del loro impegno personale, la Chiesa non può
che rallegrarsene. Ciò che la Chiesa chiede ai cristiani di capire
50
bene, è l’incomparabile dignità dell’unione dell’uomo e della donna
nel piano originale di Dio, e il senso del sacramento del matrimonio
cristiano: questo ha lo scopo di elevare l’unione degli sposi
similmente all’alleanza d’amore tra Cristo e la sua Chiesa, di
associarli al dinamismo del mistero pasquale del Salvatore e di
apportare così a tutta la loro vita di coniugi, una santificazione e un
irradiamento che si diffondono sulle loro persone, sui loro figli, sulla
vita della Chiesa e della società. Mi manca il tempo di riprendere
qui quello che esponevo lungamente, appena due anni fa, alle
famiglie cristiane di Kinshasa, quello che i Vescovi del mondo intero
hanno testimoniato al Sinodo dell’autunno del 1980, e quello che io
stesso ho scritto per tutta la Chiesa nella mia recente esortazione
apostolica. Lascio ai vostri Pastori di offrirvi i mezzi concreti per
familiarizzarvi con la natura del matrimonio cristiano, e permettervi
di viverlo fin d’ora. Pensate, per esempio, al vero amore coniugale,
sorgente e forza di una comunione indissolubile, la cui fedeltà
ricorda l’incrollabile fedeltà di Dio alla sua alleanza con gli uomini.
Pensate alla cura che ha la Chiesa di fare in modo che la persona –
in particolare la donna – non sia mai trattata come “oggetto” di
piacere, né come un semplice mezzo di fecondità, ma che meriti di
essere amata per se stessa da parte del coniuge, anche se
sfortunatamente è sottomessa alla prova della sterilità. Pensate
anche ai valori di rispetto, di delicatezza, di perdono, di
misericordia, di cui la visione cristiana arricchisce il matrimonio.
Pensate alla dignità del compito di padre e di madre, in cui i coniugi
diventano cooperatori del Dio creatore dando la vita, e alla loro
comune responsabilità per allevare fino alla maturità affettiva e
spirituale i figli che hanno messo al mondo. Per proteggere tutto
questo, la Chiesa ricorda delle esigenze, delle esigenze gravi, certo,
che hanno il loro fondamento nel Vangelo e che necessitano di
sforzi e della conversione del cuore. Ma essa vorrebbe che i cristiani
percepiscano anzitutto il sacramento del matrimonio come una
“grazia”. Essa comprende con misericordia coloro che incontrano
delle difficoltà a corrispondervi in pienezza, e non vuole allontanare
nessuno da “un cammino pedagogico di crescita” che deve condurli
più lontano, “giungendo a una conoscenza più ricca e ad una
integrazione più piena di questo mistero nella loro vita” (Giovanni
Paolo II, Familiaris Consortio, 9). Alle famiglie del Gabon, come l’ho
già scritto nell’esortazione, dico: “Famiglia, diventa ciò che sei!”
(Ivi, 17). Mi felicito con le famiglie cristiane che già danno questa
bella testimonianza: ve n’è un certo numero in questo paese. E le
51
invito a condurre le altre famiglie nel loro solco, mediante un
apostolato da coppia a coppia, come invito tutta la Chiesa del
Gabon a promuovere un’adeguata pastorale della famiglia. (…)
(4) La Chiesa non può cessare di essere il sale e il lievito
Concludendo, cari fratelli e sorelle – ed è il culmine della Buona
Novella che vi annunciavo – chiedo per voi al Signore una viva
speranza, sul cammino della santità delle beatitudini. Abbiamo
appena ricordato alcune esigenze della vita cristiana. In questi
ultimi giorni ne ho ricordate altre, ad ogni categoria del popolo di
Dio, ma sempre con fiducia e su un tono positivo. Tutte queste
esigenze concretizzano il duplice comandamento fondamentale:
amare Dio con tutte le forze, amare il prossimo come noi stessi, o,
piuttosto, come Gesù ci ha amati. Va da sé che la preghiera, la
partecipazione ai sacramenti e specialmente alla celebrazione
eucaristica della domenica, ne sono l’espressione e gli alimenti
essenziali. Alcuni hanno tentato di chiedere alla Chiesa di mitigare
le sue esigenze, sia, per esempio, per il matrimonio cristiano o per
il sacerdozio. In realtà, voi tutti l’intuite, la Chiesa allora cesserebbe
di essere il sale e il lievito di cui parlava Gesù; essa sarebbe ancor
meno credibile, il suo messaggio sarebbe insipido, ambiguo, e la
sua testimonianza molto meno vigorosa. Cristo non ha proposto un
cammino facile, ma un sentiero scosceso, la porta stretta delle
beatitudini, che è follia agli occhi di certi uomini, ma che è sapienza
di Dio e forza di Dio: lo spirito di povertà, la purezza, la sete di
giustizia, la mitezza, la misericordia, la ricerca della pace, la
pazienza nella prova, la perseveranza nella persecuzione a causa di
Gesù e, in sovrappiù, la gioia, sì, la gioia più profonda: “Beati!”.
Ecco che cosa è capace di rinnovare il mondo attuale, malato delle
sue incertezze o dei suoi surrogati di felicità. Non è quindi sul
denaro, il potere e la seduzione della facilità, che la Chiesa può
veramente contare per risolvere i suoi problemi, ma sulla pratica
dei mezzi spirituali che corrispondono alle beatitudini. E quando ha
l'audacia di crederlo e di rischiare il suo impegno, allora un nuovo
orizzonte, una nuova Pentecoste si apre davanti ad essa. Il
cammino che sembrava condurla al fatalismo, allo scoraggiamento,
che avrebbe potuto ripiegarla sulla sua "crisi", cambia senso. Tutto
è possibile, anche se il peccato è ancora vicino, anche se le
tentazioni rimangono, anche se ci si sente ancora deboli, quando si
è umili e pieni di fiducia. Ed ecco che la scena evangelica che
abbiamo appena contemplata ce lo conferma. L'apostolo Pietro è
52
appena tornato dalla sua umiliazione durante la Passione. Una
conversazione profonda s'intreccia con Gesù risorto, una specie di
contrattazione che sfocia in un contratto in tre tempi. Gesù conosce
la sua debolezza. Ma di fronte alla triplice dichiarazione d'amore, gli
dice: "Sii il pastore dei miei agnelli, sii il pastore delle mie pecore".
E gli affida il cammino di tutto il gregge, di tutta la Chiesa. Il
Signore vi affida oggi, cari Pastori del Gabon, il cammino della
vostra Chiesa. (...)
DISCORSO ALLA PARTENZA DALL'AFRICA
Libreville, 19 febbraio 1982
Dio benedica il Gabon!
Mentre sto per lasciare questo paese, sono lieto di ripetere la mia
soddisfazione. Nel mio periplo africano era giusto riservare una
visita pastorale al Gabon, che è stato il punto d’origine
dell’evangelizzazione in tutta questa regione dell’Africa; l’albero
della Chiesa si è seriamente sviluppato a partire da questa terra.
Era anche opportuno onorare questa nazione che ha notevoli
capacità e che si sforza di progredire con slancio. Rinnovo la mia
gratitudine a tutti coloro che hanno organizzato questa magnifica
accoglienza al Papa: a sua eccellenza il signor Presidente della
Repubblica, ai membri del Governo e dell’Amministrazione, ai
responsabili di questa grande città di Libreville, a tutta la
popolazione che mi ha manifestato stima, calore, e attenzione alle
mie parole; ai cristiani così vicini nella fede, e in particolare ai
cattolici così felici di ricevere il Vicario di Cristo. Saluto e ringrazio
specialmente i Vescovi, miei fratelli. Durante questi tre giorni, io vi
ho aperto il mio cuore, per ricevere la vostra testimonianza e darvi
quello che avevo di meglio. Che ciascuno di voi si senta ormai più
vicino al Papa, amato, riconfortato e incoraggiato nella via del
bene! Da parte mia non vi dimenticherò. Come dice un proverbio
mbédé: “Otcwi Holwodo mvudu a nde ha moni” (“La mente sogna
l’uomo che ha visto”). Dio benedica il Gabon! (…)
Un messaggio a tutta l’Africa
Permettetemi ora di aggiungere un messaggio a tutta l’Africa,
poiché è da questo luogo che alla fine del mio secondo viaggio
lascio il continente. Questo soggiorno ha confermato le impressioni
che ho espresso il 12 maggio 1980 alla partenza d’Abidjan. Voi
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sapete bene che a Roma noi seguiamo da vicino la vita dei paesi
africani, tramite le visite che riceviamo, dai rapporti che ci mandano
i Vescovi o i rappresentanti pontifici. Ma una visita tra gli abitanti fa
acquisire una nuova sensibilità. E di questo, rendo grazie a Dio. Il
vostro continente, cari amici africani, persegue ammirabili sforzi di
sviluppo, sotto molti aspetti. È stato sorprendente in Nigeria, è
evidente qui e in tanti altri paesi. Le ricchezze naturali, per lungo
tempo trascurate, sono attivamente sfruttate, a volte, è vero, da
società straniere. La protezione sanitaria progredisce, e ciò procura
un risveglio di speranza in questi paesi equatoriali dal clima così
estenuante. La maturità politica si rafforza, malgrado qualche
scompiglio abbastanza frequente. Le città si sviluppano, spesso
purtroppo a detrimento di zone rurali, i cui prodotti sarebbero molto
utili. Molte persone accedono all’istruzione, su di un modello più
universale, spesso importato da fuori, ma nello stesso tempo
aumenta la presa di coscienza di una cultura africana. I rapporti tra
paesi si allacciano in modo più stretto a livello di regioni, di
continente, e del resto del mondo. Ovunque si registra un desiderio
di progredire, un entusiasmo evidente. (…)
Quale progresso cercate?
Ma, oltre i limiti di questo progresso, s’incontrano anche dei timori
e, a volte, delle stanchezze, delle delusioni, come pure delle
regressioni in questo entusiasmo. In nome della Chiesa esperta in
umanità, ovunque io vada, ripropongo le domande fondamentali:
Quale progresso cercate? Quali bisogni dell’uomo volete soddisfare?
Quale uomo volete formare? Interpello i cristiani, ma anche tutti gli
uomini di buona volontà. Perché tutti sentono l’imperiosa necessità
di guidare questo sviluppo. L’uomo africano, come del resto gli altri,
ma con le sue caratteristiche particolari e ad un grado intenso, ha
bisogno di uno spazio di libertà, di creatività e, nello stesso tempo,
ha un senso comunitario molto profondo, nella famiglia, nella tribù,
nell’etnia. Senza il calore dell’amicizia, egli deperisce. L’anonimato
di certe città, la lontananza dai propri familiari, sono per lui
particolarmente deprimenti e degradanti. Per l’uomo africano, i
problemi della fame sono lungi dall’essere risolti in molte regioni
dell’Africa, soprattutto quando la calamità della siccità o le
spaventose ripercussioni delle guerre si aggiungono a questo
dramma. Ma egli aspira anche ad essere meglio considerato, meglio
rispettato nel suo essere africano, meglio stimato nei suoi valori.
Egli ha bisogno d’istruzione per sviluppare il suo spirito e per
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prepararsi a svolgere un lavoro interessante e utile al suo paese. E
deve raggiungere una maturazione che si armonizzi con la sua
cultura tradizionale. Egli ha un senso acuto della giustizia e vuole
vivere in pace. La vita umana è per lui un grande dono di Dio. Tutti
coloro che attizzano in lui l’opposizione razziale o ideologica, anche
l’odio, la guerra e il desiderio di sterminio, fanno pensare ai cattivi
pastori di cui parlava Cristo, che vengono a sgozzare e a
distruggere, invece di costruire e favorire la vita. (…)
L’uomo africano e il senso del sacro
L’uomo africano ha soprattutto il senso del mistero, del sacro,
dell’assoluto. Anche se qualche volta questo istinto ha bisogno
d’essere purificato ed elevato, è una ricchezza invidiabile. Egli
aspira dunque a vivere d’accordo con il Padrone della Natura,
liberato dai timori alienanti, ed è pronto ad entrare in comunione
profonda con il Dio della pace. Aggiungiamo un’ultima
osservazione: ciò che era relativamente facile risolvere a livello di
villaggio, di tribù, di etnia, deve ora trovare la sua soluzione umana
in relazioni molto più vaste, a livello nazionale e anche
internazionale. È un programma difficile, che esige un’etica
trasposta. Ne va della qualità degli uomini e della loro civiltà. Ecco,
rievocati a grandi linee, i punti che mi sembrano più importanti per
i nostri amici africani. Di conseguenza, davanti ai modelli di società
che vengono loro presentati da altri paesi, è normale che gli africani
diffidino di un “umanesimo” riduttore. Ben volentieri accetteranno
l’aiuto fraterno, umanitario, economico, culturale, di cui hanno
certo bisogno, ma nel rispetto della loro dignità e del loro ideale; ed
essi vogliono essere riconosciuti come capaci di apportare ad altri il
meglio di loro stessi. Io spero che queste preoccupazioni siano
condivise da un gran numero d’uomini di buona volontà, in tutto
questo continente. Coloro che adorano Dio con cuore sincero
dovrebbero essere particolarmente sensibili a questi voti che
raggiungono la sua volontà. Coloro che condividono la fede cristiana
trovano in essa lo stimolo più forte per servire così l’uomo nel quale
Cristo si è identificato, e servire Cristo nell’uomo. Quanto ai figli
della Chiesa cattolica, sono sicuro che impiegheranno tutte le loro
forze per promuovere questo sviluppo integrale(…).
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PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II
Libreville, 19 febbraio 1982
O Madre degli uomini e dei popoli, tu che fosti presente nella Chiesa
fin dall'inizio della sua missione, intercedi per essa, affinché,
camminando attraverso il mondo, continui ad ammaestrare tutte le
nazioni ed annunci il Vangelo ad ogni creatura!
È con queste parole, già pronunciate per salutarti a Roma nella
solennità della Pentecoste, l'anno scorso, in unione con i Vescovi di
tutto il mondo, che desidero salutarti oggi, o Madre di Dio, o
Theotokos, insieme con i Vescovi della Chiesa del Gabon, il paese
che mi è dato di visitare in questo momento!
A te, che sei la Madre della Chiesa, voglio affidare e consacrare in
modo speciale la Chiesa che è nel Gabon, come nella festa di
Pentecoste ti ho affidato e consacrato la Chiesa sparsa in tutte le
nazioni e presso tutti i popoli della terra, sì, la Chiesa e il mondo
intero!
In questo gesto di consacrazione, che compio oggi, accomuno tutti
coloro che vivono e lavorano in terra d'Africa, come pure tutti
coloro che il Padre celeste ha amato in Gesù Cristo e vuole salvare
mediante il sangue della sua croce.
O Madre della Chiesa, ti rivolgo una speciale supplica per tutti i
sacerdoti che operano su questa terra, affinché siano "ministri di
Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Cor 4,1) per il bene dei
loro fratelli. Ti prego per i religiosi e le religiose, per tutte le anime
consacrate e perché molti rispondano a una simile vocazione. Ti
prego perché i fedeli, e specialmente le famiglie di questo paese,
abbiano sempre una grande generosità nella fede. Che tutti
facciano progredire l'opera dell'evangelizzazione iniziata qui dagli
operatori apostolici che li hanno preceduti da molte generazioni!
Che il Verbo di Dio, che si è fatto carne nel tuo seno verginale per
opera dello Spirito Santo, cresca nei cuori ed estenda il suo
irradiamento per la salvezza del mondo intero!
Amen!
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DISCORSO DI BENEDETTO XVI AI VESCOVI DEL GABON
Udienza del 26/10/2007
CITTA' DEL VATICANO, 26 OTT. 2007 (VIS). Questa mattina, il
Santo Padre Benedetto XVI, nel ricevere in udienza i Presuli della
Conferenza Episcopale del Gabon, al termine della Visita "ad Limina
Apostolorum", ha affermato che i gabonesi "si lasciano talvolta
attrarre dalla società dei consumi e della permissività, trascurando
così i più poveri del Paese". "Incoraggio i gabonesi a far accrescere
il senso della fraternità e della solidarietà. Si constata nel contempo
una certa rilassatezza nella vita dei cristiani attratti dalle seduzioni
del mondo. Auspico che essi abbiano sempre una condotta
esemplare per quanto attiene ai valori spirituali e morali".
"Fra i doveri più urgenti della Chiesa in Gabon" - ha ribadito Papa
Benedetto XVI - "occorre anzitutto segnalare la trasmissione della
fede e l'approfondimento del mistero cristiano. Per far fronte alle
diverse sollecitazioni, i fedeli devono avere una formazione
approfondita che dia loro la possibilità di fondare la propria vita
cristiana su chiari principi". "Le comunità ecclesiali saranno", così,
"più vive e i fedeli attingeranno alla liturgia, nella preghiera
personale, familiare e comunitaria, forze per essere, in tutti gli
ambiti della vita sociale, testimoni della Buona Novella, artefici di
riconciliazione, di giustizia e di pace, delle quali il nostro mondo ha
più che mai bisogno".
Successivamente il Papa ha ribadito che i Vescovi sono chiamati a
riservare particolare attenzione ai giovani ed ha affermato in
merito: "Auspico che i giovani non temano di essere i primi
evangelizzatori dei loro coetanei. Spesso è grazie all'amicizia e alla
condivisione che questi ultimi potranno scoprire la persona del
Cristo e unirsi a Lui". Richiamando l'attenzione sulla preoccupazione
dei Vescovi per lo scarso numero di vocazioni sacerdotali e
religiose, il Santo Padre ha affermato: "La presenza di un Seminario
a Libreville deve essere per voi oggetto di particolare attenzione,
perché è il futuro dell'evangelizzazione e della Chiesa che è in
gioco; ciò non mancherà di essere un incentivo affinché in ogni
diocesi, si sviluppi e si intensifichi la pastorale vocazionale".
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Benedetto XVI ha esortato i sacerdoti, i religiosi e le religiose e le
famiglie
a
"mobilitarsi
con
la
preghiera,
mediante
l'accompagnamento dei più giovani e l'impegno nella trasmissione
della chiamata di Cristo, affinché nascano e fioriscano le nuove
vocazioni di cui il Paese ha bisogno". "Non si deve dimenticare il
ruolo dell'Insegnamento cattolico, nel quale professori ed educatori
hanno il compito dell'educazione integrale dei giovani, la quale
abbisogna della testimonianza e della trasmissione della fede, e di
riservare attenzione alle vocazioni". "Sviluppando instancabilmente
la loro vita in intimità con il Cristo" - ha detto il Pontefice riferendosi
ai sacerdoti - "avranno una coscienza più viva dell'esigenza della
fedeltà agli impegni assunti davanti a Dio e alla Chiesa, in
particolare l'obbedienza e la castità nel celibato. Così essi vivranno
sempre più il loro ministero sacerdotale come un servizio ai fedeli".
"Nella fraternità sacerdotale, confortati da voi che siete per loro
padre e fratello, essi troveranno un sostegno spirituale; voi potrete
allora realizzare progetti pastorali comuni che daranno nuovo
slancio alla missione. Esorto ogni sacerdote" - ha concluso il
Pontefice - "a cercare dapprima il bene della Chiesa e non i
vantaggi personali, conformando la propria vita e la propria
missione al gesto della lavanda dei piedi (Jn 13, 1-11). Questo
amore vissuto in una prospettiva di servizio disinteressato fa
nascere una gioia profonda".
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