Ricerca del Decadimento Doppio Beta senza Neutrini nell

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Ricerca del Decadimento Doppio Beta senza Neutrini nell
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e
Naturali
Corso di Laurea Magistrale in Fisica Nucleare e Subnucleare
Ricerca del Decadimento Doppio Beta
senza Neutrini
nell’esperimento CUORE-0
Candidato
MARIA FRANCESCA
MARZIONI
Relatore
Dott.ssa CLAUDIA TOMEI
Anno Accademico: 2013-2014
Matricola
1310446
Alla mia famiglia,
per l’infinito amore
e l’incondizionato sostegno
1
Indice
Introduzione
4
1 Il Decadimento Doppio Beta
1.1 Il decadimento 2νββ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Il decadimento 0νββ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Come rivelare il decadimento 0νββ . . . . . . . . . . . .
1.3.1 L’approccio sperimentale . . . . . . . . . . . . .
1.3.2 La sensitività ed i criteri di rivelazione . . . . . .
1.4 Gli esperimenti passati e presenti sul decadimento 0νββ
1.5 Gli esperimenti futuri sul decadimento 0νββ . . . . . . .
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2 Il progetto CUORE
2.1 Lo stato di CUORE . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Il rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.2 La sensitività e l’obiettivo . . . . . . . . . . .
2.2 Il problema del fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.1 Le sorgenti di fondo . . . . . . . . . . . . . .
2.3 CUORE-0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.1 L’assemblaggio del rivelatore . . . . . . . . .
2.3.2 I fondi di Cuoricino e CUORE-0 a confronto
2.3.3 I bolometri di T eO2 . . . . . . . . . . . . . .
2.3.4 L’apparato criogenico . . . . . . . . . . . . .
2.3.5 L’elettronica di acquisizione . . . . . . . . . .
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3 L’analisi dei dati
3.1 I dati grezzi e il trigger a soglia . . . . . .
3.2 DIANA: il software di analisi . . . . . . .
3.3 La valutazione dell’ampiezza del segnale .
3.4 L’identificazione degli implusi retriggerati
3.5 La stabilizzazione del guadagno . . . . . .
3.6 La calibrazione . . . . . . . . . . . . . . .
3.7 Il calcolo delle coincidenze . . . . . . . . .
3.8 La procedura di blinding . . . . . . . . . .
2
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3.9
La selezione degli eventi . . . .
3.9.1 I criteri di selezione . .
3.9.2 L’efficienza di selezione
3.10 La statistica analizzata . . . . .
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4 L’analisi delle coincidenze utilizzando i side pulses
60
4.1 Le coincidenze usando i side pulses . . . . . . . . . . . . . . . 60
4.2 Il calcolo dei Jitter . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
4.3 L’ampiezza e la molteplicità dei side pulses . . . . . . . . . . 63
4.4 Le prestazioni del metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
4.5 La stima dell’efficienza del metodo . . . . . . . . . . . . . . . 66
4.6 La riduzione del fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
4.6.1 La riduzione del fondo nella Regione di Interesse . . . 68
4.6.2 La riduzione del fondo nella Regione Alpha . . . . . . 71
4.7 Le conclusioni sull’analisi delle coincidenze utilizzando i side
pulses . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
5 L’analisi delle coincidenze ritardate con le particelle α
74
5.1 Il modulo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
5.2 Le prestazioni del metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
5.3 La stima dell’efficienza del metodo . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.4 La riduzione del fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
5.4.1 La riduzione del fondo nella Regione di Interesse . . . 80
5.4.2 La riduzione del fondo nella Regione Alpha . . . . . . 81
5.5 Le conclusioni sull’analisi delle coincidenze ritardate con le
particelle α . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
6 Il Fit della Regione di Interesse
6.1 Il fit simultaneo con Roofit . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.2 La funzione di verosimiglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3 La funzione di densità di probabilità . . . . . . . . . . . . . .
6.3.1 Il fondo piatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3.2 Il picco del 60 Co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3.3 Il picco del 0νββ ottenuto con la procedura di blinding
6.4 L’efficienza dei tagli sugli eventi . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.5 La risoluzione energetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.6 L’esposizione dei canali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.7 La macro per il fit simultaneo . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.8 I risultati del fit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.9 Le incertezze sistematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
85
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89
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91
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103
Conclusioni
104
Appendice A
106
3
Ringraziamenti
115
Bibliografia
118
4
Introduzione
La fisica del neutrino è una parte consistente delle ricerche di Nuova Fisica.
Gli esperimenti di oscillazione del sapore dei neutrini hanno mostrato evidenza del mixing dei neutrini e del fatto che il neutrino non ha massa nulla,
come previsto invece dal Modello Standard. I risultati acquisiti hanno permesso di determinare gli angoli di mixing relativi a tale fenomeno, insieme
alla differenza delle masse al quadrato tra i tre autostati di massa dei neutrini.
Tuttavia rimane ancora ignoto quale sia l’effettiva scala di massa e la gerarchia reciproca degli autostati massivi del neutrino, nonché la sua natura
particellare. Resta infatti aperta la questione se esso sia una particella di
Majorana o di Dirac, ovvero se esso coincida o meno con la propria antiparticella.
Non potendo gli esperimenti di oscillazione fornire risposte a queste domande, una valida alternativa è la ricerca del decadimento doppio beta senza emissione di neutrini (0νββ nel seguito), un processo di transizione
nucleare, proibito nell’ambito del Modello Standard per via della violazione
del numero leptonico, che, se osservato, proverebbe che il neutrino ha una
componente di massa di Majorana. Inoltre, l’osservazione di questo decadimento raro potrebbe permettere di ricavare informazioni sulla scala di massa
dei neutrini [1].
In questa dissertazione viene descritto inizialmente il processo fisico cercato e il motivo di tale interesse, per poi passare alla descrizione dello stato
attuale della ricerca scientifica su di esso (Capitolo 1).
Vengono poi descritti nel Capitolo 2 la scelta dell’uso dei bolometri come
rivelatori di segnale e il progetto dell’esperimento CUORE per l’osservazione
dello stesso, con particolare attenzione al suo prototipo, CUORE-0, in cui
questa tesi si inserisce.
La parte centrale della dissertazione è relativa all’analisi dei dati acquisiti
dai bolometri di CUORE-0: nel Capitolo 3 si considera l’analisi standard
con cui vengono processati i dati, mentre i Capitoli 4 e 5 sono dedicati a due
diverse analisi di coincidenze, mirate alla riduzione del fondo.
Il Capitolo 6 infine è dedicato alla descrizione del fit condotto sui dati per
l’estrazione dei risultati nella regione di interesse.
5
6
Capitolo 1
Il Decadimento Doppio Beta
Sette anni dopo la scoperta del neutrino da parte di Wolfgang Pauli nel 1930,
Ettore Majorana ipotizzò che il neutrino potesse coincidere con la propria
antiparticella ed essere quindi diverso dai fermioni di Dirac, cioè dalle altre
particelle elementari del Modello Standard.
Il neutrino è sempre stato una particella difficile da osservare: esso infatti
ha una massa molto piccola, ha carica elettrica nulla e prende parte solo
all’interazione debole. Nonostante questa difficoltà, gli esperimenti condotti
fino ad ora hanno appurato l’esistenza di tre famiglie di neutrini e dell’oscillazione di sapore tra le famiglie stesse, fatto che implica che il neutrino abbia
una massa non nulla [2].
L’osservazione di un decadimento mai rivelato prima, noto come decadimento doppio beta senza emissione di neutrini (0νββ), proverebbe che il
neutrino ha effettivamente una componente di massa di Majorana, e permetterebbe anche di ottenere informazioni sulla scala di massa del neutrino,
nonché sulla gerarchia di massa. Finora infatti non si è riusciti a distinguere
se i tre autostati di massa siano disposti secondo la cosiddetta gerarchia
diretta o inversa. Come illustrato in Figura 1.1 infatti non si sa se m3 sia
più pesante (diretta) o più leggera (inversa) degli altri due autostati m1 ed
m2 , la differenza tra i quali è dell’ordine di 10−5 eV 2 .
1.1
Il decadimento 2νββ
Il decadimento doppio beta con emissione di due neutrini è un processo
ammesso dal Modello Standard che si verifica solo per gli isotopi per i quali il
decadimento beta singolo è energeticamente proibito o fortemente soppresso.
Esso prevede che il nucleo protagonista cambi il proprio numero atomico (Z)
di due unità, mantenendo invariato il numero di massa (A), e può avvenire
secondo diversi canali, ovvero a seguito del contemporaneo verificarsi di due
7
Figura 1.1: Gerarchia diretta (a sinistra) e gerarchia inversa (a destra) degli
autostati di massa del neutrino.
decadimenti beta: due decadimenti β − , due decadimenti β + , due catture
elettroniche o una cattura elettronica e un β + .
(A, Z) → (A, Z + 2) + 2e− + 2νe
(1.1)
(A, Z) → (A, Z − 2) + 2e+ + 2νe
(1.2)
(A, Z) + 2e− → (A, Z − 2) + 2νe
(1.3)
(A, Z) + e− → (A, Z − 2) + e+ + 2νe
(1.4)
Il primo di questi quattro modi di decadimento è quello con ampiezza di transizione maggiore, e quindi il più probabile. Il suo diagramma di Feynman è
riportato in Figura 1.2.
Figura 1.2: Diagramma di Feynman del decadimento doppio beta con
emissione di neutrini.
Il decadimento doppio beta con emissione di neutrini (2νββ) è stato
osservato sperimentalmente per diversi isotopi. A seconda del nucleo considerato, la vita media del processo cade in un intervallo tra i 1018 e i 1021
anni, come mostrato in Tabella 1.1, dove sono elencati anche i rispettivi
8
Q-valori
1
[3].
Isotopo
48 Ca
76 Ge
82 Se
96 Zr
100 M o
116 Cd
128 T e
130 T e
136 Xe
150 N d
Q-valore [keV ]
2ν misurata [anni]
T1/2
19
4.4+0.6
−0.5 · 10
+0.14
1.84−0.10 · 1021
0.92 ± 0.07 · 1020
2.3 ± 0.2 · 1019
7.1 ± 0.4 · 1018
2.8 ± 0.2 · 1019
1.9 ± 0.4 · 1024
20
6.8+1.2
−1.1 · 10
21
2.11 ± 0.21 · 10
8.2 ± 0.9 · 1018
4274
2039
2995.5
3347.7
3035
2809
867.9
2530.3
2462
3367.7
Tabella 1.1: Elenco dei possibili emettitori di decadimento
2νββ, con i rispettivi Q-valori e vite medie misurate (per
tutti gli isotopi [4], per lo 136 Xe [5], per il 76 Ge [6]).
Il segnale Per il decadimento 2νββ, essendo presenti i due neutrini nello
stato finale, il segnale dovuto ai due elettroni (se rivelati contemporaneamente) è uno spettro energetico continuo tra 0 e il Q-valore. Nel seguito,
in Figura 1.5, verrà mostrato tale spettro, insieme a quello del decadimento
senza emissione di neutrini.
1.2
Il decadimento 0νββ
Il decadimento doppio beta senza emissione di neutrini è un processo attraverso il quale un nucleo (A,Z) decade nel nucleo figlio (A,Z+2), emettendo
solamente due elettroni.
(A, Z) → (A, Z + 2) + 2e−
(1.5)
Un possibile diagramma di Feynman della transizione è riportato in
Figura 1.3.
Essa prevede il decadimento di una coppia W − W − in due elettroni,
−
senza che vengano emessi neutrini elettronici: W − W − → e−
α eβ .
1
Il Q-valore è la differenza di massa tra il nucleo padre e il nucleo figlio. Nel decadimento
N → N 0 + 2e + 2ν, per esempio, Q = M (N ) − M (N 0 ).
9
Figura 1.3: Diagramma di Feynman del decadimento doppio beta senza
emissione di neutrini.
Il processo può essere interpretato come la conseguenza dell’emissione di
un antineutrino destrogiro nel primo vertice e l’assorbimento di un neutrino
levogiro nel secondo vertice [7]:
(A, Z) → (A, Z + 1) + e− + ν e
(1.6)
(A, Z + 1) + νe → (A, Z + 2) + e−
(1.7)
e può quindi avvenire solo se il neutrino e l’antineutrino intermedi coincidono, il che implica che il neutrino sia un fermione di Majorana, e solo se
l’antineutrino emesso ha una componente levogira. Essendo tale componente proporzionale alla massa del neutrino, il decadimento implica che i
neutrini siano massivi.
L’ampiezza del decadimento (Γ) è proporzionale alla cosiddetta massa
effettiva di Majorana (hmee i):
Γ = G0ν | M 0ν |2 | hmee i |2
con
hmee i =|
3
X
2
mj Uej
|,
(1.8)
(1.9)
j=1
G0ν fattore dello spazio delle fasi, dipendente dal Q-valore e dal numero
atomico iniziale Z, e M 0ν elemento di matrice nucleare.
Con lo stesso significato dei termini, si definisce la vita media del decadi0ν , come:
mento, T1/2
1
0ν
T1/2
= G0ν | M 0ν |2 (
hmee i 2
)
me
(1.10)
Mentre G0ν si può calcolare con sufficiente precisione, il calcolo di M 0ν
risulta difficile e può essere condotto secondo diversi modelli teorici, che forniscono valori differenti. Questo causa una notevole incertezza nel momento
10
0ν viene convertita nella hm i, che per questo motivo
in cui la vita media T1/2
ee
risulta sempre all’interno di un intervallo.
A proposito della massa effettiva di Majorana è necessario identificare
i termini che la definiscono, in particolare la matrice Uej . Gli esperimenti
di oscillazione dei neutrini, come già anticipato nell’Introduzione, hanno
provato che ogni autostato di sapore dei neutrini να può essere considerato
come combinazione di tre autostati di massa νj , secondo gli elementi della
matrice di mescolamento Pontecorvo–Maki–Nakagawa–Sakata UP M N S [8]:
να =
3
X
Uαj νj
(1.11)
j=1
e sono proprio questi elementi di matrice che entrano nella definizione di
hmee i, insieme alle masse mj dei tre autostati massivi.
Entrando quindi il valore della massa di Majorana nella definizione della
vita media del decadimento, esso potrebbe essere ricavato se il decadimento
0νββ venisse osservato, fornendo un vincolo sui tre valori di massa mj che
lo definiscono. Nel caso invece in cui non ci fosse evidenza di segnale, si
potrebbe porre un limite inferiore sul valore della vita media del processo, traducibile in un limite superiore su quello della massa del neutrino di
Majorana.
La Figura 1.4 mostra le bande di valori permessi per la massa effettiva
di Majorana in funzione della massa del neutrino più leggero, come stabilito
dai risultati degli esperimenti sulle oscillazioni dei neutrini. Come risulta
evidente dalla figura, trovare un limite su hmee i non significherebbe risolvere
il problema della gerarchia, in quanto le due fasce si vanno a sovrapporre
per determinati valori della massa del neutrino più leggero. Al contrario,
una alternativa determinazione di quale sia la gerarchia potrebbe dare una
valida indicazione di dove andare a cercare la massa effettiva di Majorana.
Il decadimento 0νββ viola di due unità la conservazione del numero
leptonico, un simmetria conservata nell’ambito del Modello Standard, ed è
possibile solo se il neutrino ha almeno una componente di massa di
Majorana. Per questo motivo, osservarlo vorrebbe dire confermare la tesi
di Majorana, oltre che stabilire l’assoluta scala di massa del neutrino grazie
alla misura della vita media del decadimento.
Negli ultimi anni sono state sviluppate teorie alternative [10], secondo
le quali il decadimento 0νββ potrebbe avvenire anche in mancanza di una
componente massiva di Majorana, secondo processi più esotici. In ogni caso,
al di là dell’ambiguità teorica a riguardo, la scoperta del processo 0νββ
sarebbe un chiaro indizio di Nuova Fisica.
11
Figura 1.4: Bande di valori permessi per la massa effettiva di Majorana in
funzione della massa del neutrino più leggero: le zone sono diverse per i due
scenari di gerarchia possibile (diretta in rosso, inversa in verde) [9].
Il segnale Nel decadimento 0νββ, mancando i due neutrini, i due elettroni portano con sé tutta l’energia del decadimento, esclusa l’energia cinetica attribuibile al rinculo nucleare. Essendo però questa trascurabile, il
segnale cercato è un picco monoenergetico centrato al Q-valore della reazione
e allargato solamente dalla risoluzione sperimentale del rivelatore. Questo
ovviamente è vero solo nel caso in cui i due elettroni vengano rivelati insieme,
altrimenti ognuno di essi porterà con sé solo una frazione del Q-valore.
In Figura 1.5 è riportato lo spettro atteso per le energie degli elettroni
emessi nei due decadimenti doppio beta, quello con emissione di neutrini e
quello senza.
1.3
Come rivelare il decadimento 0νββ
Una volta descritta la dinamica del decadimento e il segnale che ci si aspetta di osservare, è importante considerare le diverse tecniche sperimentali
utilizzabili allo scopo di rivelarlo e i criteri che la ricerca di tale processo
impone di rispettare.
1.3.1
L’approccio sperimentale
Le strategie sperimentali impiegate per la ricerca del decadimento 0νββ
sono diverse e si dividono sostanzialmente in due categorie: metodi indiretti
12
Figura 1.5: Spettro energetico per gli elettroni emessi nel decadimento
doppio beta 2ν (in nero) e 0ν (in rosso). In questa figura lo spettro non
è in scala: il segnale del processo 0ν non sarebbe cosı̀ prominente rispetto a
quello del 2ν.
e metodi diretti.
Nel primo caso si cerca il nucleo figlio della reazione (l’isotopo (A,Z+2),
rispettando la notazione dei paragrafi precedenti), mentre nel secondo caso
si contano gli eventi riconducibili al decadimento.
I metodi indiretti venivano utilizzati in passato, attualmente non sono
più in uso, ma vale comunque la pena ricordarli.
Un primo esempio di approccio indiretto sono gli esperimenti geochimici,
nell’ambito dei quali si cerca un’abbondanza isotopica anomala del nucleo
figlio (A,Z+2) in rocce contenenti il nucleo padre (A,Z). Il vantaggio di
questo tipo di tecnica è che la scala di tempi geochimica e la presenza naturale di gran quantità di rocce permettono di ottenere grandi esposizioni;
d’altra parte però va considerato che questi esperimenti non consentono di
determinare se il decadimento è con o senza emissione di neutrini.
Gli esperimenti radiochimici invece seguono una strategia leggermente
diversa: si posizionano sottoterra grandi quantità di un materiale contenente il nucleo padre (A,Z) e, dopo un tempo ragionevolmente lungo, si
cercano tracce di decadimento radioattivo del nucleo figlio (A,Z+2). Anche
questo metodo, essendo indiretto, non permette di individuare il canale in
cui il decadimento doppio beta ha avuto luogo.
Per quanto riguarda i metodi diretti, esistono due approcci: quello tracciante e quello calorimetrico.
13
Nel primo caso, la sorgente destinata a decadere secondo il processo 0νββ
è contenuta in fogli sottili, che vengono intervallati a rivelatori, che potrebbero essere scintillatori, camere a ionizzazione, rivelatori a semiconduttore
o altro, permettendo una ricostruzione cinematica dell’evento, il che costituisce il vantaggio di questa tecnica. Il suo svantaggio invece è che, mentre
le norme generali richiederebbero l’impiego di una gran quantità di materiale emettitore, è necessario che la sorgente non sia troppo estesa affinché
gli elettroni possano uscire ed essere rivelati con successo: non è quindi
possibile assemblare una gran quantità di sostanza.
Nel secondo caso, invece, si impiega un materiale che contenga l’isotopo
emettitore del decadimento per costruire il rivelatore, oppure si discioglie
l’isotopo all’interno di un grande volume di scintillatore liquido. Questo
metodo, pur non consentendo la ricostruzione delle tracce dei due elettroni,
permette di ottenere ottime risoluzioni energetiche, sulla cui importanza si
tornerà nel prossimo paragrafo, e costituisce quindi un ottimo approccio
per l’identificazione dei decadimenti 0νββ [11]. Gli esperimenti trattati nel
seguito seguono questo approccio sperimentale.
1.3.2
La sensitività ed i criteri di rivelazione
Come descritto nel paragrafo 1.2, il segnale che ci si aspetta di osservare
in occasione di un decadimento doppio beta senza emissione di neutrini è
molto chiaro: un picco monoenergetico centrato al Q-valore della reazione.
Quello che ovviamente bisogna considerare è quanto l’esperimento sia sensibile a tale segnale e con quali parametri di rivelazione, primo fra tutti la risoluzione energetica, responsabile dell’allargamento del picco stesso.
Risulta quindi fondamentale progettare un rivelatore che abbia un’ottima
risoluzione in energia, per evitare che il picco non si veda in quanto troppo
largo.
Essendo inoltre il decadimento molto raro, non ci si aspetta di osservare
molti eventi e risulta quindi cruciale ridurre al minimo possibile il fondo all’interno della regione di interesse, in modo da permettere al picco centrato
al Q-valore di emergere.
Alla riduzione del fondo contribuisce anche la possibilità di schermare l’apparato sperimentale dai raggi cosmici e di proteggerlo dalla radioattività
ambientale: per questa ragione, molti degli esperimenti sul decadimento
doppio beta sono situati sottoterra e i rivelatori vengono assemblati in ambienti radiopuri e con materiali sottoposti ad un’attenta selezione per ridurre
al minimo qualsiasi contaminazione radioattiva.
Inoltre, dato che il fondo dovuto alla radioattività naturale è fortemente
ridotto sopra la riga del 208 T l centrata a 2615 keV , è preferibile scegliere un
isotopo che abbia un alto Q-valore.
La rarità del processo impone anche che si abbia a disposizione una
grande massa dell’isotopo emettitore: per questo vengono in genere
14
selezionati materiali non troppo costosi, con una elevata abbondanza isotopica o che siano possibili da arricchire isotopicamente.
L’ultimo criterio da tenere in conto è poi quello di avere un’alta efficienza
di contenimento, in modo che non si perdano tanti eventi.
Per stabilire quanto un esperimento possa essere capace di osservare il
processo voluto o, quantomeno, di porre un limite competitivo su una delle
osservabili protagoniste (nel nostro caso sulla vita media del decadimento
0νββ), è stato introdotto il concetto di sensitività [12].
Se il picco di segnale centrato al Q-valore venisse osservato all’interno
dello spettro, si potrebbe calcolare la vita media del decadimento, come:
0ν
= ln(2) · T · ε ·
T1/2
Nββ
Npicco
(1.12)
dove:
• T è il tempo di esposizione;
• ε è l’efficienza di contenimento;
• Nββ è il numero di nuclei emettitori di doppio beta;
• Npicco è il numero di eventi osservati nel picco di segnale.
Come già detto, però, i potenziali eventi di segnale 0νββ potrebbero
essere sovrastati dal fondo nella regione di interesse e non emergere: in
0ν
questo caso, la sensitività dell’esperimento viene espressa come Td
1/2 , dove
il cappuccio sta ad indicare che non si tratta del valore vero. Essa infatti è
definita come la vita media corrispondente al minimo segnale distinguibile
da una fluttuazione del fondo. Questa definizione è valida una volta scelto
un certo livello di confidenza con cui valutare la fluttuazione e nel limite di
fondo elevato nella regione di interesse; la sensitività, scritta in termini di
numero di deviazioni standard, è dunque:
r
ln(2)
N
·
a
·
η
·
ε
M ·T
A
d
0ν (n ) =
T1/2
·
· f (∆E) ·
(1.13)
σ
nσ
W
B · ∆E
dove:
• NA è il numero di Avogadro;
• a è l’abbondanza isotopica del nucleo emettitore;
• η è il coefficiente stechiometrico del nucleo emettitore;
• W è il peso molecolare della massa di sostanza a disposizione;
15
• ∆E è l’ampiezza della regione di interesse, che generalmente è pari ad
una F W HM intorno al Q-valore 2 ;
• f (∆E) è la frazione di eventi di segnale che cadono nella regione di
interesse;
• M è la massa del rivelatore;
• B è il fondo per unità di massa, tempo ed energia;
• ε e T hanno gli stessi significati che avevano nella (1.12).
Confrontando questa formula con la (1.10), in cui era stata definita la
vita media del decadimento, si può ottenere una sensitività relativa alla
0ν :
massa effettiva di Majorana, vista la dipendenza che la lega a T1/2
hmee i ∝
me
0ν
0ν
0ν |2 )1/2
(Td
1/2 · G · | M
(1.14)
E’ stato sottolineato come queste definizioni di sensitività siano applicabili nel limite in cui il fondo sia alto nella regione di interesse, per potervi applicare una statistica gaussiana. Nel caso in cui invece ci si aspetti
un conteggio di fondo molto basso, risulta corretto utilizzare una statistica
poissoniana: la sensitività, scelto un livello di confidenza (C.L.), diventa:
0ν
Td
1/2 (C.L.) = −
NA · a · η · ε
ln(2)
·
· f (∆E) · M · T
C.L.
W
ln(1 − 100 )
(1.15)
La competitività degli esperimenti che si propongono di osservare il
decadimento 0νββ risiede nella sensitività che essi riescono a raggiungere.
Gli esperimenti futuri puntano ad esplorare l’intervallo relativo alla gerarchia inversa, compreso tra i 10 e i 50 meV , mentre gli esperimenti ora
in costruzione, come CUORE ad esempio, puntano ad una sensitività sulla
hmee i che riesca solo ad entrare in tale regione, intorno quindi ai 50 meV .
1.4
Gli esperimenti passati e presenti sul decadimento 0νββ
Vista la rilevanza che avrebbe un risultato positivo a riguardo, diversi esperimenti sono stati ideati e condotti al fine di osservare il decadimento doppio
beta senza neutrini; tuttavia fino ad ora nessuno di essi ne ha mostrata evidenza, ponendo unicamente dei limiti sulla vita media e, conseguentemente,
sulla massa effettiva di Majorana.
2
F W HM sta per Full Width at Half Maximum, ovvero larghezza del picco a mezza
altezza.
16
Come descritto nel paragrafo precedente, la realizzazione di tutti gli
esperimenti discussi nel seguito ha previsto che fossero considerati diversi
fattori. Ogni collaborazione ha scelto uno o più isotopi con cui lavorare,
in quanto non esistono considerazioni teoriche che possano far preferire un
isotopo all’altro. Di volta in volta serve cercare il miglior compromesso
tra le esigenze sperimentali, quali la grande massa della sorgente, la buona
risoluzione energetica, la riduzione del fondo, l’efficienza della selezione e il
raggiungimento di una sensitività il più competitiva possibile.
L’esperimento Heidelberg-Moscow (HDM), in presa dati tra il 1990 e il
2003 ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), ha cercato il decadimento 0νββ del 76 Ge.
I Laboratori si trovano in Italia e sono gestiti dall’Istituto Nazionale
di Fisica Nucleare (INFN): si tratta di laboratori sotterranei, situati sotto
circa 1400 m di roccia, che costituiscono una schermatura naturale dalla radioattività ambientale. Questa caratteristica rende i LNGS un sito
particolarmente adatto alla ricerca di processi rari come il decadimento
sopracitato.
Il rivelatore impiegato in questo esperimento è un rivelatore a semiconduttore: esso infatti è costituito da cristalli HPGe, che sta per High Purity
Germanium, arricchiti di isotopi di 76 Ge all’86%. Si tratta in realtà di cinque
rivelatori coassiali, per un peso totale di 11.5 kg, posti ognuno in un proprio
criostato [13].
Poiché l’esperimento HDM non ha trovato evidenza di segnale, è stato
0ν (76 Ge) >
posto un limite inferiore sulla vita media del decadimento, T1/2
1.9 · 1025 anni al 90% C.L., e conseguentemente un limite superiore sulla
massa effettiva di Majorana pari a hmee i < 0.35 eV [14].
Una parte della collaborazione dell’esperimento HDM, rianalizzando i
dati, asserı̀ di aver trovato evidenza del decadimento, ottenendo quindi due
0ν (76 Ge) = 2.23+0.44 · 1025 anni e hm i = 0.30+0.02 eV [15]. Tutvalori: T1/2
ee
−0.31
−0.03
tavia questo risultato è stato oggetto di forti critiche [16] e non è stato
corroborato da nessun altro esperimento.
Un secondo esperimento dedicato alla ricerca del decadimento dello stesso isotopo (76 Ge) è stato l’International Germanium Experiment (IGEX),
che ha raccolto dati in tre diversi siti, in Stati Uniti d’America, Spagna e
Russia, tra il 1991 e il 2000.
Anche in questo caso si tratta di un esperimento che impiega rivelatori
a semiconduttore.
La collaborazione, non trovando evidenza di segnale, ha pubblicato i pro0ν (76 Ge) > 1.57 · 1025
pri risultati come limiti: inferiore per la vita media, T1/2
anni al 90% C.L. e superiore per la hmee i, compreso tra 0.33 e 1.35 eV [17].
17
Figura 1.6: GERmanium Detector Array: la struttura sperimentale.
Il diretto successore dei due esperimenti sopra citati è l’esperimento
GERDA (GERmanium Detector Array), che si inserisce nel panorama
scientifico come un test diretto dell’evidenza di segnale annunciata dalla
collaborazione HDM.
Anche GERDA infatti cerca il decadimento 0νββ del 76 Ge, impiegando
alcuni dei cristalli già utilizzati dalle collaborazioni di HDM e IGEX, insieme
a nuovi rivelatori. L’apparato sperimentale, infatti, è costituito dai rivelatori
coassiali HPGe precedentemente impiegati in HDM e IGEX, e da rivelatori
BEGe, che sta per Broad Energy Germanium, ideati appositamente per
questo esperimento.
La struttura di sostegno dei cristalli di germanio è fatta di rame e l’intero
apparato è racchiuso all’interno di un criostato, che contiene argon liquido.
L’argon ha una doppia valenza: mantiene il rivelatore a basse temperature,
necessarie trattandosi di semiconduttori, e funziona come schermo, insieme
alla tanica esterna piena di acqua pura (Figura 1.6), funzionante come veto
per muoni basato sull’effetto Cerenkov.
L’esperimento è tuttora in presa dati ai Laboratori Nazionali del Gran
Sasso e, per il momento, sono stati pubblicati i risultati della Fase I (Novembre 2011 - Maggio 2013), secondo i quali non è stato osservato nessun eccesso
di eventi nella regione di interesse. Il limite inferiore posto sulla vita media
0ν (76 Ge) > 2.1 · 1025 anni al 90% C.L. e quello superiore
del processo è T1/2
sulla massa effettiva di Majorana cade in un intervallo compreso tra 0.2 e
0.4 eV [18].
18
L’esperimento Cuoricino ha impiegato un altro isotopo, il 130 T e, utilizzando un rivelatore composto da 62 bolometri di diossido di tellurio (T eO2 ),
disposti in una torre, come mostrato in Figura 1.7.
Sul principio di funzionamento dei rivelatori bolometrici si tornerà nel
dettaglio nel Capitolo 2, in quanto essi sono oggetto specifico di questa dissertazione. Per ora si consideri che un bolometro è un tipo di rivelatore che,
operando a basse temperature, permette la conversione dell’energia della
radiazione incidente in calore, e quindi la misura di tale energia tramite
l’innalzamento della temperatura del bolometro stesso.
Cuoricino è stato in presa dati ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso
tra il 2003 e il 2008, come primo passo del progetto CUORE (Cryogenic
Underground Observatory for Rare Events) e, quindi, diretto predecessore
dell’esperimento CUORE-0, su cui verte questa tesi, come verrà ampiamente
descritto nel Capitolo 2.
Figura 1.7: Il rivelatore Cuoricino: uno dei piani della torre a sinistra,
l’intera torre a destra.
Anche i dati di Cuoricino non hanno dato evidenza di segnale, portando
a limitare inferiormente la vita media del decadimento del 130 T e e superior0ν (130 T e) > 2.8 · 1024 anni al 90%
mente la massa effettiva di Majorana: T1/2
C.L. e hmee i < (0.3 − 0.71) eV [19].
L’esperimento NEMO3 (Neutrino Ettore Majorana Observatory), in presa dati dal 2003 nel Laboratorio sotterraneo francese del Fréjus, si proponeva
di cercare il decadimento 0νββ di diversi isotopi, quali 100 M o,82 Se, 96 Zr,
130 T e, 150 N d e 48 Ca. Le modalità di rivelazione del segnale sono diverse da
19
tutti gli altri esperimenti descritti fino ad ora, essendo NEMO3 un rivelatore
tracciante (vedi sezione 1.3.1).
L’apparato consiste in una camera tracciante, divisa in celle, che funzionano come contatori Geiger 3 , producendo una misura tridimensionale
della traccia della particella carica che le attraversa. La ricostruzione di un
possibile evento candidato è riportata in Figura 1.8.
0ν (100 M o) >
L’analisi dei dati raccolti da NEMO3 ha portato a nuovi limiti: T1/2
5.8 · 1023 anni al 90% C.L., corrispondente a hmee i < (0.6 − 0.9) eV ;
0ν (82 Se) > 2.1·1023 anni al 90% C.L., corrispondente a hm i < (1.2−2.5)
T1/2
ee
eV [20].
Figura 1.8: Possibile candidato di decadimento doppio beta senza neutrini
nell’esperimento NEMO3.
Un altro isotopo di cui si studia il decadimento 0νββ è lo 136 Xe: i due
esperimenti che lo vedono protagonista sono KamLAND-Zen e l’Enriched
Xenon Observatory (EXO).
Il primo è un esperimento che si inserisce nel progetto KamLAND (Kamioka Liquid Scintillator Antineutrino Detector), avente sede in Giappone, nella
miniera di Kamioka.
L’apparato sperimentale è riportato in Figura 1.9: 13 tonnellate di xenon
liquido, lo scintillatore che, allo stesso tempo, è rivelatore e sorgente del
decadimento, sono contenute all’interno di un pallone sferico di raggio pari
a 1.54 m (in viola nella figura), tenuto sospeso al centro della struttura.
Il pallone esterno che lo circonda, ereditato dall’esperimento KamLAND, di
raggio pari a 6.5 m, è riempito da 1 ktonnellata di liquido scintillatore, e funziona da schermo per i raggi γ provenienti dall’esterno, nonché da rivelatore
per la radiazione proveniente dal pallone interno. La luce di scintillazione
viene letta dai fotomoltiplicatori che circondano l’apparato [21].
3
Il contatore Geiger è uno strumento che misura radiazioni di tipo ionizzante, in particolare quelle provenienti da decadimenti di tipo alfa, beta e gamma. Il rivelatore è costituito
da un tubo contenente un gas a bassa pressione, le cui molecole vengono ionizzate dalla
radiazione che attraversa il tubo stesso.
20
Figura 1.9: KamLAND-Zen: l’apparato sperimentale.
Il risultato della prima fase dell’esperimento è, anche in questo caso, un
0ν (136 Xe) >
limite inferiore sulla vita media del decadimento 0νββ, pari a T1/2
1.9 · 1025 anni al 90% C.L. [22].
Stesso tipo di risultato è quello ottenuto dall’esperimento EXO-200, che,
non avendo osservato evidenza di segnale nella regione di interesse, ha porta0ν (136 Xe) > 1.6 · 1025 anni al 90% C.L., ovvero hm i < (0.14 − 0.38)
to a T1/2
ee
eV [23].
L’apparato sperimentale di EXO-200, situato in New Mexico in un dipartimento sotterraneo, è costituito da 200 kg di xenon liquido, arricchito
all’80% dell’isotopo 136 Xe, che riempie una camera a proiezione temporale
(TPC, che sta per Time Projection Chamber ) 4 .
La camera a proiezione temporale è contenuta in un sistema criogenico,
allo scopo di conservare una temperatura che mantenga lo xenon allo stato
liquido. All’esterno, uno schermo di piombo provvede alla schermatura dalla
radioattività esterna e dai raggi cosmici.
Dalla combinazione dei risultati della prima fase di KamLAND-Zen e di
EXO-200 è stato ottenuto un limite sulla vita media del decadimento doppio
0ν (136 Xe) > 3.4 · 1025
beta senza neutrini dell’isotopo 136 dello Xenon: T1/2
4
Una camera a proiezione temporale consiste in una camera riempita di gas, di solito
di forma cilindrica, divisa in due metà con l’applicazione di una forte tensione da parte
dell’elettrodo centrale, che crea un campo elettrico tra il centro e le basi del cilindro.
Quando una particella passa attraverso il gas lo ionizza, producendo coppie elettrone-ioni
positivi. La coordinata z, quella lungo l’asse del cilindro, è determinata misurando il
tempo di deriva della ionizzazione fino alla rivelazione su una delle basi del cilindro.
21
anni al 90% C.L., che corrisponde ad un limite sulla massa del neutrino di
Majorana pari a hmee i < (0.12 − 0.25) eV [22].
Nella Tabella 1.2 sono riassunti i risultati elencati in questo paragrafo
per i diversi esperimenti.
Isotopo
76 Ge
76 Ge
76 Ge
130 T e
100 M o
82 Se
136 Xe
136 Xe
0ν [anni]
Limite su T1/2
Esperimento
> 1.9 · 1025
> 1.57 · 1025
> 2.1 · 1025
> 2.8 · 1024
> 5.8 · 1023
> 2.1 · 1023
> 1.9 · 1025
> 1.6 · 1025
HDM
IGEX
GERDA
Cuoricino
NEMO3
NEMO3
KamLAND-Zen
EXO-200
Referenza
[14]
[17]
[18]
[19]
[20]
[20]
[22]
[23]
Tabella 1.2: Elenco degli isotopi per i quali si è cercato
il decadimento 0νββ, con rispettivi limiti inferiori al 90%
C.L. sulla vita media ed esperimenti che hanno permesso di
ottenerli.
1.5
Gli esperimenti futuri sul decadimento 0νββ
La sfida per gli esperimenti del futuro è quella di costruire rivelatori caratterizzati da una grande massa e da un fondo estremamente basso, in modo
tale da riuscire a migliorare la sensitività rispetto a quella raggiunta dagli
esperimenti passati.
La strategia impiegata per far questo è di due tipi: l’ampliamento di
esperimenti già esistenti e l’ideazione di nuove tecniche sperimentali per
migliorare le prestazioni dei rivelatori.
In questo paragrafo verranno brevemente descritti alcuni dei progetti che
sono stati proposti con questi scopi per il prossimo futuro.
Prima di far questo va però ricordato che, insieme agli sforzi sperimentali, un’altra sfida per il futuro della ricerca sul decadimento 0νββ è quella
relativa ai calcoli teorici degli elementi di matrice. Come già anticipato nel
Capitolo 1, infatti, le incertezze relative a tali elementi hanno un’importanza
rilevante nel momento in cui la vita media si converte nella massa effettiva
di Majorana. Quest’ultima viene sempre espressa con un intervallo e mai
con un valore determinato proprio a causa di queste incertezze teoriche.
22
Come per gli esperimenti passati, i criteri che guidano l’ideazione degli
esperimenti del futuro sono: un rivelatore con ottima risoluzione e con la
possibilità di ricostruire al meglio l’energia e la topologia dell’evento, un
apparato che possa sopportare lunghi periodi di acquisizione dei dati senza
bisogno di troppa manutenzione, una grande massa (dell’ordine della tonnellata o maggiore), un’ottima strategia di riduzione del fondo.
Lo scopo è quello di progettare l’esperimento che raggiunga il miglior compromesso tra tutte queste richieste, per ottenere apparati sempre più competitivi.
NEXT-100 è un esperimento attualmente in costruzione presso il Laboratorio Subterraneo de Canfranc (LSC), in Spagna, che impiega lo stesso
isotopo (136 Xe) utilizzato dal progetto EXO; tuttavia in EXO-200 si trattava
di Xenon in fase liquida, mentre in NEXT-100 esso sarà in fase gassosa.
Questo permetterà una risoluzione energetica e spaziale migliore, rendendo
tuttavia necessario un volume molto maggiore a causa della minor densità
del gas rispetto al liquido.
La massa di NEXT-100 sarà pari a 90 kg di 136 Xe e il meccanismo di
rivelazione sarà basato sulla scintillazione e sulla ionizzazione del gas, come
descritto in Figura 1.10 [24].
Figura 1.10: Il rivelatore NEXT-100.
SuperNEMO si inserisce nel panorama sperimentale del decadimento
doppio beta come diretto successore di NEMO3, i limiti del quale proverà
a superare aumentando la massa e migliorando la reiezione del fondo. Lo
studio delle prestazioni di NEMO3 si rivelano quindi fondamentali per comprendere quali siano i suoi punti deboli e lavorare su di essi con il nuovo
apparato.
L’apparato sarà costituito da 20 moduli: in ognuno di essi la sorgente di
23
82 Se,
sotto forma di un foglio sottile, sarà inserita in un tracciatore a gas,
contenente camere a deriva per provvedere alla ricostruzione della traccia
degli elettroni emessi, come mostrato in Figura 1.11.
Figura 1.11: Un modulo del rivelatore SuperNEMO.
Per ora è in costruzione il primo modulo, SuperNEMO Demonstrator
(SND), contenente 7 kg di 82 Se; esso sarà installato presso il Laboratoire
Souterrain de Modane (LSM) entro l’anno 2014.
Un nuovo e promettente approccio alla ricerca del decadimento doppio
beta è quello di Lucifer, che impiega dei bolometri scintillanti. L’esperimento è attualmente in una fase di sviluppo presso i Laboratori Nazionali del
Gran Sasso. Il rivelatore consiste in una torre di bolometri di ZnSe contenenti l’isotopo candidato (82 Se) ed opera a basse temperature. L’acquisizione simultanea della variazione di temperatura conseguente al passaggio
di una particella e della luce di scintillazione comporta un’alta efficienza
nella riduzione del fondo dovuto alle particelle α 5 .
Nel paragrafo precedente sono stati riportati i risultati della Fase I dell’esperimento GERDA, mentre attualmente si sta provvedendo ad un’estensione dell’apparato, che costituirà la cosiddetta Fase II. La massa di 76 Ge
verrà più che raddoppiata rispetto alla prima fase, passando tra 13.5 kg a
30 kg, e questo comporterà una modifica della struttura sperimentale per
permettere di ospitare un maggior numero di rivelatori. Verranno inoltre
apportate delle modifiche per migliorare l’elettronica e per ridurre la contaminazione radioattiva.
Relativamente all’impiego del 76 Ge, resta da citare il progetto MAJORANA, del quale, per ora, è partita una prima fase di test, con l’assemblag5
Affronteremo nel dettaglio il contributo delle particelle α al fondo del decadimento
0νββ nel Capitolo dedicato ai bolometri di CUORE.
24
gio del cosı̀ chiamato DEMONSTRATOR (MJD), visibile in Figura 1.12,
che dovrà dimostrare (come suggerito dal nome), che le prestazioni di un
tale rivelatore sono tali da giustificare la costruzione di un apparato più ambizioso. Il MJD impiega circa 40 kg di diodi di Germanio e ha prestazioni
confrontabili con quelle della Fase II di GERDA.
Figura 1.12: L’installazione di un modulo del MAJORANA DEMONSTRATOR.
L’esperimento SNO (Sudbury Neutrino Observatory), costruito nello
SNOlab, un sito sotterraneo situato nella Vale Creighton Mine, in Canada, è un rivelatore Cerenkov che fu dedicato alle misure sui neutrini solari
nei primi anni 2000. Alla fine del 2006, SNO ha terminato la propria attività
e la Collaborazione SNO+ ha deciso di modificarlo, per renderlo adatto ad
un esperimento di decadimento doppio beta.
L’apparato (Figura 1.13) era costituito fondamentalmente da una tanica
contente acqua pesante, che è stata rimossa e sostituita con 780 tonnellate
di un liquido scintillante, in cui disciogliere l’isotopo di cui si vuole studiare
il decadimento 0νββ.
Al momento della prima progettazione dell’esperimento il nucleo selezionato era il Neodimio (156 N d), ma nel 2013 la scelta è cambiata per
ragioni fondamentalmente economiche, ricadendo sul 130 T e. La prima fase
dell’esperimento conterà circa 800 kg di isotopo all’interno dello scintillatore
e avrà l’obiettivo di raggiungere una sensitività tale da sondare almeno una
parte della regione della gerarchia inversa. Se questo verrà portato a termine
con successo, si partirà con una seconda fase, ampliando la massa fino a 8
tonnellate di 130 T e [25].
25
Figura 1.13: Il rivelatore SNO: dove è indicata la presenza dell’acqua pesante
verrà inserito il liquido scintillatore.
Per concludere la rassegna sugli esperimenti futuri alla ricerca del decadimento 0νββ resta ovviamente da citare CUORE, che non verrà trattato in
questo Capitolo, ma nel prossimo, e in maggior dettaglio, in quanto oggetto
di questa dissertazione.
26
Capitolo 2
Il progetto CUORE
CUORE (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) è un progetto nato da una collaborazione internazionale per la ricerca di eventi rari,
primo fra tutti il decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, nella Sala A dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). La scelta di
tale sito (Figura 2.1) è stata ovviamente dettata dalla rarità dei processi
che CUORE si ripropone di investigare, che impone il maggior schermaggio
possibile da tutte le sorgenti ambientali di fondo: i laboratori sotterranei
risultano quindi particolarmente adatti, grazie ai 1400 m di roccia 1 che li
separano dall’esterno.
Il progetto è iniziato nel 2003 con il già citato Cuoricino, attivo fino al
2008. Attualmente la collaborazione sta analizzando i dati dell’esperimento
pilota di CUORE, CUORE-0, che continuerà a prendere dati fino all’anno
prossimo, quando CUORE entrerà in attività.
2.1
2.1.1
Lo stato di CUORE
Il rivelatore
L’esperimento CUORE, attualmente in fase di costruzione, sarà costituito
di 988 cristalli di diossido di Tellurio (T eO2 ): ognuno di essi ha dimensioni
5 cm x 5 cm x 5 cm, pesa 750 g, e sarà contemporaneamente utilizzato come
sorgente del decadimento dell’isotopo 130 T e (abbondanza isotopica pari al
34.2%) e come rivelatore. I cristalli di CUORE saranno disposti in 19 torri,
ognuna di 13 piani: ciascun piano ospiterà dunque quattro rivelatori, per
una massa totale di 741 kg di diossido di Tellurio, corrispondenti a 206 kg
di 130 T e. Sono già state assemblate tutte le 19 torri.
In particolare, i cristalli saranno impiegati come bolometri, rivelatori a
stato solido che, lavorando a temperature molto basse (solitamente intorno
1
La profondità media dei laboratori è pari a 3600 m.w.e. (che sta per metri di acqua
equivalenti).
27
Figura 2.1: Struttura dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS):
Cuoricino, CUORE-0 e CUORE sono dislocati nella Sala A.
ai 10 mK), misurano l’energia depositata da una particella attraverso l’aumento di temperatura che tale deposito causa al loro interno. Il principio di
funzionamento di questi dispositivi verrà descritto dettagliatamente in uno
dei prossimi paragrafi.
L’apparato sperimentale di CUORE, mostrato in Figura 2.2, sarà mantenuto alla temperatura di circa 10 mK, necessaria per il corretto funzionamento dei bolometri, grazie ad un sistema criogenico di nuova generazione.
Il criostato infatti dovrà provvedere al raffreddamento di un apparato di
dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di Cuoricino e CUORE-0;
esso inoltre dovrà avere caratteristiche tali da permettere un lungo periodo
di presa dati, senza nello stesso tempo introdurre rumore microfonico nella
misura.
Il sistema criogenico ideato è un insieme di sei contenitori cilindrici,
detti schermi termici, che si alternano, l’uno dentro l’altro, come visibile
in Figura 2.2. Procedendo dall’esterno verso l’interno, essi provvedono a
mantenere una temperatura sempre più bassa, secondo i diversi passi del
processo criogenico. Si parte dai 300 K del contenitore più esterno, passando
per 40 K, 4 K, 600 mK, 50 mK, fino ad arrivare ai 10 mK di quello più
interno. In particolare, gli schermi a 300 K e 4 K sono contenitori a vuoto
[26].
Oltre al mantenimento della temperatura, l’altro requisito basilare per
il corretto svolgimento di un esperimento come CUORE è tentare di evitare
il più possibile contaminazioni radioattive dell’apparato.
Come verrà infatti discusso nel prossimo paragrafo, è cruciale, in un
esperimento come questo, il problema del fondo, dovuto principalmente pro28
Figura 2.2: Il progetto dell’apparato sperimentale di CUORE.
prio alle contaminazioni presenti nel rivelatore. Per tale ragione, tutti i
materiali che andranno a costituire l’apparato sono stati selezionati per radiopurezza. La Collaborazione ha messo poi a punto un protocollo per
regolamentare la procedura di pulizia dei vari componenti, in modo da assicurare la minor contaminazione possibile. Sempre per questa stessa ragione,
le torri sono state assemblate in atmosfera di azoto, all’interno di apposite
scatole a guanti, che si trovano in una camera pulita, dentro i laboratori
sotterranei (Figura 2.3).
2.1.2
La sensitività e l’obiettivo
Nel Capitolo precedente è stata definita la sensitività di un esperimento che
cerca il decadimento 0νββ: nel caso di CUORE, il parametro fondamentale
nella valutazione di tale sensitività è il conteggio di fondo.
Il livello di fondo misurato da Cuoricino era di 0.18 cont/keV /kg/anno:
l’obiettivo di CUORE è quello di raggiungere un conteggio di fondo minore di
10−2 cont/keV /kg/anno, grazie all’estrema granularità che lo caratterizza,
alla scelta del criostato e degli schermi, e all’accurata selezione dei materiali.
Ci si aspetta che CUORE-0, la torre pilota di CUORE, raggiunga la
sensitività di Cuoricino in un anno di presa dati, come mostrato in Figura
2.4 [27]. Per quanto riguarda CUORE, ci si aspetta che in cinque anni di
attività possa raggiungere una sensitività sulla vita media del decadimento
0νββ di circa 1026 anni.
29
Figura 2.3: L’assemblaggio di una delle torri di CUORE nella scatola a
guanti.
Per quanto riguarda la sensitività sulla massa effettiva di Majorana,
CUORE ha l’obiettivo di raggiungere le poche decine di meV , in modo da
arrivare nella regione della gerarchia inversa della massa del neutrino, come
mostrato in Figura 2.5.
Isotope Exposure [kg y]
4
6
8
10
CUORE-0 Preliminary
24
CUORE-0 Projected
Cuoricino limit
1/2
10
May 2014
CUORE-0 Sept. 2013
2
T
0ν
[y] 90% C.L. Sensitivity
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
Live time [y]
Figura 2.4: La stima dell’andamento della sensitività della torre di CUORE0, confrontata con quella di Cuoricino.
30
Figura 2.5: La sensitività di CUORE sulla massa effettiva di Majorana.
Nella Tabella 2.1 sono riportati i valori numerici relativi sia a CUORE-0
che a CUORE per la stima di tale sensitività.
Esperimento
a [%]
η
ε [%]
W [g/mol]
CUORE-0
CUORE
34.2
34.2
1
1
87.4
87.4
159.6
159.6
M [Kg]
∆E [keV ]
f (∆E) [%]
39
741
5
5
76
76
Esperimento
CUORE-0
CUORE
B [cts/KeV Kgyr]
Tabella 2.1: Valori numerici impiegati nella stima della
sensitività di CUORE-0 e CUORE [28].
31
0.05
0.01
2.2
Il problema del fondo
Il segnale relativo al decadimento 0νββ, come anticipato nel paragrafo 1.2,
mancando i due neutrini ed essendo trascurabile il rinculo nucleare, è un
picco monoenergetico centrato al Q-valore della reazione, che nel caso del
130 T e è uguale a 2527.5 keV , ed allargato solamente dalla risoluzione sperimentale del rivelatore. Questo ovviamente solo nel caso in cui i due elettroni
vengano rivelati insieme.
Lo scopo dei bolometri di CUORE è quello di rivelare il decadimento
grazie all’individuazione dei due elettroni emessi, che, con una probabilità
dell’ 87.4% (derivante da simulazioni Monte Carlo, [29]), depositeranno tutta
la loro energia all’interno dello stesso cristallo in cui la reazione ha avuto
luogo.
L’unica caratteristica peculiare del processo, quindi, è l’energia depositata e l’essere un evento di molteplicità unitaria. Per questo motivo, una delle
selezioni fondamentali dell’analisi dei dati, è l’esclusione di tutti gli eventi
che non sono circoscritti ad un unico rivelatore.
Tuttavia esiste un certo numero di sorgenti, quali la radioattività naturale ed artificiale, o gli isotopi generati da attivazione cosmogenica, o i raggi cosmici, che possono simulare eventi di segnale all’interno della regione
intorno al Q-valore [30].
2.2.1
Le sorgenti di fondo
In un esperimento come CUORE, dunque, dove si cerca un segnale estremamente raro, risulta cruciale affrontare il problema del fondo, le cui più comuni
sorgenti si possono raggruppare come segue:
• contaminazioni naturali dei materiali, ovvero nuclidi radioattivi con
lunghe vite medie, in genere progenitori di catene di decadimento
radioattivo, quali il 40 K, l’238 U e il 232 T h;
• contaminazioni antropogeniche dei materiali, prodotte principalmente
da processi industriali, o da residui di esplisioni nucleari rimasti nell’atmosfera, quali il 60 Co, il 137 Cs e il 134 Cs;
• contaminazioni generate da attivazione cosmogenica, ovvero derivanti
dalle interazioni dei raggi cosmici all’interno dei materiali che compongono l’apparato sperimentale (ad esempio il 60 Co, che viene attivato
nel rame e nel tellurio);
• fondo ambientale presente nel sito sperimentale, ovvero raggi cosmici,
raggi γ e neutroni.
Di queste quattro tipologie di fondo, l’ultima può essere ridotta solo
grazie alla scelta di un sito sotterraneo, come è stato nel caso di CUORE.
32
Il flusso stimato per i γ nella Sala A dei laboratori (dove si trova CUORE)
varia in un intervallo compreso tra gli 0.51 e gli 0.015 γ/s cm2 , man mano
che ci si muove lungo lo spettro dalle basse verso le alte energie. Le misure
sul flusso di neutroni all’interno dei laboratori riportano risultati dell’ordine di 10−7 n/s cm2 . Il flusso di muoni cosmici viene ridotto dalla roccia
sovrastante, ed è pari a circa (3.2 ± 0.2) · 10−8 µ/s cm2 [31].
Detto questo, il reale limite sulla sensitività di CUORE è dettato dalle
contaminazioni dei materiali che circondano e costituiscono l’apparato sperimentale, indotte dalle prime tre sorgenti del precedente elenco.
Nell’ambito della stima del fondo di CUORE, tali contaminazioni vengono usualmente distinte in due categorie: quelle di volume e quelle di superficie.
Contaminazioni di volume Per questa categoria, per quanto riguarda le contaminazioni naturali dei materiali, ci si può limitare unicamente
alle catene di decadimento dell’238 U e del 232 T h, in quanto tutti gli altri
isotopi radioattivi sono trascurabili, avendo bassa radioattività o comunque
una radiazione di energia tale da non poter dare contributo nella regione
di interesse. Le analisi sul fondo dovuto ad isotopi di origine cosmogenica,
invece, sono limitate al rame e al tellurio, in quanto essi sono gli unici ad
avere una sezione d’urto tale da poter generare, al proprio interno, isotopi
radioattivi problematici. Tipico esempio di questo fenomeno è il 60 Co che
produce un fondo ben visibile nella regione di interesse, come verrà dettagliatamente spiegato nel seguito.
Contaminazioni di superficie Le superfici dei materiali posso incorporare impurità in diversi modi, durante la loro costruzione, o durante la
pulizia, oppure a causa di esposizione ad aria contaminata. Per questa ragione esistono una serie di procedure e protocolli, messa a punto dalla Collaborazione al fine di limitare il più possibile tali contaminazioni. Le parti
dell’apparato che possono essere affette da questo tipo di contaminazioni
sono il rame che costituisce la struttura portante dell’apparato, i termistori
e gli heater attaccati ai bolometri (sul cui utilizzo si tornerà nel prossimo
paragrafo), e i cristalli stessi di T eO2 .
Nell’ambito delle contaminazioni superficiali si fa una distinzione in base
alla loro posizione rispetto al rivelatore. Se infatti tali contaminazioni si
trovano in materiali che non sono a diretto contatto con i rivelatori, esse
non costituiscono un problema, e non vengono quindi prese in considerazione. Per quanto riguarda i materiali a diretto contatto con i rivelatori, o
i rivelatori stessi, invece, le contaminazioni di superficie sono estremamente
problematiche e possono causare una rilevante perdita in sensitività. Ad
esempio, particelle α provenienti da una delle catene di decadimento sopra
citate, potrebbero rilasciare parte della loro energia in un bolometro, andando a costituire fondo nella regione di interesse, senza poter essere rigettate
33
come coincidenze. Gli eventi dovuti a tali contaminazioni potrebbero essere
individuati grazie ad informazioni topologiche, che purtroppo non possono
essere fornite da un bolometro 2 .
Decadimenti doppio beta con emissione di neutrini Mentre, in
linea di principio, tutte le categorie di fondo finora descritte potrebbero
essere eliminate, quest’ultima costituisce un fondo irriducibile. Si tratta
del decadimento 2νββ dell’isotopo protagonista, nel nostro caso del 130 T e.
Come descritto nel paragrafo 1.1, infatti, questo processo produce uno spettro continuo tra 0 e il Q-valore, e popola quindi parte della regione di interesse del decadimento 0νββ. Nel caso di CUORE comunque, data la
risoluzione energetica, questo contributo non costituisce un problema.
Figura 2.6: Lo spettro di calibrazione (in alto) e di fondo (in basso) di
CUORE-0. Gli indici numerici segnalano i picchi relativi alle note sorgenti
γ di fondo, con la seguente legenda: (1) annichilazione e+ e− , (2) 214 Bi, (3)
40 K, (4) 208 T l, (5) 60 Co, (6) 228 Ac.
Un esempio di spettro: CUORE-0 Per avere un’idea di quale sia
la forma del fondo, in Figura 2.6 sono riportati i risultati preliminari delle
prime analisi dei dati acquisiti da CUORE-0 [32]. Compaiono sia lo spettro
2
Per queste ragioni si sta conducendo lo studio di nuovi bolometri, capaci di ricostruire
la topologia dell’evento o di stabilire la natura della particella che rilascia energia. Un
esempio di questo approccio innovativo sono i già citati bolometri scintillanti di Lucifer.
34
di calibrazione, che quello di fondo, in cui alcuni indici numerici identificano
i diversi picchi, come illustrato nella didascalia.
2.3
CUORE-0
In attesa che le 19 torri di CUORE vengano assemblate dentro al criostato,
è stato avviato l’esperimento CUORE-0: la prima torre, costituita da 52
cristalli di T eO2 , è stata inserita nel criostato che aveva ospitato precedentemente Cuoricino e resa operativa a partire dal Marzo 2013.
2.3.1
L’assemblaggio del rivelatore
La selezione dei materiali e l’assemblaggio del rivelatore sono state condotte
con grandi sforzi, al fine di ridurre il più possibile quelle contaminazioni
che, come discusso nel paragrafo precedente, provocano fondo nello spettro
energetico di CUORE-0.
Tutti i cristalli di T eO2 sono stati prodotti nello Shanghai Institute of
Ceramics, presso la Chinese Academy of Sciences (SICCAS), seguendo il
protocollo sviluppato dalla Collaborazione CUORE [33], con lo scopo di
limitare le contaminazioni di volume e di superficie durante la produzione.
Secondo questo protocollo, sono stati utilizzati solamente materiali certificati
per radiopurezza, e i cristalli, una volta ultimati, sono stati trasportati ai
Laboratori Nazionali del Gran Sasso su una nave. Viaggiare al livello del
mare infatti, riduce la probabilità di un’attivazione di natura cosmogenica
dei materiali (si veda il paragrafo precedente).
Per non vanificare tutti questi accorgimenti presi in fase di produzione
e di trasporto, anche la fase dell’assemblaggio della torre è stata regolata
dalle norme del protocollo. Per minimizzare l’esposizione al radon presente
nell’aria, l’assemblaggio ha avuto luogo in una camera pulita, all’interno di
scatole a guanti in atmosfera di azoto (Figura 2.7).
La struttura portante della torre è costituita da rame, sottoposto ad
una attenta pulizia, sempre secondo le norme dettate dal protocollo della
Collaborazione.
Una volta ultimata, la torre è stata inserita nel criostato che ha ospitato Cuoricino: questo porta naturalmente con sé il fatto che in CUORE-0
restano tutte le contaminazioni dovute al criostato che si avevano in Cuoricino. Oltre al criostato, CUORE-0 ha altro in comune con l’esperimento
che lo ha preceduto: lo schermo di piombo, quello di polietilene borato per
i neutroni, la gabbia di Faraday e l’elettronica di acquisizione.
CUORE-0 è un passaggio fondamentale per il progetto CUORE, dal
quale ci si aspettano importanti sviluppi rispetto ai risultati conseguiti da
Cuoricino, come già anticipato nel paragrafo relativo alle misure di fondo.
Nonostante questo, CUORE-0 non potrà fornire un controllo diretto sul
35
Figura 2.7: L’assemblaggio della torre di CUORE-0: la camera pulita, in
alto; la torre nella camera a guanti, in basso.
fondo di CUORE: ciò è dovuto al fatto che il fondo sarà dominato principalmente dalle contaminazioni del criostato, ed essendo quello di CUORE-0
diverso da quello di CUORE il confronto non è possibile.
2.3.2
I fondi di Cuoricino e CUORE-0 a confronto
Nei paragrafi precedenti, citando le sensitività di Cuoricino e di CUORE, si
è visto come le aspettative su quest’ultimo siano molto ambiziose.
Come è chiaro ormai, riuscire a progredire in sensitività vuol dire abbassare il fondo, e le prestazioni iniziali di CUORE-0 sembrano confermare
questa tendenza, come mostrato in Figura 2.8.
Quando si analizza lo spettro del fondo si tende a dividerlo in due regioni,
la Regione Gamma e la Regione Alpha, che prendono il nome dal contributo
di fondo in esse dominante. La prima, compresa nell’intervallo (0-2700) keV ,
è quella che ospita la Regione di Interesse, ovvero la finestra dello spettro tra
2470 keV e 2570 keV in cui ci si aspetta di osservare il segnale; la seconda
è quella tra (2700-8000) keV .
36
Figura 2.8: Lo spettro del fondo di Cuoricino (in blu) e di CUORE-0 (in
rosso) a confronto.
La Figura 2.9 presenta lo spettro del fondo di Cuoricino e di CUORE-0
a confronto all’interno della Regione Alpha: escludendo la regione tra 3100
e 3400 keV , nella quale è presente un picco dovuto al decadimento α di
un isotopo del platino (190 P t), si ha una riduzione dei conteggi dovuti alle
particelle α di un fattore 6.
Il platino è presente nei cristalli a causa del fatto che il crogiuolo utilizzato per la crescita dei cristalli stessi è fatto di platino. Essendo una
contaminazione solo interna, le particelle α rilasciano tutta la loro energia nel cristallo, non sono quindi degradate e non contribuiscono al fondo
continuo, ma solo al picco.
Figura 2.9: La Regione Alpha: lo spettro del fondo di Cuoricino e di
CUORE-0 a confronto.
37
Per quanto riguarda la Regione di Interesse invece, i risultati di Cuoricino riportano un indice di fondo pari a 0.153 ± 0.006 cont/keV /kg/anno [19],
da confrontare con quello ottenuto dal fit preliminare condotto sui primi
dati di CUORE-0, pari a 0.071 ± 0.011 cont/keV /kg/anno [32].
2.3.3
I bolometri di T eO2
I 52 cristalli di diossido di Tellurio che costituisco la torre di CUORE-0 sono
utilizzati come rivelatori bolometrici.
Il principio di funzionamento Il bolometro è un rivelatore a stato
solido che, lavorando a temperature molto basse (solitamente intorno ai 10
mK), misura l’energia depositata da una particella attraverso l’aumento di
temperatura che tale deposito causa all’interno del rivelatore stesso.
Un bolometro è generalmente costituito da tre componenti:
• un assorbitore, la parte attiva del dispositivo in cui la particella rilascia
la propria energia;
• un sensore di temperatura, per misurare la variazione termica dovuta
al rilascio energetico;
• un dissipatore di calore (heat sink ), collegato attraverso un accoppiamento termico, che mantiene il bolometro alla temperatura di base.
Nel caso di CUORE-0, ogni modulo è composto da un assorbitore di
T eO2 ed un sensore di temperatura a semiconduttore ad esso incollato. I
separatori di teflon (PTFE) impiegati nell’assemblaggio della torre costituiscono l’accoppiamento termico che collega i cristalli alla struttura di rame,
che costituisce il bagno termico, necessario a mantenere il bolometro a circa
10 mK (Figura 2.10).
Figura 2.10: La struttura di un bolometro di CUORE-0.
38
Il principio di funzionamento del dispositivo prevede che il rilascio di
energia provochi una variazione della temperatura e una conseguente variazione della resistenza del termometro, generalmente un termistore a semiconduttore attaccato alla superficie dell’assorbitore: tale variazione viene
quindi trasformata in un impulso elettrico.
Le caratteristiche principali La necessità di far lavorare i bolometri
a temperature molto basse è dettata dal fatto che la capacità termica (C) di
un qualsiasi cristallo dielettrico e diamagnetico (l’assorbitore) segue la legge
di Debye: C ∝ (T /TD )3 , dove TD è la temperatura di Debye. Tale capacità
è quindi piccola per temperature basse, rendendo possibile una variazione
di temperatura considerevole anche per piccoli depositi di energia, essendo
queste quantità legate dalla relazione di inversa proporzionalità Q = C · ∆T .
Per quanto riguarda la valutazione della sensitività raggiungibile con i
bolometri, si ricorda che:
• i bolometri permettono di ottenere una grande massa (sono dispositivi
a stato solido) e un’alta efficienza;
• la risoluzione dei bolometri è una delle migliori per rivelatori a stato
solido;
• è possibile raggiungere un’elevata abbondanza isotopica grazie alla
procedura dell’arricchimento 3 .
La risoluzione di un bolometro è, dal punto di vista teorico, limitata
solo dalle fluttuazioni nel numero di fotoni che vengono scambiati con il
dissipatore di calore. A questo proposito si possono fare considerazioni termodinamiche: l’energia necessaria per produrre un fotone è circa = kB T ,
quindi il numero di fotoni con energia E = CT è N = E/ = CT /kB T . Se
si assume che il numero di fotoni fluttui secondo la statistica poissoniana, la
fluttuazione in energia diventa:
p
√
∆E = N · = kB CT 2
(2.1)
Inserendo i tipici valori dei bolometri di CUORE, C ≈ 1 M eV /0.1 mK
e T ≈ 10 mK, essa diventa ∆E ∼ 10 eV .
Questo valore sarebbe una risoluzione eccezionale, se confrontata con
quella che attualmente ha CUORE-0 (pari a 5.4 keV [27]). Tuttavia, nei
bolometri reali, questa risoluzione teorica non si realizza perché intervengono altri contributi, quali il rumore elettronico e vibrazionale.
3
Anche se CUORE non sarà costituito da materiale arricchito isotopicamente, questa
è una considerazione applicabile a rivelatori futuri.
39
L’assorbitore Ogni cristallo di T eO2 ha dimensioni 5 cm x 5 cm x 5
cm, pesa 750 g e funziona come assorbitore di energia e come sorgente del
decadimento doppio beta del 130 T e.
La scelta del diossido di Tellurio al posto del Tellurio puro è dettata da
diverse ragioni pratiche. In primo luogo, le prove condotte hanno evidenziato come i cristalli di Tellurio subiscano danneggiamenti se esposti continuamente ad attività bolometrica, cosa che invece non accade ai cristalli di
T eO2 .
Un’altra motivazione è legata alla questione della capacità termica di
cui si è già discusso: il diossido di Tellurio ha una temperatura di Debye
maggiore rispetto al Tellurio puro. Questo implica che gli assorbitori di T eO2
abbiano una capacità termica minore e quindi, a parità di temperatura di
lavoro, portino ad una maggiore ampiezza del segnale elettrico prodotto.
Come già anticipato, quando una quantità di energia E attraversa l’assorbitore, esso aumenta la propria temperatura di E/C: grazie poi al collegamento con il bagno termico, il cristallo torna alla temperatura di partenza,
pronto ad acquisire un nuovo segnale.
Il termistore La variazione di temperatura dei cristalli è letta come una
variazione della resistenza del termistore, e quindi trasformata in impulso
elettrico. Nel caso di CUORE, si tratta di termistori 4 di dimensioni 3 mm
x 2.9 mm x 0.9 mm, al Germanio NTD (Neutron Transmutation Doped),
ovvero realizzati con una particolare tecnica di drogaggio.
Considerando che si ha conduzione quando le cariche attraversano la
barriera di potenziale tra le impurezza create all’interno del semiconduttore,
assorbendo od emettendo un fotone, a seconda della differenza in energia
tra i livelli protagonisti della transizione, l’elevato drogaggio garantisce che
il bolometro abbia buone prestazioni.
La tecnica utilizzata, con cui vengono prodotti i termistori NTD di
CUORE-0, prevede che un wafer di germanio venga esposto a un fascio
di neutroni lenti prodotti da un reattore presso il MIT (Massachussets Institute of Technology), in modo che la cattura neutronica da parte degli atomi
di germanio, e la loro conseguente trasformazione in atomi di arsenico, gallio
e selenio, crei la concentrazione voluta di impurità.
La resistività dei termistori a semiconduttore cosı̀ realizzati, nel regime
di basse temperature precedentemente descritto, segue una semplice legge:
1/2
ρ = ρ0 · e(∆/T )
(2.2)
dove ρ0 e ∆ sono parametri determinabili sperimentalmente.
4
Un termistore è un resistore il cui valore di resistenza varia in maniera significativa
con la temperatura.
40
La resistenza dei termistori, di conseguenza, varia con la temperatura
come:
1/2
R(T ) = R0 · e(∆/T )
(2.3)
con R0 = ρ0 L/A, dove L ed A sono, rispettivamente, la lunghezza e l’area
trasversale del dispositivo.
L’andamento della resistenza dei termistori di CUORE-0 può essere determinata attraverso il contatto con il dissipatore di calore, monitorato a
sua volta da un termometro: da tali misure vengono quindi estratti i valori
di R0 e ∆, tipicamente uguali rispettivamente a 1.1 Ω and 3.4 K [34].
In Figura 2.11 è mostrato il circuito con cui viene alimentato il termistore
e letto il segnale: esso è alimentato da una tensione costante VB e messo
in serie con una resistenza di carico RL . Poiché la resistenza del termistore
varia nel tempo con la temperatura, quando un deposito di energia provoca
una variazione di R(t), la differenza di potenziale misurata V (t) rappresenta
il segnale.
Figura 2.11: Il circuito con cui viene alimentato un termistore di CUORE-0.
Per rendere la rivelazione del segnale il più lineare possibile, si sceglie RL
abbastanza alta, in modo tale che V (t) risulti praticamente proporzionale a
R(t). Inoltre, la tensione VB applicata è negativa, in modo tale da ottenere
segnali positivi, come imposto dall’equazione (2.3).
A 10 mK, la resistenza assume valori R(t) ∼ 100M Ω, RL è scelta pari
a 50 GΩ e VB pari a 5 V [34].
Infine, per valutare la prestazione di un termistore, si impiega il parametro
η, detto sensitività logaritmica, definito come:
η=|
∂lnR(T )
1 ∆
| = · ( )1/2
∂lnT
2 T
(2.4)
dove nell’ultimo passaggio si è usata l’equazione (2.3) valida per i dispositivi
di CUORE. Il tipico valore della sensitività logaritmica per i termistori di
CUORE cade in un intervallo compreso tra 2 e 10.
41
L’heater I bolometri di CUORE-0 comprendono anche un ulteriore elemento, incollato al cristallo di T eO2 come il termistore, che ha la funzione di monitorare eventuali variazioni del guadagno dei rivelatori con la
temperatura nel corso del tempo.
L’heater è un resistore di Silicio, tramite il quale, ad intervalli regolari,
viene mandato un impulso al cristallo simulando cosı̀ il rilascio di energia di
una particella reale.
Grazie a questo procedimento di calibrazione viene realizzata la stabilizzazione del guadagno, come verrà ampiamente descritto nel Capitolo
dedicato all’analisi dei dati.
2.3.4
L’apparato criogenico
Come anticipato, è necessario che i bolometri lavorino a basse temperature,
intorno ai 10 mK, e siano isolati il più possibile dall’ambiente esterno, allo
scopo di ottenere le migliori prestazioni.
Figura 2.12: Il rivelatore CUORE-0: la torre a sinistra, l’intero apparato a
destra.
Il sistema di schermatura che ospita la torre di CUORE-0 (Figura 2.12)
è lo stesso in cui ha preso dati l’esperimento Cuoricino: esso provvede sia al
mantenimento della corretta temperatura di lavoro, sia ad isolare il rivelatore
dall’esterno.
Per mantenere la temperatura costantemente attorno ai 10 mK, la torre
è inserita in un criostato a diluizione, il cui potere refrigerante è dovuto alle
proprietà quantistiche della miscela 3 He/4 He.
42
Lo schermo più interno è costituito dal piombo, che è posizionato sia
dentro che fuori il criostato: in particolare, per l’interno, è stato selezionato del piombo risalente all’epoca dell’Impero Romano. Si tratta infatti di
blocchi di piombo contenuti nella stiva di una nave, affondata in prossimità
delle coste della Sardegna tra l’80 e il 50 A.C., e rimasta da allora sul
fondo del mare. La proprietà di questo piombo che lo rende interessante
per applicazioni alla fisica di eventi rari è l’assenza di contaminazioni di
210 P b, una potenziale sorgente di fondo.
Il criostato è poi inserito in una scatola di plexiglas, in cui viene liberato
N2 con lo scopo di pulire l’aria circostante il rivelatore da eventuali tracce
di radon.
L’intero apparato è racchiuso nello schermo più esterno, fatto di polietilene borato, che ha la principale funzione di bloccare i neutroni provenienti
dall’ambiente. Il tutto è poi circondato da una gabbia di Faraday, con lo
scopo di evitare interferenze elettromagnetiche.
Il sistema è controllato da un sistema di verticalizzazione che, attraverso
tre cuscinetti posti al di sotto della torre, la mantiene in equilibrio.
2.3.5
L’elettronica di acquisizione
Il segnale proveniente da ogni bolometro viene passato ad un amplificatore
e poi ad un filtro Bessel 5 .
Esiste inoltre un innovativo sistema di cablaggio che permette la connessione tra il filtro e il sistema di acquisizione dei dati (DAQ), nonché un’interfaccia grafica che rende costantemente possibile il controllo della presa
dati [35].
Prima di essere digitalizzati, utilizzando appositi convertitori analogico
digitale, i segnali passano attraverso un ulteriore amplificatore. Alla fine
tutti i dati vengono scritti su disco, pronti per essere analizzati.
5
Un filtro Bessel è un filtro che fa sı̀ che tutte le componenti nella banda passante del
segnale di ingresso siano ritardate all’incirca dello stesso tempo.
43
Capitolo 3
L’analisi dei dati
Questo capitolo è dedicato alla descrizione dei diversi passaggi computazionali attraverso i quali i dati grezzi provenienti dal rivelatore vengono processati, al fine di ricostruire l’energia di ogni evento.
Le principali fasi dell’analisi sono la valutazione dell’ampiezza del segnale, la stabilizzazione del guadagno del bolometri e la calibrazione dello
spettro.
3.1
I dati grezzi e il trigger a soglia
I dati grezzi consistono in una serie di impulsi, ognuno dei quali viene acquisito solo se la sua ampiezza supera una certa soglia. Se questo avviene,
insieme all’impulso (waveform), vengono acquisiti anche il tempo in cui esso
ha passato la selezione del trigger e il numero del canale corrispondente: si
costituisce in questo modo un evento, che viene etichettato con un numero
identificativo unico.
In CUORE-0, i valori della soglia dei diversi bolometri sono compresi in
un certo intervallo di voltaggio, che corrisponde ad un intervallo energetico
che va dai 50 ai 100 keV [32].
Il campionamento degli impulsi avviene ogni 8 ms: vengono racconti 626
punti di campionamento all’interno di una finestra di acquisizione ampia
5.008 s, come quella mostrata in Figura 3.1. All’interno della finestra, i
primi 125 punti di campionamento, corrispondenti al secondo che precede
l’accensione del trigger, sono dedicati all’acquisizione del valore della linea
di base 1 .
E’ bene ricordare che non esistono solo trigger di segnale, ma anche
trigger di rumore e di heater, necessari in alcune fasi dell’analisi.
I primi sono dedicati all’acquisizione casuale, ogni 200 s, di alcune finestre
di acquisizione, una delle quali è mostrata in Figura 3.2. Lo scopo è ottenere
1
La linea di base (baseline) è il fondo piatto su cui si alza il segnale impulsato.
44
Voltage (mV)
-3500
-4000
-4500
-5000
-5500
0
1
2
3
4
5
Time (s)
Figura 3.1: Un tipico impulso di segnale di uno dei bolometri di CUORE-0,
relativo ad un deposito di energia di circa 2615 keV .
Voltage (mV)
un campionamento della linea di base, che viene poi utilizzato, ad esempio,
per monitorare l’andamento dello spettro del rumore.
-5138
-5140
-5142
-5144
-5146
-5148
0
1
2
3
4
5
Time (s)
Figura 3.2: Un esempio di finestra acquisita dal trigger di rumore.
I trigger di heater, invece, sono quelli utilizzati per registrare i segnali
artificialmente generati dagli heater stessi ogni 300 s. Essi saranno impiegati, ad esempio, in fase di stabilizzazione del guadagno dei rivelatori. Un
esempio di impulso proveniente da un heater è mostrato in Figura 3.3.
I dati di CUORE-0 sono raggruppati in RUN, a loro volta inclusi in una
serie di DATASET. Ogni dataset contiene dei run di fisica, ed inizia e finisce
con dei run di calibrazione.
Con run di fisica, si intendono quelle acquisizioni condotte in assenza di
qualsiasi sorgente. Ci si aspetta infatti che sia il 130 T e presente all’interno
45
Voltage (ADC)
×103
-20
-25
-30
-35
-40
-45
0
100
200
300
400
500
600
Time (ADC)
Figura 3.3: Un esempio di impulso proveniente dall’heater.
dei bolometri a dare segnale: questi run dunque sono quelli che vengono poi
sottoposti all’analisi in modo da estrarre le informazioni sul decadimento
0νββ.
Con run di calibrazione invece, si indicano quei periodi dell’acquisizione
in cui, all’interno della struttura del rivelatore, vengono inserite due sorgenti
di torio (come verrà illustrato nel dettaglio nel paragrafo 3.6), allo scopo di
calibrare lo spettro energetico acquisito. Questi run vengono anche utilizzati per altri scopi, quali il calcolo di alcune quantità, come ad esempio le
risoluzioni dei canali (si veda il Capitolo 6), per cui la statistica dei run di
fisica non risulta sufficiente.
3.2
DIANA: il software di analisi
Per processare i dati di CUORE-0, la Collaborazione ha sviluppato un nuovo
software di analisi, chiamato DIANA [36], che è stato impiegato anche per
l’analisi riportata in questa dissertazione.
Tutto il codice è scritto in linguaggio C++ ed è suddiviso in moduli,
in modo da rendere l’analisi il più versatile possibile: ogni modulo infatti è
dedicato a compiere un’azione differente sui dati. C’è il modulo che stima
l’ampiezza del segnale, quello che provvede alla stabilizzazione del guadagno,
quello che opera la calibrazione, e cosı̀ via.
Il modulo o i moduli con cui, di volta in volta, si vogliono analizzare i dati
vengono inseriti in una sequenza, scritta poi su di un file di configurazione,
che contiene anche gli eventuali parametri di ingresso impiegati da ciascun
modulo: in questo modo l’analisi dei dati di CUORE-0 risulta un’organizzata
successione di passaggi [37], riportati nel seguente elenco:
46
• preprocessamento;
• valutazione dell’ampiezza del segnale;
• identificazione degli impulsi retriggerati;
• stabilizzazione del guadagno;
• calibrazione energetica;
• calcolo delle coincidenze;
• procedura di blinding.
I prossimi paragrafi sono dedicati alla descrizione di tutti questi passaggi.
3.3
La valutazione dell’ampiezza del segnale
Dopo che il modulo predisposto al preprocessamento dei dati ha calcolato alcuni parametri basilari dell’impulso acquisito, è necessario valutare
l’ampiezza del segnale bolometrico.
La forma del segnale, in buona approssimazione indipendente dalla sua
ampiezza, è descritta da una funzione del tempo del tipo:
V (t) = b + a · s(t − t0 ) + n(t)
(3.1)
dove b rappresenta la linea di base del bolometro, a è l’ampiezza dell’impulso,
t0 è il tempo in cui il segnale accende il trigger, s(t) è la funzione di risposta
del rivelatore e n(t) è un termine stocastico di rumore.
Come anticipato, il valore della linea di base viene acquisito nel secondo
che precede t0 , e, per ottenere una semplice stima dell’ampiezza del segnale,
si può calcolare la differenza tra il massimo raggiunto dall’impulso all’interno
della finestra di acquisizione e il valore della linea di base stessa.
Tuttavia, al fine di ottenere una valutazione dell’ampiezza con un rapporto segnale-rumore migliore, è opportuno tener conto del fatto che il segnale
è sovrapposto ad un termine stocastico di rumore.
Nell’analisi standard di CUORE-0 il metodo impiegato per far questo è
il cosiddetto filtro ottimo (OF , che sta per Optimum Filter ). La valutazione
dell’ampiezza del segnale si basa sulla massimizzazione del rapporto segnalerumore: il filtro infatti pesa le diverse componenti di Fourier dell’impulso in
base al rapporto segnale-rumore di ogni frequenza, in modo che le frequenze
per le quali il rumore è maggiore abbiano un peso minore.
Il filtro ottimo è un filtro digitale, con funzione di trasferimento:
H(ω) =
S ∗ (ω) −iωtM
·e
N (ω)
47
(3.2)
dove S(ω) è la trasformata di Fourier del segnale, nel caso ideale di assenza
di rumore, N (ω) è lo spettro mediato degli eventi di rumore, e tM è il tempo
al quale l’impulso raggiunge il massimo.
Il valore atteso per S(ω) viene stimato, per ogni canale, utilizzando
l’impulso medio dei raggi γ da 2615 keV .
N (ω), invece, si ottiene grazie agli eventi di rumore acquisiti in modo
casuale dal trigger destinato, di cui si fa una media, in modo da ottenere
uno spettro mediato.
A questo punto, l’ampiezza del segnale può essere stimata nel dominio
del tempo, applicando l’equazione (3.2) opportunamente trasformata in tale
dominio.
3.4
L’identificazione degli implusi retriggerati
Voltage (mV)
Il modo in cui è stato implementato il filtro ottimo fa sı̀ che esso cerchi il
massimo dell’impulso all’interno di tutta la finestra, nel momento in cui esso
valuta l’ampiezza del segnale.
Questo però fa sı̀ che, se la finestra di trigger viene aperta da un impulso
di bassa energia, come nella situazione mostrata in Figura 3.4, o da un’irregolarità del rumore sopra la soglia, e all’interno della stessa finestra segue
un impulso di ampiezza maggiore, l’ampiezza restituita dal filtro è quella del
secondo impulso.
D’altro canto, quest’ultimo aprirà a sua volta una propria finestra di
acquisizione e verrà quindi retriggerato, cioè la sua ampiezza verrà calcolata
due volte, nelle due finestre di acquisizione, ed attribuita, in questo modo,
a due eventi distinti.
-4000
-4500
-5000
-5500
-6000
0
1
2
3
4
5
Time (s)
Figura 3.4: Un esempio di impulso retriggerato: la finestra di acquisizione
viene aperta in corrispondenza del triangolino nero, da un impulso di bassa
energia, e segue un secondo impulso, di ampiezza maggiore.
48
Esiste quindi un modulo, che viene applicato dopo il filtro ottimo, per
evitare il doppio conteggio dello stesso segnale: esso identifica gli impulsi
retriggerati, utilizzando l’informazione del tempo assoluto di acquisizione
e considerando coincidenti due segnali entro la finestra di accettazione (50
ms), ed elimina quello appartenente alla prima finestra aperta.
3.5
La stabilizzazione del guadagno
Il guadagno di ciascun bolometro ha un andamento dipendente dalla temperatura: risulta quindi necessario calcolare dei parametri di correzione per
ogni canale ed operare la cosiddetta stabilizzazione del guadagno.
Per determinare la dipendenza del guadagno dalla variazione della temperatura si utilizzano gli heater, che ad intervalli regolari, inviano un impulso al cristallo. Essendo tale impulso noto e costante nel tempo, questa
procedura permette di monitorare l’andamento della risposta bolometrica.
Figura 3.5: In funzione della linea di base: l’andamento dell’ampiezza dell’impulso generato dall’heater, ricostruita dal filtro ottimo, in blu;
l’andamento dell’ampiezza stabilizzata, in rosso.
Come mostrato dai punti blu in Figura 3.5, infatti, ciò che succede è che
l’ampiezza dell’impulso generato dall’heater, ricostruita dal filtro ottimo,
non risulta costante al variare della linea di base.
Si procede dunque con un fit di tali ampiezze in funzione delle rispettive linee di base: l’ampiezza, funzione della linea di base, ah (b), è data
dall’energia rilasciata dall’heater, Eh , costante, pesata con il guadagno del
49
bolometro, G(b), dipendente dalla linea di base.
ah (b) = G(b) · Eh
(3.3)
A questo punto, dato un qualsiasi segnale, la sua ampiezza stabilizzata
viene stimata come:
E
a = G(b) · E = ah (b) ·
(3.4)
Eh
con b valore della linea di base, E energia del segnale e gli altri termini con
lo stesso significato dell’equazione (3.1).
I punti in rosso in Figura 3.5, mostrano infatti come l’andamento dell’ampiezza stabilizzata sia costante (e posto per default uguale a 5000 a.u.
2 ) al variare della linea di base.
Nella torre di CUORE-0, due bolometri, il canale 1 e il canale 10, non
hanno un heater funzionante e vengono per questa ragione esclusi dall’analisi
dei dati.
3.6
La calibrazione
Per la calibrazione del rivelatore si utilizzano due fili di tungsteno toriato,
che vengono inseriti sui due lati della torre, all’interno di due tubi diametralmente opposti, tra lo schermo di piombo ed il criostato. Ogni filo
contribuisce con un’attività di 232 T h pari a 50 Bq.
Questa operazione viene ripetuta all’apertura e alla chiusura di ogni data
set, ed ha una durata compresa tra le 48 e le 60 ore.
Utilizzando i raggi γ provenienti dai nuclei figli del 232 T h, nella regione
compresa tra 511 e 2615 keV , si conduce la calibrazione di ciascun canale.
La frequenza del segnale nei bolometri è compresa nell’intervallo (60 -70)
mHz durante i run di calibrazione, mentre varia da 0.5 a 1.0 mHz durante
i run di acquisizione del fondo [32].
Un tipico spettro di calibrazione dei dati di CUORE-0 viene mostrato in
Figura 3.6, dove sono evidenziati i diversi picchi γ utilizzati nella procedura
di calibrazione dello spettro.
Tali linee nello spettro infatti servono per determinare i coefficienti della
funzione di calibrazione, un polinomio di terzo grado, in modo da calibrare
lo spettro di fondo.
Il polinomio sarà del tipo:
E = c0 + c1 as + c1 a2s + c1 a3s
(3.5)
dove con as si intende l’ampiezza stabilizzata, e con ci i coefficienti di calibrazione, che vengono calcolati dal modulo di DIANA che si occupa di questa
fase dell’analisi.
2
a.u. sta per unità arbitrarie.
50
Figura 3.6: Un esempio di spettro di calibrazione di CUORE-0. Gli indici
numerici segnalano i picchi γ provenienti dai nuclei figli del torio, utilizzati
nella procedura di calibrazione, con la seguente legenda: (1) 511 keV (208 T l),
(2) 583 keV (208 T l), (3) 911 keV (228 Ac), (4) 969 keV (228 Ac), (5) 1588 keV
(228 Ac), (6) 2615 keV (208 T l).
3.7
Il calcolo delle coincidenze
Una parte fondamentale dell’analisi dei dati di CUORE-0 è il calcolo delle
coincidenze. Quello che ci si aspetta, infatti, è che il segnale relativo al
decadimento 0νββ sia un evento singolo.
Individuare le coincidenze, ovvero la presenza di segnale in più di un rivelatore contemporaneamente, risulta necessario per ridurre il fondo in modo
significativo. Nel Capitolo 2 infatti sono state descritte le diverse sorgenti di
fondo: una buona parte di queste è costituito dal fondo radioattivo continuo
dovuto a particelle α degradate che rilasciano la propria energia in più di
un bolometro.
Il modulo dedicato al controllo delle coincidenze, dato un segnale sopra
la soglia, identifica gli eventi in coincidenza entro una finestra di ±100 ms
e calcola la molteplicità della coincidenza individuata. Al momento della
selezione degli eventi, poi, data la natura del segnale dovuto al decadimento
0νββ, si usa l’informazione proveniente da questo calcolo di coincidenze
per applicare il taglio di anti-coincidenza, di cui si discuterà nel prossimo
paragrafo.
Nell’ambito di questa dissertazione è stato sviluppato anche un ulteriore
studio di coincidenze, protagonista del Capitolo 4, che prevede un’estensione del calcolo appena descritto. Lo scopo, vista l’importanza dell’iden51
tificazione delle coincidenze, è quello di ricostruirne alcune che il modulo standard non riconosce, aumentando quindi l’efficienza del calcolo delle
coincidenze.
I dettagli su questo studio si trovano nel prossimo capitolo, per ora si
tratterà solo il calcolo delle coincidenze attuato dal modulo standard di
DIANA .
3.8
La procedura di blinding
Una caratteristica importante dell’analisi di CUORE-0 è la procedura di
blinding del picco del segnale, all’interno della Regione di Interesse.
La procedura di blinding si utilizza, generalmente, quando si vuole cercare segnale in una regione ben definita dello spettro, per far sı̀ che l’analisi
non venga influenzata dalla conoscenza dell’effettivo numero di eventi di
segnale o dalla forma dello spettro nella Regione di Interesse.
In CUORE-0, tale procedura prevede che vengano scambiati alcuni degli
eventi presenti nell’intervallo di ±10 keV intorno al picco del 208 T l, centrato
a 2614.533 keV , con quelli della finestra in cui ci si aspetta di osservare il
segnale, ovvero in ±10 keV intorno al Q-valore del decadimento 0νββ del
130 T e (pari a 2527.518 keV ).
La probabilità di scambio varia in modo casuale da run a run, ed è
compresa tra l’1 e il 3%.
In questo modo, essendo la statistica del picco del tallio molto più ampia
di quella del segnale, si va a costituire un finto picco, che simula il segnale,
come illustrato in Figura 3.7.
Figura 3.7: Simulazione della procedura di blinding dei dati nella Regione
di Interesse [38].
52
Tutte le analisi che saranno descritte nel seguito di questa dissertazione
sono state condotte sui dati seguendo questa procedura.
Solo in un secondo momento, che verrà definito dalla Collaborazione
CUORE nei prossimi mesi, i dati verranno sottoposti alla procedura di unblinding, che consiste nel ripristinare per ogni evento il valore di energia
originale, precedente allo scambio.
A questo punto verrà condotta l’analisi finale per la ricerca del decadimento 0νββ del 130 T e.
3.9
3.9.1
La selezione degli eventi
I criteri di selezione
Nell’ambito dell’analisi di CUORE-0, è stata messa a punto una selezione
degli eventi che filtra i dati provenienti dal trigger, secondo diversi criteri:
• tagli base;
• pile-up e tagli di forma;
• taglio di anti-coincidenza.
I tagli base
I tagli base mirano alla selezione dei soli dati che abbiano una buona qualità,
e sono i seguenti:
• IsSignal
• F ilter ReT rigger
• F ilter RejectBadIntervals
Il primo seleziona unicamente gli eventi di segnale, e non quelli provenienti dal trigger di rumore o da quello di heater. Il secondo si occupa
di eliminare gli impulsi retriggerati, secondo la procedura precedentemente
descritta. Il terzo ha la funzione di respingere gli intervalli di misura caratterizzati da instabilità nella linea di base, da eccessivo rumore, da impulsi
saturati, o altre problematiche della presa dati.
I tagli di forma
I tagli di forma filtrano gli eventi in modo tale da avere solamente impulsi
con una buona forma d’onda. Essi sono:
• N umberOf P ulses == 1
• T imeSinceEvent SameChannel > 3.1 ||
T imeSinceEvent SameChannel < 0
53
• T imeU ntilEvent SameChannel > 4 ||
T imeU ntilEvent SameChannel < 0
• OF T V L < 2.05
• OF T V R < 1.75
• abs(BaselineSlope) < 0.1
Il primo taglio è quello che permette di rigettare il pile-up, ovvero il caso
di due o più eventi sovrapposti uno all’altro. Negli impulsi affetti da pileup, infatti, non è possibile determinare correttamente l’ampiezza e, quindi,
l’energia: essi dunque devono essere rigettati.
Anche il secondo e il terzo filtro sono legati alla rimozione del pile-up. La
condizione imposta è che l’evento sia l’unico impulso registrato nel canale,
all’interno di una finestra di 7.1 s intorno al tempo in cui si è acceso il
trigger. I valori 3.1 s e 4 s sono stati tarati sulla durata tipica degli impulsi
dei bolometri di CUORE-0 [2].
Seguono due tagli che hanno come protagonisti due parametri di forma,
T V L, che sta per Test Value Left, e T V R, che sta per Test Value Right,
definiti come segue:
v
u iM
u X
1
TV L =
·t
(yi − Asi )2
(3.6)
A · wl
i=iM −wl
TV R =
1
A · wr
v
uiM +wr
u X
·t
(yi − Asi )2
(3.7)
i=iM
I termini che compaiono nelle definizioni di questi parametri sono tutti
relativi agli impulsi a cui è stato applicato il filtro ottimo: yi è l’impulso,
A è la sua ampiezza e iM la posizione del suo massimo, si è la funzione
di risposta del rivelatore, scalata ad ampiezza unitaria ed allineata a yi , wl
(wr ) è la larghezza a mezza altezza sinistra (destra) di si [39]. Quello che si
calcola, una volta allineati i massimi dell’impulso reale (yi ) e della funzione
di risposta (si ), è la differenza quadrata minima tra le due funzioni, sulla
sinistra (T V L) e sulla destra (T V R) del massimo. La richiesta è che tale
differenza non sia troppo elevata . Questi due parametri, infatti, pur non
avendo uno specifico significato fisico, essendo sensibili a qualsiasi differenza
tra la forma d’onda dell’impulso analizzato e la funzione di risposta del filtro
ottimo, risultano un buono strumento per la selezione degli eventi.
L’ultimo taglio riguarda invece la linea di base, imponendo che essa non
abbia una pendenza eccessiva.
54
Il taglio di anti-coincidenza
Resta infine da discutere il taglio di anti-coincidenza:
• M ultiplicity OF T ime == 1
In uno dei paragrafi precedenti è stato descritto il calcolo delle coincidenze, fondamentale per la riduzione del fondo. Esso infatti rintraccia tutte
le coincidenze e ne stabilisce la molteplicità. Il taglio dedicato al controllo
della molteplicità poi, utilizzando questa informazione, impone che il segnale
sia l’unico impulso registrato nell’intera torre, entro la finestra di ±100 ms.
3.9.2
L’efficienza di selezione
L’applicazione dei tagli finora descritti ha lo scopo di eliminare quegli eventi
che non hanno le caratteristiche del segnale, ma c’è una certa probabilità che,
nel far questo, si provochi anche una perdita di segnale stesso. Risulta quindi
necessario stimare tale probabilità, ovvero ricavare quale sia l’efficienza della
selezione applicata agli eventi.
Dato un picco dello spettro, che ci si aspetta popolato solamente di
eventi tali da poter passare la selezione, con efficienza del taglio si intende il
rapporto tra il numero di eventi che il taglio effettivamente seleziona sotto
al picco e il numero totale di eventi del picco stesso.
Gli unici tagli per cui non c’è la necessità di valutare l’efficienza sono
quelli base. Infatti, IsSignal e F ilter Retrigger non comportano perdita
di segnale, mentre F ilter RejectBadIntervals comporta una riduzione del
tempo vivo, di cui si tiene conto calcolando il tempo vivo dopo l’applicazione
dei tagli.
Nell’ambito dell’analisi di CUORE-0, per valutare l’efficienza della selezione, si utilizza il picco del 208 T l centrato a 2615 keV : esso infatti
provvede ad avere un campione sufficientemente ampio di eventi su cui applicare la selezione, essendo nello stesso tempo energeticamente vicino alla
Regione di Interesse.
L’unico taglio per il quale il picco a 2615 keV non può essere sfruttato
è quello di anti-coincidenza: il motivo di ciò è che, per la natura del decadimento del tallio, la riga a 2615 keV viene emessa sempre in coincidenza con
altre righe γ e dunque non è una riga adatta per valutare l’efficienza di anticoincidenza. Viene dunque impiegato il picco del 40 K centrato a 1461 keV ,
i cui raggi γ possono essere considerati eventi singoli, visto che il raggio X
emesso insieme ad essi ha un’energia di soli 3 keV e quindi si può essere
ragionevolmente sicuri che non venga rivelato in un altro bolometro.
La strategia sperimentale con cui vengono estratti i valori delle efficienze
è basata sul calcolo dei conteggi degli eventi appartenenti al picco in questione; essa non cambia che si tratti del picco centrato a 2615 keV o di quello
a 1461 keV , e si articola in più fasi.
55
Innanzitutto, sullo spettro totale, si conduce un fit gaussiano del picco,
dal quale si estrae il valor medio e la deviazione standard, che verranno
utilizzati nei passaggi successivi.
Poi, sia sullo spettro totale che su quello ottenuto dopo l’applicazione
dei tagli, con lo scopo di ottenere il numero degli eventi appartenenti unicamente al picco (e non al fondo piatto sottostante), si susseguono le seguenti
operazioni [40]:
• si conta il numero di eventi nell’intervallo compreso tra -3 e +3 deviazioni standard dal valor medio;
• si conta il numero di eventi nelle bande laterali, ovvero le regioni comprese tra -15 e -3 deviazioni standard e tra +3 e +15 deviazioni
standard dal valor medio;
• si scala il valore del fondo piatto ottenuto nelle bande laterali in modo
da estrapolare una stima dei conteggi di fondo all’interno della regione
larga 6 deviazioni standard intorno al picco;
• si sottrae il valore del fondo cosı̀ estrapolato ai conteggi degli eventi
del picco (cioè dell’intervallo tra -3 e +3 deviazioni standard dal valor
medio).
Una volta calcolato per entrambi gli spettri il numero di conteggi appartenenti al picco, l’efficienza viene ottenuta facendo il rapporto tra il valore relativo allo spettro con il taglio applicato e quello relativo allo spettro totale. L’incertezza sull’efficienza, trattandosi di un metodo basato sul
conteggio degli eventi, viene calcolata tramite la propagazione degli errori,
associando al valore dei conteggi un’incertezza poissoniana.
I valori delle efficienze di tutti i tagli che verranno applicati nell’analisi
contenuta in questa dissertazione verranno presentati di volta in volta nei
prossimi capitoli.
3.10
La statistica analizzata
I risultati riportati in questa dissertazione provengono dall’analisi dei dati
contenuti in 13 dataset di CUORE-0, di cui si riportano i numeri: 2049,
2061, 2064, 2067, 2070, 2073, 2076, 2079, 2085, 2088, 2091, 2097, 2100.
Per portare a termine tutte le analisi volute è stato ovviamente necessario calcolare il valore del tempo vivo totale della presa dati e quello
dell’esposizione complessiva, in termini di kg di T eO2 per anno.
Nel computo di queste due quantità non sono stati considerati quattro
dei 52 canali di CUORE-0, in quanto non inclusi nelle analisi dei dati di
seguito riportate, per diverse ragioni:
56
• il canale 1 e il canale 10 perché, come già anticipato, non possiedono
l’heater utilizzato per la stabilizzazione del guadagno;
• il canale 43 perché presenta una linea di base le cui fluttuazioni sono
frequenti e di ampiezza tale da causare molto rumore a soglia, caratteristica che complicherebbe l’analisi (in particolare quella delle coincidenze descritta nel Capitolo 4);
• il canale 49 perché non viene acquisito, in quanto il contatto del
termistore si è rotto in fase di raffreddamento.
In conclusione, il tempo vivo totale è pari a 165.04 giorni di presa dati,
corrispondente ad un’esposizione totale di 17.63 kg(T eO2 ) · anno.
counts/keV/kg/year
Le analisi delle coincidenze e l’ottimizzazione del fit della Regione di
Interesse presentate nei prossimi capitoli hanno come punto di partenza lo
spettro di fondo che si ottiene attraverso tutti i passaggi dell’analisi descritti
nei precedenti paragrafi.
Seguono alcune figure che mostrano questo spettro, prima nel suo insieme
(Figura 3.8), poi ristretto a determinate regioni. In particolare, vengono
presentate la Regione di Interesse (Figura 3.9) e la Regione Alpha (Figura
3.10), in quanto esse sono protagoniste delle analisi che seguiranno.
10
1
10-1
10-2
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500 5000
Energy [keV]
Figura 3.8: Lo spettro totale di fondo degli eventi di CUORE-0, ottenuto
applicando agli eventi i tagli base, di forma e di anti-coincidenza.
57
counts/keV/kg/year
I tagli che sono stati applicati agli eventi per realizzare questi spettri
sono, riferendosi alla terminologia utilizzata nel paragrafo precedente, i tagli
base, i tagli di forma ed il taglio di anti-coincidenza.
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560 2570
Energy [keV]
Figura 3.9: Lo spettro totale di fondo degli eventi di CUORE-0: la Regione di Interesse. Il picco al Q-valore del 130 T e è dovuto alla procedura di
blinding.
Nuovamente si ricorda che il picco visibile in Figura 3.9, centrato al Qvalore dei 130 T e, è dovuto alla procedura di blinding, in quanto l’analisi è
condotta su dati processati con tale procedura.
Il picco che emerge in Figura 3.10 invece è quello proveniente dal decadimento α del 190 P t, la cui energia nominale è pari a 3252 keV .
58
counts/keV/kg/year
1
10-1
10-2
2800
3000
3200
3400
3600
3800
Energy [keV]
Figura 3.10: Lo spettro totale di fondo degli eventi di CUORE-0: la Regione
Alpha.
59
Capitolo 4
L’analisi delle coincidenze
utilizzando i side pulses
Nel capitolo precedente sono stati descritti i diversi passaggi con cui si
conduce l’analisi standard dei dati di CUORE-0.
In aggiunta a questo tipo di analisi, è stato condotto uno studio delle
coincidenze utilizzando i side pulses, con lo scopo di migliorare la riduzione
del fondo in due particolari regioni dello spettro: la Regione di Interesse
(ROI nel seguito), compresa tra 2470 e 2570 keV , e la Regione Alpha,
compresa tra 2700 e 3900 keV .
L’analisi è stata condotta utilizzando alcuni moduli di DIANA , opportunamente adattati allo scopo.
4.1
Le coincidenze usando i side pulses
Come descritto nel Capitolo 3, la selezione degli eventi selezionati dal trigger
prevede il taglio di anti-coincidenza, in modo da includere nel conteggio del
fondo solo depositi di energia localizzati in un unico cristallo. Ci si aspetta
infatti che gli eventi di segnale 0νββ siano eventi di molteplicità unitaria.
In questo scenario si inserisce l’analisi delle coincidenze che include i
side pulses, ovvero gli impulsi che vengono acquisiti simultaneamente nei
bolometri che si trovano sullo stesso piano, sul piano superiore e su quello
inferiore del canale che ha passato il trigger. Nella torre di CUORE-0, per
ciascun canale, esclusi quelli sul primo e sull’ultimo piano, esistono fino ad
11 side bolometers.
In DIANA l’acquisizione consente di acquisire, per ogni evento che passa
il trigger, tutti gli eventi nei suoi side bolometers, anche se questi ultimi non
hanno energia sufficiente ad essere triggerati.
Lo scopo di questo tipo di studio è utilizzare queste informazioni sui
side pulses per recuperare coincidenze non ricostruite dal taglio standard
60
di anti-coincidenza in quanto uno degli impulsi, risultando vicino alla soglia
del trigger o sotto di essa, non passa la selezione.
4.2
Il calcolo dei Jitter
counts / 0.0008
Studiando le coincidenze si è visto che eventi corrispondenti a depositi di
energia effettivamente simultanei, cioè coincidenze vere, hanno un ritardo
temporale reciproco, dipendente dalla coppia di canali che li hanno rivelati.
Questa discrepanza è dovuta al fatto che gli impulsi in bolometri diversi
possono essere caratterizzati da un diverso tempo di salita o di discesa.
Ciò che accade quindi è che, per alcune coppie di bolometri della torre
di CUORE-0, il ritardo temporale tra eventi simultanei non è distribuito
intorno a 0 con una certa larghezza, come dovrebbe essere, ma è distribuito
intorno a valori diversi da 0 e costanti per ciascuna coppia, che prendono il
nome di jitter.
In Figura 4.1 è mostrata la distribuzione del ritardo temporale per eventi
simultanei per tutti i canali di CUORE-0, ottenuta dai run di calibrazione
di uno dei dataset analizzati, considerando eventi con doppia molteplicità ed
energia totale pari a 2615 keV . Con molteplicità si intende ovviamente quella derivante dall’analisi standard delle coincidenze presentata nel paragrafo
3.7. Come descritto, i ritardi temporali hanno valori anche molto lontani da
0, arrivando fino a 40-60 ms.
Entries
100
80
3376
Mean
-0.00176
RMS
0.01889
Integral
3376
60
40
20
0
-0.1
-0.08 -0.06 -0.04 -0.02
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
[email protected][0].fDeltaT [s]
Figura 4.1: La distribuzione del valore del ritardo temporale per tutti i
canali di CUORE-0 prima della correzione per i jitter.
61
In DIANA esiste un modulo che si occupa esclusivamente del calcolo del
valore dei jitter per tutti i bolometri di CUORE-0, riferendosi ad uno stesso
canale di riferimento, il canale 14: JitterCh,Ref Ch . Ovviamente, per stimare
lo sfasamento temporale tra due bolometri qualsiasi della torre, l’operazione
che si compie è una semplice differenza:
JitterCha ,Chb = JitterCha ,Ref Ch − JitterChb ,Ref Ch
(4.1)
La Figura 4.2 mostra come si trasforma la distribuzione di Figura 4.1
quando, ad ogni coppia di canali, viene applicato il jitter corrispondente. Il
nuovo ritardo temporale si ottiene sottraendo il valore del jitter, come segue:
DeltaTnew = DeltaTold − Jitter
(4.2)
counts / 0.00025
La nuova distribuzione è evidentemente piccata a 0 e, per il 94% degli
eventi, il ritardo temporale è compreso in un intervallo di ±5 ms.
1200
Entries
3207
Mean -4.048e-05
1000
RMS
800
Integral
0.0003534
3207
600
400
200
0
-5
×10-3
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
5
[email protected][0].fDeltaT [s]
Figura 4.2: La distribuzione del valore del ritardo temporale dopo la
correzione per i jitter.
Conoscere l’informazione relativa ai jitter tra le varie coppie di canali
risulta, come è evidente, fondamentale per qualsiasi studio di eventi simultanei.
62
4.3
L’ampiezza e la molteplicità dei side pulses
In DIANA esiste un modulo che calcola l’ampiezza dei side pulses tenendo
conto dello sfasamento temporale reciproco tra le coppie di canali, di cui si
è discusso nel paragrafo precedente.
Come già detto, l’acquisizione dei dati di CUORE-0 prevede che, insieme
ad ogni evento triggerato, vengano acquisite anche le finestre relative agli
11 side bolometers.
A questo punto, il modulo calcola l’ampiezza dei side pulses sulla forma
d’onda ottenuta con il filtro ottimo, al tempo t = t(OF ) + JitterSide,M ain ,
dove t(OF ) è il tempo in cui si trova il massimo dell’impulso principale
e JitterSide,M ain è il ritardo temporale reciproco tra i due bolometri, che,
secondo quanto detto nel paragrafo precedente, vale:
JitterSide,M ain = JitterSide,Ref Ch − JitterM ain,Ref Ch .
(4.3)
L’ampiezza viene calcolata per tutti i side pulses del bolometro che ha
passato il trigger, e questa informazione viene utilizzata per valutare la
molteplicità della coincidenza. Nella maggior parte dei casi l’ampiezza dei
side pulses sarà compatibile con 0, quindi, per identificare quei casi in cui
effettivamente c’è un evento, si fa un controllo sul numero di σ, nel modo
seguente. La molteplicità della coincidenza (M ultiplicity Side) viene calcolata come 1 sommato al numero di side pulses per cui il rapporto tra
l’ampiezza del side pulse e la risoluzione della linea di base restituita dal
filtro ottimo è maggiore di un certo valore:
SideAmplitude
> Nσ .
OF Baseline Resolution
(4.4)
Il numero di σ, Nσ , è un valore fisso, che può essere scelto dall’utente che
lo inserisce nel modulo predisposto per la valutazione della molteplicità: in
questa analisi è stato scelto di fare una scansione su Nσ , che assume quindi
cinque diversi valori (3, 3.5, 4, 4.5 e 5).
Quindi, se la molteplicità è 1 vuol dire che nessuno dei side pulses provoca
effettivamente una coincidenza, e dunque l’evento non viene rimosso dallo
spettro; se invece tale molteplicità è maggiore di 1, l’evento viene eliminato.
Lo scopo della scansione su Nσ , come si mostrerà nei prossimi paragrafi,
S
è stato quello di condurre uno studio dell’andamento del rapporto √ , che
B
tiene conto di quanto si incide sul segnale e sul fondo applicando il taglio,
in funzione di diversi valori di Nσ stesso.
63
4.4
Le prestazioni del metodo
Per valutare il funzionamento della selezione dei side pulses sui dati di
CUORE-0 sono stati analizzati due picchi noti, prendendo in considerazione
unicamente il taglio con Nσ = 3.5.
counts/keV/kg/year
Il picco a 2615 keV Lo spettro ottenuto con i tagli di fondo standard
presenta, a sinistra del picco centrato a 2615 keV , un altro picco, dovuto ai
raggi X che scappano dal picco principale: il secondo picco, come evidente in
Figura 4.3 (in blu), risulta centrato a 2585 keV . Quando si applica il taglio
che seleziona gli eventi con M ultiplicity Side > 1 (in Figura 4.3 sovrapposti
in rosso allo spettro totale), il picco a 2615 keV viene ridotto di poco più
del 8%, mentre il picco a 2585 keV viene ridotto di circa il 30%. Quello che
risulta interessante è che, se si grafica l’energia dei side pulses del picco centrato a 2585 keV in funzione dell’energia rilasciata nel bolometro principale
(Figura 4.4), la prima risulta, per la maggior parte degli eventi, compatibile
con un’energia di circa 30 keV , ovvero quella attesa per il raggio X scappato.
10
1
10-1
2540
2560
2580
2600
2620
2640
2660
Energy [keV]
Figura 4.3: Il picco a 2615 keV : lo spettro totale (in blu) e lo spettro degli
eventi con M ultiplicity Side > 1 per Nσ = 3.5 (in rosso) sovrapposti.
64
Energy_Side [keV]
50
40
30
20
10
0
2550
2560
2570
2580
2590
2600
2610
2620
Energy [keV]
counts/keV/kg/year
Figura 4.4: Il picco a 2585 keV : l’energia dei side pulses in funzione
dell’energia rilasciata nel bolometro principale.
5
4
3
2
1
0
4800
5000
5200
5400
5600
5800
Energy [keV]
Figura 4.5: Il doppio picco del 210 P o: lo spettro totale (in blu) e lo spettro
degli eventi con M ultiplicity Side > 1 per Nσ = 3.5 (in rosso) sovrapposti.
Il doppio picco del Polonio In Figura 4.5 è presentata la regione
dello spettro totale che contiene il picco del 210 P o: esso risulta sdoppiato
in un picco principale, centrato al Q-valore 5407 keV , dato dalla somma
dell’energia della particella α e del rinculo, e in un secondo picco, centrato
65
Energy_Side [keV]
al cosiddetto Q-alpha 5304 keV (spettro in blu). Se si selezionato gli eventi
con M ultiplicity Side > 1 (sovrapposti in rosso allo spettro completo in
blu nella Figura 4.5), e se ne grafica l’energia (Figura 4.6), emerge che una
buona parte di questi eventi ha un’energia compatibile con i 100 keV del
rinculo nucleare.
104
103
102
5100
5200
5300
5400
5500
5600
5700
5800
Energy [keV]
Figura 4.6: Il doppio picco del 210 P o: l’energia dei side pulses in funzione
dell’energia rilasciata nel bolometro principale.
4.5
La stima dell’efficienza del metodo
Come per ogni taglio sugli eventi acquisiti, anche per questo è necessario
valutare l’efficienza.
Per questa stima si applica al picco del 40 K centrato a 1461 keV il
procedimento descritto nel capitolo precedente in riferimento al taglio di
anti-coincidenza: non ci si aspetta infatti che sotto il picco del potassio ci
siano eventi con M ultiplicity Side > 1.
Come esempio, si riportano in Figura 4.7 i picchi del potassio, rispettivamente per lo spettro totale (in blu) e per quello contenente gli eventi con
M ultiplicity Side = 1 (in rosso), ottenuti ponendo Nσ uguale a 3.5.
Per ognuno dei valori di Nσ l’efficienza del metodo è riportata in Tabella
4.1.
66
Nσ
3
3.5
4
4.5
5
Efficienza
93
95
96
96
96
Errore sull’efficienza
%
%
%
%
%
2
2
2
2
2
%
%
%
%
%
Tabella 4.1: Le efficienze del taglio che identifica le
coincidenze con i side pulses, per ogni valore di Nσ impiegato.
counts/keV
1460 keV fit
Entries
8291
Mean
1459
RMS
22.53
Integral
8291
χ2 / ndf
430.4 / 116
p0
920.8 ± 18.2
p1
1461 ± 0.0
p2
2.168 ± 0.032
p3
23.81 ± 0.47
1000
800
600
400
200
0
1400
1420
1440
1460
1480
1500
1520
Energy [keV]
counts/keV
1460 keV fit
1000
Entries
7803
Mean
1458
RMS
22.46
Integral
7803
χ2 / ndf
410.8 / 116
p0
871.7 ± 17.7
p1
1461 ± 0.0
p2
-2.175 ± 0.033
p3
22 ± 0.5
800
600
400
200
0
1400
1420
1440
1460
1480
1500
1520
Energy [keV]
Figura 4.7: Il picco del 40 K per la stima dell’efficienza del taglio sui side
pulses: in alto, in blu, lo spettro totale; in basso, in rosso, lo spettro degli
eventi selezionati che hanno M ultiplicity Side = 1 (Nσ = 3.5).
67
4.6
4.6.1
La riduzione del fondo
La riduzione del fondo nella Regione di Interesse
La strategia di riduzione del fondo prevede l’aggiunta ai tagli dello spettro standard della richiesta che M ultiplicity Side sia uguale a uno: questo
permette di assicurarsi che l’evento, che ha passato il taglio standard di
anti-coincidenza, non sia però in coincidenza con altri eventi nei bolometri
circostanti che, essendo sotto la soglia o vicina ad essa, non hanno passato il
trigger e non sono stati quindi rigettati dal taglio M ultiplicity OF T ime ==
1.
Per valutare quanto questo incida sulla riduzione del fondo nella ROI
è stato condotto un fit non binnato, basato sulla massimizzazione di una
funzione di verosimiglianza, utilizzando Roofit [41] 1 , sullo spettro prima e
dopo l’applicazione del taglio, ed è stato estratto dai risultati dei fit il valore
del fondo.
Vista la forma attesa per lo spettro nella ROI, la funzione di fit impiegata
include:
• il fondo piatto;
• il picco gaussiano del 60 Co, centrato a 2505.7 keV e con σ = 2.29 keV ;
• il picco gaussiano ottenuto dalla procedura di blinding 2 , centrato a
2527.518 keV e con σ = 2.29 keV .
In particolare, il picco somma del 60 Co è dovuto ai due raggi γ, rispettivamente di energie pari a 1173.2 keV e 1332.5 keV , che vengono emessi in
cascata nel decadimento β dell’isotopo, che si trova all’interno della struttura del rivelatore. Dei prodotti del decadimento, vengono rivelati solo i due
raggi γ, o uno di essi, e non l’elettrone, in quanto esso non ha un’energia
molto elevata (il suo spettro arriva fino a 318 keV ).
I parametri di inizializzazione del fit sono, per quanto riguarda i valori
medi dei picchi, i rispettivi valori nominali; per la σ, invece, è stata utilizzata la risoluzione 3 dell’analisi ufficiale di CUORE-0, F W HM = 5.4 keV ,
presentata a Neutrino 2014 [27], stimata sul picco a 2615 keV del 208 T l, in
quanto è il più vicino alla ROI.
In Figura 4.8 e 4.9 sono riportati i due fit, rispettivamente quello sullo
spettro totale e quello sullo spettro degli eventi con M ultiplicity Side = 1,
con Nσ = 3.5. Le linee tratteggiate rappresentano le tre funzioni distinte,
1
Sulle potenzialità di Roofit, una libreria di Root [42], si tornerà nel prossimo capitolo,
dedicato alla descrizione del fit della Regione di Interesse.
2
Per i dettagli sulla procedura di blinding del picco del segnale si rimanda al paragrafo
3.8.
3
La relazione che lega la σ alla risoluzione è F W HM = 2.354 · σ
68
Counts/5 keV/kg/year
Region Of Interest Fit
0.5
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560 2570
Energy [keV]
Figura 4.8: Il fit nella ROI sullo spettro totale: le linee tratteggiate rappresentano le tre funzioni distinte, la linea di base, il picco del cobalto (in blu)
e quello del segnale (in rosso); la linea continua descrive la funzione di fit
totale.
Counts/5 keV/kg/year
Region Of Interest Fit
0.5
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560 2570
Energy [keV]
Figura 4.9: Il fit nella ROI sullo spettro degli eventi con M ultiplicity Side =
1 (Nσ = 3.5): le linee tratteggiate rappresentano le tre funzioni distinte, la
linea di base, il picco del cobalto (in blu) e quello del segnale (in rosso); la
linea continua descrive la funzione di fit totale.
69
la linea di base, il picco del cobalto (in blu) e quello del segnale (in rosso);
mentre la linea continua descrive la funzione di fit totale.
Per lo spettro totale, il conteggio, per unità di energia, di massa e di
tempo, del fondo piatto ottenuto dal fit è 0.071 ± 0.006 cont/keV /kg/anno,
mentre il numero totale di eventi è 147.
La Tabella 4.2 riassume i risultati ottenuti, per ogni valore di Nσ , sullo
spettro con il taglio sulla molteplicità di side pulses unitaria applicato. Nella
seconda colonna ci sono i conteggi, per unità di energia, di massa e di tempo,
del fondo piatto ottenuto dal fit; nella terza colonna il numero di eventi
rimossi, una volta applicato il taglio, rispetto ai 147 eventi dello spettro
totale; nella quarta colonna infine viene riportata la riduzione percentuale
del fondo piatto rispetto allo spettro totale.
Nσ
3
3.5
4
4.5
5
Conteggio di fondo
[cont/keV /kg/anno]
Eventi rimossi
Riduzione [%]
±
±
±
±
±
17
14
14
13
11
12.7 ± 1.6
9.9 ± 1.1
9.9 ± 1.1
8.4 ± 1.0
8.4 ± 1.0
0.062
0.064
0.064
0.065
0.065
0.006
0.006
0.006
0.006
0.006
Tabella 4.2: Per ogni valore di Nσ : conteggi, per unità di
energia, di massa e di tempo, del fondo piatto nella ROI ottenuti dal fit sullo spettro con M ultiplicity Side = 1; numero
degli eventi rimossi dal taglio sui side pulses rispetto ai 147
eventi dello spettro totale; riduzione percentuale del fondo
piatto rispetto allo spettro totale.
Come anticipato all’inizio del capitolo, lo scopo della scansione su Nσ , il
numero di σ che condiziona la determinazione della molteplicità di side pulses, è quello di studiare l’eventuale dipendenza da questa scelta del rapporto
tra quanto il taglio incide sul segnale e quanto sul fondo.
In Figura 4.10 è riportato il risultato della scansione, ovvero l’andamento
S
del rapporto √ in funzione di Nσ relativo all’analisi dei dati nella Regione
B
di Interesse. Con S si intende l’efficienza del metodo, mentre B = 1 − r, con
r pari alla riduzione percentuale del fondo piatto.
Come evidente dalla figura, tutti i cinque rapporti risultano compatibili con 1: questo vuol dire che questa analisi, pur avendo portato ad una
riduzione del fondo, non ha purtroppo migliorato la sensibilità sul segnale,
se si considera l’inefficienza sul segnale stesso.
70
S/sqrt(B)
Scan Results
1.01
1.008
1.006
1.004
1.002
1
0.998
0.996
3
3.5
4
4.5
5
Number of Sigma
S
Figura 4.10: L’andamento del rapporto √ in funzione del limite Nσ .
B
4.6.2
La riduzione del fondo nella Regione Alpha
L’applicazione dello studio delle coincidenze mediante l’identificazione dei
side pulses è stata operata anche nella zona compresa tra i 2700 e i 3900
keV .
Sugli spettri in questa regione la stima della riduzione del fondo piatto
non è avvenuta tramite un fit, come per la ROI, ma semplicemente confrontando il numero di conteggi, prima e dopo l’inserimento del taglio sui
side pulses, all’interno della finestra, escludendo la regione del picco del
platino (3100-3400 keV ), visibile in Figura 4.11.
I conteggi del fondo piatto, per unità di energia, di massa e di tempo, da
confrontare con quello ottenuto dallo spettro totale, pari a 0.020 ± 0.001
cont/keV /kg/anno, sono riportati in Tabella 4.3, insieme alla riduzione
percentuale rispetto allo spettro totale stesso.
71
counts/keV/kg/year
1
10-1
10-2
2800
3000
3200
3400
3600
3800
Energy [keV]
Figura 4.11: La Regione Alpha: lo spettro totale (in blu) e lo spettro degli
eventi con M ultiplicity Side > 1 per Nσ = 3.5 (in rosso) sovrapposti.
Nσ
3
3.5
4
4.5
5
Conteggio di fondo
[cont/keV /kg/anno]
Riduzione [%]
±
±
±
±
±
15.0 ± 1.2
10.0 ± 0.8
5.0 ± 0.4
5.0 ± 0.4
5.0 ± 0.4
0.017
0.018
0.019
0.019
0.019
0.001
0.001
0.001
0.001
0.001
Tabella 4.3: Per ogni valore di Nσ : conteggi, per unità di
energia, di massa e di tempo, del fondo piatto nella Regione delle Alpha nello spettro con M ultiplicity Side = 1;
riduzione percentuale del fondo piatto rispetto allo spettro
totale.
72
4.7
Le conclusioni sull’analisi delle coincidenze utilizzando i side pulses
Lo studio delle coincidenze usando i side pulses è stato condotto con lo scopo
di valutare se fosse possibile migliorare la riduzione del fondo nella Regione
di Interesse e nella Regione Alpha, ricostruendo eventuali coincidenze non
segnalate dal trigger.
L’analisi è stata ripetuta per cinque diversi valori del numero Nσ , responsabile del conteggio della molteplicità di side pulses.
Vengono di seguito elencati i risultati ottenuti, al variare di Nσ :
• l’efficienza del metodo, valutata sul picco del 40 K, varia nell’intervallo
(93% - 96%);
• la riduzione percentuale del fondo, nella Regione di Interesse, è compresa tra il 12.9% e l’8.6%;
• la riduzione percentuale del fondo, nella Regione Alpha, è compresa
tra il 15% e il 5%.
La scansione ha dimostrato come le prestazioni del metodo non dipendano in modo significativo dal numero di σ impiegato nel modulo per
valutare la molteplicità dei side pulses: per tutti i cinque valori di Nσ , poi, il
S
rapporto √ è compatibile con 1, portando alla conclusione che la presente
B
analisi non ha migliorato la sensibilità sul segnale nella Regione di Interesse,
pur avendo ridotto il fondo.
La procedura di identificazione delle coincidenze con i side pulses finora descritta ancora non rientra nella prassi standard dell’analisi dei dati
di CUORE-0, ma potrebbe costituire in futuro una interessante implementazione dell’analisi stessa.
73
Capitolo 5
L’analisi delle coincidenze
ritardate con le particelle α
In aggiunta all’analisi delle coincidenze utilizzando i side pulses descritta
nel capitolo precedente, è stata condotta un’ulteriore analisi, con lo scopo
di studiare le coincidenze ritardate con le particelle α.
Come il metodo di identificazione delle coincidenze usando i side pulses,
anche questa seconda analisi ha lo scopo di migliorare la riduzione del fondo
nella Regione di Interesse, compresa tra 2470 e 2570 keV , e nella Regione
Alpha, compresa tra 2700 e 3900 keV .
In queste regioni infatti ci possono essere eventi dovuti alle contaminazioni radioattive di cui si è discusso nel Capitolo 2.
Si tratta essenzialmente di decadimenti α, β e γ nelle catene dell’238 U e
del 232 T h, che danno prevalentemente origine ad un fondo continuo, e non
a picchi visibili. Questo rende difficile associare i depositi di energia ad una
particolare contaminazione.
Se però questi depositi possono essere associati ad una segnatura caratteristica, che riesca a definirne l’origine, essi possono essere rimossi dal
fondo.
Sia nella catena dell’238 U che in quella del 232 T h, riportate in Figura 5.1,
esistono due sottocatene che risultano rintracciabili: avendo infatti una vita
media di circa 3 min, è possibile ricostruire gli eventi da esse provenienti
studiando le coincidenze ritardate.
La prima catena è quella che parte dal 212 Bi, che, emettendo un’α
da 6.208 M eV , decade in 208 T l: questo a sua volta decade in 208 P b con
una vita media di 3.05 min. Questo secondo decadimento è accompagnato
dall’emissione di una particella β − di energia pari a circa 5 M eV :
212 Bi
→208 T l + α(6.208M eV )
208 T l →208 P b + β − (4.999M eV )
74
Figura 5.1: Le catene di decadimento dell’uranio a sinistra, del torio a destra.
La seconda catena potenzialmente rintracciabile è quella che vede il
decadimento del 222 Rn in 218 P o, con emissione di un’α da 5.590 M eV , e
il conseguente decadimento del polonio in 214 P b, con una vita media di 3.10
min e con l’emissione di un’altra particella α da circa 6 M eV :
222 Rn
218 P o
→218 P o + α(5.590M eV )
→214 P b + α(6.115M eV )
Il software DIANA comprende un modulo adatto a riconoscere le coincidenze ritardate. Esso è stato dunque impiegato per lo studio di queste
due catene, le uniche che, grazie alla loro breve vita media, possono essere
potenzialmente rintracciabili all’interno dello spettro di CUORE-0, dando
quindi la possibilità di rimuovere alcuni eventi di fondo ad esse associati.
La statistica analizzata Al contrario dello studio sui side pulses e del
fit della Regione di Interesse che verrà discusso nel prossimo capitolo, questa
analisi non è stata condotta su tutta la statistica elencata nel paragrafo 3.10,
ma su un suo sottoinsieme, composto dai dataset numero: 2061, 2064, 2067,
2070, 2073, 2085, 2088. Per le analisi che seguono è stato dunque calcolato
il tempo vivo ad essi relativo: esso è pari a 89.69 giorni di presa dati,
corrispondente ad un’esposizione di 9.58 kg(T eO2 ) · anno.
75
5.1
Il modulo
Per spiegare come funziona il modulo che rintraccia le coincidenze ritardate,
è necessario introdurre i concetti di madre e di figlia.
Nel caso delle due catene che ci si propone di studiare in questa sede,
con madri si intendono il 212 Bi e il 222 Rn, mentre le figlie sono il 208 T l e il
218 P o.
Per prima cosa, l’analisi delle coincidenze ritardate prevede che siano
posti alcuni filtri nel file di configurazione, che selezionino solo gli eventi che
si trovino in determinati intervalli di energia.
In particolare, la selezione sulle madri prevede che la loro energia sia
compresa tra 5300 keV e 7000 keV , mentre le energie delle figlie possono
essere in tutto lo spettro.
Una volta che il modulo ha selezionato una madre, tutti gli eventi temporalmente successivi e spazialmente vicini ad essa vengono riempiti con
le informazioni della potenziale madre. Questa procedura prevede che, alla fine, ogni figlia possa avere una o più madri, e l’evento relativo ad essa
includerà, oltre alla informazioni usuali, anche le caratteristiche di tutte le
potenziali madri.
Il secondo passaggio dell’analisi è quello di usare le informazioni sulle
madri per applicare alcuni tagli sugli eventi, con lo scopo di stabilire se le
coincidenze trovate siano fisiche o semplicemente casuali.
I tagli applicati sono sostanzialmente tre, uno energetico, uno spaziale e
uno temporale:
• la differenza tra l’energia della madre e il Q-valore
minore di 100 keV ;
1
della reazione sia
• la distanza tra la madre e la figlia sia minore o uguale a due piani della
torre di CUORE-0;
• il ritardo temporale tra la madre e la figlia sia maggiore di 5 s e minore
di tre vite medie (540 s).
La prima selezione serve ad individuare gli eventi, la cui presunta madre
abbia energia compatibile con il Q-valore atteso per la reazione cercata.
E’ sembrato ragionevole inserire il taglio spaziale, in quanto due eventi
troppo distanti lungo la torre di CUORE-0 non possono essere attribuiti ad
una coppia madre-figlia.
Il criterio di selezione temporale, infine, impone che tra la madre e la
figlia ci sia almeno un ritardo di 5 s, in quanto due eventi contemporanei
non posso costituire una coppia madre-figlia. Il limite superiore invece è
1
A proposito del Q-valore, si ricorda che esso viene posto uguale a 6208 keV per
selezionare gli eventi del 208 T l e uguale a 5590 keV per selezionare quelli del 218 P o (si
vedano le catene di decadimento riportare all’inizio del capitolo).
76
posto a tre vite medie del nucleo madre, in modo da selezionare il 95% degli
eventi di decadimento 2 .
I risultati che seguono sono stati ottenuti applicando questi tre tagli alle
prime tre madri identificate.
La prassi di analisi è che, ai tagli standard, ovvero ai tagli base, di forma
e di anti-coincidenza elencati nel paragrafo 3.9, si aggiungano i tagli che
identificano potenziali coincidenze ritardate con le particelle α.
Il fattore di smorzamento Per impiegare questo metodo è necessario
stimare un fattore di smorzamento (q.f., che sta per quenching factor ), per
tener conto del fatto che i bolometri di CUORE-0 non sono calibrati sulle
particelle α e quindi nello spettro energetico calibrato i picchi dovuti alle
particelle α si troveranno ad una energia diversa da quella nominale. Tale
fattore moltiplicativo sarà poi applicato a tutte le energie delle α durante
l’analisi delle coincidenze ritardate.
La valutazione del fattore di smorzamento è stata condotta sullo spettro
totale, utilizzando il picco del 210 P o. Nel capitolo precedente è stato già
descritto il doppio picco del polonio, mostrato ora in Figura 5.2; in particolare, si è detto come il picco centrato al Q-valore sia atteso a 5407 keV : in
realtà esso viene effettivamente osservato a 5437 keV , portando a
q.f. =
5.2
5437
= 1.005
5407
Le prestazioni del metodo
La seconda delle due catene introdotte precedentemente, che qui riportiamo
nuovamente per facilità di lettura:
222 Rn
218 P o
→218 P o + α(5.590M eV )
→214 P b + α(6.115M eV )
permette di avere un’idea di come funzioni il modulo che rintraccia le coincidenze ritardate.
Gli eventi che il modulo permette di rimuovere dallo spettro sono quegli
eventi che, oltre a passare la selezione standard di CUORE-0, vengono selezionati dai tagli che sono stati elencati nel paragrafo precedente. Essi
hanno dunque le caratteristiche giuste per essere effettivamente figlie di
decadimenti radioattivi.
In Figura 5.3 allo spettro totale, in blu, sono stati sovrapposti, in verde,
gli eventi selezionati dai tagli della selezione delle coincidenze ritardate, avendo posto il Q-valore a quello del 218 P o (5590 keV ). Il modulo riconosce le
figlie del polonio con un’efficienza di circa il 50%.
2
Il taglio a tre vite medie permette di selezionare il 95% degli eventi, secondo la relazione
t
N (t) = N0 e− τ .
77
counts/ 2 keV/kg/y
Entries
6
4647
Mean
5408
RMS
72.83
5
Integral 242.5
4
3
2
1
0
5100
counts/ 2 keV/kg/y
5200
5300
5400
5500
6
5600
5700
Energy [keV]
Entries
2914
Mean
5437
RMS
5
Integral
25.1
152.1
4
3
2
1
5380
5400
5420
5440
5460
5480
5500
Energy [keV]
counts/ 5 keV/kg/y
Figura 5.2: Il doppio picco del 210 P o per la stima del fattore di smorzamento:
in alto, il doppio picco; in basso, l’ingrandimento sul picco centrato al Qvalore.
0.14
0.12
0.1
0.08
0.06
0.04
0.02
0
6000
6050
6100
6150
6200
6250
6300
6350
6400
Energy [keV]
Figura 5.3: Le α del polonio: allo spettro totale, in blu, sono stati sovrapposti, in verde, gli eventi selezionati dai tagli che selezionano le coincidenze
ritardate con le particelle α.
78
Gli eventi in verde sono posizionati quasi interamente nella regione del
picco, che risulta centrato a 6145 keV , esattamente uguale al valore ottenuto
moltiplicando il Q-valore per il fattore di smorzamento.
5.3
La stima dell’efficienza del metodo
counts/ keV
Come per il metodo delle coincidenze basate sui side pulses, anche per questo
è necessario valutare l’efficienza della selezione.
Per questa stima si utilizza il picco del 40 K centrato a 1461 keV : sotto di esso infatti non dovrebbero essere rintracciati eventi riconducibili a
coincidenze ritardate con particelle α.
Il metodo per la valutazione dell’efficienza è, anche in questo caso, quello
usualmente utilizzato per il taglio di anti-coincidenza.
Come mostrato in Figura 5.4 (in alto), sullo spettro totale è stato condotto il fit gaussiano, e le informazione da esso ottenute (valor medio e σ)
sono state usate per l’usuale stima basata sul rapporto dei conteggi.
In effetti, gli eventi selezionati dai tagli sulle α sotto al picco sono pochi,
come evidente dalla Figura 5.4 stessa (in basso): l’efficienza che emerge
infatti è εα = (99.9 ± 2.0)%.
Entries
500
400
4739
Mean
1459
RMS
Integral
22.61
4739
χ2 / ndf
284.3 / 116
494.3 ± 13.2
p0
300
200
p1
1461 ± 0.0
p2
2.271 ± 0.046
p3
13.67 ± 0.36
100
counts/keV
0
1400
1420
1440
1460
1480
3
1500
1520
Energy [keV]
Entries
2.5
1451
RMS
16.97
Integral
2
10
Mean
10
1.5
1
0.5
0
1400
1420
1440
1460
1480
1500
1520
Energy [keV]
Figura 5.4: Il picco del 40 K per la stima dell’efficienza del taglio sulle particelle α: in alto, in blu, lo spettro totale; in basso, in verde, lo spettro degli
eventi selezionati dai tagli sulle α.
79
counts/10 keV
3
10
Entries
91411 Entries
Mean
775 Mean
893.4
RMS
646.1 RMS
806
Integral 9.141e+04
Integral
267
267
102
10
1
10-1
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500 5000
Energy [keV]
Figura 5.5: Lo spettro energetico di CUORE-0: in blu gli eventi dello spettro
totale, in verde gli eventi selezionati dal modulo (Q − valore = 6208 keV ).
5.4
La riduzione del fondo
La strategia di riduzione del fondo prevede l’aggiunta ai tagli dello spettro
standard dei tagli che selezionano le coincidenze ritardate con le particelle
α.
La Figura 5.5 riporta lo spettro energetico di CUORE-0 in blu, a cui è
stato sovrapposto in verde lo spettro degli eventi che, potenzialmente, sono
coincidenze ritardate con una particella α, con Q-valore uguale a 6208 keV ,
ovvero considerando gli eventi del 208 T l.
5.4.1
La riduzione del fondo nella Regione di Interesse
Come anticipato all’inizio del capitolo, la prima regione in cui si vuole stimare la riduzione del fondo apportata dal modulo che riconosce le coincidenze ritardate, è la finestra di 100 keV intorno al Q-valore del decadimento
0νββ.
La Figura 5.6 presenta lo spettro totale (in blu) e lo spettro degli eventi
selezionati dai tagli sulle α (in verde) sovrapposti all’interno della ROI.
Come evidente, i tagli selezionano solamente un evento in questa finestra,
rendendo quindi nulla la riduzione del fondo piatto.
80
counts/ 5 keV/kg/y
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560
2570
Energy [keV]
Figura 5.6: La Regione di Interesse: in blu gli eventi dello spettro totale, in
verde l’unico evento selezionato dal modulo.
5.4.2
La riduzione del fondo nella Regione Alpha
Per quanto riguarda la Regione Alpha, l’analisi delle coincidenze ritardate
con le α è stata condotta sia sul tallio che sul polonio: la Figura 5.7 riporta
gli spettri ottenuti con i rispettivi Q-valori (in verde) sovrapposti allo spettro
totale (in blu).
Per entrambi i tipi di particelle selezionate, è stato fatto un confronto
tra le coincidenze casuali attese e i conteggi sperimentalmente ottenuti, per
verificare se ci fosse un eccesso dovuto a coincidenze fisiche.
Per operare questo tipo di confronto, è stato inizialmente necessario stimare l’efficienza del metodo sulle alpha di controllo. Questo è stato fatto,
esattamente come per il tallio (paragrafo 5.3), utilizzando il picco del 40 K:
l’inefficienza ricavata è pari a 1 − εα (218 P o) = 0.3%.
Dopodiché, con questo valore e con quello precedentemente ricavato per
gli eventi interessanti, pari a 1 − εα (208 T l) = 0.1%, moltiplicandoli per il
numero di eventi nello spettro totale, sono stati ottenuti i conteggi casuali
attesi: il tutto è riassunto nella Tabella 4.1.
La Regione Alpha è stata divisa in due zone: le bande laterali e l’intervallo che contiene il picco del 190 P t, ovvero tra 3100 e 3400 keV , essendo il
picco atteso a 3252 keV .
81
counts/ 5 keV/kg/y
1
counts/ 5 keV/kg/y
10-1
2800
3000
3200
3400
3600
3800
Energy [keV]
2800
3000
3200
3400
3600
3800
Energy [keV]
1
10-1
Figura 5.7: La Regione Alpha: in blu gli eventi dello spettro totale, in verde
gli eventi selezionati dal modulo con il Q-valore posto, rispettivamente, a
6208 keV (in alto) e a 5590 keV (in basso).
82
Particelle
208 T l
218 P o
1 − εα
0.1%
0.3%
α osservate
bande laterali picco
4
3
4
4
α casuali attese
bande laterali
picco
0.2 ± 0.4
0.5 ± 0.7
0.7 ± 0.8
2±1
Tabella 5.1: Il confronto tra le coincidenze casuali attese e i
conteggi sperimentalmente ottenuti per il 208 T l e per il 218 P o,
all’interno della Regione Alpha. I numeri relativi alle α osservate ed attese sono riferiti a due parti distinte della regione:
la zona che ospita il picco del platino (3100-3400 keV ) e le
due bande laterali.
Dalla tabella emergono diverse considerazioni. Per quanto riguarda gli
eventi del tallio, rispetto alle particelle α casuali attese, c’è un eccesso di conteggi di 9 deviazioni standard nelle bande laterali e di 4 deviazioni standard
nella regione del picco del platino.
Il confronto sugli eventi del polonio invece, non mostra un risultato cosı̀
rilevante: per quanto riguarda le bande laterali c’è un eccesso di conteggi di
3 deviazioni standard, mentre i conteggi sotto il picco sono effettivamente
compatibili con coincidenze casuali.
5.5
Le conclusioni sull’analisi delle coincidenze ritardate con le particelle α
Lo studio delle coincidenze ritardate è stato condotto con lo scopo di valutare
se fosse possibile migliorare la riduzione del fondo nella Regione di Interesse
e nella Regione Alpha, ricostruendo eventuali coincidenze riconducibili a
particelle α, in particolare, eventi provenienti dal 208 T l e dal 218 P o, secondo
due sottocatene delle catene di decadimento radioattivo dell’uranio e del
torio.
Pur avendo il metodo un’altissima efficienza, pari al 99.9%, la riduzione
del fondo ad esso dovuta risulta nulla nella ROI, dove viene eliminato solamente un evento dal fondo.
Nella Regione Alpha invece, i conteggi degli eventi osservati presentano
un eccesso rispetto alle coincidenze casuali attese, eccesso che risulta più
rilevante per il tallio che per il polonio.
Questa analisi sulla ricostruzione delle coincidenze ritardate non fa ancora parte dell’analisi standard di CUORE-0, ma questi risultati sono un punto
di partenza per una futura implementazione del modulo ad essa dedicato.
83
In particolare, visti i risultati ottenuti nella Regione Alpha, sarà interessante ripetere questa analisi quando si avrà a disposizione una maggiore
statistica, per confermare che sia effettivamente possibile ridurre il fondo
dovuto agli eventi del tallio in questa zona dello spettro di CUORE-0.
84
Capitolo 6
Il Fit della Regione di
Interesse
Poiché l’identificazione delle coincidenze utilizzando i side pulses e delle coincidenze ritardate con le particelle α descritte nei precedenti capitoli ancora
non rientrano nella prassi standard dell’analisi dei dati di CUORE-0, il fit
della Regione di Interesse che verrà presentato nel seguito è stato condotto
sui dati processati unicamente secondo i passaggi descritti nel Capitolo 3.
In questo capitolo viene inizialmente presentata la strategia scelta per
condurre il fit, ovvero l’impiego di Roofit, una particolare libreria di Root
[42], che permette di realizzare un fit simultaneo sui dati di CUORE-0.
Si descrive poi la funzione di densità di probabilità adatta a rappresentare la forma dello spettro all’interno della Regione di Interesse, nonché
la funzione di verosimiglianza impiegata nel fit.
La parte centrale del capitolo è dedicata alla presentazione di tutti gli
ingredienti necessari alla costruzione della funzione di densità di probabilità,
quali l’efficienza dei tagli con cui vengono selezionati gli eventi e la risoluzione
energetica.
Vengono, infine, presentati i risultati del fit simultaneo.
6.1
Il fit simultaneo con Roofit
Si è scelto di condurre un fit non binnato e simultaneo per canale, utilizzando
Roofit, una libreria di Root, che ha particolari caratteristiche utili nell’analisi
dei dati. Grazie alla classi di Roofit, infatti, si possono condurre fit non
binnati basati sulla massimizzazione di un funzione di verosimiglianza, come
nel caso di CUORE-0, si possono produrre plot complessi a piacere, ed è
possibile generare campioni simulati (detti toy Monte Carlo) delle più varie
situazioni fisiche [41].
Condurre un fit simultaneo vuol dire applicare allo spettro una funzione
di densità di probabilità (pdf ) che contenga al suo interno informazioni diver85
sificate a seconda della provenienza dell’evento. I dati vengono infatti divisi
in categorie (C), ovvero sottogruppi, ognuno con specifiche caratteristiche e
con una propria funzione di densità di probabilità (pdfC ).
La pdfC dipenderà da un certo numero di parametri, alcuni dei quali
sono diversi da categoria a categoria (pC ), altri invece comuni, condivisi
dalle diverse categorie (q):
pdfC (x) = pdfC (x; pC , q)
(6.1)
dove con x si intende la variabile continua di cui è funzione la pdf, che, nel
nostro caso, è l’energia degli eventi.
Come per qualsiasi fit, anche per quelli simultanei, lo scopo è ottenere
una stima dei parametri che sono lasciati liberi di variare: stima che deve
essere tale da massimizzare la cosiddetta funzione di verosimiglianza (Likelihood ):
Y
pdfC (x; pC , q)
(6.2)
L=
C
In realtà, generalmente, si preferisce utilizzare il logaritmo negativo
della verosimiglianza (NLL, Negative Log Likelihood ), che nel caso del fit
simultaneo per categoria è definito come:
X
N LL =
−log[pdfC (x; pC , q)]
(6.3)
C
Il motivo di questa scelta è pratico, risulta cioè più comodo passare al logaritmo negativo, per le seguenti ragioni: innanzitutto, i logaritmi portano
ad una minor tendenza all’underflow 1 dovuto a funzioni di verosimiglianza troppo piccole; in secondo luogo, il passaggio al logaritmo permette di
passare da una produttoria di pdf ad una somma, più facile da maneggiare.
Nel caso in cui si utilizzi il logaritmo negativo della verosimiglianza, esso
viene minimizzato invece che massimizzato, al fine di ottenere la miglior
stima dei parametri.
Ciò che Roofit permette di fare è scindere alcuni dei parametri in ingresso
da cui dipende la pdf , in modo tale che, pur essendo la forma funzionale della
pdf unica per tutte le categorie, i valori dei parametri da cui essa dipende
possano essere assegnati indipendentemente.
Ogni evento infatti viene inserito all’interno della categoria corrispondente e i parametri della funzione di densità di probabilità, precedentemente definita e unica per tutte le categorie, vengono scissi grazie alle classi
RooSimultaneous e RooSimWSTool :
RooSimultaneous∗ simP df = sct.build(00 simP df 00 ,00 modelP df 00 ,
SplitP aram(00 p1C , p2C , ...00 ,00 category name00 ));
1
(6.4)
Con underflow, nel linguaggio informatico, si intende il fenomeno dovuto ad operazioni
aritmetiche che danno un risultato troppo piccolo per essere rappresentato nella memoria
dell’elaboratore e che viene confuso con zero.
86
Nella (6.4) la pdf è stata chiamata modelP df , i parametri da scindere
piC , il nome della categoria category name e il RooSimWSTool è sct. Quest’ultimo è una classe di Roofit che permette di clonare una pdf in una serie di
varianti, che vengono incluse all’interno dell’unica RooSimultaneous pdf.
Cosı̀ facendo i dati appartenenti ad ogni categoria vengono fittati con la
pdf dipendente dai parametri caratteristici della categoria stessa.
Per la stima dei paramentri, Roofit utilizza il logaritmo negativo della
funzione di verosimiglianza e lo minimizza, grazie al software MINUIT 2 . Il
fit restituisce quindi i valori di tutti i parametri da cui dipende la pdf .
6.2
La funzione di verosimiglianza
Per quanto riguarda il fit della Regione di Interesse, gli eventi provenienti
dai bolometri di CUORE-0, dopo essere stati processati e selezionati dai
tagli standard, vengono inseriti in 48 categorie, a seconda del canale di
provenienza: ogni categoria contiene i dati relativi al singolo canale e tutti
i parametri dipendenti dal canale stesso su cui si baserà il fit.
Il fit simultaneo che si applica alla Regione di Interesse è un fit non
binnato, basato sulla seguente funzione di verosimiglianza estesa:
−
L(Γ, →
p ) = P oisson(N, Ntot ) ·
N
Y
pdf (Ei , Ci )
(6.5)
i=1
Con Γ si intende l’ampiezza del decadimento 0νββ, il parametro libero su
−
cui verte il principale interesse dell’analisi; mentre con →
p si indica l’insieme
di tutti gli altri parametri liberi del fit, sia quelli dipendenti dalla categoria,
quali i conteggi di fondo piatto e i conteggi del picco somma del cobalto,
sia quelli unici, quali il valor medio del picco del cobalto e quello del picco
ottenuto dalla procedura di blinding.
L’indice della produttoria corre su tutti gli N eventi osservati, che abbiano energia compresa tra 2470 e 2570 keV e abbiano passato i diversi tagli
della selezione.
Con pdf (Ei , Ci ) si intende la modelP df calcolata nei parametri caratteristici del canale C.
Per quanto riguarda il fattore poissoniano moltiplicativo, esso è dovuto
al fatto che, non essendo il numero totale di eventi N fissato, si assume che
2
MINUIT, che sta per Function Minimization and Error Analysis, è un insieme di
librerie scritte per essere usate in programmi di analisi dati. Esso è concepito come un
tool per la ricerca di minimi di funzioni a più parametri e per analizzare la forma di una
funzione nell’intorno di un suo minimo. È principalmente adatto per l’analisi statistica di
dati. Lavora usando il metodo del chi quadro o della massima verosimiglianza al fine di
ottimizzare i valori dei parametri di un fit di dati, le loro incertezze ed eventualmente la
correlazione tra i parametri stessi.
87
esso fluttui poissonianamente intorno al valore atteso Ntot :
P oisson(N, Ntot ) =
6.3
N
e−Ntot · Ntot
N!
(6.6)
La funzione di densità di probabilità
La funzione di densità di probabilità, la modelP df del paragrafo precedente,
tiene conto della forma dello spettro all’interno della ROI: sul fondo piatto si
alzano il picco del 60 Co, atteso a 2505.7 keV , e il picco blindato del segnale,
atteso a 2527.518 keV [43], come mostrato, ad esempio, nella Figura 4.8 del
Capitolo 4. Il fatto che il fondo sia piatto è una ragionevole assunzione che
si fa nell’ambito dell’analisi dei dati di CUORE-0.
Tale funzione è una funzione continua dell’energia (E) e discreta del
canale (C):
f (E, C) =
Nf ondo (C)
+
Ntot
N60 Co (C)
· Gaussiana(E, µ60 Co , σ(C))+
Ntot
N0νββ (C)
· Gaussiana(E, Q, σ(C))
Ntot
(6.7)
Nel seguito verranno descritti i vari termini che la compongono, prima
però si riporta una panoramica sui parametri da cui essa dipende, per identificare quali sono quelli scissi a seconda della categoria e quali invece sono
comuni.
Parametro
Numero di eventi di fondo piatto
Numero di eventi del picco del cobalto
Valor medio del picco del cobalto
Numero di eventi di segnale 0νββ
Valor medio del picco ottenuto con il blinding
Ampiezza del decadimento
Risoluzione del canale
Efficienza di selezione
Esposizione del canale
Simbolo
Natura
Nf ondo
N60 Co
µ60 Co
N0νββ
Q
Γ
F W HM
ε
Exposure
scisso
scisso
comune
scisso
comune
comune
scisso
scisso
scisso
Tabella 6.1: Panoramica sulla natura dei parametri da cui
dipende la modelP df .
88
6.3.1
Il fondo piatto
Per quanto riguarda il fondo piatto, esso è indipendente dall’energia e descritto da un polinomio di grado 0.
Il numero di eventi di fondo piatto, dipendente dal canale, è dato dal
prodotto di diversi termini:
Nf ondo (C) = rf ondo (C) · ∆E · m(C) · T (C)
(6.8)
dove:
• rf ondo (C) sono i conteggi di fondo piatto per unità di energia, di massa
e di tempo; essi costituiscono uno dei parametri liberi del fit;
• ∆E è l’intervallo energetico in cui viene condotto il fit, di cui costituisce
uno dei parametri fissi, pari a 100 keV intorno al Q-valore;
• m(C) è la massa del singolo cristallo di T eO2 , pari a 750 g, fissata nel
fit;
• T (C) è il tempo di esposizione del singolo canale, anch’esso parametro
fissato.
6.3.2
Il picco del
60
Co
Un’altra componente del fondo nella Regione di Interesse è il picco somma
del 60 Co, dovuto ai due raggi γ, rispettivamente di energie pari a 1173.2
keV e 1332.5 keV , che vengono emessi in cascata in seguito al decadimento
β dell’isotopo.
Il cobalto che causa questo tipo di fondo è contenuto all’interno del rame
di cui è costituita la struttura portante dei cristalli, e l’elettrone emesso
insieme ai raggi γ viene assorbito perché non ha un’energia molto elevata (il
suo spettro arriva fino a 318 keV ).
Per questo motivo vengono rivelati o entrambi i raggi γ, o solo uno dei
due, andando a costituire un picco gaussiano, Gaussiana(E, µ60 Co , σ(C)).
Nell’ambito del fit, il valor medio del picco viene inizializzato al valore atteso, 2505.7 keV , ma lasciato libero di variare, in un intervallo tra ±5 deviazioni standard. Per quanto riguarda la larghezza del picco, essa costituisce
un parametro fisso del fit, che dipende dal canale: nell’ambito del fit simultaneo, come illustrato nel paragrafo precedente, ogni categoria è infatti
caratterizzata da una propria risoluzione energetica.
Con N60 Co (C) si intende ovviamente il numero di eventi presenti nel
picco del cobalto, dipendente dal canale, in quanto ottenuto come prodotto
di vari elementi:
N60 Co (C) = r60 Co (C) · m(C) · T (C)
dove:
89
(6.9)
• r60 Co (C) sono i conteggi del picco per unità di massa e di tempo; essi
costituiscono uno dei parametri liberi del fit;
• m(C) è la massa del singolo cristallo di T eO2 , pari a 750 g, fissata nel
fit;
• T (C) è il tempo di esposizione del singolo canale, anch’esso parametro
fissato.
6.3.3
Il picco del 0νββ ottenuto con la procedura di blinding
Avendo seguito la procedura di blinding dei dati illustrata nel paragrafo
3.8, si fa l’ipotesi che gli eventi contenuti nel picco centrato al Q-valore
provengano dal decadimento e non dal blinding stesso, pur sapendo che non
è cosı̀.
Fatta questa assunzione, il numero di eventi contenuti nel picco dipende
dal canale di provenienza degli eventi, secondo l’equazione:
N0νββ (C) = Γ · N130 T e · T (C) · ε(C)
(6.10)
dove:
• Γ è l’ampiezza del decadimento, un parametro che viene lasciato libero
nel fit;
• N130 T e è il numero di nuclei di 130 T e contenuti all’interno del singolo
canale, valutato a partire dalla massa del cristallo e dal peso atomico
dell’isotopo, utilizzando un opportuno fattore di scala, e tenuto fisso
nell’ambito del fit;
• T (C) è il tempo di esposizione del singolo canale, anch’esso parametro
fissato;
• ε(C) è l’efficienza totale di ciascun canale, altro parametro fisso del
fit, ottenuto come prodotto di tre diverse efficienze, una delle quali
dipendente dal canale, come verrà ampiamente descritto nel prossimo
paragrafo.
Il picco viene descritto da una Gaussiana(E, Q, σ(C)): nell’inizializzazione del fit essa viene centrata al Q-valore del decadimento, pari a Q =
2527.518 keV , che risulta un parametro fissato. La larghezza del picco, che
dipende dal canale, è anch’essa un parametro costante.
Nel seguito del capitolo verrà descritto come essa è stata ottenuta a partire dalla risoluzione; per ora si ricorda che sia il picco del segnale derivante
dal blinding, che quello del cobalto, hanno esattamente lo stesso valore di
σ(C) per ciascun canale.
90
Per concludere, ricordiamo che Ntot è il numero totale di eventi attesi
all’interno della ROI; esso non è altro che la somma, su tutti i canali, dei
numeri di eventi delle tre componenti della funzione di densità di probabilità:
X
Ntot =
Nf ondo (C) + N60 Co (C) + N0νββ (C)
(6.11)
C
6.4
L’efficienza dei tagli sugli eventi
Il primo passo per la realizzazione del fit è la scelta dei criteri con cui selezionare gli eventi: come descritto nel paragrafo 3.9, i tagli apportati alla
statistica sono giustificati dal tipo di segnale che si sta cercando.
Ovviamente è necessario stimare quale sia l’efficienza di tutti i tagli:
questo viene fatto utilizzando la procedura di estrazione dell’efficienza descritta nel Capitolo 3, basandosi sul numero di conteggi.
L’efficienza totale di selezione, per ciascun canale, è il prodotto di tre
diversi contributi, come anticipato nel precedente paragrafo:
ε(C) = εDET · εshape · εAC (C)
(6.12)
• l’efficienza di contenimento, εDET = (87.4±1.1)% [28], ovvero la probabilità che entrambi gli elettroni del decadimento 0νββ siano contenuti
all’interno del singolo cristallo;
• l’efficienza dei tagli di forma, εshape ;
• l’efficienza del taglio di anti-coincidenza, εAC (C).
L’efficienza di contenimento viene stimata con una simulazione Monte
Carlo in cui vengono generati alcuni decadimenti doppio beta, con la corretta cinematica, e uniformemente distribuiti in un cristallo, calcolando la
percentuale di quanti rilasciano l’intera energia del decadimento nel cristallo.
Con tagli di forma e taglio di anti-coincidenza si intendono quelli già
descritti nel paragrafo 3.9, che vengono brevemente ripetuti.
I tagli di forma
• N umberOf P ulses == 1
• T imeSinceEvent SameChannel > 3.1 ||
T imeSinceEvent SameChannel < 0
• T imeU ntilEvent SameChannel > 4 ||
T imeU ntilEvent SameChannel < 0
• OF T V L < 2.05
91
• OF T V R < 1.75
• abs(BaselineSlope) < 0.1
counts/keV
2615 keV fit
Entries
Mean
RMS
Integral
χ2 / ndf
p0
p1
p2
p3
220
200
180
160
140
120
100
80
1650
2614
11.26
1650
94.59 / 69
203.9 ± 7.8
2615 ± 0.1
2.69 ± 0.08
1.803 ± 0.179
60
40
20
0
2560
2580
2600
2620
2640
2660
Energy [keV]
counts/keV
2615 keV fit
Entries
Mean
RMS
Integral
χ2 / ndf
p0
p1
p2
p3
220
200
180
160
140
120
100
80
1523
2614
10.09
1523
91.03 / 85
198.3 ± 7.9
2615 ± 0.1
2.606 ± 0.076
1.534 ± 0.146
60
40
20
0
2560
2580
2600
2620
2640
2660
Energy [keV]
Figura 6.1: Il picco a 2615 keV per la stima dell’efficienza dei tagli di forma:
in alto, in blu, lo spettro totale; in basso, in rosso, lo spettro ottenuto con i
tagli di forma.
L’efficienza dei tagli di forma è stata stimata sul picco del 208 T l centrato
a 2615 keV , come rapporto dei conteggi selezionati dai tagli base 3 e di
base + f orma
forma, e di quelli selezionati dai soli tagli base (Figura 6.1):
.
base
A causa della poca statistica a disposizione, non è stato possibile condurre una stima canale per canale, e l’efficienza complessiva dei tagli di
forma è pari a εshape = (94.8 ± 3.6)%.
3
Si ricorda che i tagli base sono:
I tagli base
• IsSignal
• F ilter ReT rigger
• F ilter RejectBadIntervals
92
h
Entries
Mean
RMS
9
8
48
0.949
0.02671
7
6
5
4
3
2
1
0
0.86
0.88
0.9
0.92
0.94
0.96
0.98
1
AC Efficiency
Figura 6.2: La distribuzione delle efficienze di anti-coincidenza di tutti i 48
canali utilizzati.
Per l’efficienza del taglio di anti-coincidenza
• M ultiplicity OF T ime == 1
avendo utilizzato il più popolato picco del 40 K a 1461 keV , si è condotta una
stima dell’efficienza canale per canale. Stavolta il rapporto studiato è quello
tra gli eventi selezionati dal taglio di anti-coincidenza e quelli selezionati dai
base + f orma + anticoincidenza
tagli base e di forma:
.
base + f orma
I valori delle efficienze di anti-coincidenza per i diversi canali seguono la
distribuzione mostrata in Figura 6.2.
Come ulteriore controllo e confronto, è stata comunque calcolata l’efficienza di anti-coincidenza per tutti i canali insieme: essa risulta pari al
(94.7 ± 1.8)%, e risulta quindi in buon accordo con il valor medio della
distribuzione delle efficienze canale per canale.
In conclusione, secondo l’equazione (6.12), ogni canale ha assegnata la
propria efficienza totale di segnale, che viene inserita tra le informazioni
della categoria corrispondente. La distribuzione di tali efficienze è mostrata
in Figura 6.3.
93
h
Entries
Mean
RMS
8
7
48
0.7863
0.02213
6
5
4
3
2
1
0
0.7
0.72
0.74
0.76
0.78
0.8
0.82
0.84
Total Efficiency
Figura 6.3: La distribuzione delle efficienze totali di tutti i 48 canali utilizzati. Le singole efficienze sono state stimate sul picco del 208 T l a 2615
keV per i tagli standard e su quello del 40 K a 1461 keV per il taglio di
anti-coincidenza.
6.5
La risoluzione energetica
Come descritto nel paragrafo dedicato alla funzione di densità di probabilità,
uno degli ingredienti principali del fit della Regione di Interesse è la σ delle
due gaussiane, quella del picco del 60 Co e quella del picco costruito con la
procedura del blinding.
Le righe spettrali infatti, a causa di un limite intrinseco dei bolometri,
come avviene con qualsiasi tipo di rivelatore, vengono allargate dalla risoluzione
del rivelatore stesso, ovvero dalla sua capacità di risolvere le righe dello spettro. Tener conto della risoluzione è quindi indispensabile per condurre una
corretta analisi dei dati.
Nell’ambito del fit simultaneo, tale σ è in realtà una σ(C), ovvero uno
dei parametri diversi da categoria a categoria, nel caso specifico, da canale
a canale.
I 48 valori di σ da attribuire alle categorie derivano dai rispettivi valori
delle risoluzioni (F W HM ), a cui sono legati dalla già citata relazione:
F W HM = 2.354 · σ
(6.13)
La stima della risoluzione, canale per canale, è stata condotta sul picco
del 208 T l, centrato a 2615 keV : esso infatti è il più vicino alla Regione di
Interesse.
94
Figura 6.4: I fit sui picchi a 2615 keV per i canali 2-26, per tutta la statistica
analizzata.
95
Figura 6.5: I fit sui picchi a 2615 keV per i canali 27-52, per tutta la statistica
analizzata.
96
Volendo utilizzare la risoluzione come parametro diverso da categoria a
categoria, non è stato possibile basarne la stima sui run di fondo, in quanto essi non costituivano un sufficiente campione di statistica per un’analisi
canale per canale. Sono stati quindi impiegati i run di calibrazione.
La valutazione della risoluzione si è basata sul calcolo della F W HM di
ogni canale, per tutta la statistica analizzata, conducendo sul picco del tallio
un fit, con una funzione data dalla somma di una gaussiana e di un fondo
piatto. Dal risultato del fit, in particolare dal valore del parametro relativo
alla σ della gaussiana, si è poi calcolata la risoluzione.
Le Figure 6.4 e 6.5 mostrano i fit sui picchi a 2615 keV per tutti i canali:
i picchi contengono la statistica di tutti i 13 dataset analizzati.
In Figura 6.6, invece, è mostrata la distribuzione delle risoluzioni, espresse
in keV , di tutti i 48 canali di CUORE-0 utilizzati nell’analisi.
h
Entries
Mean
RMS
16
14
48
6.672
2.627
12
10
8
6
4
2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
FWHM [keV]
Figura 6.6: La distribuzione delle risoluzioni (FWHM, espresse in keV ) di
tutti i 48 canali utilizzati. Le risoluzioni sono state stimate sul picco del
208 T l a 2615 keV utilizzando i run di calibrazione.
6.6
L’esposizione dei canali
Nel paragrafo 3.10 è stata riportato il valore dell’esposizione totale relativa
ai 13 dataset analizzati nell’ambito di questa dissertazione.
Al fine di condurre un fit simultaneo per canale, è risultato necessario
calcolare il tempo vivo e l’esposizione di ciascuno dei canali.
Nel fit infatti, al momento dell’inizializzazione dei parametri in ingresso, ogni categoria viene caratterizzata dal valore dell’esposizione del canale
corrispondente, oltre che dall’efficienza e dalla risoluzione.
In Figura 6.7 è mostrata la distribuzione delle esposizioni, espresse in
kg(T eO2 ) · anno, per tutti i 48 canali di CUORE-0 utilizzati nell’analisi.
97
h
14
Entries
Mean
RMS
48
0.3674
0.03845
12
10
8
6
4
2
0
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
0.4
Exposure [kg*y]
Figura 6.7: La distribuzione delle esposizioni (espresse in kg(T eO2 ) · anno)
di tutti i 48 canali utilizzati.
E’ da ricordare che nella definizione del numero di eventi 0νββ riportata
nell’equazione (6.10), entra il numero di nuclei di 130 T e e non il peso in
kg di diossido di tellurio. Risulta dunque necessario inserire esposizioni che
abbiano le dimensioni di un tempo. Per questo motivo, i valori espressi in
kg(T eO2 ) · anno sono stati scalati in modo da essere espressi in termini di
nuclei · anno. La conversione si ottiene utilizzando la seguente formula:
MN =
MD
· a · M (130 T e)
M (T eO2 )
(6.14)
dove MN è la massa dei nuclei; MD = 48 · 0.750 g è la massa del rivelatore,
ovvero il peso di ogni cristallo moltiplicato per il numero di canali inclusi
nell’analisi; M (T eO2 ) = 159.6 g è la massa molare del T eO2 ; a = 34.2% è
l’abbondanza isotopica del 130 T e; M (130 T e) = 129.9 g è il peso atomico del
130 T e.
6.7
La macro per il fit simultaneo
Una volta terminati tutti i passaggi necessari ad ottenere gli ingredienti da
inserire nel fit, si è utilizzato il già citato Roofit per mettere a punto una
macro 4 con cui processare tutti i dati contenuti nei run di fondo dei 13
dataset riportati al paragrafo 3.10.
La macro, riportata in Appendice A, parte dalla definizione delle categorie, ognuna nominata a partire dal canale che la riempie.
Segue la lettura degli eventi e l’attribuzione di ognuno di essi alla categoria corrispondente al canale che lo ha registrato. Gli eventi vengono acquisiti
4
In informatica, il termine macro sta ad indicare una procedura, ovvero un insieme di
comandi o istruzioni, tipicamente ricorrente durante l’esecuzione di un programma. Le
macro consentono di ottenere una serie di operazioni con l’invio di un solo comando.
98
solo se passano la selezione descritta nel paragrafo 3.9: il numero totale di
eventi con i requisiti giusti è 151 eventi.
Insieme al valore dell’energia, si inseriscono nella categoria anche i valori
dell’efficienza, della risoluzione e dell’esposizione del canale, letti dai rispettivi file, opportunamente riempiti con i valori precedentemente ottenuti.
Alla base del fit simultaneo c’è la definizione di una funzione di densità
di probabilità, l’ormai nota modelP df , all’interno della quale, di categoria
in categoria, cambiano i parametri.
Come descritto nel paragrafo 6.3, di questi parametri, alcuni sono caratteristici della categoria, altri sono comuni anche alle altre categorie; alcuni
vengono fissati nell’inizializzazione, altri invece sono inizializzati, ma lasciati
liberi di variare. I parametri diversi da categoria a categoria sono:
• il numero di eventi di fondo piatto, parametro libero;
• il numero di eventi del picco del cobalto, parametro libero;
• il numero di eventi di segnale 0νββ, parametro libero;
• la σ del picco del cobalto e del picco ottenuto con il blinding, parametro
fissato;
• l’efficienza di selezione, parametro fissato;
• l’esposizione, parametro fissato.
Quelli invece che hanno un valore unico per tutti i canali sono:
• il valor medio del picco del cobalto, parametro libero;
• il valor medio del picco ottenuto con il blinding, parametro fissato;
• l’ampiezza del decadimento Γ, parametro libero.
Nel prossimo paragrafo vengono presentati e discussi i risultati che ha
portato il fit simultaneo condotto con la macro di Roofit.
6.8
I risultati del fit
La possibilità di analizzare la Regione di Interesse con un fit simultaneo,
permette di ottenere dei risultati relativi al singolo canale, acquisendo, in
questo modo, informazioni diversificate, che altrimenti, con un fit globale,
non si apprezzerebbero.
La Tabella 6.1 riporta i valori di inizializzazione e quelli restituiti dal fit
per i tre parametri comuni a tutte le categorie, quelli che, per consistenza
dell’analisi, non si è ritenuto opportuno diversificare.
99
Parametro
µ60 Co
Γ
Valore iniziale
Valore finale
2505.7 keV
0.568 · 10−24 anni−1
(2507.3+0.6
−0.8 ) keV
−24 anni−1
(0.529+0.109
)
−0.098 · 10
Tabella 6.2: I valori dei parametri comuni a tutte le categorie, lasciati liberi di variare nell’ambito del fit. La seconda
colonna riporta il valore di inizializzazione, la terza in valore
restituito dal fit.
N_Co [counts]
Il valore di inizializzazione del valor medio proviene da [32], mentre quello dell’ampiezza del decadimento è stato ricavato da un fit della Regione di
Interesse non simultaneo, condotto secondo le stesse linee guida presentate
in questo capitolo.
4
3
2
1
0
-1
0
10
20
30
40
50
Channel
Figura 6.8: Il numero di eventi contenuti nel picco del
canale.
60 Co,
in funzione del
Per quanto riguarda i parametri che dipendono dal canale, quelli inizializzati e vincolati a rimanere costanti sono l’efficienza di selezione, la
risoluzione energetica e l’esposizione, che sono state presentate nei paragrafi
precedenti e non vengono quindi discusse nuovamente in questa sede.
I parametri diversificati su cui invece è opportuno soffermarsi sono: il
numero di eventi contenuti nel picco del 60 Co e il numero di eventi di fondo
100
N_Flat [counts]
piatto all’interno della Regione di Interesse, riportanti, rispettivamente, in
Figura 6.8 e 6.9, in funzione del canale.
Per quanto riguarda il numero di eventi del cobalto, la statistica attualmente a disposizione non si è rivelata sufficiente ad evidenziare un legame tra
il valore dei conteggi nel picco e la disposizione dei cristalli nella torre. Quando la statistica sarà tale da avere un maggior numero di eventi, questa informazione canale per canale potrà aiutare a capire dove sia la contaminazione
che produce questa componente di fondo.
10
8
6
4
2
0
0
10
20
30
40
50
Channel
Figura 6.9: Il numero di eventi di fondo piatto nella Regione di Interesse, in
funzione del canale.
Per quanto riguarda i conteggi di fondo piatto, è stato realizzato, in
Figura 6.10, un istogramma con la loro distribuzione in funzione del piano
della torre di CUORE-0. Il quarto e il decimo piano riportano un livello
di fondo piatto ridotto in quanto, come illustrato nel Capitolo 3, sono stati
eliminati dall’analisi alcuni canali, che si trovano proprio su tali piani: è
quindi ovvio che i conteggi siano minori. Per quanto riguarda il resto dei
piani, l’istogramma non mostra una forte dipendenza dalla posizione nella
torre. Solo l’undicesimo piano presenta un maggior numero di conteggi
rispetto agli altri.
A partire dai conteggi di fondo piatto di tutti i canali, si è calcolato
l’indice di fondo complessivo, ovvero quale sia globalmente il livello del fondo raggiunto da CUORE-0 nella Regione di Interesse: esso risulta pari a
(0.057 ± 0.006) cont/keV /kg/anno. Se confrontato con l’indice di fondo
raggiunto da Cuoricino nella ROI, pari a (0.153 ± 0.006) cont/keV /kg/anno
[19], si è ottenuto un miglioramento di un fattore 2.5.
101
Figura 6.10: Il numero di eventi di fondo piatto nella Regione di Interesse,
in funzione del piano della torre di CUORE-0.
Discussi i risultati sulle varie componenti del fondo, resta da analizzare
il segnale. Si ricorda che l’equazione per valutare il numero di eventi di
segnale è:
N0νββ (C) = Γ · N130 T e · T (C) · ε(C)
(6.15)
Esso dunque risulta diverso per ciascun canale, essendo diverse l’efficienza
(ε(C)) e l’esposizione (N130 T e · T (C)).
Per ottenere il valore complessivo di tutti gli eventi contenuti nel picco
ottenuto con la procedura di blinding quindi, si è proceduto con una sommatoria su tutti i canali del prodotto dell’esposizione (espressa in nuclei ·
anno) per l’efficienza, moltiplicando poi il risultato per il comune valore
dell’ampiezza del decadimento restituita dal fit:
X
N0νββ = Γ ·
N130 T e · T (C) · ε(C) = 34.0 ± 6.6
(6.16)
C
In Figura 6.11 e in Figura 6.12, è mostrato il fit sullo spettro della ROI,
rispettivamente, non normalizzato e normalizzato per l’esposizione totale 5 .
Lo spettro mostrato nelle figure è lo spettro somma, ottenuto a partire
dagli eventi contenuti in tutte le 48 categorie, su cui è stata sovrapposta,
in rosso, la funzione di densità di probabilità, quella che è stata chiamata
modelP df nel resto del capitolo. Viene inoltre riportata, tratteggiata in blu,
una delle componenti di tale pdf , la funzione uniforme che descrive il fondo
piatto.
5
Si ricorda che l’esposizione totale per la statistica analizzata in questo capitolo è 17.63
kg(T eO2 ) · anno.
102
Counts/3 keV
Region Of Interest Spectrum
24
22
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560
2570
Energy [keV]
Figura 6.11: Lo spettro energetico nella ROI, in conteggi/3keV . La linea
rossa continua è la modelP df , la linea tratteggiata in blu è la funzione
uniforme che descrive il fondo piatto.
Counts/3 keV/kg/year
Region Of Interest Spectrum
0.5
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
2470
2480
2490
2500
2510
2520
2530
2540
2550
2560
2570
Energy [keV]
Figura 6.12: Lo spettro energetico nella ROI, normalizzato per l’esposizione
totale, in conteggi/3keV /kg/anno. La linea rossa continua è la modelP df ,
la linea tratteggiata in blu è la funzione uniforme che descrive il fondo piatto.
6.9
Le incertezze sistematiche
Comunemente, nel riportare la misura di una qualsiasi quantità misurata a
partire da un campione di dati, si associano ad essa due tipi di incertezze:
le incertezze statistiche e quelle sistematiche.
Le prime sono quelle incertezze che provengono da un conteggio, e che
possono quindi essere potenzialmente ridotte accumulando maggiore statistica.
103
Con sistematiche invece si intendono quelle incertezze che non dipendono
dall’operazione di conteggio, e che, conseguentemente, non possono essere
ridotte, pur aumentato il campione di eventi.
Sono dette sistematiche perché persistono al ripetersi della misura. Ciò
rende particolarmente difficoltoso determinarne l’entità.
Il fit simultaneo condotto sui dati di CUORE-0 è potenzialmente affetto
da diverse incertezze sistematiche.
Innanzitutto andrebbe considerata l’ampiezza della finestra in cui condurre il fit. Tuttavia, la scelta di allargarla solo fino a 100 keV intorno al
Q-valore, e di non spingersi quindi oltre i 2570 keV è dettata dalla presenza del picco centrato a 2585 keV dovuto ai raggi X che scappano dal
picco a 2615 keV . Questo picco infatti andrebbe incluso nel fit, andando a
complicare ulteriormente pdf .
Un’altra possibile fonte di incertezza sistematica è l’assunzione che si
è fatta di descrivere il fondo come piatto, con un polinomio di grado 0.
Si potrebbe provare, in una futura analisi, a descrivere il fondo con un
polinomio di primo grado per esempio, per verificare come cambino i risultati
del fit.
Nell’ambito delle incertezze sistematiche si possono includere anche le
incertezze su quei parametri della modelP df che vengono inizializzati e mantenuti costanti, quali ad esempio le efficienze e le risoluzioni dei canali. Un
possibile sviluppo del codice riportato in Appendice A potrebbe includere
l’informazione su tali incertezze grazie alla seguente procedura: invece di
fissare i parametri, come fatto in questa sede, essi si potrebbero inizializzare
e poi lasciar variare gaussianamente intorno al loro valor medio, con una
gaussiana che abbia come σ proprio l’incertezza sul parametro stesso.
Lo studio delle incertezze sistematiche è previsto in un futuro sviluppo
del fit.
104
Conclusioni
In questa dissertazione, partendo dall’iniziale descrizione del decadimento
doppio beta senza emissione di neutrini, si è fatta una rassegna di quale
siano stati i risultati ottenuti dalla ricerca scientifica in questo settore, e di
quali siano le prospettive degli esperimenti futuri.
In questo quadro generale prende posto il protagonista di questo lavoro, l’esperimento CUORE-0, di cui è stata presentata una dettagliata
descrizione.
La parte centrale della dissertazione è quella relativa all’analisi dei dati
di CUORE-0, sulla quale verte tutto il lavoro svolto.
In aggiunta all’analisi ufficiale, sono state sviluppate autonomamente
due ulteriori analisi delle coincidenze, con lo scopo di migliorare la riduzione
del fondo nella Regione di Interesse.
Il fine ultimo dell’analisi infatti è stato infatti condurre un fit in tale
regione dello spettro, per estrarre i risultati sul decadimento. Il fit portato
a termine è un fit simultaneo, per categorie, per il quale è stata utilizzata
la libreria Roofit. Per far questo è stata implementata la macro, scritta in
linguaggio C++, riportata in Appendice A.
I risultati ottenuti dalle analisi delle coincidenze e la macro per il fit
simultaneo vengono lasciati alla Collaborazione CUORE per futuri sviluppi
dell’analisi.
Per quanto riguarda le analisi delle coincidenze, esse sono state presentate alla Collaborazione CUORE, inizialmente in due distinte riunioni telefoniche sull’analisi dati di CUORE-0, e infine al Meeting della Collaborazione
CUORE presso i LNGS (Maggio 2014), sortendo diversi interessi.
Il codice per il fit simultaneo per categorie, invece, sarà utile, nel momento in cui si deciderà di sottoporre i dati alla procedura di unblinding,
per l’estrazione dei risultati finali.
105
Appendice A
Segue la macro scritta in linguaggio C++ per il fit simultaneo della Regione
di Interesse dello spettro di CUORE-0.
//standard include
#include "Riostream.h"
#include <algorithm>
#include <fstream>
#include <iostream>
#include <iomanip>
#include <map>
#include <string>
#include <sstream>
#include <vector>
#include <set>
#include <math.h>
#include <stdio.h>
//Root include
#include "TAxis.h"
#include "TArrow.h"
#include "TPaveText.h"
#include "TCanvas.h"
#include "TCut.h"
#include "TGraph.h"
#include "TH1D.h"
#include "TF1.h"
#include "TObjArray.h"
#include "TObjString.h"
#include "TString.h"
#include "TMath.h"
#include "TChain.h"
#include "TRandom3.h"
#include "TEntryList.h"
//Roofit include
106
#include "RooFit.h"
#include "RooGlobalFunc.h"
#include "RooAbsReal.h"
#include "RooRealVar.h"
#include "RooDataSet.h"
#include "RooGaussian.h"
#include "RooUniform.h"
#include "RooNLLVar.h"
#include "RooProfileLL.h"
#include "RooPlot.h"
#include "Roo1DTable.h"
#include "RooPolynomial.h"
#include "RooAddPdf.h"
#include "RooCategory.h"
#include "RooFitResult.h"
#include "RooWorkspace.h"
#include "RooSimWSTool.h"
#include "RooSimultaneous.h"
#include "RooArgSet.h"
#include "RooMappedCategory.h"
//Diana include
// include files below are needed only if the macro is being compiled with ACLiC
#if !defined(__CINT__) || defined(__MAKECINT__)
#include "TCanvas.h"
#include "TGraph.h"
#include "TFile.h"
#include "TAxis.h"
#include "TH2D.h"
// files below can be included only if diana-root.C has been executed,
// which sets the CUORE software include paths.
#include "QChain.hh"
#include "QHeader.hh"
#include "QPulseInfo.hh"
#include "QBaseType.hh"
#include "QRunDataHandle.hh"
#include "QGlobalDataManager.hh"
#include "QCoincidenceData.hh"
#include "QCountPulsesData.hh"
#include "QBool.hh"
#include "QVector.hh"
#include "QMatrix.hh"
#include "QTObjectHandle.hh"
#endif
107
using
using
using
using
using
using
using
using
using
using
using
using
std::cout;
std::endl;
std::ifstream;
std::map;
std::string;
std::stringstream;
std::vector;
std::set;
std::endl;
std::flush;
std::list;
std::ofstream;
using namespace Cuore;
using namespace RooFit;
void RooFitDBD(){
Cuore::QGlobalDataManager dm;
dm.SetOwner("DataManagerTest");
Cuore::QGlobalDataManager dmE;
dmE.SetOwner("DataManagerTestE");
Cuore::QGlobalDataManager dm2;
dm2.SetOwner("DataManagerTest2");
//*******************************************************************//
//
//
//
Define Observables and pdf
//
//
//
//*******************************************************************//
const Double_t E_min=2470.;
const Double_t E_max=2570.;
const Int_t Energy_bins = int(E_max-E_min);
RooRealVar energy("energy","Energy",E_min,E_max,"keV");
const Double_t AW(129.9); //atomic weight
const Double_t MW(159.6); //molar weight
const Double_t a(34.2); //isotopic abundance
const Double_t Te130MasstoNuclei = (a*AW)/MW; //from 130Te mass to 130Te nuclei
RooRealVar TotalExposure("TotalExposure","TotalExposure",17.6342); // kg*y
const Double_t exp_nuclei = 17.6342*Te130MasstoNuclei;
108
RooRealVar TotalExposure_nuclei("TotalExposure_nuclei","TotalExposure_nuclei",
exp_nuclei);
RooRealVar Exposure("Exposure","Exposure",0.,100.,"y");
RooRealVar Sel_eff("Sel_eff","selection efficiency",0.5,1.);
RooRealVar err_Sel_eff("err_Sel_eff","error on selection efficiency",0.001,1.);
RooRealVar GammaDB("GammaDB","Gamma DB",0.0,1.0,"10^{-24} y^{-1}");
RooFormulaVar numDB("numDB","DB yield","@0 * @1 * @2",
RooArgList(GammaDB,Sel_eff,Exposure));
const Double_t DB_peak= 2527.518;
const Double_t Co_peak= 2505.7;
RooRealVar numFlat("numFlat","numFlat",0,10,"counts");
RooRealVar numCo("numCo","numCo",0,10,"counts");
RooRealVar meanDB("meanDB","meanSig",DB_peak);
RooRealVar meanCo("meanCo","meanCo",Co_peak-5.,Co_peak+5.);
RooRealVar sigma("sigma","sigma of DB peak and Co peak",5.,"keV");
RooGaussian GDB("GDB","Signal",energy,meanDB,sigma);
RooGaussian GCo("GCo","Co line",energy,meanCo,sigma);
RooUniform Flat("Flat","flat bkg",energy);
RooAddPdf SUM("SUM","sum pdf",RooArgList(GDB,GCo,Flat),
RooArgList(numDB,numCo,numFlat));
//CATEGORIES(different resolution,exposure,efficiency,numFlat,numCo
//for different categories)
RooCategory channel("channel","channel number category");
char* name;
for(int k=1;k<53;k++){
if(k==1||k==10||k==43||k==49) continue;
name = Form("Channel_Number_%d",k);
channel.defineType(name);
}
//*******************************************************************//
//
//
//
Reading files
//
//
//
//*******************************************************************//
109
// Reading resolution file
QMatrix ResolutionsMatrix;
string Filename = "/cuore/user/marziomf/myanalysis/
resolution/ResolutionMedia.txt";
GlobalHandle<QMatrix> pHandle("resolutions");
dm.Get<QMatrix>("DataManagerTest",&pHandle,Filename);
if(pHandle.IsValid()) {
ResolutionsMatrix = pHandle.Get();
}
// Reading exposure file
QMatrix ExposuresMatrix;
string FilenameE = "/cuore/user/marziomf/myanalysis/
Exposure_AllChannels2.txt";
GlobalHandle<QMatrix> ppHandle("exposures");
dmE.Get<QMatrix>("DataManagerTestE",&ppHandle,FilenameE);
if(ppHandle.IsValid()) {
ExposuresMatrix = ppHandle.Get();
}
// Reading efficiency file
QMatrix EfficiencyMatrix;
string Filename2 = "/cuore/user/marziomf/myanalysis/
efficiency/EffTotal_AllChannels.txt";
GlobalHandle<QMatrix> pHandle2("efficiency");
dm2.Get<QMatrix>("DataManagerTest2",&pHandle2,Filename2);
if(pHandle2.IsValid()) {
EfficiencyMatrix = pHandle2.Get();
}
//*******************************************************************//
//
//
//
Build dataset from rootfile
//
//
//
//*******************************************************************//
RooDataSet data("data","data",RooArgSet(energy,numCo,numFlat,
sigma,Exposure,Sel_eff,channel));
TFile f("DoubleReduced_Nu2014_C.root");
TTree *qtree = (TTree*)f.Get("qReduced");
Int_t nentries = qtree->GetEntries();
110
Int_t Run, Channel;
Float_t Energy;
qtree->SetBranchAddress("Energy",&Energy);
qtree->SetBranchAddress("Channel",&Channel);
qtree->SetBranchAddress("Run",&Run);
for(Int_t ev=0;ev<nentries;ev++){
qtree->GetEntry(ev);
name = Form("Channel_Number_%d",Channel);
channel.setLabel(name);
energy.setVal(Energy);
QVector rowEff = EfficiencyMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,Channel);
Double_t eff = rowEff[1];
Sel_eff.setVal(eff);
QVector row = ResolutionsMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,Channel);
Double_t Sigma = row[1]/2.354; // from FWHM to sigma
sigma.setVal(Sigma);
QVector rowE = ExposuresMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,Channel);
Double_t exposure = rowE[1];
Exposure.setVal(exposure*Te130MasstoNuclei);
numCo.setVal(10);
numFlat.setVal(10);
data.add(RooArgSet(energy,numCo,numFlat,sigma,Exposure,Sel_eff,channel));
}
RooMappedCategory channelType("channelType","channel type",channel,"Cut based");
Roo1DTable* mtable = data.table(channel) ;
mtable->Print("v") ;
//*******************************************************************//
//
//
//
Fit
//
//
//
//*******************************************************************//
RooWorkspace w("w","w");
111
w.import(RooArgSet(SUM,channel));
// Look up RooArgSet
RooArgSet s(SUM,channel);
RooAbsArg* aptr = s.find("a");
RooSimWSTool sct(w);
RooSimultaneous* simPdf = sct.build("simPdf","SUM",
SplitParam("numCo,numFlat,Sel_eff,Exposure,sigma","channel"));
// Adjust Pdf_sim parameters in workspace
Double_t numCo_init=151. *(1-(9/10)*(Energy_bins-100)/100);
Double_t numFlat_init=151.*9/10*(1+(Energy_bins-100)/100);
w.import(TotalExposure_nuclei);
for(int ii=1;ii<53;ii++){
if(ii==1||ii==10||ii==43||ii==49) continue;
QVector row = ResolutionsMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,ii);
Double_t Sigma = row[1]/2.354;
w.var(Form("sigma_Channel_Number_%d",ii))->setVal(Sigma);
QVector rowE = ExposuresMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,ii);
Double_t exposure = rowE[1];
Double_t expNuclei = exposure*Te130MasstoNuclei;
w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->setVal(expNuclei);
w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->setConstant();
Double_t cobalt = numCo_init *
(expNuclei/(w.var("TotalExposure_nuclei")->getVal()));
w.var(Form("numCo_Channel_Number_%d",ii))->setVal(cobalt);
Double_t flatbg = numFlat_init *
(expNuclei/(w.var("TotalExposure_nuclei")->getVal()));
w.var(Form("numFlat_Channel_Number_%d",ii))->setVal(flatbg);
QVector rowEff = EfficiencyMatrix.GetRowByColumnIntValue(0,ii);
Double_t eff = rowEff[1];
w.var(Form("Sel_eff_Channel_Number_%d",ii))->setVal(eff);
w.var(Form("Sel_eff_Channel_Number_%d",ii))->setConstant();
}
w.var("GammaDB")->setVal(0.568391);
112
RooFitResult* fitResult = ((RooSimultaneous*)w.arg("simPdf"))->
fitTo(data,Extended(),Save(),Minos(),
RooFit::ConditionalObservables(w.argSet("channel")));
fitResult->Print("v");
// Obtain set of parameters
RooArgSet* params = simPdf->getParameters(energy);
// Write parameters to file
params->writeToFile("Fit_Parameters.txt");
Double_t fit_nDB=0,err_fit_nDB=0;
for(int ii=1;ii<53;ii++){
if(ii==1||ii==10||ii==43||ii==49) continue;
fit_nDB += (w.var(Form("Sel_eff_Channel_Number_%d",ii))->getVal()) *
(w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->getVal());
}
Double_t ndb = fit_nDB;
fit_nDB *= (w.var("GammaDB")->getVal());
err_fit_nDB = (w.var("GammaDB")->getError())* ndb;
cout << "NDB = " << fit_nDB<< " +- "<< err_fit_nDB<< endl;
Double_t fit_nFLAT=0,err_fit_nFLAT=0;
for(int ii=1;ii<53;ii++){
if(ii==1||ii==10||ii==43||ii==49) continue;
fit_nFLAT += (w.var(Form("numFlat_Channel_Number_%d",ii))->getVal())/
((w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->getVal())/Te130MasstoNuclei);
err_fit_nFLAT += ((w.var(Form("numFlat_Channel_Number_%d",ii))->getError())/
((w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->getVal())/Te130MasstoNuclei))*
((w.var(Form("numFlat_Channel_Number_%d",ii))->getError())/
((w.var(Form("Exposure_Channel_Number_%d",ii))->getVal())/Te130MasstoNuclei));
}
err_fit_nFLAT = sqrt(err_fit_nFLAT);
cout << "NFLAT = " << fit_nFLAT<< " +- "<< err_fit_nFLAT<< endl;
//*******************************************************************//
//
//
//
Make plots
//
//
//
//*******************************************************************//
113
w.import(TotalExposure);
TCanvas* c = new TCanvas("c","Region Of Interest Spectrum",900,400);
int nbins = 33;
RooPlot* Eframe = ((RooRealVar*)w.arg("energy"))->frame(Bins(nbins));
Eframe->GetXaxis()->SetTitle("Energy [keV]");
Eframe->GetYaxis()->SetTitle(Form("Counts/%d keV/kg/year",
int((E_max-E_min)/nbins)));
Eframe->SetTitle("Region Of Interest Spectrum");
Eframe->SetMinimum(1e-5);
data.plotOn(Eframe,Rescale(1./((w.var("TotalExposure")->getVal())*3.0)));
((RooAddPdf*)w.arg("simPdf"))-> plotOn(Eframe,ProjWData(channel,data),
LineColor(kRed),
RooFit::Normalization(1./((w.var("TotalExposure")->getVal())*3.0)));
((RooAddPdf*)w.arg("simPdf"))-> plotOn(Eframe,ProjWData(channel,data),
Components("Flat"),LineColor(kBlue),LineStyle(kDashed),
RooFit::Normalization(1./((w.var("TotalExposure")->getVal())*3.0)));
Eframe->GetYaxis()->SetRangeUser(0,0.5);
Eframe->Draw();
Eframe->Print("v");
c->SaveAs("FITnorm.pdf");
}
114
Ringraziamenti
Cinque anni fa iniziava un periodo movimentato e pieno della mia vita, che
si conclude oggi, con la stesura di questa tesi.
L’elenco delle persone a cui vorrei dire 00 grazie00 è molto lungo, e penso
che il miglior modo di cominciare sia ricordare la persona senza la quale
questa tesi non esisterebbe: la Dott.ssa Claudia Tomei. Claudia è stata la
prima a riporre in me tutta la fiducia che non pensavo nemmeno di meritare,
proponendomi di lavorare con lei all’analisi dei dati di CUORE-0. Abbiamo
lavorato insieme per tanti mesi, e non so dire quante ore lei abbia speso
accanto a me, insegnandomi con infinita pazienza come fare ogni cosa, correggendo tutti gli errori che inevitabilmente commettevo, controllando il mio
lavoro passo passo, e sostenendomi in ogni momento. Claudia è stata per me
una guida, un esempio e un punto di riferimento fondamentale. Non potrò
mai dimenticare l’estrema disponibilità, la grande competenza professionale
e la genuina simpatia con cui Claudia ha seguito il mio lavoro di tesi, dal
primo fino all’ultimo giorno.
Non posso certo non ricordare tutti i ragazzi della 00 baita00 , Filippo,
Gabriele, Nicola, Martina, Francesco, Laura, Emanuele e tutti gli altri, che
mi hanno accolta ed ospitata, che mi hanno fatto compagnia durante l’anno in cui ho lavorato a questa tesi. Tutti, nessuno escluso, non hanno mai
esitato a darmi una mano, bastava chiedere...
Vorrei ringraziare anche Marco Vignati e Fabio Bellini, che, insieme a
Claudia, hanno seguito il mio lavoro, dandomi sempre utili suggerimenti e
dimostrando di aver fiducia in me, permettendomi ad esempio di fare una
presentazione del nostro lavoro al Meeting della Collaborazione.
Lasciando Roma per un attimo, voglio ricordare due delle persone con
cui ho condiviso la settimana trascorsa ai Laboratori Nazionali del Gran
Sasso: Lucia Canonica e Marco Faverzani. Lucia, per avermi accolta e fatta
sentire subito a casa, anche se non ero mai stata ai laboratori; Marco, per
aver condiviso con me il turno da onsite shifter, insegnandomi con molta
pazienza tutte le procedure relative al monitoraggio della presa dati e al
115
mantenimento dell’apparato criogenico di CUORE-0. Tutto ciò che ho imparato in quella settimana ha certamente arricchito le pagine di questa tesi,
ma principalmente mi ha dato una grande opportunità di crescere.
Un ringraziamento particolare e di cuore va al Prof. Emilio Santoro,
conosciuto ai tempi della scuola e ormai diventato un caro e fidato amico.
Emilio è stato il catalizzatore della mia scelta di iscrivermi alla facoltà di
Fisica quando ero ancora al liceo, è stato il primo a credere in me e a pensare
che fossi adatta per questo tipo di studi, quando non ci credevo nemmeno
io stessa. In questi cinque anni, è sempre stato disponibile per me, mi ha
dato diversi consigli, ma soprattutto non ha mai smesso di farmi sentire il
suo sostegno e la sua fiducia: questo è stato davvero il suo più grande dono.
Penso che cinque anni cosı̀ impegnativi e lunghi non sarebbero passati
cosı̀ felicemente se non avessi avuto costantemente al mio fianco tanti amici
sinceri, con cui ho condiviso momenti indimenticabili e grazie ai quali ogni
giorno sono cresciuta un po’ di più.
I miei colleghi di corso, Simone, Francesco, Peter e Guido, per avermi
accolto nella loro banda di maschi e aver sopportato i cuoricini che inserivo
nelle nostre 00 serie00 conversazioni!
Gli 00 amici dell’università00 , Valeria, Ronci, Silvia, Damiano e Daniel, per
tutto il tempo passato insieme, tra un pranzo a mensa e un pomeriggio di
follia in laboratorio.
Il mio compagno di studi, Federico, con cui per cinque anni ho passato
interminabili ore davanti a problemi che sembravano irrisolvibili e che poi,
con qualche 00 dogma00 qua e là, alla fine risolvevamo.
Marta, incontrata la prima volta durante una noiosa lezione di geometria,
conosciuta meglio negli interminabili viaggi sul 3 delle 8.37 e poi diventata,
giorno dopo giorno, una parte insostituibile del mio cuore.
Le mie adorate Tonne, Picci, Olivia, Lallina e Micky, compagne di viaggi,
di balletti, di cenette e di serate cineforum all’insegna della demenza (che
ogni tanto fa bene).
Le amiche di una vita, Silvia e Carlotta, che nonostante ogni tanto
sparisca per giorni, non smettono mai di volermi bene e di cantarmene quattro quando è necessario, sapendo chi sono e cosa penso solo guardandomi
negli occhi.
Ad accompagnarmi in questi anni e durante quest’ultimo passo della mia
avventura universitaria, oltre a tutte le persone che ho ricordato finora, c’è
stato qualcun altro... coloro ai quali è dedicato questo mio lavoro, la mia
stupenda famiglia.
I miei zii, Alessandro e Antonio, che da sempre mi coccolano e mi viziano;
i miei quattro nonni, che mi hanno insegnato tanto raccontandomi le loro
116
storie e che si sono sempre presi cura di me, con un affetto e una pazienza
unici.
La mia sorellina Alessandra, che ormai tanto -ina non è più, mia compagna di vita da quando è nata fino ad oggi, con la complicità che può legare
solo 00 due rami dello stesso albero00 .
Lui, il ragazzo che ha fatto breccia nel mio cuore piano piano, con la
sua semplicità, il suo essere dolce e premuroso, il suo modo unico di farmi
sentire speciale. In questi cinque anni c’è sempre stato, prima come amico,
poi come qualcosa di più, non smettendo mai di tenermi la mano dovunque
andassi e qualsiasi cosa facessi. Mio amico, mio complice, mio compagno e
mio rifugio... in una parola, Gianluca.
E poi ci sono loro, i miei genitori, Carlo ed Antonia, due persone uniche
e magnifiche, che mi hanno insegnato tutto quello che so sulla vita, che mi
hanno amato e sostenuto con tutto se stessi, senza mai risparmiarsi, che
mi hanno mostrato con il loro esempio quanto sia importante nella vita
combattere, fino alla fine e con tutte le proprie forze, fino a sconfiggere
persino la morte... a loro devo, semplicemente, tutto.
117
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