COMITATO ETICO per la PRATICA CLINICA

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COMITATO ETICO per la PRATICA CLINICA
COMITATO ETICO
per la
PRATICA CLINICA
LA TRASFUSIONE DI SANGUE: ASPETTI BIOETICI
Documento approvato nella seduta del 25 settembre 2008
1 - Principi generali
1.1 Poiché l’emotrasfusione non è esente da rischi, prima di effettuarla il medico è tenuto ad
adottare tutte le strategie terapeutiche utili ed indicate ad evitare o ridurre l’impiego di sangue
e/o emoderivati (autodonazione, emodiluizione isovolemica intra-operatoria, recupero del
sangue intra e post-operatorio, trattamento preventivo con EPO + ferro, soglia trasfusionale).
1.2 La trasfusione di sangue e/o emoderivati è un trattamento sanitario (non obbligatorio), che
richiede l’acquisizione del consenso informato del paziente in forma obbligatoriamente scritta
(D.M. 03/03/2005, art. 11). A prescindere dal fatto che sia stato espresso un valido consenso, il
medico è tenuto comunque ad agire secondo quanto indicato al punto n. 1.1 del presente
documento.
1.3 All’inizio e durante tutto il decorso dell’iter clinico, il medico deve informare il paziente
sulla terapia scelta e sui suoi limiti, sulle alternative terapeutiche e sui loro limiti, e
sull’evoluzione clinica.
2 - Il rispetto delle volontà del paziente maggiorenne e consapevole
2.1 Il paziente, maggiorenne e consapevole, può legittimamente rifiutare per qualsiasi
motivazione il proprio consenso alla trasfusione. In tal caso, il medico non può e non deve
eseguire trasfusioni di sangue e/o emoderivati contro la volontà liberamente espressa da un
paziente competente e consapevole, neppure in caso di pericolo di vita in atto. Il rispetto del
consapevole rifiuto non contrasta, sul piano etico e deontologico, col generale dovere del
medico di preservare l’integrità della persona.
2.2 Il rifiuto può essere revocato in ogni momento. In mancanza di espressa revoca, l’efficacia
del rifiuto manifestato da un paziente competente e consapevole non viene meno per la
sopravvenuta perdita dello stato di coscienza, sia indotta con anestesia che secondaria
all’anemizzazione.
2.3 L’esecuzione dell’emotrasfusione contro la volontà del paziente è eticamente e
deontologicamente scorretta e, alla luce delle più recenti acquisizioni dottrinali e
giurisprudenziali, può considerarsi illecita anche sul piano giuridico.
3 – Eticità dell’intervento medico
3.1 La disponibilità a procedere, nonostante le limitazioni imposte dal rifiuto del trattamento
trasfusionale, deve essere esplicitata dai sanitari che effettuano l’intervento chirurgico. Non è
accettabile che, una volta assicurato il paziente in tal senso, l’intervento sia poi condotto da
altri medici che non si considerano vincolati al rispetto del precedente accordo.
3.2 In caso di chirurgia elettiva o comunque differibile, i medici hanno il diritto di rifiutare
l’esecuzione dell’intervento chirurgico se ritengono che l’impossibilità di effettuare la
trasfusione comporti un rischio operatorio non accettabile o non gestibile.
4 - Il paziente maggiorenne non in grado di esprimere la propria volontà
4.1 Di fronte a paziente maggiorenne già in stato d’incoscienza o comunque non in grado di
esprimere la propria volontà, il medico è libero di intervenire in scienza e coscienza tenendo
conto delle precedenti volontà espresse dal paziente (Codice di deontologia medica, art. 55;
Convenzione di Oviedo, art. 9). L’opinione dei congiunti, non legittimati a rappresentare il
maggiorenne incapace, può avere valore come testimonianza rafforzativa del rifiuto
precedentemente espresso dal paziente.
5 - Il paziente minorenne
5.1 Particolare attenzione merita il caso del paziente minore. In passato, non di rado, il minore
veniva considerato culturalmente, socialmente, e altresì giuridicamente, come persona incapace
di manifestare un’autonoma volontà. Allo stato attuale, invece, al minore viene riconosciuta una
sua propria capacità di discernimento, per cui egli ha diritto di partecipare attivamente alle
decisioni che lo riguardano, compatibilmente con l’età e con il grado di maturità raggiunto
(Nazioni Unite, Convenzione sui diritti dell’infanzia, 1989; Consiglio d’Europa, Convenzione
europea sull’esercizio dei diritti dei minori, 1996). Il medico, dunque, non può esimersi
dall’informare, ascoltare, rispettare, la volontà del minore stesso, cercando la sua personale
adesione alle terapie.
5.2 Il rifiuto all’emotrasfusione da parte di chi ha la rappresentanza legale del paziente minore
(genitori o tutore) va sempre considerato con rispetto, dovendosi primariamente perseguire
l’obiettivo di una decisione consapevole e condivisa. È dovere etico del medico, tuttavia,
esperire tutti i tentativi volti a rendere consapevoli i genitori o il tutore dei rischi derivanti da un
eventuale rifiuto, al fine di evitare di mettere in pericolo la vita del paziente o di ricorrere
all’autorità giudiziaria.
5.3 Persistendo il rifiuto dei legali rappresentanti, il medico, qualora ritenga l’emotrasfusione
indispensabile per la salvaguardia della vita del minore, dovrà tempestivamente segnalare la
situazione di conflitto all’Autorità Giudiziaria per gli opportuni provvedimenti, informando del
ricorso i legali rappresentanti del minore.
5.4 In caso di emergenza, qualora reputi che il tempo necessario al pronunciamento
dell’Autorità Giudiziaria non sia compatibile con la salvaguardia della vita del minore, è dovere
etico del medico agire secondo coscienza per il miglior interesse del paziente, e quindi anche di
praticare l’emotrasfusione nonostante il rifiuto espresso dai legali rappresentanti dello stesso
(art. 37 CDM).