R Italia da raccontare nell`isola del cinema
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R Italia da raccontare nell`isola del cinema
IV L’UNIONE SARDA RASSEGNE »» ESTATE Spettacoli martedì 22 luglio 2008 CALAGONONE FESTIVAL Italia da raccontare nell’isola del cinema Gomorra chiude il festival di Tavolara L’attrice: «Io e i ragazzi di Scampia» Mare e Miniere, dagli Avion Travel a Cammariere Dave Murray e il suo sassofono dai mille colori “M are e Miniere” riparte (con un po’ di ritardo, per motivi tecnici e logistici) alla riscoperta dei luoghi, dei sapori e delle tradizioni del Sulcis Iglesiente. Dieci i Comuni coinvolti in un cartellone che prevede numerosi eventi a ingresso gratuito, dal 20 luglio al 7 settembre (rassegna cinematografica e serate di “Cinema d’autore” in compagnia di attori e registi, mostre e degustazioni enogastronomiche e quattordici concerti con artisti di respiro nazionale e internazionale) in palcoscenici naturali come la Terrazza Exba di Buggerru, Porta Leone e la Tonnara a Carloforte, il piazzale Villamarina della Miniera di Monteponi a Iglesias, la Piazza del Nuraghe di Sant’Anna Arresi, il giardino impreziosito da ulivi antichi “S’Olivariu” di Gonnesa, l’Arena Fenicia di Sant’Antioco, S’Ortu Mannu, il parco storico di Villamassargia, che ospita circa 700 ulivi risalenti al 1300, Monte Sirai, il parco Archeologico di Carbonia con l’insediamento di età fenicio-punica, la miniera Pozzo Gal ad Arbus e la Miniera di Montevecchio di Guspini. La direzione artistica è sempre affidata a Mauro Palmas, musicista e autore di spicco della musica sarda. Dopo le anteprime, con Stefano Benni, Pierfrancesco Loche e Gianni Usai a Carbonia ed Enrico Pitzianti a Sant’Anna Arresi, la rassegna entrerà nel vivo lunedì prossimo, 28 luglio, a S’Ortu Mannu di Villamassargia. Protagonista, Omaggio a Fiorenzo Serra, film-concerto dedicato al grande regista-documentarista di Porto Torres commentato dal vivo dalle musiche del clarinettista Fabio Furia e del contrabbassista Mario Bruni. Fra gli appuntamenti successivi, di cui daremo notizia al loro approssimarsi, si segnalano i concerti di Radiomondo, progetto di Marizio Camardi e Patrizio Fariselli (11 agosto, Arena fenicia di Sant’Antioco), Avion Travel (14 agosto, Sant’Anna Arresi, piazza del Nuraghe), Argyrophleps Nesos (il nuovo progetto del chitarrista Marcello Peghin, il 19 agosto a Gonnesa), l’Orquestra tipica di Alfredo Marcucci e il suo tango argentino (22 agosto, a Caroloforte), il quintetto jazz di Riccardo Lay (27 agosto, Sant’Antioco), Patrizia Laquidara (30 agosto, Buggerru), Sergio Cammariere (nella foto, 3 settembre, Arbus, con Fabrizio Bosso alla tromba). Concerti, incontri su cinema e letteratura, mostre S Piera Detassis e Neri Marcorè a Tavolara. Foto Antonio Satta R acconta Roberto Saviano nel suo libro che le paranze, i killer della camorra, mentre vanno ad uccidere si sparano nelle cuffiette dell’i-pod le canzoni d’amore. E la proiezione di Gomorra, domenica nella serata conclusiva di Una Notte in Italia, a Tavolara, è lanciata proprio da una canzone d’amore che non poteva che essere vicino ’o mare. Accennata da Maria Nazionale, cantante popolare prestata al cinema, e ripresa dalla sua conterranea Luisa Ranieri, madrina del festival. Una cosa casuale, uno dei tanti giochi lanciati da Neri Marcorè, perfetto equilibrista dell’ironia intelligente. Ma anche un piccolo simbolo delle tante facce di Napoli. Maria Nazionale, per esempio, è una cantante di musica popolare napoletana ma è anche uno dei volti del film di Matteo Garrone. Moglie di un camorrista in carcere e madre di un ragazzo di camorra che ha cambiato clan, nella storia è vittima di un agguato. «Ho accettato subito di partecipare a questo film che ha il coraggio di raccontare il mondo in cui viviamo senza maschera». racconta: «Non credo che la storia raccontata da Saviano nel libro e da Garrone nel film sia solo una faccenda che riguarda Napo- li. Penso che riguardi tutti». L’attrice racconta di non aver colto un clima di tensione durante le riprese. «Io sono conosciuta soprattutto come cantante, quindi molte persone si avvicinavano per questo, cantavano le mie canzoni. Certo a Scampia c’è una realtà dura e si vede. Mi hanno colpito le ragazze, giovanissime eppure già vecchie, col destino segnato. Nel nostro gruppo, poi, c’era entusiasmo, eravamo consapevoli di fare una grande esperienza». Piera Detassis, direttore artistico di Tavolara e coordinatrice del festival di Roma, ha amato molto sia Gomorra che Il Divo. «É un cinema che racconta il paese senza fronzoli, con aggressività linguistica e linguaggio moderno, spiega - Gomorra è girato come un thriller, Il Divo io lo vedo come un’opera rock, una sorta di The wall, non tanto un film su Andreotti ma un film sul potere». Moderni e internazionali, ma in qualche modo eredi del miglior Maria Nazionale al festival di Tavolara (A. S.) neorealismo. «Garrone, per esempio, è stato bravissimo a scegliere i suoi attori, quelle facce così disperate e maleducate che ricordano Pasolini». Un successo forse atteso, quello di Cannes prima e del botteghino poi, ma non in queste proporzioni. «Sicuramente un bel segnale. Gomorra, al di là dell’innegabile spinta data dal successo lettterario del libro di Saviano, è riuscito a intercettare un pubblico che ha voglia di vedere un film - non ideologico - che racconta l’Italia». Il festival di Tavolara va in archivio anche per quest’anno con la sua edizione forse più riuscita. Le stime di Marco Navone, infaticabile organizzatore, parlano di diecimila spettatori nelle sei giornate. Un parterre mai così nutrito e anche il trailer anteprima per il film di Ferzan Ozpetek Un giorno perfetto che andrà quasi certamente alla Mostra di Venezia. «In quest’anno di grande successo per il cinema italiano ci tenevamo a organizzare un’edizione speciale», conclude Piera Detassis: «Ci fa particolarmente piacere che chi è stato qui negli anni bui del nostro cinema mantenga questo rapporto di affetto e torni sempre a trovarci. Del resto Tavolara è così e deve restare così: prima che un festival, una comunità di persone». CATERINA DE ROBERTO pesso si dice che le difficoltà, se non abbattono, fortificano. Il carisma, la forza d’animo e l’estro di Dave Murray, sono ben conosciuti ma dopo il concerto che ha chiuso in bellezza la ventunesima edizione del Calagonone jazz sono emerse anche altre due caratteristiche del talentuoso sassofonista americano: la tenacia e lo spirito non comune di adattamento, che a molte star mancano. Arrivato a poche ore dall’inizio dello spettacolo del Black Saint Quartet (David Murray al sax tenore e clarinetto basso, Lafayette Gilchrist al piano, Jaribu Shahid al contrabbasso, Hamid Drake alla batteria) Murray non si è scoraggiato di fronte ai disagi da jet lag e (soprattutto) ai disservizi aeroportuali. Davanti alla mancata consegna di bagagli e strumenti al seguito, al maestro non è rimasto che far di necessità virtù. Persi i vestiti di scena, per il concerto il sassofonista ha indossato una t-shirt bianca, con una stampa che inneggiava a chiare lettere al candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama. Un abbinamento tra musica e politica ripetuto a gran voce durante il concerto per dichiarare la sua chiara scelta di campo. Ma soprattutto, Dave Murray ha dovuto lasciare all’aeroporto il suo clarinetto basso (non gli è stato consegnato in tempo), uno strumento capace di emettere un suono dolce e raffinato. Impossibile, malgrado gli sforzi fatti al fotofinish dagli organizzatori di Intermezzo, reperirne uno nel giro di poco tempo. Poco male: Murray, cinquant’anni compiuti e 230 incisioni alle spalle, ha costretto il suo sax dai mille colori a fare gli straordinari. Il risultato è stato di altissimo livello. Molti dei brani eseguiti erano tratti dall’album Sacred Ground, edito nel 2007 e considerato, nelle classifiche delle riviste specializzate americane, tra i migliori dieci dell’anno. Si parte con Transition, un pezzo d’ispirazione post-bop caratterizzato da una buona velocità. Poi spazio a una classica composizione di Murray, Believe in love, basata su strutture ritmiche molto forti della rumba. Una dimensione in cui trovano ampio spazio, al piano e alla batteria, due autentici virtuosi come Lafayette Gilchrist e Hamid Drake. Prima del gran finale, con il pubblico tutto in piedi per il tributo a uno dei mostri sacri del jazz, c’è il blues Prophet of doom. Chiusura con Family reunion, sorta di soul-jazz del terzo millennio. Strumenti bloccati in aeroporto: concerto senza il clarinetto LUCA URGU