Grigioverde

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Grigioverde
ESERCITO ITALIANO
esercito
Grigioverde
e altri colori
voco, cioè che il nostro esercito arruolasse soldati stranieri. Vogliamo
ribadirlo una volta per tutte: nei
nostri reparti non esistono stranieri,
i nostri soldati sono tutti cittadini
In un’Italia multietnica, anche nell’esercito
italiani. Magari sono nati all’estero,
ci sono sempre più militari di origine straniera.
magari sono figli di stranieri, ma chi
Quali problemi pone questo fenomeno? E come
si arruola ha sempre il passaporto
può aiutare l’integrazione? In occasione della
italiano. La legge italiana non preFesta delle forze armate lo abbiamo chiesto
vede la possibilità che uno straniero
ai nuovi connazionali che vestono la divisa
si arruoli e ottenga la cittadinanza
Enrico Casale
leghi di origine straniera: immigrati grazie al servizio militare».
di seconda generazione o stranieri Sotto questo aspetto le nostre forze
iscriminazioni? No, nes- che hanno preso la cittadinanza o, armate sono diverse da quelle di altri
suna. Qui l’origine e il ancora, ragazzi stranieri adottati da Stati europei. In Gran Bretagna, per
colore della pelle non coppie italiane. Un esercito già oggi esempio, dal 1815 vengono arruolati
contano nulla. Contano solo le tue multietnico, ma che con il tempo i soldati nepalesi di etnia gurkha.
capacità e la voglia di lavorare insie- è destinato a diventarlo ancora di Ancora oggi, periodicamente, i reme agli altri». Il capitano Edmondo più, sotto la pressione dei flussi mi- clutatori dell’esercito britannico si
recano nelle vallate neTito è sicuro: nell’esercito italiano gratori.
non ci sono razzismo o distinzioni
«Nei nostri reparti palesi per selezionare i
giovani che entreranno
basate sulla provenienza. Lui, 37 BATTAGLIONI
non esistono
anni, di origine senegalese, insieme MULTIETNICI
stranieri, i nostri nelle fila della Brigade
ad altri 1.500 militari, rappresenta «In questi anni - sottoli- soldati sono tutti of Gurkhas (che ha sede
in Gran Bretagna e conl’avanguardia di un esercito nuovo neano gli ufficiali dello cittadini italiani.
in cui, a fianco dei soldati di origine Stato maggiore -, si è Magari sono nati ta su 2.500 uomini). I
reparti di questa brigata
italiana, ci saranno sempre più col- però diffuso un equi- all’estero o sono
«D
46 Popoli novembre 2010
figli di stranieri,
ma chi si arruola
ha il passaporto
italiano»
Un gruppo di militari di origine straniera
posano per il calendario dell’esercito 2010.
hanno un’altissima specializzazione nere il caudillo. Con l’avvento della
che ne fanno unità d’élite impiegate democrazia, i suoi reparti hanno
dallo Stato maggiore britannico nel- continuato ad arruolare stranieri,
le operazioni più delicate e rischiose. ma in numero sempre inferiore. FiAttualmente sono impegnati in Af- no al 1987 quando venne bloccato
ghanistan, in Iraq e nei Balcani. I l’arruolamento di stranieri e anche
gurkha non ottengono la cittadinan- il nome è stato anche cambiato in
za inglese e, fino ad alcuni anni fa, Legione spagnola. Dopo la fine della
avevano anche stipendi inferiori a coscrizione obbligatoria (1999), la
quelli dei loro commilitoni. Grazie a Spagna però è tornata ad arruolare
una storica causa legale intentata da stranieri, ma solo se provenienti da
alcuni gurkha al governo britannico, Paesi ispanofoni. Oggi i legionari
nel 1997 sono riusciti a farsi rico- sono circa cinquemila. I loro regginoscere lo stesso livello retributivo, menti hanno sede in Andalusia e a
anche se le loro pensioni sono ancora Ceuta e Melilla (le due enclave spapari a 1/3 rispetto a quelle dei soldati gnole in Marocco). Il contratto è di 2
o 3 anni, al termine del quale si può
britannici.
Anche la Francia continua ad ar- chiedere la cittadinanza spagnola.
ruolare stranieri nella celeberrima
Legione. Nata nel 1931, è strutturata INTEGRAZIONE POSSIBILE
su 11 reggimenti, per complessivi Non è facile censire i soldati italiani
7.700 uomini tra ufficiali, sottuffi- di origine straniera. Molti di essi sono
nati in Italia da genitori
ciali e soldati di truppa.
stranieri e quindi hanno
Conta alcune delle mi- «Una volta
cognomi stranieri facilgliori unità dell’eserci- sfilando
mente riconoscibili, ma
to, che sono impegnate a Cuneo
altri sono nati all’estero
su alcuni dei fronti più con il mio
da genitori che avevano
caldi: Afghanistan, Co- reggimento
lontane origini italiane
sta d’Avorio, Gibuti, ecc. una signora
o sono stati adottati da
Chi si arruola nella Le- ha esclamato:
coppie italiane e quindi
gione firma un contrat- “Toh c’è
hanno cognomi italiani.
to di 5 anni al termine una negretta
«Quando si dice che siadel quale può chiedere fra gli
mo circa 1.500 - spiega
la cittadinanza france- alpini!”»
il capitano Tito - si tratse. «La Legione stranieta di una cifra sottostira - spiegano all’ufficio
mata. In realtà già oggi
stampa - è il modo con
il quale le forze armate interpretano potremmo essere molti di più. Ad
la politica di accoglienza e di inte- ogni modo l’esercito del futuro sarà
grazione della Francia. Autorizzata multietnico e dovrà sempre più fare
a reclutare stranieri, la Legione deve i conti con componenti di origine
far convivere, compattare e “rendere diversa. Ma le forze armate sono
omogeneo” un mosaico umano molto preparate a questo compito». In effetti, dall’unità d’Italia (1861) in poi,
vario».
Sul modello francese era stata strut- sono sempre state uno strumento di
turata anche la Legione straniera integrazione delle diverse compospagnola. Nata nel 1920, arruolava nenti del Paese. I ragazzi meridiostranieri per impiegarli nelle colonie nali venivano mandati nei reparti al
spagnole in Africa: Marocco, Cana- Nord per conoscere meglio le regioni
rie e Sahara occidentale. La Legione settentrionali e l’inverso accadeva
si schierò a fianco dei franchisti per i ragazzi del Nord. «L’esercito
durante la guerra civile e negli anni - spiegano all’ufficio stampa dello
del regime non mancò mai di soste- Stato maggiore - ha svolto in modo
egregio questo compito di integrazione. Certo, le forze armate di leva,
coinvolgendo molti più ragazzi di
quanto non faccia quello professionale, erano
uno strumenPer i soldati di
to eccezionaorigine straniera
le per unire
non sono previsti
il Paese. Ma
percorsi diversi.
anche le forze
Tutti partecipano
armate attuali
agli stessi iter
possono aiuformativi e, a
tare a creare
seconda delle
quell’amalgaattitudini, vengono
ma che spesso
inviati ai diversi
fuori dalle careparti
serme è difficile si crei».
Per i soldati di origine straniera non
sono previsti trattamenti o percorsi
professionali diversi. Tutti partecipano agli stessi iter formativi e, a
seconda delle attitudini e caratteristiche fisiche, vengono inviati ai diversi reparti. Ci sono «stranieri» nei
bersaglieri, nei paracadutisti, negli
alpini. Non esistono neppure limita-
SUI BANCHI
L’Accademia
parla straniero
D
a anni, gli istituti di formazione dell’esercito accolgono studenti stranieri. Sono
militari di altri Paesi che, grazie a intese con
lo Stato italiano, possono frequentare i corsi
dell’Accademia militare di Modena, della
Scuola di applicazione di Torino e dell’Istituto di studi militari di Roma.
Anche se frequentano istituti gestiti dall’esercito italiano, questi militari non vengono arruolati nelle nostre forze armate. Tanto è vero che,
pur indossando uniformi italiane, non portano le stellette (simbolo delle nostre forze
armate) né distintivi dei nostri reparti.
Nell’anno accademico 2010-2011 sono
iscritti 23 allievi ufficiali stranieri all’accademia di Modena e 36 ufficiali stranieri alla
Scuola di applicazione e all’Istituto di studi
militari. Provengono da Afghanistan, Albania, Armenia, Azerbaijan, Giordania, Iraq,
Mauritania, Mongolia, Niger, Senegal, Serbia
e Thailandia.
novembre 2010 Popoli 47
esercito
I soldati di origine straniera prestano
servizio anche nei reparti speciali. A
destra, un paracadutista e un’alpina.
zioni alla carriera. Ci sono «stranieri» tra gli ufficiali (non ancora tra
i generali, ma c’è qualche ufficiale
superiore), i sottufficiali e la truppa.
Tutti, se ritenuti idonei, partecipano
alle missioni all’estero. «Ho partecipato a numerose missioni - spiega il
capitano Tito -: sono stato in Bosnia,
Kosovo, Libano e Afghanistan. Tutte
esperienze indimenticabili».
«Tra vent’anni
Lo stesso entul’esercito sarà
siasmo di Vivian
sempre più
Peña, colombiamultietnico
na di origine,
e diventerà
oggi
caporalun’importante
maggiore
del
agenzia
2° reggimento
di socializzazione
alpini di Cuneo.
al pari
«Ho partecipadella scuola e
to a missioni in
della famiglia»
Afghanistan e in
Kosovo - ha dichiarato in un’intervista a un quotidiano -. All’estero
nessun problema con i colleghi. Mai.
Però una volta, sfilando a Cuneo
con il mio reggimento, una signora
ha esclamato: “Toh c’è una negretta
fra gli alpini!”». Le discriminazioni
arrivano più dalla vita civile che
non nelle caserme. «Solo una volta
mi sono sentito veramente discriminato - ricorda Tito -. Ero a Perugia
e non ero ancora sposato. Con un
collega ci presentammo in borghese
da una signora per chiedere una
stanza in affitto: a lui la diedero, a
me no». «Discriminazioni razziali?
Non ne ho mai subite - dice Gailson
Silva Lopes, originario di Capoverde
e paracadutista della Brigata Folgore
-. Solo qualche sfottò quando giro a
Pisa con la divisa da parà».
L’esercito del futuro riuscirà a gestire
questa multietnicità? «Tra vent’anni
- spiegano gli ufficiali dello Stato
maggiore - l’esercito sarà sempre
più multietnico e diventerà un’importante agenzia di socializzazione
al pari della scuola e della famiglia.
Il forte legame tra esercito e Paese
(valore cardine delle forze armate)
e la necessità di prestarsi mutua
assistenza tra commilitoni rappresentano un collante che spazzerà via
qualsiasi barriera all’integrazione. La
multietnicità è un fattore di crescita
e l’esercito si deve adeguare, senza
traumi, all’andamento della società.
In questo senso, i soldati di origine
straniera non sono altro che una
presa di coscienza dell’andamento
della nostra società. E certamente
saranno un arricchimento per tutti
noi».
STORIA
Ascari, i soldati coloniali fedeli al tricolore
I
n passato, soldati di origine non italiana hanno servito nei reparti
delle nostre forze armate. Stiamo parlando delle truppe coloniali
che, a dispetto della vulgata comune che li dipinge come poco fedeli
all’Italia e incapaci di combattere, si distinsero in più occasioni per
coraggio e attaccamento al nostro Paese.
Inizialmente i comandanti non erano propensi ad
arruolarli. Quando però le nostre truppe arrivarono
in Africa, gli ufficiali si resero conto che le difficili
condizioni ambientali mettevano fuori gioco i soldati
italiani. Fu così che, nel 1885, vennero arruolate
le milizie locali che fino ad allora avevano servito
i governatori turchi. Nel 1887, gli ascari (soldati in
arabo, nella foto) vennero inquadrati come militari regolari e, due anni dopo, vennero creati i primi quattro
battaglioni composti non solo da eritrei, ma anche
da sudanesi e yemeniti.
I reparti di ascari (ai quali si aggiungevano i dubat
somali e i soldati libici) hanno partecipato a tutte
le principali campagne africane. Pochi sanno che, comandati da
ufficiali italiani, sconfissero nel 1884 i ribelli mahadisti sudanesi
(impresa che non era riuscita nemmeno all’esercito inglese). Gli
ascari combatterono contro l’esercito etiope nelle due disastrose
(per gli italiani) battaglie di Macallè e Adua e a loro fu anche affidata
48 Popoli novembre 2010
la riconquista della Libia (1920-1932). In questa campagna, solo
la loro determinazione permise di soffocare la rivolta guidata dai
sensussi. Lo stesso si può dire per la conquista dell’Etiopia (1936),
che va attribuita in gran parte alle truppe coloniali.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale vide di
nuovo i reparti coloniali schierati in prima linea. Il
loro contributo di sangue fu enorme e, nonostante gli
appelli britannici alla diserzione, solo in pochi abbandonarono le nostre fila. Nell’Italia gli ascari vedevano
la nazione che li aveva affrancati dal giogo della dominazione dei negus. Tanto è vero che molti di loro, dopo
la guerra, chiesero di tornare con l’Italia.
Il nostro Paese ha sempre guardato gli ascari con
indifferenza. Nel 1950, Roma garantì loro una pensione di una cifra equivalente a 100 euro annui di oggi
(senza reversibilità per le mogli). Nel 2004 l’Italia, per
chiudere una volta per tutte le pendenze economiche
con gli ex combattenti, propose loro di accettare una
somma equivalente a quattro anni di pensione e di rinunciare alle
rendite future. Gli ascari rifiutarono e continuarono a prendere il
loro assegno annuale. Nel 2009, i 200 superstiti hanno chiesto un
adeguamento della pensione a 200 euro l’anno (16 euro al mese).
Ma non è stato loro concesso.