Io nasco a Teheran, a Sarcescemeh Sono nato nello storico

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Io nasco a Teheran, a Sarcescemeh Sono nato nello storico
Io nasco a Teheran, a Sarcescemeh
Sono nato nello storico quartiere Sarcescemeh di
Teheran nel 1939. Sarcescemeh era uno tra i quartieri più antichi e caratteristici di Teheran. C’erano diverse stradine e piccole piazzette su cui si affacciavano numerosi negozi, botteghe di piccoli artigiani, un
noto forno ed un piccolo bazar coperto dall’architettura molto originale. Il nome Sarcescemeh significa
nella lingua farsì “sorgente” ed il mio quartiere natale si chiamava così non a caso poiché era attraversato da un antichissimo acquedotto che raccoglieva l’acqua che sgorgava da numerose sorgenti naturali del
posto. Oggi il quartiere si è sviluppato e ben poco è
rimasto dello Sarcescemeh della mia infanzia.
Uno dei miei primi ricordi è di quando c’era il coprifuoco e l’intero quartiere si svuotava a causa del
passaggio degli aerei alleati durante la seconda guerra mondiale. Nonostante il ricordo sia molto lontano,
sento ancora il rumore degli aerei che passavano sopra i nostri sguardi e la sensazione di smarrimento nel
vedere un quartiere solitamente affollato e rumoroso
svuotarsi al passaggio di quei rumori lontani.
Sarcescemeh era noto anche e soprattutto per la
gente che all’epoca lo abitava e per la sua vicinanza
al Parlamento. Vi risiedevano infatti numerosissimi
poeti, scrittori e artisti. La presenza e le opere di questi
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intellettuali rendevano Sarcescemeh un quartiere culturalmente progressista, se vogliamo anche di sinistra
e sensibile alle questioni sociali, tant’è che il vecchio
Ayatollah della vecchia moschea del quartiere era un
vero e proprio progressista ed era molto amato e stimato dalla gente del posto. Addirittura questo vecchio
Ayatollah era stimato e rispettato da molte famiglie di
ebrei che parlavano bene di lui in pubblico e a distanza di molti anni dalla sua morte era sempre vivo il ricordo del suo impegno a favore di molti politici ed
esponenti della sinistra che erano ricercati dalla polizia, a cui lui offriva protezione nascondendoli nella
moschea.
Sono rimasto a Sarcescemeh fino alla terza media,
grosso modo nel periodo in cui si consumò il golpe
dello Scià. Da lì la mia famiglia si trasferì a Scemiran, un altro quartiere a nord di Teheran e situato in
una magnifica vallata nella catena dei monti Alborz,
le cui cime d’inverno erano ricoperte da alti strati
di neve e da cui traevano origine numerosi fiumi che
scendevano verso Scemiran, e le ramificazioni di questi fiumi andavano a toccare numerosi quartieri della
città. Un luogo veramente suggestivo per le sue bellezze naturali. Da sempre Scemiran ospitava la reggia
dello Scià e numerosi altri suoi palazzi per la sua famiglia, per la corte e per i suoi generali, situati ai piedi dei monti Alborz. Intorno al quartiere reale si erano sviluppati numerosi altri quartieri residenziali che
ospitavano le ambasciate ed altre sedi diplomatiche e
le ville dei sostenitori dello Scià arricchitisi con il suo
regime. Scemiran era cresciuta senza alcun progetto
urbanistico e vi si potevano trovare ancora le vecchie
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e modeste dimore dei contadini di una volta magari
accanto ad un’ambasciata. Una di queste modeste dimore, che era un vecchio studio di mio padre, divenne la nostra casa. Sotto vi scorreva il fiume Magsudbak (che tra l’altro dava il nome alla nostra strada). Si
sentiva forte il rumore dell’acqua, simile ad una sinfonia, che rasentava un lato della casa. Sulla riva opposta, proprio di fronte a noi, c’era l’ambasciata sovietica. Era un posto assai tranquillo e la casa era circondata da giganteschi alberi secolari dalle grandi
chiome. A quei tempi Scemiran era ancora un piccolo paese. Pur vivendo a Scemiran, tuttavia, non avevo
mai interrotto il mio legame con Sarcescemeh, con i
miei amici che là abitavano ed in generale con la sua
gente, in special modo con i negozianti del bazar e
con un fornaio che faceva una specie di pizza molto
buona. Accanto a questo forno c’era una vecchia rosticceria che riforniva la gente del quartiere ed era rinomata soprattutto per il suo kebab. Tornavo spesso a
Sarcescemeh (frequentavo il liceo a Teheran) e mi ritrovavo con i miei amici d’infanzia. Qualche volta con
gli amici andavo a rendere visita al vecchio Ayatollah.
Altre volte andavo con un amico a trovare il nostro insegnante delle scuole elementari di Sarcescemeh. Costui era un altro grande maestro di vita, con il quale
era subentrato anche un rapporto di amicizia. Apparteneva al Tudeh, il Partito Comunista Iraniano, che
era molto radicato nel mondo degli intellettuali, degli
artisti, del lavoro. Sembra incredibile ma il Tudeh vantava una sua grande organizzazione all’interno dell’esercito ed anche nelle sue alte sfere.
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La vicinanza del mio quartiere natio al Parlamento faceva sì che Sarcescemeh venisse coinvolto, ogni
qualvolta davanti al Parlamento vi fosse una manifestazione contro il regime dittatoriale dello Scià, nei
sanguinosi scontri tra i manifestanti e la polizia. Le
cariche della polizia erano brutali e colpivano tutta la
popolazione indistintamente. Ancora ricordo bene che
una volta, al termine di una di queste violentissime
cariche all’interno dei vicoletti di Sarcescemeh, mi
ritrovai accanto ad una persona mutilata che sanguinava ancora. Richiamai l’attenzione della gente ed il
corpo mutilato fu trasportato altrove. Fu durante uno
di questi violenti scontri tra manifestanti e polizia, proprio davanti al Parlamento, che rimase ucciso il nostro insegnante. Per tutti gli abitanti di Sarcescemeh
questa uccisione fu un gravissimo lutto. L’intero quartiere manifestò il suo cordoglio. Tra le manifestazioni in ricordo della sua importante figura addirittura
molti negozianti del bazar chiusero le proprie attività
per lutto per un giorno intero, rischiando il carcere e
per molti giorni sui muri di Sarcescemeh vi erano numerosissimi manifesti clandestini alla sua memoria e
di condanna per il regime dello Scià. La reazione del
regime fu spietata. L’esercito e la polizia compirono
una feroce retata nel quartiere, arrestando e pestando
tra gli altri gli studenti (gli studenti sono sempre stati
una forte coscienza critica all’interno della società iraniana), un famoso poeta e molte altre persone di ogni
ceto. Alcune settimane dopo fui fermato e trattenuto
dalla polizia anch’io insieme ad altri compagni di liceo. Ci trattennero per molte ore finché la polizia politica non ebbe garanzie da parte delle nostre famiglie
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che non avremmo più fomentato disordini. Eravamo
giovanissimi ma per la polizia segreta dello Scià eravamo già nemici da eliminare.
Il governo di Mossadegh
L’Iran degli anni ’50 era attraversato da fortissime
tensioni sociali. L’allora Primo Ministro Mohammad
Mossadegh intendeva compiere una progressiva democratizzazione del Paese; riuscì a nazionalizzare le
risorse petrolifere, danneggiando così i colossali interessi delle compagnie petrolifere straniere (le cosiddette “sette sorelle”), la loro influenza nel Paese e gli
interessi privati dello Scià. L’azione di Mossadegh
costituiva per l’epoca un forte pericolo per i governi
autoritari di numerosi Stati del Medioriente, in quanto la nazionalizzazione del petrolio e i processi di democratizzazione avviati in Iran potevano, tramite un
effetto domino sugli altri Paesi dell’area, minare i colossali interessi economici ed il potere politico dei regimi di quegli Stati. Anche i Paesi occidentali, in particolar modo gli Stati Uniti d’America ed il Regno
Unito, vedevano in pericolo i propri interessi politici
ed economici in quella zona del mondo. Bisogna ricordare inoltre che l’Iran confinava con l’Unione Sovietica e che il Partito Comunista Iraniano (Tudeh)
godeva di consenso tra la popolazione iraniana. Mossadegh propose e vinse alla grande un referendum
che limitava i poteri dello Scià a favore del Parla-
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mento. In seguito ai risultati del referendum lo Scià
Reza Pahlevi abbandonò l’Iran insieme a sua moglie
Soraya e riparò in Italia. Lo Scià a Roma incontrò alti funzionari della Cia e sicuramente incontrò anche
molte persone che gli permisero di organizzare il golpe per rovesciare il governo democratico di Mossadegh. Fu aiutato in questo dai suoi generali fedelissimi e dal determinante appoggio del carismatico Ayatollah Kasciani. Mossadegh venne arrestato e ucciso
insieme ai suoi numerosi ministri, tra i quali il ministro degli esteri Fatemi. Lo Scià rientrò dopo pochi
giorni in Iran e nominò il generale Zahedì nuovo capo del governo e impose la legge marziale per molto
tempo. Il nuovo governo dello Scià era un regime dittatoriale e poliziesco a tutti gli effetti; le università
furono chiuse per mesi e tutti i circoli artistici furono
vietati. L’informazione e gli intellettuali furono censurati. Venne creata la polizia segreta politica, la tristemente famigerata SAVAK. Come già detto, il quartiere di Sarcescemeh venne duramente colpito dalla
repressione poliziesca. Iniziò così il secondo corso politico di Reza Pahlevi. Lo Scià non ricevette proteste
dai governi occidentali, anzi, attestati di amicizia. I
suoi viaggi di affari e mondani nelle capitali europee,
in America e in Unione Sovietica (proprio lui che era
anticomunista!) e le numerose visite a Teheran dei
capi di Stato dei Paesi occidentali sono la prova della
collusione di numerosi governi democratici occidentali con uno spietato regime dittatoriale che affamava
il suo popolo. Molti governi che si rifacevano ai principi di libertà ed uguaglianza tra i popoli “saccheggiavano” insieme a Reza Pahlevi la ricchezza nazio-
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nale del mio Paese e del mio popolo. Mentre i tribunali speciali torturavano e condannavano a morte i sostenitori di Mossadegh, le organizzazioni di sinistra,
i progressisti, i liberali, gli intellettuali, gli studenti, i
gruppi d’informazione indipendente, gli operai e successivamente anche i Mojahedin del popolo (voglio
ricordare le fucilazioni del poeta Kolesorghi e del poeta e regista Danesceian negli anni ’70, di cui parlerò
dopo, ancora oggi ricordati dagli studenti che manifestano contro il regime degli Ayatollah), con la gente
che soffriva la fame e la famiglia reale che “succhiava” le ricchezze del Paese insieme ad altre mille famiglie legate alla Corona, lo Scià faceva il moralista
ed il religioso in patria e vita mondana in Europa non
solo con sua moglie Soraya, da cui divorziò alla fine
degli anni ’50. Da molte testimonianze dei suoi ministri e cortigiani è emerso nel corso degli anni che ci
fosse un incredibile via vai di belle studentesse liceali all’interno del Palazzo Reale, vittime del divertimento dello stesso Reza Pahlevi e dei suoi fratelli. Più precisamente lo Scià non divorziò da Soraya ma la ripudiò perché si diceva che la regina non potesse procreare un erede maschio; ma in realtà il ripudio di Soraya servì allo Scià, pur essendone innamorato, per
allontanare il potentissimo e temuto generale Bahktiari, cugino di Soraya e fondatore della SAVAK, che
fu mandato in Iraq e là crivellato di colpi dalla stessa
SAVAK su ordine esplicito dello Scià. Si dice che dai
colpi ricevuti, Bahktiari fosse stato ridotto ad un “colabrodo”. La sorella gemella dello Scià, la “principessa” Ashraf, mente politica della Casa Reale e degli
affari familiari di compravendita di armi e petrolio,
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