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2017
Un Pinocchio in carne e ossa
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Il passato degli Anagoor brucia
Il primo spettacolo di Antonio Latella per il Piccolo di Milano è una fiaba nera che
come il presente
commuove, un viaggio nel mondo dei morti o dei morti viventi, di diavoli intriganti, di una
Che fatica la vita a due!
violenta, fisica educazione alla vita. Pinocchio è un ragazzino e il regista un Virgilio di
burbera tenerezza. Straordinario Christian La Rosa nel ruolo eponimo ma bravissimi tutti –
Acqua di colonia
Maria Grazia Gregori
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Figlia di una generazione che si divideva a metà fra chi amava Pinocchio e chi no, non ho mai
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sofferto, né gioito, per le tribolazioni o per le improvvise felicità di quello che era ed è ancora il
burattino più famoso al mondo. Proprio per questo ho molto amato il Pinocchio di Carmelo
alla ricerca di se stesso e di un rapporto vero con suo padre, così inadeguato, sballottato in un
mondo ostile abitato da oscure presenze, così poco burattino, costretto a un viaggio nel buio
degli inganni che non riesce né a conoscere né a riconoscere mi è sembrato bellissimo,
commovente.
Altro che fiaba: quello di Pinocchio nel mondo della cuccagna, dei mangiafuoco, di quelli che ti
ingannano e ti fregano soldi è un lungo viaggio nel buio del mondo dei morti, un po’ come ci
racconta Janàček nella sua opera Da una casa di morti. C’è una porta e si pensa che al di là
di questa porta ci sia qualcosa che non conosciamo, che ci fa paura, ma che vogliamo
conoscere e vedere a tutti i costi. In questo viaggio nel mondo dei morti o dei morti viventi, di
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Pinocchio di Antonio Latella in scena al Teatro Strehler, cosi infelice, così disperatamente
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Bene, così trasgressivo, così inquietante nella sua provocatoria fisicità. Per questo oggi il
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diavoli intriganti, di una violenta, fisica educazione alla vita, Pinocchio è un ragazzino e Latella
è – almeno così a me sembra – un Virgilio di burbera tenerezza. Ad ognuno il suo Pinocchio?
Possiamo riconoscere qualcosa di noi stessi in lui, in viaggio nel corso di un tempo che non
conosciamo? Forse. Latella non vuole darci risposte, ma ci invita a un percorso, a un viaggio,
a una serie di incontri e di fughe, di dolori e di rade felicità che sentiamo nostre.
Così il protagonista di Pinocchio, primo spettacolo di Latella (regista conosciuto anche
all’estero e da quest’anno direttore della Biennale Teatro di Venezia) prodotto dal Piccolo, se
volete proprio chiamarlo burattino è un burattino di carne, che nasce in un mondo che ci
consiglia piccolo teatro pier paolo pasolini
renato
quotidiana.com recensione palazzi riforma spettacolo Romeo Castellucci
silvia poletti Stefano
scena verticale Sergio Ariotti Massini Teatro alla Scala teatro franco parenti
Torinodanza valter malosti Virgilio Sieni
inquieta, “creato” da un ceppo dopo che tutti gli alberi sono caduti. Le prime parole che dice
sono “male, male” mentre sta per venire alla luce da sotto un tavolo con Geppetto che si dà un
gran da fare a dargli forma fino a quando nasce, finalmente, ed è un ragazzino in carne ed
ossa in pantaloni corti, che si porta addosso, incollato al suo corpo, il ceppo da cui è uscito. È
la sua forza e la sua dannazione, è la sua eredità perché il Geppetto di Latella non è un buon
uomo dolce, pronto a sacrificarsi per il suo pupo, ma lo mette al mondo per egoismo,
caricandolo neanche tanto idealmente di molti doveri, primo fra tutti quello di guadagnare e
dunque di fargli fare una bella vita, a questo padre.
Il bugiardo in questa storia è Geppetto, a lui dovrebbe allungarsi il naso quando dice le bugie,
non a suo figlio. Il naso di Pinocchio infatti cresce solo quando ha fame. E di fame ne ha
spesso tanta. Così partendo dal libro di Carlo Collodi pubblicato in volume nel 1883, romanzo
cosiddetto di formazione fra i più famosi al mondo scelto nell’edizione Feltrinelli a cura di
Fernando Tempesti e contaminandolo con testi più recenti, dal Mulino di Amleto di Santillana
a Un bene al mondo di Andrea Bajani, Antonio Latella, anche drammaturgo con Federico
Bellini e Linda Dalisi, ci racconta di padri e di figli, di generazioni, della sconvolgente forza
sanguinosa di un atto come quello della nascita.
Siamo dunque in un palcoscenico-mondo dominato da un tronco di legno posto in orizzontale
che può scendere e salire, a segnare lo spazio e il tempo, quasi a comporre come una
gigantesca leva (le scene sono di Giuseppe Stellato) la storia che ci viene presentata; ma
forse è anche il simbolo della potenza generatrice del padre, principio di vita. Intanto dalla
soffitta, prima lentamente poi sempre più forte, scendono, come se fossero neve, trucioli di
legno, che a poco a poco coprono come un enorme tappeto il grande palco dello Strehler dove
si muove un’umanità insicura e proterva: una palta infernale in cui rotolarsi, da cui liberarsi, ma
sempre presente. Lì possono apparire d’improvviso animali bizzarri come il Grillo, personaggi
della commedia dell’arte come Arlecchino, Pulcinella, ma anche una Fata che dovrebbe
essere turchina, ma che, in realtà, è una bambina morta a cui viene affidato dal mondo degli
adulti, che su di lui non si impegna, lo sbalestrato Pinocchio che va alla ricerca del suo
linguaggio compitando faticosamente suoni e parole sul sussidiario.
Uno dei punti di forza di questo Pinocchio è l’interpretazione veramente notevole degli attori a
cominciare da Christian La Rosa (foto), straordinario nel ruolo del titolo e bravissimi sono
Massimiliano Speziani, un Geppetto al di là di qualsiasi oleografia, e Anna Coppola, una
Fata inquietantemente infantile. Ma vorrei ricordare anche Michele Andrei, Stefano Laguni,
Fabio Pasquini, Marta Pizzigallo, Matteo Pennese, quasi tutti impegnati in più di un ruolo.
Se visivamente la prima parte di questo spettacolo dalla ragguardevole durata (che si
un susseguirsi di ombre, di luci e di suoni, una dura presa di posizione sui rapporti fra adulti e
ragazzini, sul menefreghismo, sull’“educazione” alla vita come violenza fisica e sessuale, il
mondo nuovo che non ci sarà anche per questo ragazzino freudiano fino alla stupenda scena
finale dove padre e figlio si ritrovano di fronte a una fumante minestra e il padre al figlio che gli
chiede perdono per la sua assenza, ribadisce che non può amarlo: è morto, tutto è inutile.
Realtà o apparenza: poco importa, i ruoli si sono invertiti e Pinocchio si avvicina al padre
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come spesso avviene nei lavori di questo regista derivati da testi “classici” è Latella al cubo, in
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consiglia dai 14 anni in su) ci propone la storia di Pinocchio riletto da Latella, la seconda,
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dicendogli piano piano che è ormai tempo di crescere. Il mondo sarà salvato dai ragazzini?
Da vedere.
Visto al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Repliche fino al 12 febbraio 2017. Foto ©
Brunella Giolivo
Pinocchio
drammaturgia Antonio Latella, Federico Bellini, Linda Dalisi
regia Antonio Latella
scene Giuseppe Stellato, costumi Graziella Pepe
musiche Franco Visioli, luci Simone De Angelis
con Michele Andrei, Anna Coppola, Stefano Laguni, Christian La Rosa, Fabio Pasquini,
Matteo Pennese, Marta Pizzigallo, Massimiliano Speziani
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Per le tematiche affrontate e il linguaggio utilizzato in alcune scene, la visione dello spettacolo
è consigliata dai 14 anni
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