dei dolciumi

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dei dolciumi
Osservatorio Popai
di Daniele Tirelli,
presidente di Popai Italia
Il caleidoscopico tempio
dei dolciumi
La scelta dei colori e
del materiale iconografico
del Dylan’s Candy Bar rivela
un’eccezionale coerenza
con il culto del “dolce”
che si diffonde negli Usa,
ed evidenzia anche
una straordinaria efficacia
nell’abbattere i freni inibitori
di un pubblico oltremodo
preoccupato (per non dire
terrorizzato) dallo zucchero
ifficile da capire
per un europeo il
Dylan’s Candy
Bar; molto più facile per un americano e ciò
per ragioni che sono le
medesime, ma semplicemente ribaltate: ovvero la
ricerca della perfezione
dettata da un enciclopedismo maniacale nell’offerta
D
di dolciumi in un punto di
vendita di nuova concezione. Il risultato dell’operazione si riassume in un solo dato: la permanenza
media del cliente si aggira
sui 45 minuti (l’equivalente
di un nostro ipermercato),
un chiaro indicatore di quel
che chiamiamo shopping
experience!
58 • Promotion Magazine 103 ottobre 2006
Il Dylan’s nasce nell’ambiente newyorkese dall’intuizione di Dylan Lauren (sì,
la figlia di Ralph!) con l’obiettivo di superare l’ampiezza assortimentale e la
fantasia di Fao Schweetz e
di Toy’R’Us, in precedenza
considerati quanto di meglio e di più completo si
potesse offrire in tema di
golosità.
Questo negozio monotematico di circa 1.200 mq
su due piani, dopo l’esperienza della 3rd Avenue di
NewYork avviata nel 2002,
si è riprodotto per cloni a
Houston, Orlando, Garden
City, e in altre città americane. Tuttavia, direte voi, non
sembra un’idea così innovativa, data la pletora di
corner e di negozi specializzati esistenti ovunque. In
realtà, il segreto del Dylan
consiste nel suo modo
particolare di declinare le
oltre 4 referenze di dolciumi
ospitate nei suoi locali. La
scelta dei colori e del materiale iconografico rivelano,
infatti, un’eccezionale coerenza con il culto del “dolce” che si diffonde negli
Usa, ed evidenzia anche
una straordinaria efficacia
nell’abbattere i freni inibitori
di un pubblico oltremodo
preoccupato (per non dire
terrorizzato) dallo zucchero. Il segreto consiste, in
primo luogo, nell’uso euforizzante dei colori che, se
adeguatamente studiati, rivelano la matrice della stilista, ancor prima che dell’appassionata del prodotto. Sono state usate scale
accordate di colori netti,
puliti, oltre che ovviamente
assai decisi, i quali creano
in ogni corner effetti arcobaleno suscitatori di allegria. Questa è la motivazione, per esempio, per i 12
colori dell’incarto degli Hershey's Kisses.
Un’altro effetto di visual
merchandising è la “sovrabbondanza raggiungibile”. Com’è noto la massificazione a libero servizio diminuisce psicologicamente
l’entità percepita dell’acquisto e quindi la dimensione
della conseguente trasgressione salutista. Questa è la ragione per esporre
il più grande lecca-lecca
del mondo prodotto da
Adam & Brooks assieme al
vastissimo assortimento di
quelli battery-powered rotanti o gli alberi di lollipop.
Questo motiva l’abnorme
offerta di 300 (!) gusti di gelato. Parimenti la “collezione” completa di M&Ms,
Skittles, Jelly Beans disposte in silos a canna d’organo coloratissimi, rappresenta l’espressione di un
bisogno tipico della cultura
popolare americana di un
assoluto che susciti stupore. A ciò si aggiunga la ripetizione ossessiva delle citazioni di prodotto nelle componenti degli interiors, quali
le scale fatte con lastre di
resina trasparente entro cui
sono affogate caramelle e
marsh mallow.
In sostanza, la costruzione
estetico-simbolica del Dylan (che si estende ai tavolini e ai seggiolini in forma di
caramella) è funzionale alla
sua natura di centro di attrazione non tanto del target primario (bambini e giovani adolescenti), ma del
target allargato costituito
dai kidults, adulti vittime del
complesso di Peter Pan,
che si rifiutano di crescere
e che, in piena contraddizione con le preoccupazioni salutistiche che li assillano in altri momenti, conducono nel luogo i propri figli
anche per organizzare
party e festicciole, a quanto
pare richiestissime.
Nel piano sotterraneo i corner delle marche più importanti hanno poi adottato
un’esposizione che definirei
museale del proprio assortimento. Il tutto in un contesto che riprende ed esalta
sulle pareti la storia dei dolciumi e delle grandi marche
attraverso la cronologia
delle date più significative.
Un altro angolo sorprendente del negozio è quello
dedicato ai chocoaholics.
Vi figurano non solo le innu-
merevoli varietà di cioccolato variamente aromatizzato, ma anche libri e documentazioni per chi coltiva un interesse che per
certi versi assomiglia a
quello enologico. Tuttavia il
cioccolato estende le sue
valenze ben oltre con la
proposta degli Hot Chocolate Bath Salts, e le Cheeky
Chocolate-Milk
Bubble
Bath, nonché delle candele
aromatiche al cioccolato,
senza dimenticare le creme
spalmabili per il corpo.
Meriterebbe poi ampio
spazio l’analisi dei gadget
offerti che, come accade
nei casi di maggior successo, si trasformano da vei-
colo pubblicitario in veri e
propri oggetti di culto.
Shopping bag, cappellini, tshirt, agende… che riprendono la palette dei colori
dell’insegna, sono ormai
oggetti distintivi e ostentativi per un pubblico sempre
più ampio che in termini di
immagine supera certamente l’entità dell’effettivo
giro d’affari.
Concludendo, ritengo che
il Dylan’s Candy Bar meriti
senza dubbio il ruolo (che
gli è peraltro già stato attribuito) di attrazione primaria di Mahanattan e una visita di tutti coloro che sono
appassionati di visual merchandising.
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