scene da un matrimonio

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scene da un matrimonio
Roberto Castello
foto di MARCO PEZZATI
SCENE DA UN MATRIMONIO
per fo r mance pe r co nte sti ur bani
progetto di ROBERTO CASTELLO
in collaborazione con
interpreti
musiche
produzione
con il sostegno di
durata 45 minuti
ALESSANDRA MORETTI, MARIANO NIEDDU, STEFANO
QUESTORIO, AMBRA SENATORE
ROBERTO
CASTELLO/FABIO
PAGANO,
ALESSANDRA
MORETTI/IRENE RUSSOLILLO, MARIANO NIEDDU
AAVV
ALDES, in collaborazione con i festival Danza Urbana
(BO) e Urban Bodies (GE)
MINISTERO per i Beni e le Attività Culturali / Direz.
Generale
per
lo
spettacolo
dal
vivo,
REGIONE
TOSCANA / Sistema Regionale dello Spettacolo
Una coppia di sposi in scarpe da tennis, seguita da uno strano personaggio, scende
da un autobus in corsa, offre calici di champagne al pubblico raccolto alla fermata e
lo invita a muovers i per le vie cittadine. I brindisi cont inuano finché gli sposi si
immobilizzano come statue, non per sottoporsi ai flash del servizio fotografico, ma
per diventare statue malleabili nelle mani dell'istrion ico accompagnatore, che d'ora
i n p o i l i m a n i p o l a , l i d i r i g e , g i o c a c o n l o r o i n u n a s e r i e d i s ke t c h d i v e r t e n t i ,
grotteschi e poetici al tempo stesso.
Mescolando abilmente humour e iron ia - scherno nascosto sotto il velo della serietà
e serietà travestita da motto di spirito -, questa stralunata festa di nozze costringe
ad un costante spostamento concettuale e ad una provocatoria ridefinizione degli
spazi, personali e pubblici, urbani e teatrali.
Una sorridente e rumorosa narrazione cinematografica per quadri supportata, i n
omaggio alla cu ltura musicale di un popolo capace di festeggiare veramente, da una
colonna sonora di musiche zingare, popolo oggi più che mai detestato e vilipeso,
forse anche perché, contrariamente a noi, sembra del tutto impermeabile alla
convinzione che il senso profondo della vita sia quello di accumulare cianfrusaglie.
Un meccanismo giocoso adatto a qualsiasi tipo di situazione o spazio urbano.
ALDES
sede operativa > SPAM! rete per le arti contemporanee
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CORRIERE NAZIONALE
(03/08/2012)
L'amore è eterno finché indora (la pillola)
Scene da un matrimonio. Con divorzio in vista
di TOMMASO CHIMENTI
LARI – “Ti sposerò perché mi sai comprendere e nessuno lo sa fare come te. Ti
sposerò perché hai del carattere quando parli della vita insieme a me, e poi mi attiri
sai da far paura, fra il bianco e nero dell’abbronzatura. Ti sposerò perché ti piace
ridere e sei mezza matta proprio come me. C’è in comune tra di noi, c’è più di una
cosa” (Eros Ramazzotti, “Ti sposerò perché”)
Fotoromanza. La costruzione di un amore. I matrimoni sono fonte di gioia, di vita.
Ma anche di sconforto, reale, presente, dell’ex amante, futuro, prorogabile, della
stessa nuova coppia che si getta con tutte le scarpe nella noia silenziosa del domani
condiviso.
Castello al castello. Roberto a quello di Lari. Le coreografie sincopate, stoppate del
Maestro torinese di stanza da anni allo Spam di Lucca. Due innamorati il giorno del
fatidico sì. Lei ovviamente in bianco (Alessandra Moretti dalle pose plastiche), lui in
completo elegante. Un’unione che ha in serbo del balcanico.
Come pupazzetti di marzapane e zucchero colorato vengono messi nelle varie
istantanee, spostati come bambole da carillon, fino a formare atti e scene e quadri e
scatti come un fotoromanzo, con tanto di fumetti ad esplicare, pensieri nascosti che
confondono l’espressione del volto, che contraddicono gli occhi fintamente allegri,
come manichini da vetrina. Non hanno, già, più anima. Il deus ex machina, l’amico
dello sposo, l’amante della sposa, come avviene nelle migliori famiglie, è il gran
burattinaio della scena (Mariano Nieddu sarcastico bel tenebroso), il manovratore
silenzioso, il gran cerimoniere, quello che non apparirà mai nelle fotografie del
“giorno più bello della vita” ma che ne avrà decise le sistemazioni.
Scordatevi "Romeo e Giulietta". Sono corpi indirizzati verso la soluzione più facile,
più semplice, più accettata, lanciati a folle velocità sul binario dell’infelicità. “Ti
sposerò perché non te l’ho chiesto mai”, confuso il Ferro che va battuto finché è
caldo. Le donne cercano tutta la vita il principe azzurro e poi si innamorano
dell’orco. “Le avventure amorose cominciano nello champagne e finiscono nella
camomilla”, ammetteva Valéry Larbaud.
Una storia semplice, la parabola di un amore, ascesa, pianura e discesa a rotta di
collo, senza casco né parastinchi né paradenti, tutta concentrata in una decina di
minuti: la felicità eccessiva, gli eterni brindisi, qualcosa che, si sente, si sta
rompendo, si sta trasformando, sta diventando altro ma dai contorni più contorti.
L’amore è bello finché dura. C’eravamo tanto amati.
“L’amore? Comincia con parolone, poi tira avanti con paroline e alla fine sono
parolacce”, la ricetta di Édouard Pailleron. E quando la passione se ne va, lasciando
il posto a vuoti incolmabili, “Quando l’amore è finito, gli alimenti colmano il vuoto”
insegnava Marlene Dietrich, quando i silenzi a tavola sono pesanti come forchettate
di spaghetti di marmo, quando gli occhi non s’incrociano più, allora tutto crolla e
viene ammantato da una caterva, un ammasso di abiti bianchi da corredo che il
pubblico lancia sui due che impassibili continuano imperterriti nell’azione di una
fame da bocca dello stomaco bloccato.
La montagna di vestitini intimi lindi e candidi da purezza, da limpidità, da
trasparenza, ricopre i due ormai già ex creando un’installazione-montagnola di cenci
e stracci indefinibili, un millefoglie ad infiniti strati di cipolla, un tumulo, un
cumulo, una bara, una tomba, un simulacro, un sarcofago dove vengono seppelliti i
sentimenti, la vita, la gioia.
“Il matrimonio è il primo passo verso il divorzio”, diceva Roberto Gervaso, al quale
replicava Giovanni Soriano: “L’unica cosa sensata del matrimonio è il divorzio”. Il
cinismo di Bukowsky partorì che non bisogna “essere giù perché la tua donna ti ha
lasciato: ne troverai un’altra e ti lascerà anche quella”.
“I grandi amori sono come i nostri cani: di solito muoiono molto prima di noi”,
ribadiva Yves Lecomte. Anche la medicina entra in campo: “L’amore non è cieco, è
presbite; tanto è vero che comincia a vedere i difetti man mano che si allontana”,
era la diagnosi di Miguel Zamacois. Ancora il papillon di Gervaso: “Il divorzio è
ammissione di una sconfitta. Come il matrimonio”. Ed anche le citazioni, sono molto
più ironiche e divertenti quelle sul divorzio che quelle sul matrimonio. Il
matrimonio, come la monogamia, sono forzature sociali che non hanno alcuna base
in natura. Poi è arrivata Liz Taylor e si è sposata otto volte: recidiva e dolosa.
Perché un divorzio è per sempre. Tranne a “Beautiful”.
Visto al Festival "Collinarea", Lari (Pisa), il 2 agosto 2012
http://www.corrierenazionale.it/spettacoli/teatro-e-concerti/69846-l-amore-eeterno-finche-indora-la-pillola
Osservatorio
Festival ES.terni 4
(22/09/2009)
UN MONTAGGIO ASINCRONICO
di Riccardo Foglietta
Gli spettatori si riuniscono nel posto stabilito, nel caso specifico una fermata
dell’autobus, andando in questo modo a formare un gruppo di astanti in trepidante
attesa degli interpreti e contribuendo così alla rappresentazione della prima tappa
del lieto evento.
All’arrivo del mezzo gli applausi accolgono il gruppo di tre persone che ne discende,
composto dagli sposi e da un amico della coppia, presumibilmente il testimone delle
nozze. Appena il tempo di farsi conquistare dal brio dell’effervescenza alcoolica di
uno spumante offerto e si è subito in cammino, anzi, di corsa all’inseguimento della
festa, raggiunta la quale si comincia ad assistere ad un montaggio non sincronico
che ne ricostruisce lo svolgimento.
Sin dalle prime scene è evidente l’ironia che pervade l’intera narrazione: i due
sposi, apparentemente rigidi nella plasticità della loro postura, sembrano privi di
volontà nell’assecondare le esigenze narrative del testimone di nozze, che ne
stabilisce le espressioni del viso e la posizione nello spazio, quasi che l’unica
vitalità possibile per la vita di coppia sia rintracciabile nella narrazione di essa.
La musica che accompagna l’intero evento richiama il clima di festa che caratterizza
le cerimonie di tradizione zingara, evocando il senso della compresenza in ciò a cui
si sta assistendo, del dramma e della felicità. Viene messa in evidenza l’assurdità di
un festeggiamento fatto a tutti i costi, quasi compulsivo, ed allo stesso tempo è
messa alla berlina l’intimità apparente che dovrebbe caratterizzare l’incontro
amoroso ed erotico fra i due sposi, la cui comunicazione è talmente prevedibile da
essere inserita sotto forma di onomatopee scritte su fogli esplicativi. I loro sguardi
si incontrano, un pretesto per avviare la conversazione è stato trovato, l’attrazione
fisica viene dichiarata ed appagata, il desiderio di maternità viene soddisfatto.
L’esito finale di questo percorso approda non soltanto al piatto di pasta mangiato
insieme, un evento così rituale da far apparire, quasi magicamente, la pietanza da
sotto il tavolo, e così meccanico da essere consumato freddo, già pronto; la fine è
anche, e soprattutto, un rito sacrificale all’interno del quale gli attori protagonisti si
prestano ad essere ricoperti di indumenti di biancheria lanciati dal pubblico,
concedendo forse a quest’ultimo la possibilità di rimuovere e seppellire la
consapevolezza di ciò che si è.
Osservatorio
Festival ES.terni 4
INTERVISTA
MORETTI
A
ROBERTO
(22/09/2009)
CASTELLO
E
ALESSANDRA
di Riccardo Foglietta
Roberto, perché rappresentare alcune scene tratte da un matrimonio?
Uno spunto di partenza nella scelta del tema è stato il notare che gli sposi,
stranamente, sembrano essere sempre fuori posto, per cui qualsiasi cosa essi
facciano riescono comunque ad attirare l’attenzione. Inoltre, rappresentano due
icone semplici da identificare.
Come mai tanto interesse per due icone di questo tipo?
Perché ci interessava realizzare un lavoro da strada, usufruibile da un pubblico
vasto e che quindi utilizzasse un codice linguistico accessibile. Più in generale, ci
interessa utilizzare tecniche che di solito si usano nel teatro ma per fare qualcosa di
accessibile a chiunque; per ottenere questo è necessario avvalersi di un linguaggio
estremamente comunicativo.
Che tipo di struttura narrativa avete adottato per raggiungere questo
obiettivo?
Facendo riferimento al cinema, che altro non è se non una riproduzione olografica di
un qualcosa che viene riprodotto in maniera oggettiva, abbiamo cercato di fornire
allo spettatore una restituzione non sincronica della storia, un montaggio
cinematografico delle riprese effettuate da più telecamere puntate sullo stesso
oggetto, ma da diverse angolazioni. In questo senso l’esordio è fondamentale,
perché mette gli spettatori ad una distanza non teatrale rispetto agli interpreti,
senza però costringere la gente ad interagire forzatamente con essi.
Non si riscontra frequentemente in un autore d’arte contemporanea l’intento
dichiarato di essere accessibile…
E’ chiaro che il nostro lavoro, un po’ installazione e un po’ scultura, chiede al
passante un minimo di sforzo. In questo senso ritengo che l’arte contemporanea
possa svolgere un’operazione politica nel mettere lo spettatore di fronte a qualcosa
che non può essere totalmente prevedibile come un programma televisivo e che
quindi richiede un esercizio intellettuale di decodifica.
Alessandra, come siete arrivati a costruire la scena finale?
Volevamo chiudere con qualcosa di festoso ma che allo stesso tempo non fosse
becero, ovvio. Non a caso la musica scelta come accompagnamento è quella che
viene utilizzata tipicamente all’interno dei matrimoni zingari, cultura nella quale
anche
i
funerali
vengono
vissuti
come
delle
feste
in
cui
emergono
contemporaneamente il dramma e la felicità; si tratta cioè di eventi che richiedono
un coinvolgimento intenso ma non scontato. Infine abbiamo pensato di lasciarci
seppellire da un lancio collettivo di biancheria sì, ma fatto da un pubblico oramai
affezionatosi ai personaggi e che in questo modo ha la possibilità di ricambiare lo
sforzo iniziale di doverci inseguire.
scheda tecnica: SCENE DA UN MATRIMONIO
referente: Roberto Castello, tel 0583.975089 – fax 0583.572965
nella foto lo spazio allestito per lo spettacolo
Interpreti: n. 3
Durata: 40-45min ca
Spazio:
lo spettacolo parte a circa 250 mt di distanza dallo spazio in cui viene allestita la
scenografia. La prima parte dello spettacolo è infatti itinerante e il pubblico si
muove in corteo dal luogo in cui viene annunciato lo spettacolo allo spazio nel quale
è allestita la scenografia. È importante quindi che, per non mettere al repentaglio la
sicurezza degli spettatori, questo tragitto non attraversi strade a grande
scorrimento. La scenografia viene allestita in una piazza o altro spazio urbano in
piano nel quale sia possibile ricavare un cerchio di10 mt di diametro per gli attori +
un anello di almeno 2 mt per gli spettatori. Lo spazio totale occorrente è dunque un
cerchio di 14 mt di diametro possibilmente completamente libero da ingombri. È
opportuno comunque prevedere un sopralluogo o l’invio di fotografie dello spazio nel
quale si pensa di collocare il lavoro.
Tempo di montaggio : 2 ore.
È quindi necessario prevedere la chiusura del traffico e che sia fatto tassativamente
rispettare il divieto di parcheggio nella zona dell’allestimento a partire da almeno 2
ore prima della rappresentazione. Occorrono due persone addette al controllo, alla
gestione del pubblico e alla distribuzione del programma di sala, almeno una delle
quali dotata di cellulare di servizio efficiente.
Tempo di smontaggio: minimo 20 minuti.
Laddove richiesto, l’impianto audio può essere utilizzato per avviare un’eventuale
festa danzante in piazza. In questo caso si consiglia di provvedere ad
un’integrazione dell’impianto audio al fine di garantire una potenza sonora adatta
all’ambiente.
Permessi:
nel caso lo spettacolo venga effettuato in una ZTL occorrono sia il permesso di
accesso sia il permesso di parcheggio nell’immediate vicinanze dello spazio per il
furgone della compagnia: Renault Trafic targato CS450SH.
Va inoltre riservato un ulteriore spazio per il parcheggio del furgone in
corrispondenza del luogo in cui inizia lo spettacolo
Materiale tecnico richiesto all’ente ospitante:
> In caso di spettacolo diurno la compagnia è completamente autosufficiente. Non
occorre allaccio alla corrente
> In caso di spettacolo serale sono richiesti quattro windup h 6 mt con T ciascuna
delle quali porta 3 PC 1 Kw che possono essere gestiti via dimmer o anche essere
collegati in diretta e comandati da un unico interruttore
Materiale fornito dalla compagnia:
2 casse audio DB 110 Mobile con alimentazione a batteria, 2 stativi per altoparlanti,
1 lettore mp3, 1 microfono a filo Sennheiser E845s, 2 cavi audio cannon, 1 pedana
1mt x1mt h 20 cm, 1 tavolo, 2 sedie, 11 sacchi pieni di stracci bianchi, attrezzeria
varia.
pianta dello spazio scenico / SCENE DA UN MATRIMONIO