La funzione sociale del delitto

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La funzione sociale del delitto
Cesare Lombroso
La funzione sociale del delitto
(1896)
Voglia il pubblico perdonarmi questo paradossale e immoralissimo
titolo, che deve disgustare sopratutto gli onesti, i quali, già nauseati dei trionfi
del vizio e del delitto nella vita pratica, vorrebbero illudersi di vedere, almeno
nel roseo mondo delle lettere e delle scienze, dove il pensiero più leale
predomina, rinnegati i trionfi dei tristi e proclamata quanto più fosse possibile
la loro sconfitta.
Ma considerino essi che non son io che creo i fatti o li favorisco, ma solo,
mio malgrado, io li constato, pure acremente deplorandoli, davanti al pubblico.
Ed ecco il come.
È noto che, secondo le teorie darwiniane, non sopravvivono che le
istituzioni e gli organi, i quali abbiano una qualche utilità per l’umanità, perché
altrimenti la selezione li atrofizza e li spegne.
Ora, per quanto dica lo Spencer, il delitto va continuamente aumentando
se non in intensità, certo in estensione; e pigliando e inventando dei nuovi rami
di truffa o di intrigo politico, o di peculato, lo vediamo anzi tanto più crescere
quanto più la civiltà si va avanzando.
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Questo, unito alla legge darwiniana sopra citata, mi fa sospettare che
anche il delitto abbia una funzione sociale.
Tutti sanno che nei tempi antichi, e anche ora nei popoli meno civili, i più
nefandi delitti sono adoperati come arma politica; e noi possediamo anzi una
specie di codice (quello di Machiavelli), che è tutta una serie di progetti, di
delitti a scopo politico, di cui il Borgia fu il pratico esecutore, o meglio il
modello.
Dal Consiglio dei Dieci di Venezia che paga sicari ed avvelenatori a
scopo politico, alla fucilazione del duca di Enghien, alla S. Barthélemy, o alla
orribile carneficina di Algeri, quando il generale Bougeaud soffocava migliaia
di infelici nelle caverne; alle infamie degli Americani e dei Portoghesi, che, per
diradare e vincere gli indigeni, spargevanvi il vaiuolo e la sifilide, e il delitto che
regna sovrano nella storia antica dell’uomo e, pur troppo, anche nella più vicina
a noi.
Tutti ricordano le corruzioni parlamentari di Pitt e di Guizot, le
menzogne ed i tradimenti di Fouchè e di Talleyrand, e, a pochi giorni quasi di
distanza, le persecuzioni sanguinose degli Ebrei e dei Polacchi; e, nei
modernissimi tempi come nei più antichi, usata la menzogna, la violenza, la
rapina contro i popoli deboli dai popoli più forti; quella violenza che nei privati
sarebbe considerata delitto, non fu mai ritenuta tale nelle conquiste dei deboli,
anzi considerata come politica giusta. Reticenza e bugia è oggidì diventato
sinonimo di linguaggio diplomatico.
Di recente, i processi del Panama e della Banca Romana hanno mostrato
che, anche nei popoli sufficientemente civili, la morale politica è disgiunta da
quella privata, e che si può essere ministri immorali — anche essendo
altamente stimati, od almeno senza destare quel ribrezzo che si desterebbe per
una uguale azione in privato. A lor volta gli anarchici, equivalendosi,
dichiarano di considerare il delitto come arma di guerra.
Una triste osservazione in Italia mi ha dimostrato che, da Cavour in poi,
non vi fu un ministero completamente onesto che potesse reggersi. Se vi
prevalevano uomini troppo integri, il ministero era certo di una brevissima
durata, perché non aveva abbastanza energia, furberia, tristizia contro le mene
parlamentari. Il peggiore ministro per l’Italia fu quello che dichiarava: «Saremo
incapaci, ma onesti», e ahi! la storia postuma rivelò che non era onestissimo
neppur esso.
Il ministro certamente più carico di delitti poté non solo reggersi da noi
davanti alla Camera, ma anche davanti all’opinione pubblica, e governare senza
una vera opposizione del paese, che gli si prostrava sommesso, tanto più
adorante, quanto più s’allontanava dalla legge. Ed è morto pieno d’onori e
d’anni, ed ha una statua collocatagli certo per volere di molti italiani, quel
ministro mediocrissimo di mente, che, se pur non corrotto, introdusse fra noi la
più sfacciata corruzione elettorale e parlamentare, il cinismo più spudorato in
politica.
E morì, nell’Italia del Sud, o s’uccise, compianto e onorato fra poco di
monumenti, anche quel deputato Pubblicista, che fu convinto di peculato
politico il più sordido; come nel Nord d’Italia morì compianto e onorato colui
che vendè a prezzo esagerato le proprie scarsissime opere e i proprj lunghi
silenzi sul mercato pubblico.
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Oramai pare dunque che l’immoralità dia all’uomo politico, non solo
guadagni ed onori in vita, ma perfino dopo morte, quando si crede che i giudizj
del mondo divengano finalmente equi.
Il senso di pudore infatti, l’amore del vero, che è proprio di un’anima
integra, le impedirà di dire una menzogna, senza la quale non si può superare
una situazione difficile, non si può adescare delle personalità riluttanti, non si
può adulare principi ignoranti, pei quali l’adulazione è la migliore delle virtù, e
quindi essa troverà sempre nella piazza, nella reggia, degli inesorabili ostacoli.
Ecco dunque il vizio divenuto quasi necessario pel governo
parlamentare, — almeno pei popoli inferiori come i Latini, perché, a dir il vero,
ciò non si può dire degli Anglo-Sassoni.
Anche di recente si son veduti cadere per sempre due grandi capi partiti
d’Inghilterra e d’Irlanda e un ministro di Finanze, per indelicatezze al di fuori
della loro influenza parlamentare, anche anteriori all’epoca del loro ufficio;
indelicatezze che avrebbero fatto sorridere in Italia, anche gli avversarli più
accaniti, i quali sarebbero stati derisi da tutti se ne avessero voluto fare
un’accusa.
L’Inghilterra stessa però ebbe in epoca anteriore dei corruttori e dei
corrotti. Basta ricordare Bacone e Pitt; anche negli ultimi tempi quanta immensa
differenza fra Disraeli, adulatore del trono e piaggiatore dei Lordi, e Gladstone,
che cade per volere una tassa sugli alcoolici e sulle bettole, e per arrestare le
persecuzioni secolari dell’ Irlanda.
Il Buckle ha dimostrato nella sua opera immortale, quanto sia più
dannoso per un popolo aver dei reggitori balordi e ignoranti che di averli
criminali. Il reggente balordo lascia libera mano a centinaia di birbe, mentre
quello che è birbante ruba e delinque lui solo.
Aggiungo io che nei paesi parlamentari che non siano i nostri, chi sente
di essere sospettato dalle masse cerca più spesso di evitare di commettere azioni
censurabili che non l’uomo integro nella vita privata, che non teme la critica e
non è da alcuno sospettato. Anche pegli specialisti, medici, avvocati, la bugia è
necessaria nei nostri tempi — è quasi la base delle loro operazioni; la bugia,
pietoso dolo che conforta gli ultimi istanti del tisico, spesso si estende
all’isterico, alla clorotica — come la difesa dell’orfana e della vedova per parte
dell’avvocato si estende facilmente da queste... anche ai loro persecutori.
I tiranni sono delinquenti, ma anche coloro che per spegnerli adoprano il
delitto sono più o meno criminali; ed ecco come nella politica il delitto si innesta
quasi involontariamente.
Ma qual delitto più criminoso della guerra, che è un ammasso intero di
delitti su grande scala, di stupri, incendi, saccheggi, provocati da cause simili a
quelle dei delitti comuni, come le ambizioni personali, le cupidigie ecc.,
perdonati appunto e solo perché in grande scala!
Eppure è innegabile che le guerre, se danneggiano le civiltà già
rigogliose, spingono a straordinarj progressi popoli semi barbari, e noi vedremo
fra poco tremare l’Europa per le sconfitte della Cina, che ci farà pagar care le
sue umiliazioni.
Così a Tebe, dopo perduta la battaglia degli Enofiti, il governo
democratico fu rovesciato: ad Atene le classi ricche perdettero il primato, dopo
che per le perdite fatte in guerra contro Sparta, dovettero andare in fanteria. Ad
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Argo, dopo la perduta battaglia contro Cleomene, si dovette dare la
cittadinanza ai servi. A Taranto prevalse la demagogia, dopo vinta in una
battaglia la maggioranza dei cittadini. Siracusa, dopo che il popolo vinse gli
Ateniesi, sostituì la democrazia alla repubblica.
Ad Atene, quando la flotta i cui componenti erano popolani, vinse a
Salamina, la democrazia ebbe il sopravvento sull’Areopago.
Nel Medio-Evo, la battaglia di Monteaperti fece cadere il partito Guelfo
in Firenze, e la battaglia di Benevento, colla morte dì Manfredi, lo ristabilì; e i
Ghibellini stessi cedettero in parte il governo.
Spesso gli oligarchi, scrive Aristotile, in tempo di guerra, per mutua
diffidenza, rimettono la guardia di città a soldati, il cui capo diventa poi il
padrone di tutti, così a Samo, a Larissa, ad Abido, e noi diremo, anni sono, in
Francia.
Viceversa le vittorie Polacche dal 1587 al 1795, secondo Soltyk,
aggravando le classi povere senza compensi, e aumentando l’operosità dei
popoli vinti, sarebbero state una delle cause della rovina della Polonia.
La guerra Franco-Prussiana creò, o meglio cementò l’impero in
Germania, quantunque prima le popolazioni vi si mostrassero avverse: e lo
prova la statistica dei reati politici in Germania, da cui si rileva che i processi
per offesa contro il re, poi imperatore, dopo essere saliti da 76 (1846) a 242 nel
1848 ed a 362 nel 1849, avevano a poco a poco ripreso il corso normale, prima
della guerra del 1866; salendo poi nuovamente a 375, per calare nel 1879-81 a
132, a 193 [Verbrechen und Verbrecher in Preussen 1854, 1878. Berlino, 1894].
A sua volta Sèdan segnò la caduta dell’Impero Napoleonico.
Secondo il Rénan, le due grandi evoluzioni ebree del Giudaismo e del
Cristianesimo, si dovettero, oltreché ai Profeti (v.s.), alla grande perturbazione,
realmente provocata fra gli Ebrei, dalle vittorie degli Assiri e dei Romani.
Ed ecco forse perché il senso di indignazione contro le guerre non è ancor
generale, quanto basta perché più non se ne provochino.
Una istituzione che se non si può dir criminosa, è certo tristamente
viziosa, la prostituzione, può prevenire una quantità di delitti sessuali, riescirne
una vera profilassi. È per questo che nei paesi poco civili, lontani dai centri, si
notano proporzionalmente più stupri che nella città: è noto che Solone ebbe
gratitudine eterna, perché l’istituzione dei dicterion, o postriboli a due soldi,
arrestò l’imperversare degli stupri in Atene.
Altrettanto dicasi dell’usura; con essa furon formati i primi strati della
borghesia, e i primi grandi accumuli di capitali da cui son partite le imprese più
potenti dell’umanità. Il Novikow ci dimostrò che la cacciata degli Ebrei,
mercanti e usurai, dalla Russia, impoverì i contadini a cui pro’ venne eseguita,
sicché il lino vi rinvilì di un terzo, perché la merce non trovò più abili
spacciatori; ed è noto come i reggitori dei Comuni medioevali, dopo aver
cacciato a furore gli Ebrei, li riammisero però subito, perché la loro assenza
aumentava la povertà loro, e paralizzava le povere industrie embrionali
d’allora, mantenute dalle loro usure.
Io ho potuto dimostrare nel mio Uomo Delinquente, che moltissime delle
pene contro i delitti, non erano a lor volta che nuovi delitti, e prima di tutto: il
delitto di vendetta codificato, il delitto di cannibalismo o di simonia, che poi
venne utilizzata dagli uomini a pro’ della virtù. Il tabù era una serie di
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proibizioni, strane ed assurde spessissimo, introdotte dai sacerdoti, quasi
sempre a proprio vantaggio; ma ce n’erano poi di quelle che salvavano dalla
distruzione completa la semenza e la pesca, e perciò, non ostante la loro origine
simoniaca, furono utilissime.
Anche le multe per omicidj (compensationes) che imponevano i capi
barbari ai loro sudditi, e che usavano i vescovi e i papi del Medio Evo, e non
erano in fondo che forme diverse di simonia e di peculato, servirono a impedir
l’imperversare degli omicidi, a spargere i principi grossolani di senso morale e a
fondare le basi di una codificazione meno barbara, con un principio di
graduatoria.
Quando nei popoli latini primitivi la donna adultera era esposta nuda
agli oltraggi di tutti i celibi della comunità, o nel medio evo, costretta a correre
nuda in una specie di palio, a cavalcioni d’asino, o quando, come in Iscozia, la
obbligavano, se calunniatrice, a passeggiare per la via con una musoliera in
testa, la legge, o meglio l’uso, creavano un osceno e criminoso sollazzo del
pubblico, ma per la natura delle cose, per la paura, pel ribrezzo che così ispirava
alle vittime, quest’uso finì per formare un nucleo grossolano di moralità.
Io credo, infine, che la tolleranza verso parecchi gruppi di delinquenti, rei
se non di sangue, certo di truffe e di ricatti, ecc., che noi vediamo quasi generale
in Europa, parte dalla tempra stessa di alcuni delinquenti.
E già ho dimostrato come essi sieno propensi alla neofilia e la portino
dappertutto, nei commerci, nelle industrie.
Nei Palimsesti del Carcere, in mezzo a tristizie e ad orribili malignità, ho
trovato a intermittenze una genialità, che non si trova nell’uomo medio, certo
perché i criminali acquistano dalla degenerazione una irritazione corticale che
l’uomo medio non ha. Così trovai scritto nelle pareti di un carcere: «Oh codice
penale! perché colpisci la truffa di pene severissime, mentre il libero Governo
d’Italia, coll’immorale giuoco del lotto, è dei truffatori maestro e donno?».
Così vi ho trovato una dimostrazione dei danni degli studi arcaici, in cui
potrebbero specchiarsi molti Ministri della Pubblica Istruzione, che ci
ribadiscono sempre più la catena dei classici, così dannosa ai cervelli mediocri.
Anche le frasi di quella lurida prostituta che si rivolge ai futuri clienti e
scopre la sua foja, sono d’una potenza e d’una novità veramente strane.
Sono lampi fugaci, ma che ci confermano l’esistenza di quel contrasto, di
quei due eccessi intellettuali, di cui l’uomo medio non è capace, critico
abilissimo come è, ma niente creatore.
Gli è che in costoro l’anomalia organica prepara il terreno al minore
misoneismo, che è il carattere normale dell’uomo onesto, normale.
Ed è certo che costoro vedono, forse inspirati dalla passione, i difetti dei
Governi che ci reggono, meglio e più giustamente che non faccia la media degli
onesti; e che anche da questo lato si intravvede una ragione, che si aggiunge
all’impulsività e al bisogno del male, per spingerli in prima linea nelle ribellioni.
Ed essi odiano lo stato presente, credendo che non l’ordine naturale, ma
l’ordine di quel dato Governo costituito sia quel che li frena e li punisce;
s’aggiunga ch’essi, più impulsivi degli altri, sono più inclini all’azione, e a
prendere a pretesto la prima bandiera che loro si offra.
Anormali essi stessi, non sentono la ripugnanza del pubblico per
l’anomalia, per la novità, e molti avendo, o per l’insensibilità o per l’agilità una
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straordinaria energia, l’adoperano, oltreché per propri vantaggi e per eseguire i
loro tristi colpi, nel sostenere e propagare le nuove idee, mentre gli onesti
apatici ne rifuggirebbero.
E lo stesso spirito innovatore che essi portano nelle truffe, mentre a volte
danneggia molti a vantaggio di pochissimi criminali, spesso poi favorisce delle
immense innovazioni. Se si considera bene, l’apertura del canale di Suez è stata
una truffa gigantesca, compita colle stesse arti criminose del Panama, che a sua
volta, se fosse riescito, sarebbe stato coronato dall’approvazione universale.
Gli imbroglioni, i truffatori, è vero che lavorano solo per sé, ma grazie
alla stessa loro smania d’attività, applicano l’ingegno a vantaggio degli altri;
nello stesso tempo mettono in moto una tal quantità di fermenti, che dànno una
spinta fortissima al progresso e alla civiltà; di più, per la mancanza di scrupoli,
per l’energia che presta loro l’impulsività violenta e per l’imprevidenza degli
ostacoli e delle sventure, riescono là dove gli onesti non giungerebbero mai.
Essi poi, per l’antipatia del normale, del vecchio, del costituito, sono un
baluardo potente contro i partiti retrogradi clericali, ecc.
E così, almeno in Italia, si vedono gli onesti abbondare nel partito dei
clericali. Cesare e Catilina non trovarono sulle prime partigiani che tra i
birbanti, mentre l’antico partito consolare era tutto composto di onesti. E io ho
dimostrato che il nucleo dei grandi ribelli politici è, quasi sempre, criminale.
E la civiltà li saluta costoro, non ostante le loro magagne, perché sono i
soli che riescono a innestarle il nuovo: ed essa, inconsciamente o ripugnante,
pure non può negare o rifiutare la loro utilità.
D’altronde essi le si impongono in tal modo; approfittando dei congegni
complicati della vita parlamentare, che il cacciarli non sarebbe possibile senza
pericolo e senza altri gravissimi danni, come non era possibile cacciare i tiranni
antichi, che anch’essi erano criminali... ma utili.
Essi coll’ingegno, coll’energia, colla mancanza d’ogni scrupolo, creano
delle istituzioni che riescono poi utili a tutto il paese; così la flotta inglese deve
la sua origine ai pirati.
La guerra, essendo un grande delitto, è naturale che il delinquente
esplichi la sua attività nell’arte militare. Ed è curioso, in proposito, il fatto
rivelatoci anche dalla filologia che molti uffici militari erano tanto
criminosamente esercitati che assunsero la sinonimia e il significato di delitto;
così i latrones (da ad latus) erano una specie di aiutanti di campo del re, che pare,
invece di gingillarsi come ora colle dame, si occupavano a predare, tanto da
restarne fuso il nome coi ladri, come è successo ai nostri giorni pei pirati, che
niuno crederebbe essere stati invece, marinai da guerra, così masnada, in origine
non era che una truppa; così brigante, che era una specie di bersagliere a cui
davasi a cottimo l’assalto di una città.
Nei popoli semi-barbari, in cui il delitto è più che altro un’azione e non
un misfatto, molte volte i delinquenti, specie se associati, diventano una specie
di giustizieri economici e di tribuni politici. Essi esercitano e mettono in pratica,
in gran parte è vero a pro’ di sé, ma in parte a pro’ degli altri, una specie di
comunismo violento, per cui si arricchiscono col defraudare e derubare il ricco e
il potente, e coll’applicare una specie di sommaria giustizia che supplisce
l’assente, la giustizia governativa. In Sardegna, in Corsica, e per molto tempo
sotto i Borboni, in Sicilia, i veri giudici, i veri protettori degli oppressi sono od
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erano i briganti, che in parte ruban per sé, in parte (per avere delle sicure
clientele) dividono coi più poveri, che a volte poi capitanano nelle ribellioni,
come i Clefti. In Napoli ed in parte in Sicilia, le prede, la camorra e la maffia,
pur essendo associazioni criminose e predatrici esercitavano nei bordelli, nei
giuochi e nelle carceri una relativa giustizia, e potevano e possono offrire ai
proprietari e ai viaggiatori una specie di assicurazione contro i malandrini, che
il governo non può offrire, e perciò son sopportati e forse qualche volta ajutati
anche dagli onesti.
In mezzo alla troppo corrotta civiltà, quando gli uomini della legge
hanno coi loro cavilli favorita l’impunita del delitto, il linciaggio, che è pure un
delitto, è l’unico mezzo con cui la civiltà si può difendere veramente dal delitto
organizzato e protetto dalle istituzioni ultra liberali. In California p. es., accadde
che tutti gli uffici pubblici, la giustizia compresavi, erano in mano a una vera
banda di furfanti, che rubavano impunemente; la maggioranza allora si unì e li
linciò; d’allora la California è il più queto paese degli Stati Uniti. La giustizia
non vi sarebbe giunta mai, come non giungerebbe in Italia, a colpire i colpevoli,
se coperti d’alti uffici.
Dopo tutto ciò, noi comprendiamo come nei popoli barbari per una
causa, nei popoli civili per un’altra una serie di delitti non solo non sia stata
punita, ma per fin favorita, e perché in complesso, per tutti i delitti in genere,
salvo i più feroci, la persecuzione sia sempre stata così scarsa, così insufficiente,
così illusoria; perché i giudizi penali, in fondo, non sono che i mezzi con cui gli
avvocati, fan passare (con parlari altisonanti o sentimentalità — le lagrime delle
madri, la passione dell’amante — o con geroglifici incompresi anche da loro
medesimi) nel proprio terreno l’oro che i criminali rubano agli onesti, e il
pretesto dell’umanità per adagiarsi in una falsa sicurezza tutti i giorni smentita
perché già, come dice il proverbio, sono i moscerini che entrano nella pania
penale, le vere birbe escono sempre.
Senza dire che, come i vecchi giudizi penali, il cannibalismo giuridico, il
concubito delle adultere, i combattimenti colle fiere erano un triste e criminoso
sollazzo, anche i moderni lo sono, sotto forma di Assise e di pena capitale, a cui
accorrono avidamente curiosi tutti i peggiori criminali, che vi trovano il
migliore dei loro passatempi, ed un modo di istruirsi nel male, e raddoppiare
nei reati, sicché la pena stessa e il mezzo per conseguirla sono un’altra forma
semicriminosa, che, notisi poi, pesa tutta sulle spalle degli onesti, i quali, come
in Italia, dopo aver perduto già 20 milioni per i delitti, ne perdono quattro volte
tanto per l’arresto ed il giudizio e sei volte tanto per la loro condanna.
Cosicché si può dire che un buon terzo del bilancio dell’onesto va tutto a
servizio del disonesto, pel
quale una falsa pietà trova sempre una certa
quantità d’attenuanti e di scusanti, tanto più anzi quanto più il delitto è atroce.
Ad ogni modo tanti sono i ricorsi, i controlli, gli appelli e i contrappelli
creati, in apparenza, per confortare sempre più la sincerità del giudizio, che
questo, quando sta per pronunciarsi, trova gli uomini dimentichi del reato
avvenuto — o stancati del lavoro fatto per ottenere la giustizia, e quindi il
pronunciato più ingiusto non desta alcuna reazione. Che se è giusto e severo, vi
provvedono, dopo qualche tempo, le grazie e gli indulti, un altro provento
diretto dei deputati avvocati — sicché bisogna sia ben povero e ben inetto quel
reo che sconta interamente una pena ben meritata.
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Tutto ciò non potrebbe né avrebbe potuto continuare per tanti anni e per
secoli, se in fondo l’utilità che viene da alcuni delitti, non fosse così grande da
impedire sorga nel cuore degli onesti una reazione.
E forse un ufficio del delitto, poco avvertito dai contemporanei, è quello
del preparare, pei suoi eccessi, una reazione. A furia di ipocrisie il gesuita e il
paolotto divennero sinonimo di ipocrita, e da allora in poi nacque una reazione
potente contro il gesuitismo.
Nell’epoca nostra, specialmente in Francia e in Italia, gli abusi indecenti
degli avvocati e dei deputati, a cui il potere è uno strumento continuo di rapina
su tutti e contro tutti, l’abuso protetto da immunità parlamentari, da codici, che
essi stessi dichiarano fabbricati molte volte in favore dei disonesti, che per loro
rappresentano la maggioranza portando all’eccesso l’abuso dei forti contro i
deboli, deve far rinnovare quella primitiva reazione, che già avvenne nei primi
tempi contro il male e per cui sorse il diritto. Noi ne vediamo il riflesso nel
linciaggio in America, e nel ribrezzo che mette fin la parola: «forza irresistibile»
nella giuria, che pur essendo più umanitaria del giudice, davanti alle reboanti
frasi dei deputati e avvocati risente un vero disgusto.
Non so se queste parole, che la tristezza dei nostri tempi mi ispira,
saranno capite dai più.
Chi sa che molti, invece di crederle un’espressione di protesta contro il
torrente di fango che ci sale alla gola e tutti ci infama, non le creda una bizzarra
apologia del male e un agglomero di paradossi per attirare l’attenzione sbadata
dei più.
Non io mi difenderò. Quando in un paese le idee nove e il senso morale
non son maturati, sarebbe vano voler farvi violenza o pretendere che sorgan per
forza, solo perché voi lo o desiderate o sperate. Bisogna abbassare il capo
pensando ai tempi che verranno senza lusingarsi di un immediato rimedio e
nemmeno di esser compresi.
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