Intervista a Eric Schopler - Form@re

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Intervista a Eric Schopler - Form@re
Seminario tecnico Erickson: L’approccio TEACCH al ritardo mentale e all’autismo
Trento, 1-2 dicembre 2001
INTERVISTA A ERIC SCHOPLER
Founder and Co-Director Division TEACCH – University of North Carolina
Come fondatore del TEACCH, il programma per il trattamento e l’educazione dei bambini
autistici e con problemi di comunicazione, lei è testimone dell’evoluzione che questo approccio
ha subito in oltre tren’anni. Quali sono i principi più importanti e i metodi di insegnamento
che meglio di altri hanno resistito nel tempo?
L’autismo è un disturbo dello sviluppo che solitamente ha bisogno di speciali considerazioni
durante tutto l’arco di vita di un individuo. Al momento attuale noi non abbiamo una “cura”, ma
molte persone stanno lavorando e facendo ricerche per trovarla. Ho imparato che il modo in cui i
genitori vedono e vivono l’autismo è il singolo fattore più importante che continua a modellare e a
fornire informazioni al nostro programma di trattamento e alla nostra ricerca. Questo sta a
significare che noi abbiamo una modalità relazionale di lavoro basata sulla collaborazione, dove i
professionisti possono imparare dai genitori, usare l’esperienza unica che i genitori posseggono
rispetto ai loro bambini e dove, allo stesso modo, noi come professionisti possiamo offrire ai
genitori le nostre conoscenze e la nostra esperienza che abbiamo maturato negli anni, lavorando con
molti bambini autistici. Noi abbiamo genitori che ci aiutano nel definire quelle che sono le priorità
all’interno del programma. Assieme ci focalizziamo sullo sviluppo del programma scolastico da
seguire, sui campi estivi, sulle comunità alloggio, sui programmi prescolari e di sostegno
occupazionale.
La prospettiva dei genitori fornisce quindi utili informazioni al nostro training multidisciplinare
proprio del modello globale. Questo significa che noi ci aspettiamo dai nostri operatori, sia che essi
siano operatori sociali, educatori, psicologi, terapisti del linguaggio o psichiatri, di avere una
conoscenza operativa dei problemi connessi all’autismo e non solamente uno speciale punto di vista
che essi hanno potuto acquisire nel loro percorso scolastico-professionale.
La maggior parte della nostra ricerca è volta a risolvere problemi connessi proprio alla prospettiva
genitoriale. E’ vero che ci sono alcuni genitori che credono di avere potere decisionale in questioni
legate ai servizi, alla ricerca, alle priorità nel trattamento senza la necessità di una collaborazione
con i professionisti, ma io credo che questo atteggiamento non faccia altro che rendere il loro sforzo
ancora più difficile e in salita di quanto già non lo sia se c’è una buona collaborazione con i
professionisti.
Che cosa non è resistito al trascorrere del tempo?
Fin dall’inizio ho imparato che la ricerca di speciali tecniche di trattamento e di possibili cure era al
centro dell’interesse da parte di molti professionisti e ricercatori e questo era certamente un
qualcosa di desiderabile sia da parte nostra, sia da parte dei genitori. Tuttavia ho imparato che
troppo spesso quelle ricerche si basavano più sugli aspetti relativi alla loro “commercializzazione”
piuttosto che sui risultati effettivi. I risultati promessi da giornalisti o altri promotori non erano
supportati da un’effettiva esperienza. Le innumerevoli tecniche specifiche che sono nate durante
questi trent’anni, hanno in comune le seguenti caratteristiche:
1. Solitamente sono basate su un’idea altisonante.
2. Vengono solitamente riportati un paio di casi aneddotici, come esempio di cure efficaci e
miracolose (gli entusiasmi degli studi pilota iniziali) senza però presentare gli aspetti
negativi e i costi
3. Nessuna di queste tecniche è stata efficace con tutti i bambini autistici.
Ad esempio l’impiego di Fenilfluramine venne inizialmente portato all’attenzione pubblica con un
caso pubblicato sul “New England Journal of Medicine”, poiché si riteneva che l’impiego di tale
farmaco avesse raddoppiato il Q.I. del bambino: ma questo risultato non venne più replicato. La
comunicazione facilitata è stata ampiamente presentata come un importante passo avanti nella
comunicazione. Non era però stata presa in considerazione quella parte di ricerca che mostrava
come la maggior parte della comunicazione è prodotta dal facilitatore, non dal bambino. Allo stesso
modo non hanno trovato fondamento le dichiarazioni di abuso sessuale mosse contro genitori e
operatori da parte di molti sostenitori della comunicazione facilitata.
Ci sono altri principi e metodi di insegnamento che hanno resistito nel tempo?
Ci sono altri sei principi che hanno guidato il nostro approccio TEACCH sia nell’ambito della
ricerca che dei servizi offerti. Questi sono:
1) L’autismo di solito comporta un duro impegno nell’intero arco di vita. Il nostro obiettivo è quello
di migliorare l’adattamento dell’individuo i due modi: primo, potenziando le abilità adattive con le
migliori tecniche disponibili e, secondo, quando ci si trova di fronte a un deficit particolarmente
grave, adeguando l’ambiente a tale limitazione. Il nostro approccio promuove entrambi questi
impegni, assieme a:
2) Un assessment individualizzato di ogni paziente, sia formale – i migliori e più appropriati test
disponibili – sia informale – cioè la più accurata osservazione da parte di insegnanti, genitori e
chiunque altro abbia regolari contatti con il bambino. In altre parole, è necessaria una comprensione
ottimale dei problemi e dei punti di forza di ogni soggetto per identificare il migliore trattamento
individualizzato possibile.
3) Per la maggior parte dei soggetti colpiti da autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo,
potenzire gli strumenti in grado di mettere a frutto le loro capacità nell’elaborazione visiva per
superare difficoltà in quella uditiva, nelle capacità organizzative e di memoria. Queste si sono
rivelate le più indicate nell’insegnare ad apprendere autonomamente e a prevenire problemi di
comportamento. Tali strumenti possono essere utilizzati a scuola, a casa e nell’ambiente lavorativo;
inoltre, possono essere attenuate a seconda delle esigenze.
4) I più efficaci approcci all’insegnamento consistono nel potenziamento delle abilità dei bambini e
nel riconoscimento e accettazione dei loro limiti. Tale priorità è particolarmente importante per i
bambini, oltre che per gli adulti, per i genitori, per l’équipe curante e per tutti gli altri.
5) Gli interventi più validi si basano sulle teorie cognitivo-comportamentali. Tengono in
considerazione le differenze evolutive e permettono di lavorare su motivazione, comunicazione
spontanea e interazioni sociali.
6) Formazione di esperti su di un modello globale, indicando con ciò la capacità di affrontare
l’intera gamma di problemi legati all’autismo, indipendentemente dalla preparazione specifica. Ciò
permette a ognuno di occuparsi responsabilmente di un bambino nella sua globalità, a prescindere
dalla competenza professionale. Dà la possibilità di consultare specialisti quando necessario. E,
soprattutto, favorisce l’assunzione del punto di vista dei genitori, dato che da loro ci si aspetta una
tipologia di azione “globale”, sia che il loro figlio necessiti o meno di bisogni speciali.
Per questo, la miglior proposta di trattamento sta nella selezione di possibilità terapeutiche
personalizzate, combinando la decisione genitoriale con una buona collaborazione professionale.
Spesso i genitori si trovano di fronte a una miriade di trattamenti e proposte educative tra i
quali bisogna scegliere per i propri figli programmi e terapie spesso in netto contrasto tra
loro. Quale consiglio si sente di dare ai genitori per aiutarli a vagliare le scelte più indicate per
i propri figli?
Il miglior consiglio a lungo termine è quello di entrare a fare parte di un sistema di supporto
comunitario che sia praticabile ed efficiente anche in termini di costi, sulla traccia della nostra
esperienza in North Carolina. In questo contesto, tuttavia, è necessario continuare a cercare e a
mettere alla prova le nuove tecniche di trattamento, valutandole in base alla ricerca di tipo empirico
e a un’osservazione razionale. Bisogna rendere queste valutazioni e questi studi accessibili ai
genitori quanto prima. Ciò permetterà loro di inserire nella gerarchia delle priorità esistenti una
nuova tecnica di trattamento o di decidere se, invece, incorporarla al programma già seguito dal
figlio.
Sulla scia dei sostanziali cambiamenti avvenuti recentemente e che continuamente avverranno
in relazione al trattamento dell’autismo (ad esempio il TIA - Training per l’Integrazione
Uditiva, la CF - Comunicazione Facilitata, ecc.), quali cambiamenti prevede per il futuro?
Attualmente c’è un numero crescente di progetti di ricerca e di giovani che si avvicinano a questo
campo di studi. Questa è una svolta formidabile che porterà a una migliore comprensione e
trattamento dell’autismo. Allo stesso tempo però si apre spazio a uno sviluppo senza controllo, in
cui potenziali metodologie sono complicate o sostituite da ideologie politiche. Credo che ciò stia
avvenendo nella CF e in altri metodi diffusi ben oltre quanto ragionevolmente sostenibile in base ai
dati sulla loro efficacia. Questa politicizzazione di certe tecniche ipersemplifica il problema,
ostacola la scelta da parte dei genitori, beneficia pochi promotori ed è potenzialmente dannosa per i
clienti, le loro famiglie e l’intera comunità.
Riprendendo la domanda precedente, crede che il TIA e la CF saranno mai incorporati al
programma TEACCH?
Come ho detto poco prima, nuove ricerche pilota sono certamente incoraggiate nel programma
TEACCH, e le famiglie con cui lavoriamo hanno partecipato a programmi sperimentali come il
TIA, la CF e molti altri. Tuttavia, finché non saranno pratiche consolidate, le consideriamo
programmi sperimentali e cerchiamo di non far prendere loro il posto dell’approccio educativo
basato sul senso di comunità che sappiamo essere efficace.
La controversia riguardo la CF è cresciuta continuamente, soprattutto dopo alcune
trasmissioni televisive. Qual è il suo punto di vista sulla validità di questa tecnica?
La CF è stata divulgata in maniera davvero irresponsabile, con pretese di alti livelli di
comunicazione che, in realtà, partono dall’agente facilitante piuttosto che dal soggetto; è stata
addirittura usata per accuse di abuso sessuale. Alcuni fautori della CF hanno dichiarato che “più del
100%” dei bambini in situazione di handicap subiscono abusi sessuali entro il diciottesimo anno di
età. Affermano che a questi bambini non serve guardare la lavagna per comunicare perché sono
telepatici. Sono molte le conseguenze distruttive di un simile atteggiamento, non ultima la
negazione o l’ipersemplificazione della natura del deficit, che impedisce il reperimento del miglior
sistema di comunicazione aumentativa per i bambini in grado di usarla e, in alcuni casi, rovinando
famiglie accusate di abuso da questo processo irrazionale senza alcuna prova valida.
Può spiegarci il sistema di valutazione CARS e come è nato questo strumento diagnostico?
Ai tempi in cui entrai nel campo, la diagnosi di autismo poteva essere fatta esclusivamente da uno
psichiatra altamente specializzato che, nella maggior parte dei casi era anche uno psicoanalista di
scuola freudiana. La diagnosi era soggettiva e costosissima per i genitori. Spesso si basava su
presupposti psicoanalitici sbagliati e inadeguati. Abbiamo sviluppato la Childhood Autism Rating
Scale (CARS) nei primi anni ’70, per stabilire un sistema diagnostico basato sul comportamento
osservato anziché sulle supposizioni; uno strumento che potesse essere utilizzato in modo affidabile
dai professionisti e in cui la diagnosi fosse trasparente e riscontrabile.
La CARS usa 15 scale compilabili in base all’osservazione diretta, ai colloqui con i genitori, a
valutazioni e alla cartella clinica. È stata sottoposta a verifica in molti studi pubblicati e ho il piacere
di riferirvi che le sue proprietà psicometriche sono state diffusamente comprovate come più
affidabili e valide rispetto a ogni altra scala attualmente disponibile.
Come vede questo attuale e crescente interesse per l’integrazione?
I termini integrazione e inclusione, sono utilizzati in modo diverso dalle persone. Generalmente
questi e altri termini si riferiscono alla partecipazione alla vita normale della comunità non disabile.
Credo che l’inserimento nella comunità sia stato fin dall’inizio la base dell’approccio TEACCH e
un aspetto fondamentale di ogni nostro obiettivo di trattamento e di ogni nostra prassi.
L’integrazione funziona meglio quando deriva dalla collaborazione genitori-scuola.
La Autism Society of North Carolina ha una notevole rete di programmi ausiliari e di servizi
per genitori, professionisti e per la popolazione autistica. Nell’imminente futuro è in
previsione anche l’apertura di un nuovo campo estivo, e la società gode di sussidi statali e
federali che non hanno paragone nel panorama americano. Come si è sviluppato un tale
network?
Ho lavorato strettamente con l’Autism Society of America (ASA) sin da quando è stata fondata con il
nome National Society for Autistic Children (NSAC). Probabilmente sono stato l’unico
professionista ad aver presieduto la PPA (Panel of Professional Advisors) in due distinte occasioni.
Durante la mia lunga collaborazione con l’ASA ho imparato cosa era utile e cosa no. Molta di
questa esperienza è risultata importante quando ho aiutato le nostre famiglie a costituire l’ANSC
(Autism Society of North Carolina), la nostra associazione statale. Questo ci ha portato ai più
importanti traguardi. Il successo tanto dell’ASNC quanto del TEACCH deriva dalla continua
collaborazione genitore-professionista cui si aggiungono l’Università del North Carolina e la sfera
legislativa. Abbiamo lavorato assieme allo sviluppo dei servizi migliori, delle ricerche più
importanti e nella formazione multidisciplinare secondo il modello globale. Ciò ha costantemente
catturato l’interesse di genitori, esperti e accademici di talento che hanno promosso la prospettiva di
scambio famiglia-operatore con interesse genuino e grande competenza. I risultati sono programmi
efficaci a costi ridotti, relativamente pochi guai legali, e un continuo sostegno da parte di Università
e Stato. Qualcuno ha considerato tale sviluppo esclusivo del North Carolina; tuttavia, noi lo
vediamo replicato sempre più spesso in altri Stati e Paesi.
A livello personale, sta lavorando a qualche nuovo progetto? Le capita mai di collaborare con
sua moglie Margaret Lansing, che è una specialista dell’educazione?
Mia moglie Margaret è stata coautrice assieme a me di una serie di pubblicazioni ed è stata il mio
modello maggiormente presente di “operatore globale”. I nostri lavori hanno riguardato l’aiuto alle
famiglie con problemi di autismo, lo sviluppo del programma TEACCH, lo scrivere insieme libri
sulle strategie di insegnamento, il far crescere cinque figli e nove nipotini, la gestione di una piccola
fattoria, l’allevamento di pesci-gatto e lo sviluppo di una piccola comunità agricola.
Ora che i nostri colleghi più giovani si sono presi il carico di portare avanti il programma TEACCH,
noi stiamo concentrando il nostro tempo e i nostri interessi più sullo scrivere e sul far conoscere il
nostro approccio in altri Paesi.
Questa intervista è tratta da http://www.teacch.com