Quando la curiosità è donna - Benvenuti sul sito di Cristina Freghieri
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Quando la curiosità è donna - Benvenuti sul sito di Cristina Freghieri
LA SICILIA DOMENIC A 27 LUGLIO 2008 DOMENIC A 27 LUGLIO 2008 LA SICILIA 16. .17 REPORTAGE Tutto il fascino dei fondali Subacquea milanese. Dedica il suo tempo alla ricerca A spasso in immersione. Il «Kent» è uno dei più visitati relitti di relitti. Nei suoi libri i racconti di centinaia di immersioni. «La Sicilia? Una bella scoperta. Le aree marine protette servono, ma senza esagerare» siciliani grazie al fascino della sua storia e alla limpidezza delle acque del Golfo del Firriato. Affondò nel 1978 a causa di un incendio. Oggi rivive grazie alla presenza di una fauna sorprendente Quando la curiosità è donna Sulla nave dei Corani nel mare di San Vito Cristina Freghieri: una passione nata quasi per caso. L’amore per i relitti LEONARDO LODATO Se fosse possibile dialogare con un qualsiasi relitto dei nostri mari, ci direbbero una cosa sola. Che nella loro nuova vita, almeno una volta, si sono innamoratI dell’azzurro intenso di quegli occhi che li scrutano con eleganza. E con grande rispetto. Gli occhi sono quelli di Cristina Freghieri. Sirena incantatrice dei relitti. E dire, che nella sua vita, Cristina faceva tutt’altro. «Ho passato dieci anni ad allenare cavalli da salto. Poi, un giorno, un fatto drammatico mi ha fatto scendere da cavallo e fino ad oggi non sono più andata. Ho trascorso un anno della mia vita tristissimo. Una mattina di pioggia di marzo passeggiavo a mare con il mio cane e siamo stati lì, sulla spiaggia bagnata, per parecchie ore. Ho sentito che stava succedendo qualcosa nella mia mente perché, a un certo punto, mi si è formulata in testa una domanda: "Ma cosa ci sarà là sotto?". Ho sempre amato il mare ma lo avevo sempre vissuto in superficie. Quella volta è stato come se fosse stato il mare stesso a chiamarmi e a dirmi: "Vieni a dare un’occhiata". Sono stata spinta dal desiderio di trovare di nuovo qualcosa che avesse un senso passionale. Mi sono iscritta a un corso della Fips (l’attuale Fipsas. Ndr). Ed è stato un damma - prosegue Cristina, ridendo - Sono stata l’unica allieva che non ha superato il corso. Una cosa un po’ triste visto che avevo 33 anni. Poi, però, è andato tutto per il meglio. Quando ho messo la testa sott’acqua mi sono sentita rinata. Quello era il mio posto al sole». Di conseguenza, nasce la grande passione per i relitti. «E’ nato tutto per caso. Il mio primo relitto è stato il Blue Bell in Sudan: L’IDENTIKIT Due occhi azzurri Da 0 a -100 metri Cristina Freghieri vive e lavora a Milano. Suabcquea tecnica, collaboratrice di numerose riviste specializzate, ha pubblicato tre libri: «da 0 a -100 metri», «Petroliera Milford Haven - L’ultimo sospiro» e «Nell’anima di un relitto». La vita subacquea che svolge nelle fredde acque dei laghi e nelle anguste grotte non le ha fatto tralasciare il suo primo grande amore: i relitti. Convinta che meritino rispetto, non solo perché proprietà del mare, ma anche per il loro vissuto legato alla vita dell’uomo. Nel suo più recente libro «Nell’anima di un relitto» (Magenes Editoriale), racconta la sua esperienza sui relitti di tutto il mondo, dal Re-Faruk in Spagna al Rubis di Cap Camarat in Francia, dal Dornier 24 di Port Cros e al Togo di Cavalaire, sempre in Francia, al Kt della Riviera di Levante a Genova, dal Ta 30 di Deiva Marina ai siciliani Kent (San Vito Lo Capo) e Wellington MkII (Trapani), passando per l’Isonzo (Cagliari), il Veliero (Bisceglie), fino alla petroliera Milford Haven alla quale Cristina Freghieri ha dedicato un altro libro: «Petroliera Milford Haven L’ultimo sospiro» edito da La Mandragora. LE. LOD una folgorazione. Ho sentito subito un richiamo fortissimo». Una storia d’amore... «Già. Avverto sempre questo scambio di emozioni. E’ una sensazione stupenda». Amore per i relitti che vuol dire anche rispetto dell’ambiente. «Spero che in quello che scrivo traspaia il bisogno di rispetto di cui necessitano i relitti. Distruggerli significa massacrare il vissuto, la storia, uccidere un’anima che vive ancora». Dopo anni in cui si andava a predare i relitti, adesso sembra esserci una maggiore coscienza. «Fortunatamente c’è più sensibilità. Mi sembra che le nuove generazioni subacquee siano più portate al rispetto per l’ambiente e per ciò che li circonda». C’è una lunga querelle tra parte del mondo della subacquea e le aree marine protette, accusate di precludere la maggior parte del nostro mare agli amanti delle immersioni. Lei cosa ne pensa e in che posizione si pone? «In realtà sto nel mezzo. Sono certa che se l’aera marina è fatta con le giuste intenzioni, per rispetto verso il mare, per permettere la ripopolazione dei pesci, la salvaguardia dell’ambiente, credo che il subacqueo debba accettare certe limitazioni. Sono a favore della creazione delle aree protette, ma capisco anche il subacqueo. Bisogna trovare un punto d’incontro. Certamente il nostro mare ha bisogno di protezione, e qualche sacrificio lo accetto». Nel suo libro «Nell’anima di un relitto» racconta anche di alcune immersioni siciliane. «Il mare della Sicilia è stata una piacevole scoperta. C’è questa acqua che oserei definire intensa, di questo azzurro chiaro totalmente differente rispetto ad alcuni punti del nostro Mediterraneo, più scuro, molto blu, che io amo moltissimo. Ma il mare siciliano ha questo azzurro chiaro che trovi anche a grandi profondità. Mi ha col- pito tantissimo. Ho fatto delle alcune immersioni a Trapani, in un punto che guarda più verso il Mar Rosso. Non so se la tropicalizzazione del Mediterraneo incida anche sul colore dell’acqua. E poi questi relitti, tra cui il Kent, dove ho avuto la fortuna di immergermi quando c’era ancora buio, prima dell’alba. E’ stata un’esperienza stupenda». Dai suoi racconti traspare un grande amore per le immersioni notturne. «Amo molto le immersioni all’alba e prima del tramonto perché credo che siano i momenti in cui il mare parla di più. Se ti immergi su un relitto all’alba incontri i pesci che riposano. Di notte scopri come dormono i pesci, che poi, in realtà, non dormono ma stanno fermi. Sono immagini ed emozioni irripetibili. Durante la giornata, invece, è tutto diverso perché il mare si muove, c’è più rumore, si sentono i motori delle barche. Molti pesci rimangono nascosti. E poi, i relitti. Hanno un’immagine fantascientifica, stregante. Se ti cali verso la fine della giornata assisti a certi effetti di colore che danno la sensazione che il relitto si rincuori, e nel frattempo arrivano tutti i suoi abitanti». Con il suo team ha anche realizzato un video dedicato al Kent. «Lo abbiamo fatto l’anno scorso. In realtà, io e il mio gruppo eravamo a San Vito Lo Capo per cercare un sommergibile che non abbiamo ancora trovato. Siamo andati a fare un po’ di immersioni per rincuorarci dopo la tristezza della nostra vana esperienza. E quindi abbiamo girato delle immagini sul Kent. Un filmato estremamente semplice. Lo abbiamo proiettato in una serata a San Vito su invito della Pro Loco. Ed è piaciuto molto, forse anche per il patriottismo del luogo». Sembra pronta a salpare per nuove avventure LEONARDO LODATO NOSTRO INVIATO UNO SHOW SUBACQUEO Da sinistra, in senso orario, Cristina Freghieri in immersione; splendidi esemplari di crinoidi sul relitto del «Veliero» in Puglia; Presa d’aria con boccaporto ricoperta di incrostazioni sulla petroliera Milford Haven nei fondali liguri; l’albero maestro del Kent, conosciuta come «Nave dei Corani», affondata nel Golfo del Firriato, il relitto dell’aereo Wellington MkII (Trapani). Le foto, ad eccezione di quella del Kent (centrosubatlantis.com), sono di Cristina Freghieri e Massimo Paolini, e sono tratte dai volumi «Nell’anima di un relitto» e «Petroliera Milford Haven - L’ultimo sospiro» SAN VITO LO CAPO. Si parte quando le luci del mattino sono ancora in embrione. L’auto carica dell’attrezzatura minuziosamente controllata per evitare sgradite sorprese dell’ultimo momento. Un erogatore in continua, un cinghiolo fuori uso o una frusta usurata sono inconvenienti che potrebbero rovinare la giornata. Obiettivo della levataccia è San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, dove ci aspetta uno dei relitti più belli e particolari del mare siciliano: il Kent, conosciuto anche con il soprannome di Nave dei Corani. Si tratta di una motonave da carico, con stazza lorda di 783 tonnellate, battente bandiera cipriota. Partita da Siracusa il 30 giugno del 1978 e diretta a Brindisi, trasportava un carico di zampironi, 8000 sacchi di palline di polietilene, sigarette per l’equipaggio, 27 tonnellate di carburante, 1300 kg di olio lubrificante e alcuni libri del Corano. Il Comandante era un greco, Liakos Hristos, mentre l’equipaggio era composto da dieci persone, di cui due greci, un ghanese, cinque pakistani e due originari del Gambia; proprietario del Kent era il greco Tsourinakis Thomas. Il 7 luglio del 1978, mentre la nave era alla fonda a San Vito Lo Capo, scoppiava un incendio nella sala macchine. L’equipaggio veniva sbarcato con una scialuppa di salvataggio. I primi soccorsi venivano portati da due motovedette della Ca- pitaneria di Porto e da un motopesca. Il giorno dopo intervenivano due rimorchiatori per spegnere l’incendio, ma le operazioni si dimostravano inutili. Venti minuti prima di mezzogiorno il Kent cominciava ad affondare lentamente. Caricata l’attrezzatura sul gommone, ci spostiamo di fronte alla vecchia Tonnara di San Vito Lo Capo, in un piccolo tratto di mare chiuso tra Punta Spadillo e Punta Forbice denominato Golfo del Firriato. E’ qui che cominciamo la nostra discesa nel blu. Il sole è ormai alto e il mare limpido, leggermente disturbato da un po’ di corrente, ci lascia godere il piacere di questa immersione. E’ davvero emozionante vedersi stagliare sotto di noi l’albero maestro, mentre ci dirigiamo, velocemente, verso prua. Una nuvola di castagnole ci danza intorno, mentre tunicati e madrepore ricoprono le pareti del relitto. Attraversiamo il ponte di comando e sembra proprio che il Kent, nella sua posizione di navigazione, sia pronto a salpare verso nuove avventure. Tra i passeggeri, sorprendiamo un abbondante grappolo di gamberi, mentre notiamo l’abbondante presenza di scorfani, anche se nel nostro giro non riusciamo più a scorgere i numerosi libri del Corano che hanno dato il soprannome a questo relitto. Quella sul Kent è un’immersione abbastanza impegnativa e per visitarlo con attenzione merita almeno tre tuffi. Per il momento ci accontentiamo di quel che abbiamo visto. Salutiamo il Kent con il rispetto che merita questo silenzioso guardiano dei fondali. E il nostro è un arrivederci. Al prossimo viaggio.