L`amore morte
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L`amore morte
L’amore morte 12 agosto 2012 – XX Domenica tempo ordinario anno B Prima lettura – 1Re 19,4-8 In quei giorni, 4 Elia s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». 5 Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». 6 Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. 7 Tornò per la seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». 8 Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb. Elia è il profeta che doveva tornare, dopo essere stato rapito in cielo, per annunciare la venuta del messia al popolo d’Israele. Il racconto di oggi viene dopo l’episodio dello scontro sul monte Carmelo tra Elia e i 450 profeti di Baal (1Re 18,20-40) che doveva mostrare quale fosse il vero Dio tra il Signore e Baal. Il giudizio è favorevole ad Elia che fa uccidere i profeti di Baal. La regina Gezabele, che seguiva il culto di Baal, minaccia Elia di morte ed Elia, spaventato, si allontana da Izreel e si inoltra nel deserto per una giornata di cammino, perché desidera morire. Il profeta non sopporta più quanto gli sta accadendo, la persecuzione di Gezabele e si rivolge a Dio per chiedere la morte. Preghiera insolita, in quanto di solito si chiede la vita e non la morte a Dio. La motivazione di questa richiesta è che Elia non si ritiene più giusto dei suoi padri. Egli si considera un peccatore e, come tale, la morte è l’unica soluzione per la sua vita minacciata. Dopo questa preghiera, stanco per il cammino fatto si addormenta sotto la ginestra. Il Signore ascolta la preghiera di Elia, ma non per esaudirla. Fa intervenire un angelo per dare a Elia un po’ di vita attraverso il cibo, così che riprese le forze la sua mente non sia più attraversata da pensieri di morte, come a volte capita anche a noi quando ci sentiamo deboli. Elia ascolta l’angelo e mangia il pane e beve l’acqua, e torna a dormire. Il Signore manda una seconda volta l’angelo per dire a Elia di mangiare a causa del lungo cammino che lo attende. Elia mangia e beve e si sente pieno di forza a tal punto che può camminare per quaranta giorni e quaranta notti fino all’Oreb, il monte dove Dio aveva stipulato l’alleanza con il suo popolo. Qui Elia avrà modo di incontrare Dio non nei grandi eventi atmosferici, ma nel silenzio del vento che soffia, rendendosi così conto che Dio opera nella storia non attraverso grandi opere, che meravigliano gli uomini, ma nella quotidianità, in cui il Signore si rende presente con i piccoli segni della vita che occorre saper discernere per cogliere tutta la grazia che ci avvolge. Seconda lettura – Efesini 4,30 - 5,2 Fratelli, 30 non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. 31 Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. 32 Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. 1 Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2 e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Paolo sta svolgendo il tema della vita nuova in Cristo. Egli continua la sua esortazione, iniziata in 4,1, chiedendo ai suoi fratelli di non rattristare lo Spirito che hanno ricevuto nel battesimo, il giorno della redenzione. Questo avviene quando si vive secondo lo spirito del mondo, che si sostanzia nel dominio sui fratelli attraverso un uso del linguaggio che privilegia l’asprezza del parlare, lo sdegno per chi commette peccati, l’ira con chi contrasta il nostro dire e fare, alzare la voce per imporre la propria volontà e diffondere maldicenze per screditare i fratelli. Vivere secondo lo Spirito di Dio vuol dire invece prendersi cura della vita dei fratelli come se fosse la propria, secondo il comando dell’amore del prossimo come se stessi. La benevolenza reciproca è il coraggio di guardare l’altro come un vero fratello, essere misericordiosi vuol dire vivere, per quanto è possibile, la medesima compassione di Dio, che si concretizza nel perdono vicendevole che trova la sua origine nel perdono che Dio ha dato agli uomini attraverso la vita di Cristo. Farsi imitatori di Dio, a noi che, come allora i primi cristiani, ci sentiamo sempre peccatori, è un’esortazione che ci può sembrare paradossale, ma che per Paolo è molto reale. Infatti esorta i suoi fratelli a camminare in quella carità, lo Spirito santo di Dio, che ci ha mostrato Cristo quando Testi ed appunti per la liturgia domenicale possono diventare dono da offrire per maturare il nostro sacerdozio comune nella Parola di Dio. Nei circoli e tra cristiani che partecipano alla liturgia il testo può servire per una personale riflessione settimanale. ha dato se steso per noi in sacrificio di soave odore. Ora bisogna ben intendere questo amore di Gesù. Egli, vero uomo e vero Dio, quando ci ama, ama anche se stesso del medesimo amore. Egli è colui che dà la vita, perché l’ha affidata con fiducia nelle mani del Padre, che dopo la morte, gliela restituisce in pienezza, perché si è mostrato fedele all’amore che lo lega con il Padre. Farsi imitatori di Dio, per Paolo, vuol dire entrare in questa relazione dinamica tra il Padre, il Figlio e lo Spirito, e farla propria. Se questo è quello che vuole Dio, chi siamo noi che, per finta umiltà, diciamo: per noi è troppo difficile? Vangelo – Giovanni 6,41-51 In quel tempo, 41 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». 43 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Nei versetti 6,36-40 – che la liturgia omette nella lettura continua di questo dialogo di Gesù con i Giudei – Gesù afferma che la sua missione è quella di non perdere nulla di tutto ciò che il Padre gli ha affidato. Infatti «questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (6,40) La mormorazione dei Giudei rimanda alla mormorazione degli ebrei nel deserto nei confronti del Signore, da cui poi ottennero il pane dal cielo. Qui la mormorazione è contro Gesù perché si era identificato con il pane disceso dal cielo. Lo sconcerto dei Giudei, maggiore del nostro, è basato sul fatto che di Gesù essi conoscevano il padre e madre, Giuseppe e Maria, e dunque come poteva Gesù dire di essere disceso dal cielo? Gesù riprende con pazienza la sua catechesi nei confronti degli interlocutori. La mormorazione non serve a niente per comprendere cosa sta accadendo. Serve invece avere fede in quel Dio che con il profeta Geremia aveva annunciato la nuova alleanza in cui «tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,34). L’essere attirati dal Padre vuol dire aderire alla promessa di Geremia e conoscere così il Padre e il Figlio che egli ha mandato. Il Padre nessuno lo ha visto (solo il Figlio lo può rivelare, cfr. Gv 1,18). Gesù conclude questa parte del discorso con una affermazione che riassume il dialogo: chi crede ha la vita eterna. Gesù non chiede altro se non credere nella sua parola che è conforme a quella dei profeti. Nel vangelo di Giovanni più volte Gesù si identifica con qualche simbolo. Quattro volte si identifica con il pane della vita disceso dal cielo in questo cap. 6. Due volte con la luce del mondo (8,12; 12,46). Due volte con la porta delle pecore (10,7.9) e due volte con il buon pastore (10,11.14). Una volta con la resurrezione e la vita (11,25). Una volta con la via, la resurrezione e la vita (14,6). Due volte con la vite (15,1.5). Una volta come re (18,37). Gesù vuole così riprendere alcuni eventi della storia della salvezza e reinterpretarli nella sua vita. La manna discesa nel deserto era cosa buona, ma non dava la vita eterna, infatti i padri sono morti. Invece lui è il pane disceso dal cielo che dà la vita eterna. Questo pane è la carne di Gesù, cioè la sua vita che egli dà per la salvezza del mondo. Spunti di riflessione * Riconosciamo i segni misteriosi delle "coccole” di Dio? * I nostri sforzi educativi sono diretti ad insegnare come "camminare nella carità"? * Sappiamo vedere in Gesù il modello che risponde alle mormorazioni? a cura di Marco Bonarini – Funzione Vita Cristiana Acli nazionali Andrea Casavecchia – Funzione Studi Acli nazionali Testi ed appunti per la liturgia domenicale possono diventare dono da offrire per maturare il nostro sacerdozio comune nella Parola di Dio. Nei circoli e tra cristiani che partecipano alla liturgia il testo può servire per una personale riflessione settimanale.