Paolo Pisani * Premessa A tracciare questo "portolano

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Paolo Pisani * Premessa A tracciare questo "portolano
Paolo Pisani *
Premessa
A tracciare questo "portolano", presuntuosamente ma
anche provocatoriamente titolato "SGALATEO POLITICO",
siamo stati mossi dalle azioni maldestre di tanti razzolanti personaggi che si muovono nel bosco e sottobosco
della politica nazionale. Consideriamo come tale, non
tanto chi è esperto nella teoria e pratica del governare (e
che meglio di noi potrebbe azzardare ciò che noi azzardiamo), quanto chi partecipa alla vita di un partito o chi,
come eletto o investito, si trovi a occuparsi della pubblica
gestione dello Stato e delle sue emanazioni, come Regioni, Province, Comuni, Circoscrizioni, enti vari e derivati.
Naturalmente il nostro intento, mosso dagli sbagli che
nel tempo noi per primi abbiamo compiuto ma anche
dalla saggezza distillata da altri, sarà quello di contemplare cose, persone, luoghi, pensieri e azioni che dovranno essere da Voi accuratamente considerati. Uno "Sgalateo" farcito di proverbi aggiornati, offese, insulti, frasi a
effetto, citazioni da memorizzare, insomma un sintetico
campionario di ciò che dovrà essere tenuto a distanza,
fatto proprio e considerato nell'opera giornaliera del vostro vivere in politica.
Un lavoro, il nostro, principalmente di assemblaggio, di paziente ricerca, di recupero cartaceo, di
memorie orali (quelle... di altra zona anatomica ve le abbiamo risparmiate), di purghe e contro
purghe, di graffi, ferite lacero-contuse, indigestioni e diarree. Non abbiamo neppure voluto adottare in questo portolano un "indice", per non rischiare di farvi trovare d'un tratto troppo vicini al
"medio" che, importato da oltre Oceano, viene oramai comunemente usato per dare consigli di viaggio a chi non si trovi in grande sintonia con noi.
Lasciamo comunque in fondo al libro anche alcune pagine in bianco per i vostri appunti e aggiunte
personali, consigliando la lettura di questo portolano anche agli "arrivati", se vorranno evitare di
essere scalzati da chi si allena o ha già iniziato la competizione.
Paolo Pisani
«Conciossiacosaché... temo che tu camminando nella politica, possi agevolmente o cadere o come
che sia errare; acciocché tu, ammaestrato da me, possi tenere la diritta via...»
Ci perdoni Giovanni della Casa se abbiamo preso in prestito, con una certa licenza, parti iniziali del
suo trattato. Abbiamo voluto aprire classicamente, nel segno della più nobile tradizione di precettistica cinquecentesca, il nostro "libretto". Tra i suoi presupposti ideologici, non vi sono né echi di
platonismo, né ombre di Controriforma né ideali umanistici, semmai una velata strategia della
conservazione.
La consapevolezza di un caos informe che da sempre ci abbraccia ci porta a ricercare trionfi, successi, gloria e la politica è lo spazio ideale in cui sembrerebbe, senza grandi doti e sacrifici, si possa
raggiungere tutto ciò.
Sbaglierebbe chi interpretasse il nostro lavoro come la creazione di un vero e proprio manuale. Indicazioni, suggerimenti, avvertimenti mo qui accennati e starà a ciascuno adottarli e saperne fare
buon uso.
Quanto segue è dedicato soprattutto a coloro che, giovani e meno giovani, non sono stati dotati di
grande talento. I geniali non hanno certo bisogno dì perdere tempo con quello che riportiamo, tuttavia avendo già comprato questo libricino, li ringraziamo e non ci offenderemo se chiuderanno
qui la lettura. Attenzione però: questi cervelloni o genialoidi farebbero molto male a ignorare
quanto pubblicato. Leggendolo, infatti, conosceranno e comprenderanno le azioni e le mosse dei
loro concorrenti e potranno così predisporre le contromisure del caso per restare in vetta ed evitare capitomboli.
Per cominciare: qual è il significato della parola "politico"? Ce lo siamo e ve lo sarete chiesto tante
volte.
Comunemente si definisce tale chi è esperto nella politica, cioè nella scienza e nell'arte del governo e partecipa alla gestione della cosa pubblica. Nasce però un dubbio ancor oggi insoluto: perché,
come "politico" si definisce allora un abile e astuto comportamento? Perché da questo termine
prende vita quel "politicone" con cui si definisce una persona che si destreggia abilmente per raggiungere i suoi fini e per "prezzo politico" si indica un prezzo non remune-rativo, quando invece in
politica tutto è ben remunerato? Non vogliamo trovare il pelo nell'uovo, per carità, ma era doveroso non nascondere questi piccoli dilemmi. Dilemmi simili a quello che ci siamo posti adottando
come titolo il termine "Galateo" anticipato da una deviante "S" (analoga al latino prefisso "dis" e
come tale indicante azione contraria al nome originario) e facendolo seguire dall’aggettivo "politico". Se il Galateo considera le buone maniere, da questa nostra composta titolazione che cosa può
scappare fuori? Un piccolo manuale di retorica o il vademecum dei "furbetti"?
L'intenzione è quella di avviare con rudezza una speculare analisi del parlare e dell'agire sociale
finché si possa delineare il comportamento più conveniente e opportuno per raggiungere lo scopo.
Nello stesso tempo si impone l'opportunità di stare sull'avviso e sapere ciò che è meglio evitare.
Da dove iniziare? Potremmo iniziare con il mettere sull'avviso di fare attenzione a evitare le merde
sui marciapiedi, dato che non è possibile evitare tutte quelle che camminano intorno a noi. Altro
consiglio utile: quello di evitare gli esperti di qualsiasi cosa ed evitare anche quelle persone che
non si arrabbiano subito ma se la legano al dito. Evitare poi coloro che si contentano ma anche
quelli che non si contentano. Da evitare pure quelli che dichiarano di essere dei socialisti riformisti,
perché sono gli stessi che si vantavano di essere anticomunisti e si vantavano di non essere democristiani. Da non escludere anche quelli che hanno l'hobby di fare del bene e quelli che propongono di pagare alla romana.
Da evitare i ragionieri che, dopo essere andati in pensione, pensano dì non essere più ex ragionieri
e si mettono a scrivere o ad occuparsi di psicoanalisi. Evitare le donne con i jeans stretti, quelle
con i collant ed evitare quelle che vogliono dimostrare di "avercelo duro". Comprendere tra le co-
se da evitare anche quelli che dicono "l'Italia è sempre l'Italia" o "la Maremma sarebbe bella se ci
fossero solo i Maremmani". La prescrizione continua con la raccomandazione di evitare le manimosce, i masticabrodo, i mescolamerda e i paraculi. Evitare le psicologhe e le psicanaliste, cosi
come chi a bocca piena ti chiede se vuoi favorire. Non dimenticare di evitare le scarpe strette e
quelle larghe, chi firma manifesti per le buone cause chi dice che gli sei simpatico, chi va a Rio per
vedere i fondo-schiena delle brasiliane, quelli che sposati andavano all'Est perché le donne la davano per un paio di calze ed ora si fidanzano o scappano con le badanti dei genitori o degli zii. Fare
molta attenzione ad evitare quelli che dicono "anziano" invece dì "vecchio", quelli che dicono "noi
giovani". Evitare chi non piange, chi non crede a niente, chi porta bandiere e cartelloni, chi dice di
essere culo e camicia con qualcuno. Evitare gli sponsor e gli sponsorizzati, evitare chi dice la parola
post-moderno, chi confonde le quote rosa con le quote latte e infine evitare anche il cretino che è
in noi.
Un pericolo comunque c'è ed è quello che, ad evitare tutto, uno si ritrovi poi troppo solo.
Uno che vuole fare politica deve sapere anche dare le giuste risposte alle domande che possono
essergli rivolte. Deve insomma essere aggiornato, conoscere ciò che la gente vuol sentirsi dire. Un
esempio? Se una signora vi chiedesse a che cosa serve il sudore la risposta che dovreste dare per
renderla felice e diventarle simpatico dovrebbe essere quella secondo la quale «serve a distinguere le veline e le top-model dalle donne comuni, che sono costrette a faticare tutti i giorni».
Non meno importante ed essenziale è la conoscenza dei proverbi che, con la loro saggezza spicciola e popolare, possono essere di grande aiuto. Proverbi molti dei quali, però, sono stati necessariamente rivisti e corretti. Riteniamo utile riportarne di seguito alcuni perché possiate memorizzarli e
tenerli in debito conto.
Chi va con lo zoppo, arriva prima.
Chi va con lo zoppo, avrà il suo tornaconto.
Chi non spera niente, non dispera mai.
La fretta passa e la merda resta.
Chi mangia con gli occhi la fa poca e male.
Anche le vacche nere danno latte bianco.
Non fare il passo più corto della gamba.
Chi va piano, respira più smog.
Chi è senza peccato, è messo molto male.
Chi di spada ferisce e fa un passo indietro, non lo beccano più.
Dicesi di un uomo potente: "Può pisciare a letto e dire che ha
sudato".
Chi ben comincia, ha tutto il tempo per sbagliare.
L'appetito viene digiunando.
Gli ho dato un dito e mi ha sfilato l'anello.
Era così povero che non aveva neanche una cipolla per piangere.
Chi fa da sé, risparmia in preservativi.
Chi tace piace.
Chi tace, c'è da fidarsi poco.
Chi tace, non è detto che ascolti.
Altro aspetto importante, che permette all’occorrenza di fare una certa figura, è quello di tanto in
tanto di uscirsene parlando in pubblico con una citazione latina. Una di quelle frasi, magari anche
proverbiali, pescate qua e là, che pure chi non si è mai cimentato con il "rosa, rosae" non manca di
adottare con un pizzico di civetteria.
Per arricchire la vostra conoscenza di tali frasi di sapienza latina, vogliamo anche noi proporre
qualche cosina che potrete aggiungere al corredo già in vostro possesso. "Divide et complica",
"Homo homini bucus", "Lupus in cronaca", "Memento dodoppio", "Mater certa est, pater semper
un altro", "Rogito et vengo su". Naturalmente queste citazioni sono liberamente adattate alla nostra contemporaneità, senza però toglierle del tutto dalla loro 'nobiltà' paremiografìca.
Un breve inciso e poi continuiamo, per far notare come si tratti, alla fin fine, di veri e propri modi
di comunicazione, efficaci, rodati nel tempo e di immediato e facile recepimento.
Veniamo dunque ad un campionario di queste espressioni. Iniziamo da uno dei motti più conosciuti: "Vox populi, vox Dei", da certi maligni trasformato e rivolto ai politici affermati, come "Voi popolo, noi Dei", quasi a evidenziare la distanza dal Paese Reale di chi ha cariche pubbliche e ruoli
politici. Non meno efficace e pungente quel "Fama crescit eundo" ovvero "la fama, andando, diventa più grande" riconiato invece "Fame crescit eundo", con intuibile riferimento agli appetiti...
Altro motto, ancor oggi usato e appartenente al latino volgare, è quel "Facta non verba", che richiama al fare appunto fatti e non parole e che, buttato là nel bel mezzo di un discorso, fa sempre
la sua bella figura. Fare attenzione, e lo diciamo soprattutto per coloro che con la lingua latina non
ci sono troppo in confidenza, a quel "Favete linguis!" che non vuoi dire quello che magari a qualcuno in maniera colorita potrebbe sembrare, bensì un perentorio o raccomandato "state zitti!".
Essendo poi opportuno, per chi è in "carriera", praticare la sintesi e risparmiare il fiato non sarà
male tener conto dell'espressione "Multa paucis" ovvero "molte cose in poche parole" e che con
licenza ci invoglierebbe a tradurre "molte fauci", quasi a testimoniare l'affollamento nel mondo
della politica di affamati aspiranti, apprendisti e di personaggi in "servizio permanente effettivo".
Quelli che la sanno lunga sono poi maestri, spesso attraverso lodi, a guadagnarsi un atteggiamento
benevolo da parte di chi li ascolta. Si tratta del "Captatio benevolentiae" che, come Cicerone insegnò, è quell'arte di far recepire all'uditorio solo gli aspetti buoni e positivi di un discorso. Una dote da veri 'paraculi' che, come ogni moderno dizionario indica, sono quelli furbi e abili a fare i propri interessi.
È anche importante, per un aspirante politico, riuscire a far cogliere e saper cogliere gli elementi
nodali di una argomentazione sia verbale che scritta: ecco allora opportuna l'espressione "Punctus
saliens" ovvero "il punto saliente" che non ha nessuna attinenza con "punto sale" come direbbe
chi è costretto a una dieta ipotensiva.
L'esperienza ci porta a ricordare che capita in certi momenti la necessità di rivedere le proprie posizioni, lasciando magari un partito per infilarsi in un altro e tentare la fortuna elettorale. Come
rintuzzare le critiche di coloro che possono rinfacciarvi questa disinvoltura? Con la latina espressione "Mutatis mutandis" a giustificazione che bisogna a volte "cambiare ciò che bisogna cambiare". Quelli poco ferrati in latino facciano attenzione a non lasciarsi andare alla cacofonica traduzione "cambiate le mutande". Così come non minore attenzione dovranno porre per quel "Lapsus
linguae" cioè "uno scivolone della lingua", spessissimo usato per indicare un errore verbale, uno
sbaglio di lieve entità (stando però a Freud rivelatore dell'inconscio), che qualcuno potrebbe liberamente tradurre "lapis a lingua", pensando trattarsi di una matita copiativa, di quelle che un
tempo venivano insalivate. Un saggio e circospetto aspirante dovrà essere anche consapevole che
"Vulpem pilum mutare, non mores" e cioè "la volpe cambia il pelo, non i costumi". Insomma, se da
un vostro avversario, collaboratore o chicchessia vi aspettaste un cambiamento del modo di fare o
di essere, non fatevi illusioni perché anche gli eventuali vostri favori a loro concessi non potranno
cambiarne la natura. Per questo e altro è necessaria tra le componenti anche una certa dose di sana cattiveria. Quel "Semper homo bonus tiro est" e cioè "un uomo buono è sempre un pivello",
suggerisce una salda difesa di se stessi. Una difesa che non dovrà mai abbassarsi e dovrà tener
conto anche di quell’ “Impia sub dulci melle venena latent" ovvero "Sotto il dolce miele si nascon-
dono tremendi veleni" a ricordare che spesso l'inganno sta proprio sotto il miele, come dire: "lingua dolce ma cuore nell'aspro aceto".
A tale proposito, non potrà che giovare l'aver memoria anche di "Canis sine dentibus latrat" italianamente "il cane sdentato abbaia", che va a sottolineare in maniera figurata che chi apparentemente sembra terribile, in realtà spesso non lo è.
Una certa attenzione dovrà non essere risparmiata a coloro identificabili nella massima "Soles
duabus sellis sedere" e cioè "solito sedere su due sedie". Una massima che fa riflettere sulle indecisioni e doppiezze spesso riscontrabili nei comportamenti di molti e che in politica sono assai diffuse. Riguardo a eventuali colpe ed errori, i vari aspiranti e apprendisti non dimentichino che "Excusatio non petita, accusatio manifesta", insomma in sintesi "chi si scusa si accusa", un modo di
fare di cui si occupò nei suoi scritti anche Sant'Agostino.
Forse scontato, ma aggirandosi nel sottobosco della politica nulla è veramente scontato, il mettere
in guardia anche contro i possibili tranelli di nemici e concorrenti che offrono riconciliazioni o accordi.
Ci viene in aiuto Laocoonte che, nell'Eneide (volendo convincere i Troiani a non accogliere dentro
le mura il fatale cavallo), conclude il suo discorso con un "... timeo Danaos et dona ferentis" dichiarando di temere i Greci anche quando portano i doni, frase che è divenuta poi diffusa citazione.
Quanto segue ci ripugna un po' scriverlo, ma si rende necessario, perché trattasi di una componente essenziale della vita pubblica e politica in genere. Ci riferiamo alla "bugia" e in particolare al
fatto che chi la pratica deve fare attenzione a coltivare una buona memoria. Lo rammenta Quintiliano con la sua "Mendacem memorem esse oportere" affermando appunto che il bugiardo deve
avere una buona memoria.
La stessa schiettezza del dire la verità è sconsigliata in quanto "Obsequium amicos, veritas odium
parit" vale a dire l'adulazione procura gli amici, la verità i nemici. Anticamente il verso era preceduto anche da un "hoc tempore", cioè "di questi tempi" quasi a limitarne la portata temporale ma,
data la sua attualità, ci appare non pertinente.
Potrà poi capitare, a chi si troverà a rivestire certe cariche o ruoli, di dover esprimere dei giudizi e
dover adottare delle decisioni. La saggezza dovrà portare a considerare con attenzione le cose e
potrebbe rendersi necessario prendere tempo. Il buon Cicerone potrà suggerirvi la giusta frase,
"non liquet" vale a dire "non è chiaro" e potrete così godere, tanto per usare una formula giuridica,
di un supplemento di indagine.
Si cerchi di non fare come un ex assessore che dissentì da quel "non liquet" perché, com'ebbe a dire a un suo "compare", lui li aveva sempre presi "liquidi" e si era trovato bene. A proposito di marchiani errori, riteniamo utile porre la vostra attenzione anche sul motto "Intelligenti pauca", usato
come avvertimento, per indicare che con chi è saggio bastano poche parole per capirsi. Il pericolo
è quello di interpretarlo però "intelligenza poca" oppure "intelligenza rauca", quasi che si trattasse
di un mal di gola.
Una caratteristica che in politica spesso si impone è quella di non vedere, non sentire, non parlare.
Una sentenza medievale mette sull'avviso: "Nec audio, nec video" che non informa di un guasto
del televisore, ma definisce la negazione del sentire o vedere qualcosa e in un certo senso, dunque, una sorta di omertà.
In certi momenti si rendono anche necessarie drastiche decisioni. Potrà allora venirvi in aiuto l'espressione "Tabula rasa" che, al di là del suo significato letterale di "tavoletta raschiata", vuoi intendere l'annientare tutto, l'eliminare tutto quello che c'è (vale anche per l'arraffare...).
Non dobbiamo tacitare, per non far trovare i vari carrieristi in difficoltà, che mai e poi mai, nei confronti dei loro padrini di partito, dovranno dimenticare quel "lurare in verba magistri” ovvero "giu-
rare sulle parole del maestro". Più concretamente essere nei loro confronti acritici, ascoltarli sempre e mai contestarli, paladini dell’indiscutibile espressione di autorità assoluta “Ipse dixit”.
Una particolare attenzione dovrà essere però rivolta soprattutto a quelle antiche sentenze che riguardano la sfera della politica, dei cittadini e dei governanti. Inizieremo dall'espressione di Macrobio: "Potestas... et si supplicet cogit il cui significato, "chi ha potere, anche se supplica, costringe", fa ben capire come vanno le cose e trasmette ai vari aspiranti una sicurezza in più, quella sicurezza che nel tempo diverrà per molti arroganza e supponenza. Si badi bene però di non esagerare
troppo e non si perda mai il senso della misura, perché: "Gallum in suo sterquilino plurimum posse" ovvero "il gallo ha un grandissimo potere nel suo letamaio". Ognuno pertanto sarà "padrone"
nei limiti e avrà un dominio ed un potere sempre limitati.
Un aspetto che non abbiamo fin qui sfiorato è quello delle qualificazioni necessarie per poter fare
fortuna in politica. Starà al buonsenso dei singoli capire quali sono gli spazi per loro più idonei, gli
ambienti dove potranno emergere. Del resto quel "Beati monoculi in terra caecorum" (beati i
guerci nel paese dei ciechi), in senso lato, sta proprio a significare che ciascuno, pur avendo limiti,
se si metterà a confronto con chi ha più limiti di lui, potrà primeggiare. Anche qui si impone la
massima attenzione a non lasciarsi andare a tentativi di traduzioni "maccheroniche" del tipo "beati
i monoculi nella terra dei caconi". Non ci fareste una gran figura! Circa il vostro senso di modestia
non sarà male, di tanto in tanto, evidenziarlo nel corso di incontri, dibattiti, riunioni. Pur rivestendo ruoli o incarichi di potere, non farete male a dichiarare agli astanti che voi siete soltanto "Primus inter pares" e cioè "primo tra persone di pari dignità". Più semplicemente il rappresentante di
persone di pari grado, uno di loro insomma.
Del resto la consapevolezza dei rischi che stanno sulle teste di chi ha potere non deve mai abbandonarvi.
In una parte delle sue "Odi", Grazio se ne esce con "Feriuntque summos / fulgura montes", avvisando che "i fulmini colpiscono i monti più alti". È un invito alla moderazione, a non lasciarsi andare a eccessive ambizioni, come dire che chi si trova in una posizione di preminenza o rilievo è maggiormente esposto a invidie, a mala sorte e attacchi. Un concetto confermato da quel "Post gloriam invidiam sequi” cioè "l'invidia viene immediatamente dopo la gloria" che evidenzia l'inevitabilità dell'invidia per coloro che riescono ad arrivare ad alti livelli o a ricoprire un ruolo pubblico. Non
si montino la testa quelli che, una volta arrivati, pensano che tutto sia al suo posto e la fatica conclusa. Non vogliamo stare a raccontare per intero la favola di Fedro dove la volpe, per liberare i figlioletti rapiti dall'aquila, appicca il fuoco all'albero su cui poggia il volatile. Certo è che "Quamvis
sublimes debent humiles metuere" (anche chi sta molto in alto deve temere chi è in basso) sarà
uno gnome da non dimenticare. Saggio sarà temere il nemico o il contendente, anche se è dappoco.
Pensavamo poi agli spostamenti da partito a partito, da gruppo a gruppo, che un po' da sempre
accadono in politica. A prescindere dall'adagio a noi caro: "Meglio testa di lucertola che coda di leone", c'è una frase famosa narrata da Plutarco in "Vita di Cesare" che sentenzia: "Malo hic esse
primus quam Romae secundus". La traduzione afferma: "Preferisco essere primo qui che secondo
a Roma". Ci sembra una massima su cui riflettere e che potrebbe rivelarsi utile per i Nostri, anche
se per sopravvivere gli apparentamenti spesso sono vitali.
Tra le cose che impensieriscono di più c'è anche la voglia di piacere a ogni costo agli altri, soprattutto a quelli che ci pare "contino" di più. Senza voler far nascere scuole di pensiero, non sarà male
comunque soffermarsi sulla frase oraziana "Principibus placuisse viris non ultima laus est" e cioè
"esser piaciuti ai grandi non è l'ultima delle lodi", come dire il favore dei potenti non è il massimo.
Così come starà a chi detiene il potere, se vorrà essere un avveduto amministratore, uomo politico
o altro, essere consapevole che "Parcere subiectis et debellare superbos" ovvero "essere clementi
con chi si sottomette e distruggere chi insuperbisce" è il metodo più saggio e fruttuoso di governare. L'affermazione può andare in rotta di collisione con quel "Divide et impera" che, in modo machiavellico, indurrebbe a gestire il potere mettendo i sudditi uno contro l'altro per meglio dominarli.
Vorremmo anche consigliare, per un fatto di stile, di coltivare rispetto nei confronti di coloro che,
un tempo potenti, sono poi caduti. Marziale al riguardo coniò l'espressione "Barbam vellere mortuo leoni” (strappare la barba al leone morto), testimoniando come, quando un grande è in disgrazia, chi prima non avrebbe mai osato attaccarlo, ne approfitta per sfogare tutta la propria bile. La
riflessione da fare è che il mondo gira e anche nella politica alle stagioni buone possono seguire
quelle cattive o viceversa e quel che è stato fatto può essere poi reso.
Veleggiando nel mare del buonsenso, inteso come tale, il sapersi muovere in modo accorto nel
mondo dei partiti e della politica, una particolare attenzione dovrà essere rivolta alla giustizia e alla legge.. Anche qui la saggezza antica e popolare ci viene in aiuto e, sebbene in maniera non esaustiva, tenteremo di fornire alcune coordinate per facilitarvi la navigazione.
A costo di apparire diseducativi, non vogliamo come premessa tacitare l'amara constatazione per
quel "Proibitas laudatur et alget", cioè "l'onestà è lodata ma trema dal freddo", secondo la quale,
se si vuole diventare qualcuno, bisognerebbe compiere invece azioni degne del carcere. "Alterum
non ledere", "Honeste vivere", "Suum cuique tribuere", potrebbero diversamente rappresentare la
triade ideale del corretto vivere. "Non danneggiare gli altri", "Vivere con onestà" e "Dare a ciascuno il suo", queste le traduzioni delle tre norme morali che rappresentavano i precetti fondamentali
del diritto romano. Oggi sono ancora raccomandabili?
Potremmo rispondere con un "Do ut des" o con la giuridicamente più corretta "Do ut facies". Forme di comportamento che evidenziano una controprestazione a quanto viene fatto e assicurato.
Usciamo però dalla rotta e navighiamo a vista, per cui riprendiamo un discorso più lineare.
In precedenza avevamo accennato a non far mancare nell'impegno politico e amministrativo un
po' di stile, convinti che nel tempo questo modo di fare vi avrebbe poi ripagato. Quel "Cedo maiori” con cui il già praticato Marziale dichiarava "mi tiro indietro di fronte a chi vale di più", simile al
più popolare "Ubi maior minar cessat", ci sembra quasi una ironia, visto come vanno le cose e preso atto delle nomine e degli incarichi assegnati dai partiti e nel mondo della politica anche a personaggi mediocri e impreparati.
Circa i rapporti con la gente, questi fanno parte essenziale del quotidiano vivere di ogni uomo
pubblico o politico. Se solitamente è complicato andare d'accordo con se stessi, figurarsi quando si
tratta di altri. Chi ricopre però certi ruoli non potrà esimersi dall'osservare la latina esortazione
"Neque irasci, neque admirari, sed intelligere", vale a dire "non arrabbiarsi, non stupirsi, ma comprendere". Un motto che esorta alla comprensione degli altri e delle loro azioni, riaffermato da
Spinoza e utilizzato nella premessa del suo programma, nella prima metà dell'Ottocento, dal liberale Friedrich Cristhoph Dahlmann che era, in quei tempi, un famoso uomo politico tedesco.
Il "certo e l'incerto" in politica, come del resto nella vita di ogni giorno, vanno in altalena. Può
dunque accadere, come abbiamo proprio in precedenza osservato, che gli eventi favorevoli subiscano una regressione e che la fortuna, anziché sorridere, faccia uno sberleffo o una pernacchia.
Triste momento questo: quelli che applaudivano spariscono, si defilano e rimangono solo quelli
con il bollino di qualità, che sono sempre assai pochi! "Amicus certus in re incerta cernitur" si ritrova nel ciceroniano "De amicitia" ed è proprio così: "L'amico sicuro si vede quando la situazione è
malsicura". Perché ci siamo soffermati su questa sentenza? Perché esista in voi la consapevolezza
che di quelli, spesso tanti, che applaudono, sorridono, si mostrano amici, se doveste cadere in disgrazia, i più si nebulizzerebbero. Ovidio, Plauto, Euripide, Pindaro, Sofocle, Ariosto e altri hanno in
certe loro opere evidenziato questo costume, per cui, considerarlo e tenerne conto, sarà cosa
buona e saggia!
Capita anche a chi è un politico affermato o abbia una carica istituzionale di conoscere gente che,
legata dall'appartenenza allo stesso partito e conseguenti frequentazioni, si consideri poi "amica"
di quel personaggio. Aristotele al riguardo aveva coniato uno gnome che metteva sull'avviso che
"Nessuno è amico di chi ha molti amici". Gnome che nel latino volgare era attestato da "Amicus
omnibus, amicus nemini" e cioè "amico di tutti, amico di nessuno". Peraltro deve essere proprio
vero, perché un'analoga sentenza è diffusa persino nel mondo arabo, a dimostrazione che tutto il
mondo è paese!
Ci sembrava superfluo dichiararlo, ma questo nostro "Sgalateo politico" si rivolge naturalmente a
uomini e donne, non esistendo per noi alcuna diversità tra le due specie. Vogliamo spezzare però,
rischiando di essere sicuramente tacciati di ruffiani, una lancia a favore dell'altra metà del ciclo, rigettando quel monastico di Meandro che, facendosi portavoce dell'antica mentalità dei Greci, affermava: "Alla donna la natura non ha dato di comandare". Perniciosi erano allora considerati gli
effetti di un eventuale governo femminile. Noi cosa potremmo aggiungere? Riprendendo una frase
di Bismarck nella quale affermava che "la politica non è una scienza esatta" ma "la dottrina del
possibile", chi meglio della donna potrebbe svolgere questa impresa? Dopo questa "carezza", torniamo a noi.
Vorremmo riprendere e aggiungere, per un fatto di conoscenza che non è mai troppa, qualche utile citazione riguardante la politica. Frasi d'ordine genericamente morale che scrittori, filosofi, predicatori, politici, giornalisti, artigiani, commercianti, papponi, e aggiungete voi a piacere, hanno
usato a sostegno di una loro visione di questo variegato pianeta.
Scomodiamo per primo Mao, che ebbe a dire: «La politica è guerra senza spargimento di sangue e
la guerra è politica con spargimento di sangue». Dopodiché facciamolo seguire da un pensiero del
nostro conterraneo scrittore Luciano Bianciardi che, ne "La vita agra", affermò: «La politica ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo ed è diventata invece arte della conquista
e della conservazione del potere». Aveva indubbiamente ragione, dal momento che qualche tempo
prima anche un certo Giosuè Carducci in "Giambi ed epodi" se ne era uscito nei confronti dei personaggi della politica con un: «Voi... / piccioletti ladruncoli bastardi». In altro stile, ma sempre in
tono con l'evidente disistima del Carducci, i versi di Cesare Pascarella che nel suo "La scoperta de
l'America" se ne esce con: «E li ministri de qualunque Stato / so' sempre stati tutti de 'na setta. /
Irre orre, te portene in barchetta / e te fanno contento e coionato».
Fisiologicamente legati alla politica, ci stanno i partiti. Per lungo tempo sono state queste le officine dove si formavano le classi dirigenti e i futuri candidati a rivestire cariche parlamentari o nei vari enti pubblici. Le vecchie "scuole di partito" sono state oggi sostituite da corsi, seminari, forum di
tipo marketing ma, da parte di qualche movimento, si nota un certo desiderio di tornare ai vecchi
sistemi di formazione. Lo spirito che trasuda ci sembra però più di tipo fieristico congressuale. Voi,
comunque, non dovrete mancare, ma partecipare a questi teatrini e ascoltare attentamente i loro
guitti. Contestualmente riteniamo però opportuno raccomandare che non si dimentichi l'affermazione espressa dal famoso politico tedesco Bismarck (tralasciando naturalmente la sua bistecca
con uovo) che «un grande stato non può essere governato in base alle opinioni di partito». Altrettanto considerata dovrebbe essere la consapevolezza che chi vuole crearsi spazi dovrà saper trovare un buon rapporto con la gente, con gli elettori, con il popolo insomma. Se Robespierre ebbe a
dire «Sono nato popolo, non sono mai stato altro, altro non voglio essere; disprezzo chiunque abbia la pretesa di essere qualcosa di più», ci sarà stata una ragione, nooo?!. Una frase ben diversa
da quella del De Marchi con cui egli sottolineava che «la pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni».
Nei confronti del popolo, tuttavia, non si è mai riscontrata una grande fiducia, una grande stima.
Lo si è sempre veduto come un soggetto passivo, qualcosa a cui guardare con riserva e diffidenza.
Se Confucio ebbe a dire che «si può indurre il popolo a seguire una causa, ma non a comprenderla» e lo stesso Voltaire confessò che «quando la plebaglia vuol mettersi a ragionare, tutto è perduto», significa che allora il pensiero dominante è quello delle due espresse verità assunte dal settecentesco scrittore francese Rivarol e cioè: «... che la sovranità risiede nel popolo ma che mai la dovrà esercitare».
Un modernissimo concetto, che ci pare allineato al sistema elettorale attualmente in vigore in Italia e che determina a priori, per volontà e scelta dei partiti o di certi amministratori unici, chi dovrà
accomodarsi sugli scanni delle due Camere.
Dobbiamo anche riconoscere che le buone intenzioni espresse da molti politici agli inizi delle loro
carriere quando, ricercando consensi e simpatie, tentano a voce di farsi interpreti delle aspettative
della gente (o popolo se preferite), sono poi nel tempo dimenticate o comunque annacquate. Aveva ragione lo scrittore Pitigrilli che, nella sua opera "Pitigrilli parla di Pitigrilli", a un certo punto evidenzia come «si nasce incendiari e si finisce pompieri». Saremmo tentati di aggiungere quello che
nel 1940 scrisse Leo Longanesi in merito alle rivoluzioni: «Tutte cominciano per strada e finiscono a
tavola». Del resto, siamo amanti della democrazia, di quella forma di governo in cui, concettualmente, la sovranità spetterebbe al popolo che la dovrebbe esercitare mediante i suoi rappresentanti liberamente eletti. Teniamo conto che la democrazia, però, com'ebbe una volta a dichiarare
Enzo Biagi «... è fragile ed a piantarci sopra troppe bandiere, si sgretola». I nostri politici, o aspiranti tali, impareranno con il tempo che non sarà però male diffondere di tanto in tanto, per le orecchie del popolo, la parola "democrazia", in particolare quando avranno bisogno di esso.
Anche se Platone dichiarò che «la democrazia... è una costituzione piacevole, anarchica e varia, dispensatrice di uguaglianza indifferentemente a uguali e ineguali», non manca chi - e uno di questi
fu appunto Cesare Cantù - sottolinea che «la democrazia fondata sull'uguaglianza assoluta è la più
assoluta tirannide». Lo stesso Cicerone nel suo "De re publica" in un passo non mancò di azzardare
che «... i cittadini si devono pesare, non contare» e del resto Goethe circa 1800 anni dopo rincarò
la dose con quel suo «nulla è più ripugnante della maggioranza».
Noi, per la verità, abbiamo qualche dubbio e vi invitiamo a non sottovalutare gli aspetti numerici,
perché ciò che alla fine conta, al di là di tanti gargarismi di belle frasi, di enunciazioni e supponenze, è il numero delle adesioni, degli adepti, dei consensi, dei voti che si riescono a conquistare. Chi
vi vota o vi sta intorno, chi sia, cosa faccia, che professione svolga, che cultura abbia, poco importa, importante è la quantità! Anche se Benito Mussolini (quando andava di moda), nel suo discorso
d'inaugurazione della Sede della Società degli Autori (1926), dichiarò: «Non si può mettere tutti allo stesso livello. L'eguaglianza è antinaturale e antistorica», noi vi invitiamo, come contrapposto, a
considerare la leniniana affermazione che «tutta la società diventerà un unico ufficio e un'unica
fabbrica con uguale lavoro e paga uguale». Tirate le somme, fatevi una vostra idea e una vostra
verità.
Un attento politico o politicante non sottovaluti le diversità. Abbia sempre la consapevolezza che il
modo di trattare il prossimo deve tener conto del soggetto. Non c'è insomma una tecnica unica
anche perché, come diceva Adenauer, «viviamo tutti sotto il medesimo ciclo, ma non tutti abbiamo
lo stesso orizzonte». Non solo, ma a volte «tra un uomo e un altro c'è tanta differenza quanta tra
un uomo e una bestia». Senza scomodare troppi personaggi, basterà tirar fuori dalle "Satire" di Ariosto quel «Non si adatta una sella o un basto solo / ad ogni dosso; ad un non par che l'abbia, /
all'altro stringe e preme e gli da duolo» perché sia ben chiaro a tutti, e opportunamente considerato, il concetto di diversità.
Altrettanto presente sia comunque l'esistenza della "superiorità"! Non si faccia però mai l'errore e
non si venga indotti in tentazione di manifestarla troppo. Sarebbe gravissimo! Gravissimo anche
perché, andando nel pratico, come riportò in un suo scritto Voltaire «c'è chi in seconda fila brilla e
in prima s'eclissa». Dunque, come suggeriva il buon Seneca: «Comportati con il tuo inferiore come
vorresti che il tuo superiore si comportasse con te».
Dentro la "ventiquattrore" di chi esercita il mestiere di aspirante apprendista politico non manchino mai "ragione", "sentimento", "passione", "arguzia".
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…. tornando a una più spicciola "didattica", avevamo anche pensato di inserire in questo "Sgalateo" quegli "insulti nuovi" che potrebbero essere a volte simpaticamente coreografici nel corso della
carriera. Non lo faremo, però, perché trattasi di qualcosa di troppo mutevole e personale, per cui
un insulto oggi di moda e "praticato", che può far sorridere e stimolare un applauso, potrebbe già
domani essere superato o addirittura "pericoloso" e inadatto. Praticate la tecnica del "fai da te". In
giro, di "insulti", ve ne sono numerosissimi peraltro originali e pungenti: avrete solo l'imbarazzo
della scelta. Noi, del resto, vogliamo per quanto ci riguarda garantirci l'"immunità" da vendette e
faide. Abbiamo già troppe cicatrici, per cui, ad ognuno le sue!
La mutazione dei tempi però ci impone di porre particolare attenzione verso gli immigrati. Anche
se è stato dichiarato che il voto amministrativo agli stranieri non rientra nel programma del Governo e "non è in agenda", prima o poi, piaccia o non piaccia, sarà varato. Sono i tempi nuovi che
porteranno a questa novità. Noi non ci esprimiamo ma, tenendo conto di quanto si delinea all'orizzonte, si impongono sin d'ora valutazioni, attenzioni e conseguenti azioni per essere... in famiglia.
Sarà saggio stringere rapporti con il mondo degli immigrati, con quelli legittimamente presenti in
questo Paese. Stranieri portatori di doveri ma anche di diritti! Bisognerà considerare il processo di
integrazione come una risorsa e non come un problema. Del resto, in Europa, la maggioranza degli
Stati membri e di quelli di recente adesione riconosce almeno a livello locale alcuni diritti elettorali
agli stranieri. Nel Regno Unito i cittadini dei Paesi terzi possono anche candidarsi alle elezioni politiche. Vedremo cosa accadrà in futuro nello Stivale ma, già da ora, sarà saggiamente speculativo
considerare la cosa. Promuovere localmente incontri multietnici, gemellaggi, farsi portavoce ed interprete di certe loro esigenze. Se scapoli o nubili potrete fare anche un pensierino a un matrimonio misto che porterebbe il lui o la lei a sfruttare un rapporto privilegiato con i connazionali della
moglie o del marito. Vi sembra eccessivo? Allora senza impegnarvi troppo, fate nascere qualche
storia di simpatia, di affettuosa amicizia, di sesso. Più genericamente adoperatevi a organizzare incontri e manifestazioni multiculturali, fate in modo di acquisire una "password" per essere accettato da queste comunità. Il perseguimento di un pluralismo socioculturale, così come la disponibilità
ad adoperarsi per far sviluppare in loro una "identità italiana", dove alberghino libertà e tolleranza,
saranno azioni che porteranno l'aspirante candidato a poter contare su un rapporto privilegiato
che si tradurrà in voti di preferenza. Prevediamo una grande concorrenza, un assalto alla diligenza
da tempo peraltro già iniziato. Da città a città questi tipi di approcci potranno essere diversi, ma
nessuno dovrà contrabbandare sicurezza e libertà che sono valori inscindibili e che anche il nostro
"Sgalateo", pur con la disinvoltura ed il cinismo sin qui testimoniati, non prenderà in adozione.
A questo punto, con tutta la nostra "onestà intellettuale" (questa frase non dimenticate che fa
sempre un certo effetto!), potremmo farla ancora lunga, potremmo costringervi a leccarvi il dito e
scorrere altre pagine, ma riteniamo di aver sufficientemente tratteggiato quello che ci eravamo
prefissi. "Non fatela palloccolosa!" si dice in Toscana. Vale a dire non dilungatevi troppo, cercate
anche nel vostro parlare di essere essenziali, brevi, concisi (non circoncisi!). Questo suggerimento
non lo dovete sottovalutare, ricordando che negli incontri con gli elettori, con gli iscritti al partito,
con la gente in generale e un po' in tutti i contesti in cui dovrete parlare, sia a un pubblico ridotto
che numeroso, il vostro dire non dovrà mai superare i venti minuti. La soglia di attenzione e di
sopportazione è appurato che è, infatti, attestata su questo spazio temporale. Diversamente rischierete di venire a noia, di non essere più seguito ed essere annoverato nella denigrata schiera
degli "oratori criminali".
Dopo questa ultima raccomandazione non aggiungiamo altro e concludiamo qui il nostro "portolano", augurandovi per le vostre aspirazioni politiche e per le "cariche e... discariche" a cui ambite,
un sincero "in bocca al lupo!", con un ultimissimo consiglio, che stavamo per dimenticare: Se il lupo (l'avversario) fosse un osso duro, difficilmente superabile, mettetevici in società!
Relazione tenuta il 4 febbraio 2010
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Paolo Pisani vive a Grosseto. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1980, è
stato dirigente pubblico sino al 2001. Consigliere comunale al Comune di
Grosseto dal 2001 al 2006, come indipendente, si dedica ora a tempo pieno all'attività di giornalista e di antropologo culturale. Ha pubblicato Versi a
piede libero, Ricette a cinghia stretta, Santi Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto (prefazione del Patriarca di Venezia Cardinale Angelo Scola),
Come bava di lumaca, Epitaffi nel vento, Tutta colpa degli spermatoi, Uomini... zanzare e cinghiali parlanti.
Corrispondente di provincia negli anni '70 del quotidiano socialista l' "Avanti!" ha collaborato per
27 anni con il giornale "II Tirreno", passando nel 2006 al "Corriere di Maremma". Ha collaborato
giornalisticamente e realizzato trasmissioni con le tv locali "Telemaremma" e "Telegrosseto". È editore e responsabile del periodico "Notiziando" e del talk show "Gusta la notizia... cronaca parlata".