Una Giurisprudenza speciale nel Regno di Napoli: il tribunale della

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Una Giurisprudenza speciale nel Regno di Napoli: il tribunale della
UNA GIURISDIZIONE SPECIALE NEL REGNO
DI NAPOLI: IL TRIBUNALE DELLA DOGANA
DELLE PECORE DI PUGLIA (SECC. XV-XIX)
A Ugo Jarussi
Del plurisecolare e ben noto istituto della Dogana della mena delle
pecore di Puglia pare opportuno in questa sede rammentare, a mero scopo
introduttivo, gli aspetti fondamentali, rinviando per maggiori ragguagli oltre che
alla nutrita bibliografia in argomento e alle tante allegazioni forensi, manoscritte
e a stampa rinvenibili in varie sedi di conservazione, innanzitutto alla copiosa
documentazione originale che è nell’Archivio di Stato di Foggia1.
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1 - Gli studi più completi sulla istituzione doganale furono elaborati nei secoli
XVII e XVIII da uomini di legge: MARCANTONIO CODA, Breve discorso del principio,
privilegi et instruttioni della Regia dohana della mena delle pecore in Puglia, Napoli 1666 e Trani
1698; STEFANO DI STEFANO, La ragion pastorale, over comento su la Prammatico LXXIX
de officio Procuratoris Caesaris, voll. 2, Napoli 173l; FRANCESCO NICOLA DE
DOMINICIS, Lo stato politico ed economico della Dogana della mena delle pecore di Puglia esposto
alla Maestà di re Ferdinando IV, voll. 3, Napoli 178l; ANDREA GAUDIANI, Notizie per il
buon governo della Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia, a cura di P. di Cicco, Foggia,
1981. Ad essi si rifanno proficuamente tutti gli autori di epoca successiva, fra i quali vanno
ricordati ANGELO CARUSO, Fonti per la storia della provincia di Salerno. L’archivio della
Dohana menae pecudum, in Rassegna storica salernitana, 13 (1952); DORA MUSTO, La Regia
Dogana della mena delle pecore di Puglia, in Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato n. 28,
Roma 1964; RAFFAELE COLAPIETRA, La Dogana di Foggia. Storia di un problema
economico, Bari S. Spirito 1972 e JOHN A. MARINO, Pastoral Economics in the Kingdom of
Naples, Baltimora 1988.
Al Di Stefano, prima avvocato della Generalità dei locati poi governatore doganale
(1735-1737), si devono anche molte allegazioni, parecchie delle quali si conservano presso
la Biblioteca Nazionale di Bari, qualcuna nell’Archivio di Stato di Foggia. Sull’archivio
doganale, impoverito ormai della sua più antica documentazione ma di entità ancora
cospicua (oltre 175.000 pezzi relativi agli anni 1536-1806), cfr., il mio Fonti per la storia della
Dogana delle pecore nell'Archivio di Stato di Foggia, in Mélanges de l'Ecole Francaise de Rome,
Moyen Age-Temps modernes, t. 100, 1988, 2 (La transumance dans les pays méditerranées du XV^
au XIX siécle), pp. 937-946.
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Conquistato il regno di Napoli, dopo la lunga guerra con Renato
d’Angiò (1435-1442) che aveva avuto Abruzzo e Puglia per teatro principale,
Alfonso I d’Aragona volle riorganizzare su basi più solide la dohana pecudum,
l’istituzione di grande rilievo fiscale che amministrava i pascoli del Tavoliere e
che, sovrintendendo alla transumanza annuale delle greggi dall’Abruzzo, dal
Molise e da altre province, regolava la più antica industria meridionale2. Il
primo ed il più fedele esecutore della politica economica alfonsina relativa ai
pascoli pugliesi ed al loro utilizzo, dopo la crisi per le guerre ed i disordini, fu il
catalano Francesco Montluber, cui il privilegio sovrano del 1 agosto 1447, da
Tivoli, attribuì ampi poteri3.
Questi negli anni in cui esercitò la carica di doganiere (1447-1459)
delineò una struttura organizzativa del restaurato istituto che in buona sostanza
era destinata a conservare vivace funzionalità sino ai primi anni del XIX secolo,
vale a dire sino alla estrema fase crepuscolare della Dogana.
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2 - Nella sua essenza la Dogana delle pecore è istituzione molto remota, le cui
tracce più sicure ed antiche possono trovarsi già nel IV secolo a.C. e le vicende seguirsi in
una lunga e secolare successione: cfr. VITTORIO CIANFARANI, Culture adriatiche d’Italia.
Antichità tra Piceno e Sannio prima dei Romani, Roma, 1970; e specialmente: Di STEFANO,
cit., I, pp. 3-28, 31; DE DOMINICIS, cit., I, pp. 48-55; I.L.A. HUILLARD
BREHOLLES, Historia diplomatica Friderici II, Paris 1852-1858, VI, pp. 157-59 (per le due
costituzioni, attribuite con incertezza, “Pervenit ad aures nostri culminis” e “Cum per
partes Apuliae”); NICOLA VIVENZIO, Considerazioni sul Tavoliere di Puglia, Napoli 1796,
pp. 52-58 (per la lettera della regina Giovanna II d’Angiò del 18 settembre 1429 a Nucio
de Fonte di Aquila e a Giovanni Onofrio Amici di Sulmona, preposti alla mena delle
pecore di Puglia); MARINELLA PASQUINUCCI, La transumanza nell'Italia romana, in E.
GABBA, M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie e allevamento transumante nell'Italia romana
(III-I a.C.), Pisa 1979; EMILIO GABBA, La transumanza nell'Italia romana. Evidenza e
problemi. Qualche prospettiva per l'età altomedioevale, in Settimane di studio del Centro Italiano di
studio sull'Alto Medio Evo, XXX (L'uomo di fronte al mondo animale nell'Alto Medio Evo), 7-13
aprile 1985.
3 - Il Montluber, familiare del primo sovrano aragonese di Napoli, commissario
della Dogana già nel 1444, ne viene nominato doganiere a vita nel 1447. Il privilegio
alfonsino non ci è pervenuto in originale. La sua prima trascrizione è offerta dal Coda, cit.,
pp. 4-9, ed è riportata integralmente da vari altri autori doganali (LUCA BRENCOLA, De
iurisdicione Regiae Dohanae Menae pecudum Apuliae, Neapoli 1727; DE DOMINICIS, cit., I,
pp. 26-30; MANFREDI PALUMBO, Tavoliere e sua viabilità. Documenti an. 1440-1875,
Napoli 1923, pp. 68-72; NICOLA DE MEIS, Nel Tavoliere, Napoli 1923, pp. 26-30.
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Per potersene annualmente distribuire i pascoli, tutto il Tavoliere fiscale
venne ripartito in vari settori, detti comunemente locazioni, differenti fra loro
per grandezza e per bontà di erbaggi. Ognuna delle locazioni, sulla base della
sua stima, poteva accogliere un certo numero di pecore appartenenti ai pastori
(locati) originari di una determinata contrada (nazione)4, e si divideva a sua volta
in parti di diversa estensione, chiamate poste, per il pascolo ed il ricovero degli
animali e per le varie attività dell’industria pastorale5.
Dando al Tavoliere questo nuovo assetto il Montluber non tralasciò di
riserbare una parte di territorio stabilmente alla semina, pur condizionandola
con certi vincoli a favore della pastorizia.
Già nel XV secolo, essendo cresciuto il concorso delle greggi e con esso
la richiesta di pascoli, fu necessario aggregare altri terreni alle antiche locazioni.
Da allora la pastorizia transumante poté esercitarsi su un complesso di fondi
eterogenei (locazioni, erbaggi straordinari soliti, erbaggi straordinari
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4 - Originariamente le locazioni erano 43, alcune delle quali, in numero di 23, si
dicevano “ordinarie, generali o dei poveri”, le altre “aggiunte, particolari o dei ricchi”.
Distinte sino alla metà del Cinquecento, furono riunite fra loro nel 1588 e nella prima
metà del Settecento si ridussero a 21. Cfr. COLAPIETRA, cit., pp. 25-26; PALUMBO, cit.,
p. 3.
Sul numero di animali che potevano pascolare nelle singole locazioni,
sull’estensione e qualità di queste e sulle pensioni pagate dalla R. Corte agli antichi
proprietari dei territori: ANNIBALE MOLES, Decisiones Supremi Tribunalis Regiae Camerae
Summariae Regni Neapolis, Neapoli 1718, pp. 108-110; PALUMBO, cit., p. 103. V. anche il
mio La Dogana delle pecore di Foggia. Elementi per una pianta generale del Tavoliere, in Quaderni di
Foggia a cura del Comune, 5, Foggia 197 1, pp. 13 - 20.
5 - Secondo il Di Stefano (cit., II, p. 30) le poste temporanee e stabili del Tavoliere
erano 352, ma per Agatangelo della Croce, agrimensore di Vastogirardi e compilatore nel
XVIII secolo di un atlante dei territori doganali (Archivio di Stato di Foggia – d’ora in poi
ASFg - Dogana delle pecore di Puglia, s. I, 21), esse arrimontavano ad oltre 500.
Alcuni locati, feudatari o enti ecclesiastici, si videro riconoscere il diritto di disporre
ogni anno sempre dei medesirni pascoli (poste fisse), contro l’ordine della R. Camera della
Sommaria del 31 luglio 1579. Per l’origine di tali poste, per un loro elenco e loro
possessori; cfr. SALVATORE GRANA, lstituzioni delle leggi della Regia Dogana di Foggia,
Napoli 1770, pp. 139-153; DE DOMINICIS, cit., III, pp. 31-41.
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insoliti, ed altri tipi ancora), che in parte erano di completa spettanza fiscale (le
terre di Regia Corte), in parte di dominio diretto di feudatari, di università, di
cleri6.
Il Tavoliere a pascolo, con una continenza discontinua di circa 9000
carra, era ritenuto capace di offrire alimento sufficiente per sei mesi d’inverno a
circa 1.200.000 pecore (il possedibile)7 che vi si portavano percorrendo vie
particolari ed apposite, i tratturi, le quali nei tempi antichissimi furono semplici
piste battute, prive di ogni delimitazione, poi ebbero un’ampiezza determinata e
fissata in perpetuo (almeno 60 trapassi=metri 111).
Fra i molti tratturi che, come una grande raggiera, confluivano a Foggia,
i più importanti per lunghezza e densità di traffico erano tre che, prendendo
nome dai paesi terminali allacciati, si dissero: Aquila-Foggia, Celano-Foggia,
Pescasseroli-Candela.
Spesso oggetto di illegittime occupazioni, con seminati ed anche con
manufatti edilizi che rendevano difficoltoso o addirittura impedivano il
passaggio delle morre transumanti, al ripristino del loro status quo le autorità
doganali provvedevano con periodiche operazioni di verifiche, di misurazioni e
di apposizione di nuovi titoli confinari (le c.d. reintegre) che potevano
interessare l’intera rete o solo porzione di essa, e multando pesantemente gli
usurpatori, in genere i frontisti8.
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6 - Sui terreni concessi in uso perpetuo alla R. Corte per i bisogni della pastorizia, il
proprietario titolare del dominio diretto continuava ad esercitare il c.d. diritto di statonica,
ossia la facoltà di utilizzo dell’erbaggio estivo dal 9 maggio al 29 settembre, mentre i
pastori avevano l’uso dell’erbaggio invernale (vernotica). Altra cosa era invece la
statonichetta, e cioè il diritto abusivamente introdotto dai subalterni della Dogana di
fittare i regi pascoli dal 29 settembre al tempo della ripartizione generale.
Cfr. NUNZIO FEDERICO FARAGLIA, Relazione a S.E. il Ministro dell'Interno
intorno all'Archivio della Dogana delle pecore e del Tavoliere di Puglia in Foggia, Napoli, 1903, p.
16; DI STEFANO, cit., I, p. 263.
7 - DI STEFANO, cit., I, p. 26.
8 - Il DI STEFANO (I, pp. 119-121) distingue i tratturi in prinicipali, propri e fissi
(così i tre menzionati nel testo) e casuali ed amovibili e li annovera fra le regalie del
Principe, per cui non perdevano la loro natura di strade regie anche quando attraversavano
territori baronali.
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Lungo i tratturi esistevano i riposi laterali, costituiti da pascoli che la
Regia Corte forniva ai pastori per la breve sosta.
Altra cosa erano invece i riposi generali, dove gli animali transumanti si
fermavano in attesa del permesso di entrata nelle locazioni: il Saccione, dal
fiume Fortore al fiume Sangro, le Murge e la Montagna dell’Angelo, stabilito
da Ferrante I d’Aragona con i demani da Apricena a Vieste9.
I pastori corrispondevano per l’uso degli erbaggi, ma anche quale
corrispettivo dei privilegi, delle comodità ed agevolazioni concessi dalla
Dogana al loro ceto, una fida di 132 ducati per ogni 1000 pecore. E sino alla
seconda metà del XVI secolo l’esazione della fida dipese realmente dalla conta
degli animali, eseguita nei riposi generali da apposite squadre di numeratori.
Ma nel 1553 tale sistema fu abolito, venendo permesso ai pastori,
desiderosi di avere pascoli maggiori di quelli spettanti per il numero dei capi
posseduto, di aumentare idealmente questo numero, accollandosi in
corrispondenza l’onere del maggiore esborso. Il nuovo criterio, vantaggioso
anche per la Regia Corte, fu detto professazione volontaria10.
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Sui tratturi del Tavoliere e loro antiche reintegre, temi di rinnovato interesse di
studio in questi ultirni tempi; L'Archivio del Tavoliere diPuglia, a cura di P. di Cicco e D.
Musto, IV, Roma 1984, pp. 5-24 e il mio La transumanza egli antichi tratturi del Tavoliere,
inRegione Puglia, Ass. alla P.I. e Cultura, Profili della Daunia antica (Quaderni del Centro
Distr. FG/33, 11), Foggia 1986, pp. 205-217.
9 - Nei riposi generali (il più vasto di essi era il Saccione e tutti avevano erbaggi
scadenti) si effettuava le numerazione (conta) degli animali, fase indispensabile per la
determinazione della fida da addebitarsi ai singoli locati, e la cui entità, tranne casi
eccezionali, non subiva scomputi, anche se le greggi nel corso dell’inverno venivano
decimate da morie o assottigliate dai rigori del tempo o dalla caduta delle nevi. Per l’uso
dei riposi, sia generali sia laterali, la Dogana non percepiva alcun diritto. Cfr. DI
STEFANO, cit., I, p. 142; DE DOMINICIS, cit., I, pp. 221-248; GRANA, cit., p. 14; DE
MEIS, cit., pp. 74-75.
10 - Sulla professazione che si faceva a Foggia e che si basava anche sulle pecore
ideali e finte (o in erba o in alia) e non solo su quelle reali ed esistenti: DI STEFANO, cit.,
I, pp. 229-25l; DE DOMINICIS, cit., I, pp. 113, 385-386; GAUDIANI, cit., pp. 225-235;
JOHN A. MARINO, Professazione voluntaria e pecore in aerea. Ragione economica e meccanismi di
mercato nella Dogana di Foggia del secolo sedicesimo, in Rivista storica italiana, a. XCIV (1982),
pp. 5-43. Una sua chiara definizione è in GRANA, cit., p. 85. Cfr. anche DOMENICO
MARIA CIMAGLIA, Ragionamento
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La complessa gestione del Tavoliere a pascolo ed a coltura esigeva
l’impegno e le fatiche di parecchi pubblici ufficiali, alla testa dei quali era il
doganiere o governatore che il Brencola, patrizio sipontino, autore di una
monografia sulla giurisdizione doganale, definisce il regolo della Dogana. Egli,
fin dal XV secolo, assieme all’uditore ed al credenziere, formerà il tribunale
speciale dei locati e dei massari di campo, presso il quale sarà attivo anche
l’avvocato dei poveri fin dai tempi più antichi11.
L’uditore, giudice ordinario delle cause doganali che non toccavano i
diretti interessi fiscali, era di nomina regia e durava in carica per un triennio; il
credenziere, avvocato e procuratore del fisco, aveva anche notevoli attribuzioni
in tema di distribuzione ed assegnazione di pascoli e di esazione di fida.
Funzionari minori dell’organizzazione doganale erano il cassiere o
percettore che incassava i versamenti fatti dai pastori; il libro maggiore che
formava il registro di esazione, in cui si annotavano i pagamenti avvenuti, e che
rilasciava ai pastori il bollettino in cui si segnavano l’origine e la quantità del
debito eventuale; il mastrodatti con funzioni varie, fra cui preminente
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dell'avvocato dei poveri D.M.C. sull'economia che la Regia Dogana di Foggia usa co’ possessori
armentari e con gli agricoltori che profittano de' di lei campi, Napoli 1783, pp. 28-31;
FARAGLIA, cit., pp. 34-35.
11 - Dopo le direttive generali contenute nel diploma del 1447, il doganiere ebbe
altre particolari istruzioni che tendevano a precisare le attribuzioni del suo ufficio, come nel
1470 e nel 1480, con privilegi di Ferrante I d’Aragona.
Il doganiere, residente a Lucera sino al 1468 e poi a Foggia, ebbe anche poteri
amministrativi molto estesi che, con il passare degli anni, divennero sempre più ampi. Dal
1583 il suo ufficio cominciò ad essere venale, e tale rimase sino alla prima metà del 600.
Dopo il Montluber, per circa un quarantennio il doganiere rimase unico giudice del
tribunale della Dogana: nel 1483 ebbe un collaboratore nella persona dell’uditore, che era
un giudice ordinario.
A partire dal 1536, per le impegnative incombenze connesse alla carica di
credenziere, si ebbe, uno sdoppiarnento e da allora funzionarono in Dogana due
credenzieri, uno per la parte econornica, l’altro per quella giuridica.
Sull’avvocato dei poveri: DI STFFANO, cit., II, pp. 487-488; DE DOMINICIS,
cit., III, p. 341.
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quella di conservatore dell’archivio doganale; i cavallari, addetti all’assistenza dei
pastori durante la calata dai monti ai piani del Tavoliere e durante il loro
ritorno in patria, e con compiti anche giudiziari.
Svolgevano un’attività strettamente congiunta alla Dogana, pur restando
al di fuori dell’organismo, i pesatori di lana delle tre paranze di Aquila, Sulmona
e Casteldisangro, addetti alle importanti operazioni dell’infondicatura e
sfondicatura delle lane nei magazzini di Foggia, ed i compassatori o regi
agrimensori, che erano tecnici di fiducia della Dogana ed i soli abilitati alla
misurazione dei pascoli, delle terre a coltura, dei tratturi del Tavoliere.
Una posizione a se stante nell’organizzazione doganale ebbe il
luogotenente della Doganella d’Abruzzo, creato nel 500 per la gestione dei
pascoli demaniali fra i fiumi Tronto e Pescara e tra il Sangro ed il Trigno, in cui,
per deroga al divieto del pascolo fuori del Tavoliere, ebbero facoltà di pascere
alcune greggi abruzzesi e marchigiane12.
Tutta l’organizzazione, sinora accennata per linee molto generali, traeva
origine direttamente o meno dal privilegio alfonsino del 1447 che apportò
radicali innovazioni nel mondo della transumanza meridionale.
Esso imponeva ai pastori del regno l’obbligo di calare ogni anno con le
loro greggi ai pascoli del Tavoliere, offrendo in cambio l’impegno della Regia
Corte, e quindi della Dogana, circa la fornitura di erbaggi adeguati al bisogno,
la protezione durante il viaggio da e per i luoghi di provenienza, i percorsi
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12 - Sulla Doganella, oltre ciò che ne scrivono gli autori doganali “classici”, cfr.
PAOLA PIERUCCI, L'attività pastorizia dell'Abruzzo citra al tempo di Margherita d'Austria, in
Margherita d'Austria e l'Abruzzo, Atti del Convegno di studi storici, Ortona, Palazzo
Farnese, 20-21 febbr. 1982 (Ortona, Associaz. archeol. frentana, 1983) pp. 47-52; IDEM,
Le Doganelle d'Abruzzo: struttura ed evoluzione di un sistema pastorale periferico, in Mélanges de
l’Ecole Francaise de Rome, Moyen age-temps modernes, cit., pp. 893-908.
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riservati e sgombri da ogni impedimento, l’esenzione da dazi, gabelle, diritti di
passi e di ponti, regi, baronali o universali, le facilitazioni di pagamento della
fida, la garanzia di vendita delle lane, il sale per gli animali a prezzo ridotto, la
detenzione di armi. E, infine, elemento importantissimo, prometteva loro un
foro privilegiato, con l’esenzione da ogni altro giudice che non fosse quello
doganale.
Al di là delle interessate e contrastanti interpretazioni che spesso se ne
fecero nel corso di più secoli, la lettera della norma sovrana era chiara in
propostito:
“...et quia inter conductores dictae menae, pastores, gregarios, et
patronos dictarum pecudum et aliorum animaliorum solent rixae, et
controversiae diversarum causarum saepius evenire, de quibus rixis,
controversiis et causis nos tantum cognoscere volumus, propterea vos
praedictum Franciscum iudicem, gubernatorem et capitaneum super dictis
conductoribus, pastoribus, gregariis et patronis, et super eorum rixis et
controversiis statuimus, ac etiam ordinamus cum plena iurisdictione civili et
criminali, mero et mixto imperio, ac gladii potestate...”.
Queste parole fissavano risolutamente il principio della derogatio fori,
facendo del Montluber e, dopo di lui, degli altri doganieri il solo titolare del
pieno ed effettivo potere giurisdizionale sui locati, l’unico competente giudice
delle cause pastorali in maniera esclusiva e generale, cum plena iurisdictione civili et
criminali, mero et mixto imperio, ac gladii potestate, con il potere cioè di infliggere
anche le più gravi pene corporali.
Nel tempo qualche nuova norma, ma in particolare la dottrina e la
giurisprudenza precisarono i caratteri e la portata del privilegio del 1447 a
favore dei pastori, e quindi anche l’ambito d’azione del Tribunale doganale.
Al doganiere di Foggia si attribuiva in effetti una giurisdizione tutta
speciale, non ristretta alla sola Puglia, i cui caposaldi
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consistevano nel non avere limiti territoriali, riguardando certum genus personarum,
per cui in qualunque parte del regno stessero sudditi di Dogana, colà arrivava la
giurisdizione della Dogana; nella competenza su ogni tipo di controversia in cui
era coinvolto il locato, e quindi non solo su quelle per materia doganale;
nell’essere stata concessa con clausola privativa ed abdicativa, per cui si faceva
inammissibile la competenza di altro giudice; ed infine nella possibilità di
esercizio non secondo il rito comune ed ordinario, ma con rito tutto
sommario 13.
Inoltre essa non si configurava come una graziosa concessione sovrana,
ma come una precisa componente del contratto oneroso ed obbligatorio
instaurato del primo re aragonese con i pastori.
Il foro speciale con sede a Foggia, che nei primi tempi si chiamò Regia
Audientia Menae pecudum, venne subito a rappresentare un forte elemento di
disturbo nel mondo giuridico di allora, già ricco di giurisdizioni ordinarie e
speciali, dalla precaria e contrastata convivenza, e nella società, in cui molto
diffuso era il privilegio.
Si aggiungeva infatti al Sacro Regio Consiglio, istituito di recente, alla
Gran Corte della Vicaria, ed alla Regia Camera
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13 - A parte la citata monografia del Brencola dedicata al viceré Cardinale d’Althann,
pagine fondamentali sulla giurisdizione della Dogana sono nelle opere già più volte
segnalate del Di Stefano, (II pp. 249-456), De Dominicis (III, pp. 283-358) e Gaudiani
(pp. 285-311); di grande interesse risultano la risoluzione sovrana del 28 giugno 1760
(ASFg., Dogana delle pecore, s. I, vol. 8, e. 167 r.), già edita dal De Dominicis (III, pp. 323324), e la memoria inviata due mesi dopo dal fiscale della Dogana all’avvocato del Real
Patrimonio (riportata in Appendice).
Della derogatio fori usufruiva non solo il locato, ma ogni suo dipendente, come
pure chiunque altro conduceva un’attività collegata in qualche modo all’industria pastorale.
Difatti, al n. 14 dei Banni, ordini e comandamenti fatti dal doganiere Fabrizio di Sangro il
7 febbraio 1574 si legge che il doganiere era il giudice esclusivo per i “patronali di pecore, et
altri bestiami di Dogana, Gargari, Pastori, Buttari, Giomentari, Baccari, et altri ministri che
servono alle masserie di detti bestiami, bassettieri, calzolari, pastori, Panettieri, Bardari,
Tavernari, Vetturini, et altri traficanti, che seguitano detta Dogana, al calare et al salire”.
Il Di Stefano (II, pp. 380-400) menziona tutti quelli che direttamente o
indirettamente erano da considerarsi doganati, e quindi sudditi del foro speciale.
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della Sommaria, che erano i più elevati organi giudiziari del regno, alle Regie
Udienze operanti in ogni provincia quali tribunali di primo e di secondo grado,
ed alla miriade di corti baronali e di giudicati regi.
Rimaneva soggetto alla sola Sommaria, che aveva poteri d’intervento nei
confronti del giudicato doganale solo in casi di gravame per motivi di
legittimità, mai per motivi di merito, e con l’ampiezza delle sue attribuzioni
faceva ombra ad ogni altro tribunale ordinario e speciale, diminuendone
l’autorità14.
Il Doganiere era tenuto a difendere ex officio il privilegio dei locati contro
ogni altro giudice: sui conflitti di competenza decideva il Collaterale. A questo
Consiglio, per cedola di Filippo II del 1596, essendo viceré l’Olivares, la
Sommaria doveva rapportare ogni venerdì del mese sullo stato della Dogana 15.
Il doganiere inoltre rivedeva in seconda istanza le sentenze del
luogotenente d’Abruzzo, finché la Doganella non divenne autonoma, e del
luogotenente di Basilicata, e riceveva i ricorsi contro i giudicati dei cavallari e
degli ufficiali di residenza16.
I baroni, che esercitavano giurisdizione in grandissima parte delle città,
terre e casali, si sentivano in particolare danneggiati non solo nel potere, ma
anche nelle entrate e proventi17.
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14- Sull’organizzazione giudiziaria del Regno di Napoli, le magistrature citate nel
testo, loro composizioni ed attribuzioni: GIUSEPPE MARIA GALANTI, Della descizione
geografica e politica delle Sicilie, a cura di F. Assante e D. Demarco, voll. 2, Napoli 1969, I, pp.
147-166; RAFFAELE PESCIONE, Corti di giustizia nell'Italia meridionale (dal periodo
normanno a l'epoca moderna), Napoli 1924; RAFFAELE AJELLO, Il problema della riforma
giudiziaria e legislativa nel Regno di Napoli durante la prima metà del secolo XVIII, Napoli 1968;
VITTOR IVO COMPARATO, Uffici e società a Napoli (1600-1647). Aspetti dell'ideologia del
magistrato nell'età moderna, Firenze, 1974.
15 - DI STEFANO, cit., I, p. 86; II, pp. 266-276.
16 - DI STEFANO, cit., II, pp. 312, 355; PESCIONE, cit., p. 525.
17 - Nel parlamento convocato prima a Benevento poi a Napoli in febbraio 1443,
Alfonso d’Aragona, in cambio dei riconoscimento per proprio successore del figlio
naturale Ferdinando e di una forte somma a titolo di sovvenzione, estese a tutti i baroni il
privilegio, prima concesso
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Di qui i continui attacchi contro il tribunale della Dogana e i rapporti
frequentemente tesi fra questo e le altre magistrature giudiziarie.
I contrasti si conclusero quasi sempre con la vittoria delle tesi sostenute
dalla Dogana, verso cui il potere regio assunse generalmente una posizione
favorevole18.
Invero troppi interessi fiscali erano connessi all’istituzione foggiana
perché se ne potesse volere una crisi della potestà giurisdizionale; e molti
convenivano che l’esercizio di tale potestà rappresentava la base fondamentale
della Dogana, e che era necessario che i locati potessero attendere con
tranquillità alla propria industria, senza rischio di essere tratti davanti ad altri
giudici.
Già nel 1470, su richiesta del ceto interessato, re Ferrante concesse la
conferma del privilegio alfonsino, stabilendo “che niuno Officiale possa
procedere contro pecorari, et homini di Dohana salvo che ipso Dohanero, o
vero soi Officiali” 19.
Dopo il crollo del dominio aragonese e quando venne a Napoli Carlo
V, all’imperatore i locati chiesero di essere giudicati solo dal tribunale doganale
e in appello dalla Camera della Sommaria, con esclusione di ogni altro giudice.
Chiesero
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solo ad alcuni di essi, di amministrare giustizia entro i confini del proprio feudo, anche
con i poteri consentiti dalle quattro lettere arbitrali promulgate da Roberto d’Angiò.
Per questa e per altre notizie sulla giurisdizione baronale: PESCIONE, cit., pp.
349-354.
Secondo il Pescione è appunto al malgoverno fatto dai baroni che si connette la
fondazione del tribunale della Dogana e dei tribunali della seta e della lana (cit., pp. 44).
Con la concessione ai baroni delle I e delle II cause si rovinò la Gran Corte della Vicaria e,
secondo alcuni giureconsulti, il re Alfonso I meritò l’inferno. Ma i sovrani successori
accrebbero addirittura le concessioni (DI STEFANO, cit. II, p. 284).
18 - Può dirsi che in una sola circostanza le posizioni sostenute dalla Dogana in
campo giurisdizionale non riscossero pieno successo, e fu in relazione alla competenza
sulle lettere di cambio, a lungo dibattuta tra la magistratura foggiana e il Consiglio
Collaterale. Cfr. in proposito il mio La Suddelegazione dei cambi presso la Dogana di Foggia, in
Quaderni di “La Capitanata” 10, Foggia 1970.
19 - Per il testo dei privilegi di re Ferrante del 5 dicembre 1470 e del 17 dicembre
1480: CODA, cit., pp. 16-18, 20-22; DE DOMINICIS, cit., I, pp. 76- 83.
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inoltre che, quando ci fossero state indebitamente intromissioni di altri giudici,
questi venissero obbligati a trasmettere alla Dogana tutti gli atti processuali, e
gratis. Il placet imperiale fu accordato da Castelnuovo con privilegio del 11
febbraio 153620. Ed in quello stesso periodo si ristabiliva in Dogana l’ufficio di
uditore, che era rimasto scoperto per più anni21.
Ma l’opposizione al foro privilegiato non cessava e corti regie e baronali
non sempre rispettavano l’obbligo di rimettere alla Dogana i processi già
avviati oppure disconoscevano la competenza di questa, ora per ragione di
materia, ora di luogo, ora di persona.
Per cui il 30 settembre 1550 il viceré Toledo dovette ribadire che “sopra
gl’officiali et huomini di ... Dohana ... nessuno altro officiale puote né deve
conoscere, eccetto esso magnifico dohaniero”22.
Le diatribe, mai del tutto spente, sul foro dei pastori ricevettero nuovo
alimento dal cap. 28 della prammatica (detta appunto dei 28 capitoli) emanata il
30 luglio 1574 dal viceré cardinale di Granvela, a seguito dell’esame che dello
stato della Dogana l’anno precedente aveva fatto il doganiere Fabrizio di
Sangro con Francesco Revertera e Annibale Moles, l’uno luogotenente, l’altro
presidente della Sommaria23.
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20 - De Dominicis, cit., III, p. 284; Coda, cit., p. 27 (Capitoli, Gratie et confirmationi
di gratie, che si dimandano alla Cesarea Maestà per parte della Dohana della mena delle pecore di
Puglia, e delli huomini di essa. Cap. 1).
21 - Vacando il posto e tardando la nuova nomina, era invalsa spesso l’abitudine
di surrogare l’uditore con altro funzionario, come il r. governatore di Foggia. Ma i pastori
non gradirono la novità e protestarono, lamentando la confusione della giurisdizione che
ne derivava, e così, regnando Carlo V, fu rinnovato l’ordine di eleggere il giudice particolare
delle controversie dei pastori e stabilito che egli restava in carica per un biennio.
Nel 1593, su ricorso del doganiere marchese di Padula, la Sommaria proibì
tassativamente al governatore di Foggia di ingerirsi negli affari di Dogana ed all’uditore di
fare deleghe (DE DOMINICIS, cit., III, p. 336).
22 - GAUDIANI, cit., p. 289.
23 - Il cap. 28 della prammatica, che era stata stesa dal Revertera e dal Moles e poi
firmata anche dai reggenti Salernitano e Salazar, recitava testualmente: “che nessun’ officiale
maggiore
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Difatti, il capitolo in questione, mentre riconfermava la giurisdizione del
doganiere, nel contempo la limitava sensibilmente.
Il tribunale foggiano restava giudice competente per ogni tipo di causa
dei locati e questi, se rei e convenuti, continuavano a trarre innanzi ad esso
anche gli estranei e non sudditi. Ma tale competenza aveva la durata del solo
anno pastorale che andava, come si soleva dire, dall’uno all’altro Angelo (cioè
dal 29 settembre al 8 maggio), cessando invece nei tempi seguenti.
D’estate, quando i locati si trovavano nei paesi di origine, potevano citare
in forza del loro privilegio avanti al proprio tribunale gli estranei solo per
questioni riguardanti esclusivamente l’esercizio pecorino, per dirla con un autore
doganale del Seicento.
Era questa una vittoria per i baroni e, secondo voce, essi dovevano
andare grati principalmente al Revertera che allora
____________
o minore, regio o baronale, s’abbia in modo alcuno ad intromettere directe val indirecte
nella giurisdizione di esso magnifico Doganiere, il quale assolutamente ha da conoscere gli
uomini d’essa Dogana per qualsivoglia causa civile, criminale o mista, per qualsivoglia
delitto per enorme che sia, in modo tale che non solo non possano essere chiamati, né
convenuti avanti d’altro Tribunale che del detto magnifico Doganiero per nessuna sorte di
cause, come sopra s’è detto, ma anco che essi e ciascuno di loro possano, e possa per
qualsivoglia causa civile, criminale e mista traere avanti di detto magnifico Doganiere, e suo
Luogotenente, ed officiale tutte e qualsivoglia persone, quantumvis privilegiate che siano,
durante il tempo, da che detta Dogana si muove dalle montagne di Abruzzo sinché
ritorna in esse, e quelli ancora tutti, che restassero in Puglia per servizio, o negozio
pertinenti a Dogana; però l’estate, ritornati che saranno in Abruzzo, detti di Dogana
debbiano godere l’istessi privilegi, quanto a non esserno tratti per le cause, come di sopra;
verum circa il trahere non lo possano, se non in cose tantum toccanti a Dogana; ben vero
in assenza di detti oficiali di Dogana, l’altri oficiali delle Terre, e luoghi demaniali di Baroni,
in la giurisdizione de’ quali essi di Dogana delinquissero, possano procedere
all’inquisizione, ed etiam, bisognando, e ricercandolo il caso, alla cattura, con avvisarne
però subito detto magnifico Doganiero, e suoi Luogotenenti, ed oficiali più propinqui,
che si troveranno, acciò possino mandare per essi e detti oficiali ce li debbiano
incontanente rimettere, e consegnare una cogli atti, e processi originali a semplice richiesta
di esso magnifico Doganiere, o del suo Luogotenente, con fede dell’uno e l’altro, insieme
ancora con loro armi, animali e robe che li fussero state tolte; per la qual remissione non si
abbia da pagare cos’alcuna, né per via di portello, né per altra qualsivoglia causa, conforme
alli bandi regi, detti da noi , etiam che spontaneamente volessero pagare; il che volemo, ed
ordinamo, che cosi inviolabilmente si debba osservare” (DI STEFANO, cit., II, p. 258).
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era divenuto anch’egli un grande feudatario, avendo comprato la terra di
Salandra e vari feudi in Basilicata24.
La Dogana si mosse in difesa delle sue prerogative ed ottenne una
decisione del Collaterale che le riconosceva la completa potestà giurisdizionale,
mentre il molto discusso capitolo vicereale nessuna osservanza riceveva e, anzi,
secondo il Moles, s’estingueva con la morte del Revertera25.
Logico era, d’altronde, che la questione si risolvesse in tal maniera, una
volta che a livello politico veniva accettato il principio ispiratore del foro
speciale, cioè l’intento di sottrarre il locato a rischi che potevano avere incidenza
negativa sulla sua attività, interessante per il fisco, rischi che erano ben
prevedibili se egli fosse stato soggetto ad un giudice in inverno, ad un altro in
estate.
Il locato esercitava la sua attività in tutte le stagioni, sia quando svernava
con il proprio gregge nel Tavoliere sia quando era nel luogo originario e poi,
nel suo caso, estate ed inverno erano termini alquanto elastici26.
Né maggiore soddisfazione e miglior esito ebbe qualche anno più tardi il
tentativo dei baroni per ottenere che restassero esclusi dalla giurisdizione del
doganiere i cosiddetti locati fittizi, cioè coloro che non possedevano realmente
pecore ma che pagavano ugualmente una fida per avvalersi del privilegio
alfonsino e non essere giudicati da corti feudali.
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24 - “...i baroni, sostenuti dal Reggente Revertera, sorpresero la diligenza del Vicerè
Cardinale di Granvela per farlo limitare, colla nuova sofistica distinzione del tempo...”
(DE DOMINICIS, cit., III, p. 284). V. anche DI STEFANO, cit., p. 260.
25 - Il capitolo 28 non venne mai osservato, sia per difetto di potestà del Granvela
(il viceré non poteva modificare quanto il sovrano aveva convenuto con contratto
oneroso), sia per sospetto del compilatore (il Revertera divenuto feudatario). Esso fu
comuque revocato dalla prammatica LXXIX del 1688, il cui cap. 38. richiama il cap. XIV
dei bandi di Fabrizio di Sangro (DI STEFANO, cit., II, pp. 259-60, 266);
26 - DI STEFANO, cit., II, p. 289. Anche agli affidati della Dogana del Patrimonio
di San Pietro il privilegio del foro era concesso sia d’estate che d’inverno (p. 303).
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Il Consiglio Collaterale, infatti, respinse anche questo tentativo dannoso
per le entrate doganali con decisione del 8 agosto 1579.
Perseguendo un’analoga politica, venti anni dopo, nel 1599 la Sommaria
stabiliva che nessun valore potevano avere le rinunce alla giurisdizione propria,
imposte ai locati dagli ufficiali baronali all’atto della stipula di istrumenti27.
La magistratura foggiana e la Generalità dei locati rimasero sempre
molto vigili, attente ed attive nel fronteggiare ogni attacco portato contro il
foro privilegiato voluto da re Alfonso, sempre memori delle parole di Fabrizio
di Sangro al viceré Montejar che “... la mena delle pecore di Puglia dopo l’erba,
niun’altra cosa la mantiene e conserva, se non la giurisdizione ed il giusto
favore” 28.
Dal 1615 al 1661 i pascoli del Tavoliere furono regolati non con la
professazione volontaria, ma con la transazione o vivere per situazione, nuovo
sistema ideato e fatto attuare per la prima volta dal luogotenente della R.
Camera Berardino di Montalvo, marchese di San Giuliano 29.
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27 - ASFg, Dogana delle pecore, s. I, vol. 3, c 13.
28 - DI STEFANO, cit., II, p. 251.
29 - Dopo la grande moria del 1611-12, che falcidiò le masserie armentizie di quasi
tutte le locazioni (si sottrassero solo Candelaro e Cave, le cui pecore erano nel riposo di
Monte Santangelo), la professazione divenne relativamente volontaria e non più tale da
soddisfare i bisogni erariali. Di qui la riforma progettata dal Montalvo, il cui scopo
principale era quello di garantire alle casse erariali una somma annua determinata, rivestita
di tutti i caratteri della sicurezza, che non ricevesse pregiudizio da qualsiasi fatto dei locati o
situazione della pastorizia negli anni futuri. Accettando la proposta, il ceto dei locati, in
cambio della cessione di tutti gli erbaggi (locazioni e ristori), si impegnò a dare alla R.
Corte annualmente ducati 182.000 per un numero di 2.000.000 di pecore e riconobbe a
beneficio esclusivo della stessa l’affitto di terre a coltura limitatamente a 833 carra.
L’accordo, per la durata di 5 anni, venne preso con pubblico istrumento per mano
del notaio Scipione Petreo di Foggia il 25 novembre 1615. Nella circostanza la Generalità
dei locati stabilì anche un donativo annuo di 10.000 ducati per S.M., per tutto il
quinquennio.
DI STEFANO, cit., I, pp. 233,488; DE DOMINICIS, cit., II, pp. 3-45. V. anche:
ASFg, Dogana delle pecore, s. I, vol. 2, cc. 174t-178r.
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Nei patti previsti dal nuovo sistema i locati fecero sempre inserire una
clausola che significava la conferma del privilegio del foro30.
Questo poi, secondo la Sommaria partecipava alla R. Udienza di Lucera
in giugno 1616, si intendeva esteso anche ai figli, ai servi e alla famiglia in
generale del locato 31.
Negli anni seguenti altre provvisioni della Sommaria, provocate da casi
concreti di contestazione della competenza del tribunale foggiano, decidevano a
favore di questo e precisavano ulteriormente l’ambito della sua speciale
giurisdizione.
Veniva così a stabilirsi che il privilegio dei locati derogava e superava
quello concesso dall’imperatore Costantino a vedove, pupilli e persone
miserabili, quelli a favore dei Capuani, Cosentini, delle Arti della seta e della lana
e, sia pure nel dissenso di parte della dottrina giuridica, persino il privilegio della
regina Giovanna II concesso ai Napoletani nel 1420, per il quale i cittadini della
capitale traevano e non potevano essere tratti, come si diceva32.
Si affermava il principio che gli altri giudici erano incompetenti nei
confronti dei locati, come i giudici secolari lo erano nei confronti dei chierici e
si riconosceva al tribunale doganale la
____________
30 - Altre transazioni fraistituto doganale e locati si ebbero nel 1618, 1626, 1636 e
1642 (DI STEFANO, cit., II, pp. 233-234).
Nella transazione rinnovata nel 1626 si domandò per gli ufficiali di Dogana la
facoltà, già altra volta concessa, di procedere alla carcerazione degli ufficiali regi e baronali
che non obbedivano alle ortatorie del tribunale e venne ancora accordata (DE
DOMINICIS, cit., III, p. 286).
Già nel 1601 la Sommaria aveva ordinato che, in caso di inosservanza delle sue
ortatorie, il governatore doganale scassinasse le carceri altrui. In effetti le lettere della
Dogana e della Sommaria ai tribunali pari, per quanto chiamate ortatorie, se trattavano di
locati, avevano forze di inibitorie (DI STEFANO, cit., II, pp. 273, 275).
31 - ASFg, Dogana delle pecore, s. I, vol. 2, c. 164.
Restavano escluse dal privilegio le figlie sposate, lo mantenevano invece le vedove
dei locati, finché serbavano lo stato vedovile (DI STEFANO, cit., II, pp. 381, 384, 402).
32 - GAUDIANI, cit., pp. 293-294.
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potestà di procedere, come ogni altro tribunale regio, anche contro i rei di
delitti di campagna, se commessi da doganati33.
Scriverà il Di Stefano che il privilegio sul foro dei pastori faceva tanto
strepito nelle scuole e nei tribunali da essere assomigliato alla cerva di Cesare34.
Alle ortatorie doganali, cioè alle lettere di richiesta ad altro giudice,
superiore o uguale, di citare o di rimettere un suo suddito al magistrato
richiedente, mai il Sacro Regio Consiglio e la Gran Corte della Vicaria avevano
fatto opposizione. Riluttanze invece continuavano ad aversi da parte delle Regie
Udienze, prima fra tutte quella di Capitanata con sede in Lucera.
E il Collaterale nel 1614, e il duca d’Alba nel 1625 imposero il rispetto di
dette ortatorie, ma poi fu necessario che anche nel 1638, il viceré del tempo,
duca di Medina de la Torre, ribadisse questo punto 35.
Nel settembre 1657 un arresto del reggente de Marinis, presidente della
Sommaria, per viam legis condendae stabiliva che R. Dohanam menae pecudum Apuliae
in prima instantia cum subditis suis active et passive cognitionem habere omnium causarum
civilium criminalium et mixtarum, privative quoad omnes alios iudices, tam inferiores quam
superiores, etiam cum derogatione legis unicae: in sostanza, il privilegio del foro dei
locati escludeva nel primo grado la stessa giurisdizione della Sommaria.36.
Ed appena un mese prima si era definitivamente stabilito che per godersi
la protezione di quel privilegio fosse necessario
____________
33 - DI STEFANO, cit., II, p. 279; DE DOMINICIS, cit., III, 287.
34 - DI STEFANO, cit., II, p. 252.
35 - GAUDIANI, cit., pp. 295-298, in cui fra l’altro si ricordano episodi di
applicazione di questo principio, relativi agli anni 1690 e 1692.
36 - DI STFFANO, cit., II, p. 262; GAUDIANI, cit., p. 291.
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dichiarare in Dogana anche soltanto 20 pecore vere ed effettive37.
La pubblicazione postuma (1665) dell’opera di Costantino Cafaro, con
la sua questio XV rinverdisce la discussione sulla validità del privilegio alfonsino
per l’intero anno.
Questo autore ed i suoi seguaci (Altimati, Mucci, Ageta, di Costanzo,
Giannelli, Iorio, Riccio Pepoli sono quelli che si fanno “a guisa di pecore trarre
nel pecoreccio del mentovato Cafaro”, verrà rilevato con scherno dal Di
Stefano) sostengono che solo in inverno i locati godono del pieno privilegio del
foro, e in estate solo nelle cause che procedono dalla pastorizia.
La polemica resta a livello dottrinario e ancora una volta il controverso
capitolo 28 del Granvela riceve nuove interpretazioni, favorevoli o contrarie al
foro doganale o alla giurisdizione baronale. In particolare la tesi del Cafaro
viene confutata con due lavori da Francesco Giuseppe de Angelis di Scanno,
più volte deputato della Generalità dei locati38.
Ma nella realtà quotidiana il magistrato foggiano non ammette alcuna
limitazione giurisdizionale e continua ad affidare ai suoi cavallari, ordinari e
straordinari, indagini e pratiche processuali e ad inviare in ogni terra e luogo di
dimora dei locati i suoi commissari, o il suo ufficiale di residenza per le cause
che possono avvenire in tempo d’estate e che, essendo di poco conto, non
conviene rimettere a Foggia39.
Si giungeva così all’anno 1688, in cui sotto la data del 22 dicembre, il
viceré Pietrantonio d’Aragona emanò la famosa prammatica LXXIX de officio
Procuratoris Caesaris, detta dei
____________
37 - DI STEFANO, cit., II, p. 255. Lo stesso autore informa che nei tempi
precedenti, per l’arresto 684 del reggente de Marinis, potevano godere il privilegio del foro
solo coloro che professavano in Dogana non meno di 400 pecore di relazione, senza
corpo, senso, moto, figurate in aria, pagando 3 ducati a centinaio. Nello Stato della Chiesa
erano richiesti 30 animali minuti e 10 grossi, muli e cavalli esclusi.
38 - DI STFFANO, cit., II, p. 268.
39 - GAUDIANI, cit., p. 303.
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49 capitoli, la quale, secondo Di Stefano, che poi ne sarà il più dotto
commentatore, fu pubblicata apposta per far argine alla scuola del Cafaro40.
Il capitolo 38 di questa prammatica, dedicato al foro dei locati e, per
estensione, anche dei massari di campo e degli affittatori di terre salde, ne
riconosceva la giurisdizione privilegiata ed incondizionata, senza limiti per
materia, tempo e luogo, con richiamo espresso al capitolo XIV dei bandi del
doganiere Fabrizio di Sangro41.
I principi sostenuti per tanti anni dalla Dogana, da molti subìti e non
accettati, trovavano la piena affermazione.
Da allora in poi questa prammatica, assieme al privilegio di Alfonso,
rappresenterà il punto di riferimento normativo nelle cause trattate dal tribunale
speciale e nell’opposizione agli altri tentativi che ancora nel XVIII secolo si
avranno per restringerne le attribuzioni.
____________
40 - La Generalità dei locati, vedendo non pienamente osservato il privilegio del
suo foro ed allarmata dalla pubblicazione del libro del Cafaro, aveva fatto ricorso al
sovrano in Spagna. A seguito di real carta, il viceré dapprima inviò a Foggia il luogotenente
della Sommaria, marchese Giovanni di Centellas, per porre rimedio ai vari abusi che si
avevano in Dogana, e poi pubblicò la prammatica, di cui furono estensori i reggenti
Capece Galeota, Carrillo, de Navarra, Capobianco e Ortiz-Cortes (DI STEFANO, cit., II,
p. 266; Nuova collezione delle prammatiche del regno di Napoli, a cura di Lorenzo Giustiniani, t.
X, Napoli 1804, pp. 419-430).
41 - “Perché da Sua Maestà, che Iddio guardi, ne viene incaricata l’osservanza della
prerogativa del foro a locati, sudditi, ed altri uomini, soggetti alla Regia Dogana, nel che
intendiamo, che non vi sia stata tutta l’attenzione che si richiede e che, nonostante nel Cap.
14 de’ bandi fatti in tempo del Doganiere Fabrizio di Sangro si ordina che non si possono
chiamare in giudizio i fidati di Dogana da qualsivoglia Tribunale, eccetto che da detta Regia
Dogana e ch’essendo pigliata informazione da altri officiali contro di essi, debbano quelle
trasmettere gratis; poiché non hanno lasciato d’ingerirsi nelle cause di detti fidati, diversi
Tribunali del Regno, senza riguardo che sia solamente la Dogana, o la Regia Camera loro
giudici competenti. E convenendo in ciò dare opportuno rimedio, ordiniamo a tutti e
singoli officiali di questo Regno, così Regi come Baronali, e particolarmente al Sacro
Consiglio, G. Conte della Vicaria, e Regie Udienze Provinciali che nell’avvenire non
s’ingeriscano nelle cause de’ locati, tanto criminali, come civili e miste, ma lascino che in
quelle proceda la R. Dogana, e suoi Ministri respective, e che osservino puntualmente
l’ortatorie, che loro saranno spedite per la remissione di dette cause, rimettendo gratis
l’informazioni, che forse avessero pigliato nella forma, che sta ordinato di sopra” (Cap.
38). (DI STEFANO, cit., II, pp. 249 e 266).
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Anche questi tentativi, così come i precedenti, saranno tutti destinati al
fallimento, e la competenza doganale sarà affermata nei confronti del foro
militare e dei particolari giudici delegati che nel Settecento si moltiplicarono nel
regno per la più facile risoluzione delle vertenze (Governatore
dell’arrendamento del sale, Delegati della Nazione veneziana, della Religione di
Malta, dell’arrendamento delle carte da gioco)42.
L’osservanza della prammatica LXXIX viene ribadita al tempo del
viceregno austriaco, con cedole reali di Carlo VI da Vienna nel 1722 e 1724; al
tempo del regno indipendente un dispaccio generale in data 9 maggio 1743 di
Carlo III conferma la privativa giurisdizione nella sua forma più ampia e
Ferdinando IV con determinazione del 15 giugno 1769, essendosi verificato
qualche caso di inosservanza, prescrive l’esatta esecuzione degli ordini del
genitore43.
In effetti, il tribunale dei locati eserciterà le sue attribuzioni con pienezza
di poteri sino all’ultimo momento di vita della Dogana stessa, fino al 1806,
quando la nota legge del 21 maggio, decretando la fine dell’istituzione foggiana,
trasferirà la sua speciale giurisdizione alla magistratura ordinaria.
Pasquale di Cicco
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42 - DE DOMINICIS, cit., III, pp. 294-295.
43 - Il regio governatore di Bisceglie, mostratosi riluttantead obbedire alle ortatorie
doganali, viene rimosso dall’impiego (DE DOMINICIS, cit., III, p. 291).
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