Ricordo di don Bartolomeo Ferrari: il prete partigiano

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Ricordo di don Bartolomeo Ferrari: il prete partigiano
Ricordo di
don Bartolomeo Ferrari:
il prete partigiano
“Bartolomeo Ferrari è nato a Genova il 15 agosto 1911 ed è mancato il 21
aprile 2007, dopo essere stato per moltissimi anni Arciprete della chiesa di
Santa Maria della Cella a San Pier d'Arena. Don Berto, come lo chiamavano
i partigiani, fu cappellano della divisione Mingo e raccontò le sue esperienze
nella Resistenza nei libri "Sulla montagna con i partigiani" (1946, rieditato nel
2001), "Prete e partigiano" (1982); "Il ribelle" (1995). Fino al 2006 non mancò
mai l'appuntamento con l'annuale commemorazione dell'eccidio alla
Benedicta, per celebrarvi la Messa in memoria dei caduti. Voleva continuare
a farlo, come testimonia il suo nome indicato come celebrante nei manifesti e
negli inviti che annunciavano la manifestazione del 2007. Dopo la scomparsa
di don Berto, ai familiari è stato inviato un telegramma che dice:
"L'Associazione Memoria della Benedicta si unisce al dolore dei familiari, dei
partigiani e di tutti i cittadini amanti della libertà e della democrazia per la
scomparsa di monsignor Bartolomeo Ferrari - don Berto, già cappellano della
Divisione Mingo, che, con i suoi compagni di lotta, contribuì ad affrettare la
conclusione della guerra con l'affermazione dei valori di pace, libertà e
giustizia sociale che la nostra Repubblica ha posto a proprio fondamento.
Cogliamo questa dolorosa circostanza per rinnovare e rafforzare il nostro
impegno a trasmettere alle nuove generazioni la memoria di quegli eventi
insieme al loro insegnamento di perenne attualità". Don Berto aveva
partecipato al Primo conflitto mondiale. Nel secondo dopoguerra aveva
aderito al PSI”.
Caterina Grisanzio
(Dal Gazzettino di Sampiedrdarena novembre 2015)
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« Se dovessi non più tornare mi sembra che la mia vita stroncata sulla montagna
coi partigiani sarebbe ben spesa.» ( così scriveva don Ferrari nel momento della
scelta della montagna).
Ho ascoltato con vivo interesse l’ intervista di Pasquale Aurelio Pastorino
a don Bartolomeo Ferrari 50 anni dopo la sua permanenza sui monti
come partigiano. L’intervista si trova ora anche nel mio face book .
Racconta Don Berto : “sognavo di diventare cappellano militare”. Il sogno
divenne “realtà forzata”. “Presi la via della montagna il 16 giugno ‘44 ore
11,00. Nove anni prima alla stessa ora ero ordinato sacerdote”.
Il suo atteggiamento critico contro il fascismo cresce nei banchi di scuola, si
irrobustisce nell’esperienza di angherie, soprusi e mancanza di libertà,
diventa ribellione e lo manifesta – racconta – imprudentemente riscontrando
ingiustizie e prepotenze del regime. Il 9 settembre ’43 inizia la collaborazione
con i partigiani. Militari delle caserme di Mainetto si presentano in canonica
e chiedono di nascondere le armi. E le canne del vecchio, organo sono il
ripostiglio sicuro per bombe a mano, caricatori ecc…
Quale è stato il suo costante e appassionato impegno in montagna?
Essere cappellano per i credenti e amico per gli altri … e lungo i mesi
condivide la vita dei suoi compagni, aiutando tutti. Don Berto non solo diventa
punto di riferimento per i suoi ragazzi in montagna, ma redige anche il
giornale “Il Ribelle”. La prima copia la lessero i tedeschi che intercettarono
colui che doveva potare le copie al comando della Divisione Mingo. Da “Il
Ribelle – nome che suonava negativo per i capi, perché attributo dato dai
Tedeschi ai partigiani – il giornale diventerà “Il Patriota” – “Già Il Ribelle”.
Uscì in quattordici numeri, dal 10 dicembre ’44 al 21 aprile ’45. La ristampa
che ne fu fatta nel 1995 fu possibile dal fatto che Ferrari ebbe l’accortezza di
salvare una copia di ogni numero. Le copie venivano nascoste in una scatola
di latta, sotterrata nel giardino di casa di amici fidati .
Don Berto è stato “prete partigiano”:
il suo settore di attività non era la guerriglia in quanto tale, ma creare amicizia
con tutti, aiutando e consolando tutti … e vivere la vita dei compagni. E quasi
un lamento … dopo il 25 aprile “i partiti divisero quello che avevamo
costruito: lo stare insieme, uniti dall’amicizia che si fa aiuto e accoglienza”.
Un insegnamento ripeteva ai suoi ragazzi: “oggi abbiamo le armi, domani ci
si chiederà conto del come le abbiamo usate!”
L’intervista è una fioritura di aneddoti dove don Berto pare sorretto dalla
Provvidenza … e non ha avuto paura . Ricorda le parole del cardinale
Siri:”Con l’aiuto di Dio nella tua vita, la paura non ti ha mai visitato”.
Che cosa resterà del prete partigiano?
“Tra vent’anni nessuno più mi ricorderà … Restano i valori per cui ho
vissuto quei mesi di montagna” … e la “fede in Dio” cresciuta nei boschi al
freddo e nel
continuo pericolo
dell’arrivo dei nazifascisti.
La sua esperienza è affidata ai libri scritti in cui vivono tutti gli amici uccisi e
sopravissuti.
Alberto Rinaldini