ecologia del paesaggio capitolo 7

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ecologia del paesaggio capitolo 7
Cap. VII
I SUBSTRATI DI COLTIVAZIONE
- Generalità I substrati di coltivazione hanno la funzione di ospitare nel modo più accogliente possibile l’apparato radicale
delle piante coltivate. Per questo motivo devono presentare delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche
tali da consentire il miglior sviluppo delle radici poiché diversamente le piante coltivate vanno incontro a
diverse problematiche che si ripercuotono negativamente sulla loro produttività fino a comprometterne la
sopravvivevenza.
E’ dal substrato infatti che le piante prendono aria, acqua e nutrienti per svilupparsi e compiere le loro funzioni
vitali.
- Caratteristiche fisiche dei substrati • Granulometria o Tessitura: riguarda le dimensioni delle singole particelle del substrato. Dipende dal tipo di
materiale, dal sistema di raccolta e di lavorazione.
• Densità assoluta: corrisponde al peso specifico delle particelle solide che compongono il substrato.
• Densità apparente: si esprime in g/l o in g/cm³. Corrisponde al peso dell’unità di volume del terriccio
compresi gli spazi vuoti.
Substrato
Polistirolo espanso
Vermiculite
Argilla espansa
Sabbia
Torba bionda
Torba bruna
Torba nera
Aghi di pino
Cortecce di pino
Foglia di faggio
Compost
•
Densità apparente (g/l)
10
100
316
1560
65 - 160
100 - 200
330 - 410
75 - 100
175 - 300
100 - 250
600 - 700
Porosità totale: è data dall’insieme dei macropori (Ø > 50 µ) e dei micropori (Ø < 30 – 50 µ) Deve essere
> dell’85 %. In una buona torba di sfagno può arrivare al 96 %.
• Capacità per l’aria (macroporosità): deve essere non < al 25 % della porosità totale. Idealmente il 45-50
%.
• Capacità idrica relativa o potere di ritenzione (microporosità): rappresenta la quantità di acqua che rimane
nel terreno dopo che è stato saturato e lasciato sgrondare per gravità. Tale acqua è quella trattenuta dai
micropori del substrato. Il valore di tale capacità idrica si esprime g di acqua assorbita per ogni 100 g di
sostanza secca. Per una torba di sfagno ideale deve essere > 1000 g/100g ss. Questo valore è
comprensivo di diverse forme di acqua (anche quelle non disponibili) tra cui ricordiamo:
Acqua facilmente disponibile: è quella che le piante possono assorbire con pochissimo dispendio
energetico. In una torba di sfagno ideale dovrebbe essere intorno al 20 - 30 % della capacità idrica.
Acqua di riserva: è una frazione di acqua utilizzabile dalle piante però con un dispendio energetico
superiore alla precedente. In una torba di sfagno ideale dovrebbe essere pari al 4 - 10 % della
capacità idrica.
Acqua complessivamente disponibile: è la frazione di acqua utilizzabile dalle piante (acqua
facilmente disponibile + acqua di riserva). In una torba di sfagno ideale dovrebbe essere > 24 %
della capacità idrica ( quindi > 240 g/100 g di s.s.).
• Grado di restringimento: misura la diminuzione di volume a seguito della perdita di acqua. Questo
parametro deve essere il più basso possibile poiché un forte grado di restringimento potrebbe causare
danni alle tenere radici delle piantine coltivate. Per una torba di sfagno ideale deve essere inferiore al 25
%.
In base alla % di acqua disponibile i substrati si classificano in tre classi idrologiche (Verdonck):
Classe idrologica 1 - 2: sono molto pesanti (molta acqua e poca aria);
Classe idrologica 3 - 4: sono di valore medio, adatti a Gerani e Crisantemi;
Classe idrologica 5 - 6: sono leggeri (molta aria e poca acqua) e idonei per Ciclamini e Bromelie.
- Caratteristiche chimiche dei substrati • pH: varia a seconda del tipo di substrato in relazione ai componenti presenti. Il pH condiziona la
disponibilità degli elementi nutritivi. Infatti a bassi valori di pH (ambiente molto acido) si possono avere
carenze di N, P, K, Ca, Mg ed eccessi (fitotossicità) di Al+++ e H+, mentre ad alti valori di pH (ambiente
molto alcalino) si riscontrano carenze di N, P, Fe, Mn ed eccessi di Ca, Mg, Na.
Substrati
Torba bionda
Torba bruna
Torba nera
Corteccia e aghi di pino
Foglie di faggio
Pomice e perlite
Lana di roccia
Vermiculite
•
pH
3-4
3,5 – 5,5
4-8
4,5 - 5,5
5,5 - 6
6,5 - 7,5
7 - 7,5
7 - 7,5
Capacità di scambio cationico (C.S.C.): rappresenta la capacità di un substrato di trattenere i nutrienti
(cationi), evitandone il dilavamento da parte delle acque meteoriche o irrigue, e di cederli
successivamente alle piante. La C.S.C. si esprime in meq/100gr di terreno secco. Una buona C.S.C.
dovrebbe essere compresa tra 60 - 150 meq/100gr di terreno secco. Valori di C.S.C. < 15 indicano
substrati poco capaci di trattenere nutrienti
Substrati
Montmorillonite
Vermiculite
Torba bionda di sfagno
Humus
Aghi di pino - Tufo vulcanico
Sabbia, limo, pozzolana, caolinite, perlite, polistirolo
•
C.S.C. meq/100 g
80 - 100
120 - 150
100 - 200
170 - 200
70 - 80
Bassi valori (< 15)
Salinità (S): rappresenta la quantità di sali solubili presenti nella soluzione circolante del substrato. Si
esprime i g/l o ‰ oppure in mg/l o ppm. Per determinare la salinità come ECe di un substrato in acqua, si
prendono 100 cc di substrato pressato (come quando si invasa), si aggiungono 150 cc d’acqua distillata e
si agita di tanto in tanto; dopo un paio di ore si legge sullo strumento, a 20 °C, il valore della ECe. Per
calcolare la salinità si moltiplica questo valore per un fattore di conversione (0,7):
S = ECe . 0,7
Se ECe è espressa in m-mhos/cm (= mS/cm) a 25 °C, la S si esprime in g/l o ‰.
Se ECe è espressa in µ-mhos/cm (= µS/cm) a 25 °C, la S si esprime in mg/l o ppm.
Salinità
Bassa
Media
Valori in ppm o mg/l
< 250-175 (= 0,25 - 1,75 g/l)
250 - 500
Alta
Molto alta
500 - 1500
1500 - 3200
Ogni specie ha una diversa tolleranza alla salinità. Le torbe bionde hanno, data la loro origine, bassissima
salinità (sono come si dice “pulite”), mentre le torbe brune e nere possono presentare problemi di elevata
salinità (CEe da 1000 a 2000 µS/cm).
-Rapporto C/N: se questo è basso (< 25 - 30) come nel letame maturo significa che i microrganismi trovano a
sufficienza l’N per moltiplicarsi e addirittura che una parte viene liberato nel substrato per la coltura, quando
invece tale rapporto C/N è alto (> 40) come nella paglia i microrganismi sono costretti per svilupparsi a
sottrarre seppur temporaneamente l’N dalla soluzione circolante del substrato. Quindi un rapporto C/N < 30 è
indice di stabilità biologica.
Substrati organici
1) LA TORBA: è il prodotto della decomposizione in ambiente anaerobico, freddo e umido, di piante palustri:
Ciperacee (Carex, Trycophorum, Eryophorum…), Graminacee (Monilia cerulea, Phragmites,..) e Briofite
(sfagni). Tale processo è molto lento tanto che se analizziamo il profilo di una torbiera possiamo stimare che
ad ogni mm di approfondimento corrisponda un anno di vecchiaia (quindi a 2 m di profondità troveremo torba
vecchia di 2000 anni).
Ricchi di torbiere sono i paesi del Nord Europa (Polonia, Finlandia, Germania, Ucraina, Eire, Svezia, Lituania,
Estonia…) il
Canadà. In Italia sono
ORGANICI
presenti
modeste
torbiere
a
TIPI DI SUBSTRATI IN BASE ALL’ORIGINE
MINERALI
Viareggio
e
Vipiteno. Il tipo di torba
SINTETICI
dipende dalle
condizioni
climatiche,
dalla struttura geologica dell’ambiente, dalla composizione mineralogica delle acque e dalla profondità della
torbiera.
In relazione al tipo di torbiera, distinguiamo due tipi di torba:
a) TORBA SCURA: si forma nelle torbiere basse (hoch-moor) (Fig….) del Sud Europa (Italia, Francia
occidentale..) che sono alimentate soprattutto da fiumi e da acque di falda freatica affiorante, in minima parte
da piogge. Il il clima temperato e la relativa abbondanza di O2 e di elementi minerali (soprattutto carbonat)
nell’acqua della falda superficiale affiorante ha favorito lo sviluppo di molte specie vegetali (Ciperacee,
Giunchi, Felci..) che alla loro morte sono state rapidamente decomposte.
La torba scura è un substrato molto decomposto, vecchio anche di 20000 - 30000 anni, molto eterogeneo,
discretamente ricco di nutrienti, con pH variabile in relazione al contenuto dei sali (carbonati) delle acque
affioranti da sub-acido a sub-alcalino (da 5,5 - 8) e con rapporto C/N 15 – 40.
Le torbe scure vengono distinte in:
torbe brune (Fig….) in cui è possibile anche se con difficoltà leggere i residui dei vegetali;
torbe nere (Fig….) in cui i resti vegetali sono irriconoscibili. Sono povere di macroporosità e spesso
presentano una eccessiva salinità e polverosità. Risultano infine poco pregiate e poco adatte ad
essere usate da sole nella preparazione dei substrati, ma idonee ad essere miscelate con altri
materiali.
b) TORBA BIONDA o DI SFAGNO (Fig….): si forma nelle torbiere alte (nieder-moor) (Fig….)del Nord Europa
(Germania, Paesi bassi, Irlanda) e del Canadà, dove il clima è freddo - piovoso e prevalgono sfagni e muschi.
Queste torbiere sono alimentate da acque piovane che dilavando continuamente il fondo torboso trascinano
via in profondità i sali presenti evitando che si accumulino nella torba.
La decomposizione è piuttosto lenta per cui specialmente in superficie abbiamo un materiale torboso
grossolano “chiaro” (per questo detta “bionda”) in cui è possibile riconoscere i resti vegetali. Negli strati più
inferiori invece il materiale è un po’ più degradato.
La torba bionda è un substrato giovane (100 - 300 anni) parzialmente decomposto, acido (pH 3 - 4) e povero
di sali (perché, come detto sopra, la torbiera è alimentata solo da acqua piovana).
Le torba bionde sono preferite in floricoltura per la maggiore porosità e stabilità strutturale. L’unico problema
può essere quello della loro bassa reazione chimica che, tuttavia, è relativamente facile innalzare con apporti
di carbonato di Ca o Mg (2 - 3 Kg/mc per unità di pH).
Estrazione della torba
La torba viene estratta dalle torbiere con due differenti modalità:
• con fresatura (Fig….): cioè grattugiando superficialmente per qualche cm la torbiera;
• con il taglio superficiale (Fig….) della torbiera in mattonelle o blocchi dello spessore di 15-20 cm.
In entrambi i casi il materiale raccolto va lasciato ad asciugare in cumuli o in andane, per tutto l’inverno al fine
di far “gelare” la torba, prima di essere confezionato.
La torba in mattonelle è di qualità generalmente migliore di quella fresata in quanto mantiene integre le
proprietà strutturali.
Tanto la torba fresata che quella in blocchi vanno lavorate (macinate e vagliate) per eliminare i resti organici
legnosi, la polvere e per separare le frazioni commerciali.
Caratteristiche di una torba
Una buona torba deve possedere i seguenti requisiti:
Elevata capacità di ritenzione idrica (CRI): 1000 g/100g di ss nelle migliori torbe bionde. Aumentando il
grado di decomposizione tale valore si riduce.
Acqua facilmente disponibile (Afd): 20 – 30 % della CRI.
Acqua di riserva (Ar): 4 – 10 % della CRI.
Acqua complessivamente disponibile nel vaso dopo l’irrigazione (Afd + Ar): > 240 g/100 g di ss.
Buona capacità di reidratazione dopo una forte fase di asciutta (sotto questo profilo le torbe bionde sono
migliori di quelle scure).
Porosità totale (PT): > 96 % del volume totale.
Macroporosità o porosità per l’aria (sono gli spazi liberi che restano nel vaso dopo l’irrigazione): 45 – 50 %
della PT.
Densità apparente (g/l): 60 - 100 per la torba bionda, 250 - 450 per quella nera.
pH: questo è un parametro variale a seconda del tipo di torba. Per quelle bionde si aggira da 3 - 4 per
quelle brune da 3,5 - 5 e per quelle nere da 4 - 8. Qualora avessimo la necessità di correggere il pH
troppo basso di una torba bionda o bruna possiamo ricorrere all’aggiunta di:
- CaCO3 macinato in particelle di 0,60 µ di Ø. Per alzare di un punto il pH di una torba si aggiunge 1,5
Kg/m3 di CaCO3 nel caso di una torba bionda e 2,5 Kg/m3 di CaCO3 nel caso di una torba bruna (questa
maggiore dose è dovuta al maggiore potere tampone di quest’ultima).
- CaMg(CO)3 (dolomite o dolokal): rispetto al precedente correttivo ha effetto minore sul pH (anche se più
stabile) per cui bisogna aumentare le dosi del 30 %.
- Calce viva (CaO) e spenta (Ca (OH)2): le calci hanno un’azione più rapida (due o tre volte rispetto al
carbonato di calcio) ma di breve durata (1 - 2 mesi).
Da ricordare che sul pH di una torba contenuta in un vaso possono influire sia l’uso di acque irrigue due
(ricche di carbonato di calcio) che la qualità dei concimi impiegati per la fertilizzazione delle piantine allevate.
Buona stabilità strutturale: in commercio esistono torbe di buona struttura che una volta invasate
collassato dopo 1-3 mesi, mentre altre si mantengono stabili anche per 1-2 anni. Pertanto la stabilità
strutturale è un requisito molto importante specialmente per le piante a ciclo lungo (es. Bromelie che
hanno un ciclo di 500 gg) che per quelle a ciclo breve (es. geranioche ha un ciclo di 100 gg).
Basso grado di restringimento per evitare rottura di radichette: < 25 %. Le torbe irlandesi sono quelle a più
basso indice di restringimento.
Bassa salinità (C.E.< 2 mmhos/cm pari a una salinità < 1,4 g/l, infatti S = 2 x 0,7 = 1,4)
Capacità di scambio cationico: 100 - 200 meq/100 g di terreno secco.
Rapporto C/N: < 25 - 30
Sostanza organica (in % sulla sostanza secca): 80 - 90 %.
Assenza di sostanze nocive e di agenti patogeni
Indice di maturità o di umificazione o grado di Van Post (°H): varia da 1 - 10. I valori più bassi (°H 1 - 3)
sono tipici delle torbe giovani (bionde) e poco decomposte, quelli intermedi (°H 4 – 6) delle torbe brune,
mentre i valori più alti (°H 7 - 10) sono caratteristici delle torbe scure più mature e instabili.
Talvolta in commercio si tende ad esprimere il grado di maturazione delle torbe con la tonalità del colore:
bionda, bruna e nera. Si considera giovane una torba di colore biondo e vecchia una di colore scuro.
Questo non è sempre corretto perché mentre una torba nera è sicuramente vecchia, nel caso delle torbe
bionde e brune si può sbagliare poiché esistono torbe giovani di colore tendente al bruno (anziché biondo)
e torbe più mature di colore chiaro (color tabacco).
Tessitura: il Ø delle particelle varia da 1 - 3 mm per la torba bionda, 0,5 - 2 per la bruna, 0,2 - 1,5 per
quella nera. La torba con particelle più piccole presenta una > capacità per l’acqua disponibile (46 %) e
una < capacità per l’aria (17 %), il contrario si per la torba con particelle più grosse.
Lunghezza delle fibre: queste possono essere lunghe (> 40 mm), medie (10 - 40 mm) e corte (<10 mm).
La fibrosità di una torba non è sempre sufficiente per definire la sua capacità per l’aria e per l’acqua. Infatti
possiamo trovare torbe lituane o svedesi molto fibrose che però impacano velocemente una volta invasate
e trattengono molta acqua e poco ossigeno, e torbe irlandesi e canadesi a fibrosità medio - fine, più
porose e drenanti, che presentano una maggiore capacità per l’aria.
Caratteristiche medie di torbe e compost
Parametro
Torba di sfagno
Substrato
Compost verde Compost misto
ideale
Densità app. (g/cm3)
0,1 - 0,6
0,1 - 0,5
0,3
0,4
Prosità tot. (% vol/vol)
> 95
>85
82
80
Capacità per l’aria (% vol/vol)
45 - 50
20 - 30
28
30
Acqua disponibile (% vol/vol)
24 - 40
24 - 40
14
15
pH
2,5 - 3,5
4,5 - 6
7,8
8
Conducibilità (mS/m)
0,2 - 1,6
<2
1
3,5
CSC (meq/l)
150
100 - 1000
230
170
2) HUMUS DI LOMBRICO (Fig….): deriva dalla decomposizione delle lettiere di bovino o di equino da parte
dei lombrichi nell’arco di 6 - 12 mesi. E’ un ottimo substrato ricco di sostanza organica ma molto costoso.
3)TERRA DI BRUGHIERA (Fig….): deriva dalla decomposizione dei residui vegetali tipici della brughiera
(Ericacee come Erica gracilis, Calluna vulgaris,.., Graminacee come Monilia cerulea,.., Felci) su altipiani dai
600 - 1500 m s.l.m. su terreno sabbioso. Per la preparazione di tale substrato si asportano i primi 10 - 18 cm
della brughiera.La composizione della terra di brughiera varia in relazione alla specie vegetale predominante,
al suo stadio di trasformazione, dalla natura del terreno sottostante e dall’altitudine del luogo di origine.
Si presenta di colore grigio, morbida al tatto, povera di calcare (2 - 3,5 %), con un pH 4,5 - 6 (per cui va bene
per acidofile come Azalee, Orchidee, Bromeliacee), con un mediocre contenuto di sostanza organica (per cui
va integrata con torba), con una media capacità di trattenuta idrica, con una C.S.C. di 50 - 65 meq/100g di
terreno secco. Normalmente la terra di brughiera viene impiegata per preparare miscugli insieme ad altri
substrati organici.
4) TERRICCIO DI BOSCO: è costituito dai residui vegetali del bosco (rami secchi, foglie morte,..) caduti sul
suolo e umificati. Al momento della sua raccolta bisogna scartare lo strato superficiale poiché è costituito da
materiali vegetali indecomposti dopodiché si può asportare la restante parte fino al suolo. La sua
composizione varia in relazione alle specie che formano il bosco.
5) TERRA DI BOSCO: è costituito dalla strato di terreno sottostante al terriccio di bosco; si presenta di colore
nero, uniforme e ricco di sostanza organica (10 - 15%) profondamente decomposta. Si usa per preparare
miscugli per Gardenia, Ortensie, Ficus, Camelia,..
6) TERRICCIO DI FOGLIE: può essere ottenuto utilizzando foglie di latifoglie (soprattutto di Faggio in quanto
quelle di Quercia, Castagno, Platano sono soggette a più rapida degradazione) oppure di aghifoglie (Pino
silvestre, da pinoli e strobo, Abete rosso).
Molto noto è il terriccio di foglie di Faggio (Fig….) che si prepara lasciando fermentare per circa 6 mesi sotto
una tettoia le foglie di Faggio poste in cumuli e bagnate con una soluzione azotata (acqua + 1kg/m³ di
NH4NO3) in modo che i batteri umificanti si possano sviluppare senza sottrarre N al substrato. Al termine della
fermentazione il materiale viene macinato e possibilmente sterilizzato per evitare l’eventuale sviluppo di
parassiti presenti nei materiali iniziali.
Il terriccio di foglie di faggio ha un pH acido (5), una C.S.C. di 55 - 60 meq/100g di terreno secco, una buona
macroporosità (30 %: grazie alle nervature fogliari che si decompongono lentamente), una buona dotazione di
K (mentre è carente di N e P).
Non essendo strutturalmente stabile, ogni 7 - 8 mesi va rinnovata. Si impiega da solo o in miscugli con torba
per specie acidofile. Il terriccio di aghi di pino si ottiene lasciando fermentare per circa 2 - 3 mesi gli aghi di
pino (silvestre e strobo, evitando quelli di altre conifere perché troppo resinosi) in cumuli alti 1 m. E’ un
substrato molto leggero e poroso con un pH acido (4,5 - 5,5) per cui trova impiego, miscelato con torba (30 –
50 % in volume) per specie acidofile (Bromeliacee come Aechmea, Guzmania e Nidularium; Azalee,
Rododendri...). Gli aghi di pino possono essere impiegati anche allo strato fresco.
7) LETAME o STALLATICO (Fig….): deriva dalla fermentazione della lettiera frammista a deiezioni solide e
liquide di bovini o equini. E’ un substrato molto impiegato in ortofloricoltura per le sue ottime qualità fisico –
chimico - biologiche.
8) TERRICCIATO: si ottiene lasciando fermentare (per circa 6 mesi) sotto una tettoia (per impedire
dilavamenti ad opera dell’acqua piovana) il letame (o altri materiali organici) disposto in strati di 30 - 40 cm
alternati da strati di 15 - 20 cm di terra fino a raggiungere un’altezza complessiva di circa 1,5 m. Il tutto viene
costantemente mantenuto umido con liquami o con soluzioni acquose azotate (acqua + 1 - 3 Kg/m³ di
NH4NO3) per favorire lo sviluppo della flora batterica unificante. E’ un materiale piuttosto costoso da usare per
piante pregiate e molto esigenti in nutrienti.
9) COMPOST da RESIDUI SOLIDI URBANI (RSU) (Fig….): deriva dal compostaggio cioè da un trattamento
aerobio biologico in celle zimotermiche o all’aperto dei residui dell’ambiente urbano opportunamente sottoposti
a cernita (per eliminare pezzi di vetro, di metallo, di plastica....), trinciati e miscelati. Schematicamente un
impianto di compostaggio comprende tre sezioni:
una sezione in cui avviene lo stoccaggio separato dei vari rifiuti organici e il loro pretrattamento
(comprendente la triturazione degli scarti vegetali con molino a martelli, la separazione di contaminanti
ferrosi o plastici e la miscelazione per omogeneizzare la massa.
una sezione di maturazione: in cui avviene il trattamento biossidativo della massa disposta in cumuli alti
circa 2 m. Durante tale processo è importante procedere al rivoltamento meccanico della massa
(inizialmente e per i primi 20 gg, ogni 2 gg, poi ad intervalli un po’ più lunghi) per favorire l’areazione e
migliorare l’omogenizzazione. Il processo si conclude in circa 3 mesi durante il quale si fanno una 15 di
rivoltamenti della massa.
una sezione di trattamento finale: in cui il compost grezzo viene raffinato con vagli aventi dimensioni
diverse a seconda del tipo di granulometria che vogliamo ottenere, e quindi campionato per
l’accertamento delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche.
I compost presentano un colore marrone scuro e un pH sub-alcalino (7,5 - 8,5). Spesso contengono metalli
pesanti fitotossici e pericolosi per la salute de consumatore nel caso di impiego del prodotto in orticoltura (per
tale ragioni il loro impiego, oltre ad essere disciplinato dalla legge, va ponderato).
10) COMPOST VERDE o da RESIDUI SOLIDI VEGETALI (tutoli di mais, paglia di frumento, pula di riso,…)
(Fig….): questi residui vengono accumulati all’aperto sotto teli di Polietilene con aggiunta di N (3 - 4 Kg/m³ di
NH4NO3) per favorire lo sviluppo dei batteri unificanti in quanto si tratta di materiali ad alto rapporto C/N (400)
cioè poveri di N.
La lolla di riso parboiled garantisce sofficità ed elevata capacità per l’aria. E’ ricca di silicio e potassio. Entra
nei terricci in dosi del 20 %.
11) COMPOST da SCARTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO (segatura e trucioli): vengono miscelati e
lasciati fermentare con altri materiali organici per la preparazione di miscugli a basso costo. Il compostaggio è
importante per prevenire rischi di fitotossicità, per abbassare il rapporto C/N (che inizialmente può arrivare
fino a 1000), per migliorare la permeabilità ea trattenuta idrica.
12) COMPOST da CORTECCE (Pinus pinaster, Picea, Abies, Pseudotsuga, Fagus, Quercus…..) (Fig….): Le
cortecce tal quali (cioè fresche) non sono idoneee per la preparazione di substrati (per il loro elevato C/N fino
a 600 – mentre quello ottimale siaggira sui 20 - 30 -, per la scarsa capacità di ritenzione idrica, per la presenza
di sostanze fitotossiche come polifenoli, terpeni e resine,….) ma vanno compostate per un periodo di tempo
non inferiore a 6 settimane e con aggiunte di circa 2 kg/m3 di N sottoforma di urea. Con il compostaggio la
corteccia acquista una buona stabilità strutturale, una grande permeabilità, una grande capacità di ritenzione
idrica, un pH compreso tra 6,5 - 7 (5 nel caso della corteccia di pino), una elevata dotazione organica, un
elevato potere tampone, una buona C.S.C., un rapporto C/N di 30 - 40, una bassa salinità (250 - 500 µS/cm).
Le cortecce compostate raramente vengono usate da sole, di solito sono impiegate in miscugli con torbe e
polistirolo in % fino al 50 % (80 % nelle specie epifite). La corteccia di pino macinata in granuli di 0,5 - 2cm di
Ø e compostata acquista proprietà simili alla torba bionda (pH basso, basso contenuto in elementi nutritivi,
grande permeabilità e stabilità strutturale). Il corteccino di pino macinato fresco è utilizzabile tal quale solo per
le acidofile. Le cortecce di Abete e di Ippocastano non vanno usate poiché la presenza di tannini e fenoli le
rendono fitotossiche.
La corteccia di Conifere tal quale può essere utilizzata solo come materiale pacciamante biologico oppure
mescolata a torba viene impiegata per la coltivazione delle Orchidee.
13) FIBRA DI COCCO: deriva dal mesocarpo fibroso (costituito quasi interamente da lignina) della noce di
cocco che viene trattato con Ca(NO)3 (per stabilizzare la C.S.C. ed evitare carenze di Ca nelle colture
invasate), fatto compostare per 2 - 3 anni all’aperto e quindi disidratato e compresso in blocchi (volumi 10 - 70
l) o in balle (110 - 130 l) o in dischetti (del Ø di 6 - 7 cm e dello spessore di 2 - 3 cm). Prima del suo impiego va
reidratato in modo che riacquisti il volume originario (2 - 4 volte il volume compresso). E’ un substrato con
caratteristiche molto simili alle torbe bionde, infatti è leggero (densità 73 g/l) per cui di facile trasporto e
manipolazione, molto poroso (macroporosità 37 %, porosità totale 95 %), con buona capacità di ritenzione
idrica (58 % di acqua), con pH sub-acido tendente alla neutralità (5,5 - 6,8), con media salinità, alta C.S.C.,
ricca di sostanza organica (88 – 94 %), con un rapporto C/N molto alto (220) per cui la mineralizzazione del
substrato è molto lenta (pertanto rimane più stabile).
14) COMPOST DA RESIDUI DI LAVORAZIONE DEI MACELLI (sangue secco, carnicci, cornunghia, cuoiattoli,
pellicino integrato).
15) COMPOST dal SUBSTRATO ESAUSTO DI FUNGAIA: deriva dal substrato esausto di fungaia che viene
fatto compostare per 2 - 3 mesi e talora pastorizzato per inattivare spore funginee.
16) CELLAGER: è un materiale cellulosico molto leggero (40 g/l), commercializzato in falde pressate di
modesto spessore. Con aggiunta di acqua si rigonfia notevolmente (col disseccamento riprende tuttavia
l’originale volume). E facilmente degradabile dai microrganismi cellulositica.
Substrati inorganici o di origine minerale
a) SABBIA SILICEA (non calcarea!) (Fig….): è costituita da particelle (Ø 2 - 0,02 mm) di silice (SiO2), ricca
di macropori, molto permeabile, basso potere di ritenzione idrica, bassa C.S.C., molto pesante (1200 1600 g/l). L’aggiunta di sabbia silicea alla torba riduce la porosità poiché per la loro pesantezza le
particelle silicee schiacciano i pori. Per questa ragione la sabbia silicea non va usato per terricci da
invasatura, ma per substrati per taleaggio o per tappeti erbosi in dosi dal 20 al 70 %. Viene di solito
aggiunta ad altri materiali organici per preparare miscugli. La sabbia per il suo elevato peso specifico
apparente può essere usata per aumentare la stabilità dei contenitori leggeri (in plastica) contenenti
miscugli leggeri (torba o terricci di foglie).
b) POMICE (Fig….): è un silicato di Al (con tracce di Na, Ca, Mg, Fe..) presente nelle rocce vulcaniche. E’ di
colore grigio, non sterile, molto porosa e leggera (80 g/l), fragile, con pH neutro, con ridottissima C.S.C.,
usata per colture idroponiche e nei miscugli per aumentare la leggerezza, il potere drenante(trattiene
pochissima acqua) e l’areazione. Viene commercializzata in particelle del Ø di 2 - 10 mm: la migliore è
quella con particelle di Ø 3 - 6 mm poiché migliora la porosità. L’effetto della pomice in un substrato si fa
sentire quando supera il 30 %.
c) BENTONITE (Fig….): materiale argilloso (gruppo delle Smectiti) caratterizzato da una prevalenza di
Montmorillonite, spesso associata a sostanze vetrose e geli colloidali di allumina e silice. La Bentonite può
derivare dai tufi vulcanici oppure da altre rocce sedimentarie. Grandi giacimenti di Bentonite esistono nel
Canada Occidentale e negli USA (Dakota, Mississipi, California, …); tipico è il giacimento a Fort Benton,
da cui deriva il nome. In Italia esistono giacimenti in Puglia (Foggia) in cui la Bentonite è rinvenuta in strati
d)
e)
f)
g)
h)
i)
j)
spessi 80 - 150 cm, di colore grigio-giallastro, bianco o azzurrognolo, a seconda dei Sali inquinanti. Il
materiale grezzo appena estratto viene lasciato ad essiccare al sole. L’argilla bentonitica va usata in
scaglie (mai polveri!) in dosi di 20 - 40 Kg/dm3. L’argilla rallenta le disidratazioni rapide nei periodi molto
caldo e asciutti. Ha un basso potere tampone.
VERMICULITE (Fig….): è un silicato idrato di Al, Fe e Mg estratto da giacimenti presenti in sud Africa e in
USA. Allo stato naturale si presenta con una struttura lamellare sottile che trattiene minutissime goccioline
di acqua. Per la sua produzione i frammenti lamellari delle rocce ricche di vermiculite vengono messi in
forni a circa 750 °C in modo che a seguito dell’evaporazione dell’acqua aumenta la pressione che
provoca l’espansione degli strati presenti nelle particelle che assumono così una struttura spugnosa
(detta a nido d’ape). Ogni particella ha un Ø di 1 - 6 mm. E’ un materiale sterile, con pH 6 - 8,
leggerissimo (100 g/l), molto poroso (P.T. 90 %), ad alta C.S.C. (100 - 150 meq/100 g di terreno secco),
una buona capacità di ritenzione idrica (può trattenere acqua fino a 5 volte il suo peso) e un buon potere
tampone. La vermiculite trattiene molto l’NH4 (che viene liberato solo a seguito dell’azione dei batteri
nitrificanti) e l’anione PO4-- che però viene fissato irreversibilmente per oltre il 75 %. La vermiculite ha
invece scarsa capacità adsorbente nei confronti di Cl¯, NO3¯ e SO4--. La struttura della vermiculite è poco
stabile in quanto presenta scarsa resistenza alla compressione e tende a degradarsi col tempo, favorendo
il ristagno di acqua. La vermiculite può essere usata in miscele con torba o per la radicazione delle talee
o per le semine o per la coltivazione fuori suolo. Nei substrati per le semine entra in dosi del 10 - 30 % con
torbe fini.
AGRIPERLITE (Fig….): si ottiene comprimendo e riscaldando a 1000 °C un silicato di Al di origine
vulcanica in modo da far evaporare l’acqua imprigionata negli strati delle particelle che poi rigonfiano in
piccoli grumuli spugnosi a celle chiuse anziché aperte come nel caso della vermiculite. La struttura a celle
chiuse permette di trattenere acqua solo sulla superficie e negli spazi tra gli agglomerati, per cui la
capacità di ritenzione idrica varia in relazione alle dimensioni delle particelle. Ogni particella ha un Ø di 3 6 mm. E’ di colore grigio-biancastro, molto leggera (densità:100 - 150 g/l) e porosa (80 %) capacità di
ritenuta di 2 - 3 volte il proprio peso, sterile e chimicamente inerte (C.S.C. 1,5 meq/100 g di terreno secco)
per cui priva di nutrienti, pH quasi neutro. Viene commercializzata in granuli di Ø di 2 - 5 mm e usata di
solito per la radicazione delle talee. L’agriperlite fa sentire il suo effetto arieggiante quando la sua quota
nel substrato supera il 10-15 %. L’agriperlite non ha una lunga stabilità strutturale poiché dopo 5 - 6 mesi
dall’invasatura invecchia assumento un colore giallo e tende a sbriciolarsi divenendo sabbia. La perlite nei
miscugli con torba aumenta la sofficità, la permeabilità e l’areazione.
POZZOLANA (Fig….): è un materiale di origine vulcanica, privo di C.S.C., avente una densità di 700 1000 g/l, ben areato, con debole capacità di ritenzione idrica e di lunga durata.
LAPILLI VULCANICI (Fig….): sono particelle di Ø 2 - 10 mm usate per colture fuori suolo. Il lapillo migliore
è quello con Ø di 3 - 6 mm poiché aumenta la porosità. L’effetto del lapillo si fa sentire quando la sua
quota nel substrato supera il 30 %.
LANA DI ROCCIA (Fig….): viene ottenuta fondendo insieme silicati di Al, Ca, Mg e carbone coke a circa
1500 °C e poi facendo raffreddare il tutto in modo che si formino dei fili molto sottili (Ø 0,05 mm). E’ un
materiale sterile, molto leggero (80 - 90 g/l) e poroso, privo di nutrienti. Trova impiego nelle colture
idroponiche e in alcuni miscugli. Viene commercializzata in vari modi: tappi - semi, cubetti - talee, lastre
(lunghe 1 – 2 m, larghe 10 - 20 cm e alte 7 - 10 cm).
ZEOLITI (Clinoptilotite, Chabasite, Phillipsite,…) (Fig….): sono silicati di Al provenienti da rocce vulcaniche
le cui particelle presentano piccolissimi pori (Ø di 0,5 mm). Presentano una C.S.C. molto elevata (200 400 meq/100 g di terreno secco) e selettiva nel senso che riescono a trattenere nel loro interno ioni K e
NH4 che poi rilasciano molto lentamente con grande beneficio per i vegetali che possono assorbirli
gradualmente senza che vengano persi per dilavamento. Hanno una disidratazione reversibile. Trovano
impiego nella preparazione di miscugli.
ARGILLA ESPANSA (Fig….): si ottiene da rocce sedimentarie che vengono frammentate, miscelate con
acqua e messe in forni a circa 700 °C in modo che l’acqua evapori e i frammenti rigonfino formando delle
sferette del Ø di 1 - 12 mm. Ha un basso peso specifico (per cui è facilmente trasportabile), una bassa
conducibilità termica ( per cui evita sbalzi termici al substrato a cui viene aggiunta), è priva di sostanza
organica e di C.S.C., è sterile e presenta una notevole capacità per l’aria. Viene impiegata in colture
idroponiche o in miscugli.
Substrati sintetici
A) POLISTIROLO ESPANSO (Fig….): si presenta in forma di granuli bianchi (Ø 4 - 10 mm), molto
leggeri, a bassissima capacità di trattenuta idrica (poiché ha una struttura a celle chiuse), privo di
C.S.C.. Viene impiegato in certi miscugli per migliorare il drenaggio e l’areazione.
B) RESINE A SCAMBIO IONICO (Fig….): si tratta di composti sintetici insolubili (es. sottoforma di
sferette aventi un Ø < 1mm ) aventi notevoli capacità scambiatrici con gli ioni che vengono così
rilasciati lentamente in relazione alle esigenze nutritive delle piante. Vengono aggiunte a substrati
chimicamente inerti (in ragione del 2 – 10 % in volume) in modo da regolare l’assorbimento dei cationi
e degli anioni, evitando problemi di salinità e facili dilavamenti.
La preparazione di miscugli
Si rende necessaria per abbassare il costo dei substrati e per migliorare alcune caratteristiche dei componenti
originari e per ottenere delle miscele più favorevoli per le diverse colture. Es. per aumentare la capacità di
ritenzione idrica possiamo aggiungere torba, vermiculite,…; per aumentare l’areazione e il drenaggio: perlite,
argilla espansa…; per aumentare l’acidità: torba bionda, terra di brughiera,…………
Raramente le cartatteristiche dei miscugli rappresentano la media delle caratteristiche dei substrati impiegati
in quanto con la miscelazione vengono modificati i rapporti chimico-fisici tra le singole particelle.
Il giusto rapporto tra i diversi componenti di un miscuglio varia anche in funzione delle condizioni ambientali in
cui dovrà essre impiegato il miscuglio stesso. Infatti se il miscuglio viene impiegato in ambiente a T° elevata
e basse UR è necessario privilegiare componenti ad elevata ritenzione idrica (es. torba) e stabili alla
decomposizione (es. cortecce di pino). In ambienti umidi e poco luminosi si preferisce usare materiali che
garantiscono un buon drenaggio (es. sabbia, pomice, polistirolo espanso,….). Per quanto riguarda la
dotazione nutritiva sono da preferire le miscele relativamente povere in modo da evitare eccessi e di poter
regolare gli apporti dei nutrienti in relazione alle richieste delle specie durante il loro sviluppo.