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Se in fondo al volume non è presente il catalogo, potete consultarlo su www.robinedizioni.it Prologo Edizione a cura di Sveva Pacifico ISBN 13: 978-88-7371-255-8 © 2007 ROBIN EDIZIONI SRL Via Silla 35 - 00192 Roma Tel. 06.39.726.745 Fax 06.39.722.835 e-mail: [email protected] sito web: www.robinedizioni.it Annaspò, tentando di risucchiare l’aria nei polmoni contratti, ma aveva la bocca piena di sangue. L’uomo aveva colpito con furia, a fondo. Ora, chino su di lui, lo fissava, in silenzio. Quell’occhio nero, scintillante, lo trapassava come una spada, inchiodandolo al pavimento. L’ombra scura sussurrò a voce bassa: “Muori, muori, maledetto!” Ma Antoine non sentiva più nulla. Solo una grande calma, un senso di distanza. Tutto ora era chiaro, tutto quadrava. Ogni tessera al suo posto in un disegno nitido, ogni cosa aveva di nuovo senso, anche il suo estremo sacrificio. Mentre la lama tornava a squarciargli la carne del petto, pensò che era giusto che finisse così. Nelle ombre dell’agonia rivide il volto di Matilde, il volto di Rachele. “Ora, finalmente, tutti avremo pace!” * * * L’ispettore guardò la donna pallida, spettinata, seduta davanti a lui e sospirò. Era stanco di scene del genere, di facce come quella. Alla Robin Edizioni srl sono riservati i diritti di sfruttamento e la proprietà esclusiva del marchio BdV 5 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL “Mi scusi signorina, lei conosce bene la vittima dell’aggressione?” Si accontentò del vago cenno della testa della donna. Era evidente che la poveretta non era in condizioni di parlare. “Bene, bene! Cerchi di calmarsi adesso. Brigadiere, per cortesia, vada a prendere dell’acqua per la signora... e porti anche un bicchiere di carta, mi raccomando!” Girò il corpo tozzo, facendo cigolare la poltroncina di vimini, su cui era incastrato, e diede un’occhiata circolare alla stanza. Un ambiente particolare, vasto, una specie di salone a forma di elle. Fissò incuriosito il tramezzo che tagliava la sala verso il fondo, attraversandola di sbieco. “Che strana casa! Chi avrebbe creduto che in un quartiere così borghese ci fosse un posto simile! – pensava agli affreschi, ai passaggi nascosti, ai decori inquietanti che aveva osservato durante un primo sopralluogo. – Sembra una casa... – Non riusciva a trovare la parola giusta, – una casa... stregata!” “Ecco l’acqua per la signora, ispettore, e il bicchiere, naturalmente!” Il brigadiere aveva un carattere permaloso, ma l’ispettore Paolo Manetti aveva altro a cui pensare. “Bene Giraldi! Dia qua. Prego signorina beva! Ecco, brava, faccia piano, prenda fiato. Va meglio ora? Sì? Bene! Allora, per cortesia, mi dica cosa sa e... cominci dal principio! Mi creda è sempre il modo migliore di cominciare. Sorrise, sperando invano di alleggerire l’atmosfera, ma la ragazza taceva, torcendosi le mani. L’ispettore sospirò rassegnato. – Dunque il suo amico... perché è un amico, vero? Sì? Bene. No! Non pianga di nuovo, la prego! Qual è il nome del suo amico?” “Antoine. – La voce della donna era esile, tremante. Lei si sforzò di deglutire e provò a soffiarsi il naso – Antoine Pereira!” “E che lavoro... ” “L’artista! L’artista, naturalmente!” Lo disse con candore, come fosse qualcosa di ovvio. Poi tacque. Sembrava non avesse altro da aggiungere. L’ispettore decise di essere paziente. Manetti detestava cordialmente gli artisti, gli stravaganti, gli alternativi di ogni genere e razza, detestava quelle storie di pazzi scatenati, di poveri scervellati, di gente squinternata. Erano i peggiori, né veri delinquenti, né veri galantuomini! Scosse la testa e guardò davanti a sé la parete. Rimase a fissarla interdetto. “Ma... che roba è? Cosa...” Sul muro, di fronte a lui, in una nicchia, spiccava uno splendido dipinto, una specie di finestra, aperta su di un paesaggio collinare e, in primo piano, dei personaggi, così vivi, così veri che, per un istante, l’ispettore aveva avuto la sensazione che delle vere persone si fossero affacciate da quella finestra e lo stessero guardando dritto negli occhi. 6 7 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL “Che cosa è quel... quel disegno... lì?” Lo indicava col dito, senza staccare gli occhi dal viso dell’uomo del dipinto. “È un trompe-l’oeil, – la ragazza aveva parlato a voce bassa, esitante, come se temesse di essere sentita da qualcuno – un trompe-l’oeil, ispettore.” “Un trom... cosa?” “Un dipinto, ispettore, un dipinto, che per una tecnica particolare di prospettiva crea un effetto ottico, una specie di illusione, come, per esempio, che una semplice parete intonacata sia invece ricoperta di preziosi marmi o di tende. O che vi siano ambienti, porte, finestre, panorami, là dove c’è solo un muro compatto – la giovane sciorinava il discorso a voce bassa, incolore, come recitasse una lezione, ma il viso era teso. Sembrava stanca. – Deve averne visti altri in giro per la casa; ne dipingevano molti un tempo, per abbellire le abitazioni dei ricchi o per controllare la realtà!” “Controllare... Che diavolo vorrebbe dire? No, non importa, lasci perdere, la prego. Sono negato per queste cose... paranormali o quel che diavolo siano! Era solo una curiosità, non c’entra con questa brutta faccenda. Torniamo a noi piuttosto... che c’è ora? Perché sorride?” “Vede ispettore – la ragazza lo guardava fisso negli occhi – quel dipinto, quel trompe-l’oeil, invece c’entra, c’entra molto con questa brutta faccenda, come la chiama lei!” L’ispettore pensò che quando sorrideva la ragazza era proprio bella e finse di crederle. La gente è strana, lo sapeva bene e l’esperienza gli aveva insegnato che era meglio assecondare le stramberie degli esseri umani; bisogna dar loro un po’ di corda se si vuole ottenere qualcosa, che parlino, che si confidino. “Mi dica, allora, mi dica, mi racconti di questo tromp... di questo dipinto. Giraldi, venga, si sieda e prenda appunti. Prego, signorina, parli, parli pure!” La luce del mattino di minuto in minuto si accendeva di nuovo splendore e suscitava dagli oggetti sparsi per la stanza luccichii improvvisi. L’ispettore guardò assorto il trompe-l’oeil. Gli sembrò di sprofondare nel dolce paesaggio collinare, di essere in mezzo a quella solitaria bellezza. Osservò con maggiore attenzione le immagini in primo piano: sotto l’ombra delicata di una pergola, la mano guantata poggiata con eleganza su di una balaustra, un cavaliere, il profilo deciso, l’occhio scuro brillante, volgeva lo sguardo altero al di sopra della spalla, verso l’interno della stanza. Sembrava vedesse qualcuno e stesse sorridendo con aria di trionfo. Accanto a lui un’elegante figura femminile poggiava dolcemente la testa sulla sua spalla, in atteggiamento tenero. Dietro di loro il profilo dei colli, allietati da mille corsi d’acqua, si perdeva verso l’infinito. L’ispettore era confuso. Aveva la sensazione che quei visi avrebbero dovuto ricordargli qualcosa, qualcuno, ma proprio non riusciva a mettere a fuoco la memoria. 8 9 DANIELA ALBANI Dalla portafinestra della sala entrò un improvviso soffio di vento e l’aria fresca sollevò in uno sbuffo le tende, passò veloce sul brigadiere che stava prendendo appunti e gli scompigliò i quattro peli grigi che aveva sul cranio, sfiorò la donna che parlava, carezzandole la gota, poi colpì lieve il dipinto. L’ispettore rimase col fiato sospeso: per un breve istante gli era sembrato che la brezza avesse sollevato qualche ciocca dei fini capelli della donna, ravvolti in una treccia, mentre una fronda oscillava lievemente e la piuma del cappello del cavaliere si torceva vibrando. Chiuse gli occhi e li riaprì subito, sorridendo. Sciocchezze! Era solo colpa della stanchezza se gli occhi gli giocavano brutti scherzi. Si sa! Spesso vediamo solo quello che abbiamo in cuore! E l’ispettore avrebbe tanto voluto essere lontano da lì, avrebbe tanto voluto fare un altro lavoro, vedere persone diverse, fare discorsi diversi. Forse aveva tanta voglia di essere proprio un’altra persona! 10 I Antoine si stava annoiando davvero. Alzò lo sguardo dal giornale e si stirò pigramente, fissando il vuoto. Davanti a lui la donna vestita di blu ammiccò, facendo oscillare la testa da un lato. Poteva avere una trentina d’anni, ben mascherati, e doveva essere di origine slava. Antoine, infastidito, distolse lo sguardo e fissò le vetrate del bar. Dietro le grandi lettere dorate impresse sui cristalli vedeva sfilare i volti dei rari passanti, storditi dalla gran calura, che avanzavano come personaggi evanescenti di un miraggio d’agosto. Gettò un’occhiata impaziente all’orologio, poi alla porta. Prese dalla tasca il cellulare e compose nervosamente un numero. Ascoltò un istante e chiuse di scatto, irritato, appena udì la voce metallica della segreteria telefonica. Nel quieto frusciare dell’aria condizionata il chiacchericcio dei clienti si sperdeva come un polverìo leggero. Antoine si agitò sulla poltroncina, oppresso da un senso di noia fin troppo familiare. Aveva una gran voglia di mollare tutto e andarsene. Ma esitava. 11 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL Fuori faceva un gran caldo, lo si percepiva anche lì, nei grandi saloni climatizzati. Bastava vedere come l’asfalto molliccio dei marciapiedi cedeva sotto i sandali dei turisti, tedeschi o americani, che, in calzoncini e maglietta di cotone, camminavano ostinati, decisi a non perdere nemmeno un minuto delle loro vacanze italiane, come conquistatori biondi e agguerriti in terra di dominio. I romani, facilmente riconoscibili dall’aspetto disfatto e sofferente, passavano rasente i muri, lo sguardo basso, il viso grondante di sudore. “Desidera altro, signore?” Il tono era cortese, ma lo sguardo del cameriere in giacca bianca fissava in modo sfrontato il bicchiere di acqua tonica che Antoine aveva ordinato più di mezz’ora prima. Antoine avvampò, prima di vergogna e poi di rabbia per essersi vergognato. “Sì, grazie. Mi porti una... un... – non sapeva che ordinare. Un semplice caffè sarebbe stato troppo da miserabile, ma non aveva nessuna voglia di spendere una cifra per la brutta faccia di un cretino. – un, un gelato al limone, ecco, sì! E... che sia ben ghiacciato!” Si sarebbe morsa la lingua per quell’aggiunta puerile. Per fortuna l’altro, soddisfatto, si era eclissato. Antoine si sentiva stupidamente infelice. Fissò con astio l’orologio. “Se quel disgraziato tarda ancora un poco... giuro, me ne vado!” Gli sembrava di essere come un pesce fuor d’acqua in quel posto, sotto il pesante soffitto a cassettoni dora- ti, i lampadari di Murano, i tavolinetti rococò e tutti quei vecchi danarosi e puttanelle speranzose. Anche lui del resto non doveva avere un bell’aspetto: jeans vecchiotti, maglietta stazzonata, sandali polverosi, piedi... Si passò la mano sul viso: una barba di due giorni, almeno, per non parlare dei capelli. “E allora?” Si agitò, bellicoso, e gli venne voglia di peggiorare la situazione. Allungò sguaiatamente le gambe, si grattò rumorosamente il petto, sbadigliando in modo plateale. “Non me ne frega niente, niente, di quello stronzo di cameriere e di tutti gli altri. Non me ne frega niente di quello che pensano di me! Me ne sbatto, io!” Faceva troppo caldo, però, ed era troppo avvilito per sostenere a lungo la parte del gradasso. Quelle insulse bufere emotive lo lasciavano sfinito e ingigantivano il vuoto che sentiva dentro. Quando il cameriere arrivò con la coppetta di metallo tutta appannata, dentro cui galleggiava pericolosamente una montagnola vischiosa tutt’altro che invitante, Antoine, docile, la prese e pagò subito, cavando il denaro da una tasca posteriore dei jeans. Lasciò anche una mancia esagerata e incassò gli inchini del viscido cameriere a testa bassa, come un pugile sconfitto. Si gettò su quella pappetta semifluida, deciso ad andarsene appena ne avesse mangiato quel tanto che bastava a salvare la faccia. Pierre arrivò in quel momento, fresco, profumato, disteso, con un sorriso da schiaffi sulla faccia rosea e infantile, da eterno primo della classe. 12 13 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL “Eilà! Antoine!” Si piazzò davanti a lui come un vigile in procinto di multare un vagabondo. Antoine roteò gli occhi all’insu, per guardare l’amico, il collo proteso sul tavolino, la bocca semiaperta nell’atto di ficcarsi in bocca il cucchiaino di gelato che era rimasto a mezz’aria, sospeso davanti al suo naso. La poltiglia zuccherosa cominciò a sgocciolargli sui calzoni. “Porc...!” Si tirò indietro di scatto, facendo schizzare quel che era rimasto del gelato sulla tovaglietta damascata, sotto lo sguardo divertito e scandalizzato dei vicini di tavolo. “Ma che pasticcione! Che combini? Aspetta, chiamo il cameriere per farti dare una ripulita.” Pierre, tutto pettoruto, tubava come un piccione in amore, ruotando lo sguardo in giro. “Non azzardarti! – Antoine sibilò a denti stretti – Non ti azzardare! – e fissò l’amico con tale ferocia che l’altro si immobilizzò all’istante, girato a mezzo busto, come un manichino. – Guai a te se fiati!” “Tranquillo, tranquillo! Non ti arrabbiare!” Antoine si alzò, scuro in viso, fulminò con lo sguardo Pierre e gli abbaiò a voce bassa, alitandogli addosso: “Sono due ore che ti aspetto! Usciamo da questo posto di merda, subito!” Si avviò a gran passi verso l’uscita, lasciando l’altro stordito. “Cosa? Dove? Ma fuori fa un caldo maledetto... Antoine! Aspetta!” Pierre dovette abbandonare la sua flemma e mettersi quasi a correre per raggiungere Antoine che aveva già spalancato la porta a vetri, tuffandosi in una specie di forno rovente. Fuori era un vero inferno. Un bagno turco. L’aria umida e appiccicosa l’avvolse immediatamente in una cappa opprimente. Antoine sembrava non sentirla. Avanzava veloce sulle sue lunghe gambe magre, agitando le braccia scompostamente, come le pale di un mulino. In pochi istanti la camicia gli si appiccicò al torace muscoloso. “Antoine, aspettami! Per Dio! Fermati, fermati! Cristo! Siamo alle solite!” Pierre ansimava, penosamente serrato nel suo elegante vestito di seta cruda, mentre arrancava, cercando di slacciarsi il colletto della camicia. L’aria intorno sembrava il respiro di un drago uscito dagli inferi. Promanava da sotto, da sopra e anche di lato, dai muri affocati dei vecchi palazzi umbertini. La città sfinita affogava in un lago di calura, che stendeva un sottile sudario di umidità sulla capitale, brulicante di umanità sfiancata. Pierre cercava di tenere il passo con l’indiavolato Antoine che guadagnava terreno e già si allontanava oltre le mura di Porta Pinciana, verso l’ingresso di Villa Borghese. Impresa disperata. Ben presto si trovò immerso in rivoletti di sudore che gli scivolavano dalla fronte negli occhi, lungo il collo, le spalle, giù, giù fin sotto le ascelle. Ansimava. 14 15 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL “Che idiota... che idiota!” ripeteva, cercando di ridurre la distanza che lo separava dall’amico. Antoine sembrava provasse gusto a far schiattare il disgraziato che lo inseguiva e avanzava come se avesse davvero il fuoco sotto i piedi. Sempre a passo di marcia attraversò il piazzale, senza curarsi dei semafori, si infilò sotto gli archi di travertino che segnavano l’ingresso e si immerse nella scarsa frescura di Villa Borghese. Dal parco inaridito veniva solo un blando ristoro: i prati erano gialli e polverosi, gli allori rinsecchiti e immoti. Solo sotto i grandi pini, svettanti a più di trenta metri di altezza, un’ombra tiepida e incerta stemperava la furia del solleone. “Antoine, Antoine!” Pierre ormai zoppicava vistosamente, i piedi in fiamme e mille insidiose piaghette pronte ad affiorare. “Peggio per lui! – pensò cinicamente Antoine. – Così impara a mettersi giacca e cravatta e scarpe di vernice con questo caldo!” Ma rallentò il passo. Anche lui aveva la maglietta fradicia. Sembrava però che tutta quella dispersione di calore gli avesse giovato, sollevandogli un poco il morale. La scena, sotto la vampa infuocata del sole, aveva un che di grottesco e inquietante: i due uomini, così diversi e così stupidamente travolti dalle loro emozioni, che si agitavano come formiche impazzite, burattini cattivi un po’ tristi sotto il cielo di piombo, vuoto di uccelli che si allargava su loro e sulla città, distratta dal canto disperato di mille cicale. Antoine si inoltrò nel grande parco. Vide poco oltre una panchina in ombra, in un angolo prodigiosamente ventilato, e vi si sedette di schianto. Pierre arrivò arrancando e sbuffando come un caprone, rosso, agitato, sfinito. Si lasciò cadere pesantemente accanto all’amico con un sospiro profondo e rimase lì, ingrugnito, ad ansimare come una foca. Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto di lino e si asciugò il sudore dalla faccia e dal collo. Antoine lo ignorava. Alzò la testa e si mise a fissare, oltre la trina scura dei rami dei pini, il luccichìo metallico del cielo. Stettero in silenzio per qualche minuto. Poi Pierre sbottò: “Che idea! Correre così! Roba da farsi venire un colpo...” Era pieno di malumore e si preparava a sfogarsi, ma Antoine lo bloccò subito. “Senti, falla corta! Sono io che mi sono rotto a furia di aspettare i tuoi comodi... perciò deciditi! Se devi dirmi qualcosa fallo e sbrigati! Bada, non ho nessuna intenzione di star qui a sentire le tue lagne!” “No, no! Buono, buono! Sì, è vero ho fatto un po’ tardi... va bene, va bene... molto, molto tardi... è colpa di Mariette, sai, le donne! – fece un sorrisetto e Antoine guardò schifato la fossetta che si formava sulla gota rotondetta dell’amico. – Ho capito, “non te ne frega niente”, come diresti tu. – Pierre sospirò rassegnato – Sei peggio del solito oggi. D’accordo, veniamo al punto. Lavoro, caro mio, lavoro! Vero, buon lavoro, ben pagato e con gente che ha un giro... e che paga subito, sull’unghia.” 16 17 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL Pierre era molto soddisfatto. Aveva anche cambiato tono ed espressione, era più sicuro, duro quasi, con uno sguardo furbo negli occhi. “Vogliono restaurare un vecchio villino nel quartiere Trieste, un villino del Sette, Ottocento... non so bene. Io li ho convinti che il lavoro è più delicato di quello che pensano, che hanno bisogno di un vero architetto, di un uomo con una cultura alle spalle e la passione per l’urbanistica d’epoca... insomma ti ho fatto la piazza, ragazzo!” Antoine ascoltava in silenzio. Odiava il tono freddo, da mercante, che l’amico usava per parlare del suo lavoro, dei suoi studi, di quello che per lui era passione intensa e bruciante, la sola che gli riempisse la vita. Ma era pur vero che Pierre era l’unico che riuscisse a trovargli dei clienti. Antoine era del tutto incapace di contrattare: se il lavoro gli piaceva era disposto a farlo gratis; se invece non lo interessava, non c’era somma che lo convincesse. Questo Pierre lo sapeva e quindi doveva essere convinto che ci fosse qualcosa di buono nella vecchia villa in questione, se gliene parlava. L’altro si accorse del diverso atteggiamento del suo ascoltatore e riprese baldanza. “Si sono convinti che le sale più antiche contengano qualcosa di valore, che ci sia una vecchia planimetria da recuperare: non è stato difficile fargli accettare l’idea di assumerti. Pensa, che gente! Ma chi si preoccupa più oggi di rispettare o peggio di ripristinate vecchie strutture? Meglio per noi, per te anzi! Sei proprio il tipo adatto: pignolo, competente. Questo non si può negare... grande esperto. Ho detto proprio così, sai, e ho fatto pure il difficile, dopo che hanno abboccato...” Rideva, soddisfatto dei suoi piccoli trionfi, del suo potere su tutti quegli intellettuali che si credevano chissà chi e non erano capaci di badare al loro denaro o di farne. Come quell’idiota di genio di Antoine, per esempio, che viveva come un miserabile. Ma Antoine era la sua gallina dalle uova d’oro e Pierre se lo teneva caro. Non ne avrebbe più trovato un altro tanto bravo, tanto privo del senso degli affari e totalmente incapace di badare ai propri interessi. “Hai capito, allora? – sorrise untuoso – la signora, una principessa, credo, o poco meno, mi ha addirittura supplicato, neanche tu fossi Gesù Cristo... e questo, è ovvio, – strizzò l’occhio – peserà sul conto. – Ghignò soddisfatto. – Contento? E tu... bel modo di ringraziarmi! – faceva l’imbronciato – Voi artisti: tutti ingrati! – sospirò virtuosamente. – Basta, sono contento per te! Io, lo sai, voglio solo la solita percentuale!” Mentre parlava sbirciava Antoine, che rimaneva con la faccia dura, impassibile, come fosse sordo. Pierre si sentì invadere da una rabbia dura, da un senso profondo di inimicizia e non riuscì a frenarsi. “Non credo che avrai niente da ridire e poi... dì un po’, da quanto non batti un chiodo, eh? Quattro, cinque mesi? Sei?” Antoine restava ostinatamente girato di spalle, col mento teso in avanti a guardare un piccione spennacchiato che girava come ubriaco in tondo, vicino a una aiuola sfiorita. 18 19 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL “Avrà preso un colpo di sole.” pensò stupidamente. Era triste e si sentiva lontano, lontanissimo, in un mondo grigio e freddo, dove l’aria non era così inutilmente avvolgente, il sole così crudelmente brillante e la gente tanto grassa, stupida e ostile. Pierre si agitò sulle stecche di legno della panchina, facendole cigolare. “Ma mi stai a sentire, sì?” Aveva ripreso fiato e aveva ritrovato la boria di sempre. Parlava, parlava riempiendosi la bocca, facendo oscillare la testa come un fantoccio caricato a molla. Antoine sospirò. Pierre aveva ragione, lo sapeva bene, non serviva nasconderselo. Era un pezzo che non gli riusciva più di trovare qualche incarico decente. Praticamente era a spasso dal giorno in cui aveva finito il restauro nel convento dei Francescani a via Veneto e il suo conto in banca era sprofondato sotto la linea d’allarme da tempo immemorabile. Di quel nuovo lavoro aveva veramente bisogno. Avrebbe dovuto essere grato a Pierre, ma questo proprio sarebbe stato troppo, non tanto per la percentuale da strozzino che si portava via la maggior parte del suo guadagno, quanto per la rabbia e il disprezzo che gli suscitava quello smidollato, ignorante e spocchioso, che viveva grazie a lui e da signore, anche. Che Pierre traesse profitto dall’arte, da quel mondo di bellezza e di puri valori, senza minimamente afferrarne il significato considerandolo solo mercanzia da rifilare a qualcuno, gli rivoltava lo stomaco, gli sembrava qualcosa di indegno, di indecente anzi. “Allora? Hai capito? – continuava Pierre petulante. – E non mi far fare brutta figura, sai? Dimenticandoti l’appuntamento o, che so... ma mi vuoi ascoltare, per Dio! Piantala di stare girato: che hai da guardare? Ecco, questo è l’indirizzo, segnatelo bene e non perderlo, mi raccomando, e ricordati la puntualità! – Si era alzato in piedi, l’abito di seta incollato alle natiche rotondette, i capelli umidi di sudore appiccicati al cranio. – Ti aspettano domani alle diciotto e... Antonio, fatti la barba almeno!” Era stato lì lì per dire “e un bagno”, ma Antoine si era voltato e lo fissava con una faccia così cattiva, che la frase gli morì in gola. “Bene! Ora devo proprio andare – berciò senza guardare in viso l’amico, che se ne stava zitto e immobile come una delle numerose erme di marmo, incastrate tra le siepi di alloro, ai lati dei vialetti. – Posso stare tranquillo, vero? – esitava, combattuto tra l’irritazione e il fastidio per quel silenzio. – Posso?” Antoine cedette. “Sì, certo. Piantala adesso. Ti chiamo io appena ho parlato con questi tizi. Da’ qua – allungò la mano svogliato per prendere il biglietto da visita che Pierre gli porgeva, lo afferrò e lo ficcò nella tasca dei jeans senza neanche guardarlo, sotto l’occhio preoccupato del compare. – Tranquillo, vai!” Pierre esitò ancora un istante. Non sapeva come uscire di scena. Solitamente gli piaceva ammirarsi, mentre si esibiva nei suoi comportamenti teatrali, ma con Antoine era impossibile mantenere una linea di condotta. 20 21 DANIELA ALBANI LE TROMPE-L’OEIL Avrebbe tanto voluto che l’amico fosse più comunicativo, rassicurante, più grato, insomma che collaborasse alla realizzazione della sua immagine di giovane e brillante impresario, ma era inutile sperarlo. Questa è la vita signori. Fece spallucce. “Ciao, allora, birbante di un artista. Ci sentiamo presto.” Abbozzò un sorriso stiracchiato e se ne andò zoppicando sulle mille vescichette, verso la sua bella Marea blu nuova di zecca, parcheggiata con strafottenza in pieno divieto, proprio davanti al grande bar di via Veneto. “Giuro, se mi hanno fatto la multa gliela detraggo dai guadagni a quel brutto pidocchioso, cafone maleducato, che morirebbe di fame se non ci fossi io...” Provava un rancore sordo, colorito d’odio per Antoine che lo faceva sempre sentire goffo, stupido, provinciale, anche se lui era pieno di soldi e l’altro sembrava un pezzente. Era questo che lo faceva impazzire: suo malgrado Pierre subiva il fascino di Antoine e soffriva del suo disprezzo. Almeno fosse stato meno consapevole del valore, come dire, di mercato, dell’amico! Invece sapeva bene che quello... stronzo, quel morto di fame screanzato, che se andava in giro come un rifiuto ambulante, era un vero artista, ed era unico. Sorrise cattivo. “E stai lì, brutto cretino, a marcire nella miseria, credendo di essere il Padreterno! Io intanto vado a prendere la mia auto di lusso per tornare nella mia villa, alla mia piscina e questo vestito... sai che faccio, bello mio? Credi che mi preoccupi perché si è rovinato? No. Caro, no! Io lo butto, lo butto via! Ne ho venti, trenta, non ricordo! Brutto imbecille...” Vide da lontano la sua auto. Strizzò gli occhi. Trattenuto dal tergicristalli, un piccolo foglio giallastro palpitava alla prima brezza serale, come un piccolo richiamo, un lieve fremito di foglia. Un reflusso di bile gli salì in gola, troncandogli la voce. Invano cercò di correre sui piedi martoriati, invano tentò di farsi sentire dal vigile che, lentamente, scendeva verso piazza Barberini, le spalle dritte, il passo tranquillo. Il sole raggiò furente sulle strade romane. 22 23