l`Associazione - Associazione Italiana Canyoning

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l`Associazione - Associazione Italiana Canyoning
ASSOCIAZIONE ITALIANA CANYONING
NOTIZIARIO N° 11 - NOVEMBRE 2003
11
numero
Canyoning
sede legale via Fazioli 10, 60123 ANCONA - tel 010.3774347 / fax 178.2268664
corrispondenza c/o Roberto Schenone, v.le Ponte dell'Ammiraglio 34/3, 16148 Genova
e-mail [email protected] - sito internet http://www.canyoning.it
Il punto sulla situazione
a 5 anni dalla fondazione
di Roberto Schenone
A settembre 2003 l’AIC ha compiuto cinque anni di vita.
Ad un lustro dalla fondazione (era una giornata buia e
tempestosa, alle pendici del Beigua…) possiamo essere
soddisfatti di molte cose: è stata creata una struttura
associativa, cominciamo ad essere un punto di riferimento
per il canyoning in Italia, abbiamo la Scuola Nazionale
Canyoning che funziona egregiamente, forniamo servizi
tangibili ai nostri soci. Ma per una volta evito di indulgere
nell’auto celebrazione e procedo con l’autocritica. Dal mio
punto di vista, infatti, esistono alcuni motivi d’insoddisfazione,
imputabili sia allo scarso numero di soci “intraprendenti” sia
ad alcune mancanze da parte di tutti coloro (ovviamente me
compreso) che hanno finora ricoperto ruoli di vario genere
all’interno dell’Associazione.
I principali problemi correnti possono essere individuati facilmente: scarsa offerta d’iniziative a livello locale (contribuisce
sicuramente la nostra distribuzione a macchia di leopardo sul
territorio nazionale), incapacità di instaurare rapporti proficui
con altre realtà del settore e con enti pubblici, mancato sfruttamento del sito internet come mezzo di raccolta di risorse finanziarie, alcuni scopi statutari o certi argomenti “caldi” sembrano
essere caduti nell’oblio, rimanendo di fatto sterili polemiche sulla
carta, o meglio, sul PC. Come dicevo, una gigantesca e valida
giustificazione è costituita dal fatto che i soci con compiti attivi
nell’Associazione sono ben al di sotto dei 20. Troppo pochi,
ma forse si può ipotizzare che il 7-8% di soci attivi sia una
percentuale fisiologica per tutte le associazioni.
Analizziamo la nostra situazione. Perché siamo pochi? Perché
questi pochi sono così passivi?
Nel 2003 abbiamo guadagnato 118 soci, grandissimo risultato,
ma è anche vero che nello stesso periodo abbiamo perso circa
90 iscritti. Delle tessere “storiche”, diciamo dal numero 1 al 200,
se ne sono perse per strada ben 120 dal ’98 ad oggi. Attualmente abbiamo poco meno di 350 soci (di cui 150 riconducibili
a gruppi) a fronte di un numero totale di 630 tessere emesse
in 5 anni. A pensarci bene questo 50% è forse una “mortalità”
un po’ troppo alta, anche considerando l’attenuante delle molte
iscrizioni legate ai corsisti (infatti, finito il corso, spesso i neofiti
scompaiono nel limbo della vita “normale”).
Mi sembra altresì chiaro che si debba cambiare qualcosa,
ovviamente senza “prostituirci”.
La mia opinione è che si debba agire su più fronti: lavorare per
tenerci stretti i soci, far conoscere ulteriormente l’AIC all’esterno
ma soprattutto incoraggiare le iniziative dei soci, puntando sui
gruppi locali e provando a delegare, ogni qualvolta sia possibile,
i compiti. Dovrebbe “passare” l’idea che nell’AIC c’è spazio per
chiunque abbia voglia di collaborare. Ho spesso l’impressione
che l’AIC sia vista, anche dagli stessi soci, come una struttura monolitica nelle mani di pochi eletti. Non è sicuramente
così. Lo spazio c’è per tutti, le regole ci sono (e non potrebbe
essere altrimenti) e sono piuttosto chiare, si tratta solo avere
delle solide motivazioni che consentano di superare questi
inevitabili, anche se piccoli, scogli formali. Il lamento fine a se
stesso ha valore nullo se non è accompagnato dal momento
propositivo. D’altra parte questi “paletti” non devono essere
utilizzati come strumento di potere da parte di coloro (ed io
sono uno di questi) che sono attualmente alla guida dell’AIC.
Lo “spirito di servizio” deve essere sempre e comunque centrale
per chiunque assuma cariche sociali o si faccia carico d’attività
svolte per l’Associazione. Quello che si fa, si deve fare prima
di tutto seguendo la propria passione per il Canyoning e, per
estensione del concetto, per l’Associazione. Si deve ragionare
in maniera oggettiva, oserei dire (anche se forse sono il meno
indicato per tale dichiarazione) asettica.
Fine di banalità, lamentele e proclami… del resto fanno parte
della tradizione dell’editoriale di fine anno.
Veniamo alle cose pratiche: sta per andare in porto il “lancio”
di un progetto cui il CD ha attribuito il nome “Pro Canyon” (che
fantasia!). Si tratta di un’iniziativa che ha svariati scopi: incoraggiare attività locali, fornire un servizio per tutti i torrentisti
italiani, migliorare la sicurezza, favorire l’aggregazione fra i
soci, pubblicizzare gli standard AIC.
Il mezzo con cui raggiungere questi fini è, in poche parole, il
finanziamento da parte dell’AIC del riarmo e della segnalazione
di alcune forre italiane. Ci aspettiamo che proprio dai gruppi
locali parta l’iniziativa per effettuare il lavoro sul campo. Stiamo
definendo i particolari, di cui daremo conto non appena avremo
concluso la parte preparatoria. L’approvazione, sulla falsa riga
di quanto avvenuto in Francia, delle Norme AIC di classificazione dei canyon, per esempio, è anche propedeutica al Pro
Canyon. Il budget sarà ovviamente limitato, si potrà operare su
poche forre, ma è comunque un inizio di qualcosa di importante
e soprattutto di operativo. Quindi, cominciate a pensare.
Per iscriversi all'AIC
Le quote associative per l’anno sociale 2003/2004 (dal 1/4/2003 al 31/3/2004) sono:
- socio singolo: 20 €
- Associazioni: 40 € (tessera singola intestata all’Associazione)
-Associazioni: 100 € (1 tessera intestata all’Associazione + 4 tessere singole intestate a 4 soci). Ulteriori Soci possono iscriversi all’AIC versando una quota di 10 €)
- iscrizione semestrale:Associazioni e singoli possono iscriversi dall'1 ottobre
di ogni anno al 31 marzo successivo, pagando il 50% della quota di iscrizione.
Il pagamento può essere effettuato:
- versamento su c/c postale n° 11855608, intestato ad “Associazione Italiana
Canyoning”,causale“quotasocialeanno2003/2004”indicandoipropridatianagrafici
- bonifico bancario su c/c M7 52848348110 ABI 03268 CAB 14700,
Banca Sella succursale Latina M7, intestato a “Associazione Italiana
Canyoning”, Via Fazioli 10, 60123, Ancona.
- con carta di credito nel nostro negozio virtuale (www.canyoning.it/acquistiaic)
È essenziale comunicare l’avvenuta iscrizione alla Segreteria, tel 347.6259934 - fax 178.2268664 oppure via e-mail a
[email protected].
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Gian Luca Biagini, Francesco Cacace, Andrea Nadali, Matteo Rivadossi,
Dino Ruotolo, Roberto Schenone, Pascal van Duin, Massimo Zuin. Questo bollettino è stampato su carta ecologica.
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Canyoning
Fra settembre ed ottobre 5 torrentisti (M. Rivadossi, M. Zuin, S. Maiolini, P. van Duin e C. Tonini) hanno effettuato la discesa della grande cascata di Kalambo e l’esplorazione della forra che segna il confine fra Zambia e Tanzania. Di seguito il racconto dell’avventura nelle testimonianze di due protagonisti.
La grande cascata
La mamma di tutte le forre
di Matteo Rivadossi
di Massimo Zuin
Ho il collo spezzato già dopo pochi metri. Maledico il mio stesso
esperimento di fissarmi la videocamera sulla schiena. Non bastava
la corda da otto che scivola ribelle nel robot! Ho lasciato gli sguardi
increduli di un centinaio di persone lassù sul bordo. Una sorta di discreta
tifoseria: tanzaniani a sinistra, zambiani a destra perchè Kalambo è la
liquida linea di confine tra occhi uguali. Da questa gente in pochi giorni
abbiamo ricevuto un calore sincero che farebbe vergognare le cortesie
ipocrite del nostro mondo. Che abbiano nei geni il patrimonio del più
grande sito archeologico dell’Africa sub sahariana? L’energia di quei
misteriosi reperti che il fiume continua a sputare?
Pascal è sotto di me ormai non più di qualche metro, giusto quei
due sotto i capi penzolanti del mio spago… pare stia completando
la sosta: cioè l’unico spit. “Buongiorno tirchione”, gli dico “questo
pilastrino staccato vedo è di tuo gradimento!”. Ecco allora che sfoggia
un universale arrugginito, con tutta probabilità un residuato della
sua Val di Mello, per piazzarlo giusto nella taumaturgica frattura
che separa ogni pinnacolo dalla terraferma. Il tutto condito da una
psichedelica fettuccia non omologata. “’Ste guide alpine…”
Al grillo che chiude quell’orripilante “garda” sistemiamo la prima carrucola
a perdere della storia del canyoning, credo. È l’unica maniera di recuperare
un tiro da 200 anche se da 8 mm e completamente nel vuoto.
Dieci metri sotto uno spuntone consiglierebbe di frazionare ma si opta
ovviamente per un sacco appeso a protezione della corda, cioè dei
restanti 190 e del loro preziosissimo carico…
Il fragore delle 5 tonnellate di acqua che si frantumano nel lago
lontanissimo ritmano pensieri e paure come schiocchi di impressionanti
frustate che spezzerebbero il fiato anche ad un apneista. Pascal esce
dal mio teleobiettivo per entrare nei vapori infernali degli ultimi 50 metri.
Zoommate che cercano quel puntino bianco inghiottito ormai dalla
burrasca del Grande Lago.
Separato da noi e da tutto.
Dopo alcuni minuti tocca a me: per far riprese adesso devo scendere
con la camera in mano. Un fischio di libera impossibile da percepire poi
anche questo sogno svanirà mascherato dalla bramosia di possedere
la prova di ogni desiderio.
So che domani Kalambo Fall piangerà dentro di me.
Le Meraviglie del Mondo è un ricco volume che raccoglie e descrive le
montagne, le grotte e i canyon più belli del nostro pianeta; è uno di quei
libri che si sfogliano con avidità, che si consumano per il continuo uso.
Alla pagina 202, che è una delle più logore, potete leggere:
Cascate Kalambo, Zambia - Tanzania, Africa […] lo spettacolo impressionante di queste colonne d’acqua che cadono da uno strapiombo di
221 metri […] in 10 chilometri si scende gradualmente di 1000 metri
[…] la larghezza del fiume può variare da 2 metri nella stagione secca a
30 in quella delle piogge […] alla base della cascata principale il fiume
si apre la strada in una gola molto profonda verde e tenebrosa dalle
pareti ripide e lucide intagliate in un quarzo precambriano .
Qui la descrizione s’interrompe bruscamente, anche perché da quel
punto in giù nessuno ha ancora posato piede; idealmente il nostro
compito è quello di poter fornire materiale per poter aggiungere una
postilla alla pagina 202:
Alla base della cascata soffia un vento infernale, l’acqua è torbida e
increspata e le rocce attorno sono viscide e limacciose, ma basta mettersi al riparo da questa bufera per far pace con la natura. Si percorre la
scivolosa riva sinistra per guadagnare uno scoglio asciutto e riparato.
Simone Maiolini, Matteo Rivadossi, Carlo Tonini e Massimo Zuin, i
quattro esploratori italiani che, insieme al boero Pascal Van Duin, percorsero per primi Kalambo River nel 2003 e si calarono su sottili funi
dalla cascata principale seconda per altezza di tutta l’Africa, battezzarono con fantasiosi nomi gli angoli più suggestivi della gola, come ad
esempio: “la Pozza del Coccodrillo”. L’unica immagine che ritrae i nostri
nella suddetta pozza, ideale tuffo da oltre 20 metri, li vede avvinghiati
e tremanti, in un gommoncino destinato al trasporto bagagli: potenza
del toponimo! Abbandonata quindi ogni velleità sportiva, dalla “Pozza
del Coccodrillo” il fiume s’incanala destrorso in una stretta frattura dove
le fronde degli alberi cresciuti su livelli soprastanti,raggiungono l’acqua
della secca stagionale.
La gola si riapre e permette un ultimo saluto alla sommità della grande
coda, il flusso s’infrange sullo sfasciume di grossi massi e in breve
tempo si giunge a”Piazza di Spagna”, adeguata denominazione della
cateratta di dodici metri che fa scivolare sui suoi geometrici passi il
volume del fiume. Le radici degli alberi sembrano trattenere in una rete
a larghe maglie i grossi blocchi di quarzo. Ci giungono testimonianze
filmate che ritraggono i fatalisti esploratori italiani, mentre abbandonano
il gommoncino, forato, per tuffarsi spavaldi da “Piazza di Spagna”.
Da qui un lago ancora torbido fa scorrere il suo contenuto in quella che
è stata battezzata “Vulvet Underground”, la strettoia più affascinante
dell’intero percorso, particolarmente buia e vegetata, con viscide pareti
e un intenso profumo di umidità. Sono almeno duecento metri quelli da
percorrere nella angusta gola, prima di giungere ad uno slargo, dove
si possono riposare i piedi sul greto solido.
Il fiume ora scorre rapido tra le rocce levigate, intervallato da piccole
pozze, le rive sono rocciose ma distanti almeno venti metri l’una dall’altra, la vegetazione è rigogliosa e ricopre gran parte delle pareti:
“Baboon beach”, così chiamata perché, sembra, vi trovarono un nutrita
colonia di dispettosi babbuini.
La “Cascata del Tarzanello” (o per l’ambiente molto simile ai film di Tarzan, o per il crostaceo tarzanello di cui, si suppone, uno degli esploratori
era ghiotto) è una continua discesa d’acqua che in tre ravvicinati salti
supera un dislivello di sedici metri. In riva destra è possibile risalire per
altri cinque metri per potersi così tuffare nell’enorme lago sottostante
(così scrivono i cinque dissennati). Dalle pareti che lo circondano, che
raggiungono e forse superano i cento metri, sgorgano innumerevoli
risorgive di acqua limpida che ossigena e accresce quella già presente. Ora la gola si allarga notevolmente e il corso d’acqua diventa un
fiume veloce e limpido. In riva sinistra le tracce della piena lasciano
una lunga striscia sabbiosa che, nella stagione secca, potrebbe essere
utile come luogo per attrezzare un bivacco; dalle descrizioni ottenute
supponiamo che qui si accamparono i già citati italiani, muniti solo di
una tenda zanzariera da tre posti.
Da questo punto al villaggio di Chipwa la strada è breve; in meno di
tre ore di cammino in un fiume ormai largo e con rive alte solo qualche
metro si raggiungono le prime capanne dalle quali non è difficile trovare
la traccia che porta sulle sponde del lago Tanganika.
Carlo, Massimo, Matteo, Pascal e Simone si sono “bevuti” il Kalambo,
corretto Microdin, in soli due giorni, giungendo al villaggio stanchi,
affamati e di neoprene vestiti.
Gli abitanti, terrorizzati, ricorderanno il 2003 come l’anno in cui il loro
fiume sputò cinque uomini bianchi.
© Photo PascalvanDuin-TopCanyon
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Canyoning
Programmi per il 2004
Scuola Nazionale Canyoning
Grazie anche all’ingrandimento del proprio organico, la SNC propone per il 2004 un ricco calendario didattico. L’offerta prevede 6 corsi a carattere
nazionale (un corso di 1° livello, due di 2° livello, uno di 3° e uno di attrezzamento canyon) e 6 corsi locali (tutti di 1° livello); inoltre sono previsti
2 eventi formativi per gli aspiranti Istruttori SNC. I corsi nazionali, organizzati direttamente dalla SNC, sono eventi che si svolgono in un arco di
tempo di alcuni giorni; quelli locali, gestiti da associazioni affiliate all’AIC utilizzando un palinsesto didattico "firmato" SNC, presentano un calendario
diluito in un lasso di tempo maggiore. Si cerca quindi di rispondere alle varie necessità tramite un offerta diversificata, il più possibile dislocata sul
territorio. Lo schema seguente riporta in dettaglio i corsi previsti, al momento, per la prossima stagione. Sarà possibile verificare l’organizzazione di
eventuali ulteriori corsi visitando le pagine della Scuola presenti sul sito dell’AIC, all’indirizzo www.canyoning.it/scuola/scuolacorsi.htm, oppure leggendo il prossimo numero di Canyoning. Per ulteriori informazioni scrivere a [email protected], oppure contattare Maurizio Biondi, 338.9946046.
0411
1° livello
24/04 - 15/06
R. Coppo
locale / Genova
chiusura iscrizioni: 16/04/04
0412 1° livello
24/04 - 15/06
P. Spreafico
locale / Imperia
chiusura iscrizioni: 16/04/04
0410 2° livello
16/05 - 21/05
D. Leonardi
nazionale / Piedimonte Matese (BN)
chiusura iscrizioni: 30/04/04
0404 2° livello
07/06 - 14/06
L. Dallari
nazionale / Beuil, Val de la Tinée, Francia
chiusura iscrizioni: 28/05/04
0409 1° livello
15/06 - 27/06
R. Siegl
locale / Trieste
chiusura iscrizioni: 31/05/04
0407 attrezzamento
08/07 - 10/07
M. Biondi
nazionale / Tolmezzo (UD)
chiusura iscrizioni: 25/06/04
0405 1° livello
13/07 - 17/07
R. Siegl
nazionale / Tolmezzo (UD)
chiusura iscrizioni: 30/06/04
0406 3° livello
15/07 - 18/07
M. Biondi
nazionale / Tolmezzo (UD)
chiusura iscrizioni: 30/06/04
0408 2° livello
28/08 - 02/09
M. Biasioni
nazionale / Val di Ledro (TN)
in fase di pianificazione
0413 1° livello
primavera
F. Cacace
locale / Verona
in fase di pianificazione
0414 1° livello
primavera
D. Ruotolo
locale / Torino
in fase di pianificazione
0415 1° livello
primavera
D. Leonardi
locale / Catania
in fase di pianificazione
0401 prep. Istruttori
06/06 - 14/06
R. Recchioni
nazionale / Beuil, Val de la Tinée, Francia
chiusura iscrizioni: 15/07/04
0403 esame Istruttori
primavera
R. Coppo
nazionale / Val di Ledro (TN)
chiusura iscrizioni: 15/07/04
Due parole sulla sicura
la tecnica
di Dino Ruotolo
Ricordo, i primi anni in cui andavo a fare canyoning, che molto spesso la
corda fatta su a matassa restava in uno zaino mentre si facevano acrobazie
per raggiungere, magari in bilico su un costone, l’alberello dove mettere
la corda in doppia per la discesa. Se la sicura per chi faceva canyoning
poteva essere un optional fino a poco tempo fa, oggi per fortuna non lo
è più. Prima di parlare di sicura dobbiamo però fare i conti con la nostra
attrezzatura che si differenzia da quella dell’arrampicata, dove la sicura
viene fatta da molti anni, soprattutto per il tipo di corda, statica anziché
dinamica. Nonostante le nostre eventuali cadute assicurate non siano
da paragonare ai voli tipici dell’arrampicata, la corda statica ci impone
dei limiti di manovra molto più bassi. Un paragone tra i due tipi di corda,
anche se solo teorico, può darci un idea di come queste rispettivamente
si comportano in caso di caduta assicurata; la forza di arresto, che è la
sollecitazione che viene trasmessa a chi cade nel momento in cui si blocca,
dipende dall’elasticità della corda che, da statica a dinamica, può variare
dal 3 al 30%. Questo valore è determinante, perché un corpo umano può
sopportare al massimo una forza di arresto di 12 KN (1200 kg circa) e, con
fattore di caduta 2, tutte le corde statiche porterebbero a superare anche
di molto questo valore. Il fattore di caduta si calcola dividendo l’altezza
della caduta per la lunghezza della corda utilizzata e non dipende pertanto
dall’altezza del volo ma dal rapporto tra questa e la quantità di corda impiegata. Il caso peggiore può essere ad esempio quando, assicurati con
la longe, dovessimo salire più in alto del punto di ancoraggio: in questo
caso, cadendo per una altezza pari anche a due volte la lunghezza della
longe, si avrà un fattore di caduta elevato. Per questo motivo le longe
devono essere di corda dinamica e non bisogna mai salire oltre il
punto di auto-assicurazione.
Facendo canyoning non si raggiungerà il fattore 2 a meno di mettersi ad
arrampicare con le corde statiche, mentre si potrà arrivare al fattore 1, ad
esempio quando si è assicurati da un compagno, semplicemente facendo
una caduta di 2 metri su 2 metri di corda. Questo si può già considerare un
valore pericoloso perché, pur stando di poco sotto quel limite fisiologico di
12 KN, agisce pesantemente sulla resistenza di tutti gli elementi che compongono la catena di sicurezza (ancoraggio/corda/uomo) la cui resistenza,
sottoposta a queste sollecitazioni, potrebbero essere compromessa.
Nel fare sicura ad un nostro compagno dobbiamo sempre utilizzare il
nostro discensore rinviando prima la corda nell’ancoraggio; in questo
modo avremo un sistema frenante che, non essendo fisso all’ancoraggio
ma mobile in quanto manovrato da noi, permetterà in caso di caduta di
attenuare l’impatto grazie al contraccolpo che riceverà il nostro corpo.
L’ancoraggio in questo caso subirà un “effetto carrucola” in quanto verrà
sottoposto sia alla forza shock di chi cade che a quella di chi assicura, che
sommate danno un valore pari a circa 1,6 volte quello della forza shock.
Questi dati ci fanno intuire perché alle partenze dei mancorrenti bisogna
avere un ancoraggio doppio, analogo a quello di calata. Chi assicura
dovrà passare la corda nel proprio discensore in modo veloce per dare
corda rapidamente qualora serva, senza che il freno sia di impedimento
per chi, assicurato, si sta muovendo in una situazione esposta. La forza
frenante dissipata da un discensore a “otto”, con corda passata in modo
veloce, è di circa 200 kg ed è funzione del diametro della corda, della sua
morbidezza e del diametro dell’occhio del discensore stesso.
La posizione di chi assicura è importante così come lo è il punto di
rinvio (che potrà essere ad esempio la maglia rapida della partenza di
un mancorrente). L’angolo che la corda formerà nel rinvio dovrà essere
adeguatamente piccolo in modo da creare un attrito che consenta a chi
assicura di contrastare una forza, in questo modo, ridotta. Una adeguata
posizione di chi assicura consentirà anche di sopportare meglio lo shock
di caduta, ammortizzando con le gambe e con il peso del proprio corpo.
Inutile dire che se si fa una sicura vicino alla soglia di un salto è necessario allongiarsi.
Nel caso in cui si debba raggiungere un punto al di sotto di noi, e quindi
affrontare una progressione discendente, è possibile realizzare un’autosicura utilizzando la tecnica dell’automoulinette. Diversamente, ovvero
in caso di traversi orizzontali o ascendenti, conviene farsi assicurare da
un compagno; questo ci consentirà di avere le mani libere per aiutarci a
raggiungere l’obiettivo più agevolmente e con minori rischi. Sono facilmente
immaginabili le conseguenze di una caduta su un traverso affrontato in
autosicura, in cui chi vola deve affrontare il colpo contro la roccia, lo shock
di una forza di arresto maggiore dovuta al salto di quota e, come se non
bastasse, tenere salda la corda tra le mani.
Nel caso in cui dovessimo fare sicura a un compagno in un posto privo di
ancoraggio, per rinviare la corda dovremo cercare un albero o un masso
intorno al quale farla passare; in mancanza di un qualsiasi appiglio dovremo
sistemarci dietro ad un ostacolo (ad esempio un masso), distanti dalla
verticale, per esser pronti ad opporci ad un eventuale caduta del compagno assicurato facendo forza sulle gambe; in questo caso è consigliabile
essere in due a fare sicura. Da qui si capisce l’importanza di adottare
solidalmente ai compagni di discesa manovre di squadra le cui tecniche,
per garantire la sicurezza della progressione in forra, devono essere note
a più persone all’interno del gruppo.
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Canyoning
Dal taccuino di forra: note naturalistiche di un torrentista
ambiente
di Andrea Nadali
Qualche anno fa in esplorazione sui monti di casa mia. Siamo
in due. Lui è uno speleo “scafato”, di quelli che si calano su spit
singoli con piastrine autocostruite o solitari fix zincati dell’otto da
risalita nei pozzi. Mah…! Sull’I.G.M. al 25.000 è tracciata una bella
e profonda incisione con curve di livello che si infittiscono maledettamente. “Deve essere proprio un bel vajo” dico. Le forre dalle
mie parti si chiamano così.
La discesa comincia in riva destra con calate su alberi, prima
Roverelle (Quercus pubescens) e poi via via Carpini neri (Ostrya
carpinifolia) in associazione a qualche Biancospino (Crataegus
oxyacantha) e Faggio contorto (Fagus sylvatica) seguiti dai Carpini
bianchi (Carpinus betulus). Inizialmente sono specie che prediligono pendii soleggiati e con poca acqua (eliofile e xerofile) poi,
gradualmente, seguono quelle più esigenti idricamente e amanti
dell’ombra (mesofile e sciafile). È come scendere una scala, ad
ogni gradino tutto intorno a me sussurra “qui c’è acqua”.
Lasciamo un po’ di cordini “da taglio” con maglie di catena. Un
paio di clessidre rinforzate con un vecchio chiodo da alpinismo ci
permettono di entrare definitivamente nell’impluvio e raggiungiamo il fondo. Me lo aspettavo. Poco scorrimento idrico superficiale
nonostante le recenti piogge. Il carsismo di questa montagna non
fa eccezioni. La roccia è molto scivolosa e sui cambi di pendenza
si raccolgono grandi cumuli di foglie morte. In alto, la Capelvenere (Adiantum capillus–veneris) fa capolino da piccole fessure
orizzontali. Sulle pareti meno umide, begli esemplari di Asplenio
(Asplenium trichomanes) sono in parte nascosti dalle lunghe foglie
della Lingua cervina (Phyllitis scolopendrium) che cresce poco
sopra. Qua e là spunta qualche Equiseto massimo (Equisetum
telemateja). Ci avviciniamo al bordo del primo vero salto con cautela, non si vede niente. Risaliamo allora lungo una cengetta sulla
destra idrografica che termina dopo una decina di metri e attaccati
tutti e due ad una radice guardiamo giù.
“Dai, mettiamo un deviatore attorno a quel carpino laggiù, così
scendiamo proprio a goccia d’acqua ed evitiamo di attrezzare un’altra sosta, saranno al massimo 18-20 metri” e torniamo indietro. Il
mio compagno parte sparendo presto alla vista dietro uno sperone
di roccia a pochi metri di distanza, poi il solito grido. “Nada, vieni!
C’è un pianerottolo dove frazionare” così parto.
La calata è appoggiata ma il fondo, di un viscido schifoso, non
permette errori. Se qui mi parte un piede - penso - faccio un bel
pendolo e sfregando le corde mi infilo nella marmitta putrida lì
sotto a destra, figuriamoci se non ci fosse il deviatore. Arrivo allo
sperone come gatto Silvestro e, attaccandomi con una mano alla
roccia, faccio leva e lo aggiro.
Non ci credo! …non è possibile! Guardo meglio… e questa volta
mi devo arrendere all’evidenza dei fatti. Il deviatore c’è, ma non
sull’alberello di carpino convenuto, bensì su un Sambuco (Sambucus nigra) lì vicino! Sì, proprio quel simpatico alberello “cavo”, dal
midollo estremamente tenero con cui si fanno le tisane depurative
ma che ha la stessa resistenza della balsa, il legno dei telai degli
aeromodelli! Parte subito un moccolo seguito da insulto. “Ehhhh,
che sarà mai!” sento salire dal basso “è sempre un albero, no!?”
“Le radici ce le ha anche lui!” “Siamo fregati” mi dico. “Questa larga
cengia bella pianeggiante ci ha tratti in inganno”.
Sarà stato quindici anni fa, in esplorazione vicino al Lago di Garda.
Allora, per fortuna, soprattutto arrampicavo. Molto di più e molto
meglio di oggi. Ma già le forre avevano un certo magnetismo, un
fascino dell’ignoto che mi spingeva ad avventurarmici nonostante
la scarsa esperienza e la giovane età. I materiali che usavo erano
a dir poco ridicoli, ma l’entusiasmo…
Prima, sopra, sembrava impossibile non trovare un ancoraggio
in un posto così: l’albero che esce da quella fessura lì a destra,
una nicchia, che spesso nasconde clessidrine intasate di terra ma
così preziose in certi momenti, e poi quel masso enorme appoggiato laggiù sulla sinistra, sì, mi era parso di vedere una fessura
dall’alto, sarà sicuramente “clessidrabile”. Ma qui è tutta un’altra
cosa! L’albero in realtà si dimostra un grosso ramo secco malignamente incastrato alla perfezione, ma le foglie verdi? Un errore di
prospettiva, dall’angolazione precedente sembravano partire dal
fusto dell’alberello, ma con la poca luce e la fitta vegetazione del
sottofondo era impossibile accorgersene. Ora che lo guardo da
vicino vedo i segni lasciati da un picchio, forse un Picchio verde
(Picus viridis) in cerca di formiche. La nicchia al suo interno si
dimostra friabile ed intrisa di umidità, come del resto tutta la roccia
circostante, niente clessidre e nessuna possibilità di mettere un
paio di spit, non terrebbero mai. Solo una Salamandra comune
(Salamandra salamandra) col suo lento incedere distoglie la mia
attenzione dal problema per qualche attimo. La roccia sembra
una spugna, premendo, il dito entra di mezzo centimetro, oppure
si sbriciola in piccoli frammenti.
“Però il masso c’è, peserà minimo una tonnellata, quello tiene di
sicuro!” dico. Guardo meglio la fessura che prima appariva così
invitante, risulta chiusa, cieca, ci entra mezza mano e poi è ostruita
da sassi di ogni dimensione che non lasciano sperare il passaggio
di un cordino. Con il martello ci metterei delle ore a rimuoverli,
sempre che ci riesca.
Ci guardiamo sconsolati, che fare? Un ghiro (Myoxus glis) giace
annegato, lugubre, in una piccola marmittina poco sotto. Se non
ce l’ ha fatta lui ad uscire di qui…Ci tocchiamo entrambi col gesto
scaramantico tradizionale.
“Fammi sicura” mi dice Stefano, forte climber da falesia un poco
più grande di me, “giro lì a sinistra seguendo quella piccola rampa
e vedo cosa c’è! Magari la roccia è migliore e riesco a mettere giù
qualcosa o trovo un albero” e parte. Sistemato dietro al masso
faccio scorrere la corda nel moschettone con il mezzo barcaiolo.
La posizione è discreta, in caso di caduta dovrei riuscire a tenerlo,
spero. L’occhio mi cade sullo sfortunato piccolo mammifero.
Passano i minuti e la corda non scorre più, penso tra me “o ha
trovato qualcosa e sta armando, o l’arrampicata è più difficile del
previsto”. “Com’è?”… “Mah…sarà un 6° buono ma è tutto marcio,
comunque continuo”. Andiamo bene!
Passano altri 10 minuti e il silenzio si fa sempre più pesante.
Finalmente un richiamo. “Vieniiii…ma vedi di non cadere, la
sosta non è il massimo”. Che cosa?!? Vedi di non cadere?? “
Ma…come…cosa…”, “dai muoviti, si sta facendo tardi, e tra un
paio d’ore fa buio”. Deglutisco e parto.
Qualche tratto di “marcio” in montagna l’avevo già fatto su alcuni
tiri ma almeno lì la roccia era asciutta! Arrivo alla fine della rampa e la corda mi tira inesorabilmente verso l’alto, ora devo per
forza salire…ma che roba! Si muove tutto, scaglie di roccia mi
rimangono continuamente in mano. La parete è bagnata fradicia.
Il muschio cresce quasi ovunque ricoprendo appigli e appoggi.
Sono così teso che non mi accorgo di aver messo la mano su
una Rana rossa (Rana temporaria) ferma in un buchetto. La apro
istantaneamente e lei, terrorizzata, spicca un balzo nel vuoto. Per
fortuna l’altra tiene.
Sarà la paura ma le prese mi appaiono sempre più piccole! Ma
come ha fatto a passare di qui?!?…e senza mettere giù niente!
Ora la voce di Stefano è più vicina, “coraggio, ancora tre metri e ci
sei, ma occhio perché c’è un passaggino di forza”. Alzo la testa e
davanti mi vedo 2 “canne d’organo” che corrono verticali e parallele
fin sotto un terrazzino ricoperto di vegetazione dal quale spuntano
gli anfibi da naja del mio amico. Ormai ho le braccia dure, quanto
vorrei appendermi per riposarmi, ma le parole di prima…o la va o la
spacca…e allora via, pinzo queste maledette canne e digrignando
i denti mi alzo il più possibile fino ad arrivare ad un cordino penzolante messo da Stefano, ffiuu! … È andata…riprendo fiato.
“Ma…. non capisco…e la sosta…??”, “cos’è quella roba lì?!?” “Sai
com’è, non c’era nient’altro…”. Stropiccio gli occhi. Il provvidenziale
cordino al quale mi ero attaccato era a sua volta collegato ad una
fettuccia di lunghezza inusuale passata attorno ad un cospicuo
cespo di Pungitopo (Ruscus aculeatus) e stretta alla base di questi
con una bocca di lupo!!!
Da quella sosta ci caliamo, dalla parte del terrazzino rivolta verso
valle, per altri 10 metri buoni fino a raggiungere un più sicuro e
salutare albero.
È gialla ormai! La luce del cono luminoso arriva meno lontano
adesso. Ed è di un giallo avvilente! La piattona da 4,5 volt di scorta l’ ho data a Michele! Speriamo che tenga, speriamo che duri
ancora un po’…
“Nadaaaa”…la voce che mi chiama da la sotto è un misto di
stanchezza e paura, sono più di 12 ore che siamo qui dentro, “si
passa…?”. Come vorrei dirgli di si, sapere qual è la strada giusta!
Eppure quella di sforrare, ci era sembrata la soluzione più logica
e sicura; avevamo fatto tardi perdendo un sacco di tempo nel cercare gli armi e rinforzarli. Siamo bagnati e lenti, con noi infatti c’è
anche una amica (lo sarà anche in futuro?) che ormai si accascia
ad ogni albero che trova.
Guardo l’orologio, le 21 e 30, sono 2 ore che siamo partiti dal fondo
del torrente. La mia frontale è al lumicino…e bivaccare qui non se
ne parla nemmeno, attaccati ad un albero su un pendio di rocce ed
erba a chissà quanti metri di altezza dal letto del torrente. Quanto
mancherà al ciglio della parete? Dov’è questo stramaledetto bordo?
Dal fondo sembrava non troppo lontano e non così difficile! Mio
cugino la sotto ha spento la Petzl per risparmiare la batteria e io
lo imito…mi siedo e tiro fuori un pezzo di cioccolata dal bidoncino
stagno, tiro il fiato per qualche minuto…tuc!
Si alza il vento, tuff, tuff…Ma cos’è? Riaccendo subito la zoom…tuff
ancora, mi giro e guardo… ma sono pigne (strobili), il vento le sta facendo cadere e una mi è finita sul caschetto… pigne, pigne…metto
la mano sulla corteccia dell’albero e alzo la testa,… ma è un Pino
silvestre (Pinus silvestris)! Una specie di pino che vive bene su
terreni difficili e soleggiati, con poca disponibilità di acqua! Acqua,
acqua…..ma qui siamo in forra! E il sole ci arriva per poche ore al
Canyon Slovènes
autori: F. Jourdan, J.F. Fiorina
Recensione a cura di Gian Luca Biagini
Come in Val d’Ossola anche questa volta i Francesi arrivano primi, presentando con questa piccola guida sulle forre Slovene, una nuova area
alla comunità torrentistica internazionale. Guida dal taglio decisamente
amatoriale, con una grafica povera ed antiquata, raccoglie 26 itinerari
ubicati nel nord-ovest del paese, nel cuore delle Alpi Giulie (valle del
Soca) ai confini del famoso parco del Triglav . Una prima parte è dedicata alle classiche informazioni generali relative all’area geografica e
agli itinerari descritti. La regione è illustrata con una scarna cartina in
bianco e nero, poco più di uno schizzo, appena sufficiente alla collocazione geografica dell’area e degli itinerari. Di seguito una serie di brevi
capitoli su alcuni degli aspetti più importanti delle forre descritte quali:
caratteristiche generali dell’attrezzamento, idrologia, stagionalità, flora
e fauna. Seguono poi alcune indicazioni di dubbio interesse, più adatte
ad una guida turistica che ad una torrentistica, quali: tasso alcolico ammesso, lingua, moneta, passaporto e alloggi consigliati. Le schede sono
estremamente sintetiche e graficamente molto povere. I dati forniti sono
quelli essenziali tipo: sviluppo, dislivello, verticale massima e tempistica.
Anche le descrizioni si distinguono per la loro “essenzialità” limitandosi
agli itinerari di accesso e ad alcune note estetiche e tecniche. Si fa
sentire la mancanza di tutte quelle icone, caratteristiche delle moderne
topoguide, che affiancate alle opportune scale di valutazione, danno un
‘informazione immediata sulle caratteristiche più importanti, permettendo
al contempo una rapida comparazione con gli altri itinerari descritti. In
particolare mancano specifiche indicazioni su : stato degli armi, regime
idrico, difficoltà e valore estetico, obbligando ad un rimando ai brevi capitoli iniziali dove le forre sono tutte descritte come “terreno d’avventura” e
la stagionalità è limitata ai soli due mesi estivi di Luglio ed Agosto. Ampio
spazio viene dato invece ai rilievi, anche questi in bianco e nero, che
non riescono comunque a compensare la grafica e la scarsissima qualità
delle poche foto presenti peraltro tutte senza didascalia. Insomma, che
in Slovenia ci fossero delle forre nessuno aveva dubbi e una guida su
un’area così interessante è sicuramente da apprezzare, ma francamente,
visto l’importanza del sito ed il consueto interesse con il quale la comunità
torrentistica accoglie tutte le novità, i nostri volenterosi autori francesi,
sicuri del successo commerciale, avrebbero potuto compiere qualche
sforzo in più nella preparazione del volume, che ci risulta essere l’unica
fonte di informazioni disponibile attualmente. In attesa che i torrentisti
Sloveni ci propongano qualcosa di meglio. Costoso acquisto (17 €)
giustificato solo dall’intenzione di recarsi in Slovenia.
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Canyoning
giorno! Eppure…Nada sveglia! Se cresce qui può voler dire solo
una cosa, che è lontano dall’acqua e che per molte ore al giorno
riceve la giusta irradiazione solare… Si, però è in piena parete!
La tua situazione non cambia, sei comunque bloccato. Un momento…ma questo è un esemplare di grosse dimensioni, il tronco
sarà 25 cm di diametro…un albero non cresce così se non ha a
disposizione una sufficiente quantità di terreno…e infatti, adesso
li noto, lì sotto ce n’è qualcuno, ma sono tutti più piccoli, stentati…
Ma allora…non manca molto, dovrei essere quasi fuori…mi metto
a ridere da solo…sarà la stanchezza….mi alzo e riprendo a salire.
Guarda lì c’è il riccio di una castagna, sarà anche caduto dall’alto
ma adesso ne vedo degli altri, e il Castagno (Castanea sativa) non
cresce certo su terrazzini isolati, richiede terreni profondi, sciolti e
ricchi di sali minerali…
Mi rimetto a salire con foga, metto ancora un paio di cordini attorno
a qualche albero, e arrivo finalmente in un punto in cui il pendio
cambia improvvisamente inclinazione. Eccolo lì il castagno!
Ora riesco quasi a camminare aiutandomi solo un poco con le
mani. Recupero i miei due compagni di avventura e con un altro
tiro raggiungiamo finalmente, intersecandola, una vecchia traccia
che taglia il pendio. La seguiamo speranzosi e dopo una mezz’ora
buona arriviamo su una vecchia mulattiera lastricata di massi.
Tiro fuori cartina e accendino, ma si, ecco, siamo grosso modo qui!
Le frontali sono ormai mute…ma la mulattiera mi sembra l’autostrada del sole, siamo contenti e nel buio ci sforziamo di scherzare per
sollevare il morale alla nostra compagna di avventura.
Il cammino per arrivare alla macchina sarà ancora lungo ma il
passo raramente mi è stato lieve come quella volta.
recensioni
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Canyoning
Val Fogarè
itinerari
di Francesco Cacace
Stupenda gola scavata nel calcare delle Dolomiti bellunesi che regala splendidi passaggi come il breve tratto ipogeo nella seconda
parte. Una successione continua di verticali ed acqua limpida in abbondanza, spesso causa di mulinelli alla base delle cascate. Percorso
complessivamente impegnativo, per tecnicità e lunghezza. Da percorrere solo in condizioni di meteo stabile. Attenzione alle zecche!
accesso: prendere la statale S203d che da Belluno va in direzione ovest per ricongiungersi con la S203 in località
Vignole, dopo 7,5 km. Qui imboccare la S203 verso nord, in direzione La Stanga, e una volta attraversato
il Cordevole parcheggiare 500 m dopo la caserma Candaten, edificio isolato a quota 427 m slm.
avvicinamento: raggiunto l’acquedotto sospeso girare subito a destra e, passando davanti all’uscita di
una galleria sotterranea, prendere la strada forestale sulla destra (indicazione su tabella in
legno “La via degli ospizi”). Giunti ad un secondo cartello lasciare la forestale e prendere a
sinistra (2 tabelline metalliche con n° 7) seguendo i bolli rossi che portano, in ripida salita,
alla base di un traliccio dell’alta tensione. Salire a sinistra del traliccio seguendo i bolli rossi,
spesso su fondo giallo (fate attenzione, in questo tratto è facile perdersi). Dopo questo
ripido tratto il sentiero costeggia alto la valle tra imponenti pareti verticali, per poi infilarsi
in un canale sulla destra (seguire i bolli rosso/gialli); una volta sulla sponda opposta del
canale, seguire in salita un ripido canalino finché la pendenza diminuisce ed il sentiero
giunge su una spalla, a sinistra, per poi proseguire ancora in salita e poi in orizzontale.
Superata in discesa la val Col dei Boi continuare in leggera salita e poi in
orizzontale, percorrendo tratti molto esposti, finché il sentiero scende fino ad
arrivare nei pressi del torrente, ormai visibile dall’alto. La partenza è segnata
da 3 bolli rossi su fondo giallo. In totale, circa 2½ - 3 ore di avvicinamento.
vie d'uscita: una a SX, dopo 2h½, alla briglia in muratura passando una
presa d’acqua e continuando per un sentiero poco evidente, fino a quello d’accesso. La seconda presso un’evidente curva a gomito a DX, segnata da ometto di pietre.
I dati sotto riportati fanno riferimento al
percorso considerato diviso in 2 parti: la
1° relativa alla sola parte alta e la 2° che
comprende parte media e parte bassa.
interesse: nazionale
difficoltà: D - v5, a5, V
periodo consigliato:
giugno/ottobre
sviluppo: 2 km
dislivello: totale 460 m
880/630 m slm parte 1°
630/420 m slm parte 2°
calate: totale 33
12 parte 1°, 11 parte 2°
verticale più alta:
33 m parte 1°, 15 m parte 2°
ancoraggi: insufficienti (2003)
fix da 8 non sempre doppiati e chiodi
tempi:
avvicinamento 2h½ - 3h
discesa 6h½ (3h + 3h½)
rientro 15'
navetta: no
materiale:
2 corde da 40 m, borsino d'armo
cartografia: Carta Tabacco n°24
“Prealpi e Dolomiti Bellunesi”
TRATTO PIANEGGIANTE
CON MASSI
POZZA CON TURBOLENZE
STRETTOIA
S.P.
T.P.
F
CH
SALTO POSSIBILE (previo controllo della pozza)
TOBOGA POSSIBILE (previo controllo della pozza)
FIX (DX=riva destra, C=in centro, SX=riva sinistra)
CHIODO DA ROCCIA
Il calendario 2004
Foto Florian Lindner
Forra di Gargazzone - Aschlbach, Alto Adige, Italia
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Canyoning
l’Associazione
Foto Eduardo Gomez (1° classificato)
Estritos de Tarref de cima, Santo Antão, Capo Verde
Il concorso fotografico legato al calendario 2004 dell’AIC è arrivato alla sua conclusione, con la scelta delle immagini più belle
operata dalla giuria scelta per l’occasione. Più di 100 immagini ricevute ed esaminate, un risultato sorprendente che da un lato ha
appagato e ripagato dell’impegno profuso ma dall’altro ha comportato una mole di lavoro inaspettata per i tre giurati, Tullio Bernabei,
Rich Carlson e Francesca Paternostro. Il primo, giornalista e regista professionista, è il principale trascinatore dell’associazione La
Venta Exploring Team (www.laventa.it). Carlson, statunitense, è esperto di formazione aziendale ma da ormai 5 anni dedica sempre
maggiori energie all’American Canyoneering Association (www.canyoneering.com) di cui è presidente. Infine Francesca, romana,
socia da quest’anno, estratta a sorte fra tutti i soci AIC. Ogni giurato ha scelto 12 immagini assegnando loro una valutazione da
1 a 5; la somma dei punteggi ottenuti da ciascuna immagine ha costituito la classifica finale. Così facendo sono state selezionate
17 immagini, che per ragioni tecniche indipendenti dal giudizio estetico si sono ridotte a 13. Ognuna di queste ha trovato posto
sul calendario che certamente tutti voi, si spera, vi farete premura di appendere sopra la scrivania dell’ufficio o dietro la porta di
cucina. I complimenti in particolare vanno ai primi tre classificati: Eduardo Gomez (vincitore del concorso), Ruggero Bontempi e
Cristiano Massoli che, insieme al calendario, riceveranno anche i kit boule della Resurgence messi in palio dall’AIC. Tredici splendide
immagini che nell’arco di un anno fanno il giro del mondo del torrentismo, fotografando con notevole capacità e indubbia passione
tanti dei molteplici aspetti che il canyoning riserva a chi lo pratica. Un doveroso augurio a tutti di una buona annata ricca di forre!
Sito Internet AIC
Il sito dell'AIC si è rifatto il look assumendo un aspetto nuovo,
più funzionale e con una veste grafica accattivante. Ora si
presenta come un vero e proprio portale del torrentismo a 360°,
offrendo già nella pagina iniziale link diretti a tutte le principali
novità. Tra queste l'albo delle delibere ufficiali del Consiglio
Direttivo e le norme di classificazione delle caratteristiche
delle aree e degli itinerari per il canyoning.
Per ulteriori info contattare [email protected].
L'indirizzo rimane ovviamente invariato, www.canyoning.it.
Visitatelo!
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Canyoning
Per conoscerci meglio
l’Associazione
Organigramma dell'associazione
Coordinatori regionali
Presidente: Annamaria PINOTTI
Vice-Presidente: Stefano ROSSI
Tesoriere e Segretario: Roberto SCHENONE
Consiglio Direttivo: Gian Luca BIAGINI, Maurizio BIONDI, Roberto LOCATELLI, Cristina PARIS, Annamaria PINOTTI, Stefano
ROSSI, Roberto SCHENONE
Le persone a cui rivolgersi per avere informazioni, organizzare
incontri, promuovere eventi... Per ognuno di loro è attivo un indirizzo
e-mail del tipo: [email protected]
Abruzzo Andrea MONTI, tel 347.2424164
Basilicata Stefano ROSSI, tel 0832.498072 / 328.1349671
Calabria Natale AMATO, tel 338.7563549
Emilia Romagna Martino FROVA, tel 0523.934300 / 338.9996287
Friuli V. Giulia Romy SIEGL, tel 040.9381029 / 347.4349947
Lazio Valerio CARLIN, tel 328.0671599 / 0773.479055
Liguria Gian Luca BIAGINI, tel 010.2464605 / 338.1399802
Lombardia Massimo GALIMBERTI, tel 339.1531230
Marche Giacomo BERLIOCCHI, tel 0721.855079 / 349.3251888
Piemonte Dino RUOTOLO, tel 335.6110291 / 011.2731197
Puglia Vincenzo PAGLIARA, tel 0832.352523, cell 328.4274720
Sardegna Corrado CONCA, tel 079.278900 / 347.2903101
Sicilia Diego LEONARDI, tel 095.7081995 / 328.7621267
Toscana Romano PEROTTO, tel 337.337700 / 055.4210677
Umbria Christian VENTO, tel 075.5171034 / 329.2592035
Veneto Francesco CACACE, tel 045.7725445 / 348.3398199
Ufficio stampa: Piero GOLISANO ([email protected])
Redazione notiziario: Luca DALLARI ([email protected])
Organigramma della Scuola Nazionale Canyoning
Direttore: Maurizio BIONDI
Istruttori formatori: Maurizio BIONDI, Roberto COPPO, Dario
FERRO, Roberto RECCHIONI
Istruttori: Marco BIASIONI, Francesco CACACE, Marco CELLITTI,
Alessandro CERISE, Filippo DALL'AGLIO, Luca DALLARI, Martino
FROVA, Carlo GATTI, Erwin KOB, Diego LEONARDI, Uberto LIUZZO,
Andrea NADALI, Stefano ROSSI, Dino RUOTOLO, Roberto SCHENONE, Romy SIEGL, Paolo SPREAFICO.
Le associazioni affiliate all'AIC
A.S. Olympic Rock Trieste, [email protected]
cell 339.6900659, tel 040.825222
A.S.A.N. “Su e giù” Nettuno (RM), [email protected]
cell 333.9238077 / 328.0588759
Acque Verticali Asti, [email protected], 347.2647850
Associazione K2O Centro Canoa Rafting Le Marmore
S. Angelo Romano (RM), [email protected]
AQUA Gruppo Canyoning Varese [email protected], 0332.813001
CAI Sez. Alpi Marittime Imperia, 0183.273509, [email protected]
CAI Sez. Ligure Genova, 010.592122, [email protected]
Canyons Adventures Torbole sul Garda (TN),
[email protected], tel 0464.505406
Cica Rude Clan Canyoning Genova, [email protected]
Etna Canyoning Zafferana Etnea (CT), [email protected]
cell 328.7621267, fax 095.7081995
Grip Sport e Natura Sassari, [email protected], 079.244373
Gruppo Chiroptera Marina di Gioiosa Ionica (RC)
[email protected], tel 0964.411232, fax 0964.416699
Gruppo Speleo 'Ndronico Lecce, [email protected], tel 0832.248181
Gruppo Speleologico Malo sez. CAI Malo (VI), [email protected]
Gruppo Torrentistico Albatros Monterotondo Scalo (RM)
[email protected], tel 0773.479055
MKF Vara Chiavari (GE), [email protected], tel 0185.320361
Monrosa Canyoning Paderno D. (MI), [email protected],
sede tel 0163.75298 cell 347.3200303
Odissea Naturavventura Nave (BS), [email protected], 348.2214569
Segnavia Sassari, [email protected], tel 079.278900 cell 347.2903101
Sports in Open Space Marsaglia (PC)
[email protected], tel 0523.934300
Vertical Adventures Verres (AO), [email protected]
I partners commerciali
Alcuni tra questi mettono a disposizione dei Soci AIC un vero e
proprio listino e le loro offerte sono riservate in esclusiva ai Soci
AIC. Per visualizzare i listini, ove disponibili, è sufficiente cliccare sul
nome della Società di proprio interesse. Maggiori dettagli su offerte
e variazioni dei listini sono inviati regolarmente e tempestivamente
alla Newsletter AIC (riservata ai soli Soci).
Per l'iscrizione alla Newsletter AIC consultare il sito dell'associazione,
all'indirizzo www.canyoning.it.
ALPINGUIDE Guide Alpine Arco Lago di Garda, Italia
[email protected], tel / fax +39.0464.422273, cell 338.6992778
ASPORT’S Mountain Equipment Quartier Carducci 141, 32010
Chies D’Alpago (BL), tel +39.0437.470129, fax +39.0437.470172
LA VENTA Exploring Team
fax 0422.320981, [email protected], [email protected]
SEGNAVIA Via Torres 25, 07100 Sassari
tel 079.278900, www.segnavia.it, [email protected]
La biblio-videoteca AIC
Canyoning nel Mediterraneo C. Conca - P. Madonia
Euro 10,00 per i Soci AIC / Euro 13,00 per i NON Soci
Canyon Slovènes F. Jourdan, J.F. Fiorina
Euro 14,00 per i Soci AIC / Euro 16,00 per i NON Soci
Corse, paradis du canyoning H. Ayasse e P. Dubreuil
Euro 20,00 per i Soci AIC / Euro 25,00 per i NON Soci
Canyoning - Le vie svizzere, A. Brunner - F. Bètrisey
Euro 21,00 per i Soci AIC / Euro 24, 00 per i NON Soci
Figlie dell’acqua e del tempo G. Antonini, Euro 21,69
Gole & Canyons - Vol. 1 - Italia Centrale
V. Carlin - T. Dobosz - G. Ecker - A. Pinotti - R. Recchioni, Euro 18,08
Gole & Canyons - Vol. 2 - Italia Nord Est
M. Biondi - F. Cacace - R. Schenone, Euro 19,11
Gole & Canyons - Vol. 3 - Italia Nord Ovest
F. Cacace - R. Jarre - D. Ruotolo - R. Schenone / Euro 23
Valutazione del rischio da piena in forra P. Madonia
Euro 4,00 per i Soci AIC / Euro 5,50 per i NON Soci
Manuel technique de descente de canyon EFC-FFS
Euro 20,00 per i Soci AIC / Euro 23,20 per i NON Soci
El Chorreadero, M. Rivadossi, VHS - PAL - durata 27 minuti
Euro 12,00 per i Soci AIC / Euro 14,00 per i NON Soci
Per ordinare volumi e videocassette contattare Cosimo la Gioia:
tel 0832.306884 / e-mail: [email protected]
Dove non altrimenti specificato, per i soci AIC viene applicato uno
sconto del 15%. I costi della spedizione sono a carico del destinatario.
Per il pagamento è possibile scegliere tra due opzioni:
a) tramite bonifico bancario, sul conto corrente bancario M7
52848348110 ABI 03268 CAB 14700 presso Banca Sella succursale
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10, 60123, Ancona
b) versare l’importo dovuto sul CCP n° 11855608 intestato ad
Associazione Italiana Canyoning, specificando la causale
Ad iscrizione effettuata, faxare la ricevuta al numero 0832.498072