Missione sviluppo e guerre
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Missione sviluppo e guerre
missiogiovani - percorsi di mondialità a cura del movimento giovanile missionario … 1 … a cura di Marco Sposito ’ a maggior parte delle volte quando sentiamo parlare di sviluppo, il pensiero si collega alla crescita economica di un paese, alle sue necessità, a come poter aiutare o risolvere una situazione di difficoltà, all’incremento e al miglioramento delle condizioni di vita dei meno abbienti, all’innalzamento del reddito pro-capite di una popolazione, alla ricostruzione di un paese, alla realizzazione di infrastrutture adeguate, agli standards di “vita normale”, alla costruzione o ricostruzione di paesi distrutti da guerre, alla fame nel mondo, all’aiuto dei poveri… e così potremmo continuare a tirar fuori definizioni più o meno esaustive e corrette. Questa mentalità è confermata dall’andamento internazionale, tanto che dopo la seconda guerra mondiale, nasce la cooperazione internazionale, e con la conferenza di Bretton Woods il 22 luglio 1944, che stabilì regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo, nascono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI), due organismi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). La Banca Mondiale aveva lo scopo originario di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella guerra. Successivamente i suoi interventi si sono ampliati al finanziamento dei paesi in via di sviluppo, settore in cui attualmente la Banca investe. Lo scopo del FMI, invece era quello di promuovere una cooperazione monetaria tra gli stati cercando di equilibrare le bilance dei pagamenti (sistema contabile nazionale che registra tutte le transazioni di tipo economico) ed il tasso di cambio dei vari paesi membri. Entrambi gli organismi adottano politiche liberiste. La Banca Mondiale favorisce la ricostruzione e lo sviluppo dei territori dei paesi membri facilitando l'investimento di capitale a scopi produttivi; promuove l'investimento privato estero, fornendo garanzie o partecipando a prestiti; integra l'investimento privato, erogando, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, risorse finanziarie da destinare a scopi produttivi. Il FMI, per raggiungere gli obiettivi di cui sopra, impone di solito dei piani di aggiustamento strutturale, come condizioni per ottenere prestiti o condizioni più favorevoli per il rimborso del debito, che costituiscono l'aspetto più controverso della sua attività. Questi piani sono modellati su una visione neoliberista dell'economia e sulla convinzione che il libero mercato sia la soluzione migliore per lo sviluppo economico di questi paesi. 2 … Tra i punti principali essi comprendono la svalutazione della moneta nazionale, la riduzione del deficit di bilancio da conseguire con forti tagli alle spese pubbliche e aumento delle imposte (e privatizzazioni massicce), l'eliminazione delle forma di controllo dei prezzi. Negli anni la definizione di Paesi in via si sviluppo (PVS) si è diversificata: si parla di sviluppo lineare, questo significa che tutti quei paesi che sono sotto una determinata linea di sviluppo sono sottosviluppati (livello del reddito, industrializzazione, infrastrutture, alfabetizzazione…); la banca Mondiale classifica come PVS i paesi con reddito pro-capite annuo inferiore a 755$, i paesi a medio reddito (tra 755$ e 2500$ annui), paesi a reddito medio-alto (2500-9275$ annui) paesi ad alto reddito (superire a 9275$ annui); l’ONU definisce i PVS in base alla LDC, lista dello sviluppo basata sul PIL (Prodotto Interno Lordo) pro-capite; l’Indice di Sviluppo umano affianca al PIL l’aspettativa di vita alla nascita, alfabetizzazione e tasso di scolarizzazione. Ad una prima lettura della definizione di PVS, si potrebbe dedurre che se la nostra mente, quando si parla di sviluppo, elabora le definizioni su citate, potremmo ritenerci preparati e sicuri di sapere di cosa si sta parlando. In realtà si è capito ben poco! La Populorum Progressio (lett. enciclica di Paolo VI, 1967) quando definisce lo sviluppo parla di crescita per l’uomo e di “tutto” l’uomo. Amartya Sen, economista indiano, premio nobel per l’economia nel 1998, propone di studiare la povertà, la qualità della vita e l'eguaglianza non solo attraverso i tradizionali indicatori della disponibilità di beni materiali (ricchezza, reddito o spesa per consumi) bensì analizzando la possibilità di vivere esperienze o situazioni cui l'individuo attribuisce un valore positivo, attraverso le capacità ed i funzionamenti di ogni singolo. I funzionamenti sono le esperienze effettive che l'individuo ha deciso liberamente di vivere, ciò che ha scelto di fare o essere. Le capacità sono invece le alternative di scelta, ossia l'insieme dei funzionamenti che un individuo può scegliere. L'approccio di Sen ha convinto molti studiosi a considerare i tradizionali indicatori monetari del benessere (indici di povertà e diseguaglianza basati sul reddito o sulla spesa per consumi) come misure incomplete e parziali della qualità della vita di un individuo. È necessario, invece, ridistribuire in modo differenziato ed eventualmente anche allargare il concetto di beni primari, includendovi ad esempio la diffusione dell’informazione, se questo è necessario a garantire il raggiungimento degli esiti desiderati. Le diverse combinazioni tra i vari funzionamenti 3 … costituiscono poi le capacità attraverso cui Sen recupera il principio della libertà. Solo tornando ad amare profondamente l’Uomo come essere unico ed irripetibile, speciale nelle sue caratteristiche, nelle sue capacità, nella sua cultura e lingua, nella sua religione riusciremo ad avere un quadro lineare dell’attuale società e del fatto che l’economia deve essere al servizio dell’uomo per migliorare la qualità della vita e non l’uomo a servitù dell’economia. Ci accorgeremmo di molte più cose semplici ed edificanti se riuscissimo ad essere slegati dalla velocità e dalla frenetica evoluzione degli eventi. Riusciremmo a comprendere con molta più facilità che le guerre esistono non per odio tra gli uomini, ma per gli interessi degli stati, per denaro, per risorse. Sono tanti gli esempi che potremmo fare: dalla guerra dei Grandi Laghi (Rwanda, Uganda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo) all’ex-Jugosvlavia, dal Kossovo all’Iraq, dalle infinite guerre del Sud America alla Somalia o al Niger. Se si va a Kampala, in Uganda, ci si accorge che la capitale è piena di Banche, dove sono depositati i risparmi dei ricchi signori del Congo, del Burundi, del Rwanda, dove la svalutazione della moneta locale e la flessibilità del cambi uniti a tassi di interesse fanno la fortuna degli organismi finanziari, principalmente di proprietà occidentale. Se ti sposti nella Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Kivu, ti accorgi che ormai la corsa all’accaparramento delle risorse vale più di migliaia di vite umane, che le persone sono comprate con la birra o pochi spiccioli, che mentre lo stipendio di un insegnante è di circa 7/10 dollari al mese, ogni giorno vengono esportati 7 milioni di dollari di risorse naturali, dal petrolio ai diamanti, dal bauxite al coltan, dal rame all’oro, fino ad arrivare al legno. I potenti della terra, Stati e Multinazionali, anziché aiutare i paesi in via di sviluppo, li ingannano vendendo loro l’idea e le possibilità di uno sviluppo “preconfezionato” in cambio di risorse “patrimonio dell’umanità”, attraverso contratti molti rigidi e pieni di violazioni dei diritti. La Cina ha stipulato un contratto con il Congo (RDC) che a fronte di 15 miliardi di dollari in strade, ponti, ferrovie, ha attenuto petrolio, metalli, uranio, oro, diamanti e coltan. La British Petroleum, multinazionale inglese ha costituito un consorzio di compagnie petrolifere di tutto il mondo, tra cui anche l’italiana ENI, che nel 1994 ha costretto i governi di Azerbaigian, Georgia e Turchia a firmare un contratto per la costruzione di un mega- 4 … oleodotto per trasferire i giacimenti di petrolio dal mar Caspio al mar Mediterraneo. I contratti sovrascrivono interamente la legislazione ambientale, sociale, del lavoro e dei diritti umani nel corridoio dell’oleodotto. È vietata ogni legge futura che possa ridurre o colpire i diritti garantiti al consorzio o avere la precedenza su qualsiasi altra parte del progetto. Sia la Banca Mondiale nel 2003 (310 milioni di dollari) che la Banca Europea (280 milioni di dollari) hanno erogato finanziamenti per il progetto. Il governo italiano parla di rinnovamento della legge 49/87 sulla cooperazione e aiuto allo sviluppo, ma poi negli ultimi due anni ha aumentato del 23% gli investimenti sulle armi: 11% nella Finanziaria 2007. L’economia punta sul rinnovo degli armamenti, si vendono quelli obsoleti ai PVS, si recupera denaro, si innescano politiche e dinamiche di guerra per poter usufruire di risorse in cambio di sviluppo. Questa è la realtà economia attuale ma un’altra economia è possibile a partire dal basso, ovvero dall’uomo, dalle sue capacità, le sue attitudini, i suoi diritti, la sua dignità, dall’incontro, dalla condivisione delle vite, delle storie di ognuno per poi raggiungere un’equità morale, sociale ed economica. 5 … Matteo 5,1-12 edendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Meditazione Gesù sale su di un monte, il luogo per eccellenza su cui Dio rivela il suo volto e si fa incontrare dall’uomo. Matteo vuole suggerire un parallelo con l'antica alleanza sancita sul Sinai, per mostrare il compimento e il perfezionamento dell’Antica Alleanza. Gesù ha davanti agli occhi una folla che lo segue da alcuni giorni, possiamo immaginarlo mentre guarda con amore paterno quegli uomini e quelle donne: li interroga, li ascolta, ha imparato a conoscerne alcuni anche per nome, ma soprattutto ne conosce le domande più profonde e i bisogni più intimi. Ne ha compassione. L’evangelista fa notare che Gesù, vedendo quella gente stanca e sfinita, sale sul monte e inizia a parlare: le prime parole che dice sono sulla felicità, 6 … o meglio su chi è felice. Non è affatto un discorso scontato, egli vuole proporre la sua idea di felicità, la via per la beatitudine eterna, per la realizzazione dell’essere umani. Già i salmi avevano abituato i credenti di Israele al senso della beatitudine: "Beato l'uomo che spera nel Signore… beato l'uomo che ha cura del debole… beato l'uomo che confida nel Signore". Quest'uomo poteva dirsi felice, ebbene Gesù continua su questa linea e afferma che i beati sono gli uomini e le donne poveri di spirito, i misericordiosi, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i puri di cuore, i perseguitati a causa della giustizia ed anche coloro che sono insultati e perseguitati a causa del suo nome. Parole come queste non le aveva dette mai nessuno nella storia di Israele, sono innovative e i discepoli che, non le avevano mai udite sino a quel momento, ne rimangono sicuramente affascinati, se non turbati per la fermezza e determinazione del Maestro. A noi che le ascoltiamo oggi paiono davvero molto lontane, sembrano del tutto irreali, utopiche, e seppur belle ed affascinanti certamente impossibili da realizzare. Eppure, Gesù le propone anche a noi, in quanto vuole per ogni essere umano una felicità vera, piena, robusta, capace di resistere agli sbalzi di umore e che non soggiace ai ritmi della vita o alle esigenze di un benessere parziale. Purtroppo succede che avvolte a noi sta più a cuore il vivere un po’ meglio, un po’ più tranquilli rispetto al vivere consueto. Non sempre vogliamo essere "beati" davvero e sbilanciarci nell’amore, nel vivere al cento per cento una piena realizzazione dell’essere umani. La beatitudine perciò è diventata una parola estranea, troppo piena, eccessiva; è una parola così forte e così carica da essere troppo diversa dalle nostre idealità, o meglio dire ideologie spesso insignificanti. Questa pagina evangelica ci strappa da una vita banale e ci spinge verso una vita piena, verso una gioia ben più profonda di quella che noi possiamo anche solo immaginare. Le beatitudini ci chiedono di vivere da santi, non sono troppo alte per noi, come non lo erano per quella folla che per prima le ascoltò. Esse hanno un volto davvero umano: il volto di Gesù. È lui l'uomo delle beatitudini, l'uomo povero, mansueto e affamato di giustizia, l'uomo appassionato e misericordioso, l'uomo perseguitato e messo a morte, che si pone a modello dei santi. 7 … ’ a ricerca di soluzioni alternative alla guerra per risolvere i conflitti internazionali ha assunto oggi un carattere di drammatica urgenza, poiché “la potenza terrificante dei mezzi di distruzione, accessibili perfino alle medie e piccole potenze, e la sempre più stretta connessione, esistente tra i popoli di tutta la terra, rendono assai arduo o praticamente impossibile limitare le conseguenze di un conflitto”. È quindi essenziale la ricerca delle cause che originano un conflitto bellico, anzitutto quelle collegate a situazioni strutturali di ingiustizia, di miseria, di sfruttamento, sulle quali bisogna intervenire con lo scopo di rimuoverle: “Per questo, l'altro nome della pace è lo sviluppo. Come esiste la responsabilità collettiva di evitare la guerra, così esiste la responsabilità collettiva di promuovere lo sviluppo”. (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (CDSC), 498) e conseguenze del peccato alimentano le strutture di peccato. Esse si radicano nel peccato personale e, quindi, sono sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le originano, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere. E così esse si rafforzano, si diffondono, diventano sorgente di altri peccati e condizionano la condotta degli uomini. Si tratta di condizionamenti e ostacoli, che durano molto di più delle azioni compiute nel breve arco della vita di un individuo e che interferiscono anche nel processo dello sviluppo dei popoli, il cui ritardo o la cui lentezza vanno giudicati anche sotto questo aspetto. Le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volontà di Dio e al bene del prossimo e le strutture che essi inducono sembrano oggi soprattutto due: “da una parte, la brama esclusiva del profitto e, dall'altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. A ciascuno di questi atteggiamenti si può aggiungere, per caratterizzarli meglio, l'espressione: a qualsiasi prezzo”. (CDSC,119) 8 … 'impresa deve caratterizzarsi per la capacità di servire il bene comune della società mediante la produzione di beni e servizi utili […] L'obiettivo dell'impresa deve essere realizzato in termini e con criteri economici, ma non devono essere trascurati gli autentici valori che permettono lo sviluppo concreto della persona e della società […] I componenti dell'impresa devono essere consapevoli che la comunità nella quale operano rappresenta un bene per tutti e non una struttura che permette di soddisfare esclusivamente gli interessi personali di qualcuno. (CDSC, 338-339) a dottrina sociale riconosce la giusta funzione del profitto, come primo indicatore del buon andamento dell'azienda: “quando un'azienda produce profitto, ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati”. Ciò non offusca la consapevolezza del fatto che non sempre il profitto segnala che l'azienda stia servendo adeguatamente la società […] È indispensabile che, all'interno dell'impresa, il legittimo perseguimento del profitto si armonizzi con l'irrinunciabile tutela della dignità delle persone che a vario titolo operano nella stessa impresa. (CDSC, 340) e nell'attività economica e finanziaria la ricerca di un equo profitto è accettabile, il ricorso all'usura è moralmente condannato: “Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro imputabile”. Tale condanna si estende anche ai rapporti economici internazionali, specialmente per quanto riguarda la situazione dei Paesi meno progrediti, ai quali non possono essere applicati “sistemi finanziari abusivi, se non usurai”. Il Magistero più recente ha avuto parole forti e chiare per una pratica tuttora drammaticamente estesa: “non praticare l'usura, piaga che anche ai nostri giorni è una infame realtà, capace di strangolare la vita di molte persone”. (CDSC, 341) (Confronta anche i numeri:168, 172, 197, 269, 300, 303, 332, 342, 347, 446, 564) 9 … ù Giovanni Paolo II Sollecitudo rei socialis, 1987; Laborem exercens, 1981; Centesimus Annus, 1991. Paolo VI, Popolorum progressio, 1967. Carta dei diritti e doveri economici degli stati. Dichiarazione sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, 2000. Dichiarazione sul diritto allo sviluppo, 1986. Statuto del Fondo Monetario Internazionale, 1944. Statuto della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, 1944. Statuto della Società Finanziaria Internazionale, 1955. AA.VV., Al di là dello sviluppo. Globalizzazione e rapporti Nord-Sud, EMI, Bologna 2000. AA.VV., Economie di carta. Finanza internazionale e poteri multinazionali, EMI, Bologna 1998. 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Un minatore texano inizia la sua scalata dopo aver trovato il primo giacimento; la sete e l'avidità prenderanno presto il sopravento e la sua corsa verso il potere sarà senza scrupoli... Diamanti di sangue (Blood Diamond) regia di Edward Zwick 12 … durata 143 minuti, 2007 Si tratta di una storia a tinte forti su temi, come di dice, di drammatica attualità. Al centro, ancora una volta, L'Africa, continente veramente dalle mille facce, dalle infinite contraddizioni. In Sierra Leone la guerra civile del fine decennio dei Novanta ha segnato lutti, torture, dolori senza fine. Difficile, ma non impossibile, cercare di ricostruire i fatti. Si parte dai dimanti e da un protagonista, uomo senza scrupoli, che vorrebbe 'restarne fuori' ma poi decide di schierarsi fino a rimetterci la vita. Im mezzo un ragazzo di colore che lotta per la propria famiglia, e una giornalista che vuole fare bene il proprio mestiere. Il racconto procede sui binari di una denuncia netta, precisa, inesorabile. E ben saldo è anche il taglio spettacolare, al servizio del 'divo' Di Caprio, e con il contorni di mezzi, ambienti, comparse. Un film dunque ben costruito sulle cadenze geometriche dell'alternanza tra momenti di massa, dialoghi a due, monologhi. Tutta vera la voglia di far sentire la voce (anche contro il deprecabile fenomeno dei 'bambinisoldato") e di condannare il commercio di armi. Il film, girato con totale professionalità, é da valutare, dal punto di vista pastorale, come accettabile, e segnato da crudezze. (fonte www.cnvf.it) Lord of war regia di Andrew Niccol durata 120 minuti, 2005 L'argomento é, come si dice in questi casi, di estrema attualità. Se in tante zone del mondo si combattono ancora guerre e guerriglie é perché le armi vengono fabbricate e procurano lauti guadagni. Questo copione di Andrew Niccol (che, va ricordato, ha scritto "Truman show") disegna una figura centrale di un trafficante nel quale condensa tutte le caratteristiche di chi si dedica a questa turpe attività: avidità, arrivismo, cinismo, sostanziale estraneità a qualunque dibattito di tipo 'etico'. Per Orlov le armi sono una merce come un'altra. La messa alla berlina dell'individuo é dunque ben netta, anche se il finale lo vede di nuovo libero: in realtà é ormai isolato e l'inferno é sempre più dentro di lui. Le didascalie finale poi sulla tacita complicità che tanti governi danno alla fabbricazione di armi appaiono meno nitide come denuncia e forse risultano superflue: bisognava allora scrivere un'altra storia. Questa resta la buona opportunità di parlare apertamente di questo grave situazione, per ci il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti. (fonte www.cnvf.it) 13