Il sapere scientifico nella scuola del XXI secolo
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Il sapere scientifico nella scuola del XXI secolo
WE LOVE MATEMATICA WE LOVE MATEMATICA Il sapere scientifico nella scuola del XXI secolo Il tavolo dei relatori. Da sinistra Andrea Beato di Abruzzo Economia, Giandomenico Boffi, professore di Algebra alla d’Annunzio, Lucia Genovese, professoressa di Pedagogia alla d’Annunzio, Domenico Di Carlo, preside del Volta, Sergio Galbiati, direttore generale Micron Technology Italia, Rita Sebastiani della direzione scolastica provinciale e Pier Ugo Foscolo, preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila Convegno all’Istituto Volta sul ruolo della cultura matematico-scientifica. La reale necessità di un approccio operativo per attrarre l’interesse dei ragazzi e dare un futuro al nostro Paese. Una priorità condivisa anche da Abruzzo Economia… di Guido Ramini istituto pescarese Alessandro Volta festeggia i suoi primi cinquanta anni con il convegno: “La cultura matematicoscientifica nella scuola del XXI secolo”. È il preside Domenico di Carlo ad aprire il dibattito: «È possibile che il sapere scientifico venga ancora considerato settoriale, parziale, frutto di una conoscenza tecnica e quindi inferiore rispetto alla cultura umanistica? L’Unione Europea, a Lisbona nel marzo del 2000, si era posta degli obiettivi ambiziosi: portare al 15% il numero dei laureati in discipline scientifiche e far raggiungere all’ottanta per cento dei giovani il diploma» - ha proseguito Di Carlo. Ma i dati attuali non sono incoraggianti, il 45% degli studenti italiani nell’anno scolastico 2007/08 ha avuto il debito in matematica, con un incremento del 2% rispetto al precedente anno scolastico, tanto che il ministro Gelmini ha definito la situazione «un’emergenza didattica», come ha fatto notare Andrea Beato, L’ 68 di Abruzzo Economia e moderatore dell’incontro. Nonostante tutto, ci sono delle sorprese che provengono dai sondaggi Pisa-Ocse, anche se l’Italia ha conseguito solamente la 35a posizione in graduatoria per la cultura scientifica. La docente dell’Ud’A, Lucia Genovese, ha mostrato come non tutti i dati siano negativi, il 56% dei ragazzi ritiene le discipline scientifiche utili per gli studi futuri, il 37% dichiara di voler intraprendere un curriculum scientifico ed il 21% di voler lavorare nel campo. Le prime posizioni della classifica sono occupate dai Paesi del Nord Europa e dai Paesi asiatici in particolare Cina, Corea e Giappone, «non a caso il 90% dei fisici e dei chimici sarà asiatico, mentre la Cina sta già sfornando un milione e mezzo di ingegneri l’anno». Il vecchio pregiudizio della rivalità tra cultura umanistica e scientifica oggi non è più tollerabile, la cultura è unica, non ne esistono due distinte; se una persona è carente in uno dei due campi il La professoressa Marisa Di Luca, docente dell’Istituto Volta. A lei il compito di introdurre i lavori del convegno Impariamo la matematica come gli indiani C’ è qualcosa che possiamo imparare dal modello indiano, per curare il grave ritardo dei nostri studenti nella matematica e nelle scienze? Sicuramente l’India può insegnarci qualcosa. È noto che in India si laureano in media 200 mila ingegneri ogni anno. Una cifra che fa paura, ma questi 200 mila non hanno tutti lo stesso livello di preparazione dei nostri migliori neolaureati. La statistica è imprecisa. I veri cervelloni indiani che escono dall’università con una competenza matematico-scientifica eccelsa sono probabilmente quei 17 mila che raggiungono ogni anno il master più i 900 che ottengono il PhD. Il successo indiano è altrove: sono le imprese a colmare le lacune nella formazione dei giovani. La Infosys (un’azienda di informatica) è un buon esempio: nel suo Global Education Centre di Mysore istruisce 13.500 nuovi assunti alla volta, con programmi che durano sedici settimane. La Tata Consultancy Services fa perfino di più: i suoi corsi di formazione interni durano fino a sette mesi. Non è che i capitalisti indiani siano particolarmente generosi, sono lungimiranti. L’addestramento fornito su misura per i nuovi assunti dalle imprese indiane non ha solo contenuti tecnici, ma si estende alla capacità di comunicare, di fare lavoro di squadra, di cogliere i bisogni del consumatore. Nelle multinazionali indiane, anche dopo essere stati assunti, la partecipazione periodica ai corsi interni è una condizione per ottenere promozioni e aumenti retributivi, insomma per fare carriera; gli alti dirigenti vengono valutati anche sulla base della loro capacità in quanto “educatori”. Infine, le imprese indiane spesso si fanno carico di istruire i formatori, offrendo corsi per i docenti universitari. Centro di ricerca indiano suo bagaglio culturale sarà povero. La cultura matematico-scientifica è indissolubilmente legata all’arte, alla filosofia ma anche alle nostra vita quotidiana. «Sull’ingresso dell’Accademia di Platone era incisa la scritta: nessuno digiuno di Geometria varchi queste porte» - ricorda Gian Domenico Boffi, ordinario di Algebra presso la d’Annunzio - «e se le transizioni bancarie sono sicure è solo grazie alla Teoria dei numeri primi e al lavoro del matematico Godfrey Harold Hardy, che venne etichettato dallo stesso come bellissimo e inutile. Oggi nessun bancomat potrebbe funzionare senza queste conoscenze alle spalle». Anche Sergio Galbiati, direttore generale Micron Technology, è intervenuto sostenendo che non deve e non può esistere una dicotomia tra le competenze tecniche e quelle umanistiche «nel mondo del lavoro oggi si è chiamati ad affrontare situazioni estremamente complesse che necessitano di un approccio multidisciplinare e di un lavoro di squadra per essere risolte, il singolo da solo non può più nulla di fronte alla complessità dei problemi contemporanei, per queste ragioni è di cruciale importanza la formazione di un team con elevate capacità di problem solving. Una squadra che non può essere diretta senza l’uso di strumenti umanistici». Per Rita Sebastiani, responsabile dell’ufficio scolastico provinciale, la cultura scientifica è un bene pubblico, uno stimolo all’apprendimento critico e all’ascolto dell’altro, qualità essenziali in un cittadino. Galbiati ha fatto notare che la tecnologia è uno strumento della democrazia solo nella misura in cui i cittadini hanno le competenze tecnico scientifiche necessarie non solo per usufruire di essa, ma anche per comprenderne il funzionamento senza essere dipendenti da terzi. Spesso con le tecnologie user friendly, sotto un’interfaccia amichevole si cela un linguaggio tecnico impenetrabile al comune cittadino. Durante il dibattito, la docente Marisa di Luca e il preside della Facoltà d’Ingegneria dell’Aquila, Pier Ugo Foscolo, hanno colto l’occasione per ricordare un’iniziativa dell’istituto: la possibilità per gli alunni di frequentare un corso di matematica preparatorio al test d’ingresso di Ingegneria e, a chi conseguirà un punteggio elevato nel test, saranno riconosciuti dall’università due crediti formativi. A fine incontro i docenti dell’istituto hanno mostrato con orgoglio i modelli e gli esperimenti realizzati dai ragazzi. Per l’Alessandro Volta promuovere la cultura matematico-scientifica tra gli allievi e nella società è un obiettivo primario, uno strumento prezioso per valorizzare la formazione degli studenti. (foto di Valerio Simeone) Sergio Galbiati, direttore generale Micron Technology Italia, fotografato nel corso del suo intervento Gli studenti dell’Istituto Volta che hanno seguito l’incontro Al termine del convegno il professor Marco Pichelli illustra i lavori realizzati dagli studenti del Volta 69