Testo in italiano Pagina 912 La cultura industriale Frank Kaltenbach

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Testo in italiano Pagina 912 La cultura industriale Frank Kaltenbach
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Testo in italiano
∂ – Rivista di architettura
Testo in italiano
2003 ¥ 9 · Edifici industriali
Traduzione: Architetto Rossella Letizia Mombelli
E-Mail: [email protected]
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Architettura industriale
Klaus-Dieter Weiss
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La cultura industriale
Frank Kaltenbach
Se da anni il Corporate Design si è affermato
nell’edilizia per uffici, oggi sta facendo grandi
progressi anche nell’ambito del settore industriale. Attualmente, le aziende manifestano
in misura crescente l’esigenza di non limitare
la propria immagine alla carta intestata ma di
presentarsi con l’architettura delle aree di
produzione. Il cliente non deve essere rapito
solo dallo stile di un prospetto lucente, deve
essere convinto della sicura qualità dei prodotti e dalla Political Correctness delle condizioni produttive e lavorative. Che l’architettura
industriale non possa limitarsi a fungere da
motore di trend in architettura, come lo fu nelle fabbriche hight-tech degli anni ’70-’80, ma
che si debba spingere anche nel campo dell’arte, lo dimostra non solo l’impianto di fabbriche della Braun a Melsungen di James
Stirling e Michael Wilford del 1992 o la lunga
facciata in lamiera d’acciaio inossidabile lucidata a specchio concepita da Dominique
Perrault nel 1999. Nel frattempo, anche per
l’architettura industriale le caratteristiche di
durabilità sono uno “State of Art”. Presso le
grandi aziende italiane di produzione come
Ferrari o Prada, l’uso d’espressioni come
“fabbriche ad emissioni zero”, “parco ecologico” o “sunfactory” può assumere funzioni di
rivendicazione al pari della presentazione di
pure strategie di marketing aziendale. In questo numero di Detail gli esempi riportati dimostrano che la soppressione della classica gerarchia dei colletti bianchi e dei colletti blu
dovrebbe esprimersi attraverso l’organizzazione di una struttura comune sovraordinata.
Il linguaggio dell’architettura e il Corporate
Design hanno differenze di base. L’edificio di
produzione della Valeo a Bietigheim-Bissingen mostra un sobrio understatement come
azienda subfornitrice dell’industria automobilistica e lo specialista in processi di stampa
Trevision trasmette già da lontano all’automobilista in viaggio in autostrada un messaggio:
“Non produciamo solo stampa di grande formato, ma anche cultura”.
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Nel XX secolo gli spazi del lavoro erano caratterizzati da maestosi impianti industriali con
enormi macchinari e grossi quantitativi di produzione. Oggi, rispetto alle aziende orientate
meramente alla grossa produzione prevalgono imprese concentrate sulla ricerca. Il settore dell’industria innovativa conta sulla figura
dell’architetto per realizzare strutture organizzative comunicative e significative dal punto
di vista culturale più che per limitarsi a raffinatezze costruttive, strategie complessive più
che dettagli formali. Aziende virtuali come la
Nike rinunciano a tal fine alla produzione,
concentrandosi sulla progettazione dei prodotti e del marketing. La classica unità luogotempo in cui in passato era integrata la nozione di attività industriale e il binomio
forma-funzione si è dissolto. Il Post-Moderno,
l‘High-Tech, il Decostruttivismo e il Biomorfismo o le „architetture-ciuccio“ (Karin Leydecker), nonostante la loro importanza formale,
non riflettono la transizione verso un‘architettura della comunicazione e della conoscenza,
come contrariamente è avvenuto nella Germania dell’Est e nel contributo portato al frenetico sviluppo industriale in Cina: quando i
„cinesi lasciano volare la mucca“ come si dice nell‘ufficio di Shanghai di Albert Speer,
„l‘unico tra gli urbanisti e gli architetti tedeschi
che costruisce con successo a scala mondiale“, allora le decisioni per una città per la produzione automobilistica internazionale o per
una stazione ferroviaria sono prese dai più rapidi e non dai più riflessivi. Non è semplice
formulare una definizione precisa e comunemente accettabile di “edificio industriale”. Il
Museo d’Architettura Tedesca di Francoforte,
in un’analisi sulle riviste di settore, ha preso in
esame architetture significative individuando
una collocazione cronologica a livello storico
ed architettonico. La definizione data dal Regolamento Edilizio definisce “edifici o parti di
edifici atti alla produzione (produzione, assistenza, riutilizzazione e distribuzione) o allo
stoccaggio di prodotti o merci”. Nell’Enciclopedia “Brockhaus” (1989) la definizione
estende i confini rimanendo legata ad una
formulazione vaga; per edifici industriali, facendo riferimento ad esempio al Lingotto Fiat
di Torino e al Centro Formazione Olivetti di
Stirling a Haslemere, sono da intendersi costruzioni atte ad ospitare attività di produzione
e ricerca insieme ai loro connessi edifici amministrativi e sociali; magazzini, grossi impianti tecnologici come ciminiere, fornaci, torri
d’estrazione, silos e cisterne”.
A lungo la detipologizzazione dell’edilizia industriale con il conseguente processo di neutralizzazione di pianta e forma, insieme alla
destoricizzazione dell’architettura sono stati i
temi centrali della risoluzione dell’angusta relazione fra tipologia industriale e struttura urbana. Nella definizione di “industria”, concettualmente, decade il confine tra attività
artigianali e attività industriali (che includono
montaggio e riparazione). Nikolaus Pevsner
nella “History of Building Types” distingue depositi, mercati coperti ed edifici espositivi dalle fabbriche propriamente definite “come edifici di una certa dimensione in cui si produce
ad elevate quantità, prevalentemente, ma non
necessariamente, con macchinari”. Esemplare in tal senso è il panificio Rischard’s a Monaco di Baviera di Uwe Kiessler, un’architettura industriale pensata per l’urbano.
Pevsner evade dalla propria definizione classificando nel capitolo “Fabbriche” la centrale
con turbine a vapore costruita in stile moresco per le fontane di Sansouci da Ludwig
Persius (1842), allievo di Schinkel, la cui torre,
simile ad un minareto, richiama la torre telescopica di Einstein di Mendelsohn definita da
Adolf Behne nella sua analisi del Movimento
Moderno (1926) come “officina con le qualità
del monumento storico”. Al quesito sull’opportunità o meno sull’uso di definizioni logore,
e quindi inapplicabili, di fabbrica in relazione
alla ridistribuzione del lavoro si aggiunge
l’inadeguata analisi della tipologia industriale
secondo criteri puramente estetici. Nel catalogo della mostra berlinese “L’arte utile”
(1981), Roland Günter sostiene che la scienza dell’arte e dell’architettura deve imparare a
comprendere i fenomeni di questo mondo
nella loro complessità, invece di ridurli ad un
susseguirsi monotono di facciate come in una
sequenza figurativa. Questo ha permesso all’architettura delle fabbriche di riflettere la sto-
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ria economica, invece di seguire una classificazione stilistica priva di contenuti; ma
l’architetto che in veste di coautore sembra
essere predestinato a partecipare alla progettazione degli sviluppi futuri, affida il 40% di
tutte le superfici costruttive preferibilmente a
ricercatori, brand designer ed altri così detti
“esperti “. Dall’altro lato, questo complesso lavoro di progettazione non è nemmeno sottoposto ad un’analisi globale, ma rimane un engagement personale limitato a singoli casi e
battaglie misurabili solo secondo una scala di
valutazione estetica. In Germania, tra le rare
eccezioni, annoveriamo la strategia progettuale degli architetti di Colonia Gatermann +
Schossig sensibile agli sviluppi a lungo termine ed al contesto urbano e le realizzazioni di
Carsten Roht di Amburgo che hanno contribuito a restituire la complessità spaziale urbanistica ed architettonica di edifici industriali e
di aree di attività manufatturiera. Al dilemma
della separazione fra architettura, industria e
città corrisponde un’esigua letteratura avente
come oggetto gli edifici industriali.
L’“Architettura industriale”, catalogo pubblicato (e riproposto in una IV edizione nel 1994)
da Kurt Ackermann (1984), rappresenta un’irrinunciabile opera che amplia il panorama
storico ed estetico di analisi dalle prospettive
inevitabilmente legate al passato. Con tutto il
rispetto dovuto all’ideologia della trattazione,
si documenta il silenzio dei professionisti, “la
cui responsabilità sociale ed ecologica sembra non essere proporzionata all’ignoranza
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che si esprime nei confronti delle sfide sociali
ed ecologiche”,come scrisse il “Frankfurt
Rundschau” in occasione del 100° anniversario dalla fondazione dell’Istituto Professionale
degli Architetti. La necessaria analisi scientifica del complesso lavoro di progettazione che
Christoher Alexander presentò 40 anni fa con
il titolo “Notes on the Synthesis of Form”, è attualmente alla sua XVII°esima edizione, ma
non sembra essersi riflessa sulle realizzazioni
di architettura industriale. All’epoca, la Commissione Edilizia di Monaco di Baviera esortò,
talvolta con toni eroici, a rifiutare le concessioni edilizie ad investitori che presentavano
progetti di “ignobile bruttura”. Tale esortazione fu ignorata, mentre le autorità locali, come
sottolineava Meinhard von Gerkan nel 1995,
interessate unicamente all’aspetto finanziario,
provocarono il degrado di ampie aree delle
loro città. “Talvolta si ha l’impressione di vivere in una società prevalentemente di individui
che abitano, risiedono ma non lavorano”,
scrisse Kurt Ackermann, sostenendo che le
fabbriche -e non solo quelle abbandonate, riprogettate come centri per la cultura e la gioventù o requisite per le associazioni cittadinesono parte integrabile dello spazio abitabile.
Fu dunque inadeguato sottolineare il fatto durante il 100° anniversario dalla fondazione
dell’Associazione Nazionale degli Architetti
Tedeschi (BDA) con una rassegna di progetti
storici, a partire dalla fabbrica di turbine AEG
per concludersi con il granaio intelligentemente convertito dagli architetti Brücker &
Brücker in un museo piacevole esteticamente? Nel 1996 Helmut C.Schulitz ammonì gli architetti ‘esteti’ a non trascurare l’aspetto tecnico degli edifici, e in particolare, i nuovi
concetti di contenuto e di spazio per non correre il rischio di perdere terreno nella corsa
allo sviluppo industriale riducendosi così ad
assegnatari del banale ruolo di decoratori
d’involucri.
Per Kenneth Frampton l’architettura non è
“tecnica, tantomeno arte”. Molte industrie sono localizzate nel tessuto urbano senza relazionarsi con la città e suoi abitanti; una fabbrica, oltre a creare posti di lavoro e a
consentire la produzione, può contribuire a
definire il carattere di una città risolvendo
questioni locali o creando mezzi per la comprensione globale della “cultura urbana”; può
portare un contributo all’immagine della città,
rappresentare lo spazio urbano, isolare dal
rumore del traffico in modo molto più economico di una barriera acustica monofunzionale. Disponendo in modo adeguato i corpi di
fabbrica e la vegetazione si può influenzare
positivamente il clima urbano; sull’ampia superficie della copertura si può accumulare
energia solare e durante il fine settimana mettere a disposizione ampi parcheggi per manifestazioni all’aperto. L’architettura industriale
urbana, in molti casi, se realizzata in modo intelligente, rappresenta l’ultima occasione per
ricucire ed integrare la trama urbana. In occasione della presentazione dell’IBA nel
1978, il Senato di Berlino confermò il concetto
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accennato negli anni ’60, per cui “l’unica soluzione alla concentrazione urbana, in riferimento all’addensamento, al deterioramento
ambientale, ai caotici flussi di traffico, al consumo di massa, era la separazione delle funzioni”. Si perdette così il concetto di connessione e di pluralità.
Il convivere di funzioni industriali e residenziali, in pieno accordo con i ritmi di vita della città, fa sì che le infrastrutture della zona residenziale arricchiscano gli spazi del lavoro.
Entrambe le funzioni sfruttano, infatti, i medesimi impianti di approvvigionamento. Nel
1965, Alexander Mitscherlich fu il primo a riprendere apertamente gli argomenti della
Carta di Atene (1943), ponendo il quesito: “Se
le aree di produzione, commerciali, di svago
e residenziali rimangono rigorosamente separate, come si può conservare l’unità della vita
urbana?” In tal modo sono soddisfatte esigenze locali individuali indipendentemente da
un concetto di globalità. E’ più facile che il relazionarsi dell’architettura industriale con la vita urbana porti la soluzione dei problemi che
non ne sia la causa di altri. Grazie a tecnologie più pulite e compatte, il panorama produttivo ha le premesse per procedere ad un ripensamento. Anche città con un particolare
grado di attenzione verso l’architettura come
Amburgo hanno dimostrato riguardo a questo
tema un comportamento anacronistico, come
dimostra il recente ampliamento della sede
del marchio Tobias Grau. Nonostante per anni l’azienda sia stata impegnata nella ricerca
di una localizzazione urbana, Bothe Richter
Teherani sono stati alla fine costretti a nascondere lo spettacolare volume dell’architettura –anche se l’intervento non era motivo di
disturbo- alle spalle di un terrapieno in
un’area industriale di Rellingen (1998/2001).
L’intera essenza della città, intesa come fenomeno collettivo rappresentativo della storia
umana, è messa in discussione da tali limitazione. Aziende come la Volkswagen o la Siemens si servono della metafora urbana per
mettere in relazione le società di clienti o per
governare, con la “rinascita della Polis” ,“l’immagine della città come modello”. Xenia made by Siemens, la “cittadella del futuro” miniaturizzata da Helmut Volkmann nel 1997,
“l’atelier dell’innovazione”, è localizzata a Monaco di Baviera nel quartiere di Neuperlach,
ma sarebbe stato meglio elevarla ad un maggior grado di integrazione urbana. Il progetto
Xenia è stato concepito per esplorare le questioni del nostro tempo sullo scambio fra tecnica e cultura, fra città del lavoro e città del
sapere. E rigenerare la società offre i migliori
presupposti per raggiungere questo obiettivo.
Cento anni fa il compositore Maurice Ravel
guardava con stupore la ferriera nel nord di
Duisburg, descrivendo cattedrali incandescenti in una meravigliosa sinfonia di fischi e
colpi di martello; oggi, risulta più difficile suscitare entusiasmo con la visione delle attuali
“cattedrali del lavoro” e del “Corporate Identity”. In realtà, è strano che la definizione di
cultura industriale faccia riferimento solo a
delle esperienze storiche passate non com-
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prendendone il significato del futuro potenziale per l’architettura moderna. In Germania,
“cultura industriale” è sinonimo di “archeologia industriale” in riferimento alla storia della
civiltà dell’era industriale: alla storia della tecnica e dello sviluppo del processo industriale,
a quella sociale del lavoro, a quella dell’architettura delle fabbriche e della città industriale.
Le principali tappe turistiche industriali sono
le memorie del passato conservate nei “musei dell’industria” e gli impianti industriali; ad
esempio, Lowell, Massachussetts/USA, l’ex
cittadella tessile con 70.000 abitanti è stata
dichiarata Parco Nazionale. Il corrispondente
esempio in Germania potrebbero essere i
percorsi della cultura industriale a Saarland e
nella regione della Ruhr, dichiarati patrimonio
mondiale dell’UNESCO. Il nostro amore per il
passato e la nostra visione pessimistica della
cultura è indelebile. In Germania, a differenza
della Svizzera, la conservazione dei monumenti storici non è considerata un ostacolo allo sviluppo; ma l’immenso volume storico industriale di 500.000 metri quadri della
Siemens a Berlino funge veramente da catalizzatore per la reinterpretazione della città
del lavoro? Una stazione di trasformazione diventa un museo del design, una fabbrica di
auto con pista di rodaggio sulla copertura diventa una pinacoteca, un centro fieristico un
hotel, una scuola superiore e un palazzo
commerciale, i gasometri diventano residenze. L’architettura esistente si monumentalizza
offuscando all’industria lo sguardo verso il
progresso e il futuro, mentre certe prese di
posizione risultano sempre più ardue. “La storia è una banalità” dichiarava Henry Ford; e
grazie al suo moderno concetto di “service”
costruì in Unione Sovietica un’autostrada che
divenne simbolo di libertà e, con l’aiuto di Albert Kahn, applicò la sua ideologia all’architettura. Un simile progresso è ipotizzabile anche per l’industria moderna se cercherà di
integrarsi in una dinamica città europea aperta alla sperimentazione e non limitata a tentativi di musealizzazione.
“Più qualità di vita attraverso la rinascita della
Polis” dice la Siemens. E gli architetti?
L’autore lavora come critico d’architettura e autore di
libri per riviste e editori internazionali d’architettura.
Molte sono le pubblicazioni da lui realizzate sul tema
edifici industriali. www.klausdieterweiss.de
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Grande magazzino a Birmingham
Visibile da lontano sullo skyline della città, il
nuovo grande magazzino progettato da Future Systems è un simbolo della rinascita della
città industriale di Birmingham. L’involucro
plasmato tridimensionalmente è caratterizzato
da pronunciate “rotondità” e si spinge fino ad
integrare la copertura. Scandole d’alluminio
anodizzato lucidate, con diametro di 600 mm,
conferiscono compattezza ed omogeneità alla superficie che riflette la vicina chiesa e reagisce alle condizioni climatiche. La struttura
portante dell’edificio è in acciaio, i solai si
stringono introno ad un atrio centrale illumina-
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to dall’alto attorno al quale si stende la pelle
dalla forma organica saliente in rete d’acciaio
spruzzata con calcestruzzo, esternamente
coibentata e rivestita da uno strato di calcestruzzo idrorepellente colorato in pasta blu.
www.future-systems.com
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Intervento di sopralzo a Vienna
Un architetto che desiderava ristrutturare un
piano mansardato come propria abitazione,
dopo una lunga ma inutile ricerca, è approdato all’idea di affittare una terrazza per costruirvi un sopralzo. Edificato in ottemperanza ai Regolamenti e coerentemente alla
posizione in un tessuto urbano centrale ad
elevata densità, il volume è caratterizzato da
rampe che connettono i diversi livelli e che
trovano riscontro formale negli arredi e nei
soffitti. L’insolita ampiezza delle luci e la rinuncia ai pilastri in corrispondenza delle sottili aperture a taglio nell’involucro conferiscono un’ampiezza che non ci si aspetta in un
ambiente alto 2,40 metri nella parte centrale.
Nel soggiorno la facciata può scorrere,
aprendo lo spazio verso la piscina e il terrazzo da cui parte una scala che porta alla
terrazza con vista sulla città.
Pianta, scala 1:400
1 Terrazza; 2 Appartamento; 3 Piscina; 4 Cottura; 5
Camera bambini; 6 Camera da letto
www.deluganmeissl.de
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Architetture tipicamente industriali?
Andreas Kopp, Herwig Rott,
Daniel Rozynski
Più di qualsiasi altro incarico di progettazione, costruire per l’industria presuppone
l’analisi di un numero sempre variabile di
funzioni e la considerazione di un’inarrestabile evoluzione. Non è semplice dare una
definizione di “architettura industriale”. Sostanzialmente si tratta di edifici per la produzione a servizio diretto o mediato della produzione di manufatti con mezzi meccanici.
Accanto all’edificio industriale vero e proprio
che assolve i processi produttivi insieme alla
preparazione, alla commissione e all’imballaggio, ci sono gli insediamenti secondari
per la produzione di energia o di calore, per
il deposito di materie prime e di prodotti finiti, per l’amministrazione e la distribuzione. A
metà del XVIII secolo, agli albori della Rivoluzione Industriale, in concomitanza alla
conversione dalla produzione artigianale a
quella a macchina, si sviluppò un tipo di architettura industriale monolitica, spesso con
ampi ambienti distribuiti su più livelli attorno
ad un nucleo centrale che accoglieva il generatore di energia. L’introduzione di sistemi
edilizi intelligenti fu resa possibile dall’uso di
un materiale di nuova concezione come la
ghisa che oltre a velocizzare il processo di
montaggio dello scheletro funzionale per-
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metteva luci più ampie di copertura ed una
migliore resistenza al fuoco. La vicinanza ai
corsi d’acqua rappresentava una caratteristica fondamentale come mezzo di trasporto
per materie prime e per merci finite, come risorsa stessa di determinati processi produttivi e come immediato sistema di smaltimento dei rifiuti. A partire dalla metà del XIX°
secolo si conclude tale fase detta del “Capitalismo di Manchester”; in ottemperanza ai
Regolamenti d’Igiene inerenti le emissioni,
gli impianti industriali furono disposti nella
parte orientale delle città e quindi in maniera
tale da contrastare la direzione sfavorevole
dei fumi . La trasmissione di energia elettrica
o della forza idraulica, e la decentralizzazione dei generatori consentirono una diversificazione in plessi di sale macchine, capannoni e depositi. L’introduzione di volumi
edilizi ad un unico livello caratterizzati da luci maggiori si rese necessaria visti il numero
e il carico di merce da produrre (–locomotive o turbine-); gli insediamenti industriali sviluppati in elevazione divennero obsoleti. A
partire dalla metà degli anni ’20, l’industria
pesante fu integrata, e successivamente sostituita, da processi produttivi che richiedevano meno spazio e provocavano emissioni
meno nocive. Possibilità di ampliamento e
flessibilità diventarono nel tempo variabili
sempre più importanti. La produzione “just in
time” rendeva possibile il trasferimento dei
depositi lungo le arterie pubbliche e permette all’industria di tornare ad integrarsi al tessuto cittadino: vivere ed abitare si concentrano nuovamente in un insieme unitario che
riduce la necessità di superfici.
Oggi, i parametri generali dell’edilizia industriale si sono ampiamente trasformati. La
conversione dei processi lavorativi, le unità
di produzione in rete, lo snellimento dell’organico, il ridursi dei tempi di sviluppo, il moltiplicarsi dei prodotti e delle nuove tecniche
di stoccaggio oltre ad una chiara identità industriale, condizionano la produzione nei
paesi industrializzati che, per rimanere competitivi, non possono che aumentare la flessibilità e l’automazione. Il mondo dei prodotti
si basa oggi sul know-how tecnico, sull’innovazione e su una manodopera altamente
specializzata. Accanto alle vecchie infrastrutture, hanno un ruolo centrale le componenti sociali come le richieste del mercato
del lavoro e i bisogni dei lavoratori. Per questo, oggi, nella progettazione è necessario
prevedere ambienti di lavoro a misura d’uomo, spazi collettivi capaci di regalare emozioni, ambienti di servizio salubri e spazi di
efficace comunicatività. Un ottimo esempio
di questa tendenza sono le tensostrutture
che Frei Otto ha realizzato nel 1987 per ampliare l’officina di produzione di Wilkahn a
Bad Münder. La trasformazione del lavoro di
fabbrica in servizi e la conversione dell’industria pesante in leggera hanno offerto la
possibilità di intrecciare nuovamente le attività civili con quelle industriali. Una separazione spaziale, attualmente, non è più strettamente necessaria. Conversione,
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riorganizzazione e retrospettività sono oggi
tra i temi principali per l’edilizia industriale in
Europa centrale. Le tecnologie intelligenti e
le strategie di progettazione durevoli sono
alla base di una produzione priva di emissioni e in armonia con lo sviluppo più di
quanto lo siano l’elevata tecnologizzazione e
automazione. L’aspetto formale poi della costruzione è importante quanto la cura dello
sviluppo dei prodotti stessi. Assumere le responsabilità per la città e i suoi abitanti significa integrare la tecnica e l’architettura industriale, e di conseguenza risvegliare un
comune senso civico nella coscienza dei singoli.
Tipologia industriale.
Oggi, nonostante la varietà di aspetti e il dinamismo propri del settore, accanto alle prestazioni funzionali interne e ai fattori di influenza
esterni (accessibilità, infrastrutture, dimensioni
dei terreni edificabili, topografia), si tende a
considerare in maniera crescente come criterio progettuale dell’edilizia industriale le esigenze legate a ridotti intervalli di tempo di
progettazione da un lato e a più brevi cicli innovativi dall’altro, in nome di una maggiore
flessibilità d’uso. Al fine di ottenere un’integrazione funzionale, un insediamento industriale
deve soddisfare anche specifici requisiti strutturali e tecnici; deve cioè avere un’adeguata
struttura portante correlata con un sistema organizzativo individuato; in fase di progettazione deve essere valutata l’altezza interna degli
ambienti, l’interasse dei pilastri e il carico dei
solai, oltre all’illuminazione naturale ed artificiale; un edificio industriale di moderna concezione dovrà poi avere impianti integrati
(energia, emissione-immissione, ecc.) ed essere realizzato in ottemperanza ai Regolamenti regionali e locali (ad es. quelli antincendio). Un edificio industriale può essere
analizzato in base all’organizzazione funzionale o in base al tipo di struttura adottata, anche
se il criterio di base è la forma secondo la
quale l’edificio si può distinguere in due tipi:
additivo, in cui le diverse unità funzionali sono
connesse da un sistema di collegamento -*
additivo lineare: dorsale, a pettine, frontale; o
* additivo piano: a reticolo, ad anello, ad agglomerato- e integrativo, in cui tutte le funzioni
sono concentrate in un unico spazio contenitore che permette un vantaggioso risparmio di
superfici di distribuzione a danno di una ridotta flessibilità -* integrativo cioè a box. La fabbrica di semiconduttori di Richard Rogers a
Newport Southwales, esempio di tipologia lineare dorsale, dispone due volumi paralleli
simmetricamente rispetto ad un asse lineare
di comunicazione e di approvvigionamento
che funge anche da strada interna e da spazio di mediazione per i lavoratori; la struttura
risulta ampliabile su entrambi i lati. Una classica tipologia a pettine è stata adottata dalla
struttura ramificata progettata da Günter Behnisch per la Leyboldt nella quale le estensioni
delle aree di produzione sono collegate attraverso un corridoio di distribuzione centrale
con un’ala di uffici semicircolare disposta su
tre piani. Nella fabbrica a Ditzinger si è pen-
sato ad una tipologia a doppio pettine. L’edificio progettato da Benthem Crouwel a Opmeer raccoglie sotto un’unica struttura portante
un edificio di testa in linea con la tipologia
frontale multipiano (uffici amministrativi e presentazione) e un capannone per la produzione distribuito su un livello. Nella fabbrica di
mobili di Richard Horden nei pressi di Londra
la struttura di testa con uffici, aree espositive e
strutture sociali è integrata nel complesso. Le
fasi produttive, dalla preparazione alla consegna, si susseguono linearmente nella parte
terminale posteriore dell’insediamento. L’edificio rappresenta una vera e propria architettura industriale: una struttura costruttiva e funzionale chiara caratterizzata da semplici
materiali e mezzi. Norman Foster nel capannone centrale progettato a Swindon per Renault lascia che le superfici per i depositi, la
vendita, l’amministrazione e la formazione si
espandano linearmente senza interferire nell’attuale contesto funzionale. Il sistema costruttivo Maxi di Fritz Haller offre, in presenza
del medesimo impianto sistematico della
pianta, ulteriori vantaggi nell’allestimento e
nella flessibilità d’ampliamento con l’ausilio
della sua struttura prefabbricata. La fabbrica
per componenti elettrici nei pressi di Warschau si basa su ripetitive campiture modulari: gli architetti dello studio Kurylowicz hanno
ripartito l’impianto generale in quattro quadrati
(produzione con impianti, deposito e consegne), la cui flessibilità di ampliamento viene limitata dalla disposizione degli uffici. Nell’area
di montaggio di Volvo a Kalmar, in occasione
della ristrutturazione che ha visto il passaggio
dalla produzione a catena a quella di squadra
– questione molto discussa nel settore- ha organizzato i settori produttivi in modo anulare
per creare un’area infrastrutturale centrale. La
geometria esagonale offre, in tal caso, molteplici possibilità d’ampliamento con un limitato
intervento nella sostanza del volume esistente. La centrale elettrica a carbone Enso Gutzeit dell’architetto Gullichsen Kairamo Vomala
mostra un impianto detto a tipologia agglomerata che si è sviluppato negli anni in maniera
irregolare seguendo le progressive esigenze
delle tecniche processuali. Nell’agglomerato
industriale di Louis Vuitton disegnato da Jean
Marc Sandrolini per la lavorazione del cuoio si
riconoscono le aree e i volumi funzionali grazie alla differenziazione strutturale e formale.
Come esempio di impianto integrativo a box
si possono citare la centrale d’imbottigliamento della birreria Greene King e gli edifici industriali e amministrativi a Struer dello studio danese KHR AS che riuniscono tutte le aree
funzionali principali sotto un’unica struttura; le
funzioni collaterali sono disposte, nel primo
caso, in uno spazio ricavato come volume nel
volume, nel secondo caso in una stecca disposta su più piani sul lato lungo. L’impianto a
box è decisamente più complesso nel Centro
Ricerche e Sviluppo di Meiningen ideato da
Kaufmann Thelig & Partner e distribuito su
due livelli. Al di sopra degli spazi per la produzione, disposta a piano terra, sono state distribuite le gallerie con le aree per i dipendenti
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e gli uffici. L’edificio, costruito con elementi
modulari in acciaio, può essere smontato su
entrambi i lati lunghi. Naturalmente al di là di
queste categorie tipologiche esistono innumerevoli esempi di sistemi eterogenei: nel centro
logistico a Röbel di Carsten Roth, il passaggio
nello spazio esterno crea una specie di dorsale cui su un lato si aggrega il magazzino verticale e sull’altro il capannone per l’imballaggio
e la distribuzione. Anche per l’edificio produttivo progettato ad Amerang da Bottler & Lutz,
costituito da due padiglioni comunicanti e disposti parallelamente, risulta difficile una tipizzazione. Dal punto di vista funzionale è un
box: nel nucleo centrale si riuniscono piccoli
laboratori, uffici ed aree pausa illuminate da
un lucernario. Il processo produttivo è disposto invece in una struttura anulare. Uno sviluppo interessante è rappresentato dalla distribuzione delle funzioni in vista del requisito di
flessibilità in aree statiche (servizi sociali, amministrazione, produzione centrale) disposte
in una spina ed aree dinamiche (prefabbricazione, consegne) disposte radialmente rispetto al sistema centrale. Nella produzione modulare della Skoda di Gunter Henn a Mlada
Boleslav, la linea di produzione è formata da
una dorsale o “spina” curva cui esternamente
si accostano le aree della finitura, mentre al
centro si raggruppano le aree ufficio e quelle
dei servizi sociali. Questa tipologia offre la
massima flessibilità ad un sistema in continua
evoluzione. E’ chiaro, dunque, quanto possa
diventare indispensabile l’architetto nel sempre più complesso processo di progettazione
di edifici industriali; accanto al ruolo di ideatore formale deve assumere la funzione soprattutto di mediatore nel contesto di un lavoro in
team con tecnici e responsabili della logistica
e dei processi aziendali; ciò al fine di restituire
all’edilizia industriale un significato culturale.
Schemi planimetrici, scala 1:3000
Ingresso principale/Ingresso dipendenti/Consegne/
Possibilità di ampliamento/Amministrazione/aree di
distribuzione/superfici produzione/reticolao portante
Gli autori sono assistenti presso l’Istituto di Architettura e costruzione industriale presso il Politecnico di
Braunschweig
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Fabbrica nei pressi di Varsavia, Polonia
In Polonia, alla maggior parte delle industrie
postcomuniste fallite negli ultimi decenni sono subentrate negli anni ’90 aziende europee. Dopo un periodo economico problematico, caratterizzato da un aumento dei costi
di produzione e di conseguenza dall’allontanamento delle industrie straniere, recentemente, la nascita di investitori nazionali e il
subentrare di multinazionali hanno di nuovo
mutato lo scenario soprattutto dal punto di
vista architettonico; oggi, sempre di più, ci si
affida a progettisti polacchi. L’edificio industriale progettato per una ditta danese insediatasi dieci anni fa è stato realizzato con
una struttura regolare d’acciaio che crea
una pianta quadrata ripartita a sua volta in
quattro quadrati più piccoli, tre dei quali
ospitano la produzione, nel quarto sono invece alloggiati gli uffici, la mensa, gli spogliatoi e anche una corte interna che funge
da spazio ricreativo. Nella facciata d’alluminio si riprende il motivo dei quadrati: nella
parte inferiore si alternano superfici di vetro
quadrate traslucide a sottili finestre.
Planimetria generale, scala 1:5000
1 Pianta, sezione, scala 1:750
1 Ingresso principale; 2 Ingresso personale; 3 Reception; 4 Produzione; 5 Consegne; 6 Impianti; 7 Deposito; 8 Uffici; 9 Mensa; 10 Cucina; 11 Spogliatoio; 12
Corte interna
Pagina 940
Fabbrica di mobili a Princes Risborough
L’edificio industriale, ad un piano, si inserisce nell’intorno con discrezione grazie alla
sobrietà delle forme. La struttura bianca
d’acciaio si dissolve tra gli alberi; i capannoni della produzione accolgono numerose
funzioni: uno spazio espositivo per i visitatori, uffici e una mensa con terrazza. Dal fronte
completamente vetrato dello stabilimento di
produzione, la vista spazia sul paesaggio
ricco di aree boschive. Per motivi economici, per le parti opache della facciata sono
state impiegate lamiere d’acciaio. Data la vicinanza ad aree a destinazione residenziale,
sia la copertura che le pareti sono state coibentate con pannelli fonoassorbenti per il
contenimento dell’inquinamento acustico.
Planimetria generale, scala 1:5000
Sezioni, pianta, scala 1:1000
1 Ingresso principale; 2 Ingresso personale; 3 Produzione; 4 Consegne; 5 Deposito; 6 Uffici; 7 Mensa; 8
Terrazza; 9 Sala esposizioni; 10 Volume attrezzistica;
11 Impianti; 12 Carpenteria; 13 Ambienti accessori
Pagina 942
Edifici per uffici e fabbrica a Struer,
Danimarca
L’edificio, primo volume di un grande impianto di produzione dove si sviluppano e si
producono attrezzature con elevati requisisti
igienici, avrebbe dovuto trasmettere discrezione ma anche trasparenza. Percorso un
angusto foyer di grande altezza, il visitatore
approda mediante una scala ad una rampa
al primo piano, mentre i dipendenti della
produzione, prima di raggiungere il posto di
lavoro, attraversano una barriera al piano interrato. Nei due livelli superiori, caratterizzati
Il fascino degli involucri
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6
Testo in italiano
da ampie finestre, si trovano le funzioni prive
di restrittivi regolamenti d’igiene (uffici, sviluppo produzione, ecc). Copertura e solai
sono composti di travi di calcestruzzo a
doppia T e da solai nervati. La facciata con
sottili finestre a nastro è rivestita con lastre
di fibrocemento grigio graffite.
Planimetria generale, scala 1:5000
Sezioni, piante, piano 2°, P.T., P.I., scala 1:750
1 Ingresso principale; 2 Produzione; 3 Consegne; 4
Mensa; 5 Cucina; 6 Amministrazione; 7 Sviluppo; 8
Sala riunioni;
9 Sala fotocopie e guardaroba; 10 Camera ad atmosfera pura; 11 Spogliatoi; 12 Officina; 13 Laboratorio;
14 Accessori meccanici; 15 Deposito
Pagina 944
Centro ricerca e sviluppo a Meiningen
Le ampie coperture a shed conferiscono
un’intensa caratterizzazione al volume oltre
a reinterpretare il tema della luce, simbolico
per un’azienda di telecomunicazione che lavora con segnali luminosi. Gli shed lasciano
filtrare in tutti i reparti luce diffusa da nord e
fasci di luce da sud. Un sistema di riflessione sul lato inferiore degli shed consente di
guidare la luce attraverso le pareti divisorie
vetrate negli uffici.
Planimetria generale, scala 1:5000
Sezioni, piano terra, scala 1:1000
1 Produzione e sviluppo; 2 Deposito; 3 Impianti;
4 Personale; 5 Vendita; 6 Officina; 7 Consegne
Pagina 946
Edificio per la produzione ad Amerang
Inserito nell’idilliaco paesaggio naturale in
Baviera, l’impianto del complesso industriale
è diviso da un torrente: sulla sponda ovest,
due stecche con uffici sono collegate mediante un ponte agli edifici della produzione
con scheletro strutturale di calcestruzzo armato collocati sulla sponda est. Un edificio
intermedio con copertura verde unisce i due
stabilimenti di produzione creando una corte. Intorno a questa si raggruppano volumi a
due piani nei quali sono disposti i laboratori,
gli ambienti di ricreazione ed gli uffici. Per
mantenere costante la temperatura e l’umidità dell’aria, caratteristiche richieste per la
sensibilità dei processi di collaudo, nella
produzione si sono adottati solai con nucleo
termoattivo.
Planimetria generale, scala 1:5000
Pianta, sezioni, scala 1:1000
1 Corridoio di distribuzione; 2 Ingresso visitatori;
3 Ingresso dipendenti; 4 Spogliatoio; 5 Corte interna;
6 Ambiente di ricreazione; 7 Officina; 8 Consegne;
9 Imballaggio; 10 Deposito verticale; 11Produzione;
12 Cabine collaudi finali
Pagina 948
Fabbrica laser e centro logistico a
Ditzingen
A causa del limitato spazio a disposizione
nell’area d’intervento, i due capannoni del
nuovo lotto sono stati insediati sul lato oppo-
2003 ¥ 9 ∂
sto di una strada regionale ad alto traffico e
connessi con gli edifici preesistenti mediante un passaggio ipogeo illuminato da lucernari. Esternamente, la copertura conferisce
un’immagine di grande impatto ai capannoni
mettendo in relazione la struttura e il paesaggio circostante di prati e campi. L’altezza degli ambienti e la maglia strutturale dei
pilastri si adattano al tracciato delle vie di
corsa delle gru. L’ala degli uffici amministrativi, che dal punto di vista urbanistico
costituisce un elemento di testa ad un crocevia, è connessa allo stabilimento di
produzione mediante un vuoto disposto
su più piani.
io composta di pilastri a V e travi reticolari.
Le travi sono flesse longitudinalmente in
modo tale da lasciar spazio all’integrazione
di lucernari.
Planimetria generale, scala 1:5000
Sezione, pianta, scala 1:1000
1 Ingresso principale; 2 Foyer; 3 Ingresso personale;
4 Uffici; 5 Produzione; 6 Ambiente di distribuzione;
7 Logistica; 8 Consegne; 9 Tunnel di collegamento;
10 Caffetteria
Il percorso dell’idea attraverso l’analisi
(pg. 958)
Pagina 950
Centro logistico a Röbel
Già nel 1999 l’architetto Carsten Roth aveva
integrato il grande impianto industriale di
CD con un edificio destinato alla grafica ed
uno destinato al “service”. Attualmente è
stato realizzato un centro logistico e l’impianto è stato riorganizzato con un nuovo
progetto urbanistico che prevede un nuovo
asse di connessione principale. Al piano superiore, un passaggio esterno divide il corpo di fabbrica in un deposito verticale e in
un’area logistica per l’imballaggio e la distribuzione creando una cesura che rende leggibili anche dall’esterno le unità funzionali
senza disturbare il ciclo produttivo che si
svolge al piano terra. Il centro logistico è
stato completamente costruito in elementi di
c.a. prefabbricati. Il rivestimento della facciata in lamiera d’alluminio antracite trae riferimenti dalla facciata d’alluminio traforata
degli edifici adiacenti. Ampie vetrate –in
parte opache in parte trasparenti- lasciano
spaziare discretamente la vista sugli ambienti
interni.
Planimetria generale, scala 1:5000
Sezioni piano primo, piano terra, scala 1:1000
1 Ingresso principale; 2 Reception; 3 Commesse;
4 Imballaggio; 5 Deposito; 6 Deposito verticale;
7 Uscita merci
Pagina 952
Fabbrica lavorazione cuoio a Condé
L’azienda francese Louis Vuitton non attribuisce valore solo al design dei suoi prodotti, ma anche alle architetture dei suoi negozi e delle sue fabbriche. La nuova
fabbrica per la produzione di articoli in cuoio si inserisce in un paesaggio collinoso con
la copertura che appare come una linea sul
paesaggio. Lo stabilimento è composto di
due volumi di differente altezza in cui sono
disposti anche uffici e ambienti accessori.
Elemento principale del progetto è l’ampio
capannone industriale con struttura d’accia-
Planimetria generale, scala 1:5000
Pianta, sezioni, scala 1:1000
1 Ingresso principale; 2 Reception; 3 Produzione;
4 Consegne; 5 Deposito; 6 Uffici; 7 Ambiente di ricreazione; 8 Ristorante; 9 Terrazza; 10 Corte interna;
11 Spazi accessori
Pagina 956
Edificio di produzione a Radevormwald
Ingenhoven Overdiek Architekten,
Düsseldorf
Christoph Ingenhoven, titolare dello studio
L’incarico ha rappresentato per noi un’occasione per progettare un edificio industriale
ottimizzato non soltanto dal punto di vista
costruttivo e tecnico-produttivo. Ambivamo a
sviluppare un nuovo tipo edilizio che annullasse le tradizionali differenze tra i posti di
lavoro dei vari settori e quelli degli uffici.
Scopo del progetto era integrare i processi
lavorativi in una struttura flessibile, articolata
ed ottimizzata energicamente, creare un ciclo di lavoro migliore e più pulito oltre a contribuire ad incrementare la soddisfazione dei
dipendenti attraverso un’elevata qualità formale. Tutti traggono vantaggio da quello
che abbiamo chiamato “new work spirit”,
dalla qualità dell’ambiente lavoro luminoso e
aperto su un ambiente esterno naturale. Abbiamo sviluppato un concetto energetico subordinato ai prodromi del progetto che si
basa sul potenziale di recupero del calore
interno in particolare dalla produzione di
plastica. Presupposto per la realizzazione
dell’idea era un’analisi riassuntiva degli edifici precedenti e dei processi di produzione
che ha dimostrato l’idoneità funzionale dell’intorno e della sostanza del padiglione
d’acciaio degli anni ’60 costruito nella corte
interna. Anche se il piano d’ampliamento era
esteso a tutti i settori dell’azienda, si valutò
di necessità primaria l’intervento per la nuova funzione “produzione frattale”. Per consegnare velocemente i prodotti assemblati just
in time, l’azienda assegnò le responsabilità
per la gamma di prodotti a 8 singoli gruppi
di lavoro, i così detti “frattali” che si occupano del prodotto dall’ordine all’imballaggio.
Dato che nel processo produttivo i frattali
rappresentavano l’ultima fase prima della
spedizione, nel nostro primo progetto considerammo di posizionare un corpo di fabbrica che potesse assolvere queste funzioni in
relazione diretta con il settore spedizioni. In
collaborazione con l’Istituto Fraunhofer (vd.
pag. 960) e in considerazione dei flussi di
materiale, furono prese in esame differenti
possibilità di localizzazione e di disposizione
del volume; si decise di optare per un edificio che si realizzabile senza una parziale
demolizione delle superfici esistenti della
∂ 2003 ¥ 9
produzione in modo da garantire continuità
al ciclo produttivo. Al termine dei lavori di
costruzione e di ristrutturazione, le funzioni
produttive primarie che si erano nel frattempo installate negli edifici di nuova costruzione, hanno potuto essere trasferite e le superfici liberate, successivamente risanate e
riorganizzate. In seguito ad un’esatta analisi
della dimensione delle macchine e delle necessarie superfici di distribuzione e di deposito fu sviluppato un layout planimetrico per
le attività legate alla finitura della plastica al
piano terra. Seguì un’analisi generale sulla
dimensione e la disposizione dei corpi di
fabbrica. Fu subito evidente la necessità di
un passaggio a piano terra per la connessione ai settori esistenti della produzione e
di un’apertura del cortile interno per l’approvvigionamento delle diverse unità. Le superfici necessarie sono state distribuite su
tre livelli; nel layout planimetrico –stilato prima in forma schematica- sono state posizionate le unità di approvvigionamento, gli spogliatoi e la centrale elettrica; il piano terra è
stato adibito ad accogliere esclusivamente
la produzione di plastica. Al piano primo sono stati distribuiti gli uffici tecnici e commerciali, il controllo materiali e la produzione degli stampi. In corrispondenza degli edifici
esistenti è stato creato un percorso circolare
di connessione per tutti i settori. L’aver fatto
proseguire questo percorso nell’edificio di
nuova costruzione ha determinato l’attuale
ripartizione secondaria a graffa. L’ampliamento dell’edificio potrà essere realizzato in
un secondo momento.
Multifunzionale e orientato al futuro
Punti di vista del committente (pg. 959)
Dirk Giersiepen, amministratore delegato Gira Giersiepen GmbH & Co KG
Inizialmente ci siamo accordati con Christoph Ingenhoven per l’elaborazione di un
piano d’intervento di massima relativo all’area industriale edificabile tenendo conto
dei requisiti di economicità spaziale e delle
esigenze di sviluppo previste per i successivi decenni. Ne risultò una maglia modulare
sulla quale furono disposti quattro edifici a
stecca a due piani su una superficie utile superiore a 20.000 mq. L’azienda necessitava
di superfici multifunzionali di utilizzo e variabili nel tempo per la distribuzione di diversificati processi di produzione. Al piano superiore sono stati collocati anche gli uffici per
le attività di gruppo. Nonostante la difficoltà
iniziale di adattamento dei dipendenti all’open space, è stata riscontrata una generale approvazione per la luce naturale che
inondava gli ambienti di lavoro. Dopo la predisposizione di sistemi antiabbagliamento e
degli impianti di aerazione, il nostro edificio
funzionava alla perfezione. In previsione di
uno sviluppo aziendale orientato in avvenire
al settore della tecnologia plastica, siamo
soddisfatti di poter contare su di un piano
d’intervento flessibile nel tempo ed in grado
di prevedere espansioni successive.
Testo in italiano
Flusso di materiale e cicli produttivi
(pg. 960)
Jürgen Mackowiak, capoprogetto presso Fraunhofer
Institut pre sistemi di flussi materiali a Dortmund
L’Istituto Fraunhofer per il flusso materiali e
la logistica di Monaco di Baviera è stato incaricato di studiare la distribuzione delle
aree funzionali della Gira in base ai criteri
tecnici dei flussi di materiale. Nodo della ricerca logistica era l’analisi di specifiche
aree di produzione nei così detti “frattali”. Di
grande importanza fra le necessità complementari c’era, poi, l’allestimento dei “frattali”
come i tavoli di assemblaggio, gli scaffali e
le aree di disposizione del materiale e le
strutture per le relazioni di distribuzione. Le
varianti di distribuzione tecnica, economica
e quantitativa da considerare erano due: la
prima variante prevedeva di trasferire i “frattali” nell’edificio di nuova costruzione, per
non rendere necessario un trasferimento
delle aree di finitura. Nella seconda variante,
invece, era previsto l’allontanamento dei
“frattali” degli spazi interni con una conseguente estensione del percorso dei flussi di
materiali. Prima di valutare le due varianti fu
fatta un’analisi sistematica dell’allestimento
dei “frattali” in relazione alle tecniche e alle
componenti per il trasporto di beni necessari
(container, materiali di montaggio etc.). Dalla valutazione, in forma di comparazione dei
costi derivante dai bilanci annuali, (investimenti, costi di ristrutturazione e trasferimento di aree di finitura, costi personale) derivò
un’analisi quantitativa e qualitativa del rendimento la cui sintesi condusse alla decisione
di distribuire i “frattali” nel vecchio edificato.
La soluzione comportava costi minimi grazie
a percorsi distributivi meno estesi con un’ottimale risultato generale dell’analisi del rendimento. L’esempio Gira mostra che le
aziende di produzione potrebbero raggiungere un elevato grado di efficienza grazie alla collaborazione già a partire dalle prime fasi decisionali di progettisti, logistici ed
architetti. In questa tipologia il fulcro funzionale è rappresentato da un efficiente flusso
di materiali; il grado di efficienza produttiva
è derivante dal tipo di struttura e dall’ordinamento delle aree funzionali così come dalla
loro integrazione nell’edificio. Perseguire potenziali d’ottimizzazione, con l’aiuto di progettisti della logistica, contribuisce al raggiungimento di soluzioni valide dal punto di
vista economico e formale.
Il processo progettuale (pg. 961)
Ben Diekmann, architetto e capoprogetto Gira presso
lo studio Ingenhoven Overdiek Architekten
Dai riferimenti tratti dall’analisi dell’intorno urbanistico, il nostro studio ha operato una
scelta formale, funzionale ed al contempo
drammatica. L’ottimizzazione statica e costruttiva ha portato poi ad optare per una
tecnologia in calcestruzzo gettato in opera
per il piano interrato e con piano in calcestruzzo a comparti armati per il solaio sopra
7
il piano terra. Una struttura a telai indipendente e rinforzata rispetto ai carichi di compressione, trasmette il peso dell’involucro alle pareti perimetrali del piano interrato.
Originariamente pensammo di realizzare il
telaio costruendo esternamente un sistema
di capriate di lamellare aderenti ad una facciata interna perpendicolare. In seguito ad
indagini che tenevano in considerazione parametri come la resistenza nel tempo e i costi, decidemmo di optare per una struttura
d’acciaio, in cui la facciata fosse spostata
sul filo esterno del telaio così che la forma
dell’edificio venne a caratterizzarsi da lastre
di vetro inclinate. Per favorire il maggior
guadagno di luce naturale possibile, furono
realizzate lastre di vetro curvato per i punti
di connessione fra facciata e copertura; un
manto di lamiera ricopre parzialmente la copertura ad arco allo scopo di convogliare
l’acqua piovana. Proprio lo smaltimento dell’acqua, che sarebbe dovuto avvenire lungo
la facciata, non influenzando l’organizzazione interna dell’edificio e la necessità di un
sistema di protezione solare resistente all’azione del vento della zona collinare hanno
costituito due presupposti vincolanti nella
progettazione esecutiva della facciata. Entrambe le problematiche sono state risolte
con la l’ideazione di una lesena serrata tra i
profili di copertura dell’adiacente elemento
di facciata che impediva il flusso di corrente
laterale del vento sullo schermo solare assicurando allo stesso tempo lo smaltimento
delle acque piovane attraverso un canale di
scolo di sezione rettangolare integrato in
corrispondenza degli assi verticali. I due vani scala disposti fra le stecche coprono
esattamente il minimo della distanza delle
vie di fuga e costituiscono un elemento centrale di connessione tra gli edifici. Anche i
vani scala sono interamente rivestiti in vetro
al fine di smaterializzarne i volumi. Le facciate delle stecche prospicienti la corte sono
setti massicci di calcestruzzo che assolvono
anche la funzione di pareti tagliafuoco e sono rivestite di pannelli d’alluminio. La rampa
della scala sospesa, realizzata in elementi
prefabbricati, poggia su mensole di calcestruzzo gettato in opera coperto dal rivestimento. Dietro le parti chiuse in muratura si
trovano vani verticali che, rivestiti di pannelli
in legno laminati, accolgono distributori automatici di bibite, guardaroba, scaffalature
per l’archiviazione, oltre agli indispensabili
impianti antincendio. Per quanto riguarda la
disposizione degli uffici, il layout lineare proposto inizialmente è stato completamente
modificato in seguito alle decisioni prese di
comune accordo con i capireparto a vantaggio di un unico ambiente di lavoro dalla forma più compatta. In collaborazione con un
consulente cromatico sono state scelte cinque tonalità di grigi neutri appartenenti alla
medesima scala cromatica e compresi fra il
bianco e il colore cemento. Tutti gli apparati
mobili come le vie di corsa delle gru e gli
elementi di seduta furono progettati in giallo.
Nell’area produzione questo colore rappre-
8
Testo in italiano
senta un segnale, mentre negli uffici porta
un accento piacevole e solare, con il proposito di creare ambienti il più possibile luminosi ed accoglienti.
Interni.
Parallelamente a questo processo si svolse
un intenso procedimento di selezione per la
possibile futura disposizione dei mobili. Durante la fase di campionatura, svoltasi in due
stadi è stato allestito un intero sistema d’arredo in uno spazio affittato appositamente. A
questa fase parteciparono anche un medico
del lavoro e i collaboratori del settore informatico dell’azienda che si sono occupati in particolar modo della funzionalità dei mobili e del
sistema di connessione dei cavi. Il sistema di
mobili scelto, prodotto da Vitra, ha rivelato ottimali caratteristiche organizzative e distributive per i cavi. Per tutti i mobili è stato scelto
una tonalità chiara e luminosa, mentre per i
piani dei tavoli in laminato si è optato per un
grigio chiaro neutro. Dato che l’edificio non
era stato progettato secondo una configurazione modulare pensata per uno spazio ufficio, ma secondo i parametri dimensionali
consoni alle esigenze di produzione del settore plastico, si cercava una linea d’arredo
che ottimizzasse la superficie a disposizione.
Non avendo dato la preferenza a schermi
piatti per computer, si è scelto un tavolo triangolare con disposizione a stella che rispetto
alle tipologie tradizionali offre una più ampia
superficie di lavoro consentendo allo stesso
tempo una certa discrezione. Un’esigenza
che ha caratterizzato gli interni è stata quella
di creare una certa omogeneità tra mobili ufficio, scaffali, spazio per fotocopiatrici, isola
meeting e area caffetteria. Tutte le funzioni
sono state integrate in un sistema d’arredo
progettato ad hoc dal nostro studio.
a Facciata a montanti, profili cavi d‘acciaio di sez.rett.
180/60 mm
b Profilo di copertura d‘alluminio 50 mm
c Lamelle di protezione solare d‘alluminio 100 mm
d Lesena con sistema di scolo della superficie di copertura, profilato estruso d‘alluminio 10 mm
Sezione trasversale e longitudinale, piano primo, piano terra, piano interrato, scala 1:1000
1 Formatazione; 2 Esposizione; 3 Sviluppo; 4 Laboratori; 5 Uffici per lavoro di gruppo; 6 Management; 7
Riunioni; 8 Uffici dirigenza; 9 Produzione plastica; 10
Impianti; 11 Approvvigionamento plastica; 12 Ambienti sociali; 13 Deposito matrici; 14 Spazi accessori produzione
L’involucro dell’edificio – una precisa
struttura d’acciaio (pg.964)
Werner Sobek, titolare di diversi studi di ingegneria e
design
Norbert Rehle, segretario procuratore presso lo studio
Sobek Ingenieure, Stoccarda
Il nuovo fabbricato destinato alla produzione
e agli uffici amministrativi della GIRA a Radevorwald è composto di due capannoni simili
dal punto di vista costruttivo e di dimensioni
71,5x22,5 metri. Due corpi scala connettono
i due volumi sul lato lungo; al piano superiore, l’ambiente è completamente privo di pilastri grazie alle caratteristiche statiche della
2003 ¥ 9 ∂
struttura ad archi d’acciaio. I telai a doppio
giunto che fungono da struttura portante per
copertura e facciata sono assemblati di lamiere saldate costituiti da montanti e traversi
dotati di piede fissati a terra su snodi. I carichi verticali della struttura portante non sono
trasmessi ai solai intermedi il cui peso proprio è scaricato attraverso pilastri di connessione indipendenti dai telai a doppia articolazione. L’irrigidimento orizzontale della
struttura contro il carico del vento avviene
trasversalmente con l’ausilio dei telai e, nelle
parti terminali dell’edificio, con piastre a nucleo in cls armato. Sopra i traversi del telaio
si trova un reticolo di correnti continui completamente rivestiti di profili cilindrici che fungono da elementi d’appoggio per il manto di
copertura di lamiera grecata. In corrispondenza delle superfici vetrate, le facciate di
traversi, composti di profili rettangolari con
una luce di 6,5 metri, costituiscono un sistema di supporto separato da uno strato intermedio di EPDM. In corrispondenza della partizione verticale delle lastre, sono stati posati
con un interasse di 3,25 metri ulteriori profili
rettangolari per l’assorbimento del peso proprio della facciata. Le facciate di montanti
dei lati corti dei capannoni sono state chiuse
in corrispondenza dei solai intermedi di calcestruzzo armato.
1 Assonometria della struttura portante d’acciaio;
2 Piede del telaio a doppia articolazione; 3 Assonometria di un particolare di facciata
a Montante del telaio; b Corrente facciata; c Solaio di
c.a.; d Montante facciata
La struttura interna in tecnologia d’acciaio rinforzata (pg. 965)
Thomas Dausinger, amministratore della KKK Ingenieure, Dusseldorf, Aquisgrana, Berlino
L’idea di una “fabbrica di vetro” esigeva una
costruzione rigorosamente strutturata dalle
dimensioni minime ed in cui la complessa
meccanica dei servizi e della produzione
avrebbe dovuto essere integrata in modo
flessibile. Il sistema portante dell’involucro
esterno e la struttura portante interna dovevano essere in armonia formale e funzionale.
La collaborazione tra i progettisti WS per la
struttura esterna e KKK per la struttura interna, iniziata sin dalle prime fasi progettuali,
ha dato ottimali risultati. Dopo aver esaminato diversi tipi di struttura, si è optato per un
sistema con supporto oscillante, travi ad una
campata e setti murari orizzontali per i carichi orizzontali. L’edificio è posizionato su un
solaio privo di fughe di spessore 30 cm e da
fondamenta rinforzate parzialmente poggianti su un terreno di fondazione roccioso
relativamente stabile. Le pareti esterne e il
solaio sono stati realizzati in calcestruzzo
impermeabile. L’intero piano interrato è stato
gettato in opera senza soluzioni di continuità. Il solaio del piano terra è una sottile struttura d’acciaio rinforzato. Correnti compositi
(30/120 cm) posati con un interasse di 6,5
metri trasmettono il loro carico ad esili pilastri (30/40 cm). In ottemperanza con i Regolamenti Antincendio, i settori compresi fra
corrente superiore e corrente inferiore sono
stati costipati di calcestruzzo armato. L’irrigidimento del piano terra è avvenuto disponendo la piastra di copertura e i setti murari
del corpo scala. Il piano superiore è composto essenzialmente dalla struttura delle facciate e da quella della parete. La struttura
interna è costituita unicamente dai vani scala; la struttura esterna l’avvolge come un
manto e trasmette il carico d’irrigidimento direttamente al nucleo portante della scala.
Logico, estetico, economico
La facciata in dettaglio (pg. 966)
Martin Lutz, presidente dell’amministrazione della Società d’ingegneria DS-Plan, Stoccarda
Massima trasparenza, protezione solare ad
alta efficienza, ricambio naturale dell’aria degli ambienti della produzione e degli uffici, insieme alla scelta di materiali e sistemi costruttivi economici rappresentavano i presupposti
del progetto facciata per il nuovo edificio industriale. Elemento caratterizzante è una lesena verticale profilata d’alluminio integrata
fra i montanti doppi della facciata. Priva di
funzioni decorative, la lesena assolve due
funzioni fondamentali: nasconde il completo
sistema di smaltimento delle acque piovane
raccolte dalle falde; protegge dal vento le
schermature solari esterne a lamelle. Le
schermature solari sono composte da lamelle
larghe 100 mm ad alta efficienza: variando il
fissaggio dei tiranti delle lamelle la stabilità
aumenta da 10,5 m/sec a 14 m/sec. A supporto del sistema è stato posato un listello
d’alluminio supplementare orientabile che regola la protezione solare nella posizione di
ombreggiamento. Per la facciata è stata scelta una struttura di montanti e traversi d’alluminio con un interasse dei montanti di 3250 mm
che si presenta di fronte molto sottile –i profili
hanno spessore di 50 mm-. Come profilo portante sono stati introdotti comuni profili cavi
d’acciaio 80/180 mm; i punti di giunzione tra
facciata e solai sono stati realizzati in maniera
lineare e snella senza limitare i requisiti richiesti di fonoassorbenza. Il desiderio di trasparenza è stato pienamente soddisfatto nonostante gli elevati requisiti di fonoassorbenza
dei solai e delle pareti divisorie fra la produzione e gli uffici tecnici. Una struttura di lamiera d’acciaio piegata a forma di telaio ad U
rovesciata soddisfa tutti i requisiti. In maniera
tecnicamente interessante e semplificata è
stato risolto il passaggio fra la lastra vetrata
arrotondata e quella in alluminio della copertura, attraverso cioè un canale di smaltimento
delle acque piovane. La facciata, progettata
in collaborazione con gli architetti, assolve in
ogni sua parte una funzione specifica e spesso funzioni supplementari. Solo seguendo
questo metodo di progettazione è possibile
ideare e costruire, attraverso il dialogo con il
committente, una facciata tecnicamente logica, valida esteticamente ed al contempo economicamente sensata. Questa facciata non
solo è coerente con l’edificio, ma anche con i
prodotti nati e sviluppati dall’azienda sulla base della medesima ideologia.
∂ 2003 ¥ 9
Sezione verticale ed orizzontale, scala 1:20
1 Lamiera d’alluminio rivestita su supporti di
fissaggio chiodata 3 mm; piastra profilata d’alluminio 400/50/0,8 mm; lana minerale 120 mm; barriera al vapore; lamiera grecata 280/85/1 mm; trave di profilo d’acciaio HEB 180; soffitto acustico
in lamiera traforata, ind.riduz.acust. 25/35
2 Canale di raccolta in lamiera d’acciaio inox
1,5 mm
3 Vetrata a protezione solare curvata 6 mm Float +
16 mm intercapedine con Argon + 10 mm vetro
stratificato di sicurezza
4 Convettore in facciata
5 Telaio a doppia articolazione saldato, lamiera
d’acciaio 10 mm + 10-30 mm
6 Elemento saldato riempito con sabbia al quarzo;
lamiera d’acciaio 12 mm
7 Aerazione con asta di azionamento a cremagliera
8 Montanti facciata, profili d’acciaio 180/60/5,6 mm
9 Profilato d’alluminio con drenaggio integrato
Sezione verticale, scala 1:20
1 Rivestimento di resina epossidica 3 mm; calcestruzzo rinforzato con fibre 80 mm; pannello di
schiuma rigida 100 mm; solaio di calcestruzzo
armato con rete con soletta di copertura 320 mm
2 Protezione solare di lamelle d’alluminio 2,5 mm
3 Traversi facciata, profili cavi d’acciaio
120/60/5,6 mm
4 Vetrata isolante 6 mm Float + 16 mm intercapedine con Argon + 10 mm vetro stratificato di sicurezza
5 Anta di apertura per aerazione
6 Rivestimento di resina epossidica 3 mm; solaio di
calcestruzzo armato 400 mm
L’impianto integrato nel progetto globale
(pg. 970)
Prof.Ing.Dieter Henze, collaboratore libero professionista dello studio Ingenhoven Overdiek Architekten
La funzionalità ed l’economia abbinate ad
una progettazione ecologica globale attualmente sono gli elementi fondamentali per la
costruzione di edifici industriali. Nell’edificio
di nuova costruzione della Gira, l’ottimizzazione del concetto energetico, avvenuta già
nelle fasi iniziali di progetto, ha determinato
una soluzione su misura con effetti sinergici
ecologici ed economici.
Sistema combinato caldo-freddo. L’analisi dei
fabbisogni dell’utenza ha messo in evidenza che
dal settore produttivo e per generare aria di
raffreddamento delle macchine, era a
disposizione un potenziale di calore di recupero
integrabile per soddisfare la richiesta di calore
dell’utenza portando ad un risparmio del 60% dei
costi termici. Abbiamo, dunque, sviluppato un
sistema combinato caldo-freddo con caldaia
centrale per la produzione del calore, con un
recuperatore di calore e dei convettori disposti
lungo le facciate. L’esistente sistema di
raffrescamento ad acqua è stato integrato da una
supplementare torre di raffreddamento e da uno
scambiatore di calore.
Impianto tecnico di aerazione. Presupposto
per un’aerazione naturale è stato un sistema
di protezione solare ed uno schermo antiabbagliamento regolato elettricamente. I solai
di calcestruzzo sono stati impiegati come
accumulatori attivi integrati da sistemi di
condutture dell’acqua per l’attivazione del
nucleo di calcestruzzo. Per l’approvvigionamento di aria fresca nelle stagioni intermedie, in facciata sono state inserite aperture
continue a nastro regolate elettricamente. E’
Testo in italiano
stato inoltre previsto un sistema di aerazione
con alimentazione d’aria in prossimità della
pavimentazione e ad estrazione dal soffitto.
In estate, il cuscino d’aria calda incrementato dalla presenza delle macchine da produzione in funzione è accumulato nel solaio di
calcestruzzo e convogliato attraverso il sistema integrato ad acqua nella torre di raffreddamento cosa che impedisce un incontrollato surriscaldamento del piano
superiore. In inverno, invece, il potenziale
termico serve al piano superiore come
riscaldamento supplementare.
Approvvigionamento della produzione. Nel
nuovo edificio, le macchine disposte al piano
terra sono alimentate automaticamente da tutti i
granulati grazie ad una centrale di materiali
plastici collocata nel piano interrato. Lo
stoccaggio del materiale avviene in cinque sili
esterni connessi all’edificio con un sistema di
tubature sottovuoto disposte sotto il solaio del
piano interrato.
Progetto luce e illuminazione naturale. Un
ampio intervallo del periodo di funzionamento delle macchine è coperto da illuminazione
naturale, comunque integrata da un impianto d’illuminazione con sistema BUS. Nell’area di produzione, gli elementi industriali
d’illuminazione sono sospesi dal soffitto al
rustico sull’intradosso della struttura. Al piano
superiore, nel soffitto sono integrati elementi a
fascia che assumono le attrezzature funzionali
(downlight, impianto di nebulizzazione, rilevatori
fumo e amplificatori).
Corrente elettrica ad alta tensione e tecnologia dell’informazione. Per il piano terra la distribuzione avviene al piano interrato con allacciamento alla colonna di
approvvigionamento. La distribuzione ai piani superiori si svolge nell’intercapedine vuota del pavimento; accorgimento questo che
consente la possibilità di una conversione
senza interventi edilizi murari degli spazi uffici con quelli della produzione o viceversa.
1 Acqua industriale; 2 Acqua fredda; 3 Acqua fredda
17°; 4 Aria compressa; 5 Materiale granulato; 6 Vacuum; 7 Energia elettrica; 8 Fibre ottiche
1 Sistema combinato caldo-freddo; 2 Sistema di aerazione; 3 Aerazione naturale; 4 Pianta delle colonne
tecniche; 5 Convettori facciata
Pagina 972
Fabbrica di tergicristalli
a Bietigheim-Bissingen
Ackermann und Partner Architekten,
Monaco di Baviera
Come fornitore delle maggiori case automobilistiche, l’azienda Valeo produce e distribuisce a livello internazionale spazzole per
tergicristalli e componenti annessi. La sede
per il mercato tedesco si trova nella regione
di Stoccarda, dove hanno sede diversi produttori di automobili. Lo studio di architettura
ha ottenuto l’incarico di ristrutturazione a
lungo termine di un laboratorio e la costruzione di due nuovi capannoni grazie ad una
perfetta interpretazione architettonica della
filosofia aziendale perseguita dal committen-
9
te e grazie alla flessibilità di una struttura
modulare di base. Si richiedeva l’elaborazione di una soluzione in cui la produzione rappresentasse l’idea portante e non una banale esaltazione formale; su questi
presupposti, la ristrutturazione del sito industriale poteva essere condotta attraverso diverse fasi d’intervento. L’aver posto sullo
stesso piano tutte le categorie di collaboratori, dalla produzione, all’amministrazione fino al settore dell’innovazione, trova riscontro
in una struttura di grandi dimensioni e nella
facciata tipizzata ma con una propria un’immagine unitaria che varia in modo insignificante per settori funzionali. Un’atmosfera luminosa data dalla trasparenza delle facciate
e delle pareti divisorie e dai lucernari, la flessibilità adottata in eguale misura sia negli
spazi di produzione che in quelli ad ufficio,
gli impianti comuni e gli allacciamenti delle
macchine attraverso i controsoffitti, sono stati i presupposti per il progetto di una fabbrica che si manterrà attuale per i prossimi decenni senza la necessità di ulteriori
significativi interventi di ristrutturazione anche in previsione di sempre più repentini cicli d’innovazione.
La produzione come elemento rappresentativo aziendale (pg. 974)
Helmut Bucher, capo del Facility Management della
Valeo GmbH, Bietigheim
130 stabilimenti industriali, 54 centri di sviluppo, 9 centri vendita, e circa 69.000 dipendenti in 25 paesi in tutto il modo. Per gli
edifici produttivi e gli uffici, la casa madre ha
stabilito rigidi regolamenti che valgono a livello internazionale; un’immagine chiara e
trasparente e un rigoroso processo logistico
di costruzione. Facciate razionali, trasparenza, linearità, luminosità e una gamma cromatica di colori freddi rispecchiano la filosofia dell’azienda. Per l’organizzazione interna
valgono un concetto gerarchico orizzontale,
unità comuni di produzione e l’omissione di
uffici dirigenziali. Il nuovo edificio doveva
possedere uno stabilimento di produzione
efficace ed una logistica perfetta. Ogni giorno sono prodotti 70.000 spazzole, 40.000
bracci per tergicristalli e 20.000 motori; 50
autocarri sono necessari quotidianamente
per le consegne. Il vuoto che accompagna i
tre livelli articola l’open space e consente
con l’ausilio di scale libere percorsi più brevi
e uno spazio di comunicazione per i dipendenti attraente e luminoso.
Planimetria generale, scala 1:5000
1 Fabbrica motori; 2 Parcheggio; 3 Fabbrica tergicristalli;
4 Corte logistica
Pianta, sezioni, scala 1:1000
1 Ingresso visitatori; 2 Ingresso personale; 3 Hall d’ingresso; 4 Uffici amministrativi; 5 Uffici Sviluppo;
6 Unità ufficio decentralizzata; 7 Lucernario;
8 Trave principale; 9 Setto divisorio edificio esistente;
10 Ambiente di ricreazione con pareti vetrate;
11 Spedizioni; 12 Centrale impianti; 13 Estrusione
spazzole di gomma; 14 Bromatura spazzole di gomma;
15 Vuoto/futuro settore verniciatura; 16 Consegne laboratorio e centrale tecnica al P.I.
10
Testo in italiano
2003 ¥ 9 ∂
Dalla maglia urbana al reticolo di riferimento dell’edificio (pg. 976)
Ottimizzazione della struttura portante
(pg. 978)
Peter Ackermann, cotitolare dello studio Ackermann &
Partner e consulente per le strutture del progetto
Christoph Ackermann, titolare dello studio Ackermann
& Partner e progettista delle strutture del progetto
Per la selezione degli architetti e del progettista, la casa madre dell’azienda con sede a
Parigi ha scelto in base alle qualifiche due
studi di architettura, lo studio Claude Vasconi e quello Ackermann & Partner cui si sono
aggiunti, per volere del committente, due uffici di progettazione di impianti industriali. La
selezione, più simile ad un colloquio che ad
un concorso, mirava a capire quale studio di
architettura fosse più vicino alla filosofia
aziendale. Durante il colloquio e il briefing è
stata valutata la metodologia d’impostazione
delle problematiche.
Un programma globale invece di un gesto
formale. Sviluppata in modo schematico
l’idea di una ristrutturazione graduale a lungo termine, sono stati definiti i temi del progetto: la rielaborazione dei processi produttivi lineari con percorsi contratti, la flessibilità
del processo produttivo, il conseguente
layout delle macchine e anche l’apertura a
future linee di sviluppo.
Struttura aperta. Il programma spaziale dell’“open work space” con eterogenee divisioni lavorative da concentrare nella produzione e nello sviluppo di un edificio economico
ed ecologico costituiva una richiesta di delicata realizzazione. La struttura trasparente
ed aperta, oltre all’immagine moderna e futuristica del gruppo furono di grande aiuto al
lavoro.
La suddivisione dei lotti e il costruito esistente. Finalità del progetto era sviluppare due
stabilimenti di motori e spazzole per tergicristalli su un terreno allungato di forma triangolare parte di un eterogeneo complesso industriale nei pressi di Stoccarda. Le due
aziende separate avevano posto anche requisiti diversi sulla base di differenti processi produttivi e logistici. Bisognava inoltre integrare una sostanza edilizia industriale
esistente che con i suoi 5 piani di altezza
dominava la parte meridionale del lotto appartenente all’industria dei motori.
Struttura modulare flessibile. Per l’edificio di
nuova costruzione della fabbrica di spazzole
per tergicristalli è stata sviluppata una struttura modulare di 24,50x24,50 metri. Le condizioni di funzionalità derivanti dalla strategia e dalla logistica di spostamento hanno
avuto grande importanza nella progettazione del nuovo e nella conversione della produzione in svolgimento.
1
2
3
Studio di fattibilità del processo selettivo: schemi
per la ristrutturazione graduale dell’intero terreno
industriale e successiva occupazione dei settori
del lavoro nel nuovo.
a Sostanza esistente azienda di terzi; b Sostanza
esistente produzione di spazzole per tergicristalli;
c Verniciatura; d Spedizione; e Sostanza esistente officina motori
Preprogetto: Schema di funzionamento e flusso
mate-riali definiti dal committente
Primo lotto di costruzione „open workspace“: il
capannone della produzione prima del
completamento con l‘area amministrativa
L’idea di partenza per il progetto della struttura era un sistema portante non direzionale
su un reticolo a maglia quadra di 24,5 metri
di lato estendibile in ogni direzione e tale da
offrire alla produzione una sufficiente superficie libera da pilastri. La struttura della copertura si compone di una struttura primaria
con travi reticolare su cui giace la struttura
secondaria di forma poligonale. In corrispondenza di ogni modulo, la struttura è
portata da quattro pilastri a pendolo. A causa della distribuzione non uniforme dei carichi che aveva come conseguenza il sovradimensionamento di una direzione portante, il
principio strutturale non direzionale fu accantonato per perseguire l’ottimizzazione
della costruzione, iniziando a sovrapporre le
piante della maglia strutturale con quelle degli impianti dello stabilimento e della produzione. Nelle numerose successive fasi di lavoro, fu sviluppato un sistema portante con
travi secondarie sospese. I singoli elementi
della travi reticolari sono stati adattati al carico e la sezione è stata affinata. Al fine di
progettare travi ben proporzionate ottimizzate in base al comportamento di carico sono
stati realizzati semplici elementi tiranti in
piatti d’acciaio; gli elementi tiranti sono stati
realizzati in sottili profili ad U e le aste di
compressione in profili rullati simmetrici. In
tal modo, non solo si risparmiò materiale ma
si mise in vista il comportamento statico delle travi reticolari. L’altezza e il reticolato delle
travi sono stati poi regolati in relazione al
passaggio degli impianti. Attraverso la distribuzione a V dei carichi, ottenuta con l’ausilio
di una banda di rinforzo tirante sui pilastri
tondi d’acciaio si è creato un triangolo privo
di barriere con sede di dimensione sufficiente alla collocazione delle linee di allacciamento degli impianti. Il piano di copertura è
stato realizzato con fasci di aste di sezione
tonda su lastre che eventualmente stabilizzano le travi reticolari e trasmettono il carico
del flusso di vento al nucleo di calcestruzzo.
In corrispondenza del pilastro, il corrente superiore della trave trasversale è mantenuto
esente da flessione in prossimità del momento negativo. I fasci sono disposti longitudinalmente nel centro del capannone lungo
224 metri sul piano della facciata e consentono alla trave una libertà di dilatazione verso l’esterno durante le escursioni termiche,
dimezzando in questo modo lo scorrimento
massimo e consentendo la realizzazione
delle superfici per la produzione prive di
giunti. Per l’irrigidimento longitudinale è stato scelto un sistema portante continuo. L’ala
degli uffici amministrativi è unita dal capannone della produzione e irrigidita con l’ausilio di fasci di aste e fissaggi delle lastre di
copertura al nucleo di calcestruzzo. La portata del terreno di fondazione in prossimità
delle aree a carico concentrato è stata elevata con l’ausilio di vibratori costipanti.
1
2
3
4
5
Montaggio della trave principale longitudinal.
Diversi carichi risultanti dai lucernari richiedono
diverse sezioni della struttura d‘acciaio
Asse mediano dell‘edificio
Preprogetto isometrico: sistema non direzionale
Realizzazione isometrica: i canali di aerazione attraversano le travi principali lasciando un‘apertura a forma di V sopra i pilastri
L’edificio in funzione (pg.980)
Helmut Bucher
Il chiaro programma di requisiti esposto al
progettista d’impianti si può riassumere in
alcuni punti: impianto unico per uffici e stabilimento, disposizione razionale particolareggiata degli impianti, intercambiabilità della posizione delle macchine senza
modifiche edili ed impiantistiche. Attraverso
un apparecchio di aerazione tecnica decentralizzato posizionato sulla copertura, ne è
possibile una regolazione flessibile. Gli uffici
sono climatizzati, lo stabilimento aerato secondo il ciclo immissione-estrazione aria.
Per tutti gli stabilimenti Valeo valgono i medesimi standard di sicurezza. Grazie agli impianti di nebulizzazione sono possibili ampi
comparti antincendio e di conseguenza si
facilita la flessibilità. Tutte le attrezzature di
approvvigionamento e di sicurezza sono disposte al piano interrato in un’area protetta.
La distribuzione centrale d’elettricità, i trasformatori e la fornitura d’energia a tensione
media si trovano in un’area protetta del piano terra accessibile dall’esterno. All’angolo
nord-est è stata collocata la centrale per gli
impianti tecnici; tutti i media e le correnti
energetiche sono misurate e distribuite attraverso il management dei costi energetici.
Quindici impianti decentralizzati per l’estrazione e l’immissione d’aria riforniscono gli
ambienti ufficio e lo stabilimento di circa
465.000 mc in parte di aria fresca con una
rete di circa 6 Km di canali di lamiera. Tutti
gli impianti tecnici ad aria sono dotati di un
ricuperatore di energia. Due macchine del
freddo e due torri di raffreddamento riforniscono lo stabilimento con aria fredda. Il rifornimento di calore avviene attraverso il generatore di acqua calda, quattro trasformatori
assicurano l’energia elettrica per lo stabilimento.
Sezione trasversale del controsoffitto tecnico,
scala 1:100
1 Freddo DN 80; 2 Tracciato elettrico; 3 Aria compressa DN 100; 4 Aria di alimentazione Ø70 mm; 5 Pluviale; 6 Impianto di nebulizzazione; 7 Condotto di uscita
dell’aria viziata Ø 1220 mm; 8 Acque nere DN 100; 9
Circolazione DN 15; 10 Acqua potabile fredda DN 20;
11 Acqua potabile calda DN 20; 12 Riscaldamento
DN 65; 13 Traversa secondaria; 14 Traversa principale; 15 Pilastro
Il progetto della facciata (pg.982)
Peter Ackermann
Nel progetto particolareggiato della facciata
vetrata a tutta altezza è stato necessario
adottare strategie per contenere i costi nonostante elementi di vetro di grande altezza,
per conferire un’immagine unitaria e per trasmettere l’atmosfera paritaria tra dipendenti
∂ 2003 ¥ 9
dello stabilimento e quelli degli uffici sostenuta dall’azienda. L’alimentazione dei media
e le infrastrutture giace sospesa dal soffitto
ed è stata realizzata come impianto di libera
installazione a vista che consente un’ampia
flessibilità degli spazi di produzione e anche
degli uffici amministrativi. I canali sospesi,
mobili come colonne vertebrali che connettono il soffitto con le scrivanie consentono di
rinunciare a costose soluzioni sia in termini
economici che in termini di realizzazione,
come ad esempio il pavimento galleggiante
o quello con intercapedine. L’illuminazione
dei posti di lavoro avviene sino in profondità
con lucernari integrati in una griglia di
7,00x7,00 metri. I lucernari forniscono luce
naturale fino a 24,50 metri di profondità e nei
100 metri di lunghezza dell’open space disposto su due o tre piani. Durante lo studio
per lo sviluppo di un reticolato verticale, è
stata fondamentale lo studio topografico del
terreno. Il livello principale dello stabilimento, il livello della produzione si trovava alla
quota + 0, l’accesso degli autocarri per le
consegne a –1,20 metri e il piano interrato illuminato naturalmente per laboratori, per i
collaudi, gli spazi di riunione con accesso di
persone a quota 4,50 metri. Il mezzanino degli uffici si trovava a quota +4,00 metri mentre la quota del cornicione a + 8,85 metri. La
partizione del reticolato in elevato ha prodotto una dimensione di 80 cm per 11 elementi
di facciata del capannone. Questa struttura
di base ripartita in moduli di uguale altezza
può conformarsi alle singole situazioni secondo l’uso e dell’orientamento. Nella facciata della produzione sono state posate
dall’altezza degli occhi dell’osservatore fin
sotto al cornicione, lastre trasparenti intercalate da vetri con protezione all’abbagliamento. In corrispondenza delle rampe del cortile
logistico, un elemento prefabbricato di calcestruzzo chiude la facciata di vetro fino al
pavimento. L’elemento funge contemporaneamente da protezione all’urto per la facciata. Le aree della produzione interrate sul
lato nord e orientate verso la strada, sono
state articolate conformemente all’altezza di
piano dell’amministrazione con nastri di vetro trasparente. Davanti agli uffici sul lato
ovest, sono state sospese alla struttura d’acciaio vie di fuga che fungono anche da protezione solare e da corridoi di manutenzione. La smerigliatura del vetro, a causa della
limitata altezza di piano, è stata conformata
al dipendente in posizione seduta. Le veneziane posizionate esternamente e un supplementare avvolgibile collocato all’interno si
regolano in base alle condizioni di luminosità. Attraverso la tipizzazione del particolare
sono stati progettati un elevato numero di
pezzi che concedono una realizzazione economica. La struttura di facciata (montanti e
correnti traversi) è composta di profilati rullati cilindrici d’acciaio prodotti meccanicamente con minima tolleranza. L’impiego di
profili speciali conferisce alla facciata un
aspetto esile ed elegante. I profili complementari necessari per il taglio termico consi-
Testo in italiano
stono in un sistema standard e sono identici
sia per gli uffici sia per la produzione. Per
soddisfare i diversi requisiti fisico-tecnici,
sono stati posati diversi tipi di vetro.
Il reticolo di base della parete interna corrisponde all’articolazione della facciata. Il settore di estrusione è stato separato dalla produzione con una facciata in vetro semplice a
causa dei diversi requisiti di aerazione e a
causa delle differenti misure di sicurezza.
1 Facciata nord della produzione ( sul retro lastre
opache grigio chiare), l’altezza dello zoccolo di calcestruzzo varia con l’altezza del parapetto;
2 Facciata ovest della produzione con area laboratori
vetrata al piano interrato; 3 Facciata nord con rampa
di carico; 4 Facciata ovest con ala uffici con montante
doppio e mensole balcone intermedie; 5 Settore estrusione con facciata esterna, facciata interna e area
bromatura vetrata.
Sezione facciata, scala 1:20
Particolari costruttivi, scala 1:5
1 Membrana plastica di polietilene al fluoro; lana
minerale 120 mm, barriera al vapore; lamiera grecata acustica 100/275/1 mm traforata
2 Corrente superiore della trave reticolare HEB 200
3 Convettore
4 Moquette 5 mm; elemento a pavimento a secco
20 mm; materassino fonoassorbente anticalpestio
20 mm; strato di separazione; soletta in tavole di
legno sovrapposte 260 mm
5 Mensole per passerella in piatti d’acciaio
250/25 mm
6 Profilo facciata d’alluminio
7 Montante di profili d’acciaio T 70 rettificati meccanicamente
8 Corrente IPE 140 rettificato meccanicamente
9 Profilo di scorrimento d‘alluminio scorrevole orizzontalmente
10 Bullone d‘acciaio inox
11 Pilastri d’acciaio HEB 220, struttura primaria
12 Tubolari tondi Ø 216/30 mm, struttura secondaria
13 Travi HEB 300, struttura secondaria
Stabilimento di Stampa su grandi formati
a Großhöfen
querkraft architekten, Vienna
La nuova sede della stamperia Trevision è
stata intenzionalmente localizzata lungo l’autostrada. Di notte, gli automobilisti provenienti da Vienna sono colpiti da un paesaggio di montagna retroilluminato che
campeggia -indisturbato da altre fonti luminose- sul paesaggio rurale raramente antropizzato della catena montuosa delle Alpi.
L’idea architettonica non si è però nemmeno
lontanamente limitata all’effetto cartellone di
questi due scenari: la qualità dello spazio ha
puntato a migliorare la qualità del lavoro e
ad alleggerire il processo di produzione. Per
mantenere al minimo il budget sono stati introdotti ampiamente prodotti standard modificati individualmente.
La ricerca di un quadro prestazionale
(pg. 988)
querkraft architekten
5 Marzo 2001, squilla il telefono: “Cerchiamo
uno studio di giovani architetti per il nostro
nuovo stabilimento, avreste tempo settimana
prossima per un appuntamento?”. All’altro
capo del filo c’era l’amministratore delegato
11
della stamperia presso la quale avevamo da
poco terminato uno schermo di grandi dimensioni per un cliente. “Siamo da Lei tra un
quarto d’ora!” E così ci siamo trovati sul tavolo uno schizzo fatto dal committente che
mostrava un edificio di testa per l’amministrazione e un volume di chiusura per lo stabilimento. Come nostra abitudine, dato che
pensiamo “trasversale”, siamo partiti da
un’indagine dei requisiti. Nonostante non
avessimo alcuna esperienza con le strutture
industriali, l’intenso dialogo con il committente, alla fine ha determinato l’instaurarsi di
una fiducia reciproca. E l’incarico ci è stato
assegnato direttamente.
Relazioni visive. Dato che per i prodotti, come dice anche il nome dell’azienda “tre-vision”, le relazioni visive all’interno e verso
l’esterno erano di fondamentale importanza,
abbiamo deciso di considerarle anche per
lo sviluppo dell’idea progettuale. La contraddizione tra l’aspirare ad una collocazione
paritaria di tutti i dipendenti e il volere un
edificio amministrativo di testa, è stato risolto
con la disposizione di tutti i settori aziendali
sotto un unico tetto.
Ottimizzazione in cinque fasi. Fin dall’inizio
si stabilì che l’altezza dello stabilimento sarebbe stata di 7 metri, cosa che, pur non essendo indispensabile all’azienda, accresceva il valore di rivendita dell’edificio per
successive utenze e facilitava la possibilità
di ampliare il volume in direzione longitudinale. Mentre lo spaccato volumetrico fu definito velocemente, la struttura e il metodo
con cui integrare nell’architettura i prodotti
dell’azienda sono stati sviluppati mediante
un’intensa collaborazione con il committente. Mentre nel preprogetto abbiamo anteposto al reticolato costruttivo una superficie
pubblicitaria di facciata perpendicolare che
apparisse agli automobilisti di passaggio
come una successione di immagini, nella
successiva rielaborazione abbiamo realizzato il progetto di un’immagine di grandi dimensioni che correva come un nastro per
tutta l’altezza su tre lati dell’edificio “serrato”
sul lato sud da una passerella sospesa.
L’adeguamento del progetto per la presentazione alle autorità comunali nell’agosto
2001 e l’integrazione sul lato nord di un cannocchiale visivo in facciata e di uscite di
emergenza, determinò l’ampliamento del lato della maglia del reticolo ad 8 metri. Le
modifiche che ne seguirono furono così rilevanti che dopo l’ultimazione abbiamo dovuto
presentare per la concessione disegni completamente nuovi. Anche durante le trattative
per l’assegnazione dell’appalto edilizio, il reticolato dei pilastri cambiò più volte, dato
che ogni produttore presentava un diverso
sistema costruttivo, fino a fissare una misura
di 6,20 metri.
Elementi edilizi multifunzionali. Una strategia
per realizzare il profilo dell’edificio più efficace possibile è stata la posa di un elemento
multifunzionale. Questo fece economizzare
sulle strutture supplementari, sullo spazio e
sul budget. L’aggetto sopra l’area conse-
12
Testo in italiano
gne, ad es. funge da protezione dalle intemperie, da segnale per l’area di traffico verso
l’ingresso principale, da area di soggiorno e
balcone per fumare una sigaretta, da protezione solare per la facciata vetrata degli uffici e da struttura portante del reticolo che ha
funzioni contemporaneamente di protezione
visiva e di Corporate Design. L’elemento
equilibrante che fa da riscontro a questa
pensilina è la passerella che conduce allo
stabilimento di produzione, sul cui lato inferiore sono fissati il tracciato dei cavi elettrici.
La sua funzione principale è di offrire un
percorso più breve tra uffici e stabilimento
oltre che un punto da cui contemplare ad
una certa distanza le stampe di grande formato o presentare ai clienti i prodotti finiti.
L’esterno come supporto culturale– l’interno come costruzione funzionale
(pg. 990)
querkraft architekten
Nel giugno 2002 l’edificio fu ultimato; l’immagine di grande formato (300 mq) che si affaccia sull’autostrada è stato alla fine realizzato come elemento scatolare luminoso in
pellicola traslucida mentre la scritta stampata su rete sul lato ovest può essere illuminata dall’alto con fari da esterni. Su iniziativa
del committente, per il motivo dell’elemento
scatolare è stato indetto un Progetto Internazionale d’Arte organizzato da “Museum in
progress” di Vienna. I motivi sono stati allestiti da artisti contemporanei e ogni anno sono sostituiti. Importante quanto l’immagine
esteriore era ottimizzare il processo produttivo, i percorsi dovevano essere brevi ed era
necessaria una certa flessibilità ai cambiamenti. L’accesso agli uffici avviene attraverso una scala di calcestruzzo dalle forme plastiche, il flusso di materiali ha una
circolazione anulare al piano terra. I materiali in uscita sono consegnati davanti al portone a serranda avvolgibile e temporaneamente stoccati nell’area ovest del deposito.
L’area di stampa dello stabilimento è separata da una parete trasparente fonoassorbente dall’area dove i teli stampati con
larghezza massima di 5 metri, sono confezionati cioè saldati e rifilati prima di essere
stoccati per la consegna.
Pianta, sezioni, scala 1:750
1 Parcheggio; 2 Deposito; 3 Stampa; 4 Confezione;
5 Autonoleggio; 6 Ingresso; 7 Reception; 8 Uffici dipendenti; 9 Amministrazione; 10 Spazi sociali
Il punto di vista del committente (pg. 922)
Heinz Wikturna
La mia idea riguardo il nuovo stabilimento
era sin dall’inizio abbastanza chiara. I dipendenti nello stabilimento dovevano avere una
posizione paritaria rispetto agli impiegati degli uffici. Inoltre, l’edificio doveva colpire l’attenzione ponendosi in antitesi con la tradizionale architettura industriale fatta di volumi
di lamiera ondulata. Dopo aver consultato
2003 ¥ 9 ∂
vari architetti con un primo schizzo, abbiamo pensato di fare una selezione dell’idea
migliore organizzando un Premio per studi
di giovani architetti. Gli architetti di querkraft
all’inizio mi hanno sconcertato dato che non
presentavano proposte formali ma ponevano domande riguardo le modalità funzionali
e le necessità dell’azienda. Attraverso questi
impulsi si è però instaurato un dialogo tra
progettisti e dipendenti che a loro volta proponevano nuove idee per migliorare il progetto ed esponevano le proprie necessità
agli architetti. Dopo aver preso le decisioni
progettuali fondamentali, lasciammo agli architetti mano libera nel rendere i particolari,
naturalmente senza perdere di vista i costi.
Molti colleghi, inizialmente, hanno riso di me
per il fatto che invece di un padiglione standard, ho voluto a tutti i costi progettare insieme agli architetti. Il risultato però ha confermato le mie idee e la produttività
dell’azienda è aumentata. Gli impianti sono
stati minimizzati per questioni economiche.
Nel 2002 ci è stato assegnato il Premio per
la migliore committenza.
Trasparenza e management dei costi
(pg. 994)
querkraft archtekten
con Erwin Stättner,collaboratore libero professionista
e capo progetto per “Trevision”
L’immagine stampata che si vede dall’autostrada è traslucida ed è illuminata indirettamente da fari alogeni attraverso una pellicola bianca apposta sulla parete posteriore
dello stabilimento. Dato che non si potevano
superare i 100 Lux per evitare l’abbagliamento degli automobilisti di passaggio e realizzare dunque la desiderata relazione visiva e la sensazione di apertura, era
importante costruire la vetrata più trasparente possibile. Nella facciata in profili convenzionali abbiamo rinunciato al coprifilo per
mantenere un’immagine il più possibile omogenea e per economizzare. La parete divisoria fra ufficio e stabilimento è stata realizzata in vetro semplice di sicurezza con
profilo di contenimento in corrispondenza
del bordo superiore ed inferiore e fughe verticali sigillate con silicone; le porte di vetro
con ferramenta per elementi completamente
vetrati. I dispositivi di tensionamento sono al
di fuori del campo visivo, al di sopra del filo
di copertura e sotto la rete
Low-Budget e Hight Performance. Originariamente, la struttura grezza è stata progettata in acciaio verniciato con pittura T90; come soluzione più economica si scelse una
realizzazione in calcestruzzo armato. L’interasse di 6,2 metri era per l’azienda più economica la soluzione più conveniente poiché
con questa luce la portanza della lamiera
grecata era completamente sfruttata e di
conseguenza si poteva rinunciare alle travi
secondarie. Per le superfici chiuse delle facciate abbiamo impiegato il pannello di metallo più economico nel colore standard. Nonostante il numero e la dimensione dei
lucernari sia stato ridotto alternandone uno
ogni asse, la distribuzione della luce negli
interni è rimasta uniforme. Anche i materiali
edili meno costosi possono essere integrati
in maniera pretenziosa trasformandoli in materiali individuali: rinunciare al listello di copertura, ad esempio, e lavorare il giunto delle lastre avendo soluzioni d’angolo
appositamente studiate nei dettagli in cooperazione con gli architetti ha consentito la
realizzazione di un involucro personalizzato.
I mobili degli uffici sono stati realizzati su nostro disegno. Abbiamo avuto un sovrapprezzo solo per il pavimento dello stabilimento:
originariamente avevamo previsto lastre di
calcestruzzo naturali, ma a causa di leggere
carteggiature abbiamo dovuto comunque
applicare un pavimento in PVC.
Sezione particolareggiata, scala 1:20
1 Membrana elastica con lato stampato
2 Telaio flessibile d’alluminio
3 Faro alogeno
4 Membrana bianca riflettente; termoisolante,
100 mm; pellicola PE; lamiera grecata 153 mm
5 Nastro di materiale plastico; pannello di truciolare
18 mm; profilo d’acciaio; lamiera grecata
150/280/0,7 mm
6 Pellicola di materiale plastico; termoisolante
100–200 mm; lamiera grecata
7 Asta di compressione di tubolare d’acciaio
Ø 88,9 mm
8 Travi di profili d’acciaio HEA 400
9 Pilastro HEA 300
10 Mensole
11 Tracciato cavi elettrici
12 Radiatore tubolare alettato Ø 100 mm
13 Rivestimento a pavimento di PVC 4 mm su lastre
monolitiche flottanti 150 mm
Sezione, scala 1:20
1 Pannello d’alluminio 7730/1100/120 mm posate in
verticale
2 Fissaggio scorrevole verticalmente
3 Trave HEA 400, taglio termico
4 Asta compressa di tubolare d’acciaio Ø 88,9 mm
5 Pilastro a pendolo di tubolare d’acciaio
Ø 114,3 mm
6 Moquette, pavimento tecnico per impianti
600/600/35 mm; intercapedine 160 mm; solaio
200 mm
7 Trave 500 mm
8 Lastre monolitiche 150 mm flottanti
9 Rilevatore incendi
10 Tubatura di scarico Ø 50/90/110 mm
11 HEA 300 dimezzata
12 Faro facciata
13 Vetro semplice di sicurezza 10 mm
14 Pilastro HEA 340 mm
15 Rete tesa in PVC, interno antracite, esterno stampata con scritta
16 Radiatore tubolare alettato Ø 100 mm
17 Telaio flessibile d’alluminio
Sezione, scala 1:20
Sezione orizzontale, scala 1:20
1 Pilastro di c.a. 300/500 mm
2 Pannello d’alluminio 7730/1100/120 mm posato in
verticale
3 Pilastro HEA 300
4 Pellicola riflettente bianca, termoisolante,
100 mm; pellicola PE; lamiera grecata
150/280/0,7 mm
5 Membrana elastica stampata retroilluminata
6 Telaio flessibile d’alluminio
7 Pannello d’alluminio posato in orizzontale