Tappi alternativi per i vini veneti: una

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Tappi alternativi per i vini veneti: una
Tappi alternativi per i vini veneti: una dimostrazione di pragmatismo e buon senso
La tradizione però non è mai “una trappola”!
Notizie positive, che denotano pragmatismo e buon senso, attenzione al nuovo ma senza
stravolgimenti o tradimenti, in arrivo dal mondo del vino di quel Veneto per il quale, ora più mai
invito (fidatevi, ci sono validissimi motivi che presto vi farò conoscere) a tifare. Per il vino, che
quando è buono è veramente buono e per l’emanazione locale di
una nota Associazione
.
Due Consorzi particolarmente vitali di questa regione, quello del Bardolino, la dodicesima
denominazione d’origine italiana con un’adesione dei produttori fra le più alte in assoluto in
Italia, il 92%, e quello altrettanto valido di quel vino identitario che è il
Soave
, di cui l’85% del prodotto viene venduto all’estero in oltre settanta paesi, hanno scelto, senza
svendere l’anima, di andare incontro alle esigenze di molti mercati. Nuovi ma anche quelli
tradizionali.
Come si legge da un comunicato stampa, “l’assemblea dei soci del Consorzio ha deliberato di
autorizzare la chiusura delle bottiglie di Bardolino e di Chiaretto non solo con i tradizionali tappi
in sughero o in materiale plastico, ma anche con modalità innovative, come il tappo in vetro o la
capsula a vite di nuova generazione.
“La richiesta è già all’attenzione della Regione Veneto per il successivo invio al ministero”
spiega Andrea Vantini, responsabile dell’area tecnica del Consorzio di tutela. Come ha
commentato il presidente del Consorzio del Bardolino Tommasi “sia il Bardolino che il Chiaretto
per le loro caratteristiche di giovanile piacevolezza si prestano particolarmente al
confezionamento in contenitori o con sistemi di chiusura alternativi, e questo è essenziale per
favorire l’export dei nostri vini”.
Un export che “rappresenta il 70% delle vendite del Bardolino. I mercati esteri più importanti
sono la Germania, la Francia, l’Inghilterra, il Canada, il Belgio, gli Stati Uniti, il Giappone, ma
notiamo un interesse sempre maggiore da parte dei Paesi Scandinavi, che tuttavia cercano vini
confezionati in bag-in-box o in bottiglie chiuse a vite, una soluzione, questa, molto richiesta per i
nostri vini anche nei Paesi anglosassoni e negli Stati Uniti”.
I produttori di Bardolino “sperano anche che dal ministero arrivino buone notizie sul fronte del
bag-in-box, una forma di confezionamento molto apprezzata soprattutto nei paesi Scandinavi,
ma che attualmente può essere utilizzata per il Bardolino, ma non per il Chiaretto, a causa di un
cavillo della normativa nazionale“.
Migliori ancora le cose per il Consorzio del Soave, con la notizia che “il Comitato Nazionale
Tutela Vini accoglie la richiesta del Consorzio e apre all’utilizzo della capsula a vite e del tappo
di vetro anche per il Soave Classico”. In altre parole più libertà di tappo per i produttori del
Soave che potranno ora scegliere oltre al tradizionale tappo in sughero anche la capsula a vite
a vestizione lunga tipo Stelvin ed il tappo di vetro.
L’ha stabilito lo scorso 18 dicembre il Comitato Nazionale Tutela Vini che ha così accolto la
richiesta del Consorzio di Tutela del Soave. Il Soave è la prima denominazione italiana che
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adegua il proprio disciplinare al nuovo decreto ministeriale che rivede e semplifica le norme che
riguardano il confezionamento dei vini DOC.
Come dicono al Consorzio, presieduto da Arturo Stocchetti, alias Cantina del Castello , “la vocazione all’internazionalizzazione del Soave aveva spinto i produttori verso queste chiusure
innovative già dal 2005, ma solo per il Soave senza specificazioni aggiuntive. I mercati che
maggiormente hanno spinto a questo cambiamento sono da sempre quelli del Nord Europa ai
quali, negli ultimi anni si sono aggiunte piazze storiche come la Germania e l’Inghilterra, sulla
spinta dei produttori del nuovo mondo meno legati alla tradizione.
Per il Consorzio del Soave si tratta quindi “di una scelta commerciale per presidiare meglio
mercati che rimangono strategici per il Soave ma anche una importante scelta tecnica per un
vino bianco caratterizzato da freschezza e fragranza con profumi ed aromi molto delicati”.
Una decisione cui si è arrivati dopo una intensa attività di sperimentazione fatta dal Consorzio in
sinergia con i produttori fin dai primi anni del 2000, che ha consentito di dimostrare come
queste chiusure garantiscano una maggiore longevità al vino evitando in parallelo ogni “sentore
di tappo”. Va ricordato che viene invece rimandata al 2013 invece la possibilità di utilizzo del
tappo a vite per il Soave Superiore DOCG senza le menzioni tradizionali. In questo caso i
produttori devono attendere un’ulteriore imminente modifica del decreto sul confezionamento
dei vini DOC.
Un applauso dunque al Consorzio del Soave per questo approccio pragmatico al mercato, con
un unico appunto all’amico presidente Stocchetti, laddove parlando di una “evoluzione sempre
più veloce dei gusti e del mercato” che “impone alle denominazioni più attente sul fronte
dell’internazionalizzazione una flessibilità produttiva importante per crescere sulle piazze
emergenti e consolidarsi su quelle storiche”, osserva che “i nuovi consumatori, non essendo
legati alla trappola della tradizione, riescono più facilmente a superare le barriere mentali che
legano il concetto di vino di qualità al tappo in sughero”.
Qui sbagli, e di grosso, Arturo, perché la tradizione, e l’esempio dato da un tradizionalista
innovatore aperto al nuovo senza paraocchi o miopie come Bartolo Mascarello lo dimostra, non
è mai una “trappola”, ma un qualcosa di prezioso e fondamentale, di cui fare tesoro. Anche
senza esserne mai condizionati o invischiati…
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