Defibrillatori interamente sottocutanei

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Defibrillatori interamente sottocutanei
LE 5 COSE CHE TUTTI I CARDIOLOGI DEVONO SAPERE SUI DEFIBRILLATORI
INTERAMENTE SOTTOCUTANEI
A cura di Massimo Zecchin
1. Cos’è un S-ICD?
L’S-ICD (defibrillatore interamente sottocutaneo) è costituito da un generatore
posizionato nel tessuto sottocutaneo o sottomuscolare in regione toracica laterale
sinistra collegato ad un elettrodo collocato, sempre a livello sottocutaneo lungo la
linea medio-sternale. L’attività cardiaca viene letta su tre vettori diversi acquisendo
un segnale simile all'ECG di superficie e la terapia antitachicardica consiste
nell’erogazione di uno o più shock ad elevata energia (80J). Il dispositivo può
erogare anche un pacing ventricolare per 30” secondi dopo lo shock, ma non può
stimolare il cuore in cronico.
2. L’S-ICD può essere impiantato in tutti i pazienti con indicazioni ad ICD?
Vista l’impossibilità di eseguire stimolazione cardiaca, l’S-ICD non è utilizzabile nei
pazienti con indicazione o potenziale indicazione a pacing per bradiaritmie, nei
pazienti con necessità di resincronizzazione e in quelli con storia (o elevata
probabilità) di tachicardie ventricolari monomorfe potenzialmente trattabili con
pacing anti-tachicardico (ATP), non disponibile negli attuali S-ICD.
Inoltre, tutti i pazienti candidati a S-ICD devono eseguire prima dell’impianto un
particolare “screening” del segnale elettrocardiografico, talora anche durante
sforzo, per valutare la capacità del dispositivo nel riconoscere correttamente il
segnale ventricolare.
3. Quali pazienti possono beneficiare maggiormente di un S-ICD?
L’S-ICD può essere proposto a tutti i pazienti con indicazione a ICD in prevenzione
primaria o secondaria ma senza storia di TV monomorfe e che non necessitino di
stimolazione cardiaca. L’assenza di elettrodi intravenosi ed intracavitari lo rendono
particolarmente indicato nei soggetti giovani, con lunga aspettativa di vita ma con
elevato rischio di aritmie polimorfe (sindrome del QT lungo, sindrome di Brugada,
cardiomiopatia ipertrofica, ecc.).
Il dispositivo è particolarmente indicato anche nei soggetti con accesso venoso
complesso o impraticabile (occlusione della vena succlavia/tronco anonimo) o
anomalie anatomiche (per esempio cardiopatia congenite complesse).
La diversa posizione della tasca sotto l’ascella, lontano dall’articolazione della spalla,
permette una maggiore libertà di movimento dell’articolazione, a beneficio dei
soggetti più attivi fisicamente. Infine, grazie alla posizione più “nascosta” della tasca,
soprattutto nelle donne, vi può essere un certo beneficio anche dal punto di vista
estetico.
4. L’efficacia nel trattare le aritmie è analoga a quella degli ICD tradizionali
Fin dagli studi preliminari è emerso come gli S-ICD siano in grado di interrompere
sostanzialmente tutti gli episodi di TV/FV, circa nel 90% al primo tentativo.
L’efficacia pertanto sembra analoga o addirittura superiore a quella degli ICD
tradizionali.
5. L’efficacia nel discriminare le aritmie è analoga a quella degli ICD tradizionali
In assenza di elettrodi endocavitari, il sistema di riconoscimento delle aritmie si basa
sull’acquisizione di un segnale simile all'ECG di superficie su 3 derivazioni,
selezionando quella col migliore rapporto fra onda R e onda T e su algoritmi di
riconoscimento (che combinano frequenza, morfologia dei battiti, loro successione e
ampiezza dei QRS) per la discriminazione delle aritmie sopraventricolari, fino ad un
determinato limite di frequenza ventricolare; superato tale limite opera solo il
criterio della frequenza.
Nello studio EFFORTLESS S-ICD gli interventi inappropriati sono stati del 7% nel corso
dei primi 18 mesi di follow-up, dato analogo se non inferiore a quello degli ICD
tradizionali. Nella maggioranza dei casi (circa 90%) gli interventi inappropriati sono
stati causati da oversensing dell’onda T. In 7 casi (su 472 pazienti) è stato erogato
uno shock su aritmie sopraventricolari, in 6 perché è stata superata la frequenza
massima entro la quale veniva eseguito il riconoscimento ed in 1 caso per variazioni
della morfologia del QRS.
1. Cos’è un S-ICD?
I defibrillatori automatici (ICD) tradizionali con elettrodo transvenoso sono in uso da
molti anni con indicazioni consolidate per la prevenzione della morte improvvisa;
l’utilizzo in un sempre maggior numero di pazienti anche molto giovani, con scarsa
riduzione della capacità funzionale e lunga aspettativa di vita (per esempio portatori
di patologie dei canali ionici o cardiopatie ad espressione prevalentemente od
esclusivamente aritmica) ha focalizzato l’attenzione nei confronti delle possibili
complicanze, soprattutto a lungo termine. I maggiori limiti all'uso dell’ICD sono
legati alla necessità di posizionare almeno un elettrodo all'interno del cuore
attraverso un accesso venoso intratoracico. Ciò comporta la necessità di accessi
venosi talora, anche se raramente, proibitivi (in presenza di occlusione dei rami
afferenti alla vena cava superiore o in alcune cardiopatia congenite); il problema
principale degli ICD con accesso transvenoso, tuttavia, è il rischio non trascurabile
(fino a 20% entro 10 anni) di rotture, malfunzionamenti o infezioni degli elettrodi;
questi ultimi già a breve distanza dall’impianto sono adesi strettamente alla parete
dei vasi e del cuore; l’intervento di rimozione e sostituzione degli elettrodi, in questi
casi, è una procedura notevolmente complessa, gravata di elevati rischi ed eseguita
solo in pochi centri specializzati. Il defibrillatore automatico con impianto
interamente sottocutaneo (S-ICD), cioè senza elettrodi inseriti dentro il cuore, ha
ottenuto l'autorizzazione europea CE nel 2009 e quella americana FDA nel 2012. L’SICD è costituito da un generatore posizionato nel tessuto sottocutaneo o
sottomuscolare in regione toracica laterale sinistra collegato ad un elettrodo
collocato, sempre a livello sottocutaneo, lungo la linea medio-sternale (Figura 1).
Figura 1. Posizione dell’ICD interamente sottocutaneo
La procedura d’impianto, ormai standardizzata, non pone particolari problematiche
chirurgiche. Viene eseguita senza fluoroscopia, anche se una valutazione radiologica
in 2 proiezioni viene effettuata prima e dopo l’intervento per verificare i rapporti tra
il cuore e la posizione del sistema S-ICD-elettrodo sottocutaneo (Figura 2 a e 2b).
Figura 2a e 2b. Radiografia del torace in proiezione postero-anteriore (2a) e laterolaterale (2b) dopo l’impianto di ICD interamente sottocutaneo
L'elettrodo sottocutaneo è privo di lume e mostra pertanto una maggiore resistenza
rispetto agli elettrodi intracavitari convenzionali; non è stata descritta alcuna rottura
nelle casistiche fin qui riportate. In ogni caso, la localizzazione sottocutanea non
pone particolari problematiche legate ad un’eventuale estrazione. Pur non essendo
trascurabile (almeno in base agli studi EFFORTLESS ed IDE) il rischio di infezione della
ferita (5%), vi è stata necessità di espianto solo nell’1,7% dei casi.
L’attività elettrica cardiaca viene letta su tre vettori diversi acquisendo un segnale
simile all'ECG di superficie, selezionando quello col migliore rapporto fra onda R e
onda T, per evitare fenomeni di oversensing dell'onda T. Le terapie antitachicardiche
dell'S-ICD possono essere programmate secondo due intervalli di trattamento (per
frequenze cardiache fra 170 e 250 battiti minuto): nell’intervallo di frequenza
cardiaca minore (zona “condizionata”), le aritmie sono analizzate mediante algoritmi
dedicati, atti a discriminare le forme sopraventricolari da quelle ventricolari per
poter trattare solo queste ultime, evitando shock inappropriati. Oltre determinati
valori di frequenza cardiaca (zona “non condizionata”) l’aritmia viene trattata
indipendentemente dalla morfologia dell’ECG.
La terapia antitachicardica consiste nell’erogazione di uno o più shock ad elevata
energia (80J, circa il doppio di quello erogabile dagli ICD tradizionali). Al momento
dell'impianto è comunque raccomandata l’esecuzione di un test di defibrillazione
che testi l'efficacia di 65 J. Limitatamente ai 30” successivi uno shock, il dispositivo
può erogare anche un pacing transtoracico. Non vi è tuttavia la possibilità di
stimolazione in cronico. La durata della batteria dell’attuale generazione di
dispositivi è stimata dal produttore in 7 anni.
2. L’S-ICD può essere impiantato in tutti i pazienti con indicazioni ad ICD?
L’S-ICD è potenzialmente utilizzabile i tutti quei pazienti con indicazione ad ICD per i
quali sia richiesto un dispositivo in grado di riconoscere e trattare le tachiaritmie
ventricolari mediante erogazione di shock ad alta energia ma che non necessitino di
stimolazione cardiaca. Tale indicazione (classe IIA, livello di evidenza C) è presente
anche nelle Linee Guida sulla prevenzione della morte improvvisa recentemente
pubblicate dalla Società Europea di Cardiologia.
Vengono pertanto esclusi i pazienti bradicardici, con alterazioni della conduzione
atrio-ventricolare, quelli con indicazione a terapia di resincronizzazione e quelli con
storia (o elevata probabilità) di tachicardie ventricolari monomorfe, potenzialmente
trattabili con anti-tachicardia pacing (ATP). Gli algoritmi di riconoscimento delle
aritmie sono diversi da quelli degli ICD tradizionali; questi ultimi sfruttano le tracce
endocavitarie, mentre gli S-ICD utilizzano segnali molto simili a quelli degli ECG di
superficie, letti su tre vettori diversi (Figura 3).
Figura 3. Posizione degli elettrodi per lo screening pre-impianto mediante ECG di
superficie
Per le analisi, il dispositivo seleziona automaticamente la derivazione col migliore
rapporto fra onda R e onda T. Tuttavia, non in tutti i pazienti il rapporto temporospaziale tra l’onda R e l’onda T è tale da permettere un appropriato riconoscimento
del tracciato per il rischio di undersensing (mancati riconoscimenti del segnale
ventricolare) o oversensing (errato riconoscimento di segnali non appropriati, per
esempio onde T). Per ridurre al minimo tale rischio tutti i pazienti candidati a S-ICD
devono eseguire prima dell’impianto un particolare “screening” del segnale
elettrocardiografico, in clino ed ortostatismo e talora anche durante sforzo, per
valutare la capacità del dispositivo nel riconoscere correttamente il segnale
ventricolare. Attualmente ciò viene eseguito posizionando gli elettrodi
dell’elettrocardiografo in alcuni punti del torace, simulando i vettori del dispositivo,
e verificando i rapporti tra complesso QRS ed onda T (Figura 4) mediante appositi
regoli. È preferibile eseguire tale screening anche durante sforzo, soprattutto nei
pazienti in cui, per la morfologia dell’ECG, vi sia un maggior rischio di riconoscimento
inappropriato (pazienti con cardiomiopatia ipertrofica, sindrome del QT lungo,
pazienti con bassi voltaggi dei complessi QRS, ecc). Qualora tale screening
elettrocardiografico non venga superato, l’impianto di un S-ICD è fortemente
sconsigliato.
Infine, ulteriori limiti imposti dai dispositivi attuali, ma che verranno superati nei
prossimi mesi, sono l’incompatibilità con la risonanza magnetica nucleare
(disponibilità di dispositivi MRI-compatibili prevista per maggio 2016) e
l’impossibilità di trasmettere i dati via monitoraggio remoto (almeno fino al febbraio
di quest’anno).
Figura 4. Analisi del rapporto tra QRS ed onda T in fase di screening
3. Quali pazienti possono beneficiare maggiormente di un S-ICD?
Considerate le caratteristiche del dispositivo, in particolare l’assenza di elettrodi
endocavitari, l’S-ICD può essere proposto in particolare a soggetti giovani, con lunga
aspettativa di vita (in assenza di aritmie ventricolari potenzialmente fatali) e con
elevato rischio di aritmie polimorfe (sindrome del QT lungo, sindrome di Brugada,
cardiomiopatia ipertrofica).
Il dispositivo è particolarmente indicato nei soggetti con difficoltà di accesso venoso
(occlusione della vena succlavia/tronco anonimo) o anomalie anatomiche (per
esempio cardiopatie congenite complesse).
Nei pazienti con pregressa infezione da catetere, inoltre, un riposizionamento del
dispositivo al di fuori del sistema venoso ed endocardico potrebbe essere preferibile
e consentire un reimpianto più precoce.
Pur in assenza di dati che ne dimostrino la superiorità, inoltre, è possibile che in
futuro il dispositivo possa essere non solo proposto in alternativa, ma addirittura
come prima scelta in tutti i pazienti con indicazione a ICD in prevenzione primaria, o
secondaria ma senza storia di tachicardie ventricolari monomorfe, e che non
necessitino di stimolazione cardiaca di nessun tipo. Il timore che l’assenza di pacing
antitachicardico (ATP) possa portare ad un eccesso di shock altrimenti evitabili nei
pazienti con indicazione ad ICD in prevenzione primaria sembra non essere
giustificato: nei pazienti arruolati nello studio SCDHeFT (cardiopatia ischemica o non
ischemica, frazione d’eiezione del ventricolo sinistro < 35% e classe funzionale NYHA
II-III) le probabilità di utilizzo dell’ATP era dell’1,8% all’anno, una percentuale
inferiore al rischio annuale di malfunzionamento degli elettrodi endocavitari.
L’S-ICD, per erogare energie più elevate ma anche per garantire una maggiore
superficie di defibrillazione, è di dimensioni maggiori rispetto agli ICD tradizionali.
Tuttavia, la diversa posizione della tasca (lontano dall’articolazione della spalla) e la
riduzione dello spessore del dispositivo, attualmente di poco superiore al cm),
garantiscono una maggiore libertà di movimento, in particolare nei soggetti attivi e
che desiderino, limitatamente alle possibilità imposte dalla cardiopatia di base,
svolgere attività sportiva. Alcuni pazienti, tuttavia, riferiscono difficoltà
nell’assumere certe posizioni, in particolare sul fianco sinistro.
Infine, grazie alla posizione più “nascosta” della tasca, soprattutto nelle donne, vi
può essere un certo beneficio anche dal punto di vista estetico.
4. L’efficacia nel trattare le aritmie è analoga a quella degli ICD tradizionali
Già i primi dati sull'utilizzo clinico dell’S-ICD, pubblicati fra il 2011 e il 2012, avevano
evidenziato, pur se in casistiche di piccole dimensioni e con breve follow-up (<1
anno) basse o nulle complicanze all'impianto e la capacità di interrompere
sostanzialmente ogni tachicardia/fibrillazione ventricolare (TV/FV) con le sequenze
di shock programmati. Dati più recenti su più ampie casistiche hanno confermato la
sicurezza dell’S-ICD. In particolare lo studio prospettico denominato IDE (S-ICD
System IDE Clinical Investigation) era mirato a dimostrare sicurezza ed efficacia
dell'S-ICD, sia al test di defibrillazione, anche ripetuto in un sottogruppo di pazienti
dopo 6 mesi, sia durante un follow-up medio di 11 mesi su 330 pazienti; l'S-ICD è
risultato in grado di terminare efficacemente tutte le FV indotte al test all'impianto,
utilizzando un’energia di cardioversione di 65 J, con un massimo di quattro tentativi
di cardioversione, senza che siano state registrate complicanze. Al follow-up, 21
pazienti (6,7%) presentavano 119 episodi di TV/FV. Tutti gli shock sono risultati
efficaci (nel 92% al primo tentativo) e la mortalità totale è stata del 2,5%, senza
morti aritmiche (anche se in due casi le cause erano indeterminate non essendo
stata possibile l’interrogazione del dispositivo).
Lo studio EFFORTLESS S-ICD (Evaluation oF FactORs ImpacTing CLinical Outcome and
Cost EffectiveneSS of the S-ICD) è un registro non randomizzato che ha arruolato
oltre 1.000 pazienti in vari paesi europei e Nuova Zelanda. Nel 2014 sono stati
pubblicati i risultati dell'analisi ad interim relativa a 472 casi valutati a 6 e 12 mesi
dall'impianto. Gli interventi appropriati si dimostravano del tutto efficaci: tutte le
TV/FV sono state interrotte (efficacia 100%) entro i 5 shock previsti, con un’efficacia
al primo shock dell'88%. Ulteriori informazioni sono state pubblicate in un’analisi
cumulativa di Burke et al. dei due studi IDE e EFFORTLESS (che comprendeva
pazienti aggiuntivi dell'EFFORTLESS) per una popolazione complessiva di 889
pazienti seguita mediamente per 22 mesi. I dati rilevati ad 1 anno si sono confermati
anche fino a 3 anni di follow-up (efficacia al primo shock 90%, complessiva per ogni
shock del 98%).
5. L’efficacia nel discriminare le aritmie è analoga a quella degli ICD tradizionali
Mentre, come detto, vi è stata fin da subito evidenza dell’efficacia nell’interrompere
le tachiaritmie ventricolari, i primi dati dimostravano una discreta percentuale di
shock inappropriati (fino al 25%) per lo più da oversensing dell'onda T ed errato
riconoscimento di aritmie sopraventricolari; questi studi iniziali sono però serviti a
comprendere i problemi legati al riconoscimento delle aritmie; la riduzione
dell'oversensing da miopotenziali ed il miglioramento degli algoritmi di
riconoscimento (che combinano frequenza, morfologia dei battiti singoli, loro
successione e ampiezza dei QRS) è stata confermata da uno studio comparativo
multicentrico, lo START. Lo studio prevedeva l’impianto di ICD tradizionale con
elettrodo atriale e l’analisi, mediante elettrodi di superficie che simulavano la
posizione dell’S-ICD, di aritmie ventricolari e sopraventricolari indotte durante
studio elettrofisiologico. La registrazione dell’S-ICD risultava migliore rispetto a
quella intracavitaria dell'ICD tradizionale nel riconoscimento delle tachiaritmie
sopraventricolari (98%) e pari nel riconoscimento di TV/FV (100%) (Figura 5).
Figura 5. Riconoscimento appropriato e trattamento efficace di fibrillazione
ventricolare (tracciato registrato dagli elettrodi del dispositivo)
Nello studio IDE, shock inappropriati erano presenti nel 13% dei pazienti, (5,1% per
aritmie sopraventricolari (TSV), 8% per oversensing dell’onda T; tutti gli shock
inappropriati su TSV si sono verificati nella zona "non condizionata" (ad elevata
frequenza ventricolare) in cui non è comunque prevista la discriminazione delle
tachiaritmie. Nessuna TSV in zona “condizionata” è stata erroneamente considerata
ventricolare.
Nello studio EFFORTLESS S-ICD gli interventi inappropriati sono stati ancora minori,
riguardando il 7% dei pazienti nel corso dei primi 18 mesi di follow-up.
La maggior parte degli shock inappropriati era dovuto ad oversensing (85%) in
particolare di onda T (94%). In 4 pazienti vi sono stati shock dovuti ad interferenze
elettromagnetiche ed in 6 da TSV ad elevata frequenza (registrate in zona “non
condizionata”). Solo in 1 caso vi è stato un errore nella discriminazione della TSV,
dovuto ad alterata morfologia del segnale.
Nell’analisi cumulativa dei due studi pubblicata da Burke et al. l’incidenza di shock
inappropriati è stata del 13% a tre anni, con una netta differenza fra l'incidenza
associata a singola zona di intervento, pari al 20,5%, e quella con doppia zona, pari
al 11,7%.
Pertanto, anche in base al documento, recentemente pubblicato e che ha coinvolto
le Società Scientifiche aritmologiche americane, europee ed asiatiche, sulla
programmazione ottimale, è ragionevole programmare negli S-ICD due zone di
riconoscimento: un intervallo “condizionato” con algoritmi di discriminazione delle
TSV per frequenza ≤200 bpm ed una seconda zona, “non condizionata” senza
algoritmi di discriminazione, per frequenze ≥230 bpm (classe di raccomandazione
IIA, livello di evidenza B).
Per approfondire:
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and the preventionof Sudden cardiac death: The Task Force for the Management of
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the European Society of Cardiology (ESC). Endorsedby: Association for European
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SG, Blomström-Lundqvist C, Mazzanti A, Blom N, Borggrefe M, Camm J, Elliott PM,
Fitzsimons D, Hatala R, Hindricks G, Kirchhof P, Kjeldsen K, Kuck KH, HernandezMadrid A, NikolaouN, Norekvål TM, Spaulding C, Van Veldhuisen DJ.
Eur Heart J. 2015 Aug 29. pii: ehv316.
- Poole JE and Gold MR: Who Should Receive the Subcutaneous Implanted
Defibrillator?: The Subcutaneous Implantable Cardioverter Defibrillator (ICD) Should
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Circ Arrhythm Electrophysiol 2013;6:1236-1245.
- Gold MR, Theuns DA, Knight BP, Sturdivant JL, Sanghera R, Ellenbogen KA, Wood
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- Burke MC, Gold MR, Knight BP, Barr CS, Theuns DA, Boersma LV, Knops RE, Weiss
R, Leon AR, Herre JM, Husby M, Stein KM, Lambiase PD. Safety and Efficacy of the
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- Bruce L. Wilkoff MD, FHRS, CCDS (Chair), Laurent Fauchier MD, PhD (co-Chair),
Martin K. Stiles MBCHB, PhD (co-Chair), Carlos A. Morillo MD, FRCPC, FHRS (coChair), Sana M. Al-Khatib MD, MHSc, FHRS, CCDS, Jesús Almendral MD, PhD, FESC,
Luis Aguinaga MD, PhD, FACC, FESC, Ronald D. Berger MD, PhD, FHRS, Alejandro
Cuesta MD, PhD, FESC, James P Daubert MD, FHRS, Sergio Dubner MD, FACC,
Kenneth A. Ellenbogen MD, FHRS, N.A. Mark Estes III MD, Guilherme Fenelon MD,
PhD, Fermin C. Garcia MD, Maurizio Gasparini MD, David E. Haines MD, FHRS, Jeff S.
Healey MD, MSc, FRCPC, FHRS, Jodie L, Hurtwitz MD, Roberto Keegan MD, Christof
Kolb MD, Karl-Heinz Kuck MD, FHRS, Germanas Marinskis MD, FESC, Martino
Martinelli MD, PhD, Mark McGuire MBBS, PhD, Luis G. Molina MD, DSc, Ken
Okumura MD, PhD, Alessandro Proclemer MD, Andrea M. Russo MD, FHRS, Jagmeet
P. Singh MD, DPhil, FHRS, Charles D. Swerdlow MD, FHRS, Wee Siong Teo MBBS,
FHRS, William Uribe MD, FHRS, SamiViskin MD, Chun-Chieh Wang MD, Shu Zhang
MD, 2015 HRS/EHRA/APHRS/SOLAECE Expert Consensus Statement on Optimal
Implantable Cardioverter-Defibrillator Programming and Testing
Heart Rhythm, http://dx.doi.org/10.1016/j.hrthm.2015.11.018