finalita` e aspetti innovativi della direttiva 96/61/ce sulla prevenzione

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finalita` e aspetti innovativi della direttiva 96/61/ce sulla prevenzione
nota scritta presentata in occasione del convegno su
L’Autorizzazione Ambientale Integrata (IPPC): Aspetti Normativi e Tecnici
organizzato dal Gruppo Scientifico Studi e Ricerche, presso l'Istituto Milanese Martinitt, mercoledì 26 marzo 2003.
FINALITA’ E ASPETTI INNOVATIVI DELLA DIRETTIVA 96/61/CE SULLA
PREVENZIONE E RIDUZIONE INTEGRATA DELL’INQUINAMENTO
De Leo Giulio, Maria Luisa Pastore
Settore Promozione e Sviluppo
ARPA Lombardia
Via Restelli 1, 20124 Milano
Introduzione
Sette anni dopo l’emanazione della direttiva comunitaria sulla prevenzione e controllo integrato
dell’inquinamento, il quadro attuativo risulta ancora incompleto e presenta problemi di notevole
complessità. Molti strumenti previsti dal decreto legislativo 372/99 di recepimento della
direttiva comunitaria devono ancora prendere luce, primi fra tutti le ”Linee guida per
l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili” (ex art.3 comma 2) che
sono rimaste per tutto il 2002 allo stato di pura previsione. L’unico decreto attuativo approvato,
il DMA 23 Novembre 2001 sulla dichiarazione delle emissioni per gli impianti IPPC (ex art. 10
commi 2 e 3), è stato oggetto di una successiva modifica che ne ha ampiamente ridotto campo
di applicazione e portata informativa, anche riguardo all’informazione minima relativa al
numero, per tipo di attività, di impianti esistenti soggetti alla normativa. I contenuti specifici e le
modalità di compilazione della domanda di autorizzazione integrata ambientale, i criteri di
valutazione da parte dell’Autorità Competente, la candelarizzazione delle domande, e, in alcuni
casi, perfino le soglie dimensionali per inclusione o esclusione di alcune categorie di impianti
sono tuttora in corso di definizione.
In questa situazione articolata ed in rapida evoluzione in cui si sta lavorando per dare piena
attuazione alla direttiva con un nuovo decreto legislativo, come previsto dalla norma
comunitaria 1 marzo 2002 n. 39, risulta essenziale non perdere di vista le finalità ultimi della
direttiva sulla prevenzione e controllo integrato dell’inquinamento. Gli obiettivi e principi
ispiratori, in questa fase, debbono infatti essere ben presenti e chiari a tutti i soggetti coinvolti
per evitare il rischio di definire procedure applicative che svuotino di significato il contenuto
della direttiva stessa. Inoltre lo spirito della direttiva, la portata e la complessità della materia
richiedono che tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, ognuno per il proprio ruolo, facciano
propri gli obiettivi della direttiva e si coordino in modo da integrare e non disperdere le
conoscenze e le esperienze sviluppate nelle proprie aree specifiche di competenza.
Il punto di partenza: le politiche ambientali europee
Negli ultimi 15 anni, le politiche ambientali comunitarie hanno avuto come filo conduttore il
perseguimento dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, ovvero “uno sviluppo che soddisfi i
bisogni delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di
soddisfare i propri bisogni” (Rapporto Brundtland 1987). Dopo un decennio di sperimentazione
di strumenti e politiche specifiche nel settore ambientale, appare chiaro che tale obiettivo sarà
raggiungibile solo attraverso l’integrazione delle considerazioni ambientali nell’ambito di ogni
politica settoriale riguardante economia, industria, energia, trasporti, ecc.
Con l’approvazione del VI° programma comunitario di azione in materia ambientale nel 2002,
la UE ha ampliato e dato piena continuità alla scelta di indirizzarsi decisamente verso politiche
ambientali che mirano al miglioramento della eco-efficienza nell’uso delle fonti energetiche e
nei materiali utilizzati, incentivando l’impiego di quelli più durevoli e recuperabili e
abbandonando progressivamente strategie di tipo end of pipe a favore di un approccio
preventivo ed anticipativi ai problemi dell’inquinamento. Queste politiche comportano sia lo
sviluppo di nuovi comportamenti individuali e collettivi ecologicamente e socialmente
responsabili, sia il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nella definizione degli interventi
e delle soluzioni praticabili per il conseguimento di obbiettivi condivisi.
Con la Direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC Integrated Pollution Prevention and Control), l’Unione Europea si è dotata di uno strumento
potenzialmente di grande efficacia sia sul fronte amministrativo che su quello tecnicoambientale con il quale, nell’ambito del sistema produttivo, gli obiettivi generali dello sviluppo
sostenibile e dello sviluppo di produzioni più pulite vengono perseguiti mediante la
prevenzione integrata dei fenomeni di inquinamento.
La direttiva IPPC: finalità ed obiettivi
La finalità della normativa è di mettere in atto tutte le azioni - in ambito industriale - al fine di
“prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare l’inquinamento intervenendo innanzitutto
alla fonte nonché garantendo una gestione accorta delle risorse naturali…” (art. 1). La direttiva
in particolare è rivolta a quelle attività produttive con un elevato potenziale di inquinamento,
individuate nell’All. I in cinque categorie settoriali (Attività energetiche, Produzione e
trasformazione dei metalli, Industria dei prodotti minerali, Industria chimica e Gestione rifiuti)
ed una sesta categoria che raccoglie un insieme eterogeneo di attività (Industria cartaria,
Concerie, Industria tessile, Macelli, Industria alimentare, Eliminazione e recupero carcasse,
Allevamenti intensivi, Impianti per la fabbricazione di carbonio o grafite per uso elettrico).
I principi di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento sono perseguibili garantendo
che gli impianti in cui vengono svolte attività particolarmente impattanti siano gestiti in modo
da (Art. 3):
prevenire l’inquinamento, mettendo in atto tutte le opportune misure
evitare il verificarsi di fenomeni di inquinamento significativi
evitare la produzione di rifiuti o recuperare i rifiuti prodotti o smaltirli evitando o riducendo
l’impatto ambientale
utilizzare in modo efficace l’energia
prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze
evitare qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione dell’attività.
adottare, laddove possibile, le migliore tecniche disponibili di gestione delle attività
produttive.
Strumenti ed azioni dell’IPPC
Elementi particolarmente innovativi della direttiva sono rappresentati dagli strumenti e dalle
azioni da mettere in atto al fine di garantire un approccio preventivo alle problematiche
ambientali e di salute pubblica. Fra i più importanti si ricordano:
• l’approccio sistemico ed integrato ai vari aspetti ambientali legati ad ogni singolo
impianto considerato nel suo complesso, nel contesto ambientale e territoriale in cui è
inserito, al fine di limitare il trasferimento dei carichi ambientali da un comparto
all’altro. Tale approccio deve essere mantenuto nell’intero ciclo di vita dell’impianto
industriale, dalla progettazione fino alla sua dismissione, e da tutti i soggetti interessati:
proponente/gestore autorità competente, controllori, ecc. L’approccio integrato riguarda
quindi non solo la valutazioni degli impatti potenzialmente generati da un determinata
attività produttiva, ma anche il coordinamento fra i vari soggetti interessati;
• il progressivo abbandono dell’approccio comando-controllo, per arrivare a quello
controllo-conoscenza, affrontando in modo integrato le considerazioni impiantistiche, il
controllo degli impatti sull’ambiente ed il monitoraggio ed inventario delle emissioni
anche attraverso la formazione dell’ EPER, il registro europeo delle emissioni;
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•
•
•
l’introduzione, per questi impianti, delle BAT– Best Available Techniques : “ la più
efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti
l’idoneità pratica di determinate tecniche a costruire in linea di massima, la base dei
valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre
in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso (art. 2,
comma 1 della direttiva);
la garanzia di coinvolgimento e di coordinamento di tutti i soggetti interessati: la
pubblica amministrazione, il sistema imprenditoriale, il pubblico;
lo scambio di informazioni e continuo monitoraggio delle migliori tecniche che si
rendono via via disponibili e degli esiti derivanti dalla loro introduzione e
dall’applicazione della normativa, coordinati dalla Comunità Europea, prevedendone un
aggiornamento sistematico.
L’Autorizzazione Integrata Ambientale
Lo strumento fondamentale che riassume i punti sopra indicati è, l’Autorizzazione Integrata
Ambientale (AIA), rilasciata dall’Autorità competente, indispensabile ai fini del funzionamento
di un impianto soggetto ad IPPC.
Secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 10, del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372, che recepisce
in parte la direttiva IPPC, l’AIA sostituirà ad ogni effetto ogni altro visto, nulla osta, parere o
autorizzazione in materia ambientale, previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme
di attuazione, come ad esempio:
- l’autorizzazione allo scarico in fognatura o in corsi d’acqua superficiali, ex d.lgs. 152/99;
- l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex d.p.r. 203/88;
- l’autorizzazione inerente le operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti ex d.lgs. 22/97;
- la previsione di impatto acustico e il piano di risanamento acustico, ex l. 447/95;
Ai sensi della normativa vigente, quindi, l’AIA, oltre a garantire l’obiettivo fondamentale
dell’approccio integrato, si pone come uno strumento di semplificazione amministrativa di
notevole portata, unificando in un unico procedimento tecnico-amministrativo procedimenti
prima separati ed indipendenti l’uno dall’altro e, per di più, di competenza di enti diversi. Il d.
lgs. 372/99 individua nella la Conferenza dei Servizi (L241/1990) il momento di eccellenza per
la concertazione fra i vari enti, l’espressione dei relativi pareri e la valutazione e considerazione
delle osservazioni pervenute dal pubblico.
Alcuni problemi aperti
Un aspetto che necessariamente dovrà essere approfondito a livello nazionale è l’integrazione
fra le procedura VIA e quella IPPC, essendo del tutto evidenti la stretta connessione ed
interdipendenza dei relativi aspetti, le conseguenti semplificazioni amministrative nonché la
possibilità di addivenire a decisioni più circostanziate. E’ la stessa direttiva 96/61/CE, del resto,
ad esplicitare la stretta connessione tra le due procedure ponendo, fra le condizioni
dell’autorizzazione IPPC, la considerazione delle conclusioni della procedura di VIA che,
notoriamente, ai sensi delle norme comunitarie e nazionali, si applica ex ante, ovvero prima
della realizzazione di un insediamento industriale. Oltre ad obiettivi di carattere generale di
prevenzione e di riduzione dell’impatto e dell’inquinamento, entrambe le procedure richiedono
di prendere in considerazione le relazioni fra l’opera/impianto ed il territorio circostante: le
scelte progettuali, operate su una serie di alternative a confronto, e le condizioni autorizzative
devono essere guidate da valutazioni degli impatti sul contesto territoriale ed ambientale
circostante. Altro importante aspetto comune sia a IPPC che alla VIA è l’importanza della
partecipazione del pubblico al processo decisionale.
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L’integrazione fra VIA e IPPC per gli impianti di nuova costruzione presenta ancora dei
problemi, per quanto già il d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372 e poi la legge finanziaria riconoscano
esplicitamente la necessità di questa integrazione individuando nell’Autorità Competente al
rilascio dell’AIA per gli impianti soggetti a procedura di VIA nazionale (ai sensi del d.p.c.m. 10
agosto 1988, n.377) la stessa autorità statale competente al rilascio del provvedimento di VIA.
Un’attenzione analoga riguarda il rapporto fra la procedura IPPC e quella relativa al direttiva
Seveso II: infatti, la direttiva individua, come obbligo fondamentale del gestore di impianto
IPPC (art. 3) e condizione dell’autorizzazione (art. 5), la previsione di misure necessarie per
prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze.
Tenuto conto che il diritto all’informazione e la partecipazione del pubblico durante il
procedimento autorizzativo e durante la fase di gestione dell’impianto rappresentano già un
aspetto fondamentale ed innovativo della direttiva, il ruolo dell’amministrazione pubblica nella
promozione della partecipazione del pubblico diventa ancora più significativo e pregnante con
la nuova direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.
Fondamentale sarà quindi l’impegno delle amministrazioni nell’organizzare sportelli di
informazione - anche virtuali, ovvero via internet - presso i quali sia resa disponibile al
pubblico, in modo organico, la documentazione relativa ai procedimenti IPPC ed alle
autorizzazioni integrate ambientali rilasciate, le linee guida sulla compilazione della domanda, i
criteri di valutazione, ecc. Importante sarà anche individuare delle efficaci modalità di
funzionamento della Conferenza di Servizi, momento fondamentale per valutare in modo
integrato esigenze e soluzioni impiantistiche con problematiche tipicamente territoriali.
Un ultimo problema tuttora aperto riguarda l’omogeneità delle procedure e provvedimenti fra le
varie regioni del nostro paese. Se da un parte la delega delle competenze a livello regionale o
provinciale (come in Piemonte) può assicurare il giusto livello di flessibilità nell’attuazione
dell’IPPC, d’altro canto sarebbe auspicabile che il mondo produttivo non si trovi nuovamente di
fronte ad una situazione a macchia di leopardo che ha già contraddistinto altri procedimenti
come la Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi del d.p.r. del 12 Aprile 1996. L’emanazione
di linee guida nazionali da un lato, e dall’altro un confronto continuo e sistematico fra proposte
e le esperienze condotte a livello regionale, come il sistema agenziale sta facendo nell’ambito
della pianificazione delle attività di controllo e monitoraggio, potrebbe favorire una certa
uniformità di approccio all’autorizzazione integrata ambientale su tutto il territorio nazionale.
Conclusioni
La strada per arrivare ad un’efficace implementazione della direttiva comunitaria sulla
prevenzione e controllo integrato dell’inquinamento è ancora lunga e complessa e molti
problemi riguardanti l’emanazione di linee guida nazionali e le modalità del controllo e
monitoraggio sono ancora aperti, la gestione del transitorio verso il nuovo sistema autorizzatorio
non priva di difficoltà. Tuttavia bisogna ricordare che le finalità ultime della direttiva
comunitaria sono molto ambiziose, e non solo da un punto di vista della protezione
dell’ambiente: la semplificazione amministrativa permetterà di favorire trasparenza e
ripercorribilità del processo decisionale, definendo regole e criteri chiari per tutti i soggetti
interessati, nella fase di valutazione così come in quella di controllo e monitoraggio, premiando
così le aziende impegnate nella riduzione e prevenzione integrata dell’inquinamento – un
aspetto importante da cui tutti i portatori di interesse collettivi e privati non potranno che trarre
beneficio. Appare d’altro canto chiaro, alla luce di numerose esperienze condotte nel settore
ambientale sul fronte nazionale ed internazionale, che un’implementazione veramente efficace
della direttiva si potrà conseguire solo attraverso la piena collaborazione di tutti gli attori e i
principali portatori di interesse istituzionali, ovvero le associazioni di categoria, la pubblica
amministrazione ed il sistema agenziale.
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