Austerità europea senza crescita? Crescita europea senza

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Austerità europea senza crescita? Crescita europea senza
Austerità europea senza crescita?
Crescita europea senza democrazia europea?
Come i cittadini europei possono rilanciare il progetto europeo
e vincere l’euroscetticismo
di Guido Montani
Il progetto europeo è in crisi. I cittadini europei non comprendono più la sua rilevanza e le
sue finalità. I giovani e l’attuale classe dirigente europea sembrano aver dimenticato il chiaro
messaggio contenuto nel progetto europeo lanciato appena dopo la seconda guerra mondiale “mai
più guerre tra europei.” I padri fondatori dell’Unione Europea sono menzionati nei libri di testo di
storia, ma l’Europa contemporanea è percepita come un’irritante burocrazia. In Europa, la pace e la
stabilità economica sono considerate come uno stato di natura, come un dono caduto dal cielo.
Perché tenere in vita un’inutile UE?
La condizione dell’UE sta degenerando rapidamente. In quasi tutti gli stati membri, le forze
anti-europee stanno guadagnando consensi. Il populismo non è una nuova ideologia e non è
necessariamente europeo: basti pensare al peronismo. Nell’Europa contemporanea il populismo è
una nuova espressione del nazionalismo. In Italia, la Lega Nord fa parte del governo euroscettico di
Berlusconi. In Francia, il Fronte Nazionale sta erodendo l’egemonia della UMP. In Belgio i
contrasti tra fiamminghi e valloni stanno mettendo in pericolo l’unità dello stato. In Olanda, in
Ungheria, nella Repubblica Ceca, in Austria e in Finlandia le forze populiste o sono al governo o lo
influenzano considerevolmente.
Il nazional-populismo è differente dal nazionalismo del passato. Il nazionalismo di De
Gaulle era un’ideologia fondata sulla “grandeur” della storia della Francia e su un’idea d’Europa
concepita come “Europa delle Patrie” di cui la Francia sarebbe stata la leader nella politica
internazionale. Il nazional-populismo contemporaneo è una forma di micro-nazionalismo: si oppone
al progetto europeo, ma senza avere una precisa alternativa. Proprio per questo il populismo è
pericoloso. Il suo obiettivo è non solo di interrompere il progetto unitario europeo ma anche di
disgregare i vecchi stati nazionali trasformandoli in micro-stati etnici, come è avvenuto nella exJugoslavia.
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Il populismo europeo e l’euroscetticismo sono due facce della medesima medaglia. I partiti
democratici pro-europei non li possono sconfiggere entro i confini dello stato nazionale. Entrambi
sono il prodotto della crisi del progetto europeo. La crisi è iniziata con la fine della guerra fredda, a
causa dell’incapacità dei leader dell’UE di sfruttare la favorevole occasione dell’allargamento per
portare a compimento il progetto iniziale dei padri fondatori. Basti ricordare un certo numero di
occasioni perse. Il Trattato di Maastricht è stato un insoddisfacente compromesso: un’Unione
Monetaria senza Unione Economica e Unione Politica. La Convenzione europea ha elaborato una
Costituzione europea senza includere un governo europeo. Inoltre, non ha mutato la regola
dell’unanimità per la procedura di ratifica, sebbene il principio della doppia maggioranza dei
cittadini e degli stati fosse stato accolto nel progetto di Costituzione. Avvenne così che, quando i
francesi e gli olandesi votarono con referendum contro il Trattato-Costituzione, nessuno osservò che
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una “minoranza” di cittadini si era espressa contro, mentre una “maggioranza” era favorevole. Ora
abbiamo il Trattato di Lisbona che è considerato un sostituto del Trattato-Costituzione. Nel
frattempo l’atmosfera politica è cambiata. La vecchia generazione che aveva sperimentato i mali
della guerra è fuori causa. La nuova classe politica è alle prese con nuovi problemi: il terrorismo
internazionale, le difficoltà dell’allargamento, l’immigrazione, le sfide della globalizzazione, la
sempre più difficile intesa tra le due sponde dell’Atlantico e l’incapacità dell’Europa di stimolare la
crescita economica.
In questa nuova atmosfera politica, l’Unione europea è considerata un insieme di istituzioni
utili ai governi nazionali, ma non più come un progetto a lunga scadenza che vale la pena di
perseguire: “le prime assise della Federazione europea” come si sosteneva nella Dichiarazione
Schuman. Inoltre, il potere relativo tra Francia e Germania, il vecchio motore dell’integrazione
europea, è mutato radicalmente. Dopo la guerra, la Francia era il solo stato in grado di prendere
l’iniziativa di unire l’Europa e lo fece. Ora, dopo la sua unificazione nazionale, la Germania mira a
un nuovo status mondiale, economico e politico, come la sua ambizione di entrare nel Consiglio di
sicurezza dell’ONU dimostra. Così, lentamente ma inesorabilmente, il motore franco-tedesco
dell’integrazione europea si è trasformato in una sorta di direttorio. Poiché il Trattato di Lisbona
non ha risolto il problema del governo europeo, Francia e Germania hanno cominciato a proporre
una “governance economica” che, secondo il Presidente Sarkozy e la Sig.ra Merkel, non dovrebbe
essere altro che il Consiglio europeo, dove le principali decisioni riguardanti la politica estera e le
finanze si prendono all’unanimità. Il risultato di questo progetto è che, quando è scoppiata la crisi
finanziaria, il direttorio franco-tedesco ha preso la leadership, imponendo soluzioni intergovernative
al di fuori del tradizionale “triangolo istituzionale”, vale a dire Parlamento europeo, Commissione e
Consiglio dei Ministri. Secondo i Trattati, queste istituzioni devono decidere sulla base del metodo
comunitario: il Parlamento europeo e il Consiglio dei Ministri co-legiferano e la Commissione
esegue (in questo caso la Commissione diventa “il governo” dell’Unione). Al contrario, il direttorio
esclude quasi del tutto il Parlamento europeo dal processo decisionale.
Per quanto riguarda la crisi finanziaria, senza voler entrare in una pedante descrizione delle
decisioni prese, è sufficiente osservare che il problema è stato così affrontato: quanto i paesi virtuosi
dell’Unione devono pagare per evitare il fallimento di quelli viziosi, i cosiddetti PIGS? Per fare
questo, è stato istituito, grazie a una riforma del Trattato, un Meccanismo di Stabilità Finanziaria
(ESM) che rimane sotto il controllo dei governi nazionali. Questo meccanismo, insieme al semestre
europeo, dovrebbe migliorare il rispetto delle regole fiscali da parte dei governi nazionali e
garantire la necessaria austerità. Si tratta di un miglioramento del Patto di Stabilità e di Crescita. Ma
esso perpetuerà anche i conflitti tra i governi nazionali. Al contrario, una soluzione rispettosa dello
spirito europeo, e che non avrebbe richiesto alcuna riforma del Trattato, era alla mano: sarebbe
bastato concordare un aumento del bilancio europeo della stessa dimensione dello ESM, attribuendo
nuove risorse proprie all’UE. L’Unione Monetaria è l’istituzione che assicura un bene pubblico
europeo cruciale: la stabilità monetaria. Se l’Unione monetaria è in pericolo, a causa della cattiva
amministrazione di qualche stato membro, questo stato è tenuto a rispettare le regole concordate,
ma tutti i cittadini europei, al di là della loro nazionalità, devono contribuire al salvataggio
dell’Unione.
Il direttorio è non solo inefficiente, perché produce soluzioni deboli e provvisorie ai
problemi europei; è anche instabile, perché quando è in discussione l’economia, la Germania
assume la leadership, ma quando la situazione richiede un impegno militare – com’è successo per la
Libia di Gheddafi – la Francia prende la leadership; è non democratico, perché discrimina i piccoli
paesi ed esclude il Parlamento europeo (dunque i cittadini) dal processo decisionale: possono i
cittadini europei e il Parlamento europeo esprimere un voto di sfiducia verso il direttorio?; è
dannoso, perché alimenta l’erronea convinzione che l’UE sia solo uno strumento ausiliario ai
governi nazionali e che una maggiore unità politica non sia necessaria. Per concludere, il metodo
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intergovernativo e la volontà di istituire un direttorio europeo sono le vere cause
dell’euroscetticismo, la rinascita del nazionalismo e l’affermazione dei movimenti populisti in
Europa.
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Nonostante la crisi dell’UE, il progetto europeo non è morto. L’attuale classe politica è
incapace di elaborare una “visione” del futuro dell’Unione Europea, ma fortunatamente le
istituzioni create dai padri fondatori sono più sagge. Jean Monnet ha sostenuto che “la vita delle
istituzioni è più lunga di quella degli uomini e pertanto le istituzioni possono, se ben progettate,
accumulare e trasmettere la saggezza alle generazioni successive.” Questo è il caso del Parlamento
europeo, un’istituzione concepita già nella CECA. Dopo la sua elezione a suffragio universale, nel
1979, il Parlamento europeo è divenuto la sola istituzione legittimata a rappresentare la volontà dei
cittadini europei. In effetti, in occasione di ogni revisione dei Trattati, il Parlamento europeo è stato
capace di accrescere i propri poteri. Ora, con il Trattato di Lisbona, ha conquistato anche il potere
costituente di avviare la procedura per la riforma dei Trattati. Alcuni avvenimenti recenti mostrano
che il Parlamento europeo sopporta sempre meno l’arroganza dei governi nazionali. Vale la pena di
ricordare almeno tre iniziative.
Un gruppo di 97 deputati europei, appartenenti a PPE, Verdi, S&D e ALDE, ha creato il
“Gruppo Spinelli,” una rete (network) aperta ai contributi della società civile, sulla base di un
“Manifesto” in cui si dichiara che “Sfortunatamente, mentre sfide formidabili di una crisi complessa
richiederebbero risposte comuni, elaborate almeno al livello europeo, troppi politici pensano che la
salvezza possa provenire solo dal livello nazionale. In un’epoca d’interdipendenza e in un mondo
globalizzato, arroccarsi alle sovranità nazionali e all’intergovernamentalismo non è solo un attacco
allo spirito europeo; è assuefazione alla politica dell’impotenza … Il nazionalismo è un’ideologia
del passato. Il nostro obiettivo è un’Europa federale e post-nazionale, è l’Europa dei cittadini.” Per
ora, il Gruppo Spinelli ha organizzato pubblici dibattiti in occasione dei Consigli europei,
proponendo delle contro-posizioni come “Consiglio ombra” in alternativa a quelle dei governi
nazionali. Naturalmente, il suo scopo è di allargare il consenso nel Parlamento europeo e
nell’opinione pubblica al fine di rilanciare una riforma dell’Unione Europea.
La seconda iniziativa è la riforma del sistema elettorale del Parlamento europeo. La
Commissione costituzionale del Parlamento europeo ha approvato, nell’aprile 2011, la proposta del
deputato federalista Andrew Duff per riservare 25 seggi a candidati eletti in liste pan-europee
presentate dai partiti europei sin dalle elezioni del 2014. Questo collegio transnazionale obbligherà i
partiti europei a presentare rilevanti personalità politiche, ben conosciute in tutta l’Europa, con la
possibilità per una di queste persone di diventare Presidente della Commissione europea se eletto –
o eletta – e se il suo partito, o coalizione di partiti, otterrà la maggioranza dei voti. Ogni elettore
avrà due voti: uno per la lista nazionale e uno per la lista transnazionale. Secondo Duff: “i deputati
di tutti i gruppi politici hanno raggiunto un significativo consenso sulla necessità di riformare il
Parlamento. Sulla base del progetto proposto, la prossima elezione del 2014 potrà assumere una
genuina dimensione europea. L’opportunità di usare un secondo voto per deputati transnazionali
dovrebbe galvanizzare gli elettori consapevoli che i partiti politici nazionali non sono più in grado
di sostenere il processo d’integrazione europea in modo democratico ed efficiente.”
La terza iniziativa è stata presa da tre deputati – Jutta Haug (S&D), Alain Lamassoure (PPE)
e Guy Verhofstadt (ALDE) – che hanno lanciato la proposta “Europe for Growth. For a Radical
Change in Financing the EU.” Lamassoure è anche il Presidente della Commissione bilancio del
Parlamento europeo: questa proposta può essere considerata come il necessario complemento al
piano di austerità del Consiglio. Se l’economia europea non è in grado di crescere, di creare nuovi
posti di lavoro e di competere nel mercato globale, il piano per l’austerità è destinato al fallimento.
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Come abbiamo appena osservato, a Maastricht si è deciso di creare un’Unione Economica e
Monetaria (UME), ma in realtà si è creata solo la gamba M, e ci si è dimenticati della gamba E.
Oggi abbiamo una sola moneta europea, ma 17 politiche finanziarie nazionali. Questo governo
asimmetrico dell’economia non funziona, come la crisi del debito sovrano ha mostrato. Il problema
è: una politica finanziaria autonoma per l’UE è possibile? In realtà, l’UE ha un proprio bilancio, ma
la sua dimensione è solo l’1% del PIL e gran parte del bilancio è dedicata alla politica agricola;
inoltre, è praticamente finanziato solo con contributi nazionali. Il risultato è che ciascuno stato
pretende un “giusto ritorno” dai suoi pagamenti all’UE, così che, alla fine di estenuanti dibattiti tra i
ministri nazionali, il bilancio europeo si riduce a un sostegno esterno dei bilanci nazionali. Il ruolo
cruciale del bilancio europeo, che dovrebbe essere quello di provvedere alla fornitura di beni
pubblici europei, non realizzabili al livello nazionale, viene completamente negato.
“Europe for Growth” propone due obiettivi ambiziosi. Il primo è la fine dei contributi
nazionali, grazie al ritorno all’idea originaria di genuine “risorse proprie.” L’attuale bilancio
dell’UE può essere interamente finanziato con l’1% della TVA, una carbon tax e, eventualmente,
una tassa sulle transazioni finanziarie. Il secondo obiettivo è un piano d’investimenti pubblici
finanziato interamente da Project Bond emessi dalla BEI. La ragione fondamentale per questo piano
è che “nelle ultime tre decadi il tasso d’investimenti pubblici nell’eurozona è diminuito di più
dell’1% del PIL. Questo trend ha contribuito significativamente a trasformare l’eurozona in un’area
a basso tasso di crescita. Questa tendenza deve essere invertita. Ciò può essere ottenuto con una
nuova emissione di Project Bond allo scopo di far aumentare il tasso di investimenti pubblici nella
eurozona dell’1% del PIL. Poiché il PIL dell’eurozona ammonta approssimativamente a € 10.000
miliardi, questo significa che deve essere effettuata una nuova emissione annuale di Project Bond di
€ 100 miliardi”. Va notato che la dimensione di questo piano è pari a tre volte il Piano Delors del
1993.
Queste tre iniziative sono cruciali per mutare il significato e l’esito delle prossime elezioni
europee del 2014. Dal 1979, la partecipazione elettorale è continuamente diminuita da un’elezione
all’altra. La spiegazione è semplice. Poiché non vi è in gioco una vera scelta politica e non vi è un
vero governo che i cittadini possano scegliere, le elezioni europee si riducono a una sommatoria di
elezioni nazionali. Il Parlamento europeo non è considerato un’istituzione cruciale per il futuro dei
cittadini e, in effetti, il Consiglio – vale a dire i governi nazionali – pretende di essere il solo organo
a prendere le maggiori decisioni. Ma se i cittadini potranno scegliere, in una circoscrizione europea,
un leader europeo che possa diventare anche il Presidente della Commissione europea, e se i
maggiori partiti europei includeranno nei loro programmi un efficace piano per la crescita europea,
per più investimenti pubblici e per più posti di lavoro, i cittadini potranno finalmente trovare un
reale interesse a partecipare all’elezione europea. E se questo avverrà, il prossimo Parlamento
europeo dovrà tenere fede alle promesse fatte in campagna elettorale. Una politica per la crescita
non può avere successo senza il sostegno attivo dei cittadini, le organizzazioni della società civile, i
partiti politici e i sindacati; in definitiva, una politica europea della crescita è impossibile senza
democrazia europea.
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La partecipazione dei cittadini al progetto europeo non si può limitare all’occasione delle
elezioni europee. In una comunità democratica i cittadini discutono pubblicamente le opzioni
politiche e prendono quotidianamente posizione pro o contro le posizioni assunte dai partiti e dal
governo. Ma uno spazio pubblico europeo e un popolo europeo esistono? L’opinione sostenuta dagli
euroscettici secondo cui uno spazio pubblico europeo e un demos europeo non esistono ha
influenzato significativamente l’esito del dibattito sulla Costituzione europea. Ora, il Trattato di
Lisbona offre l’opportunità di superare queste critiche. Un milione di cittadini può prendere
l’iniziativa di invitare la Commissione “a presentare una proposta appropriata su materie in merito
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alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione.” Naturalmente, anche le
forze euroscettiche potranno sfruttare l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE). In effetti, ogni ICE
può stimolare utili dibattiti pubblici nella UE e provocare una risposta da parte dei partiti politici e
delle istituzioni europee. In ogni caso, la ICE può essere sfruttata per promuovere l’unità politica
dell’Europa. Ad esempio, una ICE potrebbe invitare la Commissione a predisporre tutti gli atti
legislativi necessari per realizzare la proposta “Europe for Growth.” Questa iniziativa potrebbe
essere sostenuta non solo dai maggiori partiti europei, ma anche dai sindacati, dalle associazioni
degli industriali, dai governi locali, dalle organizzazioni della società civile e da innumerevoli
cittadini.
Nel 1989 molti cittadini si radunarono nelle piazze dell’Europa orientale per rivendicare
l’istituzione di regimi democratici. Oggi, i cittadini dei paesi Arabi stanno protestando e lottando
contro i loro dittatori. Ogni popolo deve trovare la propria via e i propri mezzi per affermare o far
avanzare la democrazia. In Europa non vi è un dittatore con un preciso volto da combattere. Il
nemico della democrazia europea è l’intergovernamentalismo, con la sua base ideologica:
l’euroscetticismo. Se la ICE qui proposta avrà successo, gli euroscettici non potranno più sostenere
che un demos europeo non esiste e si aprirà così la via per trasformare l’Unione europea in una vera
democrazia sovranazionale.
Trad. it. Dell’articolo “European Austerity without Growth? European Growth without Austerity”
pubblicato su Europe’s World il 13 Maggio 2011.
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