8.Fratture arto superiore

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8.Fratture arto superiore
TRAUMATOLOGIA DELL'ARTO SUPERIORE
FRATTURE DELLA SPALLA E DELL’OMERO
Richiamo di anatomia
Esistono diverse articolazioni (gleno-omerale, sterno-clavicolare, acromion-clavicolare) a livello dell'arto superiore, è
importante ricordare anche il rapporto della scapola con l’emitorace omolaterale.
• Articolazione gleno-omerale: articolazione dotata di instabilità intrinseca perchè deve permettere elevate
mobililtà.
• Articolazione sterno-claveare: si tratta di un’articolazione tendenzialmente stabile (legamenti), all’interno c’è
un disco simile ad un menisco. La mobilità dipende dai gradi di elevazione, abduzione/adduzione, rotazione e
posizionamento della spalla stessa.
• Articolazione acromion-clavicolare: dotata anch’essa di movimento, stabilizzata da legamenti (trapezoide e
conoide: connessione con coracoide scapolare).
Frattura della clavicola
Epidemiologia
Presenta un’incidenza bimodale: un picco si ha nell’età infantile e l’altro a 20-30 anni (giovane adulto). Il trauma è
frequentemente causato da sport che prevedono un contatto fisico e nella maggior parte dei casi è diretto, quindi da
caduta sulla spalla (Es. ciclista).
Inoltre sono una delle più comuni lesioni rilevate alla nascita per traumatismi legati al parto. In questo caso non è
necessario nessun tipo di terapia in quanto la frattura guarisce in pochi giorni e si assiste al rimodellamento osseo in
pochi mesi.
Localizzazione
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Terzo medio (80%)
Terzo laterale (15%), presentano un rischio maggiore di andare incontro a complicanze come
pseudoartrosi e lussazione dell’articolazione acromion-claveare per rottura dei legamenti coracoide e
trapezoide.
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Terzo mediale (5%)
Normalmente si presentano come fratture semplici, raramente sono pluriframmentarie (fattore positivo visto che queste
ultime sono più precarie a causa della minore stabilità intrinseca).
Clinica
L’osso si trova in posizione superficiale, questo facilita la diagnosi clinica. In caso di fratture del terzo medio il
frammento mediale appare dislocato superiormente ed è palpabile agevolmente al di sotto della cute tesa, mentre il
frammento laterale tende a spostarsi verso il basso e medialmente, per effetto del peso del braccio e della trazione da
parte del gran pettorale. L’atteggiamento di difesa del paziente è caratterizzato dal sostegno dell’arto leso con la mano
contro laterale e dall’inclinazione del capo verso la lesione, al fine di detendere lo sternocleidomastoideo.
Sintomi: dolore elevato a livello della frattura, tumefazione, alterazione del profilo anatomico. Se coinvolge la
diafisi dell’osso si ha anche motilità preternaturale (si riescono a compiere movimenti che vanno oltre quelli fisiologici).
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Terapia
Conservativa (nel 95% dei casi) con bendaggio a 8 che permette di riallineare i monconi di
frattura comprimendo sull’osso, è un po’ scomodo e va tensionato quotidianamente.
Evoluzione favorevole in 35-40 giorni.
L’immagine mostra come si ottiene questo tipo di bendaggio.
La guarigione si ottiene dopo 6-8 settimane ed è completa; questo dipende dalla derivazione
embriologica membranosa della clavicola rispetto alle altre ossa che è di tipo periostale.
Si ricorre alla terapia chirurgica solo quando la scomposizione del frammenti è grave, in caso
di esposizione della frattura o di complicanze. Una volta eseguita la riduzione a cielo aperto,
l’osteosintesi può essere praticata con filo metallico endomidollare o con placca e viti.
Frattura dell'omero
FRATTURE DEL TERZO PROSSIMALE
Definizione: lesioni scheletriche localizzate al di sopra della zona di inserzione del muscolo grande pettorale.
Epidemiologia
5% di tutte le fratture, frequenti soprattutto nelle donne e negli anziani, in particolare in chi soffre di osteoporosi (perché
determina un impoverimento progressivo della componente minerale e quindi un’alterazione dell’architettura dell’osso)
in questi casi il meccanismo di lesione è un trauma di lieve entità. Nei giovani si può presentare a causa di traumi ad
alta energia, spesso le fratture sono scomposte comminute o estese in sede diafisaria. Possono essere associate fratture e
lussazioni, spesso nei politraumi. Raramente malattie metaboliche che colpiscono l’osso o secondarismi di neoplasie.
Clinica
Dolore, tumefazione e crepitazione ossea alla cauta mobilizzazione della spalla, si
riscontra un ematoma in regione mediale del braccio e laterale del torace (si tratta di
un sanguinamento importante, monitorare i pazienti).
Diagnosi
L’RX diagnostico deve essere svolto con un’inclinazione di 30° rispetto all’asse
coronale del corpo: questo perché la scapola fisiologicamente presenta un’antiversione
di 30° rispetto a quest’asse. In questo modo si annulla l’angolo e si ha un’immagine
diretta della scapola.
Classificazione di Neer si basa su 2 concetti fondamentali: il limite di scomposizione
della frattura (diastasi tra i frammenti > 1cm o angolazione tra loro > 45°) e la
presenza di 4 frammenti:
• della grande tuberosità;
• della piccolo tuberosità
• della diafisi;
• della testa
In base al numero di frammenti coinvolti si ottiene la classificazione delle fratture
(fratture ad uno, due, tre o quattro frammenti).
Complicanze
Le lesioni vascolo-nervose rappresentano le rare complicanze immediate. Le strutture maggiormente a rischio sono:
• l'arteria ascellare, in genere lesionata nel punto di insorgenza dalla circonflessa anteriore;
• il nervo ascellare, soprattutto nel caso di fratture-lussazioni
Le complicanze tardive, ben più frequenti includono:
• rigidità articolare, spesso conseguente a immobilizzazioni prolungate e a programmi riabilitativi inadeguati;
• viziosa consolidazione, con sovvertimento della normale anatomia della spalla e compromissione funzionale
più o meno dolorosa;
• pseudoartrosi, infrequenti e localizzate al collo chirurgico;
• necrosi asettica della testa dell'omero, pressoché inevitabile nelle fratture a 4 parti.
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Terapia
Può essere conservativa o chirurgica a seconda del grado di Neer, questo perché la vascolarizzazione della testa omerale
è molto importante e terminale. La classificazione ci dice se i frammenti della frattura sopravviveranno o meno alle due
modalità di trattamento (infatti durante gli interventi ortopedici devono essere interrotti alcuni rami importanti arteriosi).
Nel 25% dei casi richiede trattamento chirurgico .
La terapia conservativa (bendaggio o tutore) normalmente viene riservata ai pazienti anziani e permette un recupero
funzionale accettabile (mai del 100%), sufficiente e compatibile con le normali attività quotidiane.
Il trattamento chirurgico viene riservato ai giovani, a fratture con una scomposizione importante o a fratture associate
a lussazione gleno-omerale.
Le indicazioni alla chirurgia sono:
• Frattura scomposta, distanza tra i due monconi > 5mm
• Frattura con frammenti > 2cm
• Angolo tra i due monconi > 40°
I mezzi di sintesi a disposizione sono:
• Fili di Kirschner: sono fili metallici abbastanza elastici che vengono utilizzati nelle fratture a 2 o 3 parti.
Vengono inseriti all’interno dell’osso per via percutanea e rimossi dopo 4 settimane. Hanno lo scopo di
mantenere ridotti i frammenti principali. E’ un trattamento molto poco invasivo.
• Chiodo endomidollare: utilizzato in caso di frattura del collo chirurgico o del III prossimale della diafisi.
Consiste nel posizionamento di un “chiodo” all’interno del collo diafisario dall’alto verso il basso. Permette un
precoce recupero del movimento articolare evitando l’irrigidimento della spalla e l’eventuale necrosi
dell’omero per deficit di vascolarizzazione.
• Placca: Indicata soprattutto in pazienti giovani. Garantisce un rapido recupero della mobilità, ma necessita di
una buona vascolarizzazione di base: la ferita chirurgica e l’inserimento delle viti nell’osso possono alterare la
vascolarizzazione e determinare la comparsa di necrosi e riassorbimento dell’osso.
• Protesi: utilizzata nei casi complessi in pazienti con età > 60 anni che presentano una frattura con 4 monconi e
possibile necrosi dell’omero; si va a sostituire tutta la testa dell’omero.
Negli anziani si usa la chirurgia solo se si ha interruzione della testa dell’omero poiché questa frattura può portare a
necrosi dell’osso per interessamento vascolare; il bendaggio ovviamente non risolve questa complicanza. Se invece non
vi è interessamento gleno-omerale si possono usare dei fili di Kirschner.
FRATTURE DIAFISARIE
Epidemiologia
3-5 % di tutte le fratture. Maggiormente frequente nei giovani maschi (20-30 anni), 2e per frequenza a quelle di tibia e
perone; oppure nelle donne (60-70 anni per cadute a domicilio).
Clinica
Scomposizione della frattura dovuta alla muscolatura pettorale o deltoidea: in
questo caso il braccio è tumefatto, dolente, accorciato o deviato con mobilità
preternaturale e crepitazioni alla mobilizzazione.
Complicanze
Le fratture diafisarie possono associarsi a lesioni vascolo-nervose: la
complicanza più frequente di questa frattura è la paralisi del n. radiale nel 1020% dei casi (decorre nel solco del nervo radiale sulla superficie dell’omero,
abbracciandolo) che determina neuroaprassia (nel 10% dei casi è dovuta a
strappamento del nervo stesso); la paralisi si manifesta con deficit
nell’estensione delle articolazioni metacarpo-falangee e del polso: “mano
cadente” e ipoestesia o anestesia sul dorso del lato radiale della mano del I o del
II dito. Il recupero è graduale.
In percentuale minore si può avere anche rottura dell’arteria brachiale.
Terapia
Conservativa: si somministra un gesso toraco-brachiale per anche 6 mesi o gessi pendenti (con loop a cui possono
essere attaccati dei pesi). Questa terapia necessita di grande compliance da parte del paziente.
Solitamente viene utilizzato un trattamento chirurgico, anche se secondo letteratura dovrebbe essere riservato a chi ha
bisogno di un recupero funzionale rapido (atleti) o a chi presenta un accorciamento dell’osso > 3cm o una rotazione >
30°. Nella chirurgia aperta si utilizzano placche ma ciò richiede la devascolarizzazione. Altro trattamento chirurgico è
l’inchiodamento: il chiodo endomidollare viene infisso nell’omero da prossimale a distale, la frattura non necessita di
riduzione anatomica, si formerà il callo osseo. Questi trattamenti garantiscono un’ottima stabilità e mobilità evitando
fenomeni di rigidità.
Le possibili complicanze sono le infezioni e la lesione del tendine sovraspinato.
FRATTURE DEL GOMITO
Richiamo di anatomia
L’articolazione del gomito è complessa. La paletta omerale è una struttura complessa dal punto di vista geometricoanatomico, si articola con l’estremo prossimale dell’ulna (olecrano e coronoide) e con il capitello radiale.
• Articolazione omero-ulnare
• Articolazione omero-radiale
• Articolazione radio-ulnare prossimale: permette la prono-supinazione
Fratture a questo livello possono coinvolgere strutture molto differenti tra loro (epicondilo mediale, troclea, epitroclea,
olecrano, etc.). La struttura è molto complessa anche dal punto di vista neuro-vascolare.
Sono fratture complesse definite “la tomba dell’ortopedico e la fossa del fisioterapista”, cioè fratture difficili da trattare
sia dal punto di vista chirurgico sia dal punto di vista riabilitativo, ove il paziente tende a fermarsi di fronte al dolore.
Le fratture più frequentemente riscontrabili di questa articolazione sono:
• Fratture della paletta omerale
• Frattura del capitello radiale
• Frattura dell’olecrano
È il tipo di frattura più frequente, la si riscontra maggiormente nei bambini fino ai 12 anni e nei pazienti over 60-70
anni, con picco di incidenza importante negli over80.
La terapia è sempre chirurgica: osteosintesi con viti libere oppure placche e fissatori, la ricostruzione è complessa,
grossa devascolarizzazione, grossa attenzione chirurgica.
Spesso queste situazioni portano ad irrigidimento, soprattutto in flesso estensione, ma anche incapacità alla pronosupinazione. Spesso questo tipo di frattura porta a pseudoartrosi.
Frattura dell'omero distale
FRATTURA SOVRACONDILOIDEA
Frattura della paletta omerale.
Epidemiologia
2% di tutte le fratture. Si riscontrano maggiormente nei bambini al di sotto dei 10 anni a
causa della lassità legamentosa e della struttura ossea in rimodellamento. Generalmente la
frattura si verifica se il gomito è esteso (95%), nell’80% dei casi viene coinvolta anche la
diafisi omerale (estensione prossimale). Raramente si verifica la frattura in flessione.
La caduta avviene con mano protesa in avanti, gomito esteso (frequente la caduta da
cavallo).
Clinica
Deformità importante a livello del gomito, diffusione ecchimotica a livello della regione
volare del gomito; atteggiamento antalgico del gomito in semiflessione, impotenza
funzionale in flesso-estensione e deformità in caso di scomposizione.
Classificazione di Gartlamd
Sono state proposte diverse classificazioni per spiegare le fratture sovracondiloidee di omero ma ancora oggi la più
utilizzata è la classificazione di Gartland, che determina il trattamento.
Si tratta di vedere il triangolo con i 3 reperi del gomito: epitroclea, epicondilo e la regione posteriore dell’olecrano che
formano appunto un triangolo isoscele (non si fa quasi mai perché è abbastanza evidente a colpo d’occhio).
Secondo la suddetta classificazione distinguiamo 3 tipologie di fratture:
• Tipo I: frattura composta
• Tipo II: frattura scomposta angolata con corticale posteriore intatta (contatto corticale)
• Tipo III: frattura scomposta, con perdita completa della continuità fra i due frammenti distali dell’omero (in
questo caso si considerano le traslazioni, angolazioni, rotazioni e accorciamenti).
Complicanze
In caso di fratture scomposte: frequente la lesione cutanea, frequenti lesioni vascolari, spesso vi è dislocamento dei
monconi verso in avanti che determina un’importante compressione vascolo-nervosa dell’arteria brachiale e del nervo
mediano (in questo caso quando i bambini arrivano in PS riferiscono di sentire la mano fredda e di non sentire niente!
Se gli si tocca la mano ed è veramente fredda e non vi è ritorno di sangue nel letto ungueale è un'urgenza).
Per la compressione o l’inginocchiamento dell’arteria brachiale si può instaurare una sindrome di sofferenza ischemica
dei muscoli flessori: la sindrome di Volkmann: paralisi dell’avambraccio e retrazione ischemica dei muscoli flessori di
avambraccio e mano, estensione metacarpo-falangea e flessione delle falangi. Se si sospetta una sindrome di Volkmann
si può creare un accesso tra le fasce per decomprimere le strutture nervose e vascolari. Nel 25% dei casi la frattura è
associata a lesioni cutanee.
Se dopo la riduzione anatomica ci sono dei deficit si è obbligati a fare un’ispezione, esplorazione a cielo aperto delle
varie strutture vascolo-nervose coinvolte per controllare se c’è incarceramento delle strutture dovuto alle manovre di
riduzione.
Terapia
• Grado 1 (frattura composta) → terapia conservativa: riduzione in flessione a 4 mani e contenzione in
apparecchio gessato brachio-metacarpale a gomito flesso e pronato per 3 settimane.
• Grado 2 → riduzione incruenta in flessione a 4 mani e successivo posizionamento di gesso; per fratture
scomposte e instabili riduzione a 6 mani con fissazione percutanea con fili di Kirschner. Classicamente si
posizionano i due fili incrociati. Valutazione nelle successive 24-48 ore se vi sia cianosi o deficit della mano.
• Grado 3 → obbligo di riduzione e infissione di fili di Kirschner. A volte è necessario eseguire riduzione “a
cielo aperto” come in caso di coinvolgimento neuro-vascolare: si attua la riduzione e poi si rivaluta subito il
flusso.
FRATTURE ISOLATE DEI CONDILI (Mediale e Laterale)
Classicamente sono fratture da caduta.
Si differenziano in composte e scomposte.
Prevedono un trattamento chirurgico di riduzione perché quasi sempre presentano
scomposizione e possono compromettere la stabilità del gomito.
Frattura del condilo laterale nei bambini: distacco epifisario in cui la rima di frattura, a
decorso obliquo in senso latero- mediale , può interessare il nucleo di ossificazione del
condilo laterale o estendersi più medialmente verso la troclea omerale.
FRATTURE DEGLI EPICONDILI
Frattura dell'epitroclea (epicondilo mediale) è relativamente frequente fino a fusione del
suo centro di ossificazione con la diafisi omerale che avviene a circa 20 anni. Picco di
incidenza attorno ai 12 ani, soprattutto nei ♂ (come tutti gli eventi traumatici del
gomito). Meccanismo traumatico indiretto: trazione di strutture muscolari (flessori e
pronatore rotondo) e legamentose; per questo spesso associata a lussazione. Spesso sono
quindi scomposte, richiedono quasi sempre un trattamento di tipo chirurgico. Possibile
sofferenza del nervo ulnare.
Frattura dell'ulna prossimale
FRATTURA DELL’OLECRANO
5% delle fratture del gomito, coinvolgono frequentemente gli anziani. Se sono composte non si fa nulla; se sono
scomposte si attua la riduzione.
Ricordiamo che l’olecrano è il punto di inserzione del tricipite brachiale: nel giovane infatti la frattura è scomposta per
la tensione del muscolo (ciò non avviene nell’anziano perché ha ipotrofia del tricipite brachiale).
A volte è comminuta e bisogna posizionare dei fili con dei cerchiaggi metallici e delle placche.
Frattura del radio prossimale (capitello radiale)
Frequenti soprattutto nel ciclista, dolore in sede laterale e prono-supinazione più compromessa rispetto alla flessoestensione del gomito. Spesso non è scomposta ed è sufficiente un’immobilizzazione di 15 giorni, successivamente
fisioterapia per evitare la rigidità.
FRATTURA DELL’AVAMBRACCIO
Epidemiologia: uomini tra i 25 e 45 anni e donne > 60anni.
Possibile compromissione della funzione dell’arto superiore con perdita della capacità di posizionare la mano nello spazio per
alterazione dei movimenti di prono-supinazione.
Spesso si presenta sovrapposta a lussazione.
Sono insidiose perché possono essere asintomatiche ma se non trattate risultano invalidanti per quanto riguarda il movimento di
prono-supinazione.
FRATTURA DEL POLSO
Fratture della porzione distale delle due ossa dell’avambraccio.
Il polso gode di 80-90° di flessione, 70-90° di estensione,
deviazione ulnare di 15°.
È molto frequente e colpisce prevalentemente donne in
menopausa, quindi con osteoporosi, o giovani in seguito a traumi
alta energia. Controllare se vi è coinvolgimento articolare.
Spesso sono conseguenza di una caduta con anteposizione del
braccio e, a seconda di come è atteggiato il polso, si presentano
diversi tipi di fratture.
ad
Frattura di Colles
E’ la più tipica. E’ una frattura di polso con scomposizione dorsale dell’epifisi distale del radio; trauma avvenuto in
iperestensione.
Clinica: alla palpazione è percepibile lo scalino dovuto alla frattura. E' riscontrabile una deformità anatomica, detta “a dorso di
forchetta”, associata ad un’inclinazione radiale della mano.
Molto importante è la manovra di riduzione, attuabile a 2 o 6 mani.
Terapia: di tipo conservativo e il polso viene immobilizzato in flessione ed inclinazione radiale, previa riduzione in anestesia
locale.
Nel caso in cui ci sia una frattura con coinvolgimento di un frammento volare (parte palmare dell’osso) è fondamentale la
stabilizzazione tramite placca, in quanto con un’immobilizzazione con gesso non basterebbe a tenere fermi i monconi.
Frattura di scafoide
Rappresenta il 75% di tutte le fratture di ossa carpali, il motivo è da attribuirsi alla posizione dell'osso "a cavallo" tra le due filiere
delle ossa carpali: è infatti saldamente connesso al semilunare in sede prossimale e al trapezio in sede distale
→ è il più importante stabilizzatore del polso.
La vascolarizzazione dello scafoide è di tipo terminale, proviene dal polo prossimale e
l’osso
tende in generale ad essere ipovascolarizzato: quindi, in base a quanto distano dal polo
prossimale, si possono avere fratture più o meno pericolose perché possono
compromettere la vascolarizzazione determinando necrosi dello scafoide.
Sono fratture che si verificano solitamente quando, cadendo, si tiene il polso in
iperestensione; soprattutto accade nel giovane. Spesso sono fratture misconosciute che
portano ad artrosi radiocarpica secondaria.
Clinica
Dolore alla digitopressione in tabacchiera anatomica (area del polso delimitata
dall’estensore lungo proprio del pollice e dal primo canale degli estensori delle dita) e alla
prono-supinazione.
Diagnosi
Si basa sull’RX, anche se la radiografia al momento del trauma può non evidenziare una frattura di scafoide. Se si ha una clinica
positiva ma un RX negativo si immobilizza comunque il polso e successivamente, a distanza di 15 giorni si fa ripetere la lastra
perché è importante preservare al meglio l’anatomia.
Se infatti il paziente viene mandato a casa senza alcuna cura, a distanza di tempo non solo continua a sentire dolore ma soprattutto
risulta difficile operarlo.
Complicanze
• Pseudoartrosi (10-15% delle fratture di scafoide trattate con apparecchio gessato)
• Necrosi ischemica del polo prossimale
• Collasso dello scafoide
• Panartrosi del carpo
• Artrosi del carpo secondaria a consolidazione viziosa (la frattura non riconosciuta si è consolidata in maniera non
fisiologica)
Terapia
Gesso per 35-45 giorni, si opera il paziente quando la frattura è scomposta. La chirurgia prevede l’utilizzo di viti troncoconiche che
permettono una buona compressione delle parti ossee, la quale a sua volta favorisce la formazione del callo osseo (l’osso quando è
sottoposto a un carico reagisce e si rinforza mentre se subisce una trazione tende a riassorbirsi).
Se ci sono dei difetti di tessuto osseo dello scafoide è necessario fare degli innesti di scafoide.
TRAUMI DELLA MANO
Esistono molteplici tipi di fratture e lussazioni della mano, tutte abbastanza banali da curare poiché è sufficiente la terapia
conservativa per guarire. Le più frequenti sono le seguenti.
Frattura dorsale alla base della falange distale delle dita
Bisogna prestare attenzione al tendine del muscolo estensore delle dita che si inserisce in quella zona e che in seguito alla frattura
può distaccarsi. Bisogna perciò sempre valutare la capacità di estensione contro resistenza del paziente.
In questo caso si necessità di un intervento chirurgico; se passasse come misconosciuta, quindi non corretta, a lungo andare le dita
si disporrebbero con una interflessione interfalangea distale e una interflessione interfalangea prossimale. Stesso discorso è valido
anche per il tendine del muscolo flessore delle dita che si inserisce anch’esso alla base della falange distale delle dita.
Frattura di Bennet
Frattura articolare della base del I metacarpale, è molto instabile per l’azione del potente muscolo abduttore lungo del pollice che,
inserendosi sulla base, tende a lussare il frammento diafisario in direzione radiale. Può portare a rizoartrosi.