Una Direzione del Personale allargata per essere più flessibili ed

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Una Direzione del Personale allargata per essere più flessibili ed
SPECIALE
Una Direzione del Personale allargata
per essere più flessibili ed efficienti
Carolina Parma
Ottimizzazione dei costi e delle risorse interne. Valorizzazione delle
attività core. Maggiore flessibilità e velocità d’azione. Sono i vantaggi
dell’esternalizzazione di alcune attività legate alla gestione delle risorse
umane. Una scelta che sempre più aziende fanno. E per tenere il passo
le società di consulenza stanno cambiando pelle.
Linda Gilli, Presidente e
Amministratore Delegato
di Inaz
Alessandro Rota Porta,
titolare dello studio Rota
Porta
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Piace perché porta a una maggiore efficienza dei processi, taglia i costi, aiuta a essere più flessibili e a gestire al meglio le trasformazioni aziendali: l’outsourcing di servizi HR negli ultimi
anni si è diffuso a macchia d’olio sul tessuto industriale made in Italy. A confermarlo anche
Linda Gilli, Presidente e Amministratore Delegato di Inaz, azienda specializzata in software e servizi per amministrare, gestire e organizzare le risorse umane: “Il mercato si può
ritenere maturo e consapevole”, sintetizza. “È raro trovare un’azienda di dimensioni mediograndi che esternalizzi per la prima volta; di solito i clienti hanno già esperienza in questo
campo e sanno ciò che vogliono”. Ma l’outsourcing si è fatto strada anche nelle aziende di piccole dimensioni, quelle per intenderci con meno di 50 addetti. Del resto le innovazioni legate
all’evoluzione normativa e di prassi che hanno caratterizzato gli ultimi anni, hanno accresciuto
l’esigenza delle organizzazioni di affidare a partner esterni alcune attività in ambito HR, “per
non rischiare di perdere di vista le novità che possono impattare, e anche pesantemente, sull’azienda”, chiarisce Alessandro Rota Porta, titolare dello studio Rota Porta che da quasi
60 anni si occupa di consulenza del lavoro. “Poter contare su un’assistenza qualificata, con alle
spalle esperienze diversificate può portare all’azienda prospettive che difficilmente, da sola,
potrebbe cogliere”.
Fuori le attività hard
A essere esternalizzate sono soprattutto le attività che potremmo definire hard, come la gestione
delle buste paga, le presenze, le comunicazioni amministrative agli enti. Vengono invece mantenuti
internamente i servizi soft, quelli più strategici come la valutazione delle performance, lo sviluppo
delle carriere e dei talenti. Anche se le piccole medie imprese tendono ad affidare esternamente
pure le attività legate alla ricerca e selezione di nuovo personale, la formazione, la comunicazio-
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ne interna e la valutazione delle performance.
Aree che, per le realtà più grandi, continuano, invece, a essere strategiche, come riporta
anche Giuseppe Spadaro, da aprile 2016
Head of Human Resources di Hewlett
Packard CDS Italy: “Personalmente ritengo che funzioni quali relazioni industriali, HR
management, organization and development,
la progettazione della formazione e parte del
processo selettivo siano strategiche e vadano
mantenute all’interno delle organizzazioni, al
fine di garantire piena continuità nelle strategie manageriali”. Poi aggiunge: “Solo così la
Direzione Risorse Umane può garantire un
ruolo strategico e di qualità all’interno dell’azienda nell’ottica di business partner efficace”.
Sulle differenze di atteggiamento delle aziende a seconda della loro dimensione concorda anche Gilli: “Le piccole e medie imprese
hanno risorse limitate che devono necessariamente concentrare sul loro core business, per
questo preferiscono affidare in outsourcing un
pacchetto completo di attività che non possono essere seguite internamente. Nelle aziende
grandi abbiamo invece una esternalizzazione
più graduale che riguarda i processi a più basso valore aggiunto. Si mantengono in azienda
le attività più strategiche di gestione e analisi
dei dati, che consentono al management di
avere sempre il polso della situazione e creano un legame efficace e duraturo tra azienda
cliente e fornitore”.
Ma quando un’impresa decide di dare in
outsourcing parte delle attività HR? “Il processo si rende necessario soprattutto in due
situazioni. La prima: quando c’è l’esigenza
di avere un supporto just-in-time su dinamiche complesse che richiedono un aggiornamento costante e competenze specifiche, oltre alla necessità di un sistema di networking
sui profili giuslavoristici che difficilmente è
rinvenibile all’interno delle divisioni HR”,
incalza Rota Porta. “La seconda: quando
l’impresa si trova a dover fronteggiare particolari momenti, per esempio una crisi che
richiede di reperire professionalità e case history che non sono ritrovabili all’interno del
perimetro aziendale”.
I vantaggi battono gli svantaggi
I vantaggi di un ufficio HR senza confini sono
più di uno. Il più evidente è senza dubbio di
natura economica perché significa non dover
investire su personale destinato a svolgere
attività ripetitive, manuali e non core business. A questo si aggiunge la possibilità di
destinare le risorse interne ad attività operative a maggior valore aggiunto e strategiche
per la crescita dell’impresa. Inoltre il ricorso all’outsourcing offre alle società garanzie
sulla business continuity e la flessibilità nella
reazione a situazioni di cambiamento del business tipo fusioni, acquisizioni, dismissioni,
ampliamenti internazionali, come testimonia
Sara Razzicchia, Director, Human Resources Sanofi Pasteur MSD: “Per rispondere a un’evoluzione del modello organizzativo e del modo di fare business, quattro anni fa
abbiamo deciso di dare in outsourcing alcune
funzioni non solo legate alla Direzione HR e
nello specifico la gestione payroll, la contabilità clienti e fornitori, l’IT services, l’help
desk, i servizi generali e la gestione del centralino”, spiega la manager. “Il nostro processo
di outsourcing si è di fatto inserito in un più
ampio disegno strategico avviato a fine 2012
dalla casa madre, che ha dato impulso a un
grande progetto di cambiamento organizzativo e culturale”.
Così già a partire dagli inizi del 2013 l’azienda ha ridisegnato e declinato un piano
di riorganizzazione aziendale innovativo basato su un chiaro e sistematico riferimento
al mercato e su una conseguente revisione
della governance interna, delle strutture,
dei processi, dei sistemi e delle cultura organizzativa. “L’obiettivo finale era quello di
creare un’organizzazione customer centric, in
grado di rispondere sia alla mutata realtà del
mercato sia alle nuove esigenze organizzative”, puntualizza Razzicchia. Che aggiunge.
“All’interno abbiamo tenuto tutti quei ruoli
e quelle figure a valore aggiunto e che, anche da un punto di vista della compliance,
dovevano restare al nostro interno, come la
farmacovigilanza, gli addetti del customer
care per le gare, ma anche gli addetti finance,
HR, legal che abbiamo trasformato sempre
più in veri e propri business partner”.
Una scelta, quella effettuata da Sanofi Pasteur MSD Italia, ben meditata e in linea
con il nuovo modello di business. “In un’organizzazione focalizzata sul cliente, infatti,
bisogna avere strutture agili, ricettive e persone estremamente ben formate e motivate
poiché se i dipendenti non sono ingaggiati,
i customer non lo saranno a loro volta, con
conseguenze generalmente non positive per
il business”. I risultati ottenuti parlano da
soli: “Questo processo ci ha portato a importanti riconoscimenti sia interni sia esterni, tra cui aver ricevuto il titolo di azienda
Giuseppe Spadaro,
Head of Human
Resources di Hewlett
Packard CDS Italy
Sara Razzicchia, Director,
Human Resources
Sanofi Pasteur MSD
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Mauro Badalin,
Amministratore Delegato
di Hunext
Mariarosaria Carlesimo,
Direttore delle Risorse
Umane di Eurobet
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Great place to work Italia, conquistando il
primo posto nella classifica delle Pmi di tutti i settori merceologici”, dice Razzicchia.
“Ma quello che ci fa più piacere è il tasso
di retention che in questi anni ha sfiorato il
100%, il fatto di essere riusciti ad attrarre un
bel numero di talenti (14% di nuovi assunti)
e il curriculum formativo che abbiamo offerto a tutte le nostre persone sia mettendo
loro a disposizione una media di 20 ore di
formazione annue, escluso i training online,
sia offrendo veri e propri ruoli di sviluppo a
più del 50% dei dipendenti e anche progetti
di sviluppo alla quasi totalità di essi”.
Largo al co-sourcing
Va detto però che non sempre le operazioni
di outsourcng riescono bene. Il loro tallone di
Achille sta nel tipo di rapporto che si instaura tra azienda e società di consulenza, a volte
poco costruttivo. A sostenerlo anche una delle analisi svolte da ADP, società specializzata nella fornitura esterna di servizi per la gestione del capitale umano, in base alla quale
solo il 25% delle organizzazioni è soddisfatto
delle soluzioni implementate, mentre il 40%
è deluso dall’attuale partner di outsourcing
al punto da considerare la sua sostituzione.
Alla base del malcontento, il più delle volte, c’è una scarsa attenzione da parte delle
aziende nella scelta del fornitore di servizi
o poca chiarezza nel definire l’ambito delle attività esternalizzate. “Senza una chiara
visione dei target si rischia di disperdere il
valore aggiunto che l’outsourcing può portare”, precisa Porta, “creando addirittura
duplicazioni dei processi di lavoro”. “Proprio per centrare l’obiettivo che si vuole raggiungere con l’esternalizzazione è necessario
che l’outsourcer del servizio fornisca una
fotografia più completa possibile della propria realtà, per consentire al professionista
di poter supportare il cliente individuando
opportunità e criticità. Il momento di maggior delicatezza si riscontra in fase di startup
del servizio, ovvero quando è necessario
comprendere i bisogni del cliente e adottare
il metodo di lavoro condiviso: se questo approccio avviene interfacciandosi in maniera
esaustiva si costruiscono basi solide per una
proficua collaborazione”.
Per raggiungere una buona qualità del servizio è fondamentale, quindi, la condivisione
degli obiettivi e della governance fra cliente
e fornitore. “Esternalizzare i processi vuol
dire aiutare le aziende a concentrarsi sul pro-
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prio core business, creando il giusto feeling
tra fornitore e cliente. È una trasformazione
importante nella quale il fornitore deve essere
capace di farsi carico dei problemi, ascoltare,
essere proattivo”, interviene Gilli. La moderna consulenza, dunque, è chiamata a fornire
soluzioni in modo dinamico, “interagendo
con i processi aziendali e assumendo un ruolo di partner anziché di fornitore”, completa
Mauro Badalin, Amministratore Delegato di Hunext, società di consulenza specializzata in servizi e soluzioni in ambito HR. “Non si tratta solo di fornire un servizio,
ma di concorrere a sviluppare le potenzialità dell’azienda, di aiutarla a crescere e a
cogliere tutte le opportunità di un mondo
economico, normativo e fiscale sempre più
complesso”. Quello che gli esperti chiamano co-sourcing. Ne sa qualcosa Spadaro:
“Durante la mie precedenti esperienze di
lavoro, mi è capitato di ricorrere più volte
all’outsourcing di attività HR”, racconta il
manager. “Per esempio nell’area payroll,
dando in esterno non solo la produzione del
cedolino paga, ma anche la chiusura e la gestione delle presenze mensili per mezzo di
nuove tecnologie e la reportistica amministrativa HR, ivi compresa parte dell’output
concernente i costi labour, sempre con la
costante supervisione di una figura interna nell’HR che svolge un ruolo di link tra
azienda e partner strategico esterno”. Per
fare questo è stato necessario creare una forte partnership con la società esterna e con
i consulenti, “che ci ha permesso di avere
a disposizione la tecnologia necessaria per
procedere a una digitalizzazione dei processi HR”, precisa Spadaro. “In questo modo
abbiamo raggiunto due obiettivi: modernizzazione del processo amministrativo e dare
maggiore efficienza della Direzione HR
secondo gli standard concordati con il management”, conclude il manager che in HP
CDS ha trovato esternalizzato il servizio di
payroll e le attività connesse alla sicurezza
sul lavoro (Rspp), mantenendo all’interno i
restanti processi core HR.
La stessa decisione è stata presa in Eurobet
come racconta Mariarosaria Carlesimo,
Direttore delle Risorse Umane della
società che fa parte del gruppo Ladbrokes
Coral Plc e gestisce più di 850 ricevitorie
sul territorio oltre a un sito web dedicato al
mercato italiano delle scommesse sportive
online. “Abbiamo deciso di dare in gestione
esterna tutta l’area del payroll con controllo
però interno effettuato da due persone. Così
abbiamo fatto anche con l’area dei servizi di
sicurezza sul lavoro, tenendo internamente
solo un team che si occupa di gestire le emergenze”, racconta la manager, che precisa: “A
spingerci in questa direzione è stata anche
una motivazione economica. Le buste paga,
per esempio, richiedono una struttura telematica di un certo tipo e aggiornamenti legislativi continui che avrebbero richiesto una
risorsa dedicata in più al nostro interno a cui
se ne sarebbe dovuta affiancare una seconda
per seguire le relazioni con le varie istituzioni ed enti previdenziali. Lavoro, quest’ultimo, che un consulente riesce a fare meglio
con minimizzazione degli errori e maggior
tutela anche per i dipendenti”.
Attualmente nella Direzione HR di Eurobet
lavorano in totale sei persone che si occupano prevalentemente di amministrazione e
gestione del rapporto di lavoro, recruiting,
formazione e sviluppo. “Fino a quattro anni
fa avevamo in outsourcing anche il 40% delle
attività di selezione”, sottolinea Carlesimo,
“ma poi ho deciso che sarebbe stato più strategico gestire questa attività internamente
perché, interfacciandosi direttamente con
l’organizzazione, la nuova risorsa riesce a
capire meglio e da subito le sue esigenze e,
nello stesso tempo, il management riesce a
valutare in maniera più puntuale le soft skill
del candidato in modo da affidargli il ruolo
più adatto per lui o per lei. Una scelta che ci
ha fatto anche ottimizzare gli investimenti,
visto che oggi le risorse che vengono indirizzate ad head hunter o ad agenzie per il lavoro
li destiniamo ad aree più strategiche. Mentre
per la ricerca di nuovo personale ci affidiamo
anche a social network come LinkedIn che
ci consente di raggiungere una gamma più
ampia di candidati a costi inferiori”.
Un trend destinato a crescere
Quello dell’ottimizzazione dei costi, del resto, è un trend destinato a guidare questo
mercato anche in futuro. “Già oggi la Direzione del Personale che ritengo più efficiente
si sviluppa con poche professionalità interne
il più possibile generaliste in grado di supportare il business a 360 gradi sulle materie
labour. Il ruolo dei consulenti esterni specializzati permette di elevare il grado di output
della funzione del Personale in merito a processi e innovazioni non sempre disponibili
all’interno del know how aziendale, soprattutto con l’obiettivo di finalizzare progetti,
oggi più necessari al business, di change management in grado di accompagnare i cambiamenti all’interno delle organizzazioni”,
conclude Spadaro. Consulenti che verranno
pagati a gettone o con fee annuali per non
gravare sui costi fissi dell’azienda. E Badalin aggiunge: “Le parole chiave nelle aziende contemporanee sono: liberare risorse e
focalizzare il risultato. E lo saranno sempre
più anche nei prossimi anni. I nostri clienti
hanno capito che outsourcing, automatismi
e attività self-service sono soluzioni che ottimizzano il lavoro degli uffici del personale
e permettono di ridurre i costi crescendo in
efficienza e qualità del servizio”. Il tutto con
il supporto della tecnologia. “La digitalizzazione e la diffusione dei dispositivi mobili
sono elementi che hanno trasformato profondamente il nostro mercato”, afferma Gilli. “La logica è quella di arrivare sempre più
vicino al dipendente, che trasmette da solo,
in modo semplice, una serie di informazioni
all’azienda che poi le utilizza per organizzare
il lavoro e gestire al meglio le risorse. La tendenza è quella di arrivare sempre più vicini
al dato per ottenere performance progressivamente più elevate”.
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Giuseppe Cassone, titolare
dell’omonimo studio di
consulenza del lavoro
e amministrazione del
personale
Stefania Vannucchi
dello studio Vannucchi
e Associati
Ermanno Bini Chiesa,
Presidente di Euhrnet
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Così nel nome di una Direzione HR efficiente
e flessibile in grado di affrontare gli imprevisti del mercato in tempi sempre più veloci,
le società cercano fuori dai propri confini le
competenze necessarie a gestire sempre più
funzioni, “come sta succedendo con la realizzazione di piani di produttività e/o di welfare”, esemplifica Porta. Non solo.
“Per esempio abbiamo notato che dal 2011
a oggi le imprese che hanno deciso di esternalizzare la gestione del contenzioso con i
dipendenti sono aumentate del 300%”, afferma Giuseppe Cassone, titolare dell’omonimo studio di consulenza del lavoro
e amministrazione del personale. “Si
tratta per lo più di aziende che hanno tra i 50
e i 150 dipendenti. Si va dalla contestazione
disciplinare all’applicazione dell’ammenda fino alla sospensione e al licenziamento.
Così come è in aumento la richiesta di ridurre i costi del personale”.
Ma sono in crescita anche le domande per la
gestione dei dipendenti con welfare aziendale, come evidenzia Stefania Vannucchi dello studio Vannucchi e Associati,
che da 38 anni opera sul territorio di Prato.
“In questo ultimo periodo le domande di
outsourcing di sevizi HR sono diventate
sempre più complesse e richiedono figure
professionali in grado di garantire un servizio a tutto tondo, piattaforme software
per gestire i piani di incentivazione, bonus
aziendali, formazione centrata sul change
management e sulla diversity per gestire al
meglio il cambiamento e diffondere la cultura della performance”.
Consulenti del lavoro in evoluzione
Un trend di mercato che inevitabilmente sta
spingendo gli uffici di consulenza a cambiare pelle e ad avere strutture più complete ed
efficienti.
“La consulenza deve farsi più ‘liquida’ per
assecondare le esigenze e le dinamiche dell’azienda cliente e sostenerne le scelte innovative”, suggerisce Badalin. “Questo per la
nostra società, per esempio, ha comportato la
moltiplicazione della gamma di servizi offerti
–che oggi vanno dalla consulenza legale specializzata allo sviluppo di soluzioni informatiche ad hoc– attraverso professionalità fortemente orientate al cliente. Il cambiamento
più rilevante è tuttavia quello relazionale,
perché ora ci facciamo attivamente promotori
di soluzioni concrete per i nostri clienti”.
Ma altrettanto importante è avere al proprio
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interno personale competente, “altamente
specializzato e costantemente aggiornato”,
dice Cassone.
“In questo scenario articolato la consulenza
del lavoro classica non è più adeguata, deve
compiere un passo in avanti, si deve evolvere per essere in grado di soddisfare al meglio
le richieste delle aziende clienti”, afferma
Vannucchi. “Per quanto mi riguarda devo
dire che aver fatto un’esperienza come libero professionista all’interno di una multinazionale, ha certamente fatto la differenza.
E ora, per specializzarmi ancora di più, sto
frequentando un master executive in HR
strategic management. Ritengo infatti che
questo, per noi consulenti del lavoro, sia un
momento storico molto importante da cogliere con la giusta determinazione per non
soccombere al mercato”, continua la professionista. “Ciò implica una formazione continua e l’inserimento nel proprio organico di
figure professionali specializzate in grado di
fornire un servizio di qualità. Il mondo delle imprese sta cambiando e noi consulenti
esterni dobbiamo strutturarci di conseguenza”.
Per cogliere le sfide di una mercato in evoluzione bruciando i tempi c’è anche chi ha deciso di scegliere strade diverse. Un esempio
arriva da Ermanno Bini Chiesa, che con
altre quattro aziende sparse sul territorio nazionale alla fine del 2014 ha creato Euhrnet,
una rete di imprese di consulenza impegnate
a offrire servizi HR alle società nazionali.
“Una soluzione che ci consente di ampliare
il bacino di utenza e di fare squadra. Ognuno di noi ha un approccio diverso al mercato
e competenze differenti, questo ci permette
di offrire al cliente un servizio su misura”,
spiega il Presidente di Euhrnet. “Perché
oggi l’azienda vuole competenza e puntualità. E per poterla soddisfare è fondamentale
entrare in sintonia con l’ufficio HR, capire fino in fondo come è organizzato, le sue
problematiche e gli obiettivi che intende
raggiungere, in modo da riprogettare al meglio l’organizzazione interna e mettere a sua
disposizione le competenze più adeguate,
tecnologie integrate e un unico interlocutore
per gestirle”.
L’idea piace alle aziende tanto che ora Euhrnet punta ad allargarsi. “Stiamo valutando
di potenziarci in alcune aree ed eventualmente di introdurre altri servizi complementari, ma è troppo presto per parlarne”,
chiosa Bini Chiesa.