Pavia e provincia: Pavese, Oltrepò Pavese, Lomellina

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Pagina inziale » Tavola » Articolo n. 37 del 12 settembre 2000
1972: la rivoluzione si chiama
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L'inizio del decennio vede diminuire il numero di quelle gite "aziendali" caratteristiche del dopoguerra, quando gli uffici
personale delle aziende noleggiavano torpedoni per portare le maestranze a pranzo in trattorie di campagna enormi,
specializzate in quella tipologia di servizio.
Tipico esempio: a Rivanazzano nel Pavese, un convento dove le brave madri, per modica spesa, allestiscono un pranzo di quindici portate,
aperto da sei antipasti tutti a base di prosciutto cotto e chiuso da una Sorella che chiede: "Whisky o grappa?".
Col passare degli anni quasi ogni lavoratore ha la sua auto, ed a pranzo con la famiglia esce in completa autonomia. Con il 1972 ha inizio una
specie di rivoluzione culturale, a livello un po' snobistico, della gastronomia.
Nasce così la Nouvelle Cuisine; si tratta di un rilancio di alcuni principi fondamentali osservati dai buoni chef, da secoli: scelta di materie prime
fresche "del mercato", rispetto dei sapori spontanei, cotture "espresse" ed in più, ora, rifiuto delle grandi salse elaborate, fino ad allora immancabili
nella cucina francese tradizionale.
L'idea ha successo: i nuovi apostoli delle casseruole vengono esaltati dalla Guida Michelin e da una clientela sofisticata che vuole tenere la
distanze dai mangiatori di gigot e bouillabaisse.
I "nuovi" scelgono inoltre due caratteristiche a prima vista negative, ma qualificanti: porzioni minime e prezzi che "gonfiano come soufflé". Tutto
ciò ha ripercussioni anche in politica, poiché la Francia vede risorgere ovunque il suo primato gastronomico.
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Così il Presidente della Repubblica, Giscard d'Estaing invita a pranzo, il 25 febbraio 1972 all'Eliseo, dieci cuochi "nuovi" per conferire la Légion
d'Honneur a quello che viene considerato il maggiore esponente del gruppo, il lionese Paul Bocuse.
In Italia abbiamo invece il Presidente della Repubblica appassionato frequentatore di trattorie ed osterie: si chiama Sandro Pertini e diserta i
pranzi ufficiali per sedere a tavole spartane insieme a pochi amici. Terminato di mangiare vuole grappa con lo zucchero e chiesto a gran voce il
conto dice: "lo pago subito!". Lo accontentano, è una cifra minima, mentre nella sala attigua siedono a banchettare tutti gli accompagnatori:
giornalisti, portaborse, carabinieri, poliziotti... una settantina di persone. Il loro conto viene mandato in Prefettura: dai due milioni e mezzo ai tre. La
Nouvelle Cuisine arriva in Italia per merito del figlio di un oste milanese: il giovanotto si chiama Gualtiero Marchesi.
Terminata la scuola alberghiera va in Francia, da dove torna con idee innovatrici, ma solo nel 1977 apre un suo ristorante; sa gestirsi molto bene,
diventa un personaggio di moda, gradito anche ai francesi che gli concedono, unico in Italia, le "tre stelle" Michelin.. Si proclama "cuoco di sottile
sensualità", ma è molto meno rivoluzionario dei francesi: si allinea ai futuristi nell'abolire la pasta. Il suo ristorante diventa famoso, tra la gente che
ne resta lontana, per le porzioni minime: si vocifera di gente che, dopo una pseudo cena, si rifugiano in una pizzeria. In Francia la Nouvelle
Cuisine inizia la sua caduta. Scrive un critico: "Basta con quei piatti per indossatrici scheletriche. Ridateci il nostro cassoulet con i fagioli!!!".
Maurizio Villa
Pavia, 12/09/2000 (37)
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