LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHE E IL TACCO DIECI Anteprima

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LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHE E IL TACCO DIECI Anteprima
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Edizioni R.E.I.
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Le bugie hanno le gambe lunghe
e il tacco dieci
Elisabetta Michilin
ISBN 978-88-97362-14-2
Copyright 2011 - Edizioni R.E.I.
www.edizionirei.webnode.com
Questo romanzo è un’opera di fantasia. Ogni riferimento e citazione
a fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.
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Elisabetta Michilin
Le bugie hanno le gambe lunghe
e il tacco dieci
Edizioni R.E.I.
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Ringraziamenti
Ringrazio il mio FF, la mia famiglia e tutti gli insostituibili
amici che hanno sostenuto questa folle idea di scrivere un
romanzo: Sabrina (alla quale ho rubato innumerevoli tratti
caratteriali della mia protagonista), Corrado, la Fra,
Francesco, la Ale, la Bohemien, Elisa e Cosmogirl.
Grazie perché i vostri continui e splendidi incoraggiamenti
hanno fatto in modo che mi sentissi moralmente obbligata a
terminare il lavoro.
Altre persone senza le quali questo romanzo non sarebbe
mai venuto alla luce sono le amiche che hanno suggerito,
durante quella serata estiva di mojito, che potessi essere in
grado di scrivere un intero libro: Alice, Elena e la Vale.
Un ringraziamento al mio editore, che ha reso possibile
l'happy ending di questo sogno.
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Avrei potuto raccontare la storia strappalacrime di come mia madre mi
abbia dato un nome che solo lei è in grado di pronunciare, per poi
invaghirsi di un fadista molto sexy e fuggire nella notte con una sola
valigia ed i collant smagliati.
Avrei potuto riesumare per voi gli anni del liceo, durante i quali ero così
brutta che tutti, e dico proprio tutti i ragazzi della scuola mi avvicinavano
per chiedere... se la mia migliore amica fosse single.
Avrei potuto rendervi partecipi di quando inviai quell'email di sfogo a
un'amica per denunciare le violazioni dei diritti umani che subivo al
lavoro e sbagliai destinatario, recapitandola al mio capo.
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Oppure ancora avrei potuto piagnucolarvi addosso quanto fossi a pezzi il
giorno in cui fui lasciata dopo quattro anni d'amore (ma vi rendete conto?)
per un'insipida corniciaia dalle cosce secolari.
Ho deciso tuttavia di raccontarvi la storia di quando tutto andò a rotoli
nel peggiore dei modi, cioè per causa mia, perché fu solo l'inizio
dell'avventura più incredibile che possa capitare a una ragazza normale
come me: diventai grande, straordinariamente.
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Alex spalanca con foga la porta del bar, come un incontenibile
Godzilla col caschetto, mi individua tra i tavolini col suo occhio
da Terminator e, facendo risuonare i tacchi sul pavimento in
modo marziale, letteralmente si scaglia al mio tavolo: <<Sono
arrivata appena ho saputo. Brutto bastardo! Come ha potuto?>>
praticamente urla nel locale, lanciando borsetta e chiavi del
motorino sul tavolo.
Tutto il locale, già quasi pieno per l’happy hour, si gira verso di
noi. No problem, tanto io sono già in lacrime e sto dando
spettacolo da venti minuti, con due occhi che pare mi sia divertita
in incontri clandestini di street fighter durante la notte… e le
abbia prese di brutto.
<<Dod lo so…>> biascico al colmo della disperazione.
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<<Bi aveva deddo che entro la fine dell’anno avrei avudo un
contraddo di lavoro vero, e invece stamattina mi dice che c’è la
crisi e che bisogna tagliare il personale… Ma proprio me doveva
tagliare?>>.
<<Bastardo schifoso… Sì, beh, c’eri tu come unica dipendente,
chi altri potevano tagliare? Maccheccazzo>>, Alex sa essere la
persona più volgare che conosca a volte, e questo non so come,
fa sfogare anche me, per una sorta di osmosi tra amiche.
<<Poteva anche dirtelo con un po’ di preavviso, no? Così
almeno avresti avuto il tempo di cercare un altro posto! Non è
che il lavoro si trovi sugli alberi. E tu che hai fatto? Lo hai
denunciato al sindacato? Gli hai detto quello che si merita, una
buona volta, al bifolco? Tanto ormai che ti frega? Almeno ti sei
sfogata?>>.
<<Nooooo…>>. La diga esplode, le lacrime cominciano a
uscire letteralmente spruzzando dai miei occhi.
<<Non ho fatto niente! Anzi, ho fatto un’ora di straordinario
perché alle sette il negozio era ancora pieno!>>.
<<Sei la solita scema>> mi risponde Alex, stavolta con un tono
di voce più basso, come chi ha capito che mi sarò anche
comportata da cretina con quel… quel… bifolco che mi pagava
due euro e cinquantanove l’ora con un contratto a progetto, ma
inveire su di me sarebbe come sparare sulla croce rossa. Fruga
nella borsa e mi porge un fazzoletto senza voltarsi a guardarmi,
imbarazzata lei stessa per il mio stato pietoso e intendesse darmi
modo di sistemarmi la faccia prima di continuare.
<<Grazie>>.
Devo avere una faccia proprio deformata dalla disperazione in
questo momento, se nemmeno la mia migliore amica ha il
coraggio di guardarmi negli occhi.
<<Beh, qualcosa l’ho fatto quando mi ha detto che da domani
non avrò più un lavoro…>> mormoro cercando di rendermi
presentabile con il fazzoletto e afferrando il bicchiere di spritz,
<<…ho inavvertitamente inviato a tutti i nostri clienti una copia
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della newsletter di Natale, quella che garantisce il 50% di sconto
su tutta la merce per due settimane. E ora vedremo che cosa
deciderà di fare il bifolco: smentire tutto e perdere i migliori
clienti oppure concedere veramente il 50% di sconto su tutta la
merce per due settimane e perdere più soldi che buttandoli nel
cesso>>. La mia amica si volta nuovamente verso di me con gli
occhi spalancati e un secondo dopo scoppiamo a ridere insieme.
<<Sei incredibile Alice!>>.
Dovete, infatti, sapere che io lavoro, o meglio lavoravo, nel
negozio di intimo più esclusivo di Padova. Quando arrivavano i
pacchi dei nuovi arrivi ero tentata a volte di maneggiare tutto in
guanti bianchi per paura di rovinare qualcosa. Figuratevi che un
reggiseno, che voglio dire non è fatto altro che di venti centimetri
quadrati di fibra sintetica e due ferretti sagomati, poteva costare
anche tre volte il mio stipendio mensile (nonostante, come avrete
notato, non è che proprio mi pagassero poi una cifra inarrivabile).
In sostanza in mio lavoro consisteva nel vendere a ricche signore
con collier grossi come catene da bicicletta, biancheria intima
supersexy da usare con giovani amanti ovviamente disinteressati
alle fortune dei relativi mariti, biancheria che io, l’umile
commessa, non mi sarei potuta permettere neanche al termine di
un milione di anni di stenti e rinunce.
Ho fatto questo lavoro per due anni e mezzo. Non so se sia legale
che una persona abbia un contratto a progetto per ben due anni e
mezzo, ma era l’unico lavoro che avevo e scusate tanto se non me
la sono sentita di denunciare lo scandalo incatenandomi alla
serranda durante uno sciopero della fame (peraltro impensabile
per me), continuando piuttosto a testa bassa a portare a casa
quella briciola che il mio capo-bifolco chiamava ostinatamente
stipendio. C’è inoltre la crisi, i giornali ci fanno una testa così con
i numeri della cassintegrazione, per cui mi sentivo quasi fortunata
ad avere un lavoro, qualunque fosse.
Inoltre facevo la commessa, cioè stavo alla luce del sole, e non
ero segregata come capitava fino a qualche mese fa a Lara,
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incollata alla cuffia di un call center in uno scantinato senza
finestre, a ripetere in loop per 4 ore al giorno “Salve, sono Lara
Sacchetti, ha mai pensato di cambiare compagnia telefonica?
Come dice? Che devo vergognarmi e andare a cagare? Grazie per
la sua attenzione, il suo feedback sarà prezioso per il nostro
servizio clienti. A presto”.
Da oggi comunque qualcosa è cambiato e ho vissuto finalmente
la tanto attesa svolta: sono ufficialmente disoccupata. A questo
pensiero mi tornano i lacrimoni.
<<Scusate, Maicol non ne voleva proprio sapere di stare col
papà! Ho rischiato un mega incidente in tangenziale con una
cretina che mi superava a destra, ma sono arrivata appena ho
potuto>>, ed ecco che finalmente anche Lara lancia la borsa sul
tavolo accanto a quella di Alex e mi posa subito una mano sulla
spalla.
<<Povera piccola, come stai? Come ti senti?>>. Lacrimoni,
lacrimoni, lacrimoni.
<<Brava Lara, ero appena riuscita a farla smettere di disperare,
brava davvero! Guardala bene: è Alice, non Maicol. E’ la tua
amica, ha bisogno che tu ordini un altro giro di spritz e non che le
prometti di portarla al parco, ok?>>.
Mi spiego benissimo come mai io sia amica di Alex e Lara allo
stesso tempo, ma ciò che davvero non mi spiego è come facciano
loro a essere amiche. Basta guardarle. Alex è single nonostante
possa avere qualsiasi uomo desideri, per lo meno per una serata.
Porta scarpe col tacco anche per andare in piscina e qualsiasi
straccio si metta addosso, comprese le magliette in saldo al
discount, le sta come un Giorgio Armani, e badate bene che ho
scritto “Giorgio”, non “Emporio” Armani, perché per Alex
comprare un Emporio è come dire “vorrei essere Paris Hilton ma
sono nata troppo povera”, per cui tanto varrebbe buttarsi nella
mischia da Zara nel primo giorno di saldi, non so se mi spiego.
Lo stesso dicasi per i capelli: un caschetto perfetto che pare uscito
da Spazio 1999 anche al risveglio, e ve lo dico con una certa
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sicurezza avendola vista appena uscita dalla tenda in campeggio in
Ungheria, dopo una notte a base di grappa artigianale dal nome
impronunciabile.
Prendendo ogni caratteristica di Alex e immaginando l'opposto,
ecco prendere forma Lara. Abbiamo tutte meno di trent'anni (col
cavolo che vi scrivo la mia vera età, questo dettaglio vi dovrà
bastare) ma lei è già al primo bimbo. Si è sposata con il compagno
di liceo, ha lasciato a metà economia perché non ce la faceva a
essere una brava studentessa, una brava moglie ed una brava
lavoratrice insieme e poco dopo è rimasta incinta. Pardon, “ha
avuto un meraviglioso primogenito” (se mi sentisse usare
l'espressione “è rimasta incinta” perderei la sua amicizia prima
ancora di finire di dire “incinta”). Ora Maicol, scritto proprio
così, ha un anno e mezzo mentre lei e Alberto sono già alla
ricerca del fratellino/sorellina. Ha una casa perfetta, un marito
con un po' di pancetta, un impiego in banca, ma per il resto
assolutamente perfetto, sa fare una torta di mele che fa ballare la
waka waka alle papille gustative, Maicol non ha mai il cronico
moccio del bambino di strada ed indossa sempre pantaloncini alla
zuava in estate. Insomma, la vita di Lara, call center a parte, pare
uscita direttamente da un numero di “Arredare country”.
A volte credo di essere una specie di bambina sfigata dai mille
problemi che fa stare insieme due genitori che si odiano, perché
Alex e Lara non fanno altro che punzecchiarsi quando ci
incontriamo tutte e tre, anzi, è Alex che punzecchia Lara, dal
momento che la mamma è molto più brava con uova e farina che
con le battute acide.
<<Sto cercando di concepire, come puoi propormi un aperitivo
alcolico?>> ecco, appunto.
Prima che scoppino le ostilità si avvicina il cameriere, un tipo che
non ho mai visto, per chiedere se vogliamo ordinare altro.
Alex chiede tre spritz, considerando l'astensione dall'alcol di Lara
non una necessità ma un semplice tic da snob. Il cameriere scrive,
ma non se ne va, con mio sommo imbarazzo.
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Rimane a guardare per qualche secondo (di troppo) la mia faccia
pesta, una faccia che si potrebbe trovare nei manifesti dei centri
per donne maltrattate, poi mi chiede se sto bene e se per caso
non voglia un bicchier d'acqua. “Che carino...”, faccio appena in
tempo a pensare, che Alex scatta: <<Senti, ci fai tre spritz o
rimani qui a provarci con la mia amica mentre io mi preparo gli
aperitivi da sola? Comunque sappi che è di cattivo gusto provarci
con una ragazza approfittando del fatto che lei sta passando una
giornata di merda. Come a dire che è proprio da disperati giocare
sul fattore disperazione>>. Il cameriere, un ragazzetto biondo
sulla ventina, se ne torna verso il bancone senza rispondere.
Cavolo, io una così l'avrei perlomeno coperta di insulti, altro che
andarmene facendo finta di non aver sentito. Che sia anche lui
pagato due euro e cinquantanove orari con un contratto a
progetto e non voglia perdere il lavoro attaccando rissa con una
cliente armata di tacchi a spillo?
<<E Luca che ne pensa?>> chiede la pragmatica Lara.
<<Luca? Non so davvero come dirglielo>>.
Luca è il mio perfetto ragazzo, quello con cui vivo da circa sei
mesi. Non ha la pancetta come il marito di Lara, no, lui non è
decisamente tipo da pancetta. Lui è più il tipo da corsa tutte le
mattine alle sei per essere in ufficio alle otto e mezzo, il tipo da
sushi bar dopo il lavoro, il tipo da loft, il tipo da vacanza a Bali, il
tipo da team manager alla StarSoft, ecco. Luca è proprio così. Che
ci fa lui con me? Bella domanda. La mia vita è decisamente piena
di misteri inspiegabili.
<<Devi dirglielo! Chi meglio di lui ti può consigliare?>>
cinguetta Lara come se proprio non si spiegasse come mai il mio
primo pensiero non sia stato prendere il telefono e chiamare il
mio splendido fidanzato per smoccolare fallita ma serena sulla sua
spalla.
<<Ma sei impazzita?>>, la fa tornare alla realtà Alex. <<Che
vuoi che gli dica? La tua Cenerentola, quella che faceva la
commessa da SottoSotto, sorpresa: non fa più la commessa!
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Come dici? Ha avuto la promozione a capo area? Macché: è stata
regredita a caso sociale!>>.
<<In effetti, davvero non posso dirglielo>> mi intrometto io
giusto per cercare di dividerle prima che vengano alle mani.
<<Lo so che per lui non ci sarebbero problemi, anzi, lui sarebbe
perfino contento di sapere che mi sono liberata da quella
schiavitù, ma perdere il lavoro... Non posso confessarlo a lui>>.
<<Secondo me sono problemi inutili>>.
Lara proprio non capisce.
Luca guadagna in un mese molto di più di quello che un essere
umano può sperare di guadagnare dopo vent'anni di onorato
servizio, è intelligente, brillante, il primo del suo corso a laurearsi
con il massimo dei voti (e un anno di anticipo). Quando ci siamo
messi insieme non sono stati in pochi a pensare che io puntassi
direttamente al portafogli. Ora non sarebbe proprio una curiosa
coincidenza se mi trovassi d'improvviso disoccupata poco dopo
essermi trasferita con i miei pochi straccetti nel suo super
appartamento in centro?
<<Lara, scusami, ma proprio non me la sento ora come ora di
dirglielo. Per prima cosa devo digerire io questa notizia e poi sarò
pronta a condividerla col suo mondo. Come pensi che
potrebbero prenderla i suoi? Te lo dico io: la povera commessa
ha finalmente raggiunto l'obiettivo e si fa mantenere dal figo più
ambito della regione. No, ho giurato a me stessa che avrei
mantenuto la mia indipendenza e in un modo o nell'altro lo farò.
Tu sei mamma, con un po' do fortuna presto lo sarai per la
seconda volta in due anni, cacchio, avresti palate di motivi per
startene a casa con Maicol ed il fratellino, ma io? Che sto a fare a
casa io? A passarmi lo smalto sulle unghie dei piedi e a parlare
con la vicina di chi fa sesso con chi? Ragazze, piuttosto
sopprimetemi e ponete fine alle mie sofferenze.
Sapete invece che farò? Crisi o non crisi troverò un fantastico
lavoro prima che Luca abbia il tempo di accorgersene e coglierò
questo licenziamento come l'occasione della mia vita. Forse ero
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solo troppo pigra o spaventata per mollare il bifolco schiavista e
mi nascondevo dietro alla crisi, ma ora non ho più niente da
perdere. Al massimo che succederà? Che troverò un altro
schifoso contratto a progetto? Sai che perdita.>>. Pronuncio
questo discorso da suffragetta con tanta enfasi che quasi quasi ci
credo: sono una donna indipendente che gliela farà vedere al
mondo. Troverò un lavoro da sballo e guadagnerò così tanto che
in maternità chiederà di andarci Luca, quando sarà il momento, e
ci divertiremo come pazzi durante le vacanze nella foresta
amazzonica. Già mi vedo in completo kaki molto trendy a
scattare fotografie per il National Geographic.
Alex sorride finalmente alla mia uscita, mentre Lara pare
perplessa, tuttavia brindiamo insieme <<Alla nuova Alice, allora!
E da domani si parte alla ricerca del lavoro più figo del
mondo!>>.
Bip, bip, sms da Luca “DOVE 6? STASERA TI DEVO
PARLARE. E' IMPORTANTE”.
A chi lo dici.
Pian piano i tre spritz bevuti al bar perdono il proprio effetto,
giusto mentre parcheggio la bicicletta nel garage di fianco alla
Triumph Speed Triple di Luca (non vi avevo detto che tra i suoi
innumerevoli pregi c'è anche l'essere un motociclista con l'aria da
bello e dannato che fa letteralmente sciogliere le magliette alle
ragazze?). Mi fermo a guardarla e sospiro: è già rientrato a casa.
E' stata decisamente una giornata difficile, anzi, per dirla alla Alex
diciamo pure che è stata decisamente di merda. Avrei solo voglia
di salire le scale, raccontargli tutto e farmi cullare dalle sue braccia
forti e profumate sul divano. Avrei voglia di farmi commiserare
da lui, di farmi trattare come la sua piccola e di farmi proteggere
dal mondo. Che male ci sarebbe?
E' un ragazzo fantastico, che mi ama alla follia al di là di ogni
logica, per cui un briciolo di sincerità, oltre a farmi bene, sarebbe
quantomeno dovuta. Mi sento uno schifo per aver pensato anche
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solo per un momento di non condividere con lui una questione
così importante. Viviamo assieme, perdiana, non mi sono
semplicemente trasferita nel suo appartamento, anche se
tecnicamente è proprio così che è andata, per cui è naturale che
condividiamo, no? Le coppie sane e normali è così che fanno:
condividono. Guarda caso le coppie sane e normali sono anche
quelle che durano.
Apro la porta, faccio volare le scarpe di lato. <<Alice, sei tornata
finalmente! Vieni, siamo in soggiorno!>>. Vieni? Siamo? Siamo
chi? Ok che Luca è costantemente di un umore socievole, ma che
cos'è questa voce gioiosa? Devo avere ancora gli occhi un po'
pesti, ma non me ne preoccupo. Sono troppo curiosa di capire a
chi si riferisce quel <<siamo>>, così vado diretta in soggiorno.
Avrei dovuto immaginarlo: Sylvia è comodamente seduta sul
divano e sorseggia ciarliera un Mojito.
Immaginate la perfezione di Alex e moltiplicatela all'ennesima
potenza, il risultato sarà Sylvia. So per certo che, quando nessuno
la vede, Alex si camuffa con un paio di occhiali da sole molto
grandi e compra da H&M, spacciando poi i vestiti acquistati per
la collezione Armani di tre anni prima. Non ho ancora capito se
pensi che Lara ed io siamo un po' cretine o se conti sulla nostra
delicatezza. Credo che Sylvia non abbia mai nemmeno sentito
nominare H&M e se lo conosce probabilmente nel suo mondo
immaginario sarà uno di quei negozi equosolidali dove le persone
meno fortunate del mondo possono comprare vestiti a poco
prezzo con cui bardarsi nel corso di umili esistenze.
Sylvia non è cattiva e nemmeno snob, è semplicemente troppo
perfetta per curarsi delle cose terrene. Sospetto che, mentre Alex
ogni tanto si svena per un vero fazzoletto Armani, Sylvia venga
invitata da Giorgio a dei cocktail a bordo del suo yacht.
Luca e Sylvia sono amici dai tempi dell'università, anzi, da quando
hanno condiviso quel monolocale da studenti durante l'Erasmus a
Oslo. Se sono gelosa di Sylvia? Non immaginate nemmeno
quante volte li ho immaginati accoccolati in quel monolocale a
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cercare di scaldarsi nel gelo norvegese, con i capelli biondi, lunghi
e lisci come seta di Sylvia che solleticano il mento di Luca, mentre
lui ride con quel sorriso complice che fa solo con me... Se ci
ripenso mi vengono i brividi ed una gran voglia di cacciare a calci
Sylvia dal nostro appartamento urlando come una vichinga, in
questo istante.
Col tempo ho capito che è molto meglio cercare di essere sua
amica, per quanto lei possa vivere su di un altro pianeta rispetto al
mio, piuttosto che sfoderare le armi e cercare di finirla. Il giorno
in cui sono arrivata a questa conclusione mi sono sentita una
persona molto matura e molto migliore. Per circa 5 secondi, poi
avrei voluto spaccare tutto, a cominciare dagli zigomi perfetti di
Miss Perfettini.
<<Alice, finalmente sei tornata!>>. Luca si alza con quel sorriso
da far sciogliere i ghiacciai e viene a darmi un bacio, porgendomi
un bicchiere di spritz (il quarto, argh). Luca è l'unica persona al
mondo che pronuncia correttamente il mio nome. Tutti mi
chiamano Alice, perché siamo in Italia e qui si parla come si
mangia, ma lui no, lui sa che l'intenzione di mia madre, prima di
scappare con un misterioso fadista portoghese, era che io venissi
chiamata “Elis” e così continua a chiamarmi. Uno degli
innumerevoli dettagli che adoro di lui.
<<Ciao Alice>> si intromette subito Sylvia, che da ragazza
perfettamente educata dell'alta società si alza a propria volta e
viene a darmi due baci schifosamente finti, uno per guancia,
badando bene che schiocchino abbastanza. Dio quanto è
schifosamente adorabile quando fa così!
<<Ciao Luca, ciao Sylvia, aperitivino assieme?>>.
Non è la prima volta che improvvisiamo un happy hour tutti e tre
nel nostro appartamento, tuttavia Luca mi sembra stranamente
gioioso.
<<Sì, c'è una cosa molto importante da festeggiare stasera>> il
sorriso di Luca mi piace sempre meno.
Mi faccio coraggio con un gran sorso di spritz.
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<<Che succede?>> chiedo, sperando di non far trapelare l'ansia.
Che stiamo brindando alla loro scoperta di essere fatti l'uno per
l'altra? Mi aspetto da un momento all'altro un discorso del tipo
“vedi, Alice, per tanto tempo abbiamo finto di essere quello che
non siamo, abbiamo condotto vite normali e borghesi perché ci
era stato insegnato che era giusto così, ma ora abbiamo capito:
Sylvia ed io siamo fatti l'uno per l'altra e ci barricheremo nella
fantastica alta società mano nella mano. E tu, Alice, immagino
non soffrirai: non avrai mica creduto sul serio che potessimo
vivere felici e contenti per sempre, vero?”.
<<Cambio lavoro>> annuncia Luca trionfante.
<<Cosa?!?>> non ci posso credere, Luca adora il suo lavoro.
<<Tu adori il tuo lavoro!>>. Guardo Luca, ma non posso fare a
meno di notare che Sylvia, ancora in piedi con il bicchiere in
mano, sfodera un sorriso da squalo e ci manca poco che inizi a
saltellare sul posto come una bambina che vede il luna park per la
prima volta.
<<Certo, ma me n’è stato proposto uno migliore: dalla prossima
settimana sarò team manager della Innova Corporation. Stipendio
ovviamente migliore, benefit standard, ma ciò che più conta
finalmente avrò la possibilità di lavorare nella ricerca
sperimentale, con un laboratorio, uno staff e tutte le attrezzature
di cui ho bisogno a mia completa disposizione. Ti rendi conto? E'
quello che ho sempre desiderato>>.
Sto sorridendo, sto sorridendo, devo fare uno sforzo immane ma
sto sorridendo. Guardatemi, sto perfino facendo qualche saltello
sul posto con il bicchiere in mano mentre mi affretto ad
abbracciare Luca con gridolini di gioia.
Continuo a festeggiare anche quando Sylvia si intromette nel
nostro abbraccio a due, lo fa diventare un abbraccio a tre e ci
troviamo, noi che in tre facciamo quasi novant'anni, a saltellare
sul posto lanciando ridicoli gridolini di gioia tutti insieme.
<<Luca, è meraviglioso! E' il sogno della tua vita che si realizza,
ma come hai avuto questa opportunità?>> chiedo curiosa.
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A questo punto Luca fa una cosa che non mi piace per niente:
guarda Sylvia con un sorriso e lei guarda lui, in una sorta di
“diglielo tu, no diglielo tu”. Li guardo per un istante perplessa e
alla fine è Sylvia a parlare: <<Ho allungato un curriculum di
Luca al nostro area manager e beh, il curriculum di Luca è il
curriculum di Luca. Voglio dire, chi si lascerebbe scappare un
leader come lui? E' evidente che ha talento da vendere. In due
giorni il consiglio aveva deliberato una proposta per lui, lo
volevano assolutamente>>.
Perfetto, ora si spiega la spiacevole sensazione che mi impediva di
essere completamente felice per il nuovo fantastico lavoro del
mio fidanzato. Il mio inconscio stava deliberatamente
rimuovendo la consapevolezza che Sylvia lavora come ricercatrice
alla Innova Corporation e che il trasferimento di Luca significa
che loro due lavoreranno probabilmente a stretto contatto, da
lunedì. Da lunedì!
<<Sei stata veramente carina, Sylvia>> mento spudoratamente.
<<E' chiaro che Luca ha talento, ma tu sei stata veramente
gentile a passare il suo curriculum all'area manager>>. Ingozzo
un altro gran sorso di spritz e deglutisco forse troppo
rumorosamente prima di continuare.
<<Quindi tra poco lavorerete assieme?>>. Ti prego, fa che dica
che Sylvia lavora in un'altra filiale, magari a Shangai.
<<Sì, Sylvia farà parte del mio staff>> annuncia Luca al limite
dell'orgoglio, mentre Sylvia continua ad annuire sorridendo come
se le si fossero paralizzati i muscoli della faccia per una iniezione
di troppo di botox.
<<E' meraviglioso>>. A questo punto continuo a sorridere, ma
dentro di me penso che ho bisogno di bere. Cioè, ho già bevuto,
ma devo bere ancora. Ancora e ancora. Mai e poi mai avrei
pensato che questa giornata già partita male, proseguita
malissimo, sarebbe finita in tragedia.
Tuttavia non posso fare altro che quello che sto facendo da un
quarto d'ora: annuire, sorridere e complimentarmi. Perché loro
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non lo sanno ancora, loro pensano ancora che questa bella favola
dei tre amici possa andare avanti per sempre. Nella loro ingenuità
non hanno ancora intravisto il finale di questa storia: una mano
che scivola inavvertitamente sopra un'altra mano durante una
ricerca in laboratorio, due sguardi che si incontrano, le settimane
di sensi di colpa, poi la decisione di smetterla di fingere di essere
solamente amici e alla fine il gran discorso a me, più o meno
come l'ho delineato prima.
Questo perché?
Perché loro sono due manager, parlano di innovation
management, gestiscono la propria giornata con i principi del
time management, le relazioni di lavoro con quelli del team
management, mentre io non sono in grado di gestire nemmeno i
miei capelli, tanto che in certe giornate sembra che una cicogna ci
abbia nidificato dentro.
Semplicemente siamo su pianeti diversi, Luca e Sylvia sono sullo
stesso pianeta, io su di un altro piccolo e stupido, che
probabilmente verrà investito da una meteora vagante e nessuno
se ne accorgerà mai.
E' ormai notte.
Sento il respiro regolare di Luca di fianco a me. Com'era
facilmente intuibile non ho avuto il coraggio di dirglielo.
Abbiamo festeggiato, noi, l'allegro terzetto. Abbiamo bevuto del
buon vino e abbiamo fatto tardi parlando di quanto sarà
entusiasmante il nuovo lavoro.
Ho sorriso, ho annuito, ho spalleggiato, ma sotto sotto mi sento
la peggior fidanzata del mondo.
Nella stessa mezza giornata sono riuscita, infatti, a perdere il
lavoro, a mentire al mio fidanzato fingendo che tutto andasse
bene, a mentirgli una seconda volta fingendo di essere contenta
del suo nuovo lavoro fianco a fianco di quella specie di Einstein
montato sulle gambe di Kilye Minogue, a mentirgli una terza
volta mostrandomi una ragazza moderna che è andata oltre quegli
stupidi giochi di gelosia e infine sono riuscita pure a bere
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