the university of chicago libeary - The University of Chicago Library

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THE
UNIVERSITY
OF CHICAGO
LIBEARY
UN FIORE CHE NON FIORÌ.
DELLA MEDESIMA AUTRICE:
Le briciole del destino, novelle. . . L. 5 —
Alla deriva^ romanzo
5 —
La casa nel vicolo, romanzo . . . .
7 —
Il guinzaglio} novelle
.5
—
Il giardino dei Grigoli, racconto per fanciulli. In-4, con 25 illustrazioni di L. B O M P A R D , legato alla bodoniana . . , 1 6 —
MARIA MESSINA
Un fiore
che non fiorì
RO M ANZO
MILANO
FRATELLI T R E V E S , EDITORI
H59r
P R O P R I E T À LETTERARIA.
I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati
per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e VOlanda.
Si riterrà contraffatto qualunque esemplare di quest'opera che
non porti il timbro a secco della Società Italiana degli Autori.
Milano, Tip. Treves.
UN FIORE CHE NON FIORÌ
I.
Stefano era molto seccato.
Giunto il sabato sera veniva a sapere
che, per nuova disposizione dell'orario,
in collegio si riceveva soltanto il giovedì.
Gli restavano davanti quattro giornate
da buttar via, lasciando a casa cento affari
in pendente. Quasi urgente (per la sciagura dei loro figli, rimasti tutti e due sotto
la frana), la necessità di assegnare una
piccola mesata, una specie di vitalizio, ai
vecchi Lobarba per impedire che volessero ricorrere alla legge.
— Verranno proprio venerdì ! — si rammentò. — E a riceverli ci sarà papà che
non intende come siano cambiati i tempi !
E poi il fatto dei bovi rubati ; i manderini da spedire; il viaggio a Palermo, fissato per la fine del mese!...
M E S S I N A , Un flore che non fiorì.
ì
2 —
'— II tempo non basta! — osservò rapidamente.
— C'è Antonio.... — pensò. E un'ombra di gelosia gli passò sulla fronte. Ma
subito si rasserenò, quasi inorgoglito.
Nessuno veniva a una conclusione senza
sentire il parere di Stefano, il quale aveva
la laurea di avvocato e, quel che più importa, considerava suoi gli interessi della
casa paterna.
Camminava a testa avanti come se portasse i pensieri sulle spalle. Inciampando
nel binario col rischio di farsi schiacciare,
restando imprigionato tra un legno e un
automobile, mandò qualche espressione
poco benevola a zia Fifì e alla sua velleità
di tenere Ninetta a Firenze come se in
Sicilia fossero finiti i buoni collegi.
In novembre zia Fifì accompagnava la
sua unica figlioletta, e tornando si raccomandava a lui. Ripeteva, spremendo molte
lacrimucce :
— Col tuo comodo, cuor mio! Non ti
dico di andare a farle visita più di una
volta ! Ci fosse la buon'anima di mio marito non ti darei tanto impiccio! Se mi
dici di no, chi darà un occhio alla mia
creatura, Stefanuccio? Non è bene che
lassù vedano sempre una povera donna!
Un u o m o incute altro rispetto ! Amara m e ,
che son rimasta debole e sola!
A donna Lucia non piaceva affatto che
il figlio andasse in continente; egli era
un ragazzo serio, fedele a Giovannina
come se fosse maritato, e la sua avventura di Palermo era bastata a fortificarlo
per sempre, come il ba^no che si dà al
panno perchè non stingi più: ma il continente è pieno di insid e.
Tuttavia, trattandosi della sorella, straricca e generosa, si piegava anche lei, ripetendo ogni volta:
— Che farci, cuor mio ! La zia è buona
e non le si può dire di no.
Così, quando gli pareva che in campagna ci fosse meno bisogno di lui, Stefano si metteva in viaggio ; cercava nella
guida il caseggiato dove Ninetta viveva
in gioconda prigionia; andava in parlatorio; e lì, deciso a mostrarsi gentile, segnava pazientemente le svariate infinite
commissioni, le imbasciate che la collegiale andava ricordando e radunando in
fretta.
Due anni: tre visite; era sempre venuto
il sabato sera per ripartire il martedì,
"~ 4 **
senza perdere tempo. La sua scervellata
cugina avrebbe dovuto avvertire che l'orario era stato cambiato ! C o m e passare
la serata domenicale, più lunga e più uggiosa delle altre?
Guardò i tavolini di un caffè, così affollati da non lasciargli un piccolo posto
vuoto. Rallentò il passo per contemplare
i cartelloni di un cinematografo che annunciavano « La perla del deserto, emozionante dramma passionale » e ripigliò
ad andare in fretta contrariato.
Un tram rosso filava portando un cartellino colFavviso di una festa all'aperto:
una festa che lo interessava poco, in un
luogo che non conosceva.
Pensò a una poltrona a teatro. Senza
muovere le labbra ripetè un motivo che
calmò un poco il suo malumore. Per associazione d'idee gli venne in mente una
maestra di musica che insegnava nel collegio di Ninetta.
Una signora alta, magra, dalla faccia intelligente e i capelli bianchi. Lo aveva
invitato con insistenza:
— Venga a trovarmi, se torna a Firenze !
Si chiamava Derrò.... Darrò....
— 5 —
Ma lui, sempre ordinato e previdente,
aveva certo segnato l'indirizzo nel suo inseparabile taccuino.
Eccolo, infatti.
La signora Delroi gli fece gran festa.
— Che sorpresa ! Che magnifica sorpresa ! — ripeteva versando il te fumante
nelle tazze.
Stefano, già pentito di essere entrato in
una casa che non conosceva, si domandava perchè mai la Delroi si mostrasse
così entusiasmata di ricevere un u o m o
che non era né un amico né un parente.
Guardandosi attorno sbirciava coi una
specie di fastidio i fragili mobili chiari, i
molti cuscini, i moltissimi ninnoli, i minuscoli tovaglioli di trina.
Anche Maria Luisa si era messa a fabbricare piccoli tovaglioli rotondi, oblunghi,
semiquadrati, che non servivano a niente
e, forse, non sarebbero stati adoperati mai.
— Credevo che mi avesse dimenticata!
— continuava la signora Delroi —. E venuto ieri sera? Si fermerà qualche settimana, immagino! N o ? Vuole scappare subito via? Dice davvero? Io adoro i siciliani! Ma lei è un orso! Un vero orso!
Aspetti! Non mette un po' di latte? Non le
— .6 —
va? Preferisce il rumme, allora? Un gocciolino. Così. E due paste. Gran fortuna,
che non mi abbia dimenticata! Pensavo:
il signor Mentesana, una volta fra i suoi,
non vorrà saperne di questa amica troppo vecchia! Vorrebbe dire che non sono
vecchia?
Stefano, alzata la fronte, la esaminava
con la schietta e impertinente curiosità
di un ragazzo : In chioma così bianca e
folta che pareva una parrucca, il collo
lungo e grinzoso che aveva lo stesso colore del bavero di seta nocciola, le mani
disseccate, tutto nella persona della Delroi rispondeva alla improvvisa domanda.
Cercò allora qualche complimento non
troppo banale. Ma l'altra non aspettava
che l'ospite si decidesse, e ripigliava:
— Una sigaretta ? Ah ! sentirà! Ne faccio
io, con un tabacco speciale, profumato,
che mio fratello mi porta dai suoi viaggi.
È ammiraglio, mio fratello. Magnifica carriera! Crede che gli amici vengano per
m e ? Ma che! Per fumare le mie sigarette!
Deliziose!
Schiacciò fra le dita un po' brune una
sigaretta, la prese fra le labbra e domandò
un fiammifero.
_
7
_
— Dunque non è nuovo di Firenze? Ma
se scappa via così subito ! Oh ! lei non
gusta le mie sigarette! Non le piace fumare? Sì! Allora fuma la pipa!
Dopo tutto, con la sua parlantina irta
di domande che non pretendevano risposte, la Delroi non era molto noiosa : certo
era meno noiosa di zia Fifì che si ostinava
a mandare la figlia in continente.
— Sa che è un bel tipo? Par che abbia
lasciato la testa chi sa dove ! Non ode,
non vede.... Ah! i giovani! Senza volerlo
sono scortesi! Le domandavo di Santo
Spirito, e lei zitto !
In vece di scusarsi, Stefano si divertì
a suscitare lo sdegno della maestra di
musica.
— Ma lei bestemmia, signor Mentesana!
Io mi dolgo solo di questo, vede : di non
essere nata qui, nella città dei fiori ! Ah !
se io fossi fiorentina ! Non la capisco davvero! O è un barbaro.... ma no! ma no!
È innamorato!
— Né barbaro né innamorato. Sono un
campagnolo, e preferisco un bel vigneto
a una chiesa antica, e un bosco in ottobre
a una pinacoteca.
— Ma lei non è sincero! ma lei è un
_ 8 —
futurista! ma lei è una persona insoffribile! — lo interruppe la vecchia signora
sogguardandolo con simpatia a traverso
una piccola chiara nuvoletta di fumo.
C o m e credere che quello sguardo improvvisamente abbuiato da un pensiero,
improvvisamente illuminato da un sorriso
che giungeva a pena fino alle labbra, ora
freddo e duro, ora velato di dolcezza,
non si volesse posare sulle cose belle?
Le sarebbe davvero piaciuto sapere
quanto gli frullava pe'l capo!
Anche la sua figlioccia (aveva proprio
dimenticato di avere una figlioccia così
grande!) fingeva di custodire un «segreto
dolore » in fondo al cuore non pieno d'altro che della lontana speranza di trovare
marito.
Fabiana, dopo tanti anni di silenzio, le
aveva scritto una lunghissima lettera infiorata da molte frasi che cercavano di abbellire o almeno di attenuare la verità.
— « Ti raccomando la piccina che viene
con i Ciarli per conoscere Firenze e la
sua buona madrina » — aveva scritto —.
« C h e tu e il tuo salotto siate la fortuna
della mia Franca. Sei così intelligente, che
pon aggiungo altro....»
•
—
9
—
E in due foglietti non aveva fatto che
aggiungere, povera Fabiana rimasta la
stessa, tutta misure e reticenze!
Un'idea, più rapida d'una stella cadente
nel cielo d'agosto, le passava per il capo.
— Alò ! signor Mentesana ! — esclamò,
— Le presenterò qualcuno chele farà piacere! Una figurina di ceramica, le assicuro.
— Donne! Non voglio conoscerne!
— Non faccia l'orso! Non scappi via!
Ma egli non aveva alcun desiderio di
tornare a vagolare per le strade sconosciute, cercando un rifugio nella città sconosciuta.
Ecco vecchie signore che somigliavano
alla maestra di musica, e signore mature
dalle gonne corte che parevano ragazze invecchiate; signorine senza età; uomini vestiti di nero.
Fra gli uomini se ne distingueva uno,
armato di un grosso occhialino, che ìa
Delroi presentava con elogi stragrandi:
— Poeta basilisco. Ingegno eccezionale!
Il suo volume di prose liriche sarà una
rivelazione ! Il titolo, caro Perillo! il ti»
tolo!
E il poeta con un occhio — inchinan-
—
io —
dosi così profondamente c o m e se avesse
voluto offrire a qualcuno la testa impomatata — ripeteva con tono misterioso il
titolo del suo libro.
I discorsi giravano attorno a concerti
che Stefano non aveva sentiti, a libri che
Stefano non aveva letti, a luoghi che Stefano non aveva mai veduti....
Meglio andarsene.
Anche la maestra di musica lo aveva
dimenticato; di tanto in tanto lo fissava
con l'occhialetto, e pareva volesse domandargli chi fosse.
Meglio andarsene.
Preso dall'umiliante senso di stizza —
che provava sempre restando in mezzo
a estranei, riuniti in conversazione — e
dall'irresistibile bisogno di muoversi, di
stendere le braccia, di uscire da quella
gabbia di matti e di pappagalli, fece per
alzarsi.
Ma la Delroi, che lo sorvegliava senza
parere, lo trattenne, offrendogli un'altra
tazza dell'esotico decotto che piaceva a
tutti immensamente.
— Un gocciolino di r u m m e ? Così. Le
assicuro, signor Mentesana.... O h ! —s'interruppe —, care! care!
—
11
—
Lo presentò, trionfante, alla signorina
Gaudelli, alla signorina Ciarli, che aspettava.
Due bambole: bionda e più alta l'una,
con un volto di bimba docile e scontenta
velato dall'ombra del gran cappello nero;
l'altra più piccola, una corta frangetta
castagna sulla fronte, il nasetto all'insù.
Graziose l'una e l'altra.
Ma la Delroi, chiamandola per nome
con esagerata premura, si studiava di raccogliere su una sola l'interesse di tutti: e
gli sguardi di avida o di fredda curiosità
maschile, le gelose occhiate femminili,
andarono sulla bionda come i raggi di un
fascio di luce che si vuole fare cadere su
un quadro.
La figurina di ceramica....
Stefano fu assalito con violenza dal capriccio di condurla via perchè non la
guardassero più.
Si alzò di scatto.
La Delroi sussurrò misteriosamente:
— Ah ! signor Mentesana ! Sentirà della
musica divina!
La signorina bionda sedette sul rotondo
sgabello aprendo lentamente un fascicolo
sul leggio: e poi che Stefano si piantava
— 12 —
presso il pianoforte, pronto a voltare le
pagine senza averne domandato il permesso, lo sogguardò con un po' di sorpresa.
« Il poeta basilisco » mormorò, aggiustandosi il grosso occhio di vetro.
— Il est bien gauche!
L'altra — che si era levato il cappellino,
mostrando i capelli corti a zazzera — cominciava a cantare, lasciando le braccia
abbandonate lungo i fianchi:
— «Ninon, Ninon, que fais-tu de la
vie?»
Il suo gracile petto, gonfiato dal canto,
faceva pensare ai piccoli uccelli che àn
tante penne, tanta voce nella tiepida gola,
e così poca carne.
La prediletta della Delroi suonava con
passione, senza guardare la musica; e le
rosee gote, sotto l'ala del cappello di
merletto nero, diventavano più rosee per
questo.
Guardata di profilo, con gli occhi bassi,
non somigliava un poco a Valeria?
La fuggevole somiglianza gli diede un
senso di angoscia.
Si udì un confuso mormorio:
-— Deliziosa..,.
— i3
—
Adorabili....
Stefano si affacciò: i profumi, il troppo
te trangugiato, il ricordo di Valeria, lo
opprimevano.
Guardando il cielo, ancora chiaro, pensò
alle notti stellate, al cielo nero e fondo
del suo paese: cielo nero tempestato di
stelle animate ed eloquenti che non si
potevano fissare senza la paurosa impressione che il loro tremolìo dovesse attirare
verso le altezze infinite.
— Va via, signor Mentesana ? Così presto! Tornerà domani sera? Badi che l'aspettiamo ! Franca, carina, tu suonerai
qualche cosa per il signor Mentesana che
adora la musica! Fanny, se non ti dispiace.... Sentite....
Confabularono in tre.
Franca tornò al pianoforte; Fanny cominciò :
— <( Ah ! Santuccia.... »
No, Santuzza non à la stessa voce di
Ninon....
— « A h ! Santuccia....»
Taci, Fanny, non provarti a cantare la
passione di Santuzza....
Franca diceva:
— L'abbiamo contentata?
14 —
Sorrideva con grazia, guardandolo.
Ebbene, i suoi occhi, nell'ombreggiatura del cappello di merletto, non erano
occhi di bambola.
•
Stefano uscì subito dopo aver fatto colezione; ma guardando l'orologio si accorse che prima di un altro paio d'ore
non poteva presentarsi in collegio.
— Ah ! zia Fifì ! Mi ài colto per l'ultima
volta !
Girellò un pezzetto, infine si fermò affacciandosi a guardare l'Arno.
Lo splendore del sole dava un colore
di smalto all'acqua verdastra; la gente,
che passava lasciandosi dietro il susurrio
del suo musicale accento, pareva parlasse
forte per dare gioia a chi udiva o per dire
solo cose belle.
Nel cielo leggero leggero passavano lentamente piccole nubi diafane.
— C o m e tutto è gaio, fresco e gentile,
quassù! — pensò —. C o m e tutto è diverso !
Una vecchina decentemente vestita do-
~ 15
mandava l'elemosina, stendendo un fogliolino scritto a mano : le offrì del denaro.
— Che il cielo la protegga, signore —
balbettò la mendicante, allontanandosi —.
Che il suo desiderio più bello venga
esaudito !
Egli guardò l'acqua verde, il cielo diafano, l'altra riva, come per domandare
alle cose quale fosse il suo maggior desiderio.
Ne aveva qualcuno, ben delineato?
Dentro l'anima, uscita dallo spasimo del
rimpianto, ogni aspirazione era imprecisa,
e nuova.
Perchè si era sempre annoiato, invece
di ringraziare zia Fifì che gli dava l'occasione di venire in continente?
— E così. E inevitabile che sia così —
osservò rapidamente —. Se ognuno pensasse a godere ciò che è piacevole e vicino senza crucciarsi con le previsioni di
domani o col ricordo di ieri, quanto sar e m m o più felici !
Eppure è sgradevole camminare senza
scopo in mezzo a una folla di estranei.
Esitando entrò in un caffè. Domandò
un poncio e subito si pentì, guardandosi
in giro: chi si faceva portare la birra spu-
—
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mante, chi prendeva la cioccolata, chi
sorseggiava il caffè. Quasi nessuno chiam a v a un poncio....
Chi ciarlava con gli amici, chi aveva
delle donne in compagnia.
Bello condurre una donna, e domandarle offrendole la lista:
— C h e cosa preferisci ?
— Quel che tu vuoi.
Rivide Maria Luisa e la madre. Bello
condurre Maria Luisa che sgrana gli occhi a ogni piccola novità.
Ma è più bello andare con un'altra.
Chi?
Si guardò intorno c o m e quando aveva
scelto nella lista: chi birra e chi caffè....
e molti una graziosa elegante donnina.
Le donnine del caffè gli piacevano tutte
e non ne desiderava una.
Chi bionda e chi bruna, si somigliavano
tutte fra di loro: gli stessi dentini, gli
stessi occhi allungati e ingranditi, le stesse
labbra dipinte. Tutte ben preparate, c o m e
certi dolci che fanno bella mostra nelle
vetrine e, a mangiarli, debbono lasciare la
bocca amara.
Si alzò bruscamente, e si allontanò in
fretta.
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_
Per la prima volta, da quando si era
messo in viaggio, pensò a Giovannina che
l'aspettava, umile e devota : le avrebbe
comprato una bella sciarpa rossa. Ma prima doveva levarsi il pensiero della visita
in collegio.
Troppo presto ancora.
Ebbene, perchè tanta furia? Per partire. Per partire la notte stessa....
Fu rallegrato dall'idea di lasciare finalmente la città bellissima e tornare alle
solite occupazioni, in mezzo a gente conosciuta che lo conosceva.
Zia Fifì non avrebbe trovato mai più
Stefanuccio disposto a dare « un occhio »
alla cugina!
Stefanuccio era un u o m o che l'ozio Io
snervava peggio d'una malattia.
Sedette su una panchina con le inani
sul p o m o del bastone. Una ragazza gli
passò davanti due o tre volte: portava
un gran mazzo di giaggioli tra le braccia
e lo guardava con un invitante sorriso
sulle labbra dipinte.
Le labbra accese nel volto senza sangue,
e gli occhi ingranditi facevano pensare a
una malinconica maschera.
M E S S I N A , Un fiore che non
fiorì.
'2
i8 —
Stefano si alzò e le camminò al fianco
senza sapere precisamente perchè.
Lo scirocco, il profumo dei giaggioli
mescolato al forte odore di cipria, la solitudine della strada, gli comunicavano un
senso di stordimento. Ma non provava
alcun piacere a seguire la femmina.
Rallentò il passo, quasi disgustato di
sé stesso, ed entrò in una piazza affollata.
Mancava a pena mezz'ora: si avviò, col
passo fermo e spedito di chi à una mèta,
verso il collegio.
•
Doveva partire a mezzanotte, ed era
prestissimo.
Senza volerlo passava davanti il portone
della Delroi. Meglio così, dopo tutto:
avrebbe salutato la sua bizzarra amica.
— Bravo, signor Mentesana ! — ripeteva
la maestra di musica con entusiasmo —.
L'ò aspettata ogni sera e ò pensato male
di lei. Ò detto : il signor Mentesana se n'è
andato all'inglese! Invece lei è un fedele
amico! Non si spaventi! Non le offro del
te! lo so! lo so! Neppure un bicchierino
di rosolio? Niente? Caffè? a quest'ora?...
—
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— esclamò perplessa —. Vada per il
caffè.
Le poltrone vuote, il pianoforte chiuso,
le lampadine spente....
Troppo presto.
— Perchè non è più tornata ? L'abbiamo
aspettata. Queste sere scorse non c'era
nessuno con noi. Una intimità deliziosa,
spirituale! oh! io soffro a vedere troppa
gente nel mio salotto ! E la mia Franca
è la stessa ! Ma io sono costretta a tirarle
un po'le orecchie! Me lo domanda? Lei
è perfido, sa! Vuol fare l'ingenuo! Lei à
certo dimenticato la sua vittima! Dopo
averle fatto perdere la testa! Ascolti! —
esclamò con improvvisa serietà —. La
Gaudelli è un'anima sensibile. Non vorrei
che per causa mia, povera Franca.... A
già tanto sofferto!
— Ma.... — volle replicare Stefano.
— Vede, non sarebbe possibile per tante
ragioni — continuava la Delroi senza badargli — È orfana, vive con una zia che
le à fatto da m a m m a . Anno delle proprietà.... Insomma non sarebbe possibile.
Suo padre non la lascerebbe andare così
lontano !
Volevano metterlo nel sacco?
—
20
— Le assicuro..., — ripetè seccato*
La Delroi lo interruppe:
— A sentito Marinetti? è davvero epatant!
Stefano volle andarsene senza aspettare
il caffè preparato a posta; ma esitava,
pensando che fuggire era una cosa ridicola.
Intanto una ragazzina in grembiule bianco posava un piccolo vassoio sul tavolino,
e la Delroi gli offriva una minuscola chicchera color di rosa.
— O h ! bravo! che gusta le mie sigarette !
Molto probabilmente la maestra di musica aveva già dimenticato la sua frivola
allusione.
Ecco delle visite: qualche persona che
Stefano conosceva (il « poeta basilisco »
e due o tre signore), qualche faccia nuova;
ma i saluti, i gesti, si ripetono — come
in una rappresentazione di marionette.
Ecco anche Franca e Fanny.
Stefano si avvicinò al pianoforte, come
la prima sera: voleva che la Delroi e la
sua frivola protetta lo vedessero tranquillo
e pieno d'indifferenza.
Franca si spuntò il cappello, come Fan-
_
2t
—
ny: anche lei portava i capelli corti, ma
la pettinatura infantile non si accordava
col suo volto fine che restava serio, anche
se rideva.
Senza cappello riuscì quasi sgradita a
Stefano che perciò si senti più padrone
di sé — come un u o m o che si lasci legare
i polsi da un bambino, così per ridere.
— La musica le piace dunque molto,
mi dicono?-— gli domandava Franca.
— Non sempre.
— Non sempre?
— Solo quando à la forza di commuovere.
— Allora le canzonette napoletane, tanto
graziose....
— Anche le canzonette, se chi le suona
à sentimento.
— E se chi suona non sente niente ?
— Può fare a meno di stancare le orecchie del prossimo.
Franca rise, aprendo un quaderno sul
leggio:
— Il sentimento solo non basta — disse —, alla bravura d'una musicista. Se la
sentisse la signora Delroi!
Anche lei era perfettamente tranquilla.
La sua molle risata, un po' canzonato-
_ 22 —
ria, sconcertò Stefano che riudiva, con insistenza, le moleste parole della Delroi.
Franca suonò; poi si girò con grazia
sullo sgabello per rispondere agli elogi e
alle esclamazioni degli amici.
— Brava — le disse Stefano, semplicemente.
— Crede che abbia suonato con sentimento ? — replicò Franca, tornando a girarsi.
Stefano la guardò.
— Ma che! ma che! — ripetè Franca
sorridendo. — Non sta bene commuoversi
per davvero!
Sfiorando i tasti, senza suono, aspettava
con gioia che egli le facesse « un pò" di
corte ».
Ma Stefano, punto dalla sua tranquillità,
non apriva bocca.
Senza alzare gli occhi lo aveva già esaminato, dalle scarpe ai capelli.
Era simpatico.
Si sarebbe detto un contadino, col suo
abito chiaro da mattina, il suo parlare
asciutto, se non avesse mostrato, sfogliando, una bellissima mano, forte e magra.
— È da poco tempo, a Firenze ? — gli
domandò per farlo parlare.
—
23
—
— Da sabato sera.
— La prima volta, immagino....
— No.
Franca sorrise.
Era timido.
Il sorriso le smorì fra le labbra nel sentirsi guardare con gravità quasi severa.
Ma ella, che aveva imparato a non perdersi d'animo, continuò pazientemente ad
avviare una conversazione qualunque.
Una fila di domande e di risposte che
le pareva di ripassare i diaìoghetti della
grammatica francese: e faceva un vero
sforzo per non ridere.
— Viene per una cugina! — esclamò,
lieta di avere finalmente trovato un argomento — una cuginetta chiusa in collegio!
— E una bambina —, rispose Stefano.
Si vedeva, da un aggrottare della fronte,
che la maliziosa osservazione gli era dispiaciuta.
— Io sono quasi siciliana! — raccontò
Franca, cercando di fargli piacere —. Le
pare strano? Eppure sì! il babbo no.
Ma la m a m m a era di Siracusa, Deve essere bella la città della mia povera m a m ma. Lei non à visto Siracusa ? Un siciliano!
_
24
_
— La Sicilia è ben grande — fece Stefano.
— A ragione ! A vederla sulla carta pare
un'isola piccina piccina!
— E invece.... — esclamò Stefano; esitò, s'interruppe.
— Lei vuol molto bene alla sua isola !
— osservò Franca.
— Chi non vuol bene al suo paese?
— Io, per esempio ! che non capisco
l'attaccamento a questo o a quel luogo. Si
figuri: toscano il babbo, siciliana la m a m ma, io cresciuta in un paesino delle Marche, ora stabilita in una città di provincia
in Toscana.... Senza patria, insomma....
Raccontò di esser venuta con la famiglia Ciarli, per distrarsi. Aggiunse:
— C o m e se bastasse, per dimenticare.,..
Sospirò, fingendo di essere improvvisamente rattristata, sodisfatta, nel sentire
una inquieta curiosità nel silenzio di lui ;
ma come i suoi occhi celesti si incontrarono nel severo sguardo di Stefano, impallidì, smarrita, sopraffatta dall'assurda
paura, dolorosa e piacevole, che egli dovesse afferrarla, stringendosela sul largo
petto.
— 25
—
•
Fuori, sotto la lampada elettrica, Fanny
la canzonava:
— Ti ritrovo, mia inconsolabile « désenchantée »! Ti è piaciuto ?
— Che cosa?
— Il siciliano, oh bella ! Non sai che è
siciliano ?
— E perciò?
— Ti à ipnotizzata? Ài perduta la favella ?
— Smettila, Fanny. Non ò voglia di
scherzare.
— C o m e sei tragica! Se ti consoli così
presto, tua zia benedirà Firenze, o meglio
la Conca d'oro!
— Smettila, Fanny. Te ne prego!
— Atto primo — Scena prima. Cara la
mia Franca, tu sai che la tragedia salta
fuori solo all'ultimo atto !
— Per piacere, Fanny ! Ò molto sonno ;
ecco tutto.
— 26 -
Era troppo tardi per ripartire la stessa
notte.
Andò al telegrafo; suonò il campanello
a malincuore; scontento riempì il foglio.
Lo sportello dell'ufficio si richiuse subito,
quasi avesse inghiottito le sue dieci parole
contate.
Era fatta. Inutile pentirsi, oramai; e si
allontanò a piccoli passi pigri.
Perchè essersi andato a chiudere in un
salottino, invece di mettere nella valigia
i doni preparati per Maria Luisa?
E perchè telegrafare, invece di cercare
una nuova partenza di treni nell'orario
ferroviario ?
Tutto ciò non era degno di lui.
— È la stessa cosa — si disse — ; partirò domani sera.
Ma questo proposito non lo liberò dal
malumore.
Si domandò, improvvisamente turbato,
se non si fosse lasciato « prendere nel
sacco ».
— 27 —
Lui?
Franca non aveva affatto perduta la testa, come diceva la Delroi; e neanche lui
— tutto dedicato alla casa, agli affari lasciati in pendente.
Il suo malumore si chetava rivedendo
il grande studio — dal parato chiaro e
dalle due finestre piene di luce — dove
era aspettato.
Subito il suo pensiero tornò a Franca,
Era bella? Forse no.
Una signorina come un'altra.
Gli sarebbe piaciuta se non avesse portato i capelli a zazzera e un abito troppo
corto e scollato.
•— La farei pettinare a mio gusto.... —
si disse.
Ma riudì la molle risata un po' canzonatoria, e si abbuiò.
A poco a poco pensò — con una punta
di gelosia — ad Antonio che si era fatto
una famiglia sua, amministrando per conto
suo la sua parte di roba, mentre lui si
contentava di essere il socio di papà.
Il tempo che nelle famiglie si faceva
prendere moglie al solo primogenito era
finito : ma donna Lucia Mentesana faceva
rivivere questo tempo nella sua speranza,
— 28 —
con sottile accortezza, legando il figlio alla
vecchia famiglia, col circondarlo di premure e di comodità e col fargli credere
che lui fosse necessario a tutti.
— Assieme a tuo padre — gli diceva —,
tu sei la colonna che ci sostieni!
Tutti erano convinti che Stefano sarebbe
vissuto scapolo.
Bello è, spezzare la certezza degli altri,
come un balocco! Papà avrebbe dovuto
consegnargli la roba che gli apparteneva.
E la madre?
Cara m a m m a ! Giovannina — che tu co»
pri di regali per gratitudine —, non mi
può impedire di diventare anch'io un capo
di casa e si rassegnerà!
Ma di nuovo pensò a Valeria (che lui
avrebbe adorata in ginocchio), ed ai suoi
volgari tradimenti. Franca le somigliava
un poco, di profilo, se chinava il capo;
solo un poco: quanto bastava per provare
un senso di acuto fastidio.
Che cosa doveva dimenticare Franca?
Il suo volto di bambola era roseo come
l'ingenuo volto di Valeria e i suoi occhi
celesti erano sereni come gli occhi grigi
di Valeria.
Franca — che si divertiva per dimenti-
~ 29
care, e cercava la compagnia di gente che
non gli somigliava, e viveva in paesi che
lui non conosceva — era la sorella spirituale di tutte le signorine moderne.
•
— Eccolo! — esclamò Fanny —. Lo
chiamo? Ci faremo accompagnare!
— No, Fanny — rispose Franca — . E
non ridere — aggiunse, agitata dal timore
e dal desiderio che Mentesana, fermo davanti una edicola, avesse voluto raggiungerle.
— Non ci vede! Non vede altro che il
giornale! — disse forte Fanny, allegramente —. Il cuore non gli dice niente!
— Ma taci ! — mormorò Franca, affrettando il passo.
— Non mi fare correre! — fece Fanny —# Non ti scordare che le gonne sono
troppo strette !
E la sua risata scoppiettò sommessa e
vivace, come il delicato tintinnio di un
campanellino.
Rideva sempre Fanny: i suoi occhi chiarì
e sporgenti, lucidi come la porcellana, e
le labbra un po' grosse, ridevano conti-
— 3o nuamente : in casa, fuori, a cinematografo,
al caffè, a teatro, nei salotti delle amiche.
La preoccupazione di farsi credere spensierata era diventata un'abitudine così forte
che ella sorrideva anche mentre era sola,
anche se le raccontavano cose poco allegre, anche se il pianto le stringeva la gola.
Franca non si era mai accorta che l'amica ridesse a sproposito.
— Non continuare! — pregò.
— Stasera andiamo finalmente anche
noi a teatro ! — esclamò Fanny senza
badarle.
— Oh!
— Ti dispiace? Pure lo desideravi!
— No, no. Ma avevo promesso alla Delroi che sarei andata.
— Lo so. Lo so.
— Lo sai? Non puoi saperlo.
— Lo so, che tu ami teneramente la tua
madrina! Ebbene, torneremo da lei anche
stasera.
— Ma no, Fanny ! perchè sacrificarti.
Andrei sola! Ti assicuro che andrei volentieri sola!
— Andremo assieme.
— Non ne parliamo più. Verrò a teatro. Metteremo la veste rosa?
3i —
— Lascia che a teatro vada il babbo.
Noi andremo là.... Non siamo le due inseparabili? E poi.... ti resterà così poco
tempo da offrire alla tua madrina!
•
Con la sua tranquillità di bimba docile
e scontenta, Franca cominciò a suonare,
mentre Stefano si allontanava dal pianoforte.
Il « poeta basilisco » sfogliava le pagine
della musica, socchiudendo gli occhi di
tanto in tanto come un ragazzino ghiotto
che succia una caramella.
— «Ninon, Ninon, que fais-tu de la
vie?» — cantò Fanny, sorridendo.
Poi Franca si alzò per unirsi a un piccolo gruppo di amici che ragionavano dei
balli di moda. Stefano le si avvicinò e
disse :
— Perchè scappa?
— Non scappo! Vado a scambiare due
chiacchiere.
— Con me non vuole chiacchierare?
— Perchè no? — e Franca crollò la testa lievemente con un sorrisetto, perchè
32
luì si accorgesse di essere goffo e grossolano.
Ma Stefano non le badò.
Voleva sapere se lei, Franca, avesse
fratelli, sorelle; con chi vivesse, poi che
era orfana. Le faceva molte domande, ora
con tono sommesso ed esitante, ora brusco e fermo.
Che cosa doveva ella dimenticare?
Che cosa?
Avrebbe lui saputo la verità?
Pure glie lo domandava.
Franca, ripresa dall'assurda paura dolorosa e piacevole che egli dovesse afferrarla stringendosela sul largo petto, rispondeva come se lui avesse diritto di
sapere.
L'allusione, che agli occhi degli altri
metteva un'ombra di mistero sulla sua
persona, doveva averlo inquietato, evidentemente; perciò raccontò di avere fatto
all'amore con un tenente, partito per la
Cirenaica:
— Uno stupido flirt durato tre mesi!
— esclamò con ostentata indifferenza. —
Una volta partito è finito tutto. Né io né
lui avevamo preso la cosa sul serio. La
mia madrina avrà esagerato!
— 33 —
Stefano taceva, aprendo e chiudendo
un quaderno meccanicamente.
Franca pensò: — egli non crede.
Tacque anche lei, cercando le parole
per spiegarsi meglio senza trovarle, dimenticando le sottili civetterie che formavano tutto il suo bagaglio spirituale.
« Io non ò mai amato alcuno, Stefano ! »
Questo avrebbe voluto potergli dire.
E anche lei taceva, sfogliando una rosa
meccanicamente, sulla tastiera che pareva
una mostruosa beffarda bocca dentata.
•
Fanny insisteva:
— Non si è ancora spiegato?! Se non
lo dicessi tu stessa mi sembrerebbe inverosimile ! E che! pare voglia divorarti
coi suoi occhiacci di falco e non ti dice
niente? possibile?
— Possibile.
— Bada sai! Ti comprometti! Mormorano che ti faccia la corte! — esclamò
con invidia.
— Pettegolezzi....
— Pettegolezzi? Sia pure. Ma io non ti
MESSINA,
Un
fiore
che
non
fiorì.
3
~-34conosco più! Ascolta il mio consiglio: o
lo fai spiegare o lo pianti. Meglio piantarlo, te l'assicuro. È un personaggio tragico, e la vita è una graziosa commedia!
— Ebbene Fanny, ài ragione. Ma lasciami in pace!
Fanny aveva veramente ragione. Stefano non partiva per lei ; e non le faceva
la corte.
Gli piaceva e voleva dirglielo: ma se
ella chinava un po' il capo — somigliando
a Valeria —, le parlava bruscamente, con
un gran desiderio di farle del male.
•
Ogni sera Stefano decideva di partire
l'indomani; e l'indomani, svegliandosi,
cambiava idea.
Maria Luisa scrisse :
« Non facciamo che aspettarti. Vincenzo
corre ad ogni arrivo di treno, la m a m m a
piange, e papà si arrabbia. Sei malato?
Ci nascondi qualche brutta novità ? Papà
vorrebbe venire lui a Firenze ma si capisce che la m a m m a non vuole. »
No, no, lui non nascondeva niente ! era
— 35 libero di pagare il conto dell'albergo, chiudere le valige e mettersi in treno!
A h ! esser libero! E si stirò soddisfatto.
Sdraiato sul divano, con le mani intrecciate sulla nuca pensò pigramente alla
casa, a Maria Luisa che aspettava i bei
doni, a Vincenzo che tornava deluso, senza
il padrone.
Pensò anche a Franca.... Ebbene, era
diventato ridicolo! Avrebbe fatto ridere
gli amici del Circolo alle sue spalle!
Interessarsi tanto di una signorina coi
capelli corti, che chiamava flirt l'amore
sorridendo un po' ironica ?
Interessarsene al punto di volerla sposare?
Firenze — città di bellezza e di armonia — che pesante catena volevi lasciarmi
in eterno ricordo!
Era libero. N o n aveva detto alla signorina Gaudelli una parola che potesse impegnarlo.
— Libero! — ripetè, — approvando con
gioia la sua prudenza.
Rispose a Maria Luisa :
« .... Puoi dire a papà che domani mi
— 36*—
metto la via tra le gambe. Ò perduto
tempo per fare delle spese volute da Ninetta».
•
La sera Franca gli annunciò:
— Siamo qui da un mese. I Ciarli anno
deciso di tornare a casa —•.
Aggiunse sottovoce, temendo che Stefano intendesse il motivo dell'annuncio:
— partiremo fra qualche giorno.
Fanny le aveva suggerito:
— Diglielo, vedrai che si spiegherà.
Stefano rispose:
— Anch'io penso di andarmene, oramai.
•
— Non verrà il signor Mentesana? —
domandò Franca alla madrina dopo un
pezzo.
— Deve essere partito stamane, — rispose la Delroi collana mortificata di voler domandare scusa.
Il sorriso delle amiche, in tutte le sfumature della cattiveria e della curiosità,
- 3
7
-
le andò incontro; e il poeta basilisco la
fissò da lontano col suo rotondo occhio
di vetro.
— Difatti — esclamò Franca con studiata pacatezza —, diceva che si preparava
ad andarsene.
Prese parte alla conversazione; e fu vivacissima; e il poeta basilisco si illuse di
avere conquistato il suo volubile cuore.
Ma le ginocchia le tremavano forte, e le
sue guance erano meno rosee.
Per le scale si morse le labbra, come
se volesse ricacciare indietro un groppo
di pianto.
— Mia povera Franca ! — mormorò
Fanny.
— Ma no....
— O h ! a me non è sfuggito che ti à
fatto senso!
— Ma no....
— Franca, tu soffri ! Tu non mi vuoi
più bene!
Fanny, l'amica fedele delle ore buone
e delle ore cattive, la prese per il braccio
dolcemente.
Andarono un pezzetto in silenzio; e nella
calma dell'ora tarda risonava il passo pesante del commendatore Ciarli e quello
— 38 ~~
leggero della moglie, che le accompagnavano. Fanny, che non sapeva restare zitta,
esclamò :
— Mi avessi ascoltata! Quante volte ò
cercato di persuaderti! Fallo spiegare! impegnalo! Ma che ti diceva dunque?
— Niente.
— Niente! Tutta la serata, niente?
— Mi domandava molte cose....
— E tu?
— Non so. Ò accennato al Ricciardi....
Con le idee che à..,. si sarà turbato....
— Di che? Di qualche flirt? È un selvaggio, quell'uomo ! Ma tu sei stata un'ingenua! lasciartelo sfuggire! tu? così....
così piena di spirito! Non ti conosco più!
Franca taceva, stancata dalle inutili parole della sua buona amica: inutili e forse
un pochino volgari....
C o m e lontano l'albergo, e come lento
il passo della signora Ciarli!
— Franca, mia povera Franca! — ripigliava Fanny. — Diventi debole? Diventi,
lasciamelo dire, diventi stupida? Tu, il
mio babà col r u m m e ? Dimentichi il nostro decalogo, compilato in giardino, ricordi? Primo: ridersi degli uomini sempre, specie se fanno delle dichiarazioni
~~ 3
9
-
d'amore. Parentesi : il tuo selvaggio ti faceva delle dichiarazioni mute che tu non
capivi ; è lo stesso. Secondo : ottenere che
il nostro adorateur si innamori per davvero, ma badare che noi non ci innamoriamo. Terzo....
— Finiscila! — interruppe Franca con
voce ferma. — Non era u o m o da fare complimenti banali. Gli sarò piaciuta. Non à
creduto di dovermelo dire. E onesto. Se
non dovevamo rivederci più.... perchè....
— non continuò.
La vocetta acuta di Fanny, il chiacchierio sommesso dei Ciarli — che giungeva
a tratti —, i rumori notturni della città,
tutto si confondeva in un confuso e pesante sussurrio.
— Ohimè ! — faceva Fanny. — Non sapevo che fosse una cosa tanto seria!
— Ragazze ! — chiamava la signora
Ciarli, fermandosi perchè le due amiche
tornassero qualche passo indietro —. Sentite : Guglielmo à sbrigato i suoi affari, e
dovremmo ripartire domani. Vi dispiace?
Vi resta qualche spesetta da fare?
— Peccato! — esclamò Fanny —. Stavamo così bene! qui! Non è vero Franca?
— Quanto a me.... — balbettò Franca,
_
4o
_
E sperò che i Ciarli si decidessero a tornare subito.
Firenze non era altro che il salotto della
Delroi, diventato freddo, ostile, deserto.
•
Stancarsi, piegando biancheria, stracciando lettere e cartoline, mettendo in disordine i due cassetti dell'armadio per poi
riempire le valige spalancate, le faceva
bene.
Era dolente di aver mostrato la sua debolezza a Fanny, che certo si sarebbe divertita a compiangerla chiacchierando con
Silvia o con Mary o con Liliana.
Canticchiava.
— C o m e sei allegra ! — borbottò Fanny.
— A me secca lasciare Firenze! Chi sa
quando potrò tornarvi!
Franca continuò a canticchiare.
— N o n credevo che fossi tanto volubile!
A ragione tua zia!
— Perchè?
— Perchè vedo che ài perfettamente dimenticato il tuo selvaggio!
Franca trasalì, esclamando allegramente :
_
4i
~~
— Per dimenticare bisogna prima avere
qualche cosa da ricordare!
— O perchè non creavi ieri sera questo
profondo aforisma?
— Ieri sera.... ieri sera dovevo stare un
po' male.
— Ah! Ed ora sei guarita? Brava! —
fece Fanny —. Capisco. Senti, dobbiamo
salutare la Delroi che è stata molto gentile.
— Così tardi? Ò da fare le valige, da
correre dall'orologiaio....
— E allora?
— Allora le scriverò. E lo stesso.
II.
Zia Fabiana entrava, ancora spettinata
e in pantofole.
— Franca! troppo presto ti sei levata!
Non ài dormito bene?
— No.
— Non dormi più un bel sonno da quando sei tornata ! Io ti sento. Oh ! La faccio
finita e mando a chiamare il dottor Balsamini.
— Che brutta idea, zia Fabiana!
— O perchè ?
— 42 —
— E davvero buffo, il dottor Balsamini,
con i suoi occhiali a stanghetta!
— C o m e sei impertinente! Ma io ò il
dovere di mandarlo a chiamare. E poi....
vorrei farti un discorso serio.
— Sono sempre tanto seri i tuoi discorsi, zia!
— Vorrei essere ascoltata!
— Ti ascolto, zia.
— Col cuore. Non cogli orecchi soltanto. Ò parlato molto di te col parroco
di San Francesco, don Agostini.
— Oh!
— Ti assicuro che è un u o m o dotto,
una mente vasta! Se tu lo sentissi parlare ! Dicevamo che tu dovresti cambiare
le tue abitudini....
— Per far piacere al tuo parroco?
— Dimmi con chi pratichi.... E quelle
tue amiche.... Quella Silvia che è sulla
bocca di tutti....
Franca sbadigliò.
— Sei stanca. Non è il momento. Ne
riparleremo. Tu sei buona, in fondo, e
mi darai la consolazione di avere una nipotina che sia l'esempio di tutte.... Ma
perchè, Dio buonino, perchè ti sei tagliati
i capelli? — esclamò con dolore zia Fa-
- 4 * biana, mentre Franca si levava la cuffia
da notte. — Non mi posso abituare! —
borbottò allontanandosi in fretta —. Non
mi posso abituare!
Franca chiuse l'uscio ; la zia l'aveva finalmente lasciata sola.
Ma non era sempre sola?
Sola assieme alla zia, al babbo, alle amiche più carine; sola anche assieme a Fanny.
Povero dottor Balsamini! Certo l'oracolo di zia Fabiana sarebbe venuto: ma
egli non poteva scacciare coi suoi rimedi
la noia profonda e nera portata dal suo
viaggio di piacere.
Aspettava l'ora di colezione leggiucchiando un poco, o preparandosi a dipingere per rimettere subito a posto i pennelli, lucidandosi le unghie, guardandosi
nello specchio per riesaminare due piccolissime grinze agli angoli della bocca;
e l'ozio la snervala.
I pomeriggi e le serate erano pieni e,
a volte, quasi divertenti : il tennis in casa
Màmmola, le visite in compagnia di zia
Fabiana (che impegnata in una vera contabilità segnava in un quaderno le visite
fatte e quelle ricevute), una conferenza o
un concerto, il cinematografo o il teatro
— 44 —
— quando l'unico teatro cittadino era aperto, — e, immancabilmente, la passeggiata
per il Corso, e il solito incontro con le
solite amiche.
Certe volte, girellando per le stanze della
vecchia casa, eccitata dal bisogno di « fare
qualche cosa utile», si figurava di poter
cambiare il posto dei massicci mobili tarlati, di mettere un fascio di fiori freschi
nei vasi ricolmi di pesanti sbiaditi mazzi
di carta-velina fatti dalle suore Stimmatine
ammiratrici di zia Fabiana.
Occuparsi della casa le sarebbe piaciuto.
Certo Fanny l'avrebbe canzonata, se
lei avesse confessato certi desiderii.
E la zia! guai a toccare ciò che le apparteneva !
Sarebbe stato inutile voler tentare di
pregarla! Tuttavia si divertiva un pezzetto a farla arrabbiare.
— Zia — proponeva seria seria ~~~, permetti che dia una rinfrescata al salotto?
— Mi faresti un regalo. Rosina è così
lenta che le m a n c a il tempo di spolverare
tutto.
— Io sono pronta. Ma lascia che metta
nel fuoco quel sotto-lume di lana verde*
-
4
5 -
— Nel fuoco? Sei matta!
— È brutto. Anche le due cornicine dì
paglia sono bruttissime, e l'album dei ritratti, e i piattini di frutta di scagliola,
zia ! Faremo una bella fiammata ! E la consolle, zia!
— Anche la consolle?
— Dovresti mandarla in soffitta, così caricata com'è.
— Benedetta figliola ! Se io entrassi nella
tua camera per criticare....
— Non è mia, perchè non posso tenerla
col mio gusto.
— Se tu sei la padrona....
— Dici davvero? Allora posso buttar
via quello che non mi garba?
— Per amor del cielo ! Fai qualche cosa !
occupati !
— Proprio così, zia, vorrei fare qualche
cosa!
— Ebbene, dipingi. Non ti va? Suona!
Neanche? Mi ài fatto spendere bei quattrini con la maestra di piano! Mettiti a
cucire, come faccio io! Leggi i libri che
mi à prestati la marchesa, pieni di pensieri bellissimi. E allora vattene in camera e medita! Medita sulle tue mattezze. Coi capelli tagliati sei diventata un
severo ragazzaccio! Tutta tuo padre! Se
portassi i calzoni faresti peggio di lui ! Sì
cara, vattene che è meglio ; lascia che io
dica tranquillamente le mie orazioni !
Franca correva via, ridendo, con gli occhi che le bruciavano per le lacrime ricacciate indietro.
Si affacciava ; davanti i negozi si allungava l'ombra delle tende; il Corso, mezzo
deserto e caldo, era brutto e misero.
A momenti Rosina l'avrebbe chiamata
per la colezione ; più tardi sarebbe venuta
Fanny.
Sarebbero andate su e giù per il Corso,
abbellito dalla luce delle lampade elettriche e dalla folla, come uno scenario; insieme avrebbero incontrato le solite amiche: «Il piccolo stato maggiore del tennis» come lo chiamava l'ingegnere Paolini.
Silvia, Nidia, Mary, Liliana, Celeste....
Le rivedeva tutte, come se passeggiassero lì, di giorno, sotto la finestra, nelle
lunghe ombre delle tende.
Silvia, Nidia, Liliana — come Franca e
Fanny — non erano belle ; e Mary e Celeste erano quasi bruttine : ma a guardarle
— 47 —
tutte assieme (fresche, gaie, sorridenti,
con abiti succinti, o chiari c o m e ali di farfalle, o scuri che mettessero in mostra la
bianchezza delle braccia nude e del collo),
parevano tutte graziose. Senza dirselo, cercavano di aggrupparsi con armonia, quasi
fossero sempre pronte a farsi un ritratto :
Silvia, che era alta e bruna andava con
Mary, Liliana e Franca; Fanny, la più
bassa andava avanti con Nidia e Celeste,
A guardarle in gruppo pareva si somigliassero, c o m e sorelle : ma l'una era differente dall'altra.
Silvia, dai capelli e dai lunghi sopraccigli nerissimi, dalla disinvoltura ostentata,
aveva continuamente l'aria di farsi beffe
di tutto e di tutti con lo sporgere delle
labbra sottili; sempre pronta a punzecchiare con la risatina amara e le risposte
ironiche, pareva che avesse dell'astio contro la città intera; le amiche, aspettandosi di essere sbeffeggiate, evitavano di
stare a lungo in sua compagnia o di farle
qualche piccola confidenza, e gli a m m i ratori del Circolo e del Tennis — per non
sembrare « stupidamente romantici » — la
trattavano alla familiare, più che se fosse
stata un giovanotto.
-4»
Maria, che si faceva chiamare Mary,
figliuola di un sarto e di una calzettaia,
aveva ardentemente desiderato di mettersi
in mezzo al «piccolo stato maggiore». E
una volta raggiunto il suo desiderio aveva
abbandonato anche lei le scuole normali.
Volendo far dimenticare alle amiche signorine l'umiltà della sua condizione, faceva sfoggio di abiti cuciti in casa, e di
cappellini bizzarri. La soprannominavano
« madamigella noli me tangere » perchè
arricciava il naso a pena le pareva di sentire o di vedere cose troppo comuni, che
lei chiamava « volgari » e « indecenti » con
tono di grande disprezzo. I suoi genitori
erano poveri; e un fratello che studiava
legge a Bologna costava molto : ogni abito
nuovo, ogni appariscente cappellino, sapeva giornate di grige e penose privazioni.
La mattina mandava giù una fetta di polenta, o un pezzo di pane unto d'olio, e
poi — se le capitava —, raccontava di
avere inzuppato nel latte e cioccolata della
colezione, dei biscotti « deliziosi » manipolati dalle monache.
Le amiche la giudicavano noiosissima;
ma ognuna di loro le faceva buon viso e
ammirava i suoi abiti, cercando di pia-
- 49
òerìe, perchè il fratello studente prometteva di diventare un buon partito.
Liliana, che portava ancora le trecce e
andava a scuola, stava a disagio nella compagnia. S u o padre era segretario di prefettura, e la madre un'ottima signora piena
di buoni principi, che inculcava nelle figlie.
Aveva sei sorelle molto più grandi di lei :
sei ragazzone senza dote che sperando di
accasarsi si cucivano il corredo e ricamavano a telaio massicci e ingombranti oggetti (porta-guanti di raso, copri-piumini
di seta, porta-spazzole di velluto, portaorologi e borsette....), da regalarsi l'un
l'altra per le feste; finché durava l'agiatezza procurata dal lavoro del babbo e la
speranza di trovar marito, era convenuto
che i loro diplomi e i loro attestati, buoni
in caso di necessità — guadagnati sui banchi delle Scuole Normali e dell'Istituto
Tecnico —, dovessero restare nei cassetti.
Liliana non lavorava volentieri accanto
alle sorelle, colorite paffute e serene c o m e
tante novizie, davanti la finestra che si
spalancava in faccia ai monti chiarissimi ;
e studiacchiava svogliatamente, poiché le
pareva inutile affannarsi tanti anni per
MESSINA,
Un
fiore
che
non
fiorì.
4
— 5o —
buscarsi un pezzo di carta da custodire
come un cimelio.
Il babbo diceva:
— Un giorno o l'altro ognuna di voi saprà come guadagnarsi la vita onestamente.
Ma finché io resto in piedi, non permetterò mai che le mie creature escano di
casa per procurarsi uno stipendio. Forse
vi manca qualche cosa?
E la moglie approvava gravemente.
Non mancava nulla : né pane né scarpe,
né vesti.
Ma Liliana pensava in confuso che il
loro avvenire di ragazze senza dote — non
disciplinate al lavoro —, era buio; e la
loro vita incompleta.
Anche lei si sarebbe maturata in casa,
come le sorelle?
Ma lei — meno spensierata e serena —,
avrebbe sentito allora di somigliare al
povero che si leva dalla sua misera tavola
senza essersi sfamato. Avrebbe sentito
quella fame: la sentiva.
Poi conobbe Mary che le fece conoscere
le sue amiche.
Quanto diverse le amiche di Mary, dalle
sue pacifiche sorelle!
I suoi oblunghi occhi, miti e pensosi,
_ 5i
—
parvero domandare la protezione di Celeste, di Nidia e più di Fanny di Franca
e di Silvia, perchè le insegnassero a diventare carina e disinvolta.
Superando la sua timidezza e lo sdegno
della madre, cercò di vestire come loro:
ieri le calze di seta o di filo trasparenti,
oggi lo scollo più profondo, domani un
capo di biancheria di crespo leggero che
non impacci la vita....
— È la moda, m a m m a !
A poco a poco si trasformò. Lesse come
le nuove amiche libri che si dovevano portare in casa di nascosto, imparò il tango
e il giuoco della racchetta, e seppe sedere
mettendo un ginocchio sull'altro per non
nascondere ipocritamente le gambe esili
e lunghe.
— È la moda!
Ma il suo riso, studiato nello specchio volendo somigliare a Silvia e a
Fanny, restava malinconico, quasi spaventato.
Perchè a lei non piacevano affatto né i
libri letti di nascosto che lasciano le palpebre gonfie e la testa vuota, né il gestire un po'mascolino di Silvia: tuttavia
cercava di copiare ciò che le pareva
— 52 —
più ardito, per snebbiare iì suo avvenire di signorina povera, piacendo a qualcuno.
O h ! se qualcuno l'avesse scelta, Liliana
non avrebbe continuato a logorare la sua
timida indole.
Si sarebbe tutta dedicata a « lui » alla
« sua » casa ; che, in fondo in fondo, ella
amava le cose semplici e buone come la
mamma....
Ma chi sarebbe stato « lui » ?
Nella cameretta con tre lettini eguali
(che faceva pensare un dormitorio di collegio non veduto mai), esaminava a uno
a uno gli ammiratori del « piccolo stato
maggiore ».
Nessuno aveva un lampo di serietà, di
simpatia sincera, nello sguardo, talvolta
intorbidato dal desiderio.
E allora?
I complimenti dei corteggiatori, i discorsi arditi, le letture disoneste, tutto
si fondeva in una fiammata sola che turbava l'anima e che Liliana e le amiche
tenevano desta, per gioco, senza bruciarsi.
E allora?
Allora Liliana (nella cameretta che fa-
53 —
ceva pensare un collegio non veduto mai)
sfogava un poco, piangendo.
Franca e Fanny erano i duci del gruppo.
Unite da una particolare amicizia, se
erano costrette a staccarsi per molto tempo, si appartavano per farsi delle graziose
scene di gelosia:
— Tu non mi vuoi più bene!
— Debbo rimproverarti io, più tosto !
Tutta la serata con Nidia!
— E tu con Mary. Io non posso soffrire
Mary!
— E io Nidia.
— Davvero?
— Davvero. Bel gusto ragionare con
una stupida che crede di essere bellissima
e non s'interessa di nulla! La sua ignoranza è fenomenale! Figurati che si parlava del Tea-room e lei à detto : « A me
non piace il r u m m e nel tè! »
— Carina, questa!
Finivano col dir male delle compagne
e col farsi grandi giuramenti :
— Giura che non mi tradirai mai!
E l'una e l'altra, socchiudendo gli occhi, si illudeva di ripetere così a colui
che doveva amarle per davvero.
- 5
4
-
La loro amicizia durava da quando
Franca era venuta in casa di zia Fabiana.
Il ricordo del tempo che viveva con la
madre, e poi quello del suo arrivo in casa
di zia Fabiana — ricordi rimasti impressi
nel suo animo —, tornavano dinanzi alla
memoria di Franca c o m e nitidi ma slegati
frammenti di sogno.
Si rivedeva nella rustica soleggiata casa di campagna, dove era cresciuta, intenta a fare i compiti di scuola sulla tavola della cucina; la finestra era aperta:
le pareva di sentire l'odore di sole e di
pane fresco che sempre si univa alla chiara
e luminosa visione.
La m a m m a era così triste che talvolta
piangeva, senza voler dire perchè piangesse, e vestiva di scuro. Ma lei non si
affliggeva della sua tristezza, né si stupiva
che il padre vivesse solo lontano.
Il suo piccolo cuore era ricolmo di umili
e giocondi desideri : voleva fare la maestra
e vivere accanto alla m a m m a . Niente altro. La vita era tutta lì, nella casa soleggiata, nelle aule delle Scuole Normali, in
mezzo alle compagne.
Tutto era facile e allegro; ed era quasi
— 55 —
abituata a veder la m a m m a triste e seria,
lontana dal marito.
Forse lontana anche da lei.
Il babbo era, allora, lo stesso: biondo,
galante, rumoroso ; veniva spesso e restava
qualche settimana.
La prendeva sulle ginocchia, chiamandola « la mia bambolona ».
Era allegro, più di ora : ma dopo due
o tre giorni si metteva di malumore. Immancabilmente, la vigilia della partenza,
marito, e moglie si chiudevano in un salotto per discutere : si udivano le loro voci
concitate.
Subito dopo egli si preparava a partire,
con tanta impazienza che dimenticava di
baciare la sua « bambolona ».
Franca dava quasi torto alla m a m m a ,
che salutava il marito con freddezza ostile.
Ora, contemplando la sua figura che si
sbiadiva nel ricordo, e riudendo certe parole afferrate per caso, le pareva di comprendere la sua freddezza di donna tradita.
Ancora si rivedeva accanto a zia Fabiana che l'abbracciava. Il babbo, più bello
e più biondo, nella severità del vestito
nero, diceva :
56
— Mi farò trasferire qui. Sarò tutto della
mia bambolona.
E zia Fabiana crollava 11 capo.
Lei non si accorgeva della commozione
degli altri.
N o n aveva mai viaggiato e la piccola
città di provincia le pareva molto interessante; non conosceva neanche la sorella
del babbo.
Tutto la sorprendeva, svagandola; perciò sentiva, un poco stupita e mortificata,
che il suo dolore si calmava.
Portava una veste lunga lunga, orlata
di crespo; e spesso buttava indietro la
testa, tanto erano pesanti le sue grosse
trecce.
D o p o aver conosciuto Fanny Ciarli, venuta a fare subito visita con la madre,
era corsa a guardarsi nello specchio alto
dell'armadio, tutta umiliata.
Era goffa, sgraziata....
Fanny si occupò di lei con gran disinteresse ; le fece raccogliere i capelli a
crocchia, accorciò le vesti con le sue proprie mani, non abituate a tenere forbici
e ago; le insegnò perfino a curarsi le
unghie, a portare i tacchi alti, a profumarsi....
- 5
7
-
Trionfante soleva ripetere:
— E il mio capolavoro:
Il babbo continuava a scrivere alla sorella :
— « O fatto domanda per essere trasferito costà, Provvederò io all'avvenire di
Franca. Intanto è inutile che vada a scuola.
Falle studiare in casa ciò che le piace :
l'unica figlia del cavaliere Gaudelli non à
bisogno di guadagnarsi un pane ».
Queste parole ripetute nei salotti —
dove ogni piccolo avvenimento era risa
puto e commentato —, fecero buona impressione alle amiche di Fabiana.
Ci fu tempo che Fanny, superata dalla
scolara, evitò di mostrarsi al suo fianco,
temendo di dovere sfigurare.
Ma le voleva bene sinceramente e tornò
ad esserle amica. Le disse:
— Che farci, cara? La fortuna è dalla
tua!
Diventò la confidente di Franca che cominciava a fare all'amore; si divertì ad
aiutarla nel compilare le risposte ai bi
gliettini di Gaddo Salvati, a consigliarla
ad accettare un appuntamento nel giardino
dei Màmmola, a rifiutarne un altro al Caffè
degli Accademici....
— 58
Franca credeva di amare.
E quando Gaddo diventò un amico qualunque non si addolorò affatto.
Poi credette di amare Giulio Nelli, che
studiava legge a Roma. La sua confidente
le raccomandava:
— Non te lo fare scappare. È un magnifico partito.
E lei gli aveva scritto ogni sera per un
anno, sicura che sarebbe venuto a domandare la sua mano....
Poi....
Ebbene si era stancata del gioco.
Un gioco che durava da anni e anni e
non finiva mai.
Non le restava la dolcezza di un rimpianto. Non rimpiangeva Gaddo, né il tenente Ricciardi — che Fanny chiamava
« la gran delusione ».
No, ella non aveva mai amato nessuno,
neanche Giulio Nelli.
E nascosto il volto tra le palme mormorò un nome che le riempiva l'anima
di dolore e di luce.
- 5 9 -
•
— « E di madama Angot sono la figlia
— sono la figlia....» Ciao! — salutava il
babbo entrando. — Non esci?
— Sul tardi — rispose Franca —. Non
ci vedremo a cena?
— No, bambolona mia! O una riunione
alle sette.
— È festa....
— Che importa ! Il tuo babbone lavora
sempre! Viene la tua amica ranocchina?
— Viene.
— Dove andrete?
— Non so.
— Addio.
II cavalier Gaudelli, vestito di bigio,
profumato di eliotropio, col bastoncino in
tasca, si allontanò canticchiando.
La sua vivacità di vecchio gaudente che
vuol essere giovane, era a volte turbata
dal pensiero di Franca.
— Franchina, bambolona bella ! — borbottava talora fra sé e sé passeggiando su
e giù per la camera, mentre si vestiva *—.
— 60 —
Franca, tu sei un tesoro di figliola, saggia
e graziosa, ma se tu prendessi il volo
verso una casetta tua, il babbo, poverino,
non sarebbe costretto a passare i suoi
ultimi anni qui, in questa pettegola città
senza risorse, dove cento occhi stanno a
spiare se un gentiluomo si ferma a salutare una donna gentile !
Con leggerezza si era assunto l'obbligo
di provvedere all'avvenire della figlia; e
col passare del tempo, cominciava a domandarsi che mai potesse fare per lei.
Qualche volta la sorella sfogava:
— Il signor Tale fa la ruota intorno a
Franca. Uno spiantato!
Lui replicava :
— Che farci, cara Fabiana! Il tempo del
principe azzurro è tramontato!
— Ma se tua figlia si compromettesse
come la Santi?
— Oh ! non temere. La mia bambolona,
piena di spirito e di buon senso, saprà
scegliere il mio futuro genero!
—- Intanto passano gli anni, Camillo!
Tu ài fatto male a non lasciarla studiare !
Ora avrebbe da un pezzo una posizione !
— Una posizione ! — esclamava lui fin
geudo di arrabbiarsi —. Significa « farsi
6i
una posizione » diventare maestrina, o
dattilografa, o impiegata delle poste ? Ci
son io per lei e basta.
•
— E un vero scandalo ! — concluse
Fanny —. Le signore ci fanno una spietata concorrenza! Il tuo Gaddo è diventato
il cicisbeo della signora Bianchi!
— Anche il Pieri — replicò subito Franca incipriandosi —, si dedica alla marchesa Giulietta.
— Pieri! — esclamò Fanny turbata —.
Non mi interessa. Giulietta e Romeo....
Che ridere! Una Giulietta con capelli tinti
e la panciera!
Andò presso la finestra canticchiando :
Ninon, Ninon, que fais-tu de la vie?
J^ose ce soir, dentain fi Strie.
Comment vis-tu, toi qui nas pas d'amour?
— Sai — s'interruppe —, queste parole,
che mi piacevano tanto, cominciano a sembrarmi malinconiche.
— Diventi romantica? — esclamò Franca —. Bada che non ti senta la Silvia!
— 62 —
— O h ! Silvia! — fece Fanny.
Ripigliò con una insolita gravità nel
piccolo e tondo visetto :
— Non sono affatto romantica. Mi accorgo più tosto che una signorina come
noi, per quanto faccia la spregiudicata,
non à il mezzo di vincere le signore. Mi
capisci ?
— Ti capisco. Andiamo?
— Andiamo. La Santi, per esempio ! Silvia Santi à agito senza prudenza : à messo
tutto su una carta (e io, tu, lei, le altre,
ne abbiamo una sola!), per sposare il
Massimini. Si è rovinata. È cattiva per
questo !
— Vedi che la colpa non è sempre delle
signore, come dici tu!
— E allora ? Oh ! — esclamò Fanny ritrovando d'un tratto la sua gaiezza —.
C o m e ti sei fatta bella ! Tu trionferai stasera !
— Te beata !
— Perchè?
— Perchè ti contenti ancora di questi
trionfi. Io no.
— Sai che diceva Silvia, ieri sera ? Che
se l'ingegnere Paolini le avesse fatto la
corte che fa a te senza stancarsi.,..
•— Non parlarmi del Paolini !
— E come se fosse scapolo; sua moglie,
che passa da un sanatorio all'altro, non
avrà vita lunga....
— Fanny !
— Sono parole di Silvia, bada ! Non ti
ò detto che è cattiva? E non è mio dovere
di riferirti, da amica, quanto ti riguarda ?
— Salutiamo la zia — esclamò Franca.
— Ti sei dispiaciuta?
— Figurati!
Attraversarono l'andito già mezzo buio.
Fabiana annaffiava i fiori sul terrazzo; e
la piccola figura bionda e nera contro la
luce affocata dal tramonto, pareva tracciata nell'aria con un lapis d'oro.
— Ti aspettiamo? — le gridò Franca,
temendo che la zia volesse seguirle.
— Te l'ò detto, cara. Esco per la benedizione e torno subito a casa.
Le due ragazze corsero via per le scale,
poi rallentarono il passo.
— C o m e ti sei fatta bella! — ripetè
Fanny, leggermente ingelosita —. Dimenticavo: è tornata Luisa da Roma.
— L'ai veduta?
— Sì, Pò incontrata. À un visino sfiorito.
— Si è laureata?
^-64-— Una bella laurea, dicono. Si prepara
per un concorso.
— Pensare che pareva una bambinuccia
da non darle due soldi!
— E nessuno di noi si occupava di lei,
rammenti? Delle signorine.... E Luisa,
con le sue dita sporche d'inchiostro e i
tacchi bassi....
— .... ora lei va avanti, e noi restiamo
ferme allo stesso posto. Che abbiamo fatto
in tanti anni?
— Davvero! Che abbiamo fatto? Ma i
libri l'anno imbruttita!
— E perciò?
-— A h ! no! — esclamò Fanny —. Io
non vorrei imbruttire mai! Sai che ò
pensato? Se dovessimo cambiare la nostra vita, io mi farei monaca!
— Tu, Fanny?
— Ti dico sul serio ! — replicò Fanny —.
Le monache non si interessano di niente
e perciò sono felici. Non piace anche a te?
— Farmi monaca? — esclamò Franca
con un brivido leggero —, No, no! Morirei di malinconia!
— E allora niente! — fece Fanny allegramente.
Risero avviandosi.
— 65 —
*
Mentre le signorine e le signore passeggiavano su e giù, giù e su per il Corso
abbellito dalla luce delle lampade, come
un grande scenario nell'ora della rappresentazione, il cavaliere Gaudelli usciva,
sconvolto, dallo studio del signor prefetto,
e, corso a casa, si buttava sul letto lamentandosi.
— Che ài? — gli domandava Fabiana
che, tornata allora dalla funzione, non si
era ancora levato il cappello.
— Ò tutti i mali che il Signore à creati !
— Ti duole qualche punto del corpo?
Dove ti duole?
— Qui, e qui! Ahi! Ahi! — e il povero
Gaudelli si toccava il petto, le spaile e
accennava i fianchi che gli dolevano veramente.
Fabiana riscaldò in fretta delle pezzole
di lana; preparò una tazza di camomilla,
e mandò Rosina a comprare del laudano.
Il fratello si lasciò scottare dalle pezzole,
M E S S I N A , Un fiore che non
fiorì.
•:»
— 66 —
m a n d ò giù la camomilla, prese il laudano,
g e m e n d o sempre più forte.
Gli energici rimedi di Fabiana non potevano liberarlo dalla collera e dallo sgomento che lo divoravano.
Poi finse di assopirsi per essere lasciato
in pace, e, allo scuro (col lenzuolo tirato
fino alle orecchie dalla buona Fabiana
che l'aveva fasciato c o m e una m u m m i a ) ,
considerò sé e sé la punizione ricevuta.
Un trasferimento telegrafico in Sicilia!
L'insipienza del Ministero, la volubilità
delle donne, la propria ingenuità e l'invidia del prefetto, erano le vere cause del
trasferimento così ben simulato da indiscutibili « ragioni d'ufficio » che, dopo
tutto, gli facevano onore agli occhi dei
colleghi.
Il pensiero che la sua rispettabilità non
fosse stata addentata, lo chetò un poco.
Sorrise, allo scuro. Era forse colpa sua
se piaceva più del prefetto — così poco
elegante, così poco galante!
L'invidia! L'invidia! Niente altro che
l'invidia lo aveva rovinato!
Considerando la sua innocenza, rassegnandosi stoicamente al sacrifizio, si addormentò.
- 6
7
-
Levandosi completamente rasserenato,
si stupì delle premure di Franca e di Fabiana.
— Sto meglio ! —- rispose rammentandosi di essersi messo a letto malato —.
Sto proprio bene!
Solo più tardi cominciò a raccontare
la cosa.
Era l'ora di colezione ; Fabiana tagliava
il pane a fette e Franca lo imburrava; il
cavaliere raccontava lentamente, come se
masticasse le parole prima di mandarle
fuori.
In verità gli riusciva diffìcile comunicare la notizia a bruciapelo.
Fabiana non si permetteva mai di replicare al fratello che, vissuto lontano, le
aveva sempre dato una specie di soggezione.
Senza accorgersi che lo interrompeva
esclamò :
— In Sicilia ! Domani tutti diranno che
sei stato punito!
Subito si pentì dell'esclamazione.
— Vado ad occupare una Sotto-prefettura ! — spiegò dignitosamente il cavaliere.
— Non importa! — continuò Fabiana.
— In Sicilia si va per punizione.
— 68
— O per promozione — esclamò il cavaliere guardando Franca che sorrideva
tenendo gli occhi sulle fette di pane che
andava imburrando —. E io non posso
fossilizzarmi restando consigliere per tutta
la vita.
Sul volto di Fabiana più chiaro della
pergamena, salivano due pennellate rosse.
Era così esasperata dalla notizia che le
parole le scappavano di bocca senza volerlo.
— Alla tua età!... — mormorò.
E siccome il fratello corrugava la fronte
offeso, continuò:
— Volevo dire.... che ti trattano senza
riguardo.... E poi — aggiunse con la voce
che le tremava per quello sforzo di trattenersi —, è meglio non essere ambiziosi !
Tu non sei mai stato ambizioso!
Allora il cavalier Gaudelli per non fare
continuare la sorella, un po' troppo eccitata, e per giustificarsi davanti alla figlia,
colorì una fantastica storia di persecuzioni
politiche alla quale, via via che la inventava, finiva col credere lui stesso.
— E dovresti andare? — replicò Fabiana, calmata dal lungo eloquio del fratello
- 6 9 Il cavaliere nominò sottovoce l'umile
paese che gli destinavano.
Franca socchiuse gli occhi, come se qualcuno le avesse dato un pugno nel petto.
— Esiste, questo paese, nella carta geografica? — borbottava Fabiana.
Franca non udiva più nulla: le orecchie le ronzavano e un rivolo freddo le
scendeva dalla nuca alla palma dei piedi.
•
Dopo tutto l'idea di intraprendere un
bel viaggio, per terra e per mare, di non
avere a contrastare con superiori, nell'ufficio, e, specialmente, di presentarsi così
solo che fosse creduto scapolo o almeno
senza figli, rallegrava il cavaliere Gaudelli.
Ma Franca, benedetta ragazza, scompigliò i suoi piani.
— Babbo — gli disse entrando in camera, come se dovesse comunicargli una
notizia —, pensi di lasciarmi qui?
— Ma certo ! — fece il cavaliere comtemplandosi nello specchio (e non era sua
colpa se uno specchio che gli stava a lato
Io attirava col suo bianco e cheto splendore, in un momento pieno di serietà).
— 70 —
— Io vegeterò laggiù il meno possibile.
Fra pochissimi mesi correrò a R o m a e
se in primavera non sarò qui di nuovo, oppure.... — borbottò ricordandosi — .... oppure mandato altrove.... Insomma mi preparo alla lotta.
— Tanto meglio — replicò Franca, cercando di nascondere l'emozione che le arrochiva la voce —. Verrò con te, pochi
mesi. Poi a Roma. Vedrò un pochino la
Sicilia.
— O meglio un buco della Sicilia! Ti
annoierai.
— Mi annoierò di più qui, babbo ! Verrà
anche la zia — fece Franca, sicura che zia
Fabiana non avrebbe lasciato la smorta
città di provincia, alla quale era attaccata
come l'ostrica al suo guscio.
— Lascia stare Fabiana! — rispose il
cavaliere corrugando la fronte senza più
guardarsi nello specchio —. Non ò davvero voglia di sentire lagnanze.
— Ti sei imbronciato? Proprio non la
vuoi la tua Franca ? !
— Bambolona mia ! — rispose rassegnatamente il cavaliere Gaudelli — a te non
so rispondere di no. A te — aggiunse sottovoce, con sincera tristezza, ricordando
_
71
—
che troppe volte aveva risposto di no alla
sua povera moglie —. Dico: preparati!
— Grazie, babbo! — rispose Franca,
con entusiasmo.
— Corri a preparare le tuet robe ! —
esclamò il cavaliere Gaudelli già liberato
dal suo attimo di tristezza e di rimorso —.
Abbiamo due settimane di tempo, e poi
marche! Corri.
E anche lui cominciò subito a lavorare
mettendo sottosopra i cassetti per scegliere quanto gli serviva.
Comprò guanti, scarpe e cravatte per
sé; profumi, nastri e romanzi per Franca.
Alla fine si fece portare a casa due bauli
nuovi — da riempire di abiti — due scatole di cuoio per i cappelli, e quattro valige.
Spiegava alla sorella che crollava il capo:
— La mia Franca non si deve presentare laggiù come la figlia di un povero
impiegato! Io sono qui, pronto a sacrificarmi per lei, sino all'ultimo.
Era convinto di sacrificarsi e di adempiere ai suoi doveri di padre.
— Che altro dovrei fare per lei? — si
domandava fra sé e sé tranquillamente,
— 72 —
•
— Sei la montagna che va incontro a
Maometto! — esclamò Fanny quasi sbigottita —. Nel suo paese....
Franca mormorò:
— C o m e non credere al destino? Tu
cammini diretta a un posto, e i pàssi ti
portano dove non pensavi di andare.
— Nel suo paese! — ripetè Fanny —.
Non ti fare scappare la fortuna! Ah! Franca! Franca! fossi nei tuoi panni!
— No, Fanny. Se non è destino....
— Ah ! Chi à tutto dalla sua, il destino
se lo fa come vuole! Afferra la fortuna
che ti passa davanti e che non ripasserà
mai più. Mal più, capisci! Mai più!
Ninony Ninon que fais-tu de la vie?.,.
Ah! tu sai che farne, tu!...
— Fanny, tu piangi!
— Ma no! — esclamò Fanny.
I suoi occhi, sporgenti e chiari, luccicavano più del solito.
— Figurati ! — ripigliò —. Stasera avrò
una richiesta di matrimonio.
- 73 — Per davvero ?
— Per davvero.
— Ma sarà una cosa seria?
— Anche troppo seria. I miei genitori
sono preparati a ricevere il cavaliere Maurino.
— A h ! Maurino?
—- Sì, il collega di tuo padre. Più giovane di tuo padre, però.... C o m e ti pare?
dimmi la verità!
— M a h ! Una brava persona. Ò sentito
dirne bene.
— Ecco. Una brava persona! À i baffi
lunghi lunghi — rise Fanny per non piangere —. Verrà con la madre, a domandare
la mia mano. E finito il tempo dei flirt, di
Pieri e di Alessi.... Bisogna pensare all'avvenire, ora mai. E l'avvenire è lui, coi suoi
baffi lunghi lunghi e le spalle un po'curve.
Mi dirà : — signorina Fanny, vi a m o tanto! —. Ma io non l'amo, poverino! Pure
dovrò contentarmi di questa buona occasione! Perchè, vedi, in città sono convinti che io ne abbia fatti di tutti i colori !...
Anche tu, Franca. Non ti ribellare. Pare
così ; perchè abbiamo corso dietro le fantasie, cercando l'amore che non è mai venuto. Tu ed io siamo due fiammelle ac~
— 74 —
cese sulla finestra aperta, che vanno c o m e
il vento le spinge, senza fare luce a nessuno....
E Fanny, colla testina sul petto dell'amica fedele, pianse e singhiozzò liberamente.
— Ma tu — m o r m o r ò con tenerezza,
senza invidia —, tu ài trovato l'amore, e
sarai veramente felice.
Zia Fabiana, che stava per entrare nella
stanza in disordine, credette che le fanciulle piangessero così desolatamente, per
la pena di doversi lasciare.
Si allontanò in punta di piedi, asciugandosi gli occhi, commossa e pentita di non
avere fatto mai niente per acquistare la
confidenza della sua nipotina. Ecco che se
ne andava e n<^n avrebbe avuto da ricordare altro che i suoi continui rimproveri....
N o n potè fare a m e n o di tornare indietro.
— Franca, tesoro! — disse —, vorrai
sempre bene a zia Fabiana?
Il tono della sua voce era così lamentoso che le due amiche divagate, si asciugarono gli occhi.
— Oh ! certo — rispose Franca per cortesia.
E anche lei pensò, con un po' di tristezza, che se ne andava senza rimpiangere nulla.
III.
Franca esclamò, affacciandosi :
— Il paese è bruttino.
Le finestre del salotto si aprivano su
una piazzetta, che aveva di qua una chiesa
e di là il Circolo con un gran ballatoio;
e fra il Circolo e la chiesa uno squarcio
arioso e lontano chiuso dal profilo d'un
monte.
Franca fece spalancare le finestre della
sala da pranzo che davano sul Corso, e
i balconcini di varie stanze che si affacciavano in un vicolo.
Il cielo blu non si poteva guardare, tanto
il sole lo faceva splendere, e il vicolo,
pieno di un forte odore di cacio e di frutta,
era pulito e asciutto: da ogni finestra si
vedeva lo stesso monte, color dell'acciaio,
che pareva portare a malincuore sulla cima
un Castello rovinato.
— Il paese è brutto — ripetè Franca,
-
7
6 -
Parve che il paese avesse sentito ; e all'improvviso si imbruttì per davvero.
Il cielo si allividì, e la pioggia si affannò,
di giorno e di notte, a infangare le strade,
i muri e le porte.
Franca indugiava a guardare distrattamente, di là dai vetri chiusi, gli alberi ingialliti del Corso mezzo deserto, i pochi
uomini che passavano in fretta sotto i lucidi e grondanti ombrelli aperti. Andava
a guardare il vicolo: qualche donna passava di corsa, da un uscio all'altro, riparandosi con la gonnella rimboccata sul
capo, o con un sacco.
Perchè era venuta?
L'avrebbe riveduto?
Dove abitava? Forse lassù fra le case
aggruppate ai piedi del Castello che chiudeva l'orizzonte come un tappo di sughero
frantumato? O forse in mezzo alla campagna bellissima, guardata dall'automobile
col desiderio di trovarvi rifugio? O più
tosto, non era vicina la sua casa, in uno
dei palazzi del Corso che parevano, e non
erano, disabitate?
Prendeva un libro e si guardava attorno
prima di sedere : le poltrone del salotto,
come il parato a fiorami, come i mobili e
_
77
_
gli oggetti di tutta la casa le facevano quasi
ribrezzo. Si domandava : — Chi avrà usato
queste cose che io tocco con le mie mani ?
E le pareva di essere in un albergo.
Si abbandonava al lontano ricordo odoroso di pane e di sole, col sollievo di non
dover nascondere, nei colloqui coll'anima
sua, gli umili desideri che l'avevano rallegrata bambina e che tornavano, spenti
e sbiaditi, nella sala della sotto-prefettura.
— Povera bambolona ! — ripeteva il cavaliere Gaudelli, tornando di fuori con le
scarpe così bagnate che lasciavano i segni
sul tappeto di cocco.
— Compatisci te stesso, babbone ! —
replicava Franca —. Sei un pesce fuor
d'acqua, o meglio un pesce che a cambiato acqua!
— È un altro, il mio caso !... Ma tu, bambolona mia, perchè mi sei venuta dietro?
Sicuro, perchè?
— Ai portato le cartoline, i francobolli?
— Due pacchetti di cartoline, col panorama fotografato da tutte le parti del paese! Basteranno alla tua fame?
Franca rise.
Non scriveva solo alle amiche ; ma si
rammentava di mandare saluti e pensieri
_
7 8
^
affettuosi anche a certe antipatiche signore
conoscenti di zia Fabiana, perchè non fosse
dimenticata da alcuno.
All'improvviso spiovve.
Franca uscì col padre che si sentiva ringiovanire cercando di accordare il suo
passo con l'elastico e leggero passo della
figliola.
— È il sotto-prefetto nuovo — si dicevano le femminette salutando.
— È sua moglie?
— Troppo giovane, per lui!
— Ma anche lui è un bell'uomo!
Il cavaliere Gaudelli afferrava le esclamazioni di rispettosa curiosità che a volte
lo rallegravano a volte lo mortificavano
un poco.
Andavano per il silenzioso e deserto
viale dello chalet, su per lo stradale del
Calvario che pareva lavato ; l'erba fresca e
rinnovata dalle piogge fremeva tutta, piegandosi, sotto la rude carezza del vento;
e l'aria odorava se un raggio di sole riscaldava la terra.
Andavano in silenzio, tirandosi da parte
ogni tanto per lasciar passare un irrequieto branco di capre guidato da un
u o m o chiuso nel cappotto nero.
— 79 —
Franca usciva con una speranza, che
era sempre meno lieta; tornava con una
delusione che era sempre più scura.
La speranza d'incontrarlo. Usciva solo
per questo.
Passando per le vie del paese, sogguardava le finestre delle case che parevano
disabitate,
E se egli l'avesse già veduta? Non si
sarebbe mostrato?
Tornando (aveva le mani piene di delicati colchici autunnali), era stanca ed
oppressa.
Il padre, che si era fatto socio del Circolo, l'accompagnava fino alla porta.
— Ciao, bambolona. Torno presto. Ma
se ài appetito, cena pure senza aspettarmi.
Ella andava alla finestra per vederlo
passare sul ballatoio del Circolo. Passava
e spariva.
Forse anche lui passava e spariva.
Ogni sera aspettava il padre fino a
tardi.
Egli le raccontava tutte le piccole novità della serata: le chiacchiere, le partite a biliardo, i commenti fatti alle notizie dei giornali.
— Io ti faccio divertire ! — esclamava^
— 80
—
convinto che Franca si potesse interessare
dei suoi racconti.
Nominava le persone conosciute. Annunciava delle visite:
— Verrà la signora Florio, la moglie
del segretario comunale. È vecchia — aggiungeva con un po' di disprezzo —. Ma
è una buona donna.
Franca aspettava ansiosamente un nome ;
un nome che il padre non pronunciava.
E si sentiva disfare dalla stanchezza
dell'attesa.
Forse egli non viveva in paese ed era
inutile aspettare.
Veniva la Florio, venivano altre signore ;
facevano a malincuore visita a una ra^
gazza, per obbedire ai mariti che avevano da fare col sotto-prefetto nuovo.
Le riceveva il più affabilmente che poteva nel freddo e ricco salotto non suo,
offrendo il caffè, suonando, mostrando la
cartella degli acquerelli, chiacchierando....
Le signore, dall'aspetto grave e materno,
rispondevano di sì o di no sprecando poche parole.
Nelle brevi e calme pause, Franca era
assalita da una prepotente voglia di parlare di Stefano alle visitatrici che lo do-
_ 8i
—
vevano conoscere, di piangere sulle loro
robuste ginocchia.
Restando sola, in mezzo al salotto troppo
grande, aveva la gola asciutta.
Con gli occhi sui fioroni del parato,
pensava a Fanny, al salotto della Delroi,
al giardino dei Mammola, a tutto quanto
aveva abbandonato inutilmente.
Disse il cavalier Gaudelli :
— Dimenticavo che ò fatto la conoscenza
di un certo Mentesana, proprietario di terre, straricco. Il figlio di questo Mentesana,
un giovanotto rosso come una pannocchia....
— Non è possibile che sia rosso! —,
esclamò Franca, con un piccolo grido.
— Perchè impossibile? — fece il padre —. Non precisamente rosso! biondo
scuro. Un sornione — continuò —. Molto
antipatico! Il padre mi piace. Si parlava
di miniature antiche, e io Pò invitato a
vedere la mia collezione. Ti dispiace?
Franca non l'ascoltava più.
MESSINA,
Un
fiore
die
non
fiorì.
6
— 82 —
— Ma temo di non avere portato questa
collezione! Bella figura farei! Franca, ti
domandavo : abbiamo portato la cassetta
rossa?
— Sì, babbo — mormorò Franca, con
uno sforzo.
Pensava: — Non è Stefano. Gente che
porta il suo nome. Forse Stefano non
vive in paese.
— Lo vedrai — le rispondeva l'anima
in tumulto —. Lo vedrai....
•
Preparò le paste, i fiori, e si fece bella :
con un nastro aveva legato sulla nuca
i capelli, che crescevano lentamente, e
alle spalle aveva Paria d'una bambina
troppo alta.
Le pareva di sentir la voce di Fanny:
— Attenta, Franca....
Doveva cominciare col piacere a suo
padre.
E se l'ospite non è suo padre ? — si domandava inquieta.
Eccolo.
Nel grande salotto entra il signor Men-
- 83 tesana: un vecchio diritto, bianco, che
pare un colonnello in borghese.
Non è solo.
Stefano lo accompagna.
C o m e tutto avviene semplicemente nella
vita!
— Mia piccola Franca, ti presento i signori Mentesana.
Franca vorrebbe esclamare: — Ci conosciamo !
Ma la gola è così secca che l'esclamazione
si ferma nel sorriso della bocca sbiancata.
— Le farò vedere la mia collezione —
disse il signor Mentesana dopo avere osservato i pochi medaglioni che il cavaliere gli aveva mostrato —. La mia casa
è aperta per lei : venga a trovarmi.
Stefano aggiunse:
— Papà ne à una spettacolosa. Da quanti
anni la fai, papà ? Senza spendere un soldo !
Beccando i suoi piccoli tesori di qua e
di là con l'aria di farsi dare delle cose
inutili.
Pareva che lo Stefano conosciuto nel
salotto della Delroi, si fosse cambiato un
poco: era quasi allegro; più disinvolto
più sicuro di sé.
- 8 4 — A lei piace, signorina, questo genere
d'arte?
— Immensamente — rispose Franca.
— A me no — fece Stefano.
Mentesana padre disse:
— Non posso permettermi d'invitare
anche lei, signorina!... Mia moglie non
esce mai.... Pure la farò venire.
— Ma niente affatto! — esclamò il cavaliere — Franca verrà volentieri a conoscere la signora. Non è vero, bambolona?
*
— Una forestiera che si presenta per
la prima ! — continuava a ripetere donna
Lucia Mentesana con disprezzo.
— Ò insistito io. Può dirtelo Stefano,
se ò insistito! — esclamava don Mario
Mentesana.
— Sì, papà à insistito — fece Stefano
entrando —. Sarebbe più gentile se andassi tu, prima che....
— Io? Far visita a una ragazza?
— Ti assicuro — replicò don Mario —,
è una signorina per bene. E il padre....
— O h ! lascia stare il padre! — inter-
— 85 —
ruppe donna Lucia a bassa voce perchè
non udisse Maria Luisa —. Dicono che
sia un gran donnaiolo! Insomma, tu ài
fatto male a invitare simile gente!
Stefano si allontanò, sapendo che il padre, timido e irresoluto, soffriva quando
la moglie, avviando i suoi interminabili
battibecchi, lo rimproverava in presenza
dei figli.
Pentito di essersi recato in sotto-prefettura, si preparava a tornare subito in
campagna per non essere tentato di ricevere anche lui la visita che turbava tanto
la madre.
Era andato per curiosità e per vanità,
chiedendosi se Franca non fosse venuta
in paese per lui.
Era passato più di un anno, dalla primavera di Firenze. Forse non si era ricordata di lui una volta sola.
Un anno....,
Così diversa....
Così lontana....
Il caso aveva mandato suo padre laggiù ;
e lei l'aveva seguito.
Per un capriccio? o per un calcolo?
Un anno....
Così lontana,.,.
— 86 —
Così diversa....
Era venuta per lui; c o m e una donna
che si offre.
L'aveva sentito.
Questa sensazione era sgradevole; e
aveva bruscamente cambiato la sua vanità in una specie di avversione.
Aveva paura, guardandola, di dirle : — ti
a m o ! — e di stringersela tra le braccia
senza volerle bene.
*
— Sono mortificato! — ripeteva il cavalier Gaudelli ammirando un prezioso
ventaglio antico —. Davvero mortificato
di averle mostrato la mia povera raccolta !
Franca, cercando d'interessarsi degli
oggetti che il vecchio Mentesana le metteva davanti con orgoglio, aveva la sensazione che gli sguardi scrutatori della
signora Mentesana, e quelli furtivi di Antonio, seduto nel canto più scuro del salotto, immobile c o m e una statua di bronzo,
e le brevi occhiate piene di curiosità della
moglie di Antonio, restassero nell'aria
c o m e un velo di nebbia.
I divani e le poltrone alte e dure, la
— 87 —
tappezzeria a fondo violaceo, i grandi quadri a olio, le vecchie armature, il massiccio lampadario, tutto le pareva solenne
strano ostile.
Poi venne Maria Luisa: come se un
fiore fosse luminosamente fiorito, per prò
digio, nel salotto.
Le si sedette a fianco e la guardò con
estatica ammirazione.
Franca, rianimata, lasciò le miniature
per andare assieme a Maria Luisa, a guardare dal balcone il giardino ancora verde,
chiuso dall'alto muro; e Maria Luisa le
prese una mano, come si fa in collegio
con l'amica preferita.
— Cara! — le disse Franca —~. Ci voiremo bene? E ci daremo del tu?
— Tanto bene! — rispose Maria Luisa,
— E lei mi darà del tu!
I suoi occhi bruni erano così miti e
dolci che parevano dire: — C o m e è bella
la vita!
*
Maria Luisa volle rendere subito subito
la prima visita alla signorina Gaudelli,
Poi volle vederla ogni giorno, la volle
— 88 —
qualche volta a pranzo; l'avrebbe voluta a
dormire nella sua cameretta, se la madre
avesse permesso tanta domestichezza; e
non avrebbe fatto altro che parlare di
Franca, dalla mattina alla sera, se in casa
non si fossero infastiditi del suo entusiasmo.
Aveva sedici anni: e a sedici anni si
vuole sinceramente bene all'amica prediletta, specie quando l'amica è una signorina che sulle prime dà un po' di soggezione.
— Meglio che venga lei ! — pregava —.
Marna non mi farebbe uscire ogni giorno !
E poi.... non se l'abbia a male.... a casa
nostra è tanto piacevole!
Sì, era tanto piacevole. L'autunno indugiava mollemente e il sole era così caldo
ancora che faceva dimenticare le violenti
piogge passate.
Scendevano tutte e due nel giardino
grandissimo chiuso dall'alto muro, che
smorzava il rumore del paese: il rotolio
d'un carro, lo schioccare allegro d'una
frusta, la nenia d'un canto che si allontanava....
Piacevole, sì, posare il piede sul tappeto di foglie che calpestate, sussurrano
- 8
9
-
e gemono; ascoltare il chiacchierio di
Maria Luisa che raccontava le piccole novità delle sue giornate, di Maria Luisa
che adorava la sua amica grande....
Stefano si vedeva di rado. Se non andava in campagna (era tempo di vendemmia), restava tutto il dopo pranzo nello
studio : verso sera, quando Franca era andata via o stava per andarsene, saliva
sopra.
— Meglio! Meglio! — faceva Maria
Luisa —. E così noioso avere i miei fratelli tra i piedi!
Franca approvava con un sorriso ; abbracciandola si nascondeva il volto tra i
capelli di Maria Luisa, perchè Maria Luisa
non la vedesse arrossire.
Il cuore le batteva in disordine, e sulle
labbra salivano pazze parole di disapprovazione.
Un giorno Maria Luisa che andava mostrando all'amica ogni stanza della casa
ogni oggetto che le sembrasse bello, aprì
l'uscio del salotto, chiuso a chiave.
Al buio andò a spalancare il balcone ;
e le alte e dure poltrone, i quadri, le armature, i vecchi marmi delle consolle cariche di minuzie, di balocchi, di bestiole
90 —
imbalsamate, brillarono nella luce del
sole.
Qualche doratura luccicò in fondo alla
parte più buia.
— Quanti quadri! — disse Franca. —
Quanti occhi che guardano....
Volti chiusi e cerei nel fondo cupo della
tela, occhi penetranti misteriosi che seguivano i passi e i gesti delle due amiche — in ogni punto della vasta sala.
— Tutti parenti. Gente antica, però! —
fece Maria Luisa ridendo —. La contemplano ; e anche lei li contempla. Io li conosco tutti e so la storia di tutti.
— Racconta, Maria.
— Quello col goletto di pizzo che tiene
una mano aperta sulle Pandette (si legge
ben chiaro la parola « Pandette »), fu sindaco del paese. E questo giovanetto che
la guarda, se va a destra o se va a sinistra, vede? Dicono che l'anima sua non
abbia ancora trovato requie: perchè è
morto di mala morte. La fidanzata lo tradì
e lui si uccise, con un colpo di pistola,
— Siete così, voialtri ?
— C o m e così?
— Che vi sparate se un amore va a male?
— Ma no ! — rispose Maria Luisa ri-
9t —
dendo. — I tempi sono cambiati ! Pure —
aggiunse facendosi seria —, se si vuol
bene per davvero....
Franca la guardò ' avrebbe voluto mormorare :
— Dimmi, lui si ucciderebbe, se mi
amasse ?
Abbassò la fronte e socchiuse gli occhi,
— Quello delle Pandette — continuò
Maria Luisa — à ucciso la moglie,
— La moglie....
— Se Io meritava, sa! Poi à corso à
corso come un disperato e si è buttato
nel fiume. L'anno ripescato. I contadini
assicurano che certe notti si ode un urlio,
nel fiume. E la sua povera anima che si
lagna.
— Mi fai paura! —esclamò Franca un
po' eccitata —. Andiamo in giardino. Codesta è tutta gente che o si è uccisa o à
ucciso !
— Ò scelto le storie più divertenti —,
rispose Maria Luisa.
— Ài quasi ragione, — fece Franca sorridendo —, noi ci divertiamo col dolore
degli altri!
— Non volevo dire così —, esclamò Ma»
ria Luisa mortificata —. Volevo dire che
_ c)2
--
qui ci sono tanti ritratti di persone che
son vissute in pace : ma la loro storia non
è interessante.
•
Col ritorno delle piogge e col primo
freddo invernale, poche stanze furono abitate e riscaldate.
La moglie di Antonio, incinta e sofferente, si ritirava nel suo appartamentino,
subito dopo aver mangiato alla tavola dei
suoceri, così come era costretta ; e Antonio si occupava a pianterreno a educare
un piccolo levriero, a imbalsamare uccelletti, a pulire i suoi fucili da caccia. Generalmente essi si facevano vedere pochissimo.
Nessuno andava più in campagna. Perciò Stefano restava tutto il giorno nello
studio, col padre: ma qualche volta saliva
nella sala da pranzo a scambiare quattro
chiacchiere con Franca e Maria Luisa.
Donna Lucia metteva in ordine le robe
da estate, sorvegliava le serve che facevano la conserva di cotogne e il sanguinaccio, accudiva a faccende sempre nuove,
poiché l'occhio della buona massaia non
si riposa un momento.
- 9 3 Maria Luisa ricamava a telaio e Franca
veniva con un lavoro nella borsetta. Aveva
imparato a ricamare, per tenere compagnia alla sua piccola amica e per piacere
a Stefano.
Per piacere a Stefano portava i capelli
raccolti sulla nuca, senza fiocco, e andava
scucendo dagli abiti le guarnizioni che le
parevano troppo vistose.
Stefano si divertiva a dar noia alla so
rella; peggio di un ragazzo; le nascondeva
gomitolo e forbici o le scioglieva le trecce.... ma più spesso portava un grosso e
robusto quaderno dove raccoglieva le poesie che più gli piacevano : e leggeva forte.
Gli piaceva leggere forte, perchè aveva
una bella voce pacata e armoniosa.
Le ore passavano chete e piacevoli; ma
certe volte Franca si accorgeva di aver
levato lo sguardo su di lui che completava
la lettura, a memoria, guardandola negli
occhi.
Allora abbassava la fronte smarrita.
E Maria Luisa arrossiva, bucando con
secco affrettato rumore la tela tesa sul
telaio.
Franca abbandonava, ad una ad una,
le sue fragili arti per sedurre Stefano
- 94 come il vinto che lascia cadere, ad una
ad una, le armi non più utili.
Diventava semplice, un pochino impacciata e timida come Maria Luisa.
C'era nel mondo signorine eleganti spiritose e civette come Silvia o come Mary? !...
Non era tutto lì, il mondo intero, nella
tranquilla stanza dei Mentesana, nel voluttuoso sguardo di Stefano che ripete a memoria le ultime parole d'una poesia guardandola negli occhi?
*
Quando Stefano lasciava Franca, gli pareva di svegliarsi.
Standole vicino, svaniva la diffidenza, e
quella specie di avversione provata nel
rivederla.
Ma restando solo, rivedeva la signorina
Gaudelli conosciuta nel salotto della Delroi; la Franca dai capelli corti che rispondeva ora con malinconia studiata, ora con
gaiezza studiata, agli sguardi lucenti di
ammirazione di invidia di desiderio, che
avevan dovuto corrompere la sua fantasia.
La diffidenza tornava e subito spariva,
a chiaro scuro.
-
95
Era venuta per lui.
Per capriccio? O per calcolo?
Non fingeva anche ora — come nel salotto della Delroi — per piacergli?
Tornando a pensare a Valeria, si tormentava per guardarsi nel fondo dell'anima.
L aveva veramente amata? Forse no.
Forse aveva sofferto solo per orgoglio :
Valeria che l'aveva offeso col suo tradimento era morta nel ricordo, e moriva nel
suo rancore.
Amava Franca? Forse. Ma non le credeva.
Chiederle una parola sincera....
Ma l'avrebbe ella detta? L'avrebbe egli
creduta ?
— Non le credo — si ripetè con amarezza.
Così lontana
Così diversa....
Ebbe di nuovo paura di gridarle : — ti
a m o ! — senza volerle bene.
E un bel mattino Stefano partì per la
campagna, sebbene cominciasse a nevicare, con una scusa che parve a tutti naturale.
- 96 Correndo sulla giumenta nera, in mezzo
alla neve soffice e intatta, era felice di
fuggire per qualche tempo.
•
Guardando le finestre chiuse delle altre
case, la neve infangata della strada deserta, una bandierina di ferro nero, che
girava su un comignolo, battuta dal vento
di tramontana, pensava alle cose abbandonate.
Sentiva il profumo di « Pompeia » di
Nidia, la voce di Silvia, il canticchiare
sommesso di Fanny.
Fanny era sposata, e si chiamava Maurino: ma non doveva essere cambiata.
Passeggiava con le stesse amiche rimaste signorine, ciarlando e ridendo.
Anche lei aveva ciarlato e riso con loro,
illudendosi per qualche ora di essere felice, di non essere del tutto sola.
Il destino si era fatto beffe di lei guidando i suoi passi verso il paese morto,
pieno di opprimente ostile profondo silenzio.
Cominciò una lettera a Fanny; scrisse
— 97 ~~
in fretta, come se qualcuno dettasse, ma
poi la mano si rallentò e la penna le rimase ferma, sospesa fra le dita,
C'era sì, qualche cosa che voleva dire
all'amica di un tempo già lontano : e non
osava.
L'avrebbe canzonata, Fanny, con la sua
risatina viva viva e avrebbe avuto ragione.
Maria Luisa, in mezzo all'uscio, tossiva
per farsi sentire.
Si fece avanti, chiamandola.
— Cara, sei tu ! — esclamò Franca
finalmente.
— Credo di essere io — rispose la
fanciulla stizzita —. Venivo per invitarti,
ma tu non avevi alcun bisogno di m e , evidentemente.
— Non ti avevo sentita, — si scusò
Franca, posando un libro sulla lettera non
finita.
Maria Luisa sbirciò, corrugando la fronte, il foglietto mezzo nascosto.
— Addio ! — esclamò —. Vedo che ti
dò noia.
— Niente affatto. Scrivevo.
— Lo vedo. Scrivevi a casa tua?
MESSINA,
Un
fiore
che
non
fiorì.
7
- 98 — Sì. Cioè no. A un'amica. Una stupida
lettera.
—- Non si piange quando si scrivono lettere stupide.
— Non piangevo.
Maria Luisa levò su! volto affocato di
Franca i grandi occhi ricolmi di rimprovero e di domande.
— Non mi credi neanche tu?
— No.
— Ebbene, tu sei una bambina indiscreta, guarda.
Franca scostò il libro.
« Cara Fanny.... »
Maria Luisa si imbronciò.
— Questa Fanny non era una bambina !
Franca sorrise.
— E per questo solo le volevi più bene
di m e ?
— Più di te, no.
— Era un'amica?
— C o m e te.
— Le raccontavi tutte le tue cose? A
un'amica si racconta tutto; non si tratta
da bambina. Le facevi leggere le lettere
che scrivevi....
— E tu vorresti leggere? Leggi.
— 99 —
— Io no. Non mi riguarda, questa tua
Fanny !
Era gelosa, Maria Luisa.
La sua gelosia avrebbe spezzato il filo
che teneva Franca unita alla casa di lui....
— Leggi — ripetè, decisa —. Io non ò
segreti per te.
Allora Maria Luisa, pentita delle indiscrete insistenze, non volle prendere in
mano il foglietto che Franca, un po' in
collera, le porgeva.
Ma finì col dire, timidamente:
— Leggo forte?
— C o m e vuoi.
— « Questo paese è antipatico..,.» vedi?
— si interruppe subito.
Continuò a leggere sottovoce, più mortificata che sdegnata.
— Vedi? — si interrompeva — ....E di
me non parli! Già.... io non sono niente
per te.... « Vado ogni giorno in casa Mentesana.... » Qui finisce.... peccato, averti
interrotta ! Chi sa come ci avresti dipinti
alla tua Fanny!
— Non essere cattiva, Maria! — rispose
Franca —. Non ti accorgi che io.... voglio
bene solo a voialtri? Che resto qui per
voi? Che non fuggo via per voi da questo
— 100 —
brutto paese?... Sì, è un peccato che la
lettera finisca qui.
Parlava lentamente, con voce così arrochita che non pareva la sua, tanto temeva
di rivelare l'ansia del suo pensiero.
Si nascose il volto tra le palme e chinò
il capo, smarrita, per non gridare il nome
di Stefano.
— Sai perchè sono venuta? — esclamò
Maria Luisa di nuovo tranquilla —. Domani è la festa di papà. Avremo parenti
a pranzo. E io son riuscita a fare invitare
anche te.
— Se non volevano, ebbene, Maria....
— No, no! Volevano. Ma tu lo sai.
Marna à certe idee tutte sue. Dice che
non si invita a pranzo una ragazza sola!
Idee ! Ma ti vuole tanto bene. È di poche parole, ma ti vuol bene. Che fai,
adesso ?
Franca stracciava la lettera a Fanny in
quattro pezzi.
La cosa piacque immensamente a Maria
Luisa, che ritrovò il suo buon umore un
po' capriccioso. Girellò per le stanze, osservando i pesanti mobili della sotto-prefettura, i piccoli oggetti che appartenevano a Franca. Alla fine sedette per di-
— 101
—
vertirsi a guardare le cartoline illustrate
riunite in un album.
— Anch'io raccolgo le cartoline belle!
— esclamava —. Te le farò vedere. Ma
questa è brutta! Perchè la serbi?
— In ricordo.
— Chi te la mandava? Gaddo,.., Chi
era Gaddo?
— Un amico.
— Ti scriveva certe frasi!
— Che frasi?
— Tendresses
Non - ti - scordar~di~
me
Usque d u m vivam et ultra
Questa poi!...
— Conosci il latino?
— No. E nel Daniele Cortis. So che significa.
— Certe volte non significa niente, scrivere così.... Sono parole copiate dai libri
— aggiunse —, per fare la corte alle signorine !
Avere turbato Maria Luisa le faceva
piacere, senza sapere perchè.
Maria Luisa imbronciata, le faceva pensare a Stefano nelle serate di Firenze.
— Lascia l'album, adesso! — esclamò
bruscamente.
Maria Luisa continuava a sfogliare Pai-
—- 102 —
bum, in silenzio, scostando le cartoline per
leggerle.
— Ci sono anche delle fotografie.... E
ci sei tu.
Franca in biroccino, Franca in sandolino, in bicicletta....
— Andavi in bicicletta?
— Sì, Maria. È molto comune, oramai,
andare in bicicletta. Anche nelle vostre
città deve essere lo stesso. Ma nel tuo cervellino si è attaccata qualcuna delle idee
della m a m m a !
— Questo che si è seduto per terra,
ai tuoi piedi, come un cane, chi è?
— Quello che mandava le cartoline. Non
ti scandalizzare, Maria ! Credi che tutto il
mondo sia così piccolo e cupo come qui ?
Maria Luisa arrossì.
Pensava che Franca non poteva volerle
bene: aveva troppi anni più di lei, ed
era vissuta lontano, nelle città grandi dove
tutto è diverso.
Continuò a guardare le fotografie senza
domandare nulla.
Anche Franca le guardava, come se le
vedesse per la prima volta, rileggendo le
firme che si sbiadivano sotto i piccoli
gruppi. « Fanny.... Celeste.... Silvia.... » e
— io3 —
sempre « Giulio » e sempre « Gaddo » e
sempre « Franca ».
Ma era lei, la Franca dei ritratti?
— A rivederci — esclamava Maria Luisa —. Marna aspetta.
Franca staccava le cartoline dall'album,
che pareva lagnarsi con lo scatto secco
di ogni quadrato, nel restare vuoto.
— Aiutami — rispose —. Lascia che la
m a m m a ti aspetti.
— Che fai?
Andarono in cucina.
— Che fai?
— Brucio. Non lo vedi? Aiutami.
— Erano dei ricordi, per te.
— No, cara. Un ingombro, e niente altro.
Ecco le infinite cartoline di Gaddo, di
Giulio, delle amiche ; i ritratti ; la lettera
fatta a pezzi di Fanny.
La prima fiamma si allungò e si ritrasse
col fumo; si levò rossa e limpida, sulle
carte ammucchiate, divorandole accartocciandole; poi si spense, a poco a poco,
lasciando nel mucchio nero e crespo qualche firma ancora leggibile, qualche fotografia quasi intatta.
La fiamma fu ridestata e consumato
ogni avanzo.
—
104 —
— Sei contenta, Maria? — esclamò,
con tristezza —. Ti ò dimostrato che
non voglio bene ad alcuno, altro che
a voi?
•
Maria Luisa tutta accaldata sedette sulla
proda, legando in piccoli mazzi i ranuncoli,
le pratoline, i ciclamini, colti ora nell'ombra ora nel sole.
— L'aria libera fa girare il capo, dopo
tanto freddo — esclamò Franca.
— Sei stanca ?
— Tu no?
— Io sono più abituata.
— Se potessi — fece Franca —, vorrei
vivere in campagna!
— T u ? — esclamò Maria Luisa.
— Non ti pare possibile?
— Sempre sempre?
— Sempre sempre. Anche noi abbiamo
un podere, lassù, tutto a mandorli e olivi.
Ma non ci siamo andati mai.
— Vedi?
— Ma io vi andrò per sempre !
Maria Luisa non rispose.
— io5 —
Non le pareva possibile che Franca preferisse la campagna alla città.
Sfogliava una pratolina, lentamente ;
strappò l'ultima foglia con un piccolo grido di trionfo.
— Le margherite non sono mai bugiarde? — domandò Franca, ritrovando d'un
tratto la sua risatina ironica.
— Mai! — rispose con serietà Maria
Luisa —. Bisogna interrogarle con fede.
A me anno risposto sempre di sì.
— Ai un segreto anche tu?
Maria Luisa arrossì : i suoi oblunghi
occhi erano così dolci e così lucenti di
felicità che parevano dire: — C o m e è
bella la vita!
— Vedi? — continuò Franca — che
certe cose non si raccontano neppure alle
amiche?
— Non è più un segreto, da ieri —
mormorò Maria Luisa —. Avevo tanta
voglia di dirtelo! Cesare Tagliartela è
venuto ieri sera all'improvviso. E un lontano parente. Un cugino.... Non meritava
un nome così brutto, lui che è così elegante. Se lo vedessi ! Ma lo vedrai. Viene
ogni anno, di questi tempi. A uno studio
di pittore a Roma....
— 106 —
Si interruppe: ripigliò:
— Non speravo che la cosa bella dovesse avvenire per davvero. Eppure lo
aspettavo.
— Lo aspettavi senza sperare?
— Quasi senza sperare. Dicevo a me
stessa : è impossibile. Eppure sentivo che
sarebbe venuto apposta per me. Oggi sono
tanto felice! Egli è venuto, come mai
osavo sperare, all'improvviso.
Franca intrecciò le mani sulle ginocchia.
L'aria molle e ronzante la stordiva.
Ecco che l'amore era venuto all' improvviso per la sua piccola amica, proprio
come la primavera che si mostra all'improvviso, in un'alba più luminosa delle
altre albe.
— Ò tanta paura di R o m a ! — confidò
Maria Luisa.
— Paura di R o m a ?
— Lui non è come Stefano, come noi
tutti.... Mi pare tanto difficile che io, una
povera ragazza cresciuta in paese, possa
piacergli a R o m a come qui....
— Sciocchina! — esclamò Franca —.
L'amore è assai più forte di Roma.
— 107 —
•
Donna Lucia ordinò:
— Tutti a letto, per mezz'ora. Anche
te — disse al marito —. Altrimenti non
avrete la forza di tornare a casa.
E poi che le ragazze si divertivano a
ribellarsi, non le lasciò sole se non dopo
averle vedute chete, nei due lettini preparati. Allora chiuse le imposte, e si allontanò in punta di piedi.
— Franca! — mormorò Maria Luisa.
— Cara! — rispose Franca.
— Dormivi? Io non ò sonno.
— Neanche io.
— Te lo farò conoscere domani stesso. E
più alto di Stefano. E più bello. Franca...,
— Maria....
— Senti, tu ài veduto R o m a ?
— Sì, due volte.
— Quanto è più grande di Palermo?
Franca.... tu non mi senti più? Dormi?
Senti....
Certo Franca dormiva. Anche Maria
Luisa si addormentò placidamente.
La stanza era troppo calda, e un mo
— 108 —
scone ronzava senza tregua ; da una spaccatura dell'imposta passava la luce viva
e rossa del sole.
Il capo le pesava, e le lenzuola scottavano le carni come se fossero diventate
di fuoco.
Scese dal letto, e posando i piedi nudi
per terra, tremò tutta rabbrividendo come
se avesse infilato le gambe nella neve.
Non capiva di avere la febbre. Però si
ostinò a infilare la veste, e scese le scale :
si fermò a un rumore. Poi attraversò la
saletta, in punta di piedi. Uscì cautamente,
avida di trovare un po' di ristoro al calore
di fuoco che portava addosso.
Si affannò a salire ; scese verso una conca
verde e profonda : ma il fresco dell'ombra
l'agghiacciava tutta senza darle ristoro.
Continuò a salire, inginocchiandosi per la
stanchezza. Volle tornare. Ma il capo le
pesava quasi fosse diventato di piombo,
e non ritrovava più la strada.
Le si parò davanti una robusta siepe
di rovi e di fili di ferro : cercò un'uscita ;
di qua, di là, dietro, davanti, le si parava
la stessa siepe dove si era chiusa senza
sapere come.
Un somaro sciolto divorava l'erba, nel
— 109 —
cielo si addensavano nuvole scure, e qualche goccia le bagnò le spalle.
La bestia era fantasticamente smisurata,
e le sue orecchie giungevano sino alle
nuvole.
Chiamò Maria Luisa. Le rispose l'eco.
In confuso pensò che era inutile chiamare perchè era troppo lontana e nessuno
la poteva sentire.
I Mentesana sarebbero partiti, lasciandola sola, di notte, chiusa nell'immensa
siepe senza uscita.
— Franca à disobbedito — si sarebbe
giustificata donna Lucia.
Donna Lucia era ostile e diffidente,
come tutti coloro che la circondavano.
— Io sola posso aiutare me stessa —
pensò rapidamente.
Corse di qua e di là, avvicinandosi sempre più alla bestia smisurata che la spaventava. Si fermò, cercando di vedere a
traverso il velo rosso e viola che le si
stendeva davanti.
Un passo, cauto e pesante, un fruscio
di rami smossi.
Era un uomo, che un po' somigliava ad
Antonio, un po'a Stefano.
Sentiva la voce, che le faceva paura,
— no —
ma non riusciva a veder bene. Il capo le
si piegava verso la terra.
Anche l'uomo le faceva paura: ma non
poteva sfuggirgli che aveva perduta la
strada.
— Ora è stanca ! — rimproverava Stefano —. Ma perchè si è cacciata qui dentro? Si appoggi a m e !
Franca restava ferma e spaurita. Allora
egli la prese per la vita, delicatamente,
e cominciò a scendere: sentiva sul suo
braccio, che la teneva, il tremare delle
gracili spalle.
Era sua. Si offriva a lui. Smarrito nella
sua debolezza di u o m o sano e forte mormorò chinandosi :
— Franca....
Allora Franca più fortemente spaurita,
trovò la forza di fuggire. Corse, avanti,
con le ginocchia che le si piegavano nella
corsa, col cuore che le si spezzava.
Ecco la casa; ecco Maria Luisa alla finestra. Ma Franca non vedeva nulla. Scivolò, cadde, e le parve che la terra l'avesse
presa con cento e cento braccia invisibili
e tenaci.
111
—
•
Stefano si affacciò sull'uscio, col cappello in mano.
— Passi! — invitava il cavaliere Gaudelli —. Franca si è alzata! Si accomodi!
Stefano entrava per la prima volta, dopo
la visita che aveva fatta assieme a suo
padre.
C o m e tutto avviene semplicemente, nella
vita !
— Sta meglio, adesso?
— Non ò più febbre.
— À camminato troppo al sole quel
giorno !
Si dicevano cose stupide, banali, col
cuore in tumulto.
— À avuto paura di m e !
— Non la riconoscevo.
— L'avevo sentita uscire. L'ò cercata
tanto ! Ma perchè si era arrampicata lassù?
Tacquero.
Aspettava, Stefano, che il cavaliere Gaudelli li lasciasse soli. Gli tornavano sulle
labbra le parole buone che avrebbero domandato risposte sincere.
— 112 —
•— Franca....
E poi null'altro....
Il cavaliere Gaudelli, che voleva essere
cortese, ridestava la conversazione....
— Una curiosa febbre salita a quaranta....
Forse una specie d'insolazione....
— Leggeva? — esclamò Stefano.
— Legga forte — pregò Franca porgendogli il libro che teneva sulle ginocchia.
— Ecco — disse Stefano —, un poeta
che non va letto forte. À sentito la voce
delle cose naturali, delle cose semplici e
buone, che non anno mai toni troppo alti.
Sfogliava il libro sino in fondo, senza
leggere.
Franca mormorò:
— In queste pagine manca l'amore....
— Tutt'altro! — esclamò Stefano —.
Sono tutto amore!
Franca non replicò : il suo pensiero era
così confuso che le mancavano le parole
per esprimersi.
— Amore francescano, — continuò Stefano —, vasto e puro che abbraccia tutto
il mondo, col bene e col male.
Tacquero. Stefano ripigliò a sfogliare
sino alle ultime pagine. Disse :
— n3 —
— À mai letto i versi scritti dalla sorella?
— Mai. Non mi piacciono i versi delle
donne.
— Questa à detto in poche righe tutto
quel che una donna può dire. Non à sforzato la sua poesia per esprimere sentimenti che la donna non può provare, o
che non dovrebbe confessare.
Lesse :
Erano sogni; sono: e nell'eterna
o m b r a voi resterete, e su voi scende
l'oblio del tempo, o figli miei non nati.
Sogni ! ed è vana l'opera materna
e vani i baci ; che nessun mi tende
le sue manine, o figli miei non nati !
Il cavaliere si alzò, trattenendo uno sbadiglio.
— Caro Mentesana! — invitò —-, Andiamo a fare due passi?
•
Maria Luisa impaziente di presentare
il fidanzato all'amica, fece grandi feste.
— C o m e sono contenta ! C o m e sono
MESSINA, Un fiore che non fiorì.
— 114 —
contenta! Vieni subito nella stanza da
pranzo. Cesare! Cesare! Ecco Franca!
— Franca Gaudelli. — corresse Franca,
rammaricandosi di portare il suo modesto
abito da casa.
— La signorina Gaudelli.... — esclamò
Cesare — Me ne parlava Giulio Nelli, il
mio carissimo compagno d'università...
Franca trasalì, pregando Cesare con lo
sguardo.
— Non è quello delle cartoline ? — saltò
su Maria Luisa.
— No — rispose seccamente.
Cesare cominciò a parlare d'altro. Ma
Franca non lo ascoltava, pensando ostinatamente che per un anno aveva scritto
al Nelli, ogni sera, e forse il Nelli aveva
mostrato all'amico le sue povere lettere....
Per questo Cesare la guardava con fredda
curiosità. E ora le accennava, con un lievissimo sorriso, che aveva capito, e non
avrebbe parlato....
Anche lui, come Stefano, pensava male
di lei! Ebbene, era necessario spiegargli.,..
Che cosa?...
C o m e poter parlare, da solo a sola, coi
fidanzato di Maria Luisa?
— n5 —
Franca insegnò nuove pettinature alla
sua piccola amica fidanzata, l'aiutò ad abbellire i vestiti d'ogni giorno, le regalò
una boccetta di profumo dimenticata fra
gli oggetti inutili.
— Gli piacerò di più così ! — diceva
Maria Luisa con riconoscenza, guardandosi nello specchio, prima di scendere
nella sala da pranzo dove il fidanzato
aspettava.
Nella sala da pranzo c'era, immancabilmente, donna Lucia, che non riusciva a
conciliare il dovere di sorvegliare « i ragazzi » con l'interesse di badare alle faccende di casa.
C'era anche Stefano, che se ne andava
subito, seccato, addolorato; egli veniva
per persuadersi, sempre più, che Franca
si andava trasformando dal giorno che
aveva veduto Cesare: un bel giovanotto,
con la piega nei calzoni, e il complimento
ben fatto, pronto sulle labbra. A poco a
poco, tornava a somigliare, nel m o d o di
— 116 —
vestire, di muoversi, di sorridere, alla
Franca del salotto della Delroi, alla piccola Valeria di Palermo.
Era inevitabile.
Se ne andava, subito, abbuiato dal cruccio e dalla gelosia.
Allora donna Lucia, rassicurata, affidava
a Franca una mezza prova di fiducia.
— O bisogno di andare in cucina un
momento — le diceva —, faccia un po'
da sorella grande a Maria Luisa.
I fidanzati non le davano tanto pensiero
quanto glie ne dava il vedere Stefano in
compagnia della figlia del ^otto-pi. f-lio,
Cesare esclamava:
— Soli col nostro grazioso chaperon!
Non ci sarebbe da stare tranquilli, m a m ma !
Maria Luisa rideva, arrossendo.
Franca sorrideva, e un sapore amaro
le saliva nella gola: sentiva nella voce e
nello sguardo di Cesare una cert'aria di
intesa, di protezione così confidenziale
che la offendeva e la turbava; nell'allontanarsi di Stefano il tornare della diffidenza.
— 117 "~
•
Era festa, e nella stanza da pranzo si
erano riuniti tutti.
Solo Antonio e la moglie mancavano,
come sempre.
Cesare che parlava con piacere di sé
stesso descriveva da un pezzo il suo studio da pittore, senza accorgersi che la
stessa Maria Luisa tratteneva gli sbadigli ;
il vecchio Mentesana e il cavalier Gaudelli cominciavano a giocare a scacchi,
senza badargli ; donna Lucia sonnecchiava ;
e Stefano era assorto a deviare il cammino di una fila di formiche sul davanzale
della finestra.
Franca lo interruppe:
— Vuol farmi il ritratto?
— Volentieri — rispose Cesare.
Guardò Maria Luisa, poi la futura suocera addormentata, in fine Stefano che,
quasi lo avessero chiamato, si era avvicinato a Franca.
— Falle il ritratto, Cesare! — approvò
Maria Luisa entusiasmata.
— n8 —
— Credo che potremmo fare sul terrazzo
il nostro atelier — esclamò Cesare che
aveva la smania delle parole straniere —.
Vogliamo andare a vedere?
— Babbo! — esclamò Franca vivacemente, seguendo i fidanzati —. Il signor
Tagliatatela mi farà il ritratto.
Stefano uscì dalla stanza, con la testa
fra le spalle.
•
lì terrazzo, che continuava nel giardino,
aveva un bellissimo sfondo verde che Cesare volle nascondere con un tappeto steso
su una corda.
Fu portato un cavalletto, due grandi
cassette chiuse a chiave. Finalmente, dopo
infiniti preparativi « il pittore » si mise
un camiciotto e un berretto di velluto
nero.
Franca in camera di Maria Luisa, si faceva aspettare.
Aggiustandosi, per cominciare a posare,
si accorgeva di essere diventata brutta e
pallida.
Si spettinò : si pettinò da capo.
—
ii9
—
— Peccato! — fece Maria Luisa impaziente.
Franca crollò il capo.
Si era invecchiata in pochi mesi.
Era questa la vendetta dell'amore che
ella aveva creduto di sentire nei « flirt »,
nelle banali dichiarazioni dei corteggiatori da salotto? Mentre l'amore sano, bellissimo, forte, l'amore che giunge una
volta sola, non aveva ancora picchiato al
suo cuore....
— Très-bien ! — esclamò Cesare, senza
alzarsi dal suo posto, davanti il cavalletto —. Sarà il mio capolavoro ! Non ti
pare, Stefano?
Stefano si avviò di malumore, senza rispondere, giù per la scaletta di pietra che
portava in giardino.
— « Che diritto ài tu alla tua gelosia? »
— pensò Franca.
Ma subito la certezza che egli fosse geloso la fece tremare tutta di speranza e
di gioia.
— «E geloso perchè mi amai Perchè
mi ama ! » — si ripetè : e col rapido mutarsi dei pensieri le saliva sul volto impallidito un vivo e leggero color di rosa.
— Guardi verso l'uscio ! — osservava
—
120 —
Cesare, ammirandola dalla punta delle
scarpette di pelle lucida alle grandi forcine bionde —. Brava ! Così ! Maria Luisa,
d a m m i il pennello che ò posato sulla cassetta.
•
— Le giornate si accorciano e la nebbia ritorna sul paese —- brontolò donna
Lucia, affacciandosi alla piccola finestra
che dava sul terrazzo —. Q u a n d o la finirete, Cesarino?
— O quasi finito, m a m m a ! — rispose
Cesare —. Pochissimi giorni ancora*
— Volete il caffè caldo o la granita?
— La granita ! la granita ! — esclamò
Maria Luisa.
— Ma lascia un po' scegliere agli altri !
— fece donna Lucia —. Tutti debbono
obbedire sempre ai tuoi capricci !
— A scelto bene — disse Franca —, e
io faccio volentieri quel che vuole Maria
Luisa.
— Anch'io — esclamò Cesare.
Maria Luisa tornò ad accoccolarsi, trionfante, presso il cavalletto, porgendo i pennelli al fidanzato.
— 121
—
Il ritratto piaceva a tutti, in casa, anche
a donna Lucia che lo trovava « molto somigliante » ; e Maria Luisa assicurava che
Stefano, vedendolo, ne sarebbe rimasto
stupefatto.
Franca non diceva quanto la mortificasse il vedersi incollata sulla tela grigiofumo, in una positura certo ispirata al
presuntuoso dilettante da qualche illustrazione da cartoline.
Continuava a posare, illusa di potere
finalmente parlare, un minuto, da solo a
sola, col fidanzato di Maria Luisa, sebbene
il ritratto fosse quasi finito e finiti i lunghi dopopranzi.
La partenza di Stefano, che restava in
campagna, le faceva sentire più forte la
necessità di spiegarsi con Cesare.
Non sapeva precisamente che cosa dovesse spiegargli. Pensava : — Avvierò il
discorso, e troverò il m o d o di raccomandarmi a lui.
Sì, di raccomandarsi: egli l'avrebbe
aiutata a levare la diffidenza dal cuore di
Stefano.
Stefano avrebbe creduto a lui, al nuovo
fratello che entrava nella casa.
E aspettava, ostinata e ansiosa.
—
122
—
— Abbiate pazienza — diceva Cesare
che le dava del voi, con familiarità —,
posate anche oggi, per piacere ! La m a m ma non comprende le esigenze dell'arte.
Guardate verso l'uscio. Così. No, il busto
un po' più eretto.
La contemplava, con gli occhi socchiusi,
avvicinandosi, allontanandosi. L'avrebbe
contemplata per ore ed ore, dimenticando
i pennelli, la fidanzata, la suocera che si
affacciava spesso a sorvegliare «i ragazzi»
dall'alta e piccola finestra.
Allora Franca era eccitata dalla volontà
di alzarsi in piedi e fuggire.
Lo sguardo di Cesare, che pareva le
si attaccasse avidamente sulle carni, la
turbava.
No, era inutile volersi giustificare con
lui che somigliava a tutti gli altri : a Gaddo,
al Nelli, al Paolini, agli amici del Circolo
e del Tennis....
Credere che egli l'avrebbe aiutata?
Riudiva attonita le parole di Fanny,
nell'ora del distacco.
Parole crude, ma vere.
Ecco che Stefano se ne andava, forse
per sempre, con passo prudente e cauto.
— 123 —
•
Non c'era sole; ma l'umidità era così
calda che pareva a tutti di avere sonno.
Cesare scioglieva svogliatamente dei colori. Maria Luisa esclamò:
— La m a m m a à certo dimenticato di
mandare il caffè.
E corse via.
Franca trasalì. L'occasione si presentava. Impreparata mormorò:
— Cesare, lei mi à giudicata male.
— Io? — esclamò il pittore ridendo.
Quando rideva, mostrando i forti e bianchi denti aveva una faccia buona che ispirava fiducia.
— O poco tempo e vorrei dirle tante
cose. Per questo le sembrerà strano il mio
m o d o di parlare. Quel Nelli che lei nominò, era un mascalzone.... — esitò, ripigliando subito lo sfogo accumulato nei
lunghi silenzi —. Se gli ò scritto delle
lettere che lui le à forse mostrato, da
amico.... — Si interruppe di nuovo,
C o m e dire, come dire a Cesare che un
— 124 """
bacio non l'à mai sfiorata? Che ella è pura,
come Maria Luisa?
— Ciò non mi riguarda — fece il pittore —. Ma voi perchè continuate a darmi
del lei ? Siete la migliore amica della mia
Maria.
— Volevo dire.... — ripigliò Franca.
Ecco Maria Luisa ed ecco il servo col
vassoio.
L'interruzione era stata brusca e violenta come il fermarsi di una macchina
in moto.
Era diventata così bianca che Maria
Luisa le domandò che avesse.
•
Ecco che Maria Luisa si allontana (da
qualche giorno Maria Luisa trova cento
scuse per lasciarla sola con Cesare), e
Franca ripiglia il racconto interrotto ; ed
ecco che Maria Luisa torna col suo passo
leggero che fa male a sentirlo.
Anche Cesare cerca di essere solo con
Franca, lusingato dallo smarrimento e
dalla fiducia della signorina, che gli è pia-
— 125 —
ciuta fin dalla prima sera, come ai ragazzi
piacciono i balocchi nuovi.
— Maria Luisa, andiamo in giardino?
Andavano per i viali silenziosi ed opachi.
Maria Luisa si metteva a cercare piccoli
funghi che poi buttava.
Franca sedeva quasi subito:
— Mi stanco.
— Ti dispiace, Maria? — faceva Cesare —, se resto a fare compagnia alla signorina ?
— Perchè? — esclamava Maria Luisa,
e la voce le tremava.
— I Mentesana sono malati di gelosia !
— osservava Cesare allegramente.
— Stefano.... — cominciava Franca.
— Oh ! Stefano è un po' matto, credete !
— È onesto — mormorava Franca —,
ma non sa di fare deP male con la sua
onestà.
— .... che è una virtù più gelida della
morte.... — aggiungeva Cesare.
Ma ecco Maria Luisa che torna indietro.
Passeggiavano ancora un momento; tutti
e tre distratti.
Franca si sentiva debole, accasciata, come se le vene si fossero vuotate.
— 126 —
•
Stefano non ritorna.
Franca va in casa Mentesana, ogni
giorno, per vedere il fidanzato di Maria
Luisa che le parla del suo futuro cognato.
Glie ne parla con ironia e con disprezzo,
perchè ora à veramente pietà di quella
povera innamorata senza amore.
Un fruscio....
— Nessuno — assicurava Cesare, dopo
avere ascoltato — ; il vento che fa cadere
le foglie.
— Io gli parlerò, a Stefano, come ò
parlato a voi — faceva Franca decisa,
— È inutile. Egli non vi capirà. Forse
voi mi avete parlato chiaro? No. Ma io,
che ò vissuto, vi leggo dentro l'anima.
Voi non potete parlare chiaro.
— Non ò nulla da nascondergli! — faceva Franca tremando.
— Voi siete una signorina per bene.
E se gli parlaste chiaro, senza.... Insomma,
non è possibile!
Erano quasi le parole di Stefano, sfo-
— 127 •—
gliando il libro, nella stanza della sottoprefettura.
Un passo, una voce....
— Gente di là dal muro.
— Bisogna cercare Maria Luisa ! — faceva Franca.
— Non vi spaventate così! Maria! Maria! Dove sei? Vedete, Franca? Non poteva ascoltare!
Eccola, felice che il fidanzato l'abbia
chiamata.
A, Maria Luisa, una fresca anima di
bimba non ancora donna ; che si è veduta
crescere di anno in anno, nella casa che
si conosce come la propria casa ; la sposa
che Stefano avrebbe scelto.
Un violento improvviso rancore serpeggiò nel cuore di Franca, contemplando
la sua piccola amica felice.
Diventò un pochino cattiva. Le piacque
stare a discorrere con Cesare senza rivolgersi a Maria Luisa, restare indietro con
lui, se passeggiavano, per vedere un'ombra di dolore sul fresco visetto della fi-
— 128 —
danzata. Le pareva di avere sete, ma la
cattiveria non la dissetava.
L'ansia dell'attesa si allentava come una
molla che non serve più.
Lasciava che Cesare, talvolta, le dicesse
le parole buone che aveva invano aspettate da colui che amava.
Non lui, non lui, era venuto a colmare
il vuoto della sua povera vita di signorina !
Era, questa, la vendetta dell'amore? il
frutto amaro e guasto che la sorte le offriva ?
•
— Eppure — continuò Cesare —, debbo
esser sincero? Maria Luisa mi piace per
questo.
— Avete detto che certe volte pare quasi
stupida —, esclamò Franca con ironia.
— Pare. Ma è molto intelligente. E io
le foggerò un carattere a mio modo. La
farò io — ripetè con orgoglio.
C'era molto caldo e il ritratto con le
sue tinte violenti pareva macchiato dal
gioco del sole e dell'ombra.
—
12Q
—
Maria Luisa e donna Lucia erano occupate in camera con la sarta.
— O h ! io non avrei mai sposato una
delle tante signorine che ò corteggiate....
— continuò Cesare. Ma subito volle correggersi :
— A meno che — aggiunse — ....non
ne avessi incontrata una degna di portare
il mio nome.
Si confuse. Cercò di riparare anche alla
correzione fatta cosi grossolanamente.
Franca taceva, piegando e ripiegando il
suo piccolo fazzoletto.
Disse:
— ....allora, egli à ragione!
Cesare posò i pennelli ; con uno scatto
di simpatia, di alta e sincera pietà; sedette ai suoi piedi su uno sgabellino.
— Scotetevi, Franca ! — pregò stringendole una mano come se la stretta avesse
potuto dare forza alle sue parole —. Mi
punisca il cielo, Franca, se io non vi parlo
come un fratello senza pensare al male.
Verrà giorno che non potrete rialzarvi
più: voi, voi che meritate di essere adorata....
Si interruppe. La fidanzata, sulla scaletta di pietra li guarda.
M E S S I N A , Un fiore che non
fiorì.
{
d
—
t3o
•-•
A ascoltato le sue ultime parole.
Si alzò e la costernazione della sua faccia era così infantile che, in un altro momento, avrebbe fatto ridere Franca.
Maria Luisa corse via per la scaletta:
la sua veste chiara si mostrò nel viale di
bosso, sparì.
Franca la chiamò, cercandola nel giardino; rincorrendola su perla scala grande,
nelle stanze tranquille.
Erano vicine.
— Ascolta, Maria! — mormorò con la
umiliante certezza di non essere creduta — ....Si parlava di Stefano....
— A h ! — gridò Maria Luisa voltandosi —. Non nominare Stefano ! Tu non
ài tradito me sola!
Spalancò la sua cameretta : entrò : si
chiuse in fretta, sbattendo l'uscio.
Franca arrossì violentemente, più che
se Maria Luisa l'avesse schiaffeggiata.
Pure continuò a chiamare, picchiando con
le nocche.
— Ascoltami ! Lascia che ti spieghi !
— Vattene — le rispose Maria Luisa—.
Vattene per sempre!
— Non essere così cattiva e impetuosa !
Apri! Ascolta!
—
i3i
—
— Vattene. Io non mi lascerò vedere
mai più, da te. È inutile.
Franca allora non chiamò più.
Passò lentamente per le stanze che aveva
attraversate di corsa.
Nella scala grande le veniva davanti
donna Lucia, che esclamava affannata:
— Che à Maria Luisa? L'ò sentita....
Ma continuò a salire senza badarle. Non
faceva a lei le sue domande.
Cesare, sul terrazzo, aspettava ancora
confuso e costernato, che Maria Luisa si
fosse calmata.
Franca fece per avvicinarsi. Esitò. Si
allontanò decisa.
Aprì la porta adagio adagio; uscì. La
porta si richiuse cigolando ; la nebbia
densa e afosa scendeva rapidamente dal
Castello.
•
Scrisse a lungo a Maria Luisa : scongiurandola, rimproverandola.
Aveva l'impressione, scrivendo, di parlare finalmente a Stefano a cuore aperto.
Se egli avesse letto....
Mandò la cameriera: perchè la lettera
— 132 —
fosse consegnata nelle mani della signorina.
— .... o del signor Stefano; se c'è lui
— aggiunse, con uno scatto di speranza
così acuta che le mordeva il cuore.
La cameriera riferì :
— Si è presentata subito la signora e
non ò potuto fare a m e n o di consegnare
a lei il biglietto.
Franca chinò la fronte.
Vide donna Lucia con la sua povera
lettera fra le grandi e dure mani.
« .... Non ti ò tradita. L'ombra delle
cose si fa gioco di noi e della nostra sensibilità. »
•
Il sole spariva dietro i monti ferrigni.
Franca restava con le braccia sulla ringhiera arrugginita.
La cupola nera del cielo si tempestò di
stelle; il vicolo buio parve vuoto e profondo.
— « E di m a d a m a Angot, sono la figlia,
sono la figlia. » Franca dove sei ?
Il cavaliere Gaudelli canticchiava solo
per farsi sentire da Franca, quando tor-
— i33 —
nava, e il lume non era acceso : ma la
sua voce non era molto allegra.
— Non sei stata dai Mentesana?
— No. E tu?
— Neppure. Ma ò veduto Stefano al
Circolo.
— Ah!
— Grandi tragedie in casa Mentesana!
La tua amica voleva romperla col fidanzato.
— Perchè?
— Il perchè non lo so. Bizze di fidanzati, immagino! Dimenticavo; tu ài scritto
a qualcuno?
— Perchè?
— Stefano mi à detto di scusare la sorella che non avrà tempo di risponderti,
così occupata com'è.
•
— Non vai neppure oggi dalla tua amica?
— No.
— Non ti senti bene?
— Benissimo. Non ò voglia: questo è
tutto. Volevo pregarti — aggiunse Franca
arrossendo —, di mandarmi dalla zia. Un
altro inverno qui non vorrei passarlo.
— 134 —
— C o m e vuoi. Io non ti contrario mai.
Pensò subito, il cavaliere Gaudelli, che
se la figliuola si decideva a partire « l'affare » col Mentesana doveva essere sfumato.
Ma non domandò niente, perchè padre
e figlia non avevano mai toccato « quell'argomento ».
— Ti prego — aggiunse Franca —, vai
dai Mentesana e salutali per me.
— Sarebbe giusto che la tua amica....
— esclamò il cavaliere Gaudelli per afferrare qualche lume.
— Non ò voglia — interruppe Franca —.
Preparo le mie robe, invece. Partiamo il
giorno del mio compleanno? Vuoi?
— Ma io non posso accompagnarti ! Se
volessi rimandare !
— No, no, babbo. Ma diglielo ai Mentesana che parto giovedì!
Tornò ad aspettare ansiosamente.
Sentiva che Stefano aveva letto e sarebbe venuto. Oppure avrebbe scritto....
Ma gli era stata mostrata la sua povera
lettera ?
E se la madre l'avesse soltanto riferita,
con le sue grosse astiose parole?
— i35 —
A ogni scampanellata le si piegavano le
ginocchia....
Maria Luisa era, certo, di nuovo tranquilla, come donna Lucia che non si preoccupava più di lei. 1 giorni volano via
agli occhi delle fidanzate felici ; come ali
di farfalle irraggiungibili.
E Stefano, chiuso nella sua orgogliosa
gelosia senza parole, più pungente di un
cilicio, tentava, certo, di scordarsi di lei.
Annottava, di nuovo. Oggi come ieri,
domani come oggi. Il tempo immutabile,
è una ruota enorme che schiaccia sempre
qualcuno, nel girare su sé stessa all'infinito.
Nel vicolo, buio e profondo, smorivano
rumori e voci. Nel cielo si affacciavano,
tutte insieme, le vivide stelle ; nel freddo
splendore, Franca restava immobile, irrigidita dall'inutile attesa che la faceva diventare cattiva.
Pensava a Fanny, a zia Fabiana, alle
amiche rimaste signorine, al Corso di sera,
alle solite cose, alla solita gente che forse
non si era cambiata.
— i36 —
•
— Dove sei, Franca?
— Eccomi.
— Ancora al buio?
— Sei stato da loro?
— Sì. Mi anno fatto mille feste. Buona
gente! La signora si doleva che tu volessi
partire. Non Pò mai veduta così gentile!
Vanno in campagna domani. Maria Luisa
ti manda tanti saluti. À detto : « Mi scusi
se non scrivo, perchè io non ò confidenza
con la penna e con le belle frasi ».
— C'erano tutti quando à detto così?
— mormorò Franca, esitando.
— Tutti: Cesare, Antonio.... Tutti insomma. Ma scherzava, sai !
— Oh lo credo!
Rivide la sua lettera, caduta nelle mani
di tutti.
Forse anche Stefano aveva guardato il
povero foglio, come chi non sa leggere.
•
— Che barba lunga, babbo ! — rise Franca —. Non ài quattrini da pagare il barbiere ?
-
i37
~
— Ai ragione ! — esclamò il cavaliere
Gaudelli guardandosi nello specchio, mortificato.
Da quando non aveva più occasione di
fare la corte alle signore, egli andava un
po' trasandato.
— A che ora parte il treno, di mattina?
— Sei proprio decisa, bambolona?
— Non chiamarmi più bambolona, ti
prego! Troppi anni compirò il giorno della
mia partenza!
— Aspetta che io ti possa accompagnare! Mi dispiace, sai!
— O h ! babbo! sapessi che voglia di
andarmene!
— Ma sai che oggi è mercoledì?
— Lo so. O preparato tutto.
— Ebbene, io obbedisco sempre alla
mia Franchina! Partirai sola.... Se invece
avessi aspettato.... Ma pazienza! Conosci
l'orario? N o ? E facile e necessario. Guarda
questa linea più grossa : si parte da qui ;
si seguono questi puntini neri, vedi....
— Vedo. E si giunge qui, in casa di zia
Fabiana. O capito....
— 138 —
IV.
Nella stazione, rischiarata da pochi fanali, c'era zia Fabiana così occupata a
scusarsi di essere giunta con ritardo e a
cercare un facchino, che l'abbracciò in
fretta.
— Guarda tu la roba — esclamò —. Vedo
un u o m o laggiù e corro a chiamarlo. Altrimenti non ci muoveremo mai !
Franca, con le sue valigette posate sul
marciapiedi, aveva l'impressione di continuare l'interminabile viaggio.
L'urlio d'un treno che sbucava dall'oscurità coi suoi rabbiosi occhi di brace, il
sordo cozzare di ferri e di catene lungo
i vagoni fermi, qualche voce, ogni rumore
prendeva un tono vasto, profondo, lontano, cadendo nella gravità della notte.
Zia Fabiana tornava, trotterellando dietro un facchino che spingeva un minuscolo barroccio.
Zia e nipote si avviarono; uscirono dalla
barriera, entrando nel piazzale polveroso.
Il cadenzato cigolio delle ruote del barroccino, precedeva lo scalpiccio dei loro
piccoli passi.
— Stai bene, Franca? — domandò finalmente zia Fabiana.
— Benissimo, e tu?
— Non c'è male.
Aggiunse:
— Il telegramma è giunto solo da poche ore.
Si interruppe, voleva dire che era inaspettato.
— E il babbo? — ripigliò.
— Benissimo, zia.
— C o m e se la passa?
— M a h ! Andrà a Roma. Dice che domanderà l'aspettativa.
— Fa bene. È un gran brutto paese!
— No, zia,— mormorò Franca—, Brutto
non è. E naturale che un forestiero vi rimanga estraneo.
— Il meglio è che ciascuno stia dove è
nato! — borbottò zia Fabiana.
Attraversarono in silenzio il piazzale,
dove la polvere era così alta che pizzicava
la gola.
Il Corso di notte, con gli usci dei negozi chiusi, senza un passante, era più
—
140 —
squallido che di domenica, e pareva lunghissimo.
Franca aspettò, senza impazienza, che
zia Fabiana aprisse il portoncino col solito piccolo sforzo delle mani inguantate.
— Ti aiuto?
— È fatta.
Zia Fabiana girò la chiavetta della luce,
pagò l'uomo che portava in casa le valige, e passò nella sala da pranzo dopo
avere inchiavacciato il portoncino.
Solo allora guardò la nipote, nella luce
grande della lampada elettrica. Le tolse
il lungo velo blu che nascondeva il volto
smagrito, la fece sedere prendendole le
mani.
— E così, Franca?
Franca stracca e sbattuta dal viaggio*
era stupita di potersi finalmente riposare,
seduta nel vecchio divano celeste della
casa di sua zia, davanti alla tavola, apparecchiata con le posate che riconosceva,
così come riconosceva i bicchieri a calice
e i piatti col cerchio verdolino.
E nello stupore si rivide, il giorno del
suo primo arrivo nella stessa casa; era
vestita di nero, in segno della sventura
che l'aveva colpita: anche allora zia Fa-
— 141 —
biana le aveva preso le mani, con la stessa
tenerezza.
Ebbene, non era la stessa cosa.
— Confidati con me ! — esclamò zia
Fabiana. — C o m e se fossi per davvero la
tua m a m m a !
Franca ebbe una pungente pietà di sé
stessa; pure sorrise.
•— O h ! zia, non credere....
Zia Fabiana crollò il capo.
— Senti, piccola mia ! tu ài il cuore
grosso. E sei sola, proprio sola!
— Non credere zia! — ripetè Franca,
sorridendo —. Non è successo niente alla
tua nipotina, proprio niente.
Il pianto scoppiò, irrefrenabile e improvviso, con un singhiozzio lamentoso.
— Don Agostini à ragione! — esclamò
zia Fabiana costernata —. Guai all'anima indebolita! Il maligno la vincerà
senza lotte! Franca, tesoro, abbi fiducia
in m e !
— Sono soltanto stanca — fece Franca
calmandosi —. Non credere che pianga
per qualche motivo. Non è successo niente.
Vedrai che domani, dopo il riposo, tornerò ad essere io.
Pensava a Fanny: si sarebbe confidata
— 142 —
con l'amica delle ore buone e delle ore
cattive, che la conosceva meglio di zia
Fabiana, la quale si aspettava dei «fatti»
da confessare a don Agostini.
Zia Fabiana si era allontanata per tornare subito abbottonandosi un lungo e
largo chimono.
— Non ne potevo più di tenere il busto! — esclamava. — Sono andata a riscaldare una tazza di brodo che fa risuscitare i morti ! — spiegò, osservando la
nipote.
— Brava, zia Fabiana.
ir
Dormì a sbalzi; all'alba si addormentò
profondamente.
Il sole era alto quando zia Fabiana tornò
per la terza volta in punta di piedi.
— Zia!
—- Oh, finalmente ! come ài dormito !
Dalle persiane aperte entrò il sole, a
illuminare vivamente il disordine della
camera.
— Bella giornata! — annunciò la zia,
chiudendo i vetri.
_
i43
-
— Zia — disse Franca —, vorrei andare da Fanny. Son due passi e torno
per la colezione.
— Due passi? Ora abita verso la piaggia del Fiore, in casa della suocera.
— Non ci pensavo più.
— Ma non importa. Ò da portare qualche cosa a suor Candida : vado anch'io
da quelle parti.
Uscirono.
Scontenta e delusa, Franca andò per il
Corso (che di mattina non era affollato
se non i giorni di mercato per i contadini
che scendevano dalle campagne lontane);
rivide i negozi, che esponevano piramidi
di pezze di panno sulle panche messe fuori
degli usci ; le vetrine che pareva non avessero cambiato le loro mostre da qualche
anno; la primaria libreria piena di ninnoli da bazar e di libri dalle copertine
appariscenti che pochi sfaccendati si fermavano a contemplare.
Era come se qualcuno le dicesse: —
Guarda ! guarda le cose che pure ti sono
piaciute....
Sì, anche lei si era fermata ad ammirare gli oggetti affastellati nelle vetrine.
— 144 —
Non c'era niente cambiato.
Davanti il Caffè degli Accademici, si
riunivano di già persone che conosceva:
la piccola e scelta società cittadina che
vegetava tra il primario caffè, le sale del
Circolo dei Nobili e il giardino dei M a m mola.
— Alta la testa, Franca! — mormorò
zia Fabiana —. Non mi sembri più tu!
C'è l'ingegnere Paolini che saluta. Vorrebbe avvicinarsi.
— Non ti occupare di lui, zia! Non ò
voglia di parlare con alcuno.
— C o m e credi, Franca. Volevo che diventassi più seria; ma, santo cielo!, ti
manca la giusta misura!
— Diglielo a don Agostini che la tua
Franca si vuole fare monaca....
— Non dire sciocchezze, adesso! Ci
siamo; verrò alle dodici, ma non salirò.
Addio.
— Addio.
Ecco il portoncino; sulla lucente targhetta d'ottone c'è scritto: « Cav. Uff.
Maurino ».
Ora Fanny si chiama: signora Maurino.
Povera Fanny!
Picchiò. Salì. Aspettò molto in un sa-
— 145 —
lottuccio pieno di mobilini, di statue di
falso bronzo, di vasi di scagliola, di poltrone e di poltroncine.
Un cane di gesso e una grossa tigre di
carta pesta accovacciati sul tappeto impedivano di allungare un passo più del necessario.
Rammentò il salotto di casa Ciarli.
Povera Fanny!
Dall'uscio male chiuso giungeva una
zaffata di olio fritto.
Si udì un trepestio.
Ecco Fanny, finalmente.
— Che improvvisata ! — ripeteva Fanny,
un po'distratta —. Che improvvisata!
— Ti dò noia? Volevo salutarti subito.
— Oh ! figurati ! A me no, davvero ! Ma
io non sono sempre libera. M a m m a Caterina, la chiamo così per fare differenza
con la mia m a m m a , è infreddata: alla cucina ò da badare io.
— Tu?!
— Preparavo le pappardelle che a Pio
piacciono tanto. La serva sta facendo il
battuto. E un piatto così complicato! Sei
venuta ieri, dicevi ?
— Stanotte.
MESSINA, Un fiore che non fiorì.
10
_
146
-
— Che improvvisata! Non ti aspettavo.
Franca l'osservava.
Era Fanny: eppure non le pareva più
Fanny.
Sempre magrina, ma col petto che colmava il corpetto e i fianchi più rotondi ;
gli occhi non ridevano più. Tutto il suo
aspetto era serio: non triste, niente affatto, ma serio.
Si vedeva che aveva fretta di tornare
alle sue faccende.
— Volevo dirti tante cose.... — mormorò Franca.
Si udì una scampanellata.
— È Pio! — esclamò Fanny inquieta—.
Deve essere tardi !
Franca si alzò.
— Tornerai ? — fece Fanny —-. Staremo
assieme a lungo. Verso le quattro Pio
torna in Prefettura, e io sono tutta tua !
Tornerai presto?
— Arrivederci Fanny.
— Arrivederci. Ma aspetta, tu non ài
veduto neanche Ferruccio. Vieni.
Franca la seguì in camera.
— Deve farsi il bagno. M a m m a Caterina è la mia mano destra : se sta poco
bene, come oggi, io sono peggio di un
— 147 ~
pulcino nella stoppa! Il tempo non mi
basta più.
Ferruccio aspettava chiotto chiotto nella
euila: era sfasciato e si teneva un piedino
con le due mani.
— Eccolo, il mio tesoro!... Il mio chicco
d'oro! Ride!
Fanny lo baciò.
— Non gli si darebbero pochi mesi!
Capisce tutto il mio birbo icello ! Conosce
il babbo, i nonni.... Un'i itelligenza straordinaria !
— Sei contenta? — fece Franca.
— Oh ! contenti contenti non si è mai —
rispose Fanny arrossendo.
Ma lo sfavillio degli occhi, il tono caldo
della voce smentivano la risposta.
Spiegò :
— Non che mi manchi qualche cosa!
Sarebbe peccato lagnarmi! M a m m a Caterina mi vuol bene, Pio è un angelo.... E
Ferruccio è così bello, cresce così bene!
Prima che venisse al mondo ò pianto
tanto! Mi ero messo in mente che sarebbe
nato brutto, malaticcio, difettoso! Tu non
puoi immaginare (sebbene con la fantasia si arrivi a tutto) come si senta di
vivere quando si à un figlioletto ! E un
— 148 —
figlioletto così bello, così grosso, così
cheto....
Si interruppe, mortificata di aver mostrato la sua tranquilla felicità all'amica
che pareva uscita da una malattia.
Certo, era stata malata : ma non osò domandarglielo dopo avere parlato di sé
stessa. Disse soltanto :
— Te la sei passata benino, laggiù?
— Benissimo.
— Ora ti faccio conoscere Pio.
— Un'altra voltaA Fanny.
— Ài paura di Pio ? È così buono ! Vieni !
La tratteneva, adesso, per farle un po' di
bene, per offrirle un pochino della sua
pace.
Pio era assai più alto della moglie, i
capelli tagliati male gli toccavano il colletto inamidato, e le sue pupille erano
così rotonde e aguzze che pareva volessero forare i vetri degli occhiali.
Franca osservò che faceva uno sforzo
per non stare troppo incurvato, e aveva
grandi e pallide orecchie: subito ripensò
alle paure confessate da Fanny parlando
dell'attesa del bimbo.
— Ti presento la signorina Gaudelli.
Era la mia inseparabile amica.
— 1.19 ~
Pio approvò, stringendosi fra le labbra
uno dei suoi lunghi e radi baffi.
— Ricordo. Onore e piacere — brontolò.
— Lei era la figlia del cavaliere Gaudelli?
— Sono, sono ancora — rispose Franca.
— Sci, sci! Buoniscima persciona!
Egli corrugava la fronte senza motivo,
parlando in fretta, con una difficoltà che
dava noia: la esse gli si arrotolava nella
bocca, strisciava, fischiando, quasi non
volesse uscire fuori.
Era un u o m o più brutto di tanti altri:
ma per Fanny doveva essere il più interessante personaggio del mondo, dopo
Ferruccio, tanto i suoi occhi lucevano di
tenerezza se si levavano a guardarlo.
Franca volle andarsene, infastidita.
Che cosa le dava tanto fastidio?
Forse la curiosità con cui Pio non si
saziava di esaminarla? O forse la modesta felicità che Fanny voleva nasconderle,
per compassione?
Sull'uscio si accorse che l'amica, avendo
cambiato pettinatura, si lasciava scoperta
la fronte. Forse per questo le era sembrata
cambiata.
— Rammenti — le disse —, quando ci
tagliammo i capelli ?
— i5o —
— Ragazzate — fece Fanny, voltandosi,
inquieta.
— Che fa la Celeste?
— O h ! la Celeste! Si prepara per gli
esami di licenza liceale.
— La Celeste?
— Sì, come se non avesse gli anni che
à! Vuole studiare medicina, a R o m a !
— La Celeste?
— Una maniera nuova di cercar marito,
Che ridere!
— E Silvia?
— Non me ne parlare.... Fa di tutto per
compromettersi sempre più. Te ne parlerò.
— E il Pieri?
— Non so — esclamò Fanny quasi allarmata —. Faccio una vita cosi ritirata!
Addio Franca!
Franca passeggiò un pezzetto nella piaggia, aspettando la zia.
Povera Fanny! Che delusione averla
riveduta !
Eppure ella era felice ; poi che credeva
di avere raggiunto la sua meta.
Si sentì di nuovo cattiva come lo era
diventata laggiù, quando aveva desiderato di fare del male a Maria Luisa.
1Dl
•
Si sforzò a ripigliare le abitudini abbandonate per ritrovare il ritmo della sua
vita.
N o n c'era niente e nessuno cambiato.
Incontrava gli stessi amici, negli stessi
luoghi. Ma la sua non lunga assenza era
bastata a farla diventare un po' estranea
a tutti : Mary, Nidia e Silvia furono più
delle altre fredde cortesi e ostili con la
rivale che tornava nel giardino del Tennis
e nelle sale del Circolo dei Nobili. Nel
« piccolo stato maggiore » un po'decimato,
si erano stabilite nuove amicizie fatte di
tenui segreti, di minuscoli intrighi che lei
non conosceva.
L'ingegnere Paolini tornò a frequentare
il giardino dei M a m m o l a col ritorno di
Franca.
D o p o qualche partita, le proponeva di
passeggiare un pochino.
L u n g o il viale di cipressi, egli non le
ripeteva più i complimenti e le dichiarazioni d'amore d'una volta; le raccontava
i suoi casi con pacata tristezza e riusciva
a farle pietà.
— l52 —
Così Franca non si accorgeva dell'insidia nuova.
Un giorno egli le propose di andare a
Villa Rosalia, per fare una visita alla moglie che non guariva.
Dalle aiole ben curate saliva nell'aria
un acuto aroma di fiori autunnali e di terra
fresca che faceva male; di là dai cipressi
giungevano le voci allegre di quelli che
continuavano a giocare.
— Una cosa tanto innocente, una gita
in automobile! — insisteva lui. — Esita
ancora? Non dipende da lei sola? Deve
forse domandare il permesso a casa, come
i bambini?
Certo, dipendeva da lei. Non doveva
domandare il permesso ad alcuno....
Ma non rispondeva.
Nel viale cupo e odoroso, accanto a
quell'uomo che l'aveva sempre desiderata,
si sentiva fragile e debole.
Il suo corpo era pronto a piegarsi, ad
abbandonarsi.
— Pensa alle chiacchiere dei maligni?
— esclamò lui —. Non ci sarà niente da
ridire. Abbia fiducia in me.
Continuò sotto voce, con dolcezza, sorpreso felice che la signorina Gaudelli non
— i53 —
si difendesse, come una volta, con la sua
grazia un po' ironica.
— Chi sa.... — mormorò Franca finalmente.
Chi sa?... Ma chiusa nella sua cameretta,
nella notte lunga e senza sonno, ebbe improvvisamente paura e vergogna della sua
fragilità.
Se almeno lo avesse amato!
E più ebbe paura della sua libertà di
signorina, che i rimproveri e i borbottamenti di zia Fabiana non potevano limitare.
« Non tornerò al Tennis » si disse con
le labbra, quasi ripetesse un'orazione.
« Non tornerò al Circolo. Né al caffè degli
Accademici. Per non vederlo. »
Ma questi propositi non calmavano la
sua inquietudine.
*
Passava i suoi dopopranzi in casa Maurino. Accanto a Fanny si sentiva allegra
e cattiva, divertendosi a punzecchiarla e
a rammentarle le « ragazzate » commesse.
In presenza di m a m m a Caterina (una
— 154 —
piccola e rotonda vecchietta che corrugava la fronte senza motivo, come il
figlio) non si stancava di ripassare il
tempo che erano tutte e due signorine.
— Ricordi il poeta basilisco, a Firenze,
che ti à dedicato una delle sue noiose
liriche? E quando sei caduta con Alessi,
mentre imparavi a scivolare coi pattini?
Fanny le disse:
— La madre di Pio à delle idee anticucce. Mi giudicava male e ò faticato per
guadagnarmi un posticino nel suo affetto.
Pio è geloso....
— È geloso il tuo Pio ? — fece Franca
con una risata —. E tu?
— Io ? ! — mormorò Fanny, confusa —.
Io no. Parlami di te, adesso, mentre siamo
sole sole. Del Mentesana.... È finita?
— Non è mai cominciata! — esclamò
Franca, vivamente commossa dello interessamento dell'amica —. È andata così....
Fanny tese l'orecchio e balzò in piedi :
— Il bimbo piange! Torno subito subito.
Ma quando fu ritornata, Franca parlò
d'altro.
— 155 —
•
Era felice Fanny. Veramente felice.
Volle male a lei; volle male a Ferruccio, a Pio, a m a m m a Caterina, a tutto
ciò che riempiva la tranquilla vita dell'amica.
Uscendo dal portoncino di casa Maurino, che si richiudeva in fretta, si domandava ogni volta perchè fosse venuta
e perchè avesse promesso di tornare.
La signora Fanny Maurino non le nascondeva qualche volta, con uno sbadiglio
mezzo represso, che avrebbe preferito essere sola col suo bambino e prendere il
tè nello studio del marito, anzi che restare
in compagnia dell'amica di un tempo.
Ebbene andava per questo : per turbare
l'intimità familiare che Fanny si era fabbricata e che gelosamente custodiva.
Andò anche la domenica e la sera del
terzo giovedì del mese — quando le Maurino ricevevano le loro visite —, per aiutare a ornare di fiori il salotto e ad offrire
il tè. Anche correva a dare un'occhiata a
Ferruccio che dormiva.
—
156
—
Nel vedersela attorno premurosa e gentile, Fanny tornava a volerle un po' di
bene. Esclamava:
— Cara! Si direbbe che siamo sorelle!
Certi momenti anche Franca tornava a
voler bene a Fanny, sembrandole di rubacchiare una piccola parte della pace che
si respirava nelle pulite stanzette di cattivo gusto.
Ma spesso entrando in punta di piedi
nella camera in penombra, mentre di là
il salottino si riempiva di cicaleccio, piegandosi sulla culla, un groppo di pianto
le serrava la gola.
— Riudiva la voce di Stefano che leggeva:
«
Erano sogni; sono: e nell'eterna
ombra voi resterete, e su voi scende
l'oblio del tempo.... „
Inghiottiva le lacrime, che sarebbero
state così dolci e benefiche.
Lasciando la camera, un sorriso ironico
e amaro le stirava la bocca.
Talvolta, nella saletta, incontrava Pio
che sfogava la sua antipatia per il ricevimento di ogni mese con un'aria da « u o m o
superiore » che lo immiseriva ancora più.
_
157
-
— Mia moglie perde la testa, il terzo
giovedì! Comincia all'alba coi fiori col
tè colPabito da indosciare la scera! E la
mamma....
— Vanno d'accordo, il giorno delle visite?
— Scempre! — esclamava Pio —. Non
à notato come vanno d'accordo? paiono
madre e figliola!
— Lei, invece, non va sempre d'accordo
con Fanny!
— Che dice! Tanto, tanto d'accordo!
— C o m e fratello e sorella?
— Beniscimo ! come fratello e sciorella !
Franca rideva ; la sua lunga canzonatoria risata sconcertava il cavalier Maurino.
— Mi spiego! -— replicava —, per dire
che sciamo d'accordo!
— Non spieghi! Non spieghi!
— A h ! queste scignorine moderne! —
faceva Pio ridendo anche lui. — Lei è un
bel tipo, scià !
Franca tornava in salotto, seguita dal
cavalier Maurino che avrebbe voluto trattenerla e non ardiva.
Andava a trovarlo anche nello studio,
mentre Fanny in camera accudiva il bimbo. Era di casa e non le badavano.
_ i5S ~
Cominciava a discorrere amichevolmente; ma subito cambiava tono.
Si divertiva a stuzzicarlo a provocarlo
per vederlo confondersi, osare e non osare.
Pio le si metteva vicino, fissandola coi
suoi occhi aguzzi che pareva volessero
forare i vetri degli occhiali.
— Scià che è molto divertente, lei? scià
che farò qualche corbelleria, io che sciono
stato scempre un buon figliolo?
— Niente altro che un buon figliolo,
cavaliere ?
— Anche un buon marito. Oh ! questo
sci!
Se entrava Fanny, Franca si rallegrava.
— Eri qui ? — esclamava Fanny, che si
sbiancava vedendola, nello studio.
Franca le faceva festa, la prendeva per
la vita, si mostrava così contenta della
sua presenza, che Pio la sbirciava turbato
sorpreso irritato aprendo un giornale.
•
Picchiò più volte ; si affacciò la servetta.
— La signora non c'è.
— Neanche la signora Caterina?
— 159 —
— No, signora. Sono uscite col bambino.
Risalì per la piaggia e le gambe le dolevano quasi avesse fatto miglia e miglia.
Per la seconda volta Fanny le faceva
dire di essere uscita.
Un portoncino che resta chiuso mette
di malumore.
Si affacciò: col volto tra le palme non
guardò fuori, la strada; ma contemplò le
diverse e monotone occupazioni che avrebbero dovuto ricolmare il vuoto delle sue
inutili giornate.
La posta che porta il giornale diretto
al babbo e letto da zia Fabiana; un'occhiata alla vetrina della modista ; una capatina al Circolo Artistico dove c'è Liliana
che ora s'interessa d'arte ; oppure al Tennis....
No, al Tennis non più : lì aspetta il Paolini che insiste con la sua voce dolce e
sommessa di u o m o maturo....
Oppure in casa Maurino.
Ogni mattina si proponeva : oggi non
vado da Fanny.
— 160 —
E più tardi, meccanicamente, scendeva
per la piaggia del Fiore.
Fanny la sorvegliava; non la lasciava
sola per casa. Lei non si offendeva. Vedere l'amica ingelosita, il cavalier Maurino
turbato e rabbuffato, le faceva piacere.
Talora gli sporgenti occhi dell'amica parevano implorare:
— Lasciami! perchè volermi fare del
male?
Perchè ? si domandava Franca, col volto
tra le mani.
— Io mi diverto a farla soffrire, per un
tradimento che non le farò mai.
Perchè ?
— Ma io non ero cattiva — si rispose.
— Il mio cuore era ricolmo d'amore e
di devozione. Io ti avrei adorato. Ero venuta laggiù per te. Per te. E tu non mi
ài voluta. Ero sola: sono ora più sola.
Forse comincerà per me la mala vita. La
mala vita d'una signorina per bene. Che
io cerco, nel desiderio di chi mi desidera,
il tuo desiderio. Accanto al Paolini, che
non amerò mai, sono piegata dalla tentazione di lasciarmi stringere dalle sue braccia; perchè penso a te, alle carezze che
tu mi ài negate. Sono diventata cattiva.
— 161 —
Mi diverto a turbare un u o m o ridicolo e
meschino come il marito di Fanny, perchè
penso a te : al turbamento che tu avresti
provato se tu mi avessi voluta. Divento
sempre più cattiva. Mi pare di essere affamata. Forse la mia fame si cheterà facendo male a qualche povera creatura che
si è fatto un cantuccio riparato nella vita....
Sentì scorrere una lacrima, grossa e tiepida, fra le dita.
No, lei non voleva essere cattiva: non
voleva che qualcuno continuasse a desiderarla come il cavalier Maurino e l'ingegnere Paolini, e le amiche fossero gelose di lei come Fanny o come Nidia o
Mary....
— Pure qui, in mezzo alla solita gente
che crede di conoscermi, io non posso essere io — si disse.
Pensò con ribrezzo a un monastero:
vide delle cellette nude, una grata nera;
sentì, acutamente, la sua gran voglia di
sole di libertà.
Zia Fabiana chiamava, entrando.
— Piangi! — esclamò.
— Niente affatto, zia.
— Ah ! Franca ! Franca ! — mormorò zia
MESSINA, Un fiore che non fiorì.
11
— l62 —
Fabiana —. Tu non vuoi proprio avere
confidenza in m e ! Tu mi nascondi qualche brutta cosa!
— Zia — disse Franca, e guardando dinanzi a sé le sembrava di scorgere una
chiarezza verde e azzurra —, non ài tu un
podere che io non conosco? Tutto mandorli e olivi?...
— Dio buonino ! — gridò zia Fabiana —.
Vorresti andare a Pineto!
— Non ti arrabbiare, zia — fece Franca
dolcemente —. Sono tanto piccola, e pure
non c'è un posto per m e , nel mondo che
è tanto grande.
— Franca! — esclamò zia Fabiana allarmata, guardando in faccia la nipote —,
che ài?
— Non so. Pure soffro, zia, come se un
diavoletto fosse penetrato nel mio cervello. Vorrei andarmene in qualche luogo
che non conosco. C o m e nelle fiabe, che
uno cammina cammina....
— Andremo dove tu vorrai — fece zia
Fabiana uscendo in fretta —. Intanto faccio chiamare il dottor Balsamini.
— 163 —
•
Il vecchio medico di famiglia le toccò
il polso, le guardò le gengive. Restò un
momento perplesso.
— Un principio d'anemia — annunciò
finalmente —. Aria buona, cibi sani, riposo....
Zia Fabiana disse:
— Vorrebbe andare a Pineto.
— Ecco — rispose il dottor Balsamini,
soddisfatto come chi à trovato quanto
cercava —. Un po' di campagna !
— Siamo in autunno, oramai.... — osservò Fabiana —. Ma in primavera....
— Deve essere bello, il tuo podere —
fece Franca lentamente —. Tutto mandorli
e olivi....
Il dottore guardò Franca, smagrita, disfatta, con gli occhi lucidi pur senza avere
un decimo di febbre, e crollò il capo. Sentenziò :
— La campagna ti gioverà.
Aggiunse per confortare la signorina
Fabiana : — Basterà qualche mese. Vedrà
che miracoli!
— 164 —
Fabiana andava su e giù per il salotto
portandosi le mani fino ai capelli, balbettando :
— Di questi tempi! che dirà la gente!
Quanto più considerava la innovazione
ordinata dall'infallibile dottor Balsamini,
tanto più si sentiva infelice.
— A h ! Camillo, Camillo! — ripeteva
fra sé e sé, non riuscendo a perdonare
al fratello di averle lasciato spensieratamente la figliola sulle braccia.
Finalmente si calmò, si rassettò, e andò
in camera della nipote.
— Porteremo almeno un paio di casse,
lassù. Quanta fatica per un mese ! — sfogò
timidamente —. Da tanto che manco da
Pineto! Credi che sia bello?
Franca fu per rispondere : — restiamo.
E inutile che andiamo lontano.
Ma subito, con la rapidità dello svolgersi di una pellicola sul telaio di un cinematografo, rivide le strade della città;
le sale ben note ; Mary e Nidia diventate
—
i65 —
pungenti; Fanny estranea e ingelosita; i
salotti delle amiche di zia Fabiana dove si
incontravano le stesse facce, si ripetevano
le stesse chiacchiere; si accettavano le
stesse paste comprate da tutti nella primaria pasticceria: sulle rapide visioni si
allungò la figura del Paolini che aspettava ; e di nuovo sentì la paura e la vergogna della sua fragilità.
Zia Fabiana esclamò :
— Non sei contenta neppure di andare
in campagna come volevi tu?
— Sì, zia, sono contentissima.
— Non serve davvero che mi sacrifichi !
— borbottò la vecchia signorina —. Non
serve ! Ti vedrò sempre così !
Tacque. Ripigliò con voce bassa e incerta: — Volevo pregarti.... prima di partire.... Ti farebbe gran bene discorrere con
don Agostini.
— O h ! zia! Non mi fare spaventare!
— Non si tratterebbe di confessarti....
Se lo sentissi discorrere!
— Non andrò lassù per morire ! — esclamò Franca sorridendo, con un piccolo brivido.
— Al ritorno. Te lo prometto ! — aggiunse per non addolorare troppo la zia
— 166 —
col suo rifiuto. — Al ritorno mi farai fare
amicizia con don Agostini. N o n ti ò detto
che mi farò m o n a c a ?
V.
Zia Fabiana brontolò un pezzetto; ma
siccome la nipote non apriva bocca finì
col rannicchiarsi nel suo posticino, zitta
zitta.
Lo stradale diritto e largo era ogni tanto
serrato da povere case di qua e di là, per
continuare, tutto bianco, in mezzo a grandi
distese di orti e di campi.
Annottava rapidamente. Franca salutò la
luna rossa che mostrava la sua faccia
burlona fra due gracili pini.
— Mi porterà fortuna! — esclamò.
Qualcuno si affacciò sull'uscio, chiamato
dal rotolìo del legno; una ghirlanda di
bambine che facevano il giro tondo si
sciolse impaurita dal cavallo.
Villa Fabiana comparì finalmente, in
fondo a una processione di alti cipressi
che apriva la via fino al portoncino.
I contadini vennero incontro alla pa-
— 167 —
drona, che non rivedevano da anni ; non
conoscevano Franca, ma le fecero ugualmente festa. Salirono una rozza scala di
pietra, entrarono in piccole stanze dal
basso soffitto di travicelli.
— C o m e vedi — fece zia Fabiana —,
non è una gran villa!
— Non importa — esclamò Franca.
— Abbiamo tenute le finestre spalancate fin ora — spiegò una ragazza con entusiasmo, quasi volesse dare una buona
notizia.
— Si sente per Paria netta — rispose
Franca.
E tutti si guardarono sodisfatti.
•
Il silenzio della notte in campagna non
somigliava affatto al silenzio che l'aveva
tante volte oppressa nella smorta città di
provincia, o nel paese di Stefano: così
profondo e calmo dava la sensazione che
il sonno, calato su tutto e su tutti, le accarezzasse le palpebre ardenti per farla
dormire.
All'alba corse fuori, sull'erba molle di
~
468
—
rugiada; bevve il latte che nonno Paolo
mungeva nei grandi secchi lucenti ; si
fece conoscere dai mastini ; offrì la verdura ai miti conigli. Tornò a casa carica
di rami d'edera e di ginepro : nel bosco e
sulle prode crescevano liberamente molti
rosai e varie piante che in primavera sarebbero fioriti.
Disse:
— Bello sarebbe, zia, potere rimanere
qui!
Zia Fabiana crollò il capo:
— Ti annoierai prestissimo ! — rispose.
— Forse ài ragione — esclamò Franca —.
Ma credo che sarei stata felice se fossi
nata qui come Maria e i suoi sette figliuoli.
La casa rustica, sfornita di tutto quel
che poteva servire a due signore vissute
in città, le piaceva perchè il sole entrava
a fasci di luce dalle minuscole finestre.
Era domenica ; e accompagnò la zia nella
chiesa, lontana un buon miglio dal podere. Le piacque anche la chiesa: pulita
e ariosa, affollata di contadini venuti dai
poggi lontani, dai casolari sparsi nelle
vallate, con abiti da festa e scarpone impolverate. Ascoltò commossa la prima messa ; quando il prete si voltò a benedire la
— 169 —
gente inginocchiata, sentì che Dio era
presente e benediceva il suo povero cuore
inquieto.
•
Gli amici dei contadini di villa Fabiana
si fermavano, passando per la viottola che
serpeggiava dietro la casa colonica.
— C'è la padrona? — domandavano,
incuriositi.
— E venuta con una sua parente — rispondeva Maria.
— Di questi tempi?
— La signorina deve esser malata —
spiegava nonna Lisa —. Avrà avuto bisogno di cambiare aria.
— E magra e bianca che pare fatta di
cera — aggiungeva Maria.
— Cerca sempre fiori, nel bosco — informava Nello.
— Chi cerca fiori, cerca dolori — sentenziava nonna Lisa.
Chi tornava alle sue faccende, salutandosi, chi ripigliava il cammino interrotto.
-— 170 —
•
Tornava a casa con le scarpette bianche
di polvere e col suo vivace carico di
tralci verdi e di bacche scarlatte.
Si stancava subito. Se era lontana da
villa Fabiana, si riposava guardando le
donne che maciullavano la canape o sdraiandosi in un rossiccio nebuloso campo
di sparagi.
Tutto le sembrava ancora nuovo e piacevole.
All'improvviso il tempo si cambiò. Zia
Fabiana disse:
— È meglio andarcene, prima che la
campagna diventi troppo uggiosa.
La vecchia signorina era convinta che
fosse perfettamente inutile continuare a
sacrificarsi per obbedire al dottor Balsamini: sua nipote diventava sempre più
pallida e portava un po' d'affanno dalle
brevi corse fino al bosco.
Ma Franca non volle lasciare Pineto.
— Lascia che mi sazi di veder piovere
— pregò —. Piove in altro modo, sui campi; non si vede il fango.
— 171 —
Volentieri ella sarebbe uscita fuori perchè la prima pioggia la ristorasse, bagnandola, così c o m e ristorava la terra tutta,
inaridita.
Ma era sempre stanca: le sue g a m b e
diventavano pesanti.
Guardando piovere, con la fronte sui
vetri della finestra, sentiva scorrere i fili
d'acqua tra i capelli : tanto era vivo il suo
desiderio di ristorarsi, c o m e la terra.
•
Pioveva sempre. Si occupò ad aggiustare
i mobili della casetta a suo gusto, colPaiuto di Giannina.
Spolverò e mise in ordine i libri a m m u c chiati in una piccola stanza. Sfogliando
qua e là i libri abbandonati si mortificò
accorgendosi di essere molto ignorante;
ed ebbe curiosità d'imparare.
Cercò un calamaio ; pregò Anselmo che
le comprasse della carta da scrivere, in
paese.
Subito rammentò le osservazioni di Fanny, informando di Celeste.
Povera Celeste! Forse aveva ricomin-
_
172
—
ciato a studiare per quello stesso impeto
di volere «fare qualche cosa».
Chiuse l'uscio a chiave, perchè neanche
la zia la vedesse.
Tornava il tempo dei compiti fatti in
cucina, davanti la finestra spalancata sul
verde.
Aprì un volume di storia e lesse : « Ferrara».... Pensò al Tasso, al suo infelice
amore. Le righe della pagina si confusero.
U n a data: le venne dinanzi la figura di
Parisina, e il n o m e del Poeta che l'aveva
animata. U n a secca notizia in fondo alla
pagina: ripetè a fior di labbra un verso
d'amore.
La sua mente si rifiutava, ora mai, alla
disciplina dello studio: ignorante e pure
saputa, davanti il libro di storia.
C o m e davanti la vita: disillusa senza
aver vissuto.
•
Non importa, il non aver vissuto né
bene né male, quando ci si illude di riempire le nostre giornate.
Se si fosse fabbricato l'avvenire c o m e
~~ i73 -
Luisa, o come la piccola maestra della
scuola rurale che passava in bicicletta,
sera e mattina, sullo stradale fangoso....
Ma bisognava cacciare le malinconie.
Raccogliere le forze che ognuno di noi à
dentro di sé stesso.
Non piegarsi.
Vincere.
Vincere che cosa?
•
Udiva la voce del Paolini, di là, e le
esclamazioni di piacere di zia Fabiana.
— Venga ! Venga ! Glielo dica lei a quella
benedetta ragazza!
C'era un po' di sole, fuori, sulla terra
ammollita. Doveva fuggire. Nascondersi.
Ma essi entravano.
— Franca! Franca! — esclamava zia
Fabiana —. Guarda chi c'è!
Le gambe le tremarono così forte che
temette di cadere. Salutò, cortese e fredda.
— Andavo con la mia Fiat — spiegava
l'ingegnere —. Mi sono detto: sono a
174 pochi chilometri da Pineto! Andiamo a
salutare le signore Gaudelli!
— Glielo dica lei! — ripeteva zia Fabiana.
— Che dirle! — fece il Paolini —. Al
Circolo non si fa più niente. Uno squallore! La Ciarli maritata; la Santi a Firenze; la signorina Mori a Roma....
— La signorina Gaudelli in campagna
— interruppe Franca cercando di sorridere —. È lo stesso.
Zia Fabiana si alzò per preparare qualche cosa da offrire. Franca avrebbe gridato: — Non lasciarmi!
Si rannicchiò, piccola piccola sul divano,
come una bimba che aspetta di essere
battuta.
Il Paolini mormorò:
— Sa che non la riconoscevo? E un
volersi uccidere il suo! Ma perchè?
La sua voce era dolce e sommessa.
Franca socchiuse gli occhi, per afferrare
nelle sue parole le parole che Stefano
non le aveva detto.
— .... mi dica di tornare — pregava il
Paolini —. Le riaccompagnerò tutte e due.
Va bene? Tutte e due. Posso tornare?
— Torni — rispose Franca turbata.
-
i75-
— Nella mia Fiat c'è tanto posto per
lei ! La porterò via, un bel giorno, lontano
lontano, e mi sembrerà di sognare! Ò
aspettato tanto! Ma no! — esclamò con
uno slancio di pietà, guardandola —.
Scherzavo! Verrà sempre con lei la sua
autorevole zia!
— Quando tornerà?
— Mi permetta di tornare all'improvviso; perchè mi illuda che vengo a rapirla !
•
La nebbia livida e pesante calava di
giorno sui campi mezzo spogli. Gli alberi
si sarebbero caricati di foglie nuove ; i
campi avrebbero verdeggiato ; tutto aspettava il ritorno del sole.
A sbalzi, Franca aveva la sensazione di
dovere aspettare anche lei : ma subito chinava la fronte, oppressa.
Il suo avvenire era limitato e senza colore come l'orizzonte che la nebbia avvicinava sempre di più.
Con un tremito, che saliva dalle caicagne alla nuca, ricordava la promessa
fatta al Paolini.
— 176 —
Egli sarebbe venuto con la sua rombante macchina a liberarla dal torpore in
cui era caduta.
Pentita, spaurita, le pareva di essere
stata raggiunta, afferrata dalla mano di
qualcuno che l'avesse inseguita.
•
Zia Fabiana borbottava:
— Oggi si fa una bella funzione a San
Francesco! E i salotti sono già riaperti.
Chi sa che diranno di noi ! Siamo ancora
a tempo per dimostrare che siamo andate
in villeggiatura. Ma se si continua a stare
quassù, con questo tempo!
Cambiava tono di voce e pregava umilmente :
— Franchina, tesoro, se andassimo via
domani, col treno? Non aspettiamo quel
benedetto Paolini. Vedrai che si è scordato di noi ! Non verrà, te l'assicuro io !
C'era un solo lume a petrolio, nella
casa; e la sera, se non voleva stare allo
scuro, Franca era costretta a sedere a
fianco della zia che parlava senza stancarsi dei disagi di Pineto e dell'urgenza
di tornare in città.
— 177 —
La sera del sabato, tornando dalla fiera,
Anselmo portava la posta.
Franca scorreva in fretta le lettere del
babbo, con una impazienza che le lasciava
la bocca amara; cercava, nelle ordinate
righe in calligrafia, un n o m e che sapeva
di non dover trovare.
Zia Fabiana, che scriveva a tutte le sue
amiche e riceveva un fascio di lettere e
di cartoline, leggeva, tornava a leggere
ridendo da sola, corrugando la fronte.
— Senti! Senti! — ripeteva entusiasmata. Franca fingeva di contare le maglie
d'uno scialletto da regalare a nonna Lisa
per non badarle.
La vecchia signorina, che aveva bisogno
di commuoversi e di sdegnarsi dietro una
fila di pettegolezzi così come si à bisogno
del pane, si affliggeva di non poter commentare assieme a qualcuno i fatterelli
che veniva a conoscere.
— Senti! Senti! — esclamò un sabato
sera voltando il foglio d'una lunga e fitta
letterina —. A h ! quella povera Liliana!
— .... quindici.... sedici.... — contò Franca —. Che le succede?
— A h ! Uno scandalo! Già, lo aveva
scritto in faccia che dovesse finire così !
MESSINA, Un fiore che non fiorì.
12
_
17 8
—
— Ebbene? — ripetè Franca.
— È a Milano, con un tenentino, un
certo Scalvati.... Più si campa e più brutte
se ne vedono !
— Perchè, zia?
— C o m e perchè? Me lo domandi! I
suoi dicono che è in casa di parenti, ma
non ci crede nessuno.
— À moglie, lo Scalvati?
— No. Ma non la sposerà. Lo dicono
tutti che non la sposerà ! E un cattivo soggetto, lui.
— Se si volevano bene.... — fece Franca
lentamente, quasi parlasse in sonno —
....È stata fortunata, Liliana!
— Se ti sentisse qualcuno !
— Lascia che parli a cuore aperto —
esclamò Franca posando il lavoro —. Liliana.... non fa male agli altri. Ne fa solo
a sé stessa. Ma anche a sé stessa non fa
un male troppo grande. A il coraggio di
godersi la sua ora di felicità. Ecco tutto.
— Franchina ! Tu sragioni !
— Liliana.... La sparlavano tutti. Anche tu.
— Si è veduto che....
— .... la sparlavano, mentre ella era degna del rispetto e della stima di ognuno.
_
t79
—
— Liliana?
— Sì, Liliana. Una ragazza onesta. Ma
non l'avrebbe creduto nessuno. Le tue amiche si limitavano a considerare certe maniere che Liliana imparava per essere,
come si dice? Già, si dice: «all'altezza
dei tempi ». Le sue sorelle....
— Poverine !
— Lo dici tu stessa : poverine ! Non
possono fare altro che compassione.
— Ma vedi, Franca — mormorò zia Fabiana —, è così bello sentirsi la coscienza
tranquilla, non avere rimorsi....
— Rimorsi? Perchè Liliana dovrebbe
averne ? Il rimorso nasce dal male che si
fa agli altri. Liliana è libera : non tradisce un marito, dei figli. Non tradisce neanche un'amica. Perchè sacrificarsi se lo
amava, e se lui l'amava? Rimorsi.... Perchè ? La sua gioia non è tutta fatta di
peccato.
— La m a m m a , le sorelle, così per bene....
— È bella, Liliana — m o r m o r ò Franca—.
À dieci anni meno di me. È così fine. Non
sarà sempre così bella e così fine.
— Ma, tesoro mio, un buon matrimonio....
— L'amore benedetto da Dio? Appro-
— 180 —
vato dal Sindaco, dal prete e dalla gente ?
E se non si può?
— Franca—balbettò Fabiana,turbata—.
Io non ò mai pensato a queste brutte
cose!
Aveva l'impressione che la sua nipotina
fosse sull'orlo di un precipizio e non avesse
la forza di trattenerla.
— Che cosa assurda la vita di una « signorina di casa » — ripigliò Franca —.
Tu ed io siamo delle « signorine di casa».
Sì, Liliana à avuto del coraggio. Quando
avesse soffocato la sua giovinezza col peso
della rinuncia quale premio le avrebbe
dato la buona società che oggi si scandalizza ? Nessuno avrebbe creduto. Nessuno
si sarebbe liberato dal suo dubbio.
La voce le si arrochì. Mormorò, pensando a Stefano :
— C o m e fare credere?
Levando lo sguardo vide zia Fabiana
così sconvolta e spaventata che ne ebbe
pietà.
— Zia — fece dolcemente —, Non pensare anche tu male di me perchè ti ò parlato con confidenza. Il giorno che non fossi
più quella che don Agostini chiama una
ragazza onesta, io morirei di dolore. Per-
— 181 —
che? Non lo so. Eppure ò indulgenza per
Liliana. E anche per Silvia.
Zia Fabiana, riconfortata, le afferrò le
mani, piena di riconoscenza.
Franca guardava dinanzi a sé, trasognata. Continuò pensando al Paolini che
doveva tornare:
— Ma se l'avversione al peccato è così
forte, non è merito mio, o m a m m a , che
mi senti....
— C o m e sono contenta di te ! — la interruppe zia Fabiana —. Quanto abbiamo
chiacchierato ! Il petrolio è finito nel
lume !
Franca tacque, smarrita, dolente. Quando si sfoga e non si è abituati a parlare di
sé stessi, si resta col cervello vuoto e la
bocca amara.
•
— La campagna non ti giova ! — ripeteva zia Fabiana —. Non ti ostinare a non
voler partire!
Per non sentire le stesse cose, dalla
mattina alla sera, Franca andava da nonna
Lisa col lavoro.
Pioveva a dirotto. Le donne con la calza
— 182 —
e la rocca, si riunivano attorno al focolare acceso, dopo aver governato le bestie
nella stalla e sbrigate altre faccende.
Anche gli uomini, siccome non si poteva lavorare nei campi, sedevano con le
donne, fumando, sorseggiando un bicchiere di vino e sputando a terra.
Franca era quasi offesa da molte piccole
volgarità e dalle violenti bestemmie che
il piccolo Santino imparava a ripetere
con grande allegria degli uomini e delle
donne.
Tuttavia restava presso il focolare acceso: era sola; ma quella solitudine non
le faceva male, perchè non doveva nascondere i suoi accasciamenti e i suoi lunghi
silenzi a gente che non poteva fare parte
della sua vita.
Anche le piaceva restare, per aspettare
i bambini che tornavano bagnati e intirizziti dalla scuola, coi piedini che sapevano
chilometri e chilometri.
Guardava i quadernucci, i libri sciupati
e sporchi, interessandosi dei loro compiti
e delle loro lezioni.
Nonna Lisa disse:
— La signorina farebbe più della maestra.
_ t83 —
Maria replicò:
— Almeno non perderebbero tanto tempo quando smette di piovere e c'è da aiu»
tare nei campi!
Franca esclamò:
— Volete che insegni io, ai bambini?
Nonno Paolo la guardò eoo diffidenza
e Anselmo riempì la pipa senza parlare.
Nonna Lisa rispose, per educazione :
— C o m e vuole la padroncina.
— La signorina è tanto istruita! — informò Giannina —, Sapeste quanti libri
legge !
— Il libro è una cosa — fece nonno
Paolo —. Ma per insegnare ai bambini ci
vuole amore.
•
E come Franca lasciò la compagnia, Anselmo ripigliò :
— Non solo amore, ma anche la buona
salute.
— E la nipote della padrona — fece
nonna Lisa —, e io non le direi di no.
— Ebbene — esclamò Anselmo —, non
le si dica né di no né di sì. Andranno a
scuola, al solito, e il dopopranzo andranno
~ 184 —
a fare i compiti con lei. La loro maestra
li insegna bene.
Così, per non dire di no, i figli di Anselmo andarono a fare i compiti nella
grande cucina di villa Fabiana.
Franca si divertiva a fare scuola ai bambini. Le pareva di essere la piccola maestra che passava sera e mattina in bicicletta.
Ma se udiva lontano, smorzato, il rombo
di un'automobile nello stradale, si portava le mani alle orecchie per non sentire e un pungente formicolio le saliva
nelle gambe.
Perchè gli aveva detto di tornare?
I bimbi aspettavano pazienti.
— Signorina — spiegava finalmente qualcuno —, non abbia paura. Non era un
tuono.
•
— Ti annoierai della tua scuola! —
esclamava zia Fabiana.
Franca rideva.
— Non posso credere che tu voglia restare qui!
- 185 —
— Oh ! certamente no — la rassicurava
Franca.
— E come se ti fossi fatta monaca!
Si era fatta monaca, perchè no?
In un monastero senza chiostri e senza
porte e senza regole: tutto arioso, con
una chiesa immensa che à l'erba per pavimento, il cielo per cupola e i cipressi
per colonne....
•
Ma si stancava. I bimbi che venivano,
le manine cariche di doni e di fiori, facevano troppo rumore : gran brusio di
voci, e trepestio troppo grande di zoccoletti.
— Cheti, bambini, cheti!
Restava attonita, smemorata.
Quanti bambini ! Tanti, lontani, non
suoi, che non può amarli tutti così come
ne avrebbe amato uno solo.
Uno che si tiene il piedino, e ride chiotto
chiotto nella culla.
— !86 —
— Cheti, bambini. Oggi non studieremo nulla. Andiamo a cercare le lumachine e gli sparagi nel bosco.
Andava adagio adagio.
Non sarebbe brutto vivere così, senza
aver bisogno di nulla: neanche delle lettere del babbo che vengono da R o m a ,
neanche delle vostre cartoline, Celeste,
Nidia, Mary, che vengono con un punto
interrogativo.
Anselmo non può portare ciò che Franca
sa di non dovere aspettare.
Gli à scritto una lettera lunga : una lettera d'amore, che rimarrà senza risposta :
come quando chiamava Maria Luisa attraverso l'uscio chiuso.
Egli è forte e prudente; e Franca non
è che una povera ragazza innamorata.
Forse la sua ardente lettera è andata
nelle mani di donna Lucia; o sotto gli
occhi di Antonio....
Si appoggiò al tronco di un alto cipresso; aveva l'impressione di dover cadere.
-
i8 7
-
Una donna che raccattava frasche, cantava:
— Chi è matto e non matteggia,
perde la gioventù....
I bimbi le stavano intorno da un pezzo.
Certo la signorina non rammentava più
la strada. Santino, il più piccolo, si fece
coraggio e tirò una cocca del suo grembiule. Nello disse:
— Al bosco si va di qua, signorina.
— Sì, cari, andiamo. Mi riposavo un
poco. Ma ora sono più forte di voi. Andate avanti.
I bimbi corsero con uno svolio scuro
di grembialini.
Si era dovuta slogare un piede : il malleolo cedeva come fosse molle.
Afferrò un palo, cercò di tornare a casa,
appoggiandosi ; ma lo sforzo di muovere
i suoi passi le faceva sudare la fronte.
Anche le gambe erano deboli, quasi che
le vene si fossero vuotate del sangue: e
non reggevano il suo gracile corpo che
diventava massiccio, pesante.
I bimbi correvano verso il bosco, senza
voltarsi.
- 188
Il dottore Balsamini, venuto col cavalier
Gaudelli, le toccò il polso, esaminò le gengive, le palpebre. Tornò a domandare:
— Le gambe soltanto?
— Sì, dottore.
— Provati a camminare.
Franca camminò un poco.
— Faccio troppa fatica. E poi vede, se
voglio alzare i piedi da terra, per salire
le scale, non posso.
Il vecchio dottore Balsamini si accarezzava la barba perplesso.
— Fenomeni nervosi — disse finalmente —. Guarirai da sola. Non ti stancare.
— Si è tanto stancata a fare scuola ! —
esclamò zia Fabiana.
— Ecco — approvò il dottore Balsamini —. E poi quassù è troppo malinconico. Tutto deve contrariare le tue abitudini.
— No, dottore. Io ò sempre amato la
campagna.
— Non può essere. Una signorina come
-
189
-
te! E via! Dunque: riposo, aria buona,
mangiare quel che ti piace. E appena
puoi, torna a casa, piccina, senza fare capricci.
•
Partito il dottore, il cavaliere Gaudelli
non volle restare a Pineto.
— Torno a Roma. O lasciato tutto in
aria. Appena Franca si rimette, tornate
a casa.
Egli era stucco di levarsi all'alba, coricarsi al tramonto, bere uova fresche, e
contemplare il panorama.
— Ti condurrò a Roma, bambolona.
E zia e nipote rimasero di nuovo sole.
•
Ma Franca non si rimetteva.
Poi che non usciva, non mangiava più
quasi nulla.
I bimbi venivano per portarle i fiori
che le piacevano e che lei non poteva
cogliere con le sue mani.
— 190 —
Rami d'edera, di ginepro, di rosmarino....
Franca ringraziava, ma non si rallegrava; pregava la zia:
— Butta via tutto.
Voleva guarire, camminare, correre.
Non c'era cosa più bella al mondo che
quella di camminare sulle gambe che ti
tengono eretta.
— Zia, vorrei tornare. Ricordi chfe ti
dicevo : « non voglio morire quassù » ?
•
Franca guardava dal suo posto, oltre
la finestra spalancata, i campi che splendevano nel sole.
Zia Fabiana pregava in camera, per lei
che non voleva guarire.
Ora non pensava più alle occupazioni
lasciate, alle amiche, alle comodità della
casa. Solo Franca occupava tutto il suo
pensiero.
Il dottore Balsamini stava per giungere.
Il fratello le aveva scritto che sarebbe
venuto appena avesse potuto lasciare i
suoi affari.
— 191 —
— Dottore — disse Franca —, ora non
posso neanche lavorare. La mano si rifiuta, come se fosse senza muscoli.
— Non è nulla — fece il dottore allarmato —. Ti trovo meglio.
— Non mangia niente. Non si nutrisce
— si lamentò zia Fabiana.
— Questo è il vero male! — rimproverò il dottore —. Devi sforzarti a mangiare. Perchè vedi, tu sei troppo magra,
e quando avrai consumato questo po' di
carne, sarà più difficile ancora il guarirti !
Sull'uscio cominciò a pulirsi gli occhiali;
disse :
— Non mi mandi più a chiamare. N o n
posso fare nulla io. Qui ci vuole uno specialista di malattie nervose.
— Ma come fare mettere Franca in
viaggio ?
— Che suo padre mandi lo specialista,
quassù. Perchè la Franca potrebbe muoversi.
— 192 —
— Davvero ? !
— Sì, bisognerebbe però che qualcuno
avesse tanto potere da suggestionarla. Dire
a Franca le parole che fecero svegliare
Lazzaro dal sonno eterno : « Alzati e cammina ! » Ma io non ò questo potere sulla
malata. E forse neache lei, signorina Fabiana.
— Oh ! credo di no. Credo di no ! —
mormorò zia Fabiana costernata —. Ma
come far venire uno specialista quassù?
Il dottore Balsamini crollò il capo:
— Con molti quattrini — borbottò —.
Spargere sulla strada da Firenze o da Roma una bella fiorita di quattrini!
Il cavaliere Gaudelli scrisse:
— « Verrò subito e troveremo la maniera di mettere Franca in viaggio. Ma
non ò i mezzi (tanto più che sono a metà
stipendio), di mandare uno specialista in
campagna, così lontano! Farò per mia
figlia, come sempre, quanto sarà umanamente possibile di fare. » —
—
i93 —
E alla zia e alla nipote parve di essere
due creature abbandonate in un cantuccio
scuro del mondo.
La zia pregava e si lagnava:
— Franca, tesoro, provati ad alzarti. Il
dottore dice che potresti farlo, se volessi.
E mangia un pochino di più ! Dimmi che
cosa appetisci, e manderò Anselmo in
paese per te. Provati, Franca. Vuoi che
restiamo qui tutta la vita ? Dio ! Dio ! Perchè siamo venute quassù!
— Zia — ripeteva Franca, osservandosi
la gracile mano che pesava tanto a sollevarla un poco. — Lasciami in pace.
E allora rimpiangeva il focolare di nonna
Lisa dove si era tante volte rifugiata quando credeva di essere irrimediabilmente infelice.
No, non era del tutto infelice quando
poteva camminare, e perdersi nel bosco,
e prendere i doni che i bimbi continuavano a portarle sempre più timidamente.
M E S S I N A , Un fiore che non fiorì.
13
—
194
—
•
— Franca! Franca! — esclamò zia Fabiana rossa di gioia —, ora potremo andarcene! L'ingegnere Paolini si è ricordato di noi!
Il cuore di Franca parve spezzarsi. Rispose :
— Non voglio che entri qui.
— Certo. Prima debbo aggiustarti un
poco! Sei tutta spettinata.
— Non voglio. Mandalo via — ripetè
con voce arrochita.
— Franca, tesoro! — pregò zia Fabiana —. Un'occasione così bella ! Io non
lo aspettavo più!
Oh ! Franca sapeva che sarebbe venuto,
con la sua automobile. Per lei.
Ma lei non voleva fare pietà a quell'uomo
che l'aveva desiderata, quando era bella
ed agile.
Non avrebbe voluto Tare pietà neanche
a Stefano.
Forse non amava più neanche Stefano.
Se egli fosse venuto, l'avrebbe respinto.
— 195 —
Egli era un uomo come un altro: più
prudente e più egoista di un altro. Non
lo amava più.
Era innamorata dell'amore che à mille
e mille volti, che non si possono guardare,
e ricolma ogni atomo, ogni raggio di sole,
ogni voce della terra.
C o m e stanco e pesante il suo gracile
corpo !
•
Si lasciò pettinare, aggiustare. Domandò :
— Gli ài detto che sono malata?
Zia Fabiana rispose di sì.
— Fallo entrare — disse allora Franca —.
A lo stesso, pietà di me ; anche senza vedermi.
Zia Fabiana si allontanò, in punta di
piedi. Sperava che l'ingegnere Paolini
avesse potuto dire lui a Franca: «Alzati
e cammina! ».
Egli entrò. Alto e grande, sull'uscio in
ombra, somigliava a Stefano.
Le si sedette vicino, le prese le mani
dolcemente. Le disse:
— .... Vi sembrerà di avere sognato un
brutto sogno. Ma lasciate questi luoghi.
— 196 —
monotoni e tristi. Voi tornerete a essere
la Franca che tutti aspettiamo.
Tutti. Sorrise.
— Franca è finita — rispose —. Non
vi accorgete che Franca à cominciato ad
andarsene? Ella à camminato, à camminato e ora è stanca senza essere arrivata.
— Arriverete, Franca. Riprenderemo
assieme il cammino.
Franca sorrise per non piangere. Pensò :
« Volevo bene a lui solo. Non sapevo
di volergli tanto bene ».
Guardava dinanzi a sé, con occhi ingranditi, velati di lacrime.
L'altro mormorava, con sincerità:
— Sono qui per farvi del bene. Se voi
volete seppellirò il mio amore. Non chiederò altro che proteggervi. Andremo a
Firenze. Guarirete.
Le parlava adagio, come si parla a un
bambino malato.
— Provatevi — continuava —. Eravate
così sicura di voi! Provatevi!
— Datemi un foglio di carta — pregò
Franca.
Cercò di stringere la matita fra le dita
inerti. Si sforzò a scrivere:
~ 197 —
« Ste.... »
Il foglio scivolò sulle ginocchia e la matita cadde.
Il Paolini la raccattò, premurosamente.
— E inutile — rispose Franca —. Tutto
è inutile oramai. Se ne vada. Dica quel
che vuole, ma se ne vada.
Voltò la faccia verso la finestra, aspettando di udire il passo del Paolini che
si allontanava.
FINE.