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THE UNIVERSITY OF CHICAGO LIBEARY UN FIORE CHE NON FIORÌ. DELLA MEDESIMA AUTRICE: Le briciole del destino, novelle. . . L. 5 — Alla deriva^ romanzo 5 — La casa nel vicolo, romanzo . . . . 7 — Il guinzaglio} novelle .5 — Il giardino dei Grigoli, racconto per fanciulli. In-4, con 25 illustrazioni di L. B O M P A R D , legato alla bodoniana . . , 1 6 — MARIA MESSINA Un fiore che non fiorì RO M ANZO MILANO FRATELLI T R E V E S , EDITORI H59r P R O P R I E T À LETTERARIA. I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e VOlanda. Si riterrà contraffatto qualunque esemplare di quest'opera che non porti il timbro a secco della Società Italiana degli Autori. Milano, Tip. Treves. UN FIORE CHE NON FIORÌ I. Stefano era molto seccato. Giunto il sabato sera veniva a sapere che, per nuova disposizione dell'orario, in collegio si riceveva soltanto il giovedì. Gli restavano davanti quattro giornate da buttar via, lasciando a casa cento affari in pendente. Quasi urgente (per la sciagura dei loro figli, rimasti tutti e due sotto la frana), la necessità di assegnare una piccola mesata, una specie di vitalizio, ai vecchi Lobarba per impedire che volessero ricorrere alla legge. — Verranno proprio venerdì ! — si rammentò. — E a riceverli ci sarà papà che non intende come siano cambiati i tempi ! E poi il fatto dei bovi rubati ; i manderini da spedire; il viaggio a Palermo, fissato per la fine del mese!... M E S S I N A , Un flore che non fiorì. ì 2 — '— II tempo non basta! — osservò rapidamente. — C'è Antonio.... — pensò. E un'ombra di gelosia gli passò sulla fronte. Ma subito si rasserenò, quasi inorgoglito. Nessuno veniva a una conclusione senza sentire il parere di Stefano, il quale aveva la laurea di avvocato e, quel che più importa, considerava suoi gli interessi della casa paterna. Camminava a testa avanti come se portasse i pensieri sulle spalle. Inciampando nel binario col rischio di farsi schiacciare, restando imprigionato tra un legno e un automobile, mandò qualche espressione poco benevola a zia Fifì e alla sua velleità di tenere Ninetta a Firenze come se in Sicilia fossero finiti i buoni collegi. In novembre zia Fifì accompagnava la sua unica figlioletta, e tornando si raccomandava a lui. Ripeteva, spremendo molte lacrimucce : — Col tuo comodo, cuor mio! Non ti dico di andare a farle visita più di una volta ! Ci fosse la buon'anima di mio marito non ti darei tanto impiccio! Se mi dici di no, chi darà un occhio alla mia creatura, Stefanuccio? Non è bene che lassù vedano sempre una povera donna! Un u o m o incute altro rispetto ! Amara m e , che son rimasta debole e sola! A donna Lucia non piaceva affatto che il figlio andasse in continente; egli era un ragazzo serio, fedele a Giovannina come se fosse maritato, e la sua avventura di Palermo era bastata a fortificarlo per sempre, come il ba^no che si dà al panno perchè non stingi più: ma il continente è pieno di insid e. Tuttavia, trattandosi della sorella, straricca e generosa, si piegava anche lei, ripetendo ogni volta: — Che farci, cuor mio ! La zia è buona e non le si può dire di no. Così, quando gli pareva che in campagna ci fosse meno bisogno di lui, Stefano si metteva in viaggio ; cercava nella guida il caseggiato dove Ninetta viveva in gioconda prigionia; andava in parlatorio; e lì, deciso a mostrarsi gentile, segnava pazientemente le svariate infinite commissioni, le imbasciate che la collegiale andava ricordando e radunando in fretta. Due anni: tre visite; era sempre venuto il sabato sera per ripartire il martedì, "~ 4 ** senza perdere tempo. La sua scervellata cugina avrebbe dovuto avvertire che l'orario era stato cambiato ! C o m e passare la serata domenicale, più lunga e più uggiosa delle altre? Guardò i tavolini di un caffè, così affollati da non lasciargli un piccolo posto vuoto. Rallentò il passo per contemplare i cartelloni di un cinematografo che annunciavano « La perla del deserto, emozionante dramma passionale » e ripigliò ad andare in fretta contrariato. Un tram rosso filava portando un cartellino colFavviso di una festa all'aperto: una festa che lo interessava poco, in un luogo che non conosceva. Pensò a una poltrona a teatro. Senza muovere le labbra ripetè un motivo che calmò un poco il suo malumore. Per associazione d'idee gli venne in mente una maestra di musica che insegnava nel collegio di Ninetta. Una signora alta, magra, dalla faccia intelligente e i capelli bianchi. Lo aveva invitato con insistenza: — Venga a trovarmi, se torna a Firenze ! Si chiamava Derrò.... Darrò.... — 5 — Ma lui, sempre ordinato e previdente, aveva certo segnato l'indirizzo nel suo inseparabile taccuino. Eccolo, infatti. La signora Delroi gli fece gran festa. — Che sorpresa ! Che magnifica sorpresa ! — ripeteva versando il te fumante nelle tazze. Stefano, già pentito di essere entrato in una casa che non conosceva, si domandava perchè mai la Delroi si mostrasse così entusiasmata di ricevere un u o m o che non era né un amico né un parente. Guardandosi attorno sbirciava coi una specie di fastidio i fragili mobili chiari, i molti cuscini, i moltissimi ninnoli, i minuscoli tovaglioli di trina. Anche Maria Luisa si era messa a fabbricare piccoli tovaglioli rotondi, oblunghi, semiquadrati, che non servivano a niente e, forse, non sarebbero stati adoperati mai. — Credevo che mi avesse dimenticata! — continuava la signora Delroi —. E venuto ieri sera? Si fermerà qualche settimana, immagino! N o ? Vuole scappare subito via? Dice davvero? Io adoro i siciliani! Ma lei è un orso! Un vero orso! Aspetti! Non mette un po' di latte? Non le — .6 — va? Preferisce il rumme, allora? Un gocciolino. Così. E due paste. Gran fortuna, che non mi abbia dimenticata! Pensavo: il signor Mentesana, una volta fra i suoi, non vorrà saperne di questa amica troppo vecchia! Vorrebbe dire che non sono vecchia? Stefano, alzata la fronte, la esaminava con la schietta e impertinente curiosità di un ragazzo : In chioma così bianca e folta che pareva una parrucca, il collo lungo e grinzoso che aveva lo stesso colore del bavero di seta nocciola, le mani disseccate, tutto nella persona della Delroi rispondeva alla improvvisa domanda. Cercò allora qualche complimento non troppo banale. Ma l'altra non aspettava che l'ospite si decidesse, e ripigliava: — Una sigaretta ? Ah ! sentirà! Ne faccio io, con un tabacco speciale, profumato, che mio fratello mi porta dai suoi viaggi. È ammiraglio, mio fratello. Magnifica carriera! Crede che gli amici vengano per m e ? Ma che! Per fumare le mie sigarette! Deliziose! Schiacciò fra le dita un po' brune una sigaretta, la prese fra le labbra e domandò un fiammifero. _ 7 _ — Dunque non è nuovo di Firenze? Ma se scappa via così subito ! Oh ! lei non gusta le mie sigarette! Non le piace fumare? Sì! Allora fuma la pipa! Dopo tutto, con la sua parlantina irta di domande che non pretendevano risposte, la Delroi non era molto noiosa : certo era meno noiosa di zia Fifì che si ostinava a mandare la figlia in continente. — Sa che è un bel tipo? Par che abbia lasciato la testa chi sa dove ! Non ode, non vede.... Ah! i giovani! Senza volerlo sono scortesi! Le domandavo di Santo Spirito, e lei zitto ! In vece di scusarsi, Stefano si divertì a suscitare lo sdegno della maestra di musica. — Ma lei bestemmia, signor Mentesana! Io mi dolgo solo di questo, vede : di non essere nata qui, nella città dei fiori ! Ah ! se io fossi fiorentina ! Non la capisco davvero! O è un barbaro.... ma no! ma no! È innamorato! — Né barbaro né innamorato. Sono un campagnolo, e preferisco un bel vigneto a una chiesa antica, e un bosco in ottobre a una pinacoteca. — Ma lei non è sincero! ma lei è un _ 8 — futurista! ma lei è una persona insoffribile! — lo interruppe la vecchia signora sogguardandolo con simpatia a traverso una piccola chiara nuvoletta di fumo. C o m e credere che quello sguardo improvvisamente abbuiato da un pensiero, improvvisamente illuminato da un sorriso che giungeva a pena fino alle labbra, ora freddo e duro, ora velato di dolcezza, non si volesse posare sulle cose belle? Le sarebbe davvero piaciuto sapere quanto gli frullava pe'l capo! Anche la sua figlioccia (aveva proprio dimenticato di avere una figlioccia così grande!) fingeva di custodire un «segreto dolore » in fondo al cuore non pieno d'altro che della lontana speranza di trovare marito. Fabiana, dopo tanti anni di silenzio, le aveva scritto una lunghissima lettera infiorata da molte frasi che cercavano di abbellire o almeno di attenuare la verità. — « Ti raccomando la piccina che viene con i Ciarli per conoscere Firenze e la sua buona madrina » — aveva scritto —. « C h e tu e il tuo salotto siate la fortuna della mia Franca. Sei così intelligente, che pon aggiungo altro....» • — 9 — E in due foglietti non aveva fatto che aggiungere, povera Fabiana rimasta la stessa, tutta misure e reticenze! Un'idea, più rapida d'una stella cadente nel cielo d'agosto, le passava per il capo. — Alò ! signor Mentesana ! — esclamò, — Le presenterò qualcuno chele farà piacere! Una figurina di ceramica, le assicuro. — Donne! Non voglio conoscerne! — Non faccia l'orso! Non scappi via! Ma egli non aveva alcun desiderio di tornare a vagolare per le strade sconosciute, cercando un rifugio nella città sconosciuta. Ecco vecchie signore che somigliavano alla maestra di musica, e signore mature dalle gonne corte che parevano ragazze invecchiate; signorine senza età; uomini vestiti di nero. Fra gli uomini se ne distingueva uno, armato di un grosso occhialino, che ìa Delroi presentava con elogi stragrandi: — Poeta basilisco. Ingegno eccezionale! Il suo volume di prose liriche sarà una rivelazione ! Il titolo, caro Perillo! il ti» tolo! E il poeta con un occhio — inchinan- — io — dosi così profondamente c o m e se avesse voluto offrire a qualcuno la testa impomatata — ripeteva con tono misterioso il titolo del suo libro. I discorsi giravano attorno a concerti che Stefano non aveva sentiti, a libri che Stefano non aveva letti, a luoghi che Stefano non aveva mai veduti.... Meglio andarsene. Anche la maestra di musica lo aveva dimenticato; di tanto in tanto lo fissava con l'occhialetto, e pareva volesse domandargli chi fosse. Meglio andarsene. Preso dall'umiliante senso di stizza — che provava sempre restando in mezzo a estranei, riuniti in conversazione — e dall'irresistibile bisogno di muoversi, di stendere le braccia, di uscire da quella gabbia di matti e di pappagalli, fece per alzarsi. Ma la Delroi, che lo sorvegliava senza parere, lo trattenne, offrendogli un'altra tazza dell'esotico decotto che piaceva a tutti immensamente. — Un gocciolino di r u m m e ? Così. Le assicuro, signor Mentesana.... O h ! —s'interruppe —, care! care! — 11 — Lo presentò, trionfante, alla signorina Gaudelli, alla signorina Ciarli, che aspettava. Due bambole: bionda e più alta l'una, con un volto di bimba docile e scontenta velato dall'ombra del gran cappello nero; l'altra più piccola, una corta frangetta castagna sulla fronte, il nasetto all'insù. Graziose l'una e l'altra. Ma la Delroi, chiamandola per nome con esagerata premura, si studiava di raccogliere su una sola l'interesse di tutti: e gli sguardi di avida o di fredda curiosità maschile, le gelose occhiate femminili, andarono sulla bionda come i raggi di un fascio di luce che si vuole fare cadere su un quadro. La figurina di ceramica.... Stefano fu assalito con violenza dal capriccio di condurla via perchè non la guardassero più. Si alzò di scatto. La Delroi sussurrò misteriosamente: — Ah ! signor Mentesana ! Sentirà della musica divina! La signorina bionda sedette sul rotondo sgabello aprendo lentamente un fascicolo sul leggio: e poi che Stefano si piantava — 12 — presso il pianoforte, pronto a voltare le pagine senza averne domandato il permesso, lo sogguardò con un po' di sorpresa. « Il poeta basilisco » mormorò, aggiustandosi il grosso occhio di vetro. — Il est bien gauche! L'altra — che si era levato il cappellino, mostrando i capelli corti a zazzera — cominciava a cantare, lasciando le braccia abbandonate lungo i fianchi: — «Ninon, Ninon, que fais-tu de la vie?» Il suo gracile petto, gonfiato dal canto, faceva pensare ai piccoli uccelli che àn tante penne, tanta voce nella tiepida gola, e così poca carne. La prediletta della Delroi suonava con passione, senza guardare la musica; e le rosee gote, sotto l'ala del cappello di merletto nero, diventavano più rosee per questo. Guardata di profilo, con gli occhi bassi, non somigliava un poco a Valeria? La fuggevole somiglianza gli diede un senso di angoscia. Si udì un confuso mormorio: -— Deliziosa..,. — i3 — Adorabili.... Stefano si affacciò: i profumi, il troppo te trangugiato, il ricordo di Valeria, lo opprimevano. Guardando il cielo, ancora chiaro, pensò alle notti stellate, al cielo nero e fondo del suo paese: cielo nero tempestato di stelle animate ed eloquenti che non si potevano fissare senza la paurosa impressione che il loro tremolìo dovesse attirare verso le altezze infinite. — Va via, signor Mentesana ? Così presto! Tornerà domani sera? Badi che l'aspettiamo ! Franca, carina, tu suonerai qualche cosa per il signor Mentesana che adora la musica! Fanny, se non ti dispiace.... Sentite.... Confabularono in tre. Franca tornò al pianoforte; Fanny cominciò : — <( Ah ! Santuccia.... » No, Santuzza non à la stessa voce di Ninon.... — « A h ! Santuccia....» Taci, Fanny, non provarti a cantare la passione di Santuzza.... Franca diceva: — L'abbiamo contentata? 14 — Sorrideva con grazia, guardandolo. Ebbene, i suoi occhi, nell'ombreggiatura del cappello di merletto, non erano occhi di bambola. • Stefano uscì subito dopo aver fatto colezione; ma guardando l'orologio si accorse che prima di un altro paio d'ore non poteva presentarsi in collegio. — Ah ! zia Fifì ! Mi ài colto per l'ultima volta ! Girellò un pezzetto, infine si fermò affacciandosi a guardare l'Arno. Lo splendore del sole dava un colore di smalto all'acqua verdastra; la gente, che passava lasciandosi dietro il susurrio del suo musicale accento, pareva parlasse forte per dare gioia a chi udiva o per dire solo cose belle. Nel cielo leggero leggero passavano lentamente piccole nubi diafane. — C o m e tutto è gaio, fresco e gentile, quassù! — pensò —. C o m e tutto è diverso ! Una vecchina decentemente vestita do- ~ 15 mandava l'elemosina, stendendo un fogliolino scritto a mano : le offrì del denaro. — Che il cielo la protegga, signore — balbettò la mendicante, allontanandosi —. Che il suo desiderio più bello venga esaudito ! Egli guardò l'acqua verde, il cielo diafano, l'altra riva, come per domandare alle cose quale fosse il suo maggior desiderio. Ne aveva qualcuno, ben delineato? Dentro l'anima, uscita dallo spasimo del rimpianto, ogni aspirazione era imprecisa, e nuova. Perchè si era sempre annoiato, invece di ringraziare zia Fifì che gli dava l'occasione di venire in continente? — E così. E inevitabile che sia così — osservò rapidamente —. Se ognuno pensasse a godere ciò che è piacevole e vicino senza crucciarsi con le previsioni di domani o col ricordo di ieri, quanto sar e m m o più felici ! Eppure è sgradevole camminare senza scopo in mezzo a una folla di estranei. Esitando entrò in un caffè. Domandò un poncio e subito si pentì, guardandosi in giro: chi si faceva portare la birra spu- — i6 mante, chi prendeva la cioccolata, chi sorseggiava il caffè. Quasi nessuno chiam a v a un poncio.... Chi ciarlava con gli amici, chi aveva delle donne in compagnia. Bello condurre una donna, e domandarle offrendole la lista: — C h e cosa preferisci ? — Quel che tu vuoi. Rivide Maria Luisa e la madre. Bello condurre Maria Luisa che sgrana gli occhi a ogni piccola novità. Ma è più bello andare con un'altra. Chi? Si guardò intorno c o m e quando aveva scelto nella lista: chi birra e chi caffè.... e molti una graziosa elegante donnina. Le donnine del caffè gli piacevano tutte e non ne desiderava una. Chi bionda e chi bruna, si somigliavano tutte fra di loro: gli stessi dentini, gli stessi occhi allungati e ingranditi, le stesse labbra dipinte. Tutte ben preparate, c o m e certi dolci che fanno bella mostra nelle vetrine e, a mangiarli, debbono lasciare la bocca amara. Si alzò bruscamente, e si allontanò in fretta. 17 _ Per la prima volta, da quando si era messo in viaggio, pensò a Giovannina che l'aspettava, umile e devota : le avrebbe comprato una bella sciarpa rossa. Ma prima doveva levarsi il pensiero della visita in collegio. Troppo presto ancora. Ebbene, perchè tanta furia? Per partire. Per partire la notte stessa.... Fu rallegrato dall'idea di lasciare finalmente la città bellissima e tornare alle solite occupazioni, in mezzo a gente conosciuta che lo conosceva. Zia Fifì non avrebbe trovato mai più Stefanuccio disposto a dare « un occhio » alla cugina! Stefanuccio era un u o m o che l'ozio Io snervava peggio d'una malattia. Sedette su una panchina con le inani sul p o m o del bastone. Una ragazza gli passò davanti due o tre volte: portava un gran mazzo di giaggioli tra le braccia e lo guardava con un invitante sorriso sulle labbra dipinte. Le labbra accese nel volto senza sangue, e gli occhi ingranditi facevano pensare a una malinconica maschera. M E S S I N A , Un fiore che non fiorì. '2 i8 — Stefano si alzò e le camminò al fianco senza sapere precisamente perchè. Lo scirocco, il profumo dei giaggioli mescolato al forte odore di cipria, la solitudine della strada, gli comunicavano un senso di stordimento. Ma non provava alcun piacere a seguire la femmina. Rallentò il passo, quasi disgustato di sé stesso, ed entrò in una piazza affollata. Mancava a pena mezz'ora: si avviò, col passo fermo e spedito di chi à una mèta, verso il collegio. • Doveva partire a mezzanotte, ed era prestissimo. Senza volerlo passava davanti il portone della Delroi. Meglio così, dopo tutto: avrebbe salutato la sua bizzarra amica. — Bravo, signor Mentesana ! — ripeteva la maestra di musica con entusiasmo —. L'ò aspettata ogni sera e ò pensato male di lei. Ò detto : il signor Mentesana se n'è andato all'inglese! Invece lei è un fedele amico! Non si spaventi! Non le offro del te! lo so! lo so! Neppure un bicchierino di rosolio? Niente? Caffè? a quest'ora?... — i9 — esclamò perplessa —. Vada per il caffè. Le poltrone vuote, il pianoforte chiuso, le lampadine spente.... Troppo presto. — Perchè non è più tornata ? L'abbiamo aspettata. Queste sere scorse non c'era nessuno con noi. Una intimità deliziosa, spirituale! oh! io soffro a vedere troppa gente nel mio salotto ! E la mia Franca è la stessa ! Ma io sono costretta a tirarle un po'le orecchie! Me lo domanda? Lei è perfido, sa! Vuol fare l'ingenuo! Lei à certo dimenticato la sua vittima! Dopo averle fatto perdere la testa! Ascolti! — esclamò con improvvisa serietà —. La Gaudelli è un'anima sensibile. Non vorrei che per causa mia, povera Franca.... A già tanto sofferto! — Ma.... — volle replicare Stefano. — Vede, non sarebbe possibile per tante ragioni — continuava la Delroi senza badargli — È orfana, vive con una zia che le à fatto da m a m m a . Anno delle proprietà.... Insomma non sarebbe possibile. Suo padre non la lascerebbe andare così lontano ! Volevano metterlo nel sacco? — 20 — Le assicuro..., — ripetè seccato* La Delroi lo interruppe: — A sentito Marinetti? è davvero epatant! Stefano volle andarsene senza aspettare il caffè preparato a posta; ma esitava, pensando che fuggire era una cosa ridicola. Intanto una ragazzina in grembiule bianco posava un piccolo vassoio sul tavolino, e la Delroi gli offriva una minuscola chicchera color di rosa. — O h ! bravo! che gusta le mie sigarette ! Molto probabilmente la maestra di musica aveva già dimenticato la sua frivola allusione. Ecco delle visite: qualche persona che Stefano conosceva (il « poeta basilisco » e due o tre signore), qualche faccia nuova; ma i saluti, i gesti, si ripetono — come in una rappresentazione di marionette. Ecco anche Franca e Fanny. Stefano si avvicinò al pianoforte, come la prima sera: voleva che la Delroi e la sua frivola protetta lo vedessero tranquillo e pieno d'indifferenza. Franca si spuntò il cappello, come Fan- _ 2t — ny: anche lei portava i capelli corti, ma la pettinatura infantile non si accordava col suo volto fine che restava serio, anche se rideva. Senza cappello riuscì quasi sgradita a Stefano che perciò si senti più padrone di sé — come un u o m o che si lasci legare i polsi da un bambino, così per ridere. — La musica le piace dunque molto, mi dicono?-— gli domandava Franca. — Non sempre. — Non sempre? — Solo quando à la forza di commuovere. — Allora le canzonette napoletane, tanto graziose.... — Anche le canzonette, se chi le suona à sentimento. — E se chi suona non sente niente ? — Può fare a meno di stancare le orecchie del prossimo. Franca rise, aprendo un quaderno sul leggio: — Il sentimento solo non basta — disse —, alla bravura d'una musicista. Se la sentisse la signora Delroi! Anche lei era perfettamente tranquilla. La sua molle risata, un po' canzonato- _ 22 — ria, sconcertò Stefano che riudiva, con insistenza, le moleste parole della Delroi. Franca suonò; poi si girò con grazia sullo sgabello per rispondere agli elogi e alle esclamazioni degli amici. — Brava — le disse Stefano, semplicemente. — Crede che abbia suonato con sentimento ? — replicò Franca, tornando a girarsi. Stefano la guardò. — Ma che! ma che! — ripetè Franca sorridendo. — Non sta bene commuoversi per davvero! Sfiorando i tasti, senza suono, aspettava con gioia che egli le facesse « un pò" di corte ». Ma Stefano, punto dalla sua tranquillità, non apriva bocca. Senza alzare gli occhi lo aveva già esaminato, dalle scarpe ai capelli. Era simpatico. Si sarebbe detto un contadino, col suo abito chiaro da mattina, il suo parlare asciutto, se non avesse mostrato, sfogliando, una bellissima mano, forte e magra. — È da poco tempo, a Firenze ? — gli domandò per farlo parlare. — 23 — — Da sabato sera. — La prima volta, immagino.... — No. Franca sorrise. Era timido. Il sorriso le smorì fra le labbra nel sentirsi guardare con gravità quasi severa. Ma ella, che aveva imparato a non perdersi d'animo, continuò pazientemente ad avviare una conversazione qualunque. Una fila di domande e di risposte che le pareva di ripassare i diaìoghetti della grammatica francese: e faceva un vero sforzo per non ridere. — Viene per una cugina! — esclamò, lieta di avere finalmente trovato un argomento — una cuginetta chiusa in collegio! — E una bambina —, rispose Stefano. Si vedeva, da un aggrottare della fronte, che la maliziosa osservazione gli era dispiaciuta. — Io sono quasi siciliana! — raccontò Franca, cercando di fargli piacere —. Le pare strano? Eppure sì! il babbo no. Ma la m a m m a era di Siracusa, Deve essere bella la città della mia povera m a m ma. Lei non à visto Siracusa ? Un siciliano! _ 24 _ — La Sicilia è ben grande — fece Stefano. — A ragione ! A vederla sulla carta pare un'isola piccina piccina! — E invece.... — esclamò Stefano; esitò, s'interruppe. — Lei vuol molto bene alla sua isola ! — osservò Franca. — Chi non vuol bene al suo paese? — Io, per esempio ! che non capisco l'attaccamento a questo o a quel luogo. Si figuri: toscano il babbo, siciliana la m a m ma, io cresciuta in un paesino delle Marche, ora stabilita in una città di provincia in Toscana.... Senza patria, insomma.... Raccontò di esser venuta con la famiglia Ciarli, per distrarsi. Aggiunse: — C o m e se bastasse, per dimenticare.,.. Sospirò, fingendo di essere improvvisamente rattristata, sodisfatta, nel sentire una inquieta curiosità nel silenzio di lui ; ma come i suoi occhi celesti si incontrarono nel severo sguardo di Stefano, impallidì, smarrita, sopraffatta dall'assurda paura, dolorosa e piacevole, che egli dovesse afferrarla, stringendosela sul largo petto. — 25 — • Fuori, sotto la lampada elettrica, Fanny la canzonava: — Ti ritrovo, mia inconsolabile « désenchantée »! Ti è piaciuto ? — Che cosa? — Il siciliano, oh bella ! Non sai che è siciliano ? — E perciò? — Ti à ipnotizzata? Ài perduta la favella ? — Smettila, Fanny. Non ò voglia di scherzare. — C o m e sei tragica! Se ti consoli così presto, tua zia benedirà Firenze, o meglio la Conca d'oro! — Smettila, Fanny. Te ne prego! — Atto primo — Scena prima. Cara la mia Franca, tu sai che la tragedia salta fuori solo all'ultimo atto ! — Per piacere, Fanny ! Ò molto sonno ; ecco tutto. — 26 - Era troppo tardi per ripartire la stessa notte. Andò al telegrafo; suonò il campanello a malincuore; scontento riempì il foglio. Lo sportello dell'ufficio si richiuse subito, quasi avesse inghiottito le sue dieci parole contate. Era fatta. Inutile pentirsi, oramai; e si allontanò a piccoli passi pigri. Perchè essersi andato a chiudere in un salottino, invece di mettere nella valigia i doni preparati per Maria Luisa? E perchè telegrafare, invece di cercare una nuova partenza di treni nell'orario ferroviario ? Tutto ciò non era degno di lui. — È la stessa cosa — si disse — ; partirò domani sera. Ma questo proposito non lo liberò dal malumore. Si domandò, improvvisamente turbato, se non si fosse lasciato « prendere nel sacco ». — 27 — Lui? Franca non aveva affatto perduta la testa, come diceva la Delroi; e neanche lui — tutto dedicato alla casa, agli affari lasciati in pendente. Il suo malumore si chetava rivedendo il grande studio — dal parato chiaro e dalle due finestre piene di luce — dove era aspettato. Subito il suo pensiero tornò a Franca, Era bella? Forse no. Una signorina come un'altra. Gli sarebbe piaciuta se non avesse portato i capelli a zazzera e un abito troppo corto e scollato. •— La farei pettinare a mio gusto.... — si disse. Ma riudì la molle risata un po' canzonatoria, e si abbuiò. A poco a poco pensò — con una punta di gelosia — ad Antonio che si era fatto una famiglia sua, amministrando per conto suo la sua parte di roba, mentre lui si contentava di essere il socio di papà. Il tempo che nelle famiglie si faceva prendere moglie al solo primogenito era finito : ma donna Lucia Mentesana faceva rivivere questo tempo nella sua speranza, — 28 — con sottile accortezza, legando il figlio alla vecchia famiglia, col circondarlo di premure e di comodità e col fargli credere che lui fosse necessario a tutti. — Assieme a tuo padre — gli diceva —, tu sei la colonna che ci sostieni! Tutti erano convinti che Stefano sarebbe vissuto scapolo. Bello è, spezzare la certezza degli altri, come un balocco! Papà avrebbe dovuto consegnargli la roba che gli apparteneva. E la madre? Cara m a m m a ! Giovannina — che tu co» pri di regali per gratitudine —, non mi può impedire di diventare anch'io un capo di casa e si rassegnerà! Ma di nuovo pensò a Valeria (che lui avrebbe adorata in ginocchio), ed ai suoi volgari tradimenti. Franca le somigliava un poco, di profilo, se chinava il capo; solo un poco: quanto bastava per provare un senso di acuto fastidio. Che cosa doveva dimenticare Franca? Il suo volto di bambola era roseo come l'ingenuo volto di Valeria e i suoi occhi celesti erano sereni come gli occhi grigi di Valeria. Franca — che si divertiva per dimenti- ~ 29 care, e cercava la compagnia di gente che non gli somigliava, e viveva in paesi che lui non conosceva — era la sorella spirituale di tutte le signorine moderne. • — Eccolo! — esclamò Fanny —. Lo chiamo? Ci faremo accompagnare! — No, Fanny — rispose Franca — . E non ridere — aggiunse, agitata dal timore e dal desiderio che Mentesana, fermo davanti una edicola, avesse voluto raggiungerle. — Non ci vede! Non vede altro che il giornale! — disse forte Fanny, allegramente —. Il cuore non gli dice niente! — Ma taci ! — mormorò Franca, affrettando il passo. — Non mi fare correre! — fece Fanny —# Non ti scordare che le gonne sono troppo strette ! E la sua risata scoppiettò sommessa e vivace, come il delicato tintinnio di un campanellino. Rideva sempre Fanny: i suoi occhi chiarì e sporgenti, lucidi come la porcellana, e le labbra un po' grosse, ridevano conti- — 3o nuamente : in casa, fuori, a cinematografo, al caffè, a teatro, nei salotti delle amiche. La preoccupazione di farsi credere spensierata era diventata un'abitudine così forte che ella sorrideva anche mentre era sola, anche se le raccontavano cose poco allegre, anche se il pianto le stringeva la gola. Franca non si era mai accorta che l'amica ridesse a sproposito. — Non continuare! — pregò. — Stasera andiamo finalmente anche noi a teatro ! — esclamò Fanny senza badarle. — Oh! — Ti dispiace? Pure lo desideravi! — No, no. Ma avevo promesso alla Delroi che sarei andata. — Lo so. Lo so. — Lo sai? Non puoi saperlo. — Lo so, che tu ami teneramente la tua madrina! Ebbene, torneremo da lei anche stasera. — Ma no, Fanny ! perchè sacrificarti. Andrei sola! Ti assicuro che andrei volentieri sola! — Andremo assieme. — Non ne parliamo più. Verrò a teatro. Metteremo la veste rosa? 3i — — Lascia che a teatro vada il babbo. Noi andremo là.... Non siamo le due inseparabili? E poi.... ti resterà così poco tempo da offrire alla tua madrina! • Con la sua tranquillità di bimba docile e scontenta, Franca cominciò a suonare, mentre Stefano si allontanava dal pianoforte. Il « poeta basilisco » sfogliava le pagine della musica, socchiudendo gli occhi di tanto in tanto come un ragazzino ghiotto che succia una caramella. — «Ninon, Ninon, que fais-tu de la vie?» — cantò Fanny, sorridendo. Poi Franca si alzò per unirsi a un piccolo gruppo di amici che ragionavano dei balli di moda. Stefano le si avvicinò e disse : — Perchè scappa? — Non scappo! Vado a scambiare due chiacchiere. — Con me non vuole chiacchierare? — Perchè no? — e Franca crollò la testa lievemente con un sorrisetto, perchè 32 luì si accorgesse di essere goffo e grossolano. Ma Stefano non le badò. Voleva sapere se lei, Franca, avesse fratelli, sorelle; con chi vivesse, poi che era orfana. Le faceva molte domande, ora con tono sommesso ed esitante, ora brusco e fermo. Che cosa doveva ella dimenticare? Che cosa? Avrebbe lui saputo la verità? Pure glie lo domandava. Franca, ripresa dall'assurda paura dolorosa e piacevole che egli dovesse afferrarla stringendosela sul largo petto, rispondeva come se lui avesse diritto di sapere. L'allusione, che agli occhi degli altri metteva un'ombra di mistero sulla sua persona, doveva averlo inquietato, evidentemente; perciò raccontò di avere fatto all'amore con un tenente, partito per la Cirenaica: — Uno stupido flirt durato tre mesi! — esclamò con ostentata indifferenza. — Una volta partito è finito tutto. Né io né lui avevamo preso la cosa sul serio. La mia madrina avrà esagerato! — 33 — Stefano taceva, aprendo e chiudendo un quaderno meccanicamente. Franca pensò: — egli non crede. Tacque anche lei, cercando le parole per spiegarsi meglio senza trovarle, dimenticando le sottili civetterie che formavano tutto il suo bagaglio spirituale. « Io non ò mai amato alcuno, Stefano ! » Questo avrebbe voluto potergli dire. E anche lei taceva, sfogliando una rosa meccanicamente, sulla tastiera che pareva una mostruosa beffarda bocca dentata. • Fanny insisteva: — Non si è ancora spiegato?! Se non lo dicessi tu stessa mi sembrerebbe inverosimile ! E che! pare voglia divorarti coi suoi occhiacci di falco e non ti dice niente? possibile? — Possibile. — Bada sai! Ti comprometti! Mormorano che ti faccia la corte! — esclamò con invidia. — Pettegolezzi.... — Pettegolezzi? Sia pure. Ma io non ti MESSINA, Un fiore che non fiorì. 3 ~-34conosco più! Ascolta il mio consiglio: o lo fai spiegare o lo pianti. Meglio piantarlo, te l'assicuro. È un personaggio tragico, e la vita è una graziosa commedia! — Ebbene Fanny, ài ragione. Ma lasciami in pace! Fanny aveva veramente ragione. Stefano non partiva per lei ; e non le faceva la corte. Gli piaceva e voleva dirglielo: ma se ella chinava un po' il capo — somigliando a Valeria —, le parlava bruscamente, con un gran desiderio di farle del male. • Ogni sera Stefano decideva di partire l'indomani; e l'indomani, svegliandosi, cambiava idea. Maria Luisa scrisse : « Non facciamo che aspettarti. Vincenzo corre ad ogni arrivo di treno, la m a m m a piange, e papà si arrabbia. Sei malato? Ci nascondi qualche brutta novità ? Papà vorrebbe venire lui a Firenze ma si capisce che la m a m m a non vuole. » No, no, lui non nascondeva niente ! era — 35 libero di pagare il conto dell'albergo, chiudere le valige e mettersi in treno! A h ! esser libero! E si stirò soddisfatto. Sdraiato sul divano, con le mani intrecciate sulla nuca pensò pigramente alla casa, a Maria Luisa che aspettava i bei doni, a Vincenzo che tornava deluso, senza il padrone. Pensò anche a Franca.... Ebbene, era diventato ridicolo! Avrebbe fatto ridere gli amici del Circolo alle sue spalle! Interessarsi tanto di una signorina coi capelli corti, che chiamava flirt l'amore sorridendo un po' ironica ? Interessarsene al punto di volerla sposare? Firenze — città di bellezza e di armonia — che pesante catena volevi lasciarmi in eterno ricordo! Era libero. N o n aveva detto alla signorina Gaudelli una parola che potesse impegnarlo. — Libero! — ripetè, — approvando con gioia la sua prudenza. Rispose a Maria Luisa : « .... Puoi dire a papà che domani mi — 36*— metto la via tra le gambe. Ò perduto tempo per fare delle spese volute da Ninetta». • La sera Franca gli annunciò: — Siamo qui da un mese. I Ciarli anno deciso di tornare a casa —•. Aggiunse sottovoce, temendo che Stefano intendesse il motivo dell'annuncio: — partiremo fra qualche giorno. Fanny le aveva suggerito: — Diglielo, vedrai che si spiegherà. Stefano rispose: — Anch'io penso di andarmene, oramai. • — Non verrà il signor Mentesana? — domandò Franca alla madrina dopo un pezzo. — Deve essere partito stamane, — rispose la Delroi collana mortificata di voler domandare scusa. Il sorriso delle amiche, in tutte le sfumature della cattiveria e della curiosità, - 3 7 - le andò incontro; e il poeta basilisco la fissò da lontano col suo rotondo occhio di vetro. — Difatti — esclamò Franca con studiata pacatezza —, diceva che si preparava ad andarsene. Prese parte alla conversazione; e fu vivacissima; e il poeta basilisco si illuse di avere conquistato il suo volubile cuore. Ma le ginocchia le tremavano forte, e le sue guance erano meno rosee. Per le scale si morse le labbra, come se volesse ricacciare indietro un groppo di pianto. — Mia povera Franca ! — mormorò Fanny. — Ma no.... — O h ! a me non è sfuggito che ti à fatto senso! — Ma no.... — Franca, tu soffri ! Tu non mi vuoi più bene! Fanny, l'amica fedele delle ore buone e delle ore cattive, la prese per il braccio dolcemente. Andarono un pezzetto in silenzio; e nella calma dell'ora tarda risonava il passo pesante del commendatore Ciarli e quello — 38 ~~ leggero della moglie, che le accompagnavano. Fanny, che non sapeva restare zitta, esclamò : — Mi avessi ascoltata! Quante volte ò cercato di persuaderti! Fallo spiegare! impegnalo! Ma che ti diceva dunque? — Niente. — Niente! Tutta la serata, niente? — Mi domandava molte cose.... — E tu? — Non so. Ò accennato al Ricciardi.... Con le idee che à..,. si sarà turbato.... — Di che? Di qualche flirt? È un selvaggio, quell'uomo ! Ma tu sei stata un'ingenua! lasciartelo sfuggire! tu? così.... così piena di spirito! Non ti conosco più! Franca taceva, stancata dalle inutili parole della sua buona amica: inutili e forse un pochino volgari.... C o m e lontano l'albergo, e come lento il passo della signora Ciarli! — Franca, mia povera Franca! — ripigliava Fanny. — Diventi debole? Diventi, lasciamelo dire, diventi stupida? Tu, il mio babà col r u m m e ? Dimentichi il nostro decalogo, compilato in giardino, ricordi? Primo: ridersi degli uomini sempre, specie se fanno delle dichiarazioni ~~ 3 9 - d'amore. Parentesi : il tuo selvaggio ti faceva delle dichiarazioni mute che tu non capivi ; è lo stesso. Secondo : ottenere che il nostro adorateur si innamori per davvero, ma badare che noi non ci innamoriamo. Terzo.... — Finiscila! — interruppe Franca con voce ferma. — Non era u o m o da fare complimenti banali. Gli sarò piaciuta. Non à creduto di dovermelo dire. E onesto. Se non dovevamo rivederci più.... perchè.... — non continuò. La vocetta acuta di Fanny, il chiacchierio sommesso dei Ciarli — che giungeva a tratti —, i rumori notturni della città, tutto si confondeva in un confuso e pesante sussurrio. — Ohimè ! — faceva Fanny. — Non sapevo che fosse una cosa tanto seria! — Ragazze ! — chiamava la signora Ciarli, fermandosi perchè le due amiche tornassero qualche passo indietro —. Sentite : Guglielmo à sbrigato i suoi affari, e dovremmo ripartire domani. Vi dispiace? Vi resta qualche spesetta da fare? — Peccato! — esclamò Fanny —. Stavamo così bene! qui! Non è vero Franca? — Quanto a me.... — balbettò Franca, _ 4o _ E sperò che i Ciarli si decidessero a tornare subito. Firenze non era altro che il salotto della Delroi, diventato freddo, ostile, deserto. • Stancarsi, piegando biancheria, stracciando lettere e cartoline, mettendo in disordine i due cassetti dell'armadio per poi riempire le valige spalancate, le faceva bene. Era dolente di aver mostrato la sua debolezza a Fanny, che certo si sarebbe divertita a compiangerla chiacchierando con Silvia o con Mary o con Liliana. Canticchiava. — C o m e sei allegra ! — borbottò Fanny. — A me secca lasciare Firenze! Chi sa quando potrò tornarvi! Franca continuò a canticchiare. — N o n credevo che fossi tanto volubile! A ragione tua zia! — Perchè? — Perchè vedo che ài perfettamente dimenticato il tuo selvaggio! Franca trasalì, esclamando allegramente : _ 4i ~~ — Per dimenticare bisogna prima avere qualche cosa da ricordare! — O perchè non creavi ieri sera questo profondo aforisma? — Ieri sera.... ieri sera dovevo stare un po' male. — Ah! Ed ora sei guarita? Brava! — fece Fanny —. Capisco. Senti, dobbiamo salutare la Delroi che è stata molto gentile. — Così tardi? Ò da fare le valige, da correre dall'orologiaio.... — E allora? — Allora le scriverò. E lo stesso. II. Zia Fabiana entrava, ancora spettinata e in pantofole. — Franca! troppo presto ti sei levata! Non ài dormito bene? — No. — Non dormi più un bel sonno da quando sei tornata ! Io ti sento. Oh ! La faccio finita e mando a chiamare il dottor Balsamini. — Che brutta idea, zia Fabiana! — O perchè ? — 42 — — E davvero buffo, il dottor Balsamini, con i suoi occhiali a stanghetta! — C o m e sei impertinente! Ma io ò il dovere di mandarlo a chiamare. E poi.... vorrei farti un discorso serio. — Sono sempre tanto seri i tuoi discorsi, zia! — Vorrei essere ascoltata! — Ti ascolto, zia. — Col cuore. Non cogli orecchi soltanto. Ò parlato molto di te col parroco di San Francesco, don Agostini. — Oh! — Ti assicuro che è un u o m o dotto, una mente vasta! Se tu lo sentissi parlare ! Dicevamo che tu dovresti cambiare le tue abitudini.... — Per far piacere al tuo parroco? — Dimmi con chi pratichi.... E quelle tue amiche.... Quella Silvia che è sulla bocca di tutti.... Franca sbadigliò. — Sei stanca. Non è il momento. Ne riparleremo. Tu sei buona, in fondo, e mi darai la consolazione di avere una nipotina che sia l'esempio di tutte.... Ma perchè, Dio buonino, perchè ti sei tagliati i capelli? — esclamò con dolore zia Fa- - 4 * biana, mentre Franca si levava la cuffia da notte. — Non mi posso abituare! — borbottò allontanandosi in fretta —. Non mi posso abituare! Franca chiuse l'uscio ; la zia l'aveva finalmente lasciata sola. Ma non era sempre sola? Sola assieme alla zia, al babbo, alle amiche più carine; sola anche assieme a Fanny. Povero dottor Balsamini! Certo l'oracolo di zia Fabiana sarebbe venuto: ma egli non poteva scacciare coi suoi rimedi la noia profonda e nera portata dal suo viaggio di piacere. Aspettava l'ora di colezione leggiucchiando un poco, o preparandosi a dipingere per rimettere subito a posto i pennelli, lucidandosi le unghie, guardandosi nello specchio per riesaminare due piccolissime grinze agli angoli della bocca; e l'ozio la snervala. I pomeriggi e le serate erano pieni e, a volte, quasi divertenti : il tennis in casa Màmmola, le visite in compagnia di zia Fabiana (che impegnata in una vera contabilità segnava in un quaderno le visite fatte e quelle ricevute), una conferenza o un concerto, il cinematografo o il teatro — 44 — — quando l'unico teatro cittadino era aperto, — e, immancabilmente, la passeggiata per il Corso, e il solito incontro con le solite amiche. Certe volte, girellando per le stanze della vecchia casa, eccitata dal bisogno di « fare qualche cosa utile», si figurava di poter cambiare il posto dei massicci mobili tarlati, di mettere un fascio di fiori freschi nei vasi ricolmi di pesanti sbiaditi mazzi di carta-velina fatti dalle suore Stimmatine ammiratrici di zia Fabiana. Occuparsi della casa le sarebbe piaciuto. Certo Fanny l'avrebbe canzonata, se lei avesse confessato certi desiderii. E la zia! guai a toccare ciò che le apparteneva ! Sarebbe stato inutile voler tentare di pregarla! Tuttavia si divertiva un pezzetto a farla arrabbiare. — Zia — proponeva seria seria ~~~, permetti che dia una rinfrescata al salotto? — Mi faresti un regalo. Rosina è così lenta che le m a n c a il tempo di spolverare tutto. — Io sono pronta. Ma lascia che metta nel fuoco quel sotto-lume di lana verde* - 4 5 - — Nel fuoco? Sei matta! — È brutto. Anche le due cornicine dì paglia sono bruttissime, e l'album dei ritratti, e i piattini di frutta di scagliola, zia ! Faremo una bella fiammata ! E la consolle, zia! — Anche la consolle? — Dovresti mandarla in soffitta, così caricata com'è. — Benedetta figliola ! Se io entrassi nella tua camera per criticare.... — Non è mia, perchè non posso tenerla col mio gusto. — Se tu sei la padrona.... — Dici davvero? Allora posso buttar via quello che non mi garba? — Per amor del cielo ! Fai qualche cosa ! occupati ! — Proprio così, zia, vorrei fare qualche cosa! — Ebbene, dipingi. Non ti va? Suona! Neanche? Mi ài fatto spendere bei quattrini con la maestra di piano! Mettiti a cucire, come faccio io! Leggi i libri che mi à prestati la marchesa, pieni di pensieri bellissimi. E allora vattene in camera e medita! Medita sulle tue mattezze. Coi capelli tagliati sei diventata un severo ragazzaccio! Tutta tuo padre! Se portassi i calzoni faresti peggio di lui ! Sì cara, vattene che è meglio ; lascia che io dica tranquillamente le mie orazioni ! Franca correva via, ridendo, con gli occhi che le bruciavano per le lacrime ricacciate indietro. Si affacciava ; davanti i negozi si allungava l'ombra delle tende; il Corso, mezzo deserto e caldo, era brutto e misero. A momenti Rosina l'avrebbe chiamata per la colezione ; più tardi sarebbe venuta Fanny. Sarebbero andate su e giù per il Corso, abbellito dalla luce delle lampade elettriche e dalla folla, come uno scenario; insieme avrebbero incontrato le solite amiche: «Il piccolo stato maggiore del tennis» come lo chiamava l'ingegnere Paolini. Silvia, Nidia, Mary, Liliana, Celeste.... Le rivedeva tutte, come se passeggiassero lì, di giorno, sotto la finestra, nelle lunghe ombre delle tende. Silvia, Nidia, Liliana — come Franca e Fanny — non erano belle ; e Mary e Celeste erano quasi bruttine : ma a guardarle — 47 — tutte assieme (fresche, gaie, sorridenti, con abiti succinti, o chiari c o m e ali di farfalle, o scuri che mettessero in mostra la bianchezza delle braccia nude e del collo), parevano tutte graziose. Senza dirselo, cercavano di aggrupparsi con armonia, quasi fossero sempre pronte a farsi un ritratto : Silvia, che era alta e bruna andava con Mary, Liliana e Franca; Fanny, la più bassa andava avanti con Nidia e Celeste, A guardarle in gruppo pareva si somigliassero, c o m e sorelle : ma l'una era differente dall'altra. Silvia, dai capelli e dai lunghi sopraccigli nerissimi, dalla disinvoltura ostentata, aveva continuamente l'aria di farsi beffe di tutto e di tutti con lo sporgere delle labbra sottili; sempre pronta a punzecchiare con la risatina amara e le risposte ironiche, pareva che avesse dell'astio contro la città intera; le amiche, aspettandosi di essere sbeffeggiate, evitavano di stare a lungo in sua compagnia o di farle qualche piccola confidenza, e gli a m m i ratori del Circolo e del Tennis — per non sembrare « stupidamente romantici » — la trattavano alla familiare, più che se fosse stata un giovanotto. -4» Maria, che si faceva chiamare Mary, figliuola di un sarto e di una calzettaia, aveva ardentemente desiderato di mettersi in mezzo al «piccolo stato maggiore». E una volta raggiunto il suo desiderio aveva abbandonato anche lei le scuole normali. Volendo far dimenticare alle amiche signorine l'umiltà della sua condizione, faceva sfoggio di abiti cuciti in casa, e di cappellini bizzarri. La soprannominavano « madamigella noli me tangere » perchè arricciava il naso a pena le pareva di sentire o di vedere cose troppo comuni, che lei chiamava « volgari » e « indecenti » con tono di grande disprezzo. I suoi genitori erano poveri; e un fratello che studiava legge a Bologna costava molto : ogni abito nuovo, ogni appariscente cappellino, sapeva giornate di grige e penose privazioni. La mattina mandava giù una fetta di polenta, o un pezzo di pane unto d'olio, e poi — se le capitava —, raccontava di avere inzuppato nel latte e cioccolata della colezione, dei biscotti « deliziosi » manipolati dalle monache. Le amiche la giudicavano noiosissima; ma ognuna di loro le faceva buon viso e ammirava i suoi abiti, cercando di pia- - 49 òerìe, perchè il fratello studente prometteva di diventare un buon partito. Liliana, che portava ancora le trecce e andava a scuola, stava a disagio nella compagnia. S u o padre era segretario di prefettura, e la madre un'ottima signora piena di buoni principi, che inculcava nelle figlie. Aveva sei sorelle molto più grandi di lei : sei ragazzone senza dote che sperando di accasarsi si cucivano il corredo e ricamavano a telaio massicci e ingombranti oggetti (porta-guanti di raso, copri-piumini di seta, porta-spazzole di velluto, portaorologi e borsette....), da regalarsi l'un l'altra per le feste; finché durava l'agiatezza procurata dal lavoro del babbo e la speranza di trovar marito, era convenuto che i loro diplomi e i loro attestati, buoni in caso di necessità — guadagnati sui banchi delle Scuole Normali e dell'Istituto Tecnico —, dovessero restare nei cassetti. Liliana non lavorava volentieri accanto alle sorelle, colorite paffute e serene c o m e tante novizie, davanti la finestra che si spalancava in faccia ai monti chiarissimi ; e studiacchiava svogliatamente, poiché le pareva inutile affannarsi tanti anni per MESSINA, Un fiore che non fiorì. 4 — 5o — buscarsi un pezzo di carta da custodire come un cimelio. Il babbo diceva: — Un giorno o l'altro ognuna di voi saprà come guadagnarsi la vita onestamente. Ma finché io resto in piedi, non permetterò mai che le mie creature escano di casa per procurarsi uno stipendio. Forse vi manca qualche cosa? E la moglie approvava gravemente. Non mancava nulla : né pane né scarpe, né vesti. Ma Liliana pensava in confuso che il loro avvenire di ragazze senza dote — non disciplinate al lavoro —, era buio; e la loro vita incompleta. Anche lei si sarebbe maturata in casa, come le sorelle? Ma lei — meno spensierata e serena —, avrebbe sentito allora di somigliare al povero che si leva dalla sua misera tavola senza essersi sfamato. Avrebbe sentito quella fame: la sentiva. Poi conobbe Mary che le fece conoscere le sue amiche. Quanto diverse le amiche di Mary, dalle sue pacifiche sorelle! I suoi oblunghi occhi, miti e pensosi, _ 5i — parvero domandare la protezione di Celeste, di Nidia e più di Fanny di Franca e di Silvia, perchè le insegnassero a diventare carina e disinvolta. Superando la sua timidezza e lo sdegno della madre, cercò di vestire come loro: ieri le calze di seta o di filo trasparenti, oggi lo scollo più profondo, domani un capo di biancheria di crespo leggero che non impacci la vita.... — È la moda, m a m m a ! A poco a poco si trasformò. Lesse come le nuove amiche libri che si dovevano portare in casa di nascosto, imparò il tango e il giuoco della racchetta, e seppe sedere mettendo un ginocchio sull'altro per non nascondere ipocritamente le gambe esili e lunghe. — È la moda! Ma il suo riso, studiato nello specchio volendo somigliare a Silvia e a Fanny, restava malinconico, quasi spaventato. Perchè a lei non piacevano affatto né i libri letti di nascosto che lasciano le palpebre gonfie e la testa vuota, né il gestire un po'mascolino di Silvia: tuttavia cercava di copiare ciò che le pareva — 52 — più ardito, per snebbiare iì suo avvenire di signorina povera, piacendo a qualcuno. O h ! se qualcuno l'avesse scelta, Liliana non avrebbe continuato a logorare la sua timida indole. Si sarebbe tutta dedicata a « lui » alla « sua » casa ; che, in fondo in fondo, ella amava le cose semplici e buone come la mamma.... Ma chi sarebbe stato « lui » ? Nella cameretta con tre lettini eguali (che faceva pensare un dormitorio di collegio non veduto mai), esaminava a uno a uno gli ammiratori del « piccolo stato maggiore ». Nessuno aveva un lampo di serietà, di simpatia sincera, nello sguardo, talvolta intorbidato dal desiderio. E allora? I complimenti dei corteggiatori, i discorsi arditi, le letture disoneste, tutto si fondeva in una fiammata sola che turbava l'anima e che Liliana e le amiche tenevano desta, per gioco, senza bruciarsi. E allora? Allora Liliana (nella cameretta che fa- 53 — ceva pensare un collegio non veduto mai) sfogava un poco, piangendo. Franca e Fanny erano i duci del gruppo. Unite da una particolare amicizia, se erano costrette a staccarsi per molto tempo, si appartavano per farsi delle graziose scene di gelosia: — Tu non mi vuoi più bene! — Debbo rimproverarti io, più tosto ! Tutta la serata con Nidia! — E tu con Mary. Io non posso soffrire Mary! — E io Nidia. — Davvero? — Davvero. Bel gusto ragionare con una stupida che crede di essere bellissima e non s'interessa di nulla! La sua ignoranza è fenomenale! Figurati che si parlava del Tea-room e lei à detto : « A me non piace il r u m m e nel tè! » — Carina, questa! Finivano col dir male delle compagne e col farsi grandi giuramenti : — Giura che non mi tradirai mai! E l'una e l'altra, socchiudendo gli occhi, si illudeva di ripetere così a colui che doveva amarle per davvero. - 5 4 - La loro amicizia durava da quando Franca era venuta in casa di zia Fabiana. Il ricordo del tempo che viveva con la madre, e poi quello del suo arrivo in casa di zia Fabiana — ricordi rimasti impressi nel suo animo —, tornavano dinanzi alla memoria di Franca c o m e nitidi ma slegati frammenti di sogno. Si rivedeva nella rustica soleggiata casa di campagna, dove era cresciuta, intenta a fare i compiti di scuola sulla tavola della cucina; la finestra era aperta: le pareva di sentire l'odore di sole e di pane fresco che sempre si univa alla chiara e luminosa visione. La m a m m a era così triste che talvolta piangeva, senza voler dire perchè piangesse, e vestiva di scuro. Ma lei non si affliggeva della sua tristezza, né si stupiva che il padre vivesse solo lontano. Il suo piccolo cuore era ricolmo di umili e giocondi desideri : voleva fare la maestra e vivere accanto alla m a m m a . Niente altro. La vita era tutta lì, nella casa soleggiata, nelle aule delle Scuole Normali, in mezzo alle compagne. Tutto era facile e allegro; ed era quasi — 55 — abituata a veder la m a m m a triste e seria, lontana dal marito. Forse lontana anche da lei. Il babbo era, allora, lo stesso: biondo, galante, rumoroso ; veniva spesso e restava qualche settimana. La prendeva sulle ginocchia, chiamandola « la mia bambolona ». Era allegro, più di ora : ma dopo due o tre giorni si metteva di malumore. Immancabilmente, la vigilia della partenza, marito, e moglie si chiudevano in un salotto per discutere : si udivano le loro voci concitate. Subito dopo egli si preparava a partire, con tanta impazienza che dimenticava di baciare la sua « bambolona ». Franca dava quasi torto alla m a m m a , che salutava il marito con freddezza ostile. Ora, contemplando la sua figura che si sbiadiva nel ricordo, e riudendo certe parole afferrate per caso, le pareva di comprendere la sua freddezza di donna tradita. Ancora si rivedeva accanto a zia Fabiana che l'abbracciava. Il babbo, più bello e più biondo, nella severità del vestito nero, diceva : 56 — Mi farò trasferire qui. Sarò tutto della mia bambolona. E zia Fabiana crollava 11 capo. Lei non si accorgeva della commozione degli altri. N o n aveva mai viaggiato e la piccola città di provincia le pareva molto interessante; non conosceva neanche la sorella del babbo. Tutto la sorprendeva, svagandola; perciò sentiva, un poco stupita e mortificata, che il suo dolore si calmava. Portava una veste lunga lunga, orlata di crespo; e spesso buttava indietro la testa, tanto erano pesanti le sue grosse trecce. D o p o aver conosciuto Fanny Ciarli, venuta a fare subito visita con la madre, era corsa a guardarsi nello specchio alto dell'armadio, tutta umiliata. Era goffa, sgraziata.... Fanny si occupò di lei con gran disinteresse ; le fece raccogliere i capelli a crocchia, accorciò le vesti con le sue proprie mani, non abituate a tenere forbici e ago; le insegnò perfino a curarsi le unghie, a portare i tacchi alti, a profumarsi.... - 5 7 - Trionfante soleva ripetere: — E il mio capolavoro: Il babbo continuava a scrivere alla sorella : — « O fatto domanda per essere trasferito costà, Provvederò io all'avvenire di Franca. Intanto è inutile che vada a scuola. Falle studiare in casa ciò che le piace : l'unica figlia del cavaliere Gaudelli non à bisogno di guadagnarsi un pane ». Queste parole ripetute nei salotti — dove ogni piccolo avvenimento era risa puto e commentato —, fecero buona impressione alle amiche di Fabiana. Ci fu tempo che Fanny, superata dalla scolara, evitò di mostrarsi al suo fianco, temendo di dovere sfigurare. Ma le voleva bene sinceramente e tornò ad esserle amica. Le disse: — Che farci, cara? La fortuna è dalla tua! Diventò la confidente di Franca che cominciava a fare all'amore; si divertì ad aiutarla nel compilare le risposte ai bi gliettini di Gaddo Salvati, a consigliarla ad accettare un appuntamento nel giardino dei Màmmola, a rifiutarne un altro al Caffè degli Accademici.... — 58 Franca credeva di amare. E quando Gaddo diventò un amico qualunque non si addolorò affatto. Poi credette di amare Giulio Nelli, che studiava legge a Roma. La sua confidente le raccomandava: — Non te lo fare scappare. È un magnifico partito. E lei gli aveva scritto ogni sera per un anno, sicura che sarebbe venuto a domandare la sua mano.... Poi.... Ebbene si era stancata del gioco. Un gioco che durava da anni e anni e non finiva mai. Non le restava la dolcezza di un rimpianto. Non rimpiangeva Gaddo, né il tenente Ricciardi — che Fanny chiamava « la gran delusione ». No, ella non aveva mai amato nessuno, neanche Giulio Nelli. E nascosto il volto tra le palme mormorò un nome che le riempiva l'anima di dolore e di luce. - 5 9 - • — « E di madama Angot sono la figlia — sono la figlia....» Ciao! — salutava il babbo entrando. — Non esci? — Sul tardi — rispose Franca —. Non ci vedremo a cena? — No, bambolona mia! O una riunione alle sette. — È festa.... — Che importa ! Il tuo babbone lavora sempre! Viene la tua amica ranocchina? — Viene. — Dove andrete? — Non so. — Addio. II cavalier Gaudelli, vestito di bigio, profumato di eliotropio, col bastoncino in tasca, si allontanò canticchiando. La sua vivacità di vecchio gaudente che vuol essere giovane, era a volte turbata dal pensiero di Franca. — Franchina, bambolona bella ! — borbottava talora fra sé e sé passeggiando su e giù per la camera, mentre si vestiva *—. — 60 — Franca, tu sei un tesoro di figliola, saggia e graziosa, ma se tu prendessi il volo verso una casetta tua, il babbo, poverino, non sarebbe costretto a passare i suoi ultimi anni qui, in questa pettegola città senza risorse, dove cento occhi stanno a spiare se un gentiluomo si ferma a salutare una donna gentile ! Con leggerezza si era assunto l'obbligo di provvedere all'avvenire della figlia; e col passare del tempo, cominciava a domandarsi che mai potesse fare per lei. Qualche volta la sorella sfogava: — Il signor Tale fa la ruota intorno a Franca. Uno spiantato! Lui replicava : — Che farci, cara Fabiana! Il tempo del principe azzurro è tramontato! — Ma se tua figlia si compromettesse come la Santi? — Oh ! non temere. La mia bambolona, piena di spirito e di buon senso, saprà scegliere il mio futuro genero! —- Intanto passano gli anni, Camillo! Tu ài fatto male a non lasciarla studiare ! Ora avrebbe da un pezzo una posizione ! — Una posizione ! — esclamava lui fin geudo di arrabbiarsi —. Significa « farsi 6i una posizione » diventare maestrina, o dattilografa, o impiegata delle poste ? Ci son io per lei e basta. • — E un vero scandalo ! — concluse Fanny —. Le signore ci fanno una spietata concorrenza! Il tuo Gaddo è diventato il cicisbeo della signora Bianchi! — Anche il Pieri — replicò subito Franca incipriandosi —, si dedica alla marchesa Giulietta. — Pieri! — esclamò Fanny turbata —. Non mi interessa. Giulietta e Romeo.... Che ridere! Una Giulietta con capelli tinti e la panciera! Andò presso la finestra canticchiando : Ninon, Ninon, que fais-tu de la vie? J^ose ce soir, dentain fi Strie. Comment vis-tu, toi qui nas pas d'amour? — Sai — s'interruppe —, queste parole, che mi piacevano tanto, cominciano a sembrarmi malinconiche. — Diventi romantica? — esclamò Franca —. Bada che non ti senta la Silvia! — 62 — — O h ! Silvia! — fece Fanny. Ripigliò con una insolita gravità nel piccolo e tondo visetto : — Non sono affatto romantica. Mi accorgo più tosto che una signorina come noi, per quanto faccia la spregiudicata, non à il mezzo di vincere le signore. Mi capisci ? — Ti capisco. Andiamo? — Andiamo. La Santi, per esempio ! Silvia Santi à agito senza prudenza : à messo tutto su una carta (e io, tu, lei, le altre, ne abbiamo una sola!), per sposare il Massimini. Si è rovinata. È cattiva per questo ! — Vedi che la colpa non è sempre delle signore, come dici tu! — E allora ? Oh ! — esclamò Fanny ritrovando d'un tratto la sua gaiezza —. C o m e ti sei fatta bella ! Tu trionferai stasera ! — Te beata ! — Perchè? — Perchè ti contenti ancora di questi trionfi. Io no. — Sai che diceva Silvia, ieri sera ? Che se l'ingegnere Paolini le avesse fatto la corte che fa a te senza stancarsi.,.. •— Non parlarmi del Paolini ! — E come se fosse scapolo; sua moglie, che passa da un sanatorio all'altro, non avrà vita lunga.... — Fanny ! — Sono parole di Silvia, bada ! Non ti ò detto che è cattiva? E non è mio dovere di riferirti, da amica, quanto ti riguarda ? — Salutiamo la zia — esclamò Franca. — Ti sei dispiaciuta? — Figurati! Attraversarono l'andito già mezzo buio. Fabiana annaffiava i fiori sul terrazzo; e la piccola figura bionda e nera contro la luce affocata dal tramonto, pareva tracciata nell'aria con un lapis d'oro. — Ti aspettiamo? — le gridò Franca, temendo che la zia volesse seguirle. — Te l'ò detto, cara. Esco per la benedizione e torno subito a casa. Le due ragazze corsero via per le scale, poi rallentarono il passo. — C o m e ti sei fatta bella! — ripetè Fanny, leggermente ingelosita —. Dimenticavo: è tornata Luisa da Roma. — L'ai veduta? — Sì, Pò incontrata. À un visino sfiorito. — Si è laureata? ^-64-— Una bella laurea, dicono. Si prepara per un concorso. — Pensare che pareva una bambinuccia da non darle due soldi! — E nessuno di noi si occupava di lei, rammenti? Delle signorine.... E Luisa, con le sue dita sporche d'inchiostro e i tacchi bassi.... — .... ora lei va avanti, e noi restiamo ferme allo stesso posto. Che abbiamo fatto in tanti anni? — Davvero! Che abbiamo fatto? Ma i libri l'anno imbruttita! — E perciò? -— A h ! no! — esclamò Fanny —. Io non vorrei imbruttire mai! Sai che ò pensato? Se dovessimo cambiare la nostra vita, io mi farei monaca! — Tu, Fanny? — Ti dico sul serio ! — replicò Fanny —. Le monache non si interessano di niente e perciò sono felici. Non piace anche a te? — Farmi monaca? — esclamò Franca con un brivido leggero —, No, no! Morirei di malinconia! — E allora niente! — fece Fanny allegramente. Risero avviandosi. — 65 — * Mentre le signorine e le signore passeggiavano su e giù, giù e su per il Corso abbellito dalla luce delle lampade, come un grande scenario nell'ora della rappresentazione, il cavaliere Gaudelli usciva, sconvolto, dallo studio del signor prefetto, e, corso a casa, si buttava sul letto lamentandosi. — Che ài? — gli domandava Fabiana che, tornata allora dalla funzione, non si era ancora levato il cappello. — Ò tutti i mali che il Signore à creati ! — Ti duole qualche punto del corpo? Dove ti duole? — Qui, e qui! Ahi! Ahi! — e il povero Gaudelli si toccava il petto, le spaile e accennava i fianchi che gli dolevano veramente. Fabiana riscaldò in fretta delle pezzole di lana; preparò una tazza di camomilla, e mandò Rosina a comprare del laudano. Il fratello si lasciò scottare dalle pezzole, M E S S I N A , Un fiore che non fiorì. •:» — 66 — m a n d ò giù la camomilla, prese il laudano, g e m e n d o sempre più forte. Gli energici rimedi di Fabiana non potevano liberarlo dalla collera e dallo sgomento che lo divoravano. Poi finse di assopirsi per essere lasciato in pace, e, allo scuro (col lenzuolo tirato fino alle orecchie dalla buona Fabiana che l'aveva fasciato c o m e una m u m m i a ) , considerò sé e sé la punizione ricevuta. Un trasferimento telegrafico in Sicilia! L'insipienza del Ministero, la volubilità delle donne, la propria ingenuità e l'invidia del prefetto, erano le vere cause del trasferimento così ben simulato da indiscutibili « ragioni d'ufficio » che, dopo tutto, gli facevano onore agli occhi dei colleghi. Il pensiero che la sua rispettabilità non fosse stata addentata, lo chetò un poco. Sorrise, allo scuro. Era forse colpa sua se piaceva più del prefetto — così poco elegante, così poco galante! L'invidia! L'invidia! Niente altro che l'invidia lo aveva rovinato! Considerando la sua innocenza, rassegnandosi stoicamente al sacrifizio, si addormentò. - 6 7 - Levandosi completamente rasserenato, si stupì delle premure di Franca e di Fabiana. — Sto meglio ! —- rispose rammentandosi di essersi messo a letto malato —. Sto proprio bene! Solo più tardi cominciò a raccontare la cosa. Era l'ora di colezione ; Fabiana tagliava il pane a fette e Franca lo imburrava; il cavaliere raccontava lentamente, come se masticasse le parole prima di mandarle fuori. In verità gli riusciva diffìcile comunicare la notizia a bruciapelo. Fabiana non si permetteva mai di replicare al fratello che, vissuto lontano, le aveva sempre dato una specie di soggezione. Senza accorgersi che lo interrompeva esclamò : — In Sicilia ! Domani tutti diranno che sei stato punito! Subito si pentì dell'esclamazione. — Vado ad occupare una Sotto-prefettura ! — spiegò dignitosamente il cavaliere. — Non importa! — continuò Fabiana. — In Sicilia si va per punizione. — 68 — O per promozione — esclamò il cavaliere guardando Franca che sorrideva tenendo gli occhi sulle fette di pane che andava imburrando —. E io non posso fossilizzarmi restando consigliere per tutta la vita. Sul volto di Fabiana più chiaro della pergamena, salivano due pennellate rosse. Era così esasperata dalla notizia che le parole le scappavano di bocca senza volerlo. — Alla tua età!... — mormorò. E siccome il fratello corrugava la fronte offeso, continuò: — Volevo dire.... che ti trattano senza riguardo.... E poi — aggiunse con la voce che le tremava per quello sforzo di trattenersi —, è meglio non essere ambiziosi ! Tu non sei mai stato ambizioso! Allora il cavalier Gaudelli per non fare continuare la sorella, un po' troppo eccitata, e per giustificarsi davanti alla figlia, colorì una fantastica storia di persecuzioni politiche alla quale, via via che la inventava, finiva col credere lui stesso. — E dovresti andare? — replicò Fabiana, calmata dal lungo eloquio del fratello - 6 9 Il cavaliere nominò sottovoce l'umile paese che gli destinavano. Franca socchiuse gli occhi, come se qualcuno le avesse dato un pugno nel petto. — Esiste, questo paese, nella carta geografica? — borbottava Fabiana. Franca non udiva più nulla: le orecchie le ronzavano e un rivolo freddo le scendeva dalla nuca alla palma dei piedi. • Dopo tutto l'idea di intraprendere un bel viaggio, per terra e per mare, di non avere a contrastare con superiori, nell'ufficio, e, specialmente, di presentarsi così solo che fosse creduto scapolo o almeno senza figli, rallegrava il cavaliere Gaudelli. Ma Franca, benedetta ragazza, scompigliò i suoi piani. — Babbo — gli disse entrando in camera, come se dovesse comunicargli una notizia —, pensi di lasciarmi qui? — Ma certo ! — fece il cavaliere comtemplandosi nello specchio (e non era sua colpa se uno specchio che gli stava a lato Io attirava col suo bianco e cheto splendore, in un momento pieno di serietà). — 70 — — Io vegeterò laggiù il meno possibile. Fra pochissimi mesi correrò a R o m a e se in primavera non sarò qui di nuovo, oppure.... — borbottò ricordandosi — .... oppure mandato altrove.... Insomma mi preparo alla lotta. — Tanto meglio — replicò Franca, cercando di nascondere l'emozione che le arrochiva la voce —. Verrò con te, pochi mesi. Poi a Roma. Vedrò un pochino la Sicilia. — O meglio un buco della Sicilia! Ti annoierai. — Mi annoierò di più qui, babbo ! Verrà anche la zia — fece Franca, sicura che zia Fabiana non avrebbe lasciato la smorta città di provincia, alla quale era attaccata come l'ostrica al suo guscio. — Lascia stare Fabiana! — rispose il cavaliere corrugando la fronte senza più guardarsi nello specchio —. Non ò davvero voglia di sentire lagnanze. — Ti sei imbronciato? Proprio non la vuoi la tua Franca ? ! — Bambolona mia ! — rispose rassegnatamente il cavaliere Gaudelli — a te non so rispondere di no. A te — aggiunse sottovoce, con sincera tristezza, ricordando _ 71 — che troppe volte aveva risposto di no alla sua povera moglie —. Dico: preparati! — Grazie, babbo! — rispose Franca, con entusiasmo. — Corri a preparare le tuet robe ! — esclamò il cavaliere Gaudelli già liberato dal suo attimo di tristezza e di rimorso —. Abbiamo due settimane di tempo, e poi marche! Corri. E anche lui cominciò subito a lavorare mettendo sottosopra i cassetti per scegliere quanto gli serviva. Comprò guanti, scarpe e cravatte per sé; profumi, nastri e romanzi per Franca. Alla fine si fece portare a casa due bauli nuovi — da riempire di abiti — due scatole di cuoio per i cappelli, e quattro valige. Spiegava alla sorella che crollava il capo: — La mia Franca non si deve presentare laggiù come la figlia di un povero impiegato! Io sono qui, pronto a sacrificarmi per lei, sino all'ultimo. Era convinto di sacrificarsi e di adempiere ai suoi doveri di padre. — Che altro dovrei fare per lei? — si domandava fra sé e sé tranquillamente, — 72 — • — Sei la montagna che va incontro a Maometto! — esclamò Fanny quasi sbigottita —. Nel suo paese.... Franca mormorò: — C o m e non credere al destino? Tu cammini diretta a un posto, e i pàssi ti portano dove non pensavi di andare. — Nel suo paese! — ripetè Fanny —. Non ti fare scappare la fortuna! Ah! Franca! Franca! fossi nei tuoi panni! — No, Fanny. Se non è destino.... — Ah ! Chi à tutto dalla sua, il destino se lo fa come vuole! Afferra la fortuna che ti passa davanti e che non ripasserà mai più. Mal più, capisci! Mai più! Ninony Ninon que fais-tu de la vie?.,. Ah! tu sai che farne, tu!... — Fanny, tu piangi! — Ma no! — esclamò Fanny. I suoi occhi, sporgenti e chiari, luccicavano più del solito. — Figurati ! — ripigliò —. Stasera avrò una richiesta di matrimonio. - 73 — Per davvero ? — Per davvero. — Ma sarà una cosa seria? — Anche troppo seria. I miei genitori sono preparati a ricevere il cavaliere Maurino. — A h ! Maurino? —- Sì, il collega di tuo padre. Più giovane di tuo padre, però.... C o m e ti pare? dimmi la verità! — M a h ! Una brava persona. Ò sentito dirne bene. — Ecco. Una brava persona! À i baffi lunghi lunghi — rise Fanny per non piangere —. Verrà con la madre, a domandare la mia mano. E finito il tempo dei flirt, di Pieri e di Alessi.... Bisogna pensare all'avvenire, ora mai. E l'avvenire è lui, coi suoi baffi lunghi lunghi e le spalle un po'curve. Mi dirà : — signorina Fanny, vi a m o tanto! —. Ma io non l'amo, poverino! Pure dovrò contentarmi di questa buona occasione! Perchè, vedi, in città sono convinti che io ne abbia fatti di tutti i colori !... Anche tu, Franca. Non ti ribellare. Pare così ; perchè abbiamo corso dietro le fantasie, cercando l'amore che non è mai venuto. Tu ed io siamo due fiammelle ac~ — 74 — cese sulla finestra aperta, che vanno c o m e il vento le spinge, senza fare luce a nessuno.... E Fanny, colla testina sul petto dell'amica fedele, pianse e singhiozzò liberamente. — Ma tu — m o r m o r ò con tenerezza, senza invidia —, tu ài trovato l'amore, e sarai veramente felice. Zia Fabiana, che stava per entrare nella stanza in disordine, credette che le fanciulle piangessero così desolatamente, per la pena di doversi lasciare. Si allontanò in punta di piedi, asciugandosi gli occhi, commossa e pentita di non avere fatto mai niente per acquistare la confidenza della sua nipotina. Ecco che se ne andava e n<^n avrebbe avuto da ricordare altro che i suoi continui rimproveri.... N o n potè fare a m e n o di tornare indietro. — Franca, tesoro! — disse —, vorrai sempre bene a zia Fabiana? Il tono della sua voce era così lamentoso che le due amiche divagate, si asciugarono gli occhi. — Oh ! certo — rispose Franca per cortesia. E anche lei pensò, con un po' di tristezza, che se ne andava senza rimpiangere nulla. III. Franca esclamò, affacciandosi : — Il paese è bruttino. Le finestre del salotto si aprivano su una piazzetta, che aveva di qua una chiesa e di là il Circolo con un gran ballatoio; e fra il Circolo e la chiesa uno squarcio arioso e lontano chiuso dal profilo d'un monte. Franca fece spalancare le finestre della sala da pranzo che davano sul Corso, e i balconcini di varie stanze che si affacciavano in un vicolo. Il cielo blu non si poteva guardare, tanto il sole lo faceva splendere, e il vicolo, pieno di un forte odore di cacio e di frutta, era pulito e asciutto: da ogni finestra si vedeva lo stesso monte, color dell'acciaio, che pareva portare a malincuore sulla cima un Castello rovinato. — Il paese è brutto — ripetè Franca, - 7 6 - Parve che il paese avesse sentito ; e all'improvviso si imbruttì per davvero. Il cielo si allividì, e la pioggia si affannò, di giorno e di notte, a infangare le strade, i muri e le porte. Franca indugiava a guardare distrattamente, di là dai vetri chiusi, gli alberi ingialliti del Corso mezzo deserto, i pochi uomini che passavano in fretta sotto i lucidi e grondanti ombrelli aperti. Andava a guardare il vicolo: qualche donna passava di corsa, da un uscio all'altro, riparandosi con la gonnella rimboccata sul capo, o con un sacco. Perchè era venuta? L'avrebbe riveduto? Dove abitava? Forse lassù fra le case aggruppate ai piedi del Castello che chiudeva l'orizzonte come un tappo di sughero frantumato? O forse in mezzo alla campagna bellissima, guardata dall'automobile col desiderio di trovarvi rifugio? O più tosto, non era vicina la sua casa, in uno dei palazzi del Corso che parevano, e non erano, disabitate? Prendeva un libro e si guardava attorno prima di sedere : le poltrone del salotto, come il parato a fiorami, come i mobili e _ 77 _ gli oggetti di tutta la casa le facevano quasi ribrezzo. Si domandava : — Chi avrà usato queste cose che io tocco con le mie mani ? E le pareva di essere in un albergo. Si abbandonava al lontano ricordo odoroso di pane e di sole, col sollievo di non dover nascondere, nei colloqui coll'anima sua, gli umili desideri che l'avevano rallegrata bambina e che tornavano, spenti e sbiaditi, nella sala della sotto-prefettura. — Povera bambolona ! — ripeteva il cavaliere Gaudelli, tornando di fuori con le scarpe così bagnate che lasciavano i segni sul tappeto di cocco. — Compatisci te stesso, babbone ! — replicava Franca —. Sei un pesce fuor d'acqua, o meglio un pesce che a cambiato acqua! — È un altro, il mio caso !... Ma tu, bambolona mia, perchè mi sei venuta dietro? Sicuro, perchè? — Ai portato le cartoline, i francobolli? — Due pacchetti di cartoline, col panorama fotografato da tutte le parti del paese! Basteranno alla tua fame? Franca rise. Non scriveva solo alle amiche ; ma si rammentava di mandare saluti e pensieri _ 7 8 ^ affettuosi anche a certe antipatiche signore conoscenti di zia Fabiana, perchè non fosse dimenticata da alcuno. All'improvviso spiovve. Franca uscì col padre che si sentiva ringiovanire cercando di accordare il suo passo con l'elastico e leggero passo della figliola. — È il sotto-prefetto nuovo — si dicevano le femminette salutando. — È sua moglie? — Troppo giovane, per lui! — Ma anche lui è un bell'uomo! Il cavaliere Gaudelli afferrava le esclamazioni di rispettosa curiosità che a volte lo rallegravano a volte lo mortificavano un poco. Andavano per il silenzioso e deserto viale dello chalet, su per lo stradale del Calvario che pareva lavato ; l'erba fresca e rinnovata dalle piogge fremeva tutta, piegandosi, sotto la rude carezza del vento; e l'aria odorava se un raggio di sole riscaldava la terra. Andavano in silenzio, tirandosi da parte ogni tanto per lasciar passare un irrequieto branco di capre guidato da un u o m o chiuso nel cappotto nero. — 79 — Franca usciva con una speranza, che era sempre meno lieta; tornava con una delusione che era sempre più scura. La speranza d'incontrarlo. Usciva solo per questo. Passando per le vie del paese, sogguardava le finestre delle case che parevano disabitate, E se egli l'avesse già veduta? Non si sarebbe mostrato? Tornando (aveva le mani piene di delicati colchici autunnali), era stanca ed oppressa. Il padre, che si era fatto socio del Circolo, l'accompagnava fino alla porta. — Ciao, bambolona. Torno presto. Ma se ài appetito, cena pure senza aspettarmi. Ella andava alla finestra per vederlo passare sul ballatoio del Circolo. Passava e spariva. Forse anche lui passava e spariva. Ogni sera aspettava il padre fino a tardi. Egli le raccontava tutte le piccole novità della serata: le chiacchiere, le partite a biliardo, i commenti fatti alle notizie dei giornali. — Io ti faccio divertire ! — esclamava^ — 80 — convinto che Franca si potesse interessare dei suoi racconti. Nominava le persone conosciute. Annunciava delle visite: — Verrà la signora Florio, la moglie del segretario comunale. È vecchia — aggiungeva con un po' di disprezzo —. Ma è una buona donna. Franca aspettava ansiosamente un nome ; un nome che il padre non pronunciava. E si sentiva disfare dalla stanchezza dell'attesa. Forse egli non viveva in paese ed era inutile aspettare. Veniva la Florio, venivano altre signore ; facevano a malincuore visita a una ra^ gazza, per obbedire ai mariti che avevano da fare col sotto-prefetto nuovo. Le riceveva il più affabilmente che poteva nel freddo e ricco salotto non suo, offrendo il caffè, suonando, mostrando la cartella degli acquerelli, chiacchierando.... Le signore, dall'aspetto grave e materno, rispondevano di sì o di no sprecando poche parole. Nelle brevi e calme pause, Franca era assalita da una prepotente voglia di parlare di Stefano alle visitatrici che lo do- _ 8i — vevano conoscere, di piangere sulle loro robuste ginocchia. Restando sola, in mezzo al salotto troppo grande, aveva la gola asciutta. Con gli occhi sui fioroni del parato, pensava a Fanny, al salotto della Delroi, al giardino dei Mammola, a tutto quanto aveva abbandonato inutilmente. Disse il cavalier Gaudelli : — Dimenticavo che ò fatto la conoscenza di un certo Mentesana, proprietario di terre, straricco. Il figlio di questo Mentesana, un giovanotto rosso come una pannocchia.... — Non è possibile che sia rosso! —, esclamò Franca, con un piccolo grido. — Perchè impossibile? — fece il padre —. Non precisamente rosso! biondo scuro. Un sornione — continuò —. Molto antipatico! Il padre mi piace. Si parlava di miniature antiche, e io Pò invitato a vedere la mia collezione. Ti dispiace? Franca non l'ascoltava più. MESSINA, Un fiore die non fiorì. 6 — 82 — — Ma temo di non avere portato questa collezione! Bella figura farei! Franca, ti domandavo : abbiamo portato la cassetta rossa? — Sì, babbo — mormorò Franca, con uno sforzo. Pensava: — Non è Stefano. Gente che porta il suo nome. Forse Stefano non vive in paese. — Lo vedrai — le rispondeva l'anima in tumulto —. Lo vedrai.... • Preparò le paste, i fiori, e si fece bella : con un nastro aveva legato sulla nuca i capelli, che crescevano lentamente, e alle spalle aveva Paria d'una bambina troppo alta. Le pareva di sentir la voce di Fanny: — Attenta, Franca.... Doveva cominciare col piacere a suo padre. E se l'ospite non è suo padre ? — si domandava inquieta. Eccolo. Nel grande salotto entra il signor Men- - 83 tesana: un vecchio diritto, bianco, che pare un colonnello in borghese. Non è solo. Stefano lo accompagna. C o m e tutto avviene semplicemente nella vita! — Mia piccola Franca, ti presento i signori Mentesana. Franca vorrebbe esclamare: — Ci conosciamo ! Ma la gola è così secca che l'esclamazione si ferma nel sorriso della bocca sbiancata. — Le farò vedere la mia collezione — disse il signor Mentesana dopo avere osservato i pochi medaglioni che il cavaliere gli aveva mostrato —. La mia casa è aperta per lei : venga a trovarmi. Stefano aggiunse: — Papà ne à una spettacolosa. Da quanti anni la fai, papà ? Senza spendere un soldo ! Beccando i suoi piccoli tesori di qua e di là con l'aria di farsi dare delle cose inutili. Pareva che lo Stefano conosciuto nel salotto della Delroi, si fosse cambiato un poco: era quasi allegro; più disinvolto più sicuro di sé. - 8 4 — A lei piace, signorina, questo genere d'arte? — Immensamente — rispose Franca. — A me no — fece Stefano. Mentesana padre disse: — Non posso permettermi d'invitare anche lei, signorina!... Mia moglie non esce mai.... Pure la farò venire. — Ma niente affatto! — esclamò il cavaliere — Franca verrà volentieri a conoscere la signora. Non è vero, bambolona? * — Una forestiera che si presenta per la prima ! — continuava a ripetere donna Lucia Mentesana con disprezzo. — Ò insistito io. Può dirtelo Stefano, se ò insistito! — esclamava don Mario Mentesana. — Sì, papà à insistito — fece Stefano entrando —. Sarebbe più gentile se andassi tu, prima che.... — Io? Far visita a una ragazza? — Ti assicuro — replicò don Mario —, è una signorina per bene. E il padre.... — O h ! lascia stare il padre! — inter- — 85 — ruppe donna Lucia a bassa voce perchè non udisse Maria Luisa —. Dicono che sia un gran donnaiolo! Insomma, tu ài fatto male a invitare simile gente! Stefano si allontanò, sapendo che il padre, timido e irresoluto, soffriva quando la moglie, avviando i suoi interminabili battibecchi, lo rimproverava in presenza dei figli. Pentito di essersi recato in sotto-prefettura, si preparava a tornare subito in campagna per non essere tentato di ricevere anche lui la visita che turbava tanto la madre. Era andato per curiosità e per vanità, chiedendosi se Franca non fosse venuta in paese per lui. Era passato più di un anno, dalla primavera di Firenze. Forse non si era ricordata di lui una volta sola. Un anno...., Così diversa.... Così lontana.... Il caso aveva mandato suo padre laggiù ; e lei l'aveva seguito. Per un capriccio? o per un calcolo? Un anno.... Così lontana,.,. — 86 — Così diversa.... Era venuta per lui; c o m e una donna che si offre. L'aveva sentito. Questa sensazione era sgradevole; e aveva bruscamente cambiato la sua vanità in una specie di avversione. Aveva paura, guardandola, di dirle : — ti a m o ! — e di stringersela tra le braccia senza volerle bene. * — Sono mortificato! — ripeteva il cavalier Gaudelli ammirando un prezioso ventaglio antico —. Davvero mortificato di averle mostrato la mia povera raccolta ! Franca, cercando d'interessarsi degli oggetti che il vecchio Mentesana le metteva davanti con orgoglio, aveva la sensazione che gli sguardi scrutatori della signora Mentesana, e quelli furtivi di Antonio, seduto nel canto più scuro del salotto, immobile c o m e una statua di bronzo, e le brevi occhiate piene di curiosità della moglie di Antonio, restassero nell'aria c o m e un velo di nebbia. I divani e le poltrone alte e dure, la — 87 — tappezzeria a fondo violaceo, i grandi quadri a olio, le vecchie armature, il massiccio lampadario, tutto le pareva solenne strano ostile. Poi venne Maria Luisa: come se un fiore fosse luminosamente fiorito, per prò digio, nel salotto. Le si sedette a fianco e la guardò con estatica ammirazione. Franca, rianimata, lasciò le miniature per andare assieme a Maria Luisa, a guardare dal balcone il giardino ancora verde, chiuso dall'alto muro; e Maria Luisa le prese una mano, come si fa in collegio con l'amica preferita. — Cara! — le disse Franca —~. Ci voiremo bene? E ci daremo del tu? — Tanto bene! — rispose Maria Luisa, — E lei mi darà del tu! I suoi occhi bruni erano così miti e dolci che parevano dire: — C o m e è bella la vita! * Maria Luisa volle rendere subito subito la prima visita alla signorina Gaudelli, Poi volle vederla ogni giorno, la volle — 88 — qualche volta a pranzo; l'avrebbe voluta a dormire nella sua cameretta, se la madre avesse permesso tanta domestichezza; e non avrebbe fatto altro che parlare di Franca, dalla mattina alla sera, se in casa non si fossero infastiditi del suo entusiasmo. Aveva sedici anni: e a sedici anni si vuole sinceramente bene all'amica prediletta, specie quando l'amica è una signorina che sulle prime dà un po' di soggezione. — Meglio che venga lei ! — pregava —. Marna non mi farebbe uscire ogni giorno ! E poi.... non se l'abbia a male.... a casa nostra è tanto piacevole! Sì, era tanto piacevole. L'autunno indugiava mollemente e il sole era così caldo ancora che faceva dimenticare le violenti piogge passate. Scendevano tutte e due nel giardino grandissimo chiuso dall'alto muro, che smorzava il rumore del paese: il rotolio d'un carro, lo schioccare allegro d'una frusta, la nenia d'un canto che si allontanava.... Piacevole, sì, posare il piede sul tappeto di foglie che calpestate, sussurrano - 8 9 - e gemono; ascoltare il chiacchierio di Maria Luisa che raccontava le piccole novità delle sue giornate, di Maria Luisa che adorava la sua amica grande.... Stefano si vedeva di rado. Se non andava in campagna (era tempo di vendemmia), restava tutto il dopo pranzo nello studio : verso sera, quando Franca era andata via o stava per andarsene, saliva sopra. — Meglio! Meglio! — faceva Maria Luisa —. E così noioso avere i miei fratelli tra i piedi! Franca approvava con un sorriso ; abbracciandola si nascondeva il volto tra i capelli di Maria Luisa, perchè Maria Luisa non la vedesse arrossire. Il cuore le batteva in disordine, e sulle labbra salivano pazze parole di disapprovazione. Un giorno Maria Luisa che andava mostrando all'amica ogni stanza della casa ogni oggetto che le sembrasse bello, aprì l'uscio del salotto, chiuso a chiave. Al buio andò a spalancare il balcone ; e le alte e dure poltrone, i quadri, le armature, i vecchi marmi delle consolle cariche di minuzie, di balocchi, di bestiole 90 — imbalsamate, brillarono nella luce del sole. Qualche doratura luccicò in fondo alla parte più buia. — Quanti quadri! — disse Franca. — Quanti occhi che guardano.... Volti chiusi e cerei nel fondo cupo della tela, occhi penetranti misteriosi che seguivano i passi e i gesti delle due amiche — in ogni punto della vasta sala. — Tutti parenti. Gente antica, però! — fece Maria Luisa ridendo —. La contemplano ; e anche lei li contempla. Io li conosco tutti e so la storia di tutti. — Racconta, Maria. — Quello col goletto di pizzo che tiene una mano aperta sulle Pandette (si legge ben chiaro la parola « Pandette »), fu sindaco del paese. E questo giovanetto che la guarda, se va a destra o se va a sinistra, vede? Dicono che l'anima sua non abbia ancora trovato requie: perchè è morto di mala morte. La fidanzata lo tradì e lui si uccise, con un colpo di pistola, — Siete così, voialtri ? — C o m e così? — Che vi sparate se un amore va a male? — Ma no ! — rispose Maria Luisa ri- 9t — dendo. — I tempi sono cambiati ! Pure — aggiunse facendosi seria —, se si vuol bene per davvero.... Franca la guardò ' avrebbe voluto mormorare : — Dimmi, lui si ucciderebbe, se mi amasse ? Abbassò la fronte e socchiuse gli occhi, — Quello delle Pandette — continuò Maria Luisa — à ucciso la moglie, — La moglie.... — Se Io meritava, sa! Poi à corso à corso come un disperato e si è buttato nel fiume. L'anno ripescato. I contadini assicurano che certe notti si ode un urlio, nel fiume. E la sua povera anima che si lagna. — Mi fai paura! —esclamò Franca un po' eccitata —. Andiamo in giardino. Codesta è tutta gente che o si è uccisa o à ucciso ! — Ò scelto le storie più divertenti —, rispose Maria Luisa. — Ài quasi ragione, — fece Franca sorridendo —, noi ci divertiamo col dolore degli altri! — Non volevo dire così —, esclamò Ma» ria Luisa mortificata —. Volevo dire che _ c)2 -- qui ci sono tanti ritratti di persone che son vissute in pace : ma la loro storia non è interessante. • Col ritorno delle piogge e col primo freddo invernale, poche stanze furono abitate e riscaldate. La moglie di Antonio, incinta e sofferente, si ritirava nel suo appartamentino, subito dopo aver mangiato alla tavola dei suoceri, così come era costretta ; e Antonio si occupava a pianterreno a educare un piccolo levriero, a imbalsamare uccelletti, a pulire i suoi fucili da caccia. Generalmente essi si facevano vedere pochissimo. Nessuno andava più in campagna. Perciò Stefano restava tutto il giorno nello studio, col padre: ma qualche volta saliva nella sala da pranzo a scambiare quattro chiacchiere con Franca e Maria Luisa. Donna Lucia metteva in ordine le robe da estate, sorvegliava le serve che facevano la conserva di cotogne e il sanguinaccio, accudiva a faccende sempre nuove, poiché l'occhio della buona massaia non si riposa un momento. - 9 3 Maria Luisa ricamava a telaio e Franca veniva con un lavoro nella borsetta. Aveva imparato a ricamare, per tenere compagnia alla sua piccola amica e per piacere a Stefano. Per piacere a Stefano portava i capelli raccolti sulla nuca, senza fiocco, e andava scucendo dagli abiti le guarnizioni che le parevano troppo vistose. Stefano si divertiva a dar noia alla so rella; peggio di un ragazzo; le nascondeva gomitolo e forbici o le scioglieva le trecce.... ma più spesso portava un grosso e robusto quaderno dove raccoglieva le poesie che più gli piacevano : e leggeva forte. Gli piaceva leggere forte, perchè aveva una bella voce pacata e armoniosa. Le ore passavano chete e piacevoli; ma certe volte Franca si accorgeva di aver levato lo sguardo su di lui che completava la lettura, a memoria, guardandola negli occhi. Allora abbassava la fronte smarrita. E Maria Luisa arrossiva, bucando con secco affrettato rumore la tela tesa sul telaio. Franca abbandonava, ad una ad una, le sue fragili arti per sedurre Stefano - 94 come il vinto che lascia cadere, ad una ad una, le armi non più utili. Diventava semplice, un pochino impacciata e timida come Maria Luisa. C'era nel mondo signorine eleganti spiritose e civette come Silvia o come Mary? !... Non era tutto lì, il mondo intero, nella tranquilla stanza dei Mentesana, nel voluttuoso sguardo di Stefano che ripete a memoria le ultime parole d'una poesia guardandola negli occhi? * Quando Stefano lasciava Franca, gli pareva di svegliarsi. Standole vicino, svaniva la diffidenza, e quella specie di avversione provata nel rivederla. Ma restando solo, rivedeva la signorina Gaudelli conosciuta nel salotto della Delroi; la Franca dai capelli corti che rispondeva ora con malinconia studiata, ora con gaiezza studiata, agli sguardi lucenti di ammirazione di invidia di desiderio, che avevan dovuto corrompere la sua fantasia. La diffidenza tornava e subito spariva, a chiaro scuro. - 95 Era venuta per lui. Per capriccio? O per calcolo? Non fingeva anche ora — come nel salotto della Delroi — per piacergli? Tornando a pensare a Valeria, si tormentava per guardarsi nel fondo dell'anima. L aveva veramente amata? Forse no. Forse aveva sofferto solo per orgoglio : Valeria che l'aveva offeso col suo tradimento era morta nel ricordo, e moriva nel suo rancore. Amava Franca? Forse. Ma non le credeva. Chiederle una parola sincera.... Ma l'avrebbe ella detta? L'avrebbe egli creduta ? — Non le credo — si ripetè con amarezza. Così lontana Così diversa.... Ebbe di nuovo paura di gridarle : — ti a m o ! — senza volerle bene. E un bel mattino Stefano partì per la campagna, sebbene cominciasse a nevicare, con una scusa che parve a tutti naturale. - 96 Correndo sulla giumenta nera, in mezzo alla neve soffice e intatta, era felice di fuggire per qualche tempo. • Guardando le finestre chiuse delle altre case, la neve infangata della strada deserta, una bandierina di ferro nero, che girava su un comignolo, battuta dal vento di tramontana, pensava alle cose abbandonate. Sentiva il profumo di « Pompeia » di Nidia, la voce di Silvia, il canticchiare sommesso di Fanny. Fanny era sposata, e si chiamava Maurino: ma non doveva essere cambiata. Passeggiava con le stesse amiche rimaste signorine, ciarlando e ridendo. Anche lei aveva ciarlato e riso con loro, illudendosi per qualche ora di essere felice, di non essere del tutto sola. Il destino si era fatto beffe di lei guidando i suoi passi verso il paese morto, pieno di opprimente ostile profondo silenzio. Cominciò una lettera a Fanny; scrisse — 97 ~~ in fretta, come se qualcuno dettasse, ma poi la mano si rallentò e la penna le rimase ferma, sospesa fra le dita, C'era sì, qualche cosa che voleva dire all'amica di un tempo già lontano : e non osava. L'avrebbe canzonata, Fanny, con la sua risatina viva viva e avrebbe avuto ragione. Maria Luisa, in mezzo all'uscio, tossiva per farsi sentire. Si fece avanti, chiamandola. — Cara, sei tu ! — esclamò Franca finalmente. — Credo di essere io — rispose la fanciulla stizzita —. Venivo per invitarti, ma tu non avevi alcun bisogno di m e , evidentemente. — Non ti avevo sentita, — si scusò Franca, posando un libro sulla lettera non finita. Maria Luisa sbirciò, corrugando la fronte, il foglietto mezzo nascosto. — Addio ! — esclamò —. Vedo che ti dò noia. — Niente affatto. Scrivevo. — Lo vedo. Scrivevi a casa tua? MESSINA, Un fiore che non fiorì. 7 - 98 — Sì. Cioè no. A un'amica. Una stupida lettera. —- Non si piange quando si scrivono lettere stupide. — Non piangevo. Maria Luisa levò su! volto affocato di Franca i grandi occhi ricolmi di rimprovero e di domande. — Non mi credi neanche tu? — No. — Ebbene, tu sei una bambina indiscreta, guarda. Franca scostò il libro. « Cara Fanny.... » Maria Luisa si imbronciò. — Questa Fanny non era una bambina ! Franca sorrise. — E per questo solo le volevi più bene di m e ? — Più di te, no. — Era un'amica? — C o m e te. — Le raccontavi tutte le tue cose? A un'amica si racconta tutto; non si tratta da bambina. Le facevi leggere le lettere che scrivevi.... — E tu vorresti leggere? Leggi. — 99 — — Io no. Non mi riguarda, questa tua Fanny ! Era gelosa, Maria Luisa. La sua gelosia avrebbe spezzato il filo che teneva Franca unita alla casa di lui.... — Leggi — ripetè, decisa —. Io non ò segreti per te. Allora Maria Luisa, pentita delle indiscrete insistenze, non volle prendere in mano il foglietto che Franca, un po' in collera, le porgeva. Ma finì col dire, timidamente: — Leggo forte? — C o m e vuoi. — « Questo paese è antipatico..,.» vedi? — si interruppe subito. Continuò a leggere sottovoce, più mortificata che sdegnata. — Vedi? — si interrompeva — ....E di me non parli! Già.... io non sono niente per te.... « Vado ogni giorno in casa Mentesana.... » Qui finisce.... peccato, averti interrotta ! Chi sa come ci avresti dipinti alla tua Fanny! — Non essere cattiva, Maria! — rispose Franca —. Non ti accorgi che io.... voglio bene solo a voialtri? Che resto qui per voi? Che non fuggo via per voi da questo — 100 — brutto paese?... Sì, è un peccato che la lettera finisca qui. Parlava lentamente, con voce così arrochita che non pareva la sua, tanto temeva di rivelare l'ansia del suo pensiero. Si nascose il volto tra le palme e chinò il capo, smarrita, per non gridare il nome di Stefano. — Sai perchè sono venuta? — esclamò Maria Luisa di nuovo tranquilla —. Domani è la festa di papà. Avremo parenti a pranzo. E io son riuscita a fare invitare anche te. — Se non volevano, ebbene, Maria.... — No, no! Volevano. Ma tu lo sai. Marna à certe idee tutte sue. Dice che non si invita a pranzo una ragazza sola! Idee ! Ma ti vuole tanto bene. È di poche parole, ma ti vuol bene. Che fai, adesso ? Franca stracciava la lettera a Fanny in quattro pezzi. La cosa piacque immensamente a Maria Luisa, che ritrovò il suo buon umore un po' capriccioso. Girellò per le stanze, osservando i pesanti mobili della sotto-prefettura, i piccoli oggetti che appartenevano a Franca. Alla fine sedette per di- — 101 — vertirsi a guardare le cartoline illustrate riunite in un album. — Anch'io raccolgo le cartoline belle! — esclamava —. Te le farò vedere. Ma questa è brutta! Perchè la serbi? — In ricordo. — Chi te la mandava? Gaddo,.., Chi era Gaddo? — Un amico. — Ti scriveva certe frasi! — Che frasi? — Tendresses Non - ti - scordar~di~ me Usque d u m vivam et ultra Questa poi!... — Conosci il latino? — No. E nel Daniele Cortis. So che significa. — Certe volte non significa niente, scrivere così.... Sono parole copiate dai libri — aggiunse —, per fare la corte alle signorine ! Avere turbato Maria Luisa le faceva piacere, senza sapere perchè. Maria Luisa imbronciata, le faceva pensare a Stefano nelle serate di Firenze. — Lascia l'album, adesso! — esclamò bruscamente. Maria Luisa continuava a sfogliare Pai- —- 102 — bum, in silenzio, scostando le cartoline per leggerle. — Ci sono anche delle fotografie.... E ci sei tu. Franca in biroccino, Franca in sandolino, in bicicletta.... — Andavi in bicicletta? — Sì, Maria. È molto comune, oramai, andare in bicicletta. Anche nelle vostre città deve essere lo stesso. Ma nel tuo cervellino si è attaccata qualcuna delle idee della m a m m a ! — Questo che si è seduto per terra, ai tuoi piedi, come un cane, chi è? — Quello che mandava le cartoline. Non ti scandalizzare, Maria ! Credi che tutto il mondo sia così piccolo e cupo come qui ? Maria Luisa arrossì. Pensava che Franca non poteva volerle bene: aveva troppi anni più di lei, ed era vissuta lontano, nelle città grandi dove tutto è diverso. Continuò a guardare le fotografie senza domandare nulla. Anche Franca le guardava, come se le vedesse per la prima volta, rileggendo le firme che si sbiadivano sotto i piccoli gruppi. « Fanny.... Celeste.... Silvia.... » e — io3 — sempre « Giulio » e sempre « Gaddo » e sempre « Franca ». Ma era lei, la Franca dei ritratti? — A rivederci — esclamava Maria Luisa —. Marna aspetta. Franca staccava le cartoline dall'album, che pareva lagnarsi con lo scatto secco di ogni quadrato, nel restare vuoto. — Aiutami — rispose —. Lascia che la m a m m a ti aspetti. — Che fai? Andarono in cucina. — Che fai? — Brucio. Non lo vedi? Aiutami. — Erano dei ricordi, per te. — No, cara. Un ingombro, e niente altro. Ecco le infinite cartoline di Gaddo, di Giulio, delle amiche ; i ritratti ; la lettera fatta a pezzi di Fanny. La prima fiamma si allungò e si ritrasse col fumo; si levò rossa e limpida, sulle carte ammucchiate, divorandole accartocciandole; poi si spense, a poco a poco, lasciando nel mucchio nero e crespo qualche firma ancora leggibile, qualche fotografia quasi intatta. La fiamma fu ridestata e consumato ogni avanzo. — 104 — — Sei contenta, Maria? — esclamò, con tristezza —. Ti ò dimostrato che non voglio bene ad alcuno, altro che a voi? • Maria Luisa tutta accaldata sedette sulla proda, legando in piccoli mazzi i ranuncoli, le pratoline, i ciclamini, colti ora nell'ombra ora nel sole. — L'aria libera fa girare il capo, dopo tanto freddo — esclamò Franca. — Sei stanca ? — Tu no? — Io sono più abituata. — Se potessi — fece Franca —, vorrei vivere in campagna! — T u ? — esclamò Maria Luisa. — Non ti pare possibile? — Sempre sempre? — Sempre sempre. Anche noi abbiamo un podere, lassù, tutto a mandorli e olivi. Ma non ci siamo andati mai. — Vedi? — Ma io vi andrò per sempre ! Maria Luisa non rispose. — io5 — Non le pareva possibile che Franca preferisse la campagna alla città. Sfogliava una pratolina, lentamente ; strappò l'ultima foglia con un piccolo grido di trionfo. — Le margherite non sono mai bugiarde? — domandò Franca, ritrovando d'un tratto la sua risatina ironica. — Mai! — rispose con serietà Maria Luisa —. Bisogna interrogarle con fede. A me anno risposto sempre di sì. — Ai un segreto anche tu? Maria Luisa arrossì : i suoi oblunghi occhi erano così dolci e così lucenti di felicità che parevano dire: — C o m e è bella la vita! — Vedi? — continuò Franca — che certe cose non si raccontano neppure alle amiche? — Non è più un segreto, da ieri — mormorò Maria Luisa —. Avevo tanta voglia di dirtelo! Cesare Tagliartela è venuto ieri sera all'improvviso. E un lontano parente. Un cugino.... Non meritava un nome così brutto, lui che è così elegante. Se lo vedessi ! Ma lo vedrai. Viene ogni anno, di questi tempi. A uno studio di pittore a Roma.... — 106 — Si interruppe: ripigliò: — Non speravo che la cosa bella dovesse avvenire per davvero. Eppure lo aspettavo. — Lo aspettavi senza sperare? — Quasi senza sperare. Dicevo a me stessa : è impossibile. Eppure sentivo che sarebbe venuto apposta per me. Oggi sono tanto felice! Egli è venuto, come mai osavo sperare, all'improvviso. Franca intrecciò le mani sulle ginocchia. L'aria molle e ronzante la stordiva. Ecco che l'amore era venuto all' improvviso per la sua piccola amica, proprio come la primavera che si mostra all'improvviso, in un'alba più luminosa delle altre albe. — Ò tanta paura di R o m a ! — confidò Maria Luisa. — Paura di R o m a ? — Lui non è come Stefano, come noi tutti.... Mi pare tanto difficile che io, una povera ragazza cresciuta in paese, possa piacergli a R o m a come qui.... — Sciocchina! — esclamò Franca —. L'amore è assai più forte di Roma. — 107 — • Donna Lucia ordinò: — Tutti a letto, per mezz'ora. Anche te — disse al marito —. Altrimenti non avrete la forza di tornare a casa. E poi che le ragazze si divertivano a ribellarsi, non le lasciò sole se non dopo averle vedute chete, nei due lettini preparati. Allora chiuse le imposte, e si allontanò in punta di piedi. — Franca! — mormorò Maria Luisa. — Cara! — rispose Franca. — Dormivi? Io non ò sonno. — Neanche io. — Te lo farò conoscere domani stesso. E più alto di Stefano. E più bello. Franca..., — Maria.... — Senti, tu ài veduto R o m a ? — Sì, due volte. — Quanto è più grande di Palermo? Franca.... tu non mi senti più? Dormi? Senti.... Certo Franca dormiva. Anche Maria Luisa si addormentò placidamente. La stanza era troppo calda, e un mo — 108 — scone ronzava senza tregua ; da una spaccatura dell'imposta passava la luce viva e rossa del sole. Il capo le pesava, e le lenzuola scottavano le carni come se fossero diventate di fuoco. Scese dal letto, e posando i piedi nudi per terra, tremò tutta rabbrividendo come se avesse infilato le gambe nella neve. Non capiva di avere la febbre. Però si ostinò a infilare la veste, e scese le scale : si fermò a un rumore. Poi attraversò la saletta, in punta di piedi. Uscì cautamente, avida di trovare un po' di ristoro al calore di fuoco che portava addosso. Si affannò a salire ; scese verso una conca verde e profonda : ma il fresco dell'ombra l'agghiacciava tutta senza darle ristoro. Continuò a salire, inginocchiandosi per la stanchezza. Volle tornare. Ma il capo le pesava quasi fosse diventato di piombo, e non ritrovava più la strada. Le si parò davanti una robusta siepe di rovi e di fili di ferro : cercò un'uscita ; di qua, di là, dietro, davanti, le si parava la stessa siepe dove si era chiusa senza sapere come. Un somaro sciolto divorava l'erba, nel — 109 — cielo si addensavano nuvole scure, e qualche goccia le bagnò le spalle. La bestia era fantasticamente smisurata, e le sue orecchie giungevano sino alle nuvole. Chiamò Maria Luisa. Le rispose l'eco. In confuso pensò che era inutile chiamare perchè era troppo lontana e nessuno la poteva sentire. I Mentesana sarebbero partiti, lasciandola sola, di notte, chiusa nell'immensa siepe senza uscita. — Franca à disobbedito — si sarebbe giustificata donna Lucia. Donna Lucia era ostile e diffidente, come tutti coloro che la circondavano. — Io sola posso aiutare me stessa — pensò rapidamente. Corse di qua e di là, avvicinandosi sempre più alla bestia smisurata che la spaventava. Si fermò, cercando di vedere a traverso il velo rosso e viola che le si stendeva davanti. Un passo, cauto e pesante, un fruscio di rami smossi. Era un uomo, che un po' somigliava ad Antonio, un po'a Stefano. Sentiva la voce, che le faceva paura, — no — ma non riusciva a veder bene. Il capo le si piegava verso la terra. Anche l'uomo le faceva paura: ma non poteva sfuggirgli che aveva perduta la strada. — Ora è stanca ! — rimproverava Stefano —. Ma perchè si è cacciata qui dentro? Si appoggi a m e ! Franca restava ferma e spaurita. Allora egli la prese per la vita, delicatamente, e cominciò a scendere: sentiva sul suo braccio, che la teneva, il tremare delle gracili spalle. Era sua. Si offriva a lui. Smarrito nella sua debolezza di u o m o sano e forte mormorò chinandosi : — Franca.... Allora Franca più fortemente spaurita, trovò la forza di fuggire. Corse, avanti, con le ginocchia che le si piegavano nella corsa, col cuore che le si spezzava. Ecco la casa; ecco Maria Luisa alla finestra. Ma Franca non vedeva nulla. Scivolò, cadde, e le parve che la terra l'avesse presa con cento e cento braccia invisibili e tenaci. 111 — • Stefano si affacciò sull'uscio, col cappello in mano. — Passi! — invitava il cavaliere Gaudelli —. Franca si è alzata! Si accomodi! Stefano entrava per la prima volta, dopo la visita che aveva fatta assieme a suo padre. C o m e tutto avviene semplicemente, nella vita ! — Sta meglio, adesso? — Non ò più febbre. — À camminato troppo al sole quel giorno ! Si dicevano cose stupide, banali, col cuore in tumulto. — À avuto paura di m e ! — Non la riconoscevo. — L'avevo sentita uscire. L'ò cercata tanto ! Ma perchè si era arrampicata lassù? Tacquero. Aspettava, Stefano, che il cavaliere Gaudelli li lasciasse soli. Gli tornavano sulle labbra le parole buone che avrebbero domandato risposte sincere. — 112 — •— Franca.... E poi null'altro.... Il cavaliere Gaudelli, che voleva essere cortese, ridestava la conversazione.... — Una curiosa febbre salita a quaranta.... Forse una specie d'insolazione.... — Leggeva? — esclamò Stefano. — Legga forte — pregò Franca porgendogli il libro che teneva sulle ginocchia. — Ecco — disse Stefano —, un poeta che non va letto forte. À sentito la voce delle cose naturali, delle cose semplici e buone, che non anno mai toni troppo alti. Sfogliava il libro sino in fondo, senza leggere. Franca mormorò: — In queste pagine manca l'amore.... — Tutt'altro! — esclamò Stefano —. Sono tutto amore! Franca non replicò : il suo pensiero era così confuso che le mancavano le parole per esprimersi. — Amore francescano, — continuò Stefano —, vasto e puro che abbraccia tutto il mondo, col bene e col male. Tacquero. Stefano ripigliò a sfogliare sino alle ultime pagine. Disse : — n3 — — À mai letto i versi scritti dalla sorella? — Mai. Non mi piacciono i versi delle donne. — Questa à detto in poche righe tutto quel che una donna può dire. Non à sforzato la sua poesia per esprimere sentimenti che la donna non può provare, o che non dovrebbe confessare. Lesse : Erano sogni; sono: e nell'eterna o m b r a voi resterete, e su voi scende l'oblio del tempo, o figli miei non nati. Sogni ! ed è vana l'opera materna e vani i baci ; che nessun mi tende le sue manine, o figli miei non nati ! Il cavaliere si alzò, trattenendo uno sbadiglio. — Caro Mentesana! — invitò —-, Andiamo a fare due passi? • Maria Luisa impaziente di presentare il fidanzato all'amica, fece grandi feste. — C o m e sono contenta ! C o m e sono MESSINA, Un fiore che non fiorì. — 114 — contenta! Vieni subito nella stanza da pranzo. Cesare! Cesare! Ecco Franca! — Franca Gaudelli. — corresse Franca, rammaricandosi di portare il suo modesto abito da casa. — La signorina Gaudelli.... — esclamò Cesare — Me ne parlava Giulio Nelli, il mio carissimo compagno d'università... Franca trasalì, pregando Cesare con lo sguardo. — Non è quello delle cartoline ? — saltò su Maria Luisa. — No — rispose seccamente. Cesare cominciò a parlare d'altro. Ma Franca non lo ascoltava, pensando ostinatamente che per un anno aveva scritto al Nelli, ogni sera, e forse il Nelli aveva mostrato all'amico le sue povere lettere.... Per questo Cesare la guardava con fredda curiosità. E ora le accennava, con un lievissimo sorriso, che aveva capito, e non avrebbe parlato.... Anche lui, come Stefano, pensava male di lei! Ebbene, era necessario spiegargli.,.. Che cosa?... C o m e poter parlare, da solo a sola, coi fidanzato di Maria Luisa? — n5 — Franca insegnò nuove pettinature alla sua piccola amica fidanzata, l'aiutò ad abbellire i vestiti d'ogni giorno, le regalò una boccetta di profumo dimenticata fra gli oggetti inutili. — Gli piacerò di più così ! — diceva Maria Luisa con riconoscenza, guardandosi nello specchio, prima di scendere nella sala da pranzo dove il fidanzato aspettava. Nella sala da pranzo c'era, immancabilmente, donna Lucia, che non riusciva a conciliare il dovere di sorvegliare « i ragazzi » con l'interesse di badare alle faccende di casa. C'era anche Stefano, che se ne andava subito, seccato, addolorato; egli veniva per persuadersi, sempre più, che Franca si andava trasformando dal giorno che aveva veduto Cesare: un bel giovanotto, con la piega nei calzoni, e il complimento ben fatto, pronto sulle labbra. A poco a poco, tornava a somigliare, nel m o d o di — 116 — vestire, di muoversi, di sorridere, alla Franca del salotto della Delroi, alla piccola Valeria di Palermo. Era inevitabile. Se ne andava, subito, abbuiato dal cruccio e dalla gelosia. Allora donna Lucia, rassicurata, affidava a Franca una mezza prova di fiducia. — O bisogno di andare in cucina un momento — le diceva —, faccia un po' da sorella grande a Maria Luisa. I fidanzati non le davano tanto pensiero quanto glie ne dava il vedere Stefano in compagnia della figlia del ^otto-pi. f-lio, Cesare esclamava: — Soli col nostro grazioso chaperon! Non ci sarebbe da stare tranquilli, m a m ma ! Maria Luisa rideva, arrossendo. Franca sorrideva, e un sapore amaro le saliva nella gola: sentiva nella voce e nello sguardo di Cesare una cert'aria di intesa, di protezione così confidenziale che la offendeva e la turbava; nell'allontanarsi di Stefano il tornare della diffidenza. — 117 "~ • Era festa, e nella stanza da pranzo si erano riuniti tutti. Solo Antonio e la moglie mancavano, come sempre. Cesare che parlava con piacere di sé stesso descriveva da un pezzo il suo studio da pittore, senza accorgersi che la stessa Maria Luisa tratteneva gli sbadigli ; il vecchio Mentesana e il cavalier Gaudelli cominciavano a giocare a scacchi, senza badargli ; donna Lucia sonnecchiava ; e Stefano era assorto a deviare il cammino di una fila di formiche sul davanzale della finestra. Franca lo interruppe: — Vuol farmi il ritratto? — Volentieri — rispose Cesare. Guardò Maria Luisa, poi la futura suocera addormentata, in fine Stefano che, quasi lo avessero chiamato, si era avvicinato a Franca. — Falle il ritratto, Cesare! — approvò Maria Luisa entusiasmata. — n8 — — Credo che potremmo fare sul terrazzo il nostro atelier — esclamò Cesare che aveva la smania delle parole straniere —. Vogliamo andare a vedere? — Babbo! — esclamò Franca vivacemente, seguendo i fidanzati —. Il signor Tagliatatela mi farà il ritratto. Stefano uscì dalla stanza, con la testa fra le spalle. • lì terrazzo, che continuava nel giardino, aveva un bellissimo sfondo verde che Cesare volle nascondere con un tappeto steso su una corda. Fu portato un cavalletto, due grandi cassette chiuse a chiave. Finalmente, dopo infiniti preparativi « il pittore » si mise un camiciotto e un berretto di velluto nero. Franca in camera di Maria Luisa, si faceva aspettare. Aggiustandosi, per cominciare a posare, si accorgeva di essere diventata brutta e pallida. Si spettinò : si pettinò da capo. — ii9 — — Peccato! — fece Maria Luisa impaziente. Franca crollò il capo. Si era invecchiata in pochi mesi. Era questa la vendetta dell'amore che ella aveva creduto di sentire nei « flirt », nelle banali dichiarazioni dei corteggiatori da salotto? Mentre l'amore sano, bellissimo, forte, l'amore che giunge una volta sola, non aveva ancora picchiato al suo cuore.... — Très-bien ! — esclamò Cesare, senza alzarsi dal suo posto, davanti il cavalletto —. Sarà il mio capolavoro ! Non ti pare, Stefano? Stefano si avviò di malumore, senza rispondere, giù per la scaletta di pietra che portava in giardino. — « Che diritto ài tu alla tua gelosia? » — pensò Franca. Ma subito la certezza che egli fosse geloso la fece tremare tutta di speranza e di gioia. — «E geloso perchè mi amai Perchè mi ama ! » — si ripetè : e col rapido mutarsi dei pensieri le saliva sul volto impallidito un vivo e leggero color di rosa. — Guardi verso l'uscio ! — osservava — 120 — Cesare, ammirandola dalla punta delle scarpette di pelle lucida alle grandi forcine bionde —. Brava ! Così ! Maria Luisa, d a m m i il pennello che ò posato sulla cassetta. • — Le giornate si accorciano e la nebbia ritorna sul paese —- brontolò donna Lucia, affacciandosi alla piccola finestra che dava sul terrazzo —. Q u a n d o la finirete, Cesarino? — O quasi finito, m a m m a ! — rispose Cesare —. Pochissimi giorni ancora* — Volete il caffè caldo o la granita? — La granita ! la granita ! — esclamò Maria Luisa. — Ma lascia un po' scegliere agli altri ! — fece donna Lucia —. Tutti debbono obbedire sempre ai tuoi capricci ! — A scelto bene — disse Franca —, e io faccio volentieri quel che vuole Maria Luisa. — Anch'io — esclamò Cesare. Maria Luisa tornò ad accoccolarsi, trionfante, presso il cavalletto, porgendo i pennelli al fidanzato. — 121 — Il ritratto piaceva a tutti, in casa, anche a donna Lucia che lo trovava « molto somigliante » ; e Maria Luisa assicurava che Stefano, vedendolo, ne sarebbe rimasto stupefatto. Franca non diceva quanto la mortificasse il vedersi incollata sulla tela grigiofumo, in una positura certo ispirata al presuntuoso dilettante da qualche illustrazione da cartoline. Continuava a posare, illusa di potere finalmente parlare, un minuto, da solo a sola, col fidanzato di Maria Luisa, sebbene il ritratto fosse quasi finito e finiti i lunghi dopopranzi. La partenza di Stefano, che restava in campagna, le faceva sentire più forte la necessità di spiegarsi con Cesare. Non sapeva precisamente che cosa dovesse spiegargli. Pensava : — Avvierò il discorso, e troverò il m o d o di raccomandarmi a lui. Sì, di raccomandarsi: egli l'avrebbe aiutata a levare la diffidenza dal cuore di Stefano. Stefano avrebbe creduto a lui, al nuovo fratello che entrava nella casa. E aspettava, ostinata e ansiosa. — 122 — — Abbiate pazienza — diceva Cesare che le dava del voi, con familiarità —, posate anche oggi, per piacere ! La m a m ma non comprende le esigenze dell'arte. Guardate verso l'uscio. Così. No, il busto un po' più eretto. La contemplava, con gli occhi socchiusi, avvicinandosi, allontanandosi. L'avrebbe contemplata per ore ed ore, dimenticando i pennelli, la fidanzata, la suocera che si affacciava spesso a sorvegliare «i ragazzi» dall'alta e piccola finestra. Allora Franca era eccitata dalla volontà di alzarsi in piedi e fuggire. Lo sguardo di Cesare, che pareva le si attaccasse avidamente sulle carni, la turbava. No, era inutile volersi giustificare con lui che somigliava a tutti gli altri : a Gaddo, al Nelli, al Paolini, agli amici del Circolo e del Tennis.... Credere che egli l'avrebbe aiutata? Riudiva attonita le parole di Fanny, nell'ora del distacco. Parole crude, ma vere. Ecco che Stefano se ne andava, forse per sempre, con passo prudente e cauto. — 123 — • Non c'era sole; ma l'umidità era così calda che pareva a tutti di avere sonno. Cesare scioglieva svogliatamente dei colori. Maria Luisa esclamò: — La m a m m a à certo dimenticato di mandare il caffè. E corse via. Franca trasalì. L'occasione si presentava. Impreparata mormorò: — Cesare, lei mi à giudicata male. — Io? — esclamò il pittore ridendo. Quando rideva, mostrando i forti e bianchi denti aveva una faccia buona che ispirava fiducia. — O poco tempo e vorrei dirle tante cose. Per questo le sembrerà strano il mio m o d o di parlare. Quel Nelli che lei nominò, era un mascalzone.... — esitò, ripigliando subito lo sfogo accumulato nei lunghi silenzi —. Se gli ò scritto delle lettere che lui le à forse mostrato, da amico.... — Si interruppe di nuovo, C o m e dire, come dire a Cesare che un — 124 """ bacio non l'à mai sfiorata? Che ella è pura, come Maria Luisa? — Ciò non mi riguarda — fece il pittore —. Ma voi perchè continuate a darmi del lei ? Siete la migliore amica della mia Maria. — Volevo dire.... — ripigliò Franca. Ecco Maria Luisa ed ecco il servo col vassoio. L'interruzione era stata brusca e violenta come il fermarsi di una macchina in moto. Era diventata così bianca che Maria Luisa le domandò che avesse. • Ecco che Maria Luisa si allontana (da qualche giorno Maria Luisa trova cento scuse per lasciarla sola con Cesare), e Franca ripiglia il racconto interrotto ; ed ecco che Maria Luisa torna col suo passo leggero che fa male a sentirlo. Anche Cesare cerca di essere solo con Franca, lusingato dallo smarrimento e dalla fiducia della signorina, che gli è pia- — 125 — ciuta fin dalla prima sera, come ai ragazzi piacciono i balocchi nuovi. — Maria Luisa, andiamo in giardino? Andavano per i viali silenziosi ed opachi. Maria Luisa si metteva a cercare piccoli funghi che poi buttava. Franca sedeva quasi subito: — Mi stanco. — Ti dispiace, Maria? — faceva Cesare —, se resto a fare compagnia alla signorina ? — Perchè? — esclamava Maria Luisa, e la voce le tremava. — I Mentesana sono malati di gelosia ! — osservava Cesare allegramente. — Stefano.... — cominciava Franca. — Oh ! Stefano è un po' matto, credete ! — È onesto — mormorava Franca —, ma non sa di fare deP male con la sua onestà. — .... che è una virtù più gelida della morte.... — aggiungeva Cesare. Ma ecco Maria Luisa che torna indietro. Passeggiavano ancora un momento; tutti e tre distratti. Franca si sentiva debole, accasciata, come se le vene si fossero vuotate. — 126 — • Stefano non ritorna. Franca va in casa Mentesana, ogni giorno, per vedere il fidanzato di Maria Luisa che le parla del suo futuro cognato. Glie ne parla con ironia e con disprezzo, perchè ora à veramente pietà di quella povera innamorata senza amore. Un fruscio.... — Nessuno — assicurava Cesare, dopo avere ascoltato — ; il vento che fa cadere le foglie. — Io gli parlerò, a Stefano, come ò parlato a voi — faceva Franca decisa, — È inutile. Egli non vi capirà. Forse voi mi avete parlato chiaro? No. Ma io, che ò vissuto, vi leggo dentro l'anima. Voi non potete parlare chiaro. — Non ò nulla da nascondergli! — faceva Franca tremando. — Voi siete una signorina per bene. E se gli parlaste chiaro, senza.... Insomma, non è possibile! Erano quasi le parole di Stefano, sfo- — 127 •— gliando il libro, nella stanza della sottoprefettura. Un passo, una voce.... — Gente di là dal muro. — Bisogna cercare Maria Luisa ! — faceva Franca. — Non vi spaventate così! Maria! Maria! Dove sei? Vedete, Franca? Non poteva ascoltare! Eccola, felice che il fidanzato l'abbia chiamata. A, Maria Luisa, una fresca anima di bimba non ancora donna ; che si è veduta crescere di anno in anno, nella casa che si conosce come la propria casa ; la sposa che Stefano avrebbe scelto. Un violento improvviso rancore serpeggiò nel cuore di Franca, contemplando la sua piccola amica felice. Diventò un pochino cattiva. Le piacque stare a discorrere con Cesare senza rivolgersi a Maria Luisa, restare indietro con lui, se passeggiavano, per vedere un'ombra di dolore sul fresco visetto della fi- — 128 — danzata. Le pareva di avere sete, ma la cattiveria non la dissetava. L'ansia dell'attesa si allentava come una molla che non serve più. Lasciava che Cesare, talvolta, le dicesse le parole buone che aveva invano aspettate da colui che amava. Non lui, non lui, era venuto a colmare il vuoto della sua povera vita di signorina ! Era, questa, la vendetta dell'amore? il frutto amaro e guasto che la sorte le offriva ? • — Eppure — continuò Cesare —, debbo esser sincero? Maria Luisa mi piace per questo. — Avete detto che certe volte pare quasi stupida —, esclamò Franca con ironia. — Pare. Ma è molto intelligente. E io le foggerò un carattere a mio modo. La farò io — ripetè con orgoglio. C'era molto caldo e il ritratto con le sue tinte violenti pareva macchiato dal gioco del sole e dell'ombra. — 12Q — Maria Luisa e donna Lucia erano occupate in camera con la sarta. — O h ! io non avrei mai sposato una delle tante signorine che ò corteggiate.... — continuò Cesare. Ma subito volle correggersi : — A meno che — aggiunse — ....non ne avessi incontrata una degna di portare il mio nome. Si confuse. Cercò di riparare anche alla correzione fatta cosi grossolanamente. Franca taceva, piegando e ripiegando il suo piccolo fazzoletto. Disse: — ....allora, egli à ragione! Cesare posò i pennelli ; con uno scatto di simpatia, di alta e sincera pietà; sedette ai suoi piedi su uno sgabellino. — Scotetevi, Franca ! — pregò stringendole una mano come se la stretta avesse potuto dare forza alle sue parole —. Mi punisca il cielo, Franca, se io non vi parlo come un fratello senza pensare al male. Verrà giorno che non potrete rialzarvi più: voi, voi che meritate di essere adorata.... Si interruppe. La fidanzata, sulla scaletta di pietra li guarda. M E S S I N A , Un fiore che non fiorì. { d — t3o •-• A ascoltato le sue ultime parole. Si alzò e la costernazione della sua faccia era così infantile che, in un altro momento, avrebbe fatto ridere Franca. Maria Luisa corse via per la scaletta: la sua veste chiara si mostrò nel viale di bosso, sparì. Franca la chiamò, cercandola nel giardino; rincorrendola su perla scala grande, nelle stanze tranquille. Erano vicine. — Ascolta, Maria! — mormorò con la umiliante certezza di non essere creduta — ....Si parlava di Stefano.... — A h ! — gridò Maria Luisa voltandosi —. Non nominare Stefano ! Tu non ài tradito me sola! Spalancò la sua cameretta : entrò : si chiuse in fretta, sbattendo l'uscio. Franca arrossì violentemente, più che se Maria Luisa l'avesse schiaffeggiata. Pure continuò a chiamare, picchiando con le nocche. — Ascoltami ! Lascia che ti spieghi ! — Vattene — le rispose Maria Luisa—. Vattene per sempre! — Non essere così cattiva e impetuosa ! Apri! Ascolta! — i3i — — Vattene. Io non mi lascerò vedere mai più, da te. È inutile. Franca allora non chiamò più. Passò lentamente per le stanze che aveva attraversate di corsa. Nella scala grande le veniva davanti donna Lucia, che esclamava affannata: — Che à Maria Luisa? L'ò sentita.... Ma continuò a salire senza badarle. Non faceva a lei le sue domande. Cesare, sul terrazzo, aspettava ancora confuso e costernato, che Maria Luisa si fosse calmata. Franca fece per avvicinarsi. Esitò. Si allontanò decisa. Aprì la porta adagio adagio; uscì. La porta si richiuse cigolando ; la nebbia densa e afosa scendeva rapidamente dal Castello. • Scrisse a lungo a Maria Luisa : scongiurandola, rimproverandola. Aveva l'impressione, scrivendo, di parlare finalmente a Stefano a cuore aperto. Se egli avesse letto.... Mandò la cameriera: perchè la lettera — 132 — fosse consegnata nelle mani della signorina. — .... o del signor Stefano; se c'è lui — aggiunse, con uno scatto di speranza così acuta che le mordeva il cuore. La cameriera riferì : — Si è presentata subito la signora e non ò potuto fare a m e n o di consegnare a lei il biglietto. Franca chinò la fronte. Vide donna Lucia con la sua povera lettera fra le grandi e dure mani. « .... Non ti ò tradita. L'ombra delle cose si fa gioco di noi e della nostra sensibilità. » • Il sole spariva dietro i monti ferrigni. Franca restava con le braccia sulla ringhiera arrugginita. La cupola nera del cielo si tempestò di stelle; il vicolo buio parve vuoto e profondo. — « E di m a d a m a Angot, sono la figlia, sono la figlia. » Franca dove sei ? Il cavaliere Gaudelli canticchiava solo per farsi sentire da Franca, quando tor- — i33 — nava, e il lume non era acceso : ma la sua voce non era molto allegra. — Non sei stata dai Mentesana? — No. E tu? — Neppure. Ma ò veduto Stefano al Circolo. — Ah! — Grandi tragedie in casa Mentesana! La tua amica voleva romperla col fidanzato. — Perchè? — Il perchè non lo so. Bizze di fidanzati, immagino! Dimenticavo; tu ài scritto a qualcuno? — Perchè? — Stefano mi à detto di scusare la sorella che non avrà tempo di risponderti, così occupata com'è. • — Non vai neppure oggi dalla tua amica? — No. — Non ti senti bene? — Benissimo. Non ò voglia: questo è tutto. Volevo pregarti — aggiunse Franca arrossendo —, di mandarmi dalla zia. Un altro inverno qui non vorrei passarlo. — 134 — — C o m e vuoi. Io non ti contrario mai. Pensò subito, il cavaliere Gaudelli, che se la figliuola si decideva a partire « l'affare » col Mentesana doveva essere sfumato. Ma non domandò niente, perchè padre e figlia non avevano mai toccato « quell'argomento ». — Ti prego — aggiunse Franca —, vai dai Mentesana e salutali per me. — Sarebbe giusto che la tua amica.... — esclamò il cavaliere Gaudelli per afferrare qualche lume. — Non ò voglia — interruppe Franca —. Preparo le mie robe, invece. Partiamo il giorno del mio compleanno? Vuoi? — Ma io non posso accompagnarti ! Se volessi rimandare ! — No, no, babbo. Ma diglielo ai Mentesana che parto giovedì! Tornò ad aspettare ansiosamente. Sentiva che Stefano aveva letto e sarebbe venuto. Oppure avrebbe scritto.... Ma gli era stata mostrata la sua povera lettera ? E se la madre l'avesse soltanto riferita, con le sue grosse astiose parole? — i35 — A ogni scampanellata le si piegavano le ginocchia.... Maria Luisa era, certo, di nuovo tranquilla, come donna Lucia che non si preoccupava più di lei. 1 giorni volano via agli occhi delle fidanzate felici ; come ali di farfalle irraggiungibili. E Stefano, chiuso nella sua orgogliosa gelosia senza parole, più pungente di un cilicio, tentava, certo, di scordarsi di lei. Annottava, di nuovo. Oggi come ieri, domani come oggi. Il tempo immutabile, è una ruota enorme che schiaccia sempre qualcuno, nel girare su sé stessa all'infinito. Nel vicolo, buio e profondo, smorivano rumori e voci. Nel cielo si affacciavano, tutte insieme, le vivide stelle ; nel freddo splendore, Franca restava immobile, irrigidita dall'inutile attesa che la faceva diventare cattiva. Pensava a Fanny, a zia Fabiana, alle amiche rimaste signorine, al Corso di sera, alle solite cose, alla solita gente che forse non si era cambiata. — i36 — • — Dove sei, Franca? — Eccomi. — Ancora al buio? — Sei stato da loro? — Sì. Mi anno fatto mille feste. Buona gente! La signora si doleva che tu volessi partire. Non Pò mai veduta così gentile! Vanno in campagna domani. Maria Luisa ti manda tanti saluti. À detto : « Mi scusi se non scrivo, perchè io non ò confidenza con la penna e con le belle frasi ». — C'erano tutti quando à detto così? — mormorò Franca, esitando. — Tutti: Cesare, Antonio.... Tutti insomma. Ma scherzava, sai ! — Oh lo credo! Rivide la sua lettera, caduta nelle mani di tutti. Forse anche Stefano aveva guardato il povero foglio, come chi non sa leggere. • — Che barba lunga, babbo ! — rise Franca —. Non ài quattrini da pagare il barbiere ? - i37 ~ — Ai ragione ! — esclamò il cavaliere Gaudelli guardandosi nello specchio, mortificato. Da quando non aveva più occasione di fare la corte alle signore, egli andava un po' trasandato. — A che ora parte il treno, di mattina? — Sei proprio decisa, bambolona? — Non chiamarmi più bambolona, ti prego! Troppi anni compirò il giorno della mia partenza! — Aspetta che io ti possa accompagnare! Mi dispiace, sai! — O h ! babbo! sapessi che voglia di andarmene! — Ma sai che oggi è mercoledì? — Lo so. O preparato tutto. — Ebbene, io obbedisco sempre alla mia Franchina! Partirai sola.... Se invece avessi aspettato.... Ma pazienza! Conosci l'orario? N o ? E facile e necessario. Guarda questa linea più grossa : si parte da qui ; si seguono questi puntini neri, vedi.... — Vedo. E si giunge qui, in casa di zia Fabiana. O capito.... — 138 — IV. Nella stazione, rischiarata da pochi fanali, c'era zia Fabiana così occupata a scusarsi di essere giunta con ritardo e a cercare un facchino, che l'abbracciò in fretta. — Guarda tu la roba — esclamò —. Vedo un u o m o laggiù e corro a chiamarlo. Altrimenti non ci muoveremo mai ! Franca, con le sue valigette posate sul marciapiedi, aveva l'impressione di continuare l'interminabile viaggio. L'urlio d'un treno che sbucava dall'oscurità coi suoi rabbiosi occhi di brace, il sordo cozzare di ferri e di catene lungo i vagoni fermi, qualche voce, ogni rumore prendeva un tono vasto, profondo, lontano, cadendo nella gravità della notte. Zia Fabiana tornava, trotterellando dietro un facchino che spingeva un minuscolo barroccio. Zia e nipote si avviarono; uscirono dalla barriera, entrando nel piazzale polveroso. Il cadenzato cigolio delle ruote del barroccino, precedeva lo scalpiccio dei loro piccoli passi. — Stai bene, Franca? — domandò finalmente zia Fabiana. — Benissimo, e tu? — Non c'è male. Aggiunse: — Il telegramma è giunto solo da poche ore. Si interruppe, voleva dire che era inaspettato. — E il babbo? — ripigliò. — Benissimo, zia. — C o m e se la passa? — M a h ! Andrà a Roma. Dice che domanderà l'aspettativa. — Fa bene. È un gran brutto paese! — No, zia,— mormorò Franca—, Brutto non è. E naturale che un forestiero vi rimanga estraneo. — Il meglio è che ciascuno stia dove è nato! — borbottò zia Fabiana. Attraversarono in silenzio il piazzale, dove la polvere era così alta che pizzicava la gola. Il Corso di notte, con gli usci dei negozi chiusi, senza un passante, era più — 140 — squallido che di domenica, e pareva lunghissimo. Franca aspettò, senza impazienza, che zia Fabiana aprisse il portoncino col solito piccolo sforzo delle mani inguantate. — Ti aiuto? — È fatta. Zia Fabiana girò la chiavetta della luce, pagò l'uomo che portava in casa le valige, e passò nella sala da pranzo dopo avere inchiavacciato il portoncino. Solo allora guardò la nipote, nella luce grande della lampada elettrica. Le tolse il lungo velo blu che nascondeva il volto smagrito, la fece sedere prendendole le mani. — E così, Franca? Franca stracca e sbattuta dal viaggio* era stupita di potersi finalmente riposare, seduta nel vecchio divano celeste della casa di sua zia, davanti alla tavola, apparecchiata con le posate che riconosceva, così come riconosceva i bicchieri a calice e i piatti col cerchio verdolino. E nello stupore si rivide, il giorno del suo primo arrivo nella stessa casa; era vestita di nero, in segno della sventura che l'aveva colpita: anche allora zia Fa- — 141 — biana le aveva preso le mani, con la stessa tenerezza. Ebbene, non era la stessa cosa. — Confidati con me ! — esclamò zia Fabiana. — C o m e se fossi per davvero la tua m a m m a ! Franca ebbe una pungente pietà di sé stessa; pure sorrise. •— O h ! zia, non credere.... Zia Fabiana crollò il capo. — Senti, piccola mia ! tu ài il cuore grosso. E sei sola, proprio sola! — Non credere zia! — ripetè Franca, sorridendo —. Non è successo niente alla tua nipotina, proprio niente. Il pianto scoppiò, irrefrenabile e improvviso, con un singhiozzio lamentoso. — Don Agostini à ragione! — esclamò zia Fabiana costernata —. Guai all'anima indebolita! Il maligno la vincerà senza lotte! Franca, tesoro, abbi fiducia in m e ! — Sono soltanto stanca — fece Franca calmandosi —. Non credere che pianga per qualche motivo. Non è successo niente. Vedrai che domani, dopo il riposo, tornerò ad essere io. Pensava a Fanny: si sarebbe confidata — 142 — con l'amica delle ore buone e delle ore cattive, che la conosceva meglio di zia Fabiana, la quale si aspettava dei «fatti» da confessare a don Agostini. Zia Fabiana si era allontanata per tornare subito abbottonandosi un lungo e largo chimono. — Non ne potevo più di tenere il busto! — esclamava. — Sono andata a riscaldare una tazza di brodo che fa risuscitare i morti ! — spiegò, osservando la nipote. — Brava, zia Fabiana. ir Dormì a sbalzi; all'alba si addormentò profondamente. Il sole era alto quando zia Fabiana tornò per la terza volta in punta di piedi. — Zia! —- Oh, finalmente ! come ài dormito ! Dalle persiane aperte entrò il sole, a illuminare vivamente il disordine della camera. — Bella giornata! — annunciò la zia, chiudendo i vetri. _ i43 - — Zia — disse Franca —, vorrei andare da Fanny. Son due passi e torno per la colezione. — Due passi? Ora abita verso la piaggia del Fiore, in casa della suocera. — Non ci pensavo più. — Ma non importa. Ò da portare qualche cosa a suor Candida : vado anch'io da quelle parti. Uscirono. Scontenta e delusa, Franca andò per il Corso (che di mattina non era affollato se non i giorni di mercato per i contadini che scendevano dalle campagne lontane); rivide i negozi, che esponevano piramidi di pezze di panno sulle panche messe fuori degli usci ; le vetrine che pareva non avessero cambiato le loro mostre da qualche anno; la primaria libreria piena di ninnoli da bazar e di libri dalle copertine appariscenti che pochi sfaccendati si fermavano a contemplare. Era come se qualcuno le dicesse: — Guarda ! guarda le cose che pure ti sono piaciute.... Sì, anche lei si era fermata ad ammirare gli oggetti affastellati nelle vetrine. — 144 — Non c'era niente cambiato. Davanti il Caffè degli Accademici, si riunivano di già persone che conosceva: la piccola e scelta società cittadina che vegetava tra il primario caffè, le sale del Circolo dei Nobili e il giardino dei M a m mola. — Alta la testa, Franca! — mormorò zia Fabiana —. Non mi sembri più tu! C'è l'ingegnere Paolini che saluta. Vorrebbe avvicinarsi. — Non ti occupare di lui, zia! Non ò voglia di parlare con alcuno. — C o m e credi, Franca. Volevo che diventassi più seria; ma, santo cielo!, ti manca la giusta misura! — Diglielo a don Agostini che la tua Franca si vuole fare monaca.... — Non dire sciocchezze, adesso! Ci siamo; verrò alle dodici, ma non salirò. Addio. — Addio. Ecco il portoncino; sulla lucente targhetta d'ottone c'è scritto: « Cav. Uff. Maurino ». Ora Fanny si chiama: signora Maurino. Povera Fanny! Picchiò. Salì. Aspettò molto in un sa- — 145 — lottuccio pieno di mobilini, di statue di falso bronzo, di vasi di scagliola, di poltrone e di poltroncine. Un cane di gesso e una grossa tigre di carta pesta accovacciati sul tappeto impedivano di allungare un passo più del necessario. Rammentò il salotto di casa Ciarli. Povera Fanny! Dall'uscio male chiuso giungeva una zaffata di olio fritto. Si udì un trepestio. Ecco Fanny, finalmente. — Che improvvisata ! — ripeteva Fanny, un po'distratta —. Che improvvisata! — Ti dò noia? Volevo salutarti subito. — Oh ! figurati ! A me no, davvero ! Ma io non sono sempre libera. M a m m a Caterina, la chiamo così per fare differenza con la mia m a m m a , è infreddata: alla cucina ò da badare io. — Tu?! — Preparavo le pappardelle che a Pio piacciono tanto. La serva sta facendo il battuto. E un piatto così complicato! Sei venuta ieri, dicevi ? — Stanotte. MESSINA, Un fiore che non fiorì. 10 _ 146 - — Che improvvisata! Non ti aspettavo. Franca l'osservava. Era Fanny: eppure non le pareva più Fanny. Sempre magrina, ma col petto che colmava il corpetto e i fianchi più rotondi ; gli occhi non ridevano più. Tutto il suo aspetto era serio: non triste, niente affatto, ma serio. Si vedeva che aveva fretta di tornare alle sue faccende. — Volevo dirti tante cose.... — mormorò Franca. Si udì una scampanellata. — È Pio! — esclamò Fanny inquieta—. Deve essere tardi ! Franca si alzò. — Tornerai ? — fece Fanny —-. Staremo assieme a lungo. Verso le quattro Pio torna in Prefettura, e io sono tutta tua ! Tornerai presto? — Arrivederci Fanny. — Arrivederci. Ma aspetta, tu non ài veduto neanche Ferruccio. Vieni. Franca la seguì in camera. — Deve farsi il bagno. M a m m a Caterina è la mia mano destra : se sta poco bene, come oggi, io sono peggio di un — 147 ~ pulcino nella stoppa! Il tempo non mi basta più. Ferruccio aspettava chiotto chiotto nella euila: era sfasciato e si teneva un piedino con le due mani. — Eccolo, il mio tesoro!... Il mio chicco d'oro! Ride! Fanny lo baciò. — Non gli si darebbero pochi mesi! Capisce tutto il mio birbo icello ! Conosce il babbo, i nonni.... Un'i itelligenza straordinaria ! — Sei contenta? — fece Franca. — Oh ! contenti contenti non si è mai — rispose Fanny arrossendo. Ma lo sfavillio degli occhi, il tono caldo della voce smentivano la risposta. Spiegò : — Non che mi manchi qualche cosa! Sarebbe peccato lagnarmi! M a m m a Caterina mi vuol bene, Pio è un angelo.... E Ferruccio è così bello, cresce così bene! Prima che venisse al mondo ò pianto tanto! Mi ero messo in mente che sarebbe nato brutto, malaticcio, difettoso! Tu non puoi immaginare (sebbene con la fantasia si arrivi a tutto) come si senta di vivere quando si à un figlioletto ! E un — 148 — figlioletto così bello, così grosso, così cheto.... Si interruppe, mortificata di aver mostrato la sua tranquilla felicità all'amica che pareva uscita da una malattia. Certo, era stata malata : ma non osò domandarglielo dopo avere parlato di sé stessa. Disse soltanto : — Te la sei passata benino, laggiù? — Benissimo. — Ora ti faccio conoscere Pio. — Un'altra voltaA Fanny. — Ài paura di Pio ? È così buono ! Vieni ! La tratteneva, adesso, per farle un po' di bene, per offrirle un pochino della sua pace. Pio era assai più alto della moglie, i capelli tagliati male gli toccavano il colletto inamidato, e le sue pupille erano così rotonde e aguzze che pareva volessero forare i vetri degli occhiali. Franca osservò che faceva uno sforzo per non stare troppo incurvato, e aveva grandi e pallide orecchie: subito ripensò alle paure confessate da Fanny parlando dell'attesa del bimbo. — Ti presento la signorina Gaudelli. Era la mia inseparabile amica. — 1.19 ~ Pio approvò, stringendosi fra le labbra uno dei suoi lunghi e radi baffi. — Ricordo. Onore e piacere — brontolò. — Lei era la figlia del cavaliere Gaudelli? — Sono, sono ancora — rispose Franca. — Sci, sci! Buoniscima persciona! Egli corrugava la fronte senza motivo, parlando in fretta, con una difficoltà che dava noia: la esse gli si arrotolava nella bocca, strisciava, fischiando, quasi non volesse uscire fuori. Era un u o m o più brutto di tanti altri: ma per Fanny doveva essere il più interessante personaggio del mondo, dopo Ferruccio, tanto i suoi occhi lucevano di tenerezza se si levavano a guardarlo. Franca volle andarsene, infastidita. Che cosa le dava tanto fastidio? Forse la curiosità con cui Pio non si saziava di esaminarla? O forse la modesta felicità che Fanny voleva nasconderle, per compassione? Sull'uscio si accorse che l'amica, avendo cambiato pettinatura, si lasciava scoperta la fronte. Forse per questo le era sembrata cambiata. — Rammenti — le disse —, quando ci tagliammo i capelli ? — i5o — — Ragazzate — fece Fanny, voltandosi, inquieta. — Che fa la Celeste? — O h ! la Celeste! Si prepara per gli esami di licenza liceale. — La Celeste? — Sì, come se non avesse gli anni che à! Vuole studiare medicina, a R o m a ! — La Celeste? — Una maniera nuova di cercar marito, Che ridere! — E Silvia? — Non me ne parlare.... Fa di tutto per compromettersi sempre più. Te ne parlerò. — E il Pieri? — Non so — esclamò Fanny quasi allarmata —. Faccio una vita cosi ritirata! Addio Franca! Franca passeggiò un pezzetto nella piaggia, aspettando la zia. Povera Fanny! Che delusione averla riveduta ! Eppure ella era felice ; poi che credeva di avere raggiunto la sua meta. Si sentì di nuovo cattiva come lo era diventata laggiù, quando aveva desiderato di fare del male a Maria Luisa. 1Dl • Si sforzò a ripigliare le abitudini abbandonate per ritrovare il ritmo della sua vita. N o n c'era niente e nessuno cambiato. Incontrava gli stessi amici, negli stessi luoghi. Ma la sua non lunga assenza era bastata a farla diventare un po' estranea a tutti : Mary, Nidia e Silvia furono più delle altre fredde cortesi e ostili con la rivale che tornava nel giardino del Tennis e nelle sale del Circolo dei Nobili. Nel « piccolo stato maggiore » un po'decimato, si erano stabilite nuove amicizie fatte di tenui segreti, di minuscoli intrighi che lei non conosceva. L'ingegnere Paolini tornò a frequentare il giardino dei M a m m o l a col ritorno di Franca. D o p o qualche partita, le proponeva di passeggiare un pochino. L u n g o il viale di cipressi, egli non le ripeteva più i complimenti e le dichiarazioni d'amore d'una volta; le raccontava i suoi casi con pacata tristezza e riusciva a farle pietà. — l52 — Così Franca non si accorgeva dell'insidia nuova. Un giorno egli le propose di andare a Villa Rosalia, per fare una visita alla moglie che non guariva. Dalle aiole ben curate saliva nell'aria un acuto aroma di fiori autunnali e di terra fresca che faceva male; di là dai cipressi giungevano le voci allegre di quelli che continuavano a giocare. — Una cosa tanto innocente, una gita in automobile! — insisteva lui. — Esita ancora? Non dipende da lei sola? Deve forse domandare il permesso a casa, come i bambini? Certo, dipendeva da lei. Non doveva domandare il permesso ad alcuno.... Ma non rispondeva. Nel viale cupo e odoroso, accanto a quell'uomo che l'aveva sempre desiderata, si sentiva fragile e debole. Il suo corpo era pronto a piegarsi, ad abbandonarsi. — Pensa alle chiacchiere dei maligni? — esclamò lui —. Non ci sarà niente da ridire. Abbia fiducia in me. Continuò sotto voce, con dolcezza, sorpreso felice che la signorina Gaudelli non — i53 — si difendesse, come una volta, con la sua grazia un po' ironica. — Chi sa.... — mormorò Franca finalmente. Chi sa?... Ma chiusa nella sua cameretta, nella notte lunga e senza sonno, ebbe improvvisamente paura e vergogna della sua fragilità. Se almeno lo avesse amato! E più ebbe paura della sua libertà di signorina, che i rimproveri e i borbottamenti di zia Fabiana non potevano limitare. « Non tornerò al Tennis » si disse con le labbra, quasi ripetesse un'orazione. « Non tornerò al Circolo. Né al caffè degli Accademici. Per non vederlo. » Ma questi propositi non calmavano la sua inquietudine. * Passava i suoi dopopranzi in casa Maurino. Accanto a Fanny si sentiva allegra e cattiva, divertendosi a punzecchiarla e a rammentarle le « ragazzate » commesse. In presenza di m a m m a Caterina (una — 154 — piccola e rotonda vecchietta che corrugava la fronte senza motivo, come il figlio) non si stancava di ripassare il tempo che erano tutte e due signorine. — Ricordi il poeta basilisco, a Firenze, che ti à dedicato una delle sue noiose liriche? E quando sei caduta con Alessi, mentre imparavi a scivolare coi pattini? Fanny le disse: — La madre di Pio à delle idee anticucce. Mi giudicava male e ò faticato per guadagnarmi un posticino nel suo affetto. Pio è geloso.... — È geloso il tuo Pio ? — fece Franca con una risata —. E tu? — Io ? ! — mormorò Fanny, confusa —. Io no. Parlami di te, adesso, mentre siamo sole sole. Del Mentesana.... È finita? — Non è mai cominciata! — esclamò Franca, vivamente commossa dello interessamento dell'amica —. È andata così.... Fanny tese l'orecchio e balzò in piedi : — Il bimbo piange! Torno subito subito. Ma quando fu ritornata, Franca parlò d'altro. — 155 — • Era felice Fanny. Veramente felice. Volle male a lei; volle male a Ferruccio, a Pio, a m a m m a Caterina, a tutto ciò che riempiva la tranquilla vita dell'amica. Uscendo dal portoncino di casa Maurino, che si richiudeva in fretta, si domandava ogni volta perchè fosse venuta e perchè avesse promesso di tornare. La signora Fanny Maurino non le nascondeva qualche volta, con uno sbadiglio mezzo represso, che avrebbe preferito essere sola col suo bambino e prendere il tè nello studio del marito, anzi che restare in compagnia dell'amica di un tempo. Ebbene andava per questo : per turbare l'intimità familiare che Fanny si era fabbricata e che gelosamente custodiva. Andò anche la domenica e la sera del terzo giovedì del mese — quando le Maurino ricevevano le loro visite —, per aiutare a ornare di fiori il salotto e ad offrire il tè. Anche correva a dare un'occhiata a Ferruccio che dormiva. — 156 — Nel vedersela attorno premurosa e gentile, Fanny tornava a volerle un po' di bene. Esclamava: — Cara! Si direbbe che siamo sorelle! Certi momenti anche Franca tornava a voler bene a Fanny, sembrandole di rubacchiare una piccola parte della pace che si respirava nelle pulite stanzette di cattivo gusto. Ma spesso entrando in punta di piedi nella camera in penombra, mentre di là il salottino si riempiva di cicaleccio, piegandosi sulla culla, un groppo di pianto le serrava la gola. — Riudiva la voce di Stefano che leggeva: « Erano sogni; sono: e nell'eterna ombra voi resterete, e su voi scende l'oblio del tempo.... „ Inghiottiva le lacrime, che sarebbero state così dolci e benefiche. Lasciando la camera, un sorriso ironico e amaro le stirava la bocca. Talvolta, nella saletta, incontrava Pio che sfogava la sua antipatia per il ricevimento di ogni mese con un'aria da « u o m o superiore » che lo immiseriva ancora più. _ 157 - — Mia moglie perde la testa, il terzo giovedì! Comincia all'alba coi fiori col tè colPabito da indosciare la scera! E la mamma.... — Vanno d'accordo, il giorno delle visite? — Scempre! — esclamava Pio —. Non à notato come vanno d'accordo? paiono madre e figliola! — Lei, invece, non va sempre d'accordo con Fanny! — Che dice! Tanto, tanto d'accordo! — C o m e fratello e sorella? — Beniscimo ! come fratello e sciorella ! Franca rideva ; la sua lunga canzonatoria risata sconcertava il cavalier Maurino. — Mi spiego! -— replicava —, per dire che sciamo d'accordo! — Non spieghi! Non spieghi! — A h ! queste scignorine moderne! — faceva Pio ridendo anche lui. — Lei è un bel tipo, scià ! Franca tornava in salotto, seguita dal cavalier Maurino che avrebbe voluto trattenerla e non ardiva. Andava a trovarlo anche nello studio, mentre Fanny in camera accudiva il bimbo. Era di casa e non le badavano. _ i5S ~ Cominciava a discorrere amichevolmente; ma subito cambiava tono. Si divertiva a stuzzicarlo a provocarlo per vederlo confondersi, osare e non osare. Pio le si metteva vicino, fissandola coi suoi occhi aguzzi che pareva volessero forare i vetri degli occhiali. — Scià che è molto divertente, lei? scià che farò qualche corbelleria, io che sciono stato scempre un buon figliolo? — Niente altro che un buon figliolo, cavaliere ? — Anche un buon marito. Oh ! questo sci! Se entrava Fanny, Franca si rallegrava. — Eri qui ? — esclamava Fanny, che si sbiancava vedendola, nello studio. Franca le faceva festa, la prendeva per la vita, si mostrava così contenta della sua presenza, che Pio la sbirciava turbato sorpreso irritato aprendo un giornale. • Picchiò più volte ; si affacciò la servetta. — La signora non c'è. — Neanche la signora Caterina? — 159 — — No, signora. Sono uscite col bambino. Risalì per la piaggia e le gambe le dolevano quasi avesse fatto miglia e miglia. Per la seconda volta Fanny le faceva dire di essere uscita. Un portoncino che resta chiuso mette di malumore. Si affacciò: col volto tra le palme non guardò fuori, la strada; ma contemplò le diverse e monotone occupazioni che avrebbero dovuto ricolmare il vuoto delle sue inutili giornate. La posta che porta il giornale diretto al babbo e letto da zia Fabiana; un'occhiata alla vetrina della modista ; una capatina al Circolo Artistico dove c'è Liliana che ora s'interessa d'arte ; oppure al Tennis.... No, al Tennis non più : lì aspetta il Paolini che insiste con la sua voce dolce e sommessa di u o m o maturo.... Oppure in casa Maurino. Ogni mattina si proponeva : oggi non vado da Fanny. — 160 — E più tardi, meccanicamente, scendeva per la piaggia del Fiore. Fanny la sorvegliava; non la lasciava sola per casa. Lei non si offendeva. Vedere l'amica ingelosita, il cavalier Maurino turbato e rabbuffato, le faceva piacere. Talora gli sporgenti occhi dell'amica parevano implorare: — Lasciami! perchè volermi fare del male? Perchè ? si domandava Franca, col volto tra le mani. — Io mi diverto a farla soffrire, per un tradimento che non le farò mai. Perchè ? — Ma io non ero cattiva — si rispose. — Il mio cuore era ricolmo d'amore e di devozione. Io ti avrei adorato. Ero venuta laggiù per te. Per te. E tu non mi ài voluta. Ero sola: sono ora più sola. Forse comincerà per me la mala vita. La mala vita d'una signorina per bene. Che io cerco, nel desiderio di chi mi desidera, il tuo desiderio. Accanto al Paolini, che non amerò mai, sono piegata dalla tentazione di lasciarmi stringere dalle sue braccia; perchè penso a te, alle carezze che tu mi ài negate. Sono diventata cattiva. — 161 — Mi diverto a turbare un u o m o ridicolo e meschino come il marito di Fanny, perchè penso a te : al turbamento che tu avresti provato se tu mi avessi voluta. Divento sempre più cattiva. Mi pare di essere affamata. Forse la mia fame si cheterà facendo male a qualche povera creatura che si è fatto un cantuccio riparato nella vita.... Sentì scorrere una lacrima, grossa e tiepida, fra le dita. No, lei non voleva essere cattiva: non voleva che qualcuno continuasse a desiderarla come il cavalier Maurino e l'ingegnere Paolini, e le amiche fossero gelose di lei come Fanny o come Nidia o Mary.... — Pure qui, in mezzo alla solita gente che crede di conoscermi, io non posso essere io — si disse. Pensò con ribrezzo a un monastero: vide delle cellette nude, una grata nera; sentì, acutamente, la sua gran voglia di sole di libertà. Zia Fabiana chiamava, entrando. — Piangi! — esclamò. — Niente affatto, zia. — Ah ! Franca ! Franca ! — mormorò zia MESSINA, Un fiore che non fiorì. 11 — l62 — Fabiana —. Tu non vuoi proprio avere confidenza in m e ! Tu mi nascondi qualche brutta cosa! — Zia — disse Franca, e guardando dinanzi a sé le sembrava di scorgere una chiarezza verde e azzurra —, non ài tu un podere che io non conosco? Tutto mandorli e olivi?... — Dio buonino ! — gridò zia Fabiana —. Vorresti andare a Pineto! — Non ti arrabbiare, zia — fece Franca dolcemente —. Sono tanto piccola, e pure non c'è un posto per m e , nel mondo che è tanto grande. — Franca! — esclamò zia Fabiana allarmata, guardando in faccia la nipote —, che ài? — Non so. Pure soffro, zia, come se un diavoletto fosse penetrato nel mio cervello. Vorrei andarmene in qualche luogo che non conosco. C o m e nelle fiabe, che uno cammina cammina.... — Andremo dove tu vorrai — fece zia Fabiana uscendo in fretta —. Intanto faccio chiamare il dottor Balsamini. — 163 — • Il vecchio medico di famiglia le toccò il polso, le guardò le gengive. Restò un momento perplesso. — Un principio d'anemia — annunciò finalmente —. Aria buona, cibi sani, riposo.... Zia Fabiana disse: — Vorrebbe andare a Pineto. — Ecco — rispose il dottor Balsamini, soddisfatto come chi à trovato quanto cercava —. Un po' di campagna ! — Siamo in autunno, oramai.... — osservò Fabiana —. Ma in primavera.... — Deve essere bello, il tuo podere — fece Franca lentamente —. Tutto mandorli e olivi.... Il dottore guardò Franca, smagrita, disfatta, con gli occhi lucidi pur senza avere un decimo di febbre, e crollò il capo. Sentenziò : — La campagna ti gioverà. Aggiunse per confortare la signorina Fabiana : — Basterà qualche mese. Vedrà che miracoli! — 164 — Fabiana andava su e giù per il salotto portandosi le mani fino ai capelli, balbettando : — Di questi tempi! che dirà la gente! Quanto più considerava la innovazione ordinata dall'infallibile dottor Balsamini, tanto più si sentiva infelice. — A h ! Camillo, Camillo! — ripeteva fra sé e sé, non riuscendo a perdonare al fratello di averle lasciato spensieratamente la figliola sulle braccia. Finalmente si calmò, si rassettò, e andò in camera della nipote. — Porteremo almeno un paio di casse, lassù. Quanta fatica per un mese ! — sfogò timidamente —. Da tanto che manco da Pineto! Credi che sia bello? Franca fu per rispondere : — restiamo. E inutile che andiamo lontano. Ma subito, con la rapidità dello svolgersi di una pellicola sul telaio di un cinematografo, rivide le strade della città; le sale ben note ; Mary e Nidia diventate — i65 — pungenti; Fanny estranea e ingelosita; i salotti delle amiche di zia Fabiana dove si incontravano le stesse facce, si ripetevano le stesse chiacchiere; si accettavano le stesse paste comprate da tutti nella primaria pasticceria: sulle rapide visioni si allungò la figura del Paolini che aspettava ; e di nuovo sentì la paura e la vergogna della sua fragilità. Zia Fabiana esclamò : — Non sei contenta neppure di andare in campagna come volevi tu? — Sì, zia, sono contentissima. — Non serve davvero che mi sacrifichi ! — borbottò la vecchia signorina —. Non serve ! Ti vedrò sempre così ! Tacque. Ripigliò con voce bassa e incerta: — Volevo pregarti.... prima di partire.... Ti farebbe gran bene discorrere con don Agostini. — O h ! zia! Non mi fare spaventare! — Non si tratterebbe di confessarti.... Se lo sentissi discorrere! — Non andrò lassù per morire ! — esclamò Franca sorridendo, con un piccolo brivido. — Al ritorno. Te lo prometto ! — aggiunse per non addolorare troppo la zia — 166 — col suo rifiuto. — Al ritorno mi farai fare amicizia con don Agostini. N o n ti ò detto che mi farò m o n a c a ? V. Zia Fabiana brontolò un pezzetto; ma siccome la nipote non apriva bocca finì col rannicchiarsi nel suo posticino, zitta zitta. Lo stradale diritto e largo era ogni tanto serrato da povere case di qua e di là, per continuare, tutto bianco, in mezzo a grandi distese di orti e di campi. Annottava rapidamente. Franca salutò la luna rossa che mostrava la sua faccia burlona fra due gracili pini. — Mi porterà fortuna! — esclamò. Qualcuno si affacciò sull'uscio, chiamato dal rotolìo del legno; una ghirlanda di bambine che facevano il giro tondo si sciolse impaurita dal cavallo. Villa Fabiana comparì finalmente, in fondo a una processione di alti cipressi che apriva la via fino al portoncino. I contadini vennero incontro alla pa- — 167 — drona, che non rivedevano da anni ; non conoscevano Franca, ma le fecero ugualmente festa. Salirono una rozza scala di pietra, entrarono in piccole stanze dal basso soffitto di travicelli. — C o m e vedi — fece zia Fabiana —, non è una gran villa! — Non importa — esclamò Franca. — Abbiamo tenute le finestre spalancate fin ora — spiegò una ragazza con entusiasmo, quasi volesse dare una buona notizia. — Si sente per Paria netta — rispose Franca. E tutti si guardarono sodisfatti. • Il silenzio della notte in campagna non somigliava affatto al silenzio che l'aveva tante volte oppressa nella smorta città di provincia, o nel paese di Stefano: così profondo e calmo dava la sensazione che il sonno, calato su tutto e su tutti, le accarezzasse le palpebre ardenti per farla dormire. All'alba corse fuori, sull'erba molle di ~ 468 — rugiada; bevve il latte che nonno Paolo mungeva nei grandi secchi lucenti ; si fece conoscere dai mastini ; offrì la verdura ai miti conigli. Tornò a casa carica di rami d'edera e di ginepro : nel bosco e sulle prode crescevano liberamente molti rosai e varie piante che in primavera sarebbero fioriti. Disse: — Bello sarebbe, zia, potere rimanere qui! Zia Fabiana crollò il capo: — Ti annoierai prestissimo ! — rispose. — Forse ài ragione — esclamò Franca —. Ma credo che sarei stata felice se fossi nata qui come Maria e i suoi sette figliuoli. La casa rustica, sfornita di tutto quel che poteva servire a due signore vissute in città, le piaceva perchè il sole entrava a fasci di luce dalle minuscole finestre. Era domenica ; e accompagnò la zia nella chiesa, lontana un buon miglio dal podere. Le piacque anche la chiesa: pulita e ariosa, affollata di contadini venuti dai poggi lontani, dai casolari sparsi nelle vallate, con abiti da festa e scarpone impolverate. Ascoltò commossa la prima messa ; quando il prete si voltò a benedire la — 169 — gente inginocchiata, sentì che Dio era presente e benediceva il suo povero cuore inquieto. • Gli amici dei contadini di villa Fabiana si fermavano, passando per la viottola che serpeggiava dietro la casa colonica. — C'è la padrona? — domandavano, incuriositi. — E venuta con una sua parente — rispondeva Maria. — Di questi tempi? — La signorina deve esser malata — spiegava nonna Lisa —. Avrà avuto bisogno di cambiare aria. — E magra e bianca che pare fatta di cera — aggiungeva Maria. — Cerca sempre fiori, nel bosco — informava Nello. — Chi cerca fiori, cerca dolori — sentenziava nonna Lisa. Chi tornava alle sue faccende, salutandosi, chi ripigliava il cammino interrotto. -— 170 — • Tornava a casa con le scarpette bianche di polvere e col suo vivace carico di tralci verdi e di bacche scarlatte. Si stancava subito. Se era lontana da villa Fabiana, si riposava guardando le donne che maciullavano la canape o sdraiandosi in un rossiccio nebuloso campo di sparagi. Tutto le sembrava ancora nuovo e piacevole. All'improvviso il tempo si cambiò. Zia Fabiana disse: — È meglio andarcene, prima che la campagna diventi troppo uggiosa. La vecchia signorina era convinta che fosse perfettamente inutile continuare a sacrificarsi per obbedire al dottor Balsamini: sua nipote diventava sempre più pallida e portava un po' d'affanno dalle brevi corse fino al bosco. Ma Franca non volle lasciare Pineto. — Lascia che mi sazi di veder piovere — pregò —. Piove in altro modo, sui campi; non si vede il fango. — 171 — Volentieri ella sarebbe uscita fuori perchè la prima pioggia la ristorasse, bagnandola, così c o m e ristorava la terra tutta, inaridita. Ma era sempre stanca: le sue g a m b e diventavano pesanti. Guardando piovere, con la fronte sui vetri della finestra, sentiva scorrere i fili d'acqua tra i capelli : tanto era vivo il suo desiderio di ristorarsi, c o m e la terra. • Pioveva sempre. Si occupò ad aggiustare i mobili della casetta a suo gusto, colPaiuto di Giannina. Spolverò e mise in ordine i libri a m m u c chiati in una piccola stanza. Sfogliando qua e là i libri abbandonati si mortificò accorgendosi di essere molto ignorante; ed ebbe curiosità d'imparare. Cercò un calamaio ; pregò Anselmo che le comprasse della carta da scrivere, in paese. Subito rammentò le osservazioni di Fanny, informando di Celeste. Povera Celeste! Forse aveva ricomin- _ 172 — ciato a studiare per quello stesso impeto di volere «fare qualche cosa». Chiuse l'uscio a chiave, perchè neanche la zia la vedesse. Tornava il tempo dei compiti fatti in cucina, davanti la finestra spalancata sul verde. Aprì un volume di storia e lesse : « Ferrara».... Pensò al Tasso, al suo infelice amore. Le righe della pagina si confusero. U n a data: le venne dinanzi la figura di Parisina, e il n o m e del Poeta che l'aveva animata. U n a secca notizia in fondo alla pagina: ripetè a fior di labbra un verso d'amore. La sua mente si rifiutava, ora mai, alla disciplina dello studio: ignorante e pure saputa, davanti il libro di storia. C o m e davanti la vita: disillusa senza aver vissuto. • Non importa, il non aver vissuto né bene né male, quando ci si illude di riempire le nostre giornate. Se si fosse fabbricato l'avvenire c o m e ~~ i73 - Luisa, o come la piccola maestra della scuola rurale che passava in bicicletta, sera e mattina, sullo stradale fangoso.... Ma bisognava cacciare le malinconie. Raccogliere le forze che ognuno di noi à dentro di sé stesso. Non piegarsi. Vincere. Vincere che cosa? • Udiva la voce del Paolini, di là, e le esclamazioni di piacere di zia Fabiana. — Venga ! Venga ! Glielo dica lei a quella benedetta ragazza! C'era un po' di sole, fuori, sulla terra ammollita. Doveva fuggire. Nascondersi. Ma essi entravano. — Franca! Franca! — esclamava zia Fabiana —. Guarda chi c'è! Le gambe le tremarono così forte che temette di cadere. Salutò, cortese e fredda. — Andavo con la mia Fiat — spiegava l'ingegnere —. Mi sono detto: sono a 174 pochi chilometri da Pineto! Andiamo a salutare le signore Gaudelli! — Glielo dica lei! — ripeteva zia Fabiana. — Che dirle! — fece il Paolini —. Al Circolo non si fa più niente. Uno squallore! La Ciarli maritata; la Santi a Firenze; la signorina Mori a Roma.... — La signorina Gaudelli in campagna — interruppe Franca cercando di sorridere —. È lo stesso. Zia Fabiana si alzò per preparare qualche cosa da offrire. Franca avrebbe gridato: — Non lasciarmi! Si rannicchiò, piccola piccola sul divano, come una bimba che aspetta di essere battuta. Il Paolini mormorò: — Sa che non la riconoscevo? E un volersi uccidere il suo! Ma perchè? La sua voce era dolce e sommessa. Franca socchiuse gli occhi, per afferrare nelle sue parole le parole che Stefano non le aveva detto. — .... mi dica di tornare — pregava il Paolini —. Le riaccompagnerò tutte e due. Va bene? Tutte e due. Posso tornare? — Torni — rispose Franca turbata. - i75- — Nella mia Fiat c'è tanto posto per lei ! La porterò via, un bel giorno, lontano lontano, e mi sembrerà di sognare! Ò aspettato tanto! Ma no! — esclamò con uno slancio di pietà, guardandola —. Scherzavo! Verrà sempre con lei la sua autorevole zia! — Quando tornerà? — Mi permetta di tornare all'improvviso; perchè mi illuda che vengo a rapirla ! • La nebbia livida e pesante calava di giorno sui campi mezzo spogli. Gli alberi si sarebbero caricati di foglie nuove ; i campi avrebbero verdeggiato ; tutto aspettava il ritorno del sole. A sbalzi, Franca aveva la sensazione di dovere aspettare anche lei : ma subito chinava la fronte, oppressa. Il suo avvenire era limitato e senza colore come l'orizzonte che la nebbia avvicinava sempre di più. Con un tremito, che saliva dalle caicagne alla nuca, ricordava la promessa fatta al Paolini. — 176 — Egli sarebbe venuto con la sua rombante macchina a liberarla dal torpore in cui era caduta. Pentita, spaurita, le pareva di essere stata raggiunta, afferrata dalla mano di qualcuno che l'avesse inseguita. • Zia Fabiana borbottava: — Oggi si fa una bella funzione a San Francesco! E i salotti sono già riaperti. Chi sa che diranno di noi ! Siamo ancora a tempo per dimostrare che siamo andate in villeggiatura. Ma se si continua a stare quassù, con questo tempo! Cambiava tono di voce e pregava umilmente : — Franchina, tesoro, se andassimo via domani, col treno? Non aspettiamo quel benedetto Paolini. Vedrai che si è scordato di noi ! Non verrà, te l'assicuro io ! C'era un solo lume a petrolio, nella casa; e la sera, se non voleva stare allo scuro, Franca era costretta a sedere a fianco della zia che parlava senza stancarsi dei disagi di Pineto e dell'urgenza di tornare in città. — 177 — La sera del sabato, tornando dalla fiera, Anselmo portava la posta. Franca scorreva in fretta le lettere del babbo, con una impazienza che le lasciava la bocca amara; cercava, nelle ordinate righe in calligrafia, un n o m e che sapeva di non dover trovare. Zia Fabiana, che scriveva a tutte le sue amiche e riceveva un fascio di lettere e di cartoline, leggeva, tornava a leggere ridendo da sola, corrugando la fronte. — Senti! Senti! — ripeteva entusiasmata. Franca fingeva di contare le maglie d'uno scialletto da regalare a nonna Lisa per non badarle. La vecchia signorina, che aveva bisogno di commuoversi e di sdegnarsi dietro una fila di pettegolezzi così come si à bisogno del pane, si affliggeva di non poter commentare assieme a qualcuno i fatterelli che veniva a conoscere. — Senti! Senti! — esclamò un sabato sera voltando il foglio d'una lunga e fitta letterina —. A h ! quella povera Liliana! — .... quindici.... sedici.... — contò Franca —. Che le succede? — A h ! Uno scandalo! Già, lo aveva scritto in faccia che dovesse finire così ! MESSINA, Un fiore che non fiorì. 12 _ 17 8 — — Ebbene? — ripetè Franca. — È a Milano, con un tenentino, un certo Scalvati.... Più si campa e più brutte se ne vedono ! — Perchè, zia? — C o m e perchè? Me lo domandi! I suoi dicono che è in casa di parenti, ma non ci crede nessuno. — À moglie, lo Scalvati? — No. Ma non la sposerà. Lo dicono tutti che non la sposerà ! E un cattivo soggetto, lui. — Se si volevano bene.... — fece Franca lentamente, quasi parlasse in sonno — ....È stata fortunata, Liliana! — Se ti sentisse qualcuno ! — Lascia che parli a cuore aperto — esclamò Franca posando il lavoro —. Liliana.... non fa male agli altri. Ne fa solo a sé stessa. Ma anche a sé stessa non fa un male troppo grande. A il coraggio di godersi la sua ora di felicità. Ecco tutto. — Franchina ! Tu sragioni ! — Liliana.... La sparlavano tutti. Anche tu. — Si è veduto che.... — .... la sparlavano, mentre ella era degna del rispetto e della stima di ognuno. _ t79 — — Liliana? — Sì, Liliana. Una ragazza onesta. Ma non l'avrebbe creduto nessuno. Le tue amiche si limitavano a considerare certe maniere che Liliana imparava per essere, come si dice? Già, si dice: «all'altezza dei tempi ». Le sue sorelle.... — Poverine ! — Lo dici tu stessa : poverine ! Non possono fare altro che compassione. — Ma vedi, Franca — mormorò zia Fabiana —, è così bello sentirsi la coscienza tranquilla, non avere rimorsi.... — Rimorsi? Perchè Liliana dovrebbe averne ? Il rimorso nasce dal male che si fa agli altri. Liliana è libera : non tradisce un marito, dei figli. Non tradisce neanche un'amica. Perchè sacrificarsi se lo amava, e se lui l'amava? Rimorsi.... Perchè ? La sua gioia non è tutta fatta di peccato. — La m a m m a , le sorelle, così per bene.... — È bella, Liliana — m o r m o r ò Franca—. À dieci anni meno di me. È così fine. Non sarà sempre così bella e così fine. — Ma, tesoro mio, un buon matrimonio.... — L'amore benedetto da Dio? Appro- — 180 — vato dal Sindaco, dal prete e dalla gente ? E se non si può? — Franca—balbettò Fabiana,turbata—. Io non ò mai pensato a queste brutte cose! Aveva l'impressione che la sua nipotina fosse sull'orlo di un precipizio e non avesse la forza di trattenerla. — Che cosa assurda la vita di una « signorina di casa » — ripigliò Franca —. Tu ed io siamo delle « signorine di casa». Sì, Liliana à avuto del coraggio. Quando avesse soffocato la sua giovinezza col peso della rinuncia quale premio le avrebbe dato la buona società che oggi si scandalizza ? Nessuno avrebbe creduto. Nessuno si sarebbe liberato dal suo dubbio. La voce le si arrochì. Mormorò, pensando a Stefano : — C o m e fare credere? Levando lo sguardo vide zia Fabiana così sconvolta e spaventata che ne ebbe pietà. — Zia — fece dolcemente —, Non pensare anche tu male di me perchè ti ò parlato con confidenza. Il giorno che non fossi più quella che don Agostini chiama una ragazza onesta, io morirei di dolore. Per- — 181 — che? Non lo so. Eppure ò indulgenza per Liliana. E anche per Silvia. Zia Fabiana, riconfortata, le afferrò le mani, piena di riconoscenza. Franca guardava dinanzi a sé, trasognata. Continuò pensando al Paolini che doveva tornare: — Ma se l'avversione al peccato è così forte, non è merito mio, o m a m m a , che mi senti.... — C o m e sono contenta di te ! — la interruppe zia Fabiana —. Quanto abbiamo chiacchierato ! Il petrolio è finito nel lume ! Franca tacque, smarrita, dolente. Quando si sfoga e non si è abituati a parlare di sé stessi, si resta col cervello vuoto e la bocca amara. • — La campagna non ti giova ! — ripeteva zia Fabiana —. Non ti ostinare a non voler partire! Per non sentire le stesse cose, dalla mattina alla sera, Franca andava da nonna Lisa col lavoro. Pioveva a dirotto. Le donne con la calza — 182 — e la rocca, si riunivano attorno al focolare acceso, dopo aver governato le bestie nella stalla e sbrigate altre faccende. Anche gli uomini, siccome non si poteva lavorare nei campi, sedevano con le donne, fumando, sorseggiando un bicchiere di vino e sputando a terra. Franca era quasi offesa da molte piccole volgarità e dalle violenti bestemmie che il piccolo Santino imparava a ripetere con grande allegria degli uomini e delle donne. Tuttavia restava presso il focolare acceso: era sola; ma quella solitudine non le faceva male, perchè non doveva nascondere i suoi accasciamenti e i suoi lunghi silenzi a gente che non poteva fare parte della sua vita. Anche le piaceva restare, per aspettare i bambini che tornavano bagnati e intirizziti dalla scuola, coi piedini che sapevano chilometri e chilometri. Guardava i quadernucci, i libri sciupati e sporchi, interessandosi dei loro compiti e delle loro lezioni. Nonna Lisa disse: — La signorina farebbe più della maestra. _ t83 — Maria replicò: — Almeno non perderebbero tanto tempo quando smette di piovere e c'è da aiu» tare nei campi! Franca esclamò: — Volete che insegni io, ai bambini? Nonno Paolo la guardò eoo diffidenza e Anselmo riempì la pipa senza parlare. Nonna Lisa rispose, per educazione : — C o m e vuole la padroncina. — La signorina è tanto istruita! — informò Giannina —, Sapeste quanti libri legge ! — Il libro è una cosa — fece nonno Paolo —. Ma per insegnare ai bambini ci vuole amore. • E come Franca lasciò la compagnia, Anselmo ripigliò : — Non solo amore, ma anche la buona salute. — E la nipote della padrona — fece nonna Lisa —, e io non le direi di no. — Ebbene — esclamò Anselmo —, non le si dica né di no né di sì. Andranno a scuola, al solito, e il dopopranzo andranno ~ 184 — a fare i compiti con lei. La loro maestra li insegna bene. Così, per non dire di no, i figli di Anselmo andarono a fare i compiti nella grande cucina di villa Fabiana. Franca si divertiva a fare scuola ai bambini. Le pareva di essere la piccola maestra che passava sera e mattina in bicicletta. Ma se udiva lontano, smorzato, il rombo di un'automobile nello stradale, si portava le mani alle orecchie per non sentire e un pungente formicolio le saliva nelle gambe. Perchè gli aveva detto di tornare? I bimbi aspettavano pazienti. — Signorina — spiegava finalmente qualcuno —, non abbia paura. Non era un tuono. • — Ti annoierai della tua scuola! — esclamava zia Fabiana. Franca rideva. — Non posso credere che tu voglia restare qui! - 185 — — Oh ! certamente no — la rassicurava Franca. — E come se ti fossi fatta monaca! Si era fatta monaca, perchè no? In un monastero senza chiostri e senza porte e senza regole: tutto arioso, con una chiesa immensa che à l'erba per pavimento, il cielo per cupola e i cipressi per colonne.... • Ma si stancava. I bimbi che venivano, le manine cariche di doni e di fiori, facevano troppo rumore : gran brusio di voci, e trepestio troppo grande di zoccoletti. — Cheti, bambini, cheti! Restava attonita, smemorata. Quanti bambini ! Tanti, lontani, non suoi, che non può amarli tutti così come ne avrebbe amato uno solo. Uno che si tiene il piedino, e ride chiotto chiotto nella culla. — !86 — — Cheti, bambini. Oggi non studieremo nulla. Andiamo a cercare le lumachine e gli sparagi nel bosco. Andava adagio adagio. Non sarebbe brutto vivere così, senza aver bisogno di nulla: neanche delle lettere del babbo che vengono da R o m a , neanche delle vostre cartoline, Celeste, Nidia, Mary, che vengono con un punto interrogativo. Anselmo non può portare ciò che Franca sa di non dovere aspettare. Gli à scritto una lettera lunga : una lettera d'amore, che rimarrà senza risposta : come quando chiamava Maria Luisa attraverso l'uscio chiuso. Egli è forte e prudente; e Franca non è che una povera ragazza innamorata. Forse la sua ardente lettera è andata nelle mani di donna Lucia; o sotto gli occhi di Antonio.... Si appoggiò al tronco di un alto cipresso; aveva l'impressione di dover cadere. - i8 7 - Una donna che raccattava frasche, cantava: — Chi è matto e non matteggia, perde la gioventù.... I bimbi le stavano intorno da un pezzo. Certo la signorina non rammentava più la strada. Santino, il più piccolo, si fece coraggio e tirò una cocca del suo grembiule. Nello disse: — Al bosco si va di qua, signorina. — Sì, cari, andiamo. Mi riposavo un poco. Ma ora sono più forte di voi. Andate avanti. I bimbi corsero con uno svolio scuro di grembialini. Si era dovuta slogare un piede : il malleolo cedeva come fosse molle. Afferrò un palo, cercò di tornare a casa, appoggiandosi ; ma lo sforzo di muovere i suoi passi le faceva sudare la fronte. Anche le gambe erano deboli, quasi che le vene si fossero vuotate del sangue: e non reggevano il suo gracile corpo che diventava massiccio, pesante. I bimbi correvano verso il bosco, senza voltarsi. - 188 Il dottore Balsamini, venuto col cavalier Gaudelli, le toccò il polso, esaminò le gengive, le palpebre. Tornò a domandare: — Le gambe soltanto? — Sì, dottore. — Provati a camminare. Franca camminò un poco. — Faccio troppa fatica. E poi vede, se voglio alzare i piedi da terra, per salire le scale, non posso. Il vecchio dottore Balsamini si accarezzava la barba perplesso. — Fenomeni nervosi — disse finalmente —. Guarirai da sola. Non ti stancare. — Si è tanto stancata a fare scuola ! — esclamò zia Fabiana. — Ecco — approvò il dottore Balsamini —. E poi quassù è troppo malinconico. Tutto deve contrariare le tue abitudini. — No, dottore. Io ò sempre amato la campagna. — Non può essere. Una signorina come - 189 - te! E via! Dunque: riposo, aria buona, mangiare quel che ti piace. E appena puoi, torna a casa, piccina, senza fare capricci. • Partito il dottore, il cavaliere Gaudelli non volle restare a Pineto. — Torno a Roma. O lasciato tutto in aria. Appena Franca si rimette, tornate a casa. Egli era stucco di levarsi all'alba, coricarsi al tramonto, bere uova fresche, e contemplare il panorama. — Ti condurrò a Roma, bambolona. E zia e nipote rimasero di nuovo sole. • Ma Franca non si rimetteva. Poi che non usciva, non mangiava più quasi nulla. I bimbi venivano per portarle i fiori che le piacevano e che lei non poteva cogliere con le sue mani. — 190 — Rami d'edera, di ginepro, di rosmarino.... Franca ringraziava, ma non si rallegrava; pregava la zia: — Butta via tutto. Voleva guarire, camminare, correre. Non c'era cosa più bella al mondo che quella di camminare sulle gambe che ti tengono eretta. — Zia, vorrei tornare. Ricordi chfe ti dicevo : « non voglio morire quassù » ? • Franca guardava dal suo posto, oltre la finestra spalancata, i campi che splendevano nel sole. Zia Fabiana pregava in camera, per lei che non voleva guarire. Ora non pensava più alle occupazioni lasciate, alle amiche, alle comodità della casa. Solo Franca occupava tutto il suo pensiero. Il dottore Balsamini stava per giungere. Il fratello le aveva scritto che sarebbe venuto appena avesse potuto lasciare i suoi affari. — 191 — — Dottore — disse Franca —, ora non posso neanche lavorare. La mano si rifiuta, come se fosse senza muscoli. — Non è nulla — fece il dottore allarmato —. Ti trovo meglio. — Non mangia niente. Non si nutrisce — si lamentò zia Fabiana. — Questo è il vero male! — rimproverò il dottore —. Devi sforzarti a mangiare. Perchè vedi, tu sei troppo magra, e quando avrai consumato questo po' di carne, sarà più difficile ancora il guarirti ! Sull'uscio cominciò a pulirsi gli occhiali; disse : — Non mi mandi più a chiamare. N o n posso fare nulla io. Qui ci vuole uno specialista di malattie nervose. — Ma come fare mettere Franca in viaggio ? — Che suo padre mandi lo specialista, quassù. Perchè la Franca potrebbe muoversi. — 192 — — Davvero ? ! — Sì, bisognerebbe però che qualcuno avesse tanto potere da suggestionarla. Dire a Franca le parole che fecero svegliare Lazzaro dal sonno eterno : « Alzati e cammina ! » Ma io non ò questo potere sulla malata. E forse neache lei, signorina Fabiana. — Oh ! credo di no. Credo di no ! — mormorò zia Fabiana costernata —. Ma come far venire uno specialista quassù? Il dottore Balsamini crollò il capo: — Con molti quattrini — borbottò —. Spargere sulla strada da Firenze o da Roma una bella fiorita di quattrini! Il cavaliere Gaudelli scrisse: — « Verrò subito e troveremo la maniera di mettere Franca in viaggio. Ma non ò i mezzi (tanto più che sono a metà stipendio), di mandare uno specialista in campagna, così lontano! Farò per mia figlia, come sempre, quanto sarà umanamente possibile di fare. » — — i93 — E alla zia e alla nipote parve di essere due creature abbandonate in un cantuccio scuro del mondo. La zia pregava e si lagnava: — Franca, tesoro, provati ad alzarti. Il dottore dice che potresti farlo, se volessi. E mangia un pochino di più ! Dimmi che cosa appetisci, e manderò Anselmo in paese per te. Provati, Franca. Vuoi che restiamo qui tutta la vita ? Dio ! Dio ! Perchè siamo venute quassù! — Zia — ripeteva Franca, osservandosi la gracile mano che pesava tanto a sollevarla un poco. — Lasciami in pace. E allora rimpiangeva il focolare di nonna Lisa dove si era tante volte rifugiata quando credeva di essere irrimediabilmente infelice. No, non era del tutto infelice quando poteva camminare, e perdersi nel bosco, e prendere i doni che i bimbi continuavano a portarle sempre più timidamente. M E S S I N A , Un fiore che non fiorì. 13 — 194 — • — Franca! Franca! — esclamò zia Fabiana rossa di gioia —, ora potremo andarcene! L'ingegnere Paolini si è ricordato di noi! Il cuore di Franca parve spezzarsi. Rispose : — Non voglio che entri qui. — Certo. Prima debbo aggiustarti un poco! Sei tutta spettinata. — Non voglio. Mandalo via — ripetè con voce arrochita. — Franca, tesoro! — pregò zia Fabiana —. Un'occasione così bella ! Io non lo aspettavo più! Oh ! Franca sapeva che sarebbe venuto, con la sua automobile. Per lei. Ma lei non voleva fare pietà a quell'uomo che l'aveva desiderata, quando era bella ed agile. Non avrebbe voluto Tare pietà neanche a Stefano. Forse non amava più neanche Stefano. Se egli fosse venuto, l'avrebbe respinto. — 195 — Egli era un uomo come un altro: più prudente e più egoista di un altro. Non lo amava più. Era innamorata dell'amore che à mille e mille volti, che non si possono guardare, e ricolma ogni atomo, ogni raggio di sole, ogni voce della terra. C o m e stanco e pesante il suo gracile corpo ! • Si lasciò pettinare, aggiustare. Domandò : — Gli ài detto che sono malata? Zia Fabiana rispose di sì. — Fallo entrare — disse allora Franca —. A lo stesso, pietà di me ; anche senza vedermi. Zia Fabiana si allontanò, in punta di piedi. Sperava che l'ingegnere Paolini avesse potuto dire lui a Franca: «Alzati e cammina! ». Egli entrò. Alto e grande, sull'uscio in ombra, somigliava a Stefano. Le si sedette vicino, le prese le mani dolcemente. Le disse: — .... Vi sembrerà di avere sognato un brutto sogno. Ma lasciate questi luoghi. — 196 — monotoni e tristi. Voi tornerete a essere la Franca che tutti aspettiamo. Tutti. Sorrise. — Franca è finita — rispose —. Non vi accorgete che Franca à cominciato ad andarsene? Ella à camminato, à camminato e ora è stanca senza essere arrivata. — Arriverete, Franca. Riprenderemo assieme il cammino. Franca sorrise per non piangere. Pensò : « Volevo bene a lui solo. Non sapevo di volergli tanto bene ». Guardava dinanzi a sé, con occhi ingranditi, velati di lacrime. L'altro mormorava, con sincerità: — Sono qui per farvi del bene. Se voi volete seppellirò il mio amore. Non chiederò altro che proteggervi. Andremo a Firenze. Guarirete. Le parlava adagio, come si parla a un bambino malato. — Provatevi — continuava —. Eravate così sicura di voi! Provatevi! — Datemi un foglio di carta — pregò Franca. Cercò di stringere la matita fra le dita inerti. Si sforzò a scrivere: ~ 197 — « Ste.... » Il foglio scivolò sulle ginocchia e la matita cadde. Il Paolini la raccattò, premurosamente. — E inutile — rispose Franca —. Tutto è inutile oramai. Se ne vada. Dica quel che vuole, ma se ne vada. Voltò la faccia verso la finestra, aspettando di udire il passo del Paolini che si allontanava. FINE.