bollettino 9 - Laboratorio Diritti Fondamentali

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bollettino 9 - Laboratorio Diritti Fondamentali
 L’ACQUISITO DELLA CITTADINANZA
DA PARTE DEGLI STRANIERI
Sommario: 1) Premessa; 2) Il caso italiano; 3) Sistema di alcuni Paesi UE e occidentali.
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1) Premessa
E’ aperta in Italia la questione della riforma della legge sulla cittadinanza e il dibattito sembra
focalizzarsi pro o contro l’abbandono del criterio dello jus sanguinis a favore di quello dello jus
soli, secondo il quale è automaticamente cittadina la persona che nasce sul territorio dello Stato.
In realtà le ipotesi di riforma che sono in campo non adottano semplicisticamente quel criterio
(ed anche negli altri sistemi sono utilizzate sempre soluzione miste). Il tema in discussione
riguarda tipo e intensità del rapporto/legame che il nato in Italia da genitori stranieri deve
costruire per essere ammesso alla cittadinanza. La conoscenza delle soluzioni adottate altrove
può contribuire ad eliminare equivoci che sono fonte di ingiustificate contrapposizioni.
Con il Trattato di Maastricht (1992) fu inserita nell’ambito del Trattato sulla Comunità europea
la nozione di “cittadinanza europea” ( art. 17 TCE), ribadita nei successivi Trattati ivi
compreso il vigente Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ( TFUE) al suo art. 20.
Tale nozione voleva compensare sul piano istituzionale e politico le radicali innovazioni
introdotte sul piano economico–monetario; successivamente un capo sulla “cittadinanza” della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - approvata a Nizza nel 2000 e resa
vincolante con il Trattato di Lisbona - ha enumerato i diritti che spettano al cittadino europeo.
Tra essi emergono per importanza il diritto di voto per le elezioni del Parlamento europeo e la
libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri. Sulla nozione e sui
contenuti della “cittadinanza europea” vedi il BOLLETTINO LDF n.5.
La “cittadinanza europea“ continua a distinguersi radicalmente da quella degli Stati nazionali.
Infatti ribadisce l’art. 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione “E’ cittadino dell’Unione
chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge
alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”: si tratta quindi di una cittadinanza derivata che
lascia agli Stati membri la discrezionalità nel definire i termini per l’acquisizione di quella
nazionale. Tale situazione appare nel complesso contraddittoria: al cittadino europeo spettano
una serie di diritti e poteri unitari, ma per divenire cittadino dell’UE le condizioni indirette
fissate dagli Stati sono le più diverse, in particolare con riferimento ai classici criteri di
classificazione dei sistemi secondo lo jus sanguinis o lo jus soli. Le scelte interne hanno
ripercussioni notevoli per l’intero continente; basterà pensare che una persona che diventa
cittadino di uno Stato dell’Unione acquisisce la libertà di circolazione e di soggiorno in altro
Stato membro, può votare per il Parlamento europeo, che in regime di co-decisione decide
ormai sulla quasi totalità delle competenze europee.
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2) Il caso italiano
L’Italia è uno dei Paesi che, in ambito europeo, ha la normativa più severa per l’attribuzione
della cittadinanza agli stranieri.
Tale normativa — principalmente dettata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 e dal relativo
regolamento di esecuzione d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 — è, in linea generale, fondata sullo
jus sanguinis, che comporta l’acquisto della cittadinanza per trasmissione diretta della stessa da
parte di madre e/o padre italiani. È invece previsto solo in ipotesi marginali e a certe condizioni
l’acquisto jure soli, in base al quale è cittadino colui che nasce nel territorio dello Stato.
La legislazione italiana peraltro consente la doppia o tripla cittadinanza, salva ovviamente la
verifica, da parte dell’interessato, che l’ordinamento dello Stato lo permetta e non richieda
piuttosto la rinuncia alla cittadinanza di origine (c.d. principio di rispetto della sovranità degli
Stati).
La disciplina è molto complessa. La distinzione fondamentale è quella tra le ipotesi di acquisto
automatico della cittadinanza, le ipotesi di acquisto per concessione e le ipotesi di acquisto
volontario.
A) Ipotesi di acquisto automatico:
1. per nascita, se almeno uno dei genitori è cittadino italiano;
2. per nascita nel territorio dello Stato italiano, se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi,
ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale
questi appartengono (ad es. Cuba);
3. per riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione durante la minore età del figlio (se
ciò avviene a maggiore età raggiunta, il figlio conserva il proprio stato di cittadinanza, ma entro
un anno dal riconoscimento/dichiarazione giudiziale può eleggere la cittadinanza determinata
dalla filiazione);
4. per adozione, quando un minore straniero viene adottato da un cittadino italiano (con la
trascrizione del provvedimento straniero di adozione nei registri dello stato civile);
5. per i figli minori di chi acquista a qualsiasi titolo la cittadinanza italiana (purché sussista la
potestà genitoriale), i quali diventano automaticamente cittadini italiani, se conviventi con il
genitore, salva la possibilità di rinunciarvi al raggiungimento della maggiore età, se in possesso
di altra cittadinanza.
B) Ipotesi di acquisto per concessione (mediante decreto del Presidente della Repubblica,
sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno), previa domanda da parte
dell’interessato:
La cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della legge n. 91 del 1992 n. 91, e successive
modifiche e integrazioni, può essere concessa:
● allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i
casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni (art. 9, comma 1, lett. a);
● allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio
italiano da almeno cinque anni successivamente all’adozione (art. 9, comma 1, lett. b);
● allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle
dipendenze dello Stato italiano (art. 9, comma 1, lett. c);
● al cittadino di uno Stato UE, se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio
italiano (art. 9, comma 1, lett. d)
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● all’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio italiano
(combinato disposto dell’art. 9, comma 1, lett. e) con l’art. 16, comma 2: quest’ultimo equipara
lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano all’apolide ai fini della concessione della
cittadinanza);
● allo straniero residente legalmente da almeno 10 anni nel territorio italiano (art. 9 comm.1,
lett. f: acquisto della cittadinanza per naturalizzazione.
Il successivo art. 9, comma 2, stabilisce che la cittadinanza può essere concessa “allo straniero
quando questi abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale
interesse dello Stato”. In questo caso, la procedura è più complessa in quanto la proposta è del
Ministro dell’interno di concerto con il Ministro degli affari esteri e il decreto del Presidente
della Repubblica deve essere preceduto oltre che dal parere del Consiglio di Stato anche dalla
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Il coniuge di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91
del 1992, dopo due anni di residenza legale e convivenza successivi al matrimonio nel territorio
nazionale, oppure dopo tre anni nel caso di residenza all’estero. Tali termini sono ridotti della
metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. Con Circolare del 2 novembre 2009 il
Ministero dell’Interno ha chiarito che, nel caso di richiesta di acquisto della cittadinanza italiana
per matrimonio con cittadino naturalizzato dopo la data del matrimonio stesso, il requisito della
residenza per due anni andrà calcolato dal momento di naturalizzazione e non dalla data del
matrimonio. Il vincolo matrimoniale deve essere esistente al momento del riconoscimento della
cittadinanza, pena il rigetto della domanda.
C) Ipotesi principali di acquisto “volontario”.
1. Per discendenza, da parte dello straniero o apolide con padre, madre o ascendente in linea
retta di secondo grado cittadini italiani per nascita, se ricorrono i requisiti previsti dall’art. 4,
comma 1, della legge n. 91 del 1992, ovvero:
a. se l’interessato presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara
preventivamente di voler acquisire la cittadinanza italiana;
b. se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiara di voler
acquistare la cittadinanza italiana;
c. se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio
della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la
cittadinanza italiana.
2. Per nascita in Italia (art. 4, comma 2), da parte dello straniero che vi abbia risieduto
legalmente senza interruzione fino alla maggiore età, se entro e non oltre il compimento del
diciannovesimo anno dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana. La residenza legale
ininterrotta normalmente è provata sulla base dell’iscrizione anagrafica, ma il Ministero
dell’Interno ha precisato che eventuali brevi interruzioni dell’iscrizione non possono
comportare, di per sé, il rigetto della domanda, purché sia dimostrata la presenza effettiva dalla
nascita sul territorio dello Stato attraverso la presentazione di idonea documentazione (ad
esempio, certificati medici o scolastici). La dichiarazione di volontà deve essere resa all’ufficiale
di stato civile.
Differenze di disciplina tra le varie ipotesi di acquisto della cittadinanza. In particolare:
naturalizzazione e acquisto jure matrimonii.
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Fra le diverse ipotesi d’acquisito della cittadinanza italiana fin qui descritte vi sono notevoli
differenze.
In particolare, nella naturalizzazione, cioè nell’acquisto per residenza, non si configura un diritto
soggettivo a diventare cittadino italiano. Il termine usato dalla legge è, infatti, “concessione”,
poiché rileva il preminente interesse dello Stato ad includere o meno un nuovo membro nella
propria comunità nazionale. Il potere esercitato dall’Amministrazione in relazione a queste
istanze è, dunque, altamente discrezionale ed è rivolto all’accertamento dell’interesse pubblico
generale, della disponibilità, da parte dell’interessato, di mezzi idonei a garantire la sua
autosufficienza economica e la capacità di soddisfare gli obblighi di solidarietà familiari.
Nell’acquisto della cittadinanza per matrimonio, invece, si configura in capo al richiedente un vero e
proprio diritto soggettivo (TAR Lazio, 27 maggio 2011, n. 4801), condizionato unicamente alla
eventuale presenza di condanne per delitti particolarmente gravi o alla sussistenza di
comprovati motivi inerenti la sicurezza dello Stato (giudizio di pericolosità nel caso specifico).
Solo in questa ipotesi di acquisto della cittadinanza, l’emanazione del decreto di rigetto è
preclusa quando, dalla data di presentazione della domanda completa della prescritta
documentazione, sia decorso il termine 730 giorni, due anni. In questo caso, trattandosi di
diritto soggettivo, il richiedente potrà, decorso il termine di legge, rivolgersi al Tribunale civile
territorialmente competente per residenza, allo scopo di ottenere una sentenza che accerti la
cittadinanza e produca, quindi, gli stessi effetti del provvedimento non emanato nel termine
suddetto dalla P.A. Si tratta di un orientamento della giurisprudenza amministrativa del tutto
consolidato, tanto che sulla base di esso è stata di recente adottata dal Ministero dell’Interno la
importante direttiva 7 marzo 2012, con la quale è stato disposto il trasferimento ai Prefetti della
competenza ad emanare i provvedimenti di acquisto della cittadinanza per matrimonio.
Tempi di attesa
Attualmente i tempi di attesa per l’acquisto della cittadinanza si aggirano o superano i cinque
anni, mentre la normativa preveda un periodo di attesa massimo di 760 giorni, ovvero di 2 anni.
Il problema dei tempi di attesa non è purtroppo risolvibile ad iniziativa dell’interessato perché,
anche facendo un ricorso a seguito di un’eventuale diffida e messa in mora a provvedere
formalmente notificata all’amministrazione e a seguito della perdurante inerzia, l’eventuale
proposizione del ricorso al competente Tribunale Amministrativo Regionale non può produrre
un effetto utile, in quanto il TAR non ha possibilità di sostituirsi all’amministrazione
competente quindi di adottare al posto di questa il provvedimento di concessione della
cittadinanza nei casi previsti.
Permesso per attesa cittadinanza
I cittadini di origine italiana in possesso di un permesso di soggiorno per attesa cittadinanza non
possono svolgere attività lavorativa.
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3) Sistema di alcuni Paesi UE e occidentali.
Nell’Unione europea, la Francia riconosce la cittadinanza a stranieri nati nel territorio
nazionale, ma a condizione che anche i genitori siano nati in Francia.
Negli altri Paesi, invece, solo la discendenza di sangue permette di acquistare immediatamente
la cittadinanza. Tuttavia, benché essere nati nel territorio nazionale non sia mai il criterio unico
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per ottenere la cittadinanza, anche per i figli di immigrati nati nel Paese straniero è possibile
acquistare la cittadinanza di quel Paese, se ricorrono certe condizioni.
In alcuni Paesi, come la Svizzera, i criteri sono molto rigidi, al pari di quanto accade in Italia. In
altri Paesi, invece, si applicano criteri meno restrittivi, come accade in Germania e in Francia.
Né va omesso che vi sono notevoli differenze tra i vari Paesi sui tempi di attesa per la verifica
delle condizioni previste e l’esame della situazione dei richiedenti. E, in questo ambito, il nostro
Paese si distingue in negativo, visto che, come si è detto, l’esame delle pratiche sembra non
finire mai e può richiedere anni. Vediamo caso per caso cosa accade negli altri Paesi.
Lo jus sanguinis ammorbidito.
In Germania la regola è lo jus sanguinis. Tuttavia, con procedure più semplici e rapide che in
Italia dal 2000 la cittadinanza può essere concessa: 1) al minore straniero figlio di due genitori,
di cui almeno uno abbia il permesso di soggiorno permanente da almeno tre anni e viva nel
Paese da almeno otto anni ovvero sia cittadino svizzero in possesso di un permesso di
soggiorno (Aufenthaltserlaubnis) rilasciato sulla base dell’accordo del 21 giugno 1999 tra la
Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione elvetica, dall’altra,
riguardante la libertà di circolazione (§ 4, comma 3); 2) allo straniero che si unisca in
matrimonio con cittadino tedesco, dopo tre anni dalla celebrazione del matrimonio.
La disciplina legislativa federale in materia di cittadinanza è contenuta principalmente nella
Legge sulla cittadinanza (Staatsangehörigkeitsgesetz – StAG) del 22 luglio 1913 che, negli ultimi
anni, ha subito tre rilevanti riforme. La prima, attuata con la Legge di riforma del diritto sulla
cittadinanza del 15 luglio 1999 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2000, ha introdotto la
possibilità della acquisizione della cittadinanza tedesca in base allo jus soli o Geburtsortsprinzip, in
aggiunta alla tradizionale modalità dell’acquisizione per filiazione (jus sanguinis o
Abstammungsprinzip).
Con la Legge sull’immigrazione (Zuwanderungsgesetz) del 30 luglio 2004, entrata in vigore il 1°
gennaio 2005, la regolamentazione del diritto alla naturalizzazione, prima contenuta
nell’Ausländergesetz, è stata trasposta quasi integralmente in alcuni articoli della Legge sulla
cittadinanza.
L’articolo 5 della Legge di attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia di diritto
d’asilo e di soggiorno (Gesetz zur Umsetzung von aufenthalts- und asylrechtlichen Richtlinien der
Europäischen Union), del 19 agosto 2007, entrata in vigore il 28 agosto 2007, ha introdotto una
nuova modalità di acquisizione della cittadinanza tedesca e ha modificato la normativa
riguardante la naturalizzazione degli stranieri residenti in Germania.
La Legge 5 febbraio 2009 di modifica della legge sulla cittadinanza, ha introdotto la possibilità
di revocare o annullare la naturalizzazione o l’autorizzazione a conservare la cittadinanza
tedesca, qualora l’atto amministrativo sia stato ottenuto attraverso l’inganno, la minaccia o la
corruzione o mediante il rilascio di informazioni false o incomplete.
In base alle nuove disposizioni, fra l’altro, può acquisire la cittadinanza tedesca anche colui che
per dodici anni è stato considerato dalla pubblica amministrazione come un cittadino della
Repubblica federale senza esserlo (§ 3 comma 2). Finalità della norma è quella di tutelare la
certezza del diritto, soprattutto nei casi in cui la cittadinanza tedesca costituisce una condizione
necessaria per l’esercizio di ulteriori diritti, ad esempio il diritto di voto e quelli relativi alla
disciplina del pubblico impiego.
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La legge di riforma del 2007 ha, in particolare, modificato le norme riguardanti la
naturalizzazione (Einbürgerung) degli stranieri residenti in Germania e ne ha semplificato le
procedure.
Per tutti coloro che non sono tedeschi per diritto di nascita, ma che vogliono diventarlo perché
stabilitisi in Germania, la naturalizzazione rappresenta la via principale per poter acquisire la
cittadinanza tedesca. Peraltro, la naturalizzazione non avviene in modo automatico, ma previa
un’apposita richiesta da parte dell’interessato.
Nella fattispecie della naturalizzazione rientrano gli stranieri residenti stabilmente e
regolarmente in Germania, i coniugi stranieri di cittadini tedeschi e i figli minori.
Per coloro ai quali viene riconosciuto il diritto di asilo ai sensi dell’art. 16-a della Legge
fondamentale, per i rifugiati ufficialmente riconosciuti in base alla Convenzione di Ginevra e
per gli apolidi la procedura è più breve, essendo sufficienti sei anni di soggiorno per ottenere la
cittadinanza.
Ai sensi del paragrafo 10 della Legge sulla cittadinanza, uno straniero che desideri ottenere la
naturalizzazione deve possedere i seguenti requisiti: 1) otto anni di residenza stabile e legale sul
territorio federale tedesco (il termine non si applica al coniuge straniero e ai figli minori, che
possono essere naturalizzati contemporaneamente al richiedente anche se risiedono legalmente
in Germania da un periodo di tempo inferiore e non si interrompe per soggiorni all’estero fino
a sei mesi); 2) il possesso della capacità di agire (minimo 16 anni), in conformità con le
disposizioni contenute nell’articolo 80, comma 1, della Legge sul soggiorno, o una
rappresentanza legale; 3) il rispetto e l’osservanza dell’ordinamento libero e democratico
stabilito nella Legge fondamentale tedesca; 3) il diritto di soggiorno a tempo indeterminato o un
permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del paragrafo 4, comma 3, della Legge sulla
cittadinanza o un regolare permesso di soggiorno rilasciato per uno degli scopi previsti dalla
Legge sul soggiorno; 4) la capacità di assicurare il mantenimento proprio e dei familiari a carico,
senza far ricorso a sussidi sociali (Sozialhilfe) o all’indennità di disoccupazione(Arbeitslosengeld II).
Condizione che, con la riforma del 2007, è applicabile anche alle persone al di sotto dei 23 anni
che aspirano alla naturalizzazione; 5) l’assenza di condanne penali per aver compiuto atti
contrari alla legge o di misure di correzione e di sicurezza. La recente riforma ha reso più
rigorosi i limiti di pena stabiliti per i reati minori; 6) la dimostrazione di una sufficiente
conoscenza della lingua tedesca; 7) la conoscenza dell’ordinamento sociale e giuridico tedesco
nonché delle condizioni di vita in Germania a cui il candidato alla naturalizzazione deve
conformarsi.
Tra i requisiti per la naturalizzazione è rimasto, come regola generale, quello della rinuncia o
della perdita della cittadinanza d’origine, che deriva dal principio generale – applicabile salvo
specifiche eccezioni – che non ammette la cittadinanza doppia o plurima (Vermeidung von
Doppelte Staatsangehörigkeit - Mehrstaatigkeit). Tuttavia, la legge di riforma del 19 agosto 2007
consente, a tutti i cittadini della Svizzera e degli Stati dell’Unione europea che ammettono la
cittadinanza multipla di conservare la propria cittadinanza d’origine (§ 12, comma 2), in
applicazione quindi del principio di reciprocità (tra questi Stati è compresa l’Italia).
In Irlanda la procedura non è molto diversa da quella vigente in Germania: lo jus soli si applica
solo nel senso che il figlio minore di uno straniero nato in Irlanda acquista la cittadinanza se
uno dei due genitori risiede regolarmente nel Paese da almeno tre anni prima la nascita del figlio
stesso.
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Analogamente in Gran Bretagna: acquista la cittadinanza chi nasce in territorio britannico
anche da un solo genitore cittadino britannico oppure legalmente residente nel Paese a certe
condizioni (possesso di uno dei seguenti titoli: Indefinite leave to remain, Ilr, oppure ‘Right of
Abode’).
La cittadinanza britannica è disciplinata dal British Nationality Act del 1981, in vigore dal 1°
gennaio 1983; alcune modifiche sono state introdotte, tra gli altri, con il British Overseas Territories
Act del 2002[6], il Nationality, Immigration and Asylum Act del 2002[7], l’Immigration, Asylum and
Nationality Act del 2006[8].
La disciplina della cittadinanza si articola in forme diverse in base a tre distinti ambiti territoriali:
sicché è contemplata non solamente la cittadinanza britannica propriamente detta - relativa al
Regno Unito, alle Isole del Canale e all’Isola di Man -, ma anche la British Dependent Territories
Citizenship e la British Overseas Citizenship. Nel secondo e nel terzo caso, sono dettate specifiche
norme per la cittadinanza.
Si è cittadini britannici se al momento della nascita uno dei genitori è cittadino britannico o è
autorizzato dall’autorità competente a soggiornare nel Regno Unito in modo permanente
(cosiddetto settlement, “stabilimento”), ossia non deve più soggiacere a limiti temporali del
soggiorno dettati dalla legislazione in materia di immigrazione (Immigration Act del 1971 e
successive modifiche), né trovarsi a maggior ragione in situazione irregolare.
Quando al momento della nascita del figlio nessuno dei due genitori è cittadino britannico o è
stabilito nel Regno Unito, vi sono diversi modi per acquisire la cittadinanza.
Le diverse accezioni dello jus soli.
Solo la Svizzera ha una normativa più restrittiva di quella italiana per l’acquisto della
cittadinanza jure soli, nella quale la naturalizzazione è possibile solo dopo dodici anni di
residenza stabile nel territorio elvetico.
In Spagna vige una versione meno rigorosa dello jus sanguinis: diventa cittadino spagnolo chi
nasce da padre o madre spagnola oppure chi nasce nel Paese da genitori stranieri di cui almeno
uno sia nato in Spagna. Si può acquisire la cittadinanza anche per residenza, di regola dopo dieci
anni (ma sono previsti regimi più favorevoli per determinati casi), oppure per matrimonio con
cittadino spagnolo, dopo un anno.
La normativa sulla cittadinanza si rinviene nei seguenti testi: 1) art. 11 della Costituzione del 27
dicembre 1978; 2) artt. 17-28 (modificati con la legge 36/2002, dell’8 ottobre 2002) del codice
civile; 3) legge 5 luglio 2002, n. 32 di modifica della legge n. 17del 1999, sull’accesso degli
stranieri alla condizione di militare di professione,
I Paesi Bassi hanno un sistema misto di ius sanguinis e ius soli. Alla seconda generazione di
immigrati è concessa la cittadinanza olandese per diritto di nascita. La prima generazione nata
nei Paesi Bassi da genitori stranieri conserva, invece, la cittadinanza dei genitori, ma per coloro
che hanno trascorso la maggior parte della loro vita nei Paesi Bassi, una volta raggiunta la
maggiore età è piuttosto facile ottenere la cittadinanza olandese. Per questi ultimi si aprono due
possibilità: utilizzare la procedura di opzione (optieprocedure) oppure la procedura di
naturalizzazione (naturalisatie).
La procedura di opzione – introdotta dalla Legge sulla cittadinanza del 19 dicembre 1984 (che
ha abrogato la vecchia legge del 1892) è riservata in particolar modo agli immigrati di seconda
generazione, anche se con la Legge di modifica del 21 dicembre 2000, in vigore dal 1° aprile
2003, è stata ampliata la platea di coloro che se ne possono avvalere – consiste nella semplice
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sottoscrizione di una dichiarazione unilaterale, che peraltro non comporta necessariamente la
rinuncia alla cittadinanza originaria ed ha tempi solitamente piuttosto rapidi: dalla presentazione
della dichiarazione all’ufficio comunale di zona alla concessione finale della cittadinanza
passano circa tre mesi.
La procedura di naturalizzazione è utilizzabile, in generale, da parte di coloro che risiedono nei
Paesi Bassi legalmente e in modo continuato per almeno 5 anni. Questo periodo può essere
tuttavia ridotto nei casi di coniugi di cittadini olandesi, di persone nate in Olanda, di stranieri a
cui è stato concesso asilo e di individui di alcune nazionalità (ad esempio, quella Surinamese).
Una volta trascorsi i cinque anni, per ottenere la naturalizzazione i candidati devono superare
un esame di integrazione civica, attualmente disciplinato dalla Legge di integrazione civica del
novembre 2006, in vigore dal 1° aprile 2007, che lo ha reso obbligatorio tanto per coloro che
richiedono un permesso di soggiorno permanente, quanto per coloro che intendono essere
naturalizzati.
In Belgio uno straniero acquista la cittadinanza per naturalizzazione se ha almeno 18 anni di
età e può dimostrare di risiedere nel territorio nazionale da almeno 3 anni. Dopo la
concessione della cittadinanza anche gli eventuali figli dello straniero di età inferiore ai 18 anni
diventeranno automaticamente cittadini, a condizione di vivere con il genitore o almeno di
essere sotto la sua autorità. Per matrimonio con un cittadino belga si può chiedere l’acquisizione
della cittadinanza dopo tre anni di vita comune in Belgio, con procedura semplificata rispetto a
quella di naturalizzazione.
Nell’ottobre 2010 il gruppo liberale fiammingo Open-Vld ha presentato in Parlamento una
proposta di modifica – che non risulta essere stata approvata – diretta a cambiare radicalmente
il quadro legislativo generale in materia di acquisizione della cittadinanza, con un impatto anche
per gli Italiani residenti in Belgio che desiderassero ottenere la nazionalità del Paese di
accoglienza.
Il ‘doppio jus soli’
In Francia, la disciplina applicabile in materia di cittadinanza si rinviene nel codice civile
(articoli da 17 a 33-2) e nella Convenzione del Consiglio d’Europa, del 6 maggio 1963, sulla
riduzione dei casi di nazionalità plurima (di cui sono firmatari Austria, Belgio, Danimarca,
Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia).
La cittadinanza può essere acquisita in tre modi diversi: 1) la prima modalità comprende sia
l’acquisizione per filiazione (jure sanguinis) sia quella per nascita (jure soli); 2) il secondo modo di
acquisizione è rappresentato dal matrimonio con cittadino o cittadina francese; 3) il terzo è la
naturalizzazione che richiede una decisione delle autorità francesi.
Lo jus soli esiste dal lontano 1515, con la variante doppio jus soli: è più facile ottenere la
cittadinanza per uno straniero nato nel Paese da genitori stranieri a loro volta nati nel Paese.
Come regola generale, per quanto riguarda l’acquisizione per nascita, è francese il figlio,
legittimo o naturale, nato in Francia quando almeno uno dei due genitori vi sia nato, qualunque
sia la sua cittadinanza (art. 19-3 cod. civ.).
La semplice nascita nel territorio nazionale non rileva ai fini dell’attribuzione della cittadinanza
se non per i minori figli di apolidi o di genitori sconosciuti o che non trasmettono la loro
nazionalità.
Comunque, chi è nato da stranieri con 5 anni di residenza e ha diciotto anni di età può acquisire
la cittadinanza.
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Inoltre, per effetto della legge del 16 marzo 1998, di modifica del codice civile, è stato
soppresso il regime della manifestazione di volontà per ottenere la cittadinanza, sicché ogni
bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza
francese al momento della maggiore età se, a quella data, ha la propria residenza in Francia o vi
ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5
anni, dall’età di 11 anni in poi. Le autorità pubbliche e gli istituti di insegnamento sono tenuti ad
informare le persone interessate sulle disposizioni normative in materia (art. 21-7 cod. civ.).
L’acquisizione automatica può essere anticipata a 16 anni dallo stesso interessato, con
dichiarazione sottoscritta dinanzi all’autorità competente, o può essere reclamata per lui dai suoi
genitori a partire dai 13 anni e con il suo consenso, nel qual caso il requisito della residenza
abituale per 5 anni decorre dall’età di 8 anni.
La naturalizzazione (previa decisione dell’autorità pubblica) può riguardare solo lo straniero
maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei 5 anni precedenti la sua
domanda, salvo che egli abbia compiuto e ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione
universitaria francese o abbia reso importanti servizi allo Stato, nel qual caso il criterio della
residenza viene ridotto a 2 anni. Inoltre, per essere naturalizzato occorre avere la residenza in
Francia al momento della firma del decreto.
Jure matrimonii con cittadino francese lo straniero può acquisire la cittadinanza dopo due anni
dalla celebrazione del matrimonio.
Lo jus soli integrale.
Chi nasce negli Stati Uniti è cittadino americano, a meno che si tratti del figlio di diplomatici
stranieri. È cittadino USA anche chi non nasce in territorio nazionale ma da genitori americani,
di cui almeno uno sia stato residente negli Stati Uniti. È sufficiente anche un solo genitore
americano se è vissuto almeno cinque anni nel Paese prima della nascita, di cui almeno due
dopo il quattordicesimo anno d’età. Regole simili si applicano anche in Canada, Argentina e
Brasile, Paesi storicamente investiti da forti flussi migratori.
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