Governare la Germania: come funziona il cancellierato?

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Governare la Germania: come funziona il cancellierato?
Governare la Germania:
come funziona il cancellierato?
Thomas Poguntke
Thomas Poguntke rileva, in via preliminare, che, quando si
parla del sistema di governo tedesco, è quasi impossibile rifuggire
dalla sua endiadi con il cancellierato e con la locuzione – attualmente
in voga in tutti i manuali sul tema – di «chancellor democracy», divenuta ormai quasi un «mito». La nozione di chancellor democracy è
stata sviluppata sin dagli anni Cinquanta del Novecento quale strumento analitico, sebbene talvolta sembri difficile scindere gli elementi descrittivi da quelli analitico-prescrittivi, ispirato allo stile di
leadership del primo Cancelliere della Repubblica federale tedesca,
Konrad Adenauer. Quindi, occorre soffermarsi sugli elementi tradizionalmente riconducibili al sistema di governo tedesco e, precisamente, alla chancellor democracy per valutare se e come essi abbiano
subito una trasformazione nel corso degli anni. Tra tali elementi si è
soliti ravvisare la predominanza della politica estera sulle altre politiche, il controllo del partito di governo da parte del Cancelliere, la
marcata personalizzazione della dialettica politica, la contiguità del
campo politico della maggioranza e di quello dell’opposizione e la
primazia del Cancelliere nell’ambito dell’Esecutivo.
È facile rilevare come alcuni di questi fattori abbiano subito una
erosione nel tempo, mentre altri si siano rinforzati. I principali mutamenti sono rappresentati: dalla sostituzione della tradizionale predominanza della politica estera con alcuni temi della politica nazionale, a causa della preferenza dei Governi a concentrarsi su di essi;
dal venir meno del controllo stringente sul partito da parte del Cancelliere; dalla ancor più evidente personalizzazione della politica, dal
momento che quello della personalità è divenuto un elemento essenziale di valutazione nel processo di selezione del leader (occorre dimostrare, infatti, di essere un bene prezioso per il partito dal punto
di vista dell’«appeal elettorale»); dal sostanziale superamento della
configurazione del sistema partitico originario; dalla valorizzazione
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del ruolo del Cancelliere nell’Esecutivo, sebbene tale potenziamento
risulti essere legato ad una serie di contingenze. Si può rilevare come,
analogamente a quel che è accaduto anche in altri ordinamenti –
quasi che si tratti di una comune tendenza delle democrazie contemporanee – vi sia stata una progressiva presidenzializzazione del sistema di governo tedesco, con uno spostamento di poteri a vantaggio
del Capo del Governo, che ha acquisito anche una maggiore autonomia istituzionale. Peraltro, dinamiche analoghe si sono riscontrate
anche all’interno dei partiti. Occorre domandarsi, tuttavia, cosa implica tutto questo specificamente per l’attuale forma di governo tedesca.
Alcuni fattori di contesto hanno senz’altro contribuito a determinare tale stato di cose, e in primo luogo il sistema dei partiti. Questo infatti si è gradualmente contraddistinto per il declino dei grandi
partiti di massa, per il contestuale aumento del grado di frammentazione del sistema partitico e per un’alta volatilità elettorale. I tre elementi sono reciprocamente interrelati e discendono innanzitutto dalla
progressiva perdita della capacità dei grandi partiti di orientare e di
controllare le dinamiche di voto. A tal proposito, si possono considerare i dati relativi alle ultime elezioni del Bundestag. Le cifre sono sorprendenti, dal momento che i due partiti maggiori, la CDU/CSU e la
SPD di norma raccoglievano il 90 per cento dei consensi, mentre alle
elezioni del 2009 i voti raccolti si sono attestati attorno al 60 per
cento. Tale cambiamento nella base elettorale ha influito significativamente sul modo in cui il Cancellierato funziona. Come dimostrano
anche i dati sulle elezioni nei Länder tra il 1946 e il 2009, il tasso di
volatilità del voto è aumentato sensibilmente, ma tale incremento non
è in alcun modo riconducibile all’unificazione tedesca: tanto è vero
che le cifre relativa ai Länder della ex Germania dell’est sono sostanzialmente simili a quelle dei Länder occidentali.
Dai dati si possono trarre alcune considerazioni sul sistema di
governo tedesco: innanzitutto si registra il declino politico del Volkspartei (partito del popolo), considerato sempre meno appetibile
come alleato di governo. La frammentazione partitica e il crescente
tasso di volatilità alle elezioni indicano che le stesse modalità di funzionamento del sistema partitico sono mutate. Non ha più senso oggi
per un partito legare le proprie sorti ad un solo partner politico,
giacché questo potrebbe non essere abbastanza forte per sostenere il
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Governo. Sempre più spesso si formano coalizioni di tre partiti e di
questi il partito principale incontra crescenti difficoltà nel predeterminare quali saranno la linea politica e il programma del capo della
coalizione dopo le elezioni, in caso di vittoria. Il Cancelliere, infatti,
non è più nella posizione di fare affidamento solo o prevalentemente
sul suo partito.
La conseguenza principale di tali trasformazioni sul rapporto tra
il leader e la base elettorale può ravvisarsi nel fatto che il primo non
si serve più della tradizionale mediazione della struttura partitica, ma
predilige piuttosto un’interazione diretta con gli elettori, usando i
media, ricorrendo a referendum di partito e convocando di frequente assemblee degli iscritti: le c.d. conferenze regionali, che attraverso successive deliberazioni (assai simili a continui plebisciti) definiscono l’agenda delle priorità del partito e ne selezionano i leader. A
tal riguardo, occorre precisare che queste conferenze regionali non
hanno alcuno status ufficiale nell’organizzazione infrapartitica, né
sono abilitate quali vere e proprie sedi decisionali, ma sono ascrivibili piuttosto agli eventi di comunicazione politica dei partiti. Esse
costituiscono un chiaro esempio di come i leader sviluppino un rapporto diretto con i propri elettori, senza alcun riguardo per l’elite o
le altre cariche interne al partito.
Per quanto concerne il rapporto tra il Capo dell’Esecutivo e il
suo partito, per lungo tempo, almeno tra gli anni Cinquanta e gli
anni Settanta, il Cancelliere governava il Paese attraverso il suo partito, inteso tendenzialmente come strumento di governo nelle sue
mani. Al contempo, però, valeva anche il reciproco: assumendo cioè
il punto di vista opposto, quello partitico, il vertice dell’Esecutivo
rappresentava comunque il mezzo principale di governo e di esercizio del potere politico per il partito di maggioranza. Il sistema di governo, tra partito e Cancelliere, in qualche modo, trovava un suo
equilibrio. Così se il Cancelliere dimostrava di essere debole, il partito si imponeva sull’Esecutivo. La debolezza del Capo di Governo
nel corso della storia della Repubblica federale tedesca non ha determinato cambiamenti di fatto della forma di governo, proprio per
l’esistenza del suddetto trade-off tra Cancelliere e partito.
Tale situazione però sembra mutare oggi per effetto della frammentazione e della modesta forza dei partiti. Si è creato quindi un
vuoto di potere, che prima era occupato dagli stessi partiti, e che l’o-
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pinione pubblica si aspetta venga colmato da una leadership forte
nell’Esecutivo.
Se questo è il versante dei rapporti tra partito, Cancelliere ed
elettorato, si riscontrano però alcuni cambiamenti anche sul versante
«strutturale» del sistema di governo tedesco. Le risorse istituzionali
dei Cancellieri sono rimaste generalmente stabili nel tempo, ma sono
aumentate negli ultimi decenni (nonostante i vincoli finanziari). La
figura dei Capi di Governo si è rafforzata ed essi sono diventati a
pieno titolo il centro del sistema di governo, che controlla effettivamente l’operato di tutti i Ministeri. Ad ogni modo, il cambiamento
più significativo sul fronte delle risorse istituzionali a disposizione
del Cancelliere deriva da una sorta di «privilegio degli Esecutivi»
(Executive bias), che è la conseguenza dei processi di integrazione sovranazionale ed internazionali, i quali indirettamente determinano
una concentrazione del potere di definizione delle politiche in capo
al vertice del Governo. Di fronte a tale situazione, un po’ in tutti gli
ordinamenti si riduce anche la possibilità che i partiti e il Parlamento
ostacolino o contestino le decisioni del Capo dell’Esecutivo, mettendone a repentaglio la permanenza in carica e quindi la tenuta del
Governo. Questa tendenza è stata ulteriormente rafforzata dal Trattato di Lisbona, che ha escluso dal Consiglio europeo i Ministri degli esteri.
Tornando al contesto tedesco, la situazione attuale si caratterizza, da un lato, per una crescita delle risorse istituzionali a disposizione della leadership dell’Esecutivo; dall’altro, per la parallela affermazione di aspettative favorevoli nei confronti di una guida «vigorosa» del Governo. Guardando, però, alla pratica politica e di
governo di oggi, il Cancelliere in carica, in particolare durante il suo
primo mandato, ha sempre rifiutato di incarnare una leadership forte
nell’ambito della politica nazionale. Allo stesso tempo, Angela
Merkel non è stata in grado di sfruttare in modo appropriato sul
piano interno i successi conseguiti nel quadro dell’Unione europea e
del G20. Proprio a supporto della tesi della presidenzializzazione
della forma di governo tedesca, è interessante notare come negli ultimi anni Angela Merkel sia stata sistematicamente criticata per la
sua mancanza di leadership a livello nazionale.
Dopo oltre sette anni alla guida dell’Esecutivo, però, sembra
che il Cancelliere abbia cambiato approccio (tanto è vero che alcuni
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parlano di una nuova fase, Merkel II), come può desumersi da due
elementi fondamentali. In primo luogo, ha assunto una posizione
ferma e decisa su alcune questioni assai controverse in politica interna, ad esempio in tema di energia nucleare e per la realizzazione
nella Germania meridionale di una importante opera nel settore dei
trasporti (c.d. Stuttgart 21), sulle quali è in corso un acceso scontro
politico. In secondo luogo, in modo forse ancor più rilevante per
quanto riguarda la tendenza alla presidenzializzazione, da un punto
di vista ideologico-simbolico, il Cancelliere ha adottato uno stile decisamente conflittuale nella dialettica politica, su due temi ritenuti di
grande rilievo per l’elettorato cristiano-democratico: l’immigrazione
(sostenendo ad esempio che il multiculturalismo è sostanzialmente
fallito); e, come evidenziato nel corso del Congresso di inizio novembre 2010 dei cristiano-democratici, la diagnosi prenatale. Tali
strategie – ad esempio quella di enfatizzare principalmente i valori
più conservatori – sono altamente rischiose perché vi può essere la
tentazione di esacerbare il dibattito politico e inintenzionalmente di
dividere la propria base elettorale di riferimento.
Se si osserva l’evoluzione storica del Cancellierato tedesco, si
possono cogliere alcuni significativi paradossi. Da una parte, come si
è già detto, l’opinione pubblica tedesca manifesta crescenti aspettative per un rafforzamento della leadership di Governo; dall’altra,
però, il Cancelliere deve fronteggiare numerosi veto player abilitati a
partecipare alle decisioni politiche in virtù della natura primariamente consensuale dei processi decisionali nel sistema tedesco. A
questa contraddizione se ne aggiunge un’altra: le forti pressioni sia
popolari che politiche per una presidenzializzazione dello stile di governo del Cancelliere, le quali, poiché comportano, almeno potenzialmente, un inasprimento dello scontro politico e accentuano la
differenziazione delle posizioni anche all’interno del corpo elettorale,
possono rivelarsi, alla fine, controproducenti per lo stesso Capo dell’Esecutivo.