Tesi 9 Ars nova e rinascita italiana Tesi 9 La prima rinascita italiana

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Tesi 9
Ars nova e rinascita italiana
Tesi 9
La prima rinascita italiana, l’Ars Nova:
madrigali, cacce, canzoni, ballate e strumenti in uso del tempo
Il Trecento e l’Ars nova in Italia e Francia
Il termine Ars Nova, ideato da Philip De Vitry nel ‘300, fu introdotto nell’ uso comune da
H. Riemann (1849- 1919)
Il termine Ars nova, indica la creazione del nuovo linguaggio musicale, che si manifestò in Italia e
Francia durante il '300.
Il Trecento quindi, si caratterizza dal punto di vista musicale per l'affermazione dell'Ars nova,
e va ricordato che il termine ars, al tempo non intendesse arte bensì tecnica e pratica.
Infatti, con i trattati Ars nova musicae di Johannes de Muris del 1319 e
Ars nova di Philip de Vitry del 1320, si volle sottolineare il profondo cambiamento che ormai da
qualche anno si stava avvertendo nel mondo musicale.
Innanzitutto i cambiamenti si avvertivano nel campo della notazione con l'apporto
del sistema mensurale di Francone da Colonia.
Cosi si iniza a si stabilire e una relazione tra segno scritto e significato sonoro.
La notazione mensurale si stava sempre più avvicinando, a quella che sarà poi la notazione
moderna, ed inoltre in aggiunta a ciò fu importantissimo il fatto di riconoscere la pari dignità della
divisione binaria o imperfetta, rispetto quella ternaria perfezione dovuta al numero 3.
Inoltre un altro elemento importante, fu l'aumento della produzione musicale in ambito profano,
rispetto a quella sacra (bisogna ricordare che sono anche anni turbolenti per il papato trasferito ad
Avignone).
Il più importante musicista di quest'epoca fu Guillaume de Machaut.
Il termine Ars Nova quindi si contrappone ad Ars Antiqua o ars Vetus che era la produzione
polifonica dei secoli XII e XIII.
In Italia prima del ‘300 non era in uso trascrivere la musica.
Nella prima generazione gli artisti dell’Ars Nova in Italia erano associati alle corti degli Scaligeri a
Verona e Padova, ed i più importanti erano Jacopo da Bologna e Giovanni da Firenze.
Nella Firenze repubblicana letterati pittori e musicisti appartenevano in genere al medesimo
ambiente. La maggior parte delle composizioni dell’ Ars nova Italiana, sono state composte a
Firenze e risalgono alla fine del 300, inizi 400.
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Questo successo potrebbe essere stato favorito dal Dolce stil novo, genere poetico di eleganza
formale. Le forme poetiche di questo periodo, infatti, ben si legavano ai bisogni dell’espressione
musicale. Il codice denominato Squarcia lupi, contiene più della metà del repertorio musicale
dell’ars nova italiana.
Il madrigale trecentesco
I primi esempi di madrigale sono contenuti in un altro codice, il Codice Rossi.
Il madrigale è il genere musicale più comunemente coltivato nell’Italia settentrionale durante il
Trecento. Il termine madrigale probabilmente deriva da Lingua madre.
Gli argomenti del madrigale sono generalmente di carattere amoroso o agreste.
Giovanni da Firenze stabilì i caratteri stilistici tipici del madrigale Trecentesco.
Formalmente il madrigale è composto da due o 3 versi definite terzine aventi lo stesso ordine di
rime. Ogni terzina è di norma seguita da un ritornello di uno o due versi a rima baciata.
I versi del madrigale possono essere endecasillabi oppure anche settenari.
Come ad esempio il madrigale A Press'a un fiume Giovanni Da Firenze
La musica del madrigale è divisa in due sezioni:
- la prima sezione iniziale A è in genere la più estesa serviva a dare l’ intonazione;
- la seconda sezione B, è costituita da un ritornello, che ha un carattere ed una metrica differente
rispetto alla prima parte.
Ciascun verso inizia e si conclude da un melisma, mentre la parte centrale del verso è scandita
in stile sillabico.
La voce superiore comunque è più fiorita e melismatica rispetto a quella inferiore.
La caccia
A differenza del madrigale la caccia non ha uno schema strofico.
E’ un genere di composizione in cui le immagini verbali vengono tradotte ed enfatizzate
dall’intonazione musicale.
La caccia è una sorta di canone, solitamente previsto nelle due voci superiori, mentre la terza
parte funge da sostegno armonico, probabilmente eseguita da qualche strumento e rendeva con
grande efficacia realistica le scene di maggiore concitazione, animate da elementi onomatopeici.
Si cantavano e descrivevano per l’appunto scene di caccia, pesca o giochi o vita quotidiana
all’aperto. Un esempio di caccia è Coi Brachi Assai, Giovanni da Firenze
I versi della caccia sono sciolti e la rima non è baciata.
C'e da dire, che anche in Francia con la Chace o in Inghilterra con la Rota, si utilizzava il canone.
La Caccia italiana era contraddistinta, da ripetizioni di note, intrecci ritmi spezzati, che creavano
un atmosfera realistica che catturava l' attenzione dello spettatore.
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La ballata
Le ballate polifoniche non associate alla danza, si cominciarono a scrivere intorno al 1360.
In precedenza la ballata monodica veniva intesa come ballo in tondo come nell’ affresco del buon
governo di Lorenzetti.
La ballata riprende principalmente lo schema del virelai francese
Vi era una ripresa o ritornello e poi vi erano le strofe definite stanze, suddivise ulteriormente in due
piedi conclusi con una volta. I testi sono per lo più amorosi e idealizzati.
Fu il fiorentino Francesco Landini il compositore più importante per le ballate trecentesche.
Nelle sue ballate, la voce superiore definita superius, fa ampio uso di terze e di seste, mentre le
melodie sono moderatamente melismatiche. Landini prelude all’umanesimo rinascimentale.
Ars Subtilior o arte sottile
La polifonia italiana in questo periodo si caratterizza anche dalla cosidetta Ars Subtilior o arte
sottile nata dall'unione di elementi francesi e italiani
L'Ars Subtilior concepisce l’arte come una tecnica di costruzioni razionali e geometrizzanti
privilegiando misure e mutazioni ritmiche, spesso molto complesse ed elaborate.
Di questo periodo spicca anche soprattutto la figura di Jhoannes Cicogna, che compose alcuni
mottetti caratterizzati da strutture ritmiche e melodiche particolarmente raffinate, con lunghe
sincopi e ritmi contrapposti.
Inoltre scrisse anche partiture con notazioni grafiche particolarmente raffinate, come ad esempio
Venecie mundi splendor.
Un altro esponente di quest'arte fu anche Filippotto da Caserta vissuto a cavallo tra '300 e '400.
Il Trecento italiano e quindi l’Ars Nova, fu fortemente influenzata dall’ Ars Nova francese.
Strutture razionali e simmetriche, ripetizioni simboliche di multipli, fanno nascere la cosdidetta
Isoritmia
L’ Isoritmia
L'Isoritmia consisteva nello stabilire il ritmo e le scansioni temporali della musica secondo
principi rigorosamente matematici.
Fino ad allora infatti, invece, la forma musicale era stata determinata essenzialmente dal rapporto
con la parola, ed infatti, nel canto gragoriano la parola suggeriva sia la linea melodica che il ritmo.
Ma con L'Ars Nova tutto cambiò e L'Isoritmia prevedeva che fosse il testo ad adattarsi alla
musica e non viceversa.
L'isoritmia deriva dal greco "iso" + "rhythmos" = ritmo uguale.
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L'isoritmia è la ripetizione di una figura ritmica nelle diverse frasi di una composizione
musicale e da non confondersi con omoritmia.
L'omoritmia, infatti, segna l'uso degli stessi valori ritmici, in verticale, cioè in tutte le voci di una
composizione polifonica, ed era un procedimento tipico dell'Ars Antiqua.
Il termine isoritmia fu coniato nel 1904 dal musicologo tedesco Friedrich Ludwig, in riferimento a
una tecnica di composizione tipica dei mottetti dei secoli XIV e XV.
In un mottetto isoritmico, la voce di tenor, ripete più volte la medesima sequenza di valori ritmici:
ed ogni ripetizione è detta talea.
L'isoritmia differisce dalla mera applicazione ripetitiva di uno stesso modo ritmico sia per la
lunghezza e complessità della ripetizione e quindi della talea, sia per la coesistenza indipendente di
moduli melodici detti colores
Negli esempi più semplici, a ogni ripetizione ritmica della talea corrisponde esattamente una
diversa melodia o color, ma si hanno anche casi in cui taleae e colores, nella stessa voce,
hanno lunghezze indipendenti e quindi si sovrappongono in modo assai complicato.
Esistono, infatti, mottetti per lo più politestuali, in cui tutte le voci sono isoritmiche indipendenti
l'una dall'altra, con taleae e colores di lunghezze diverse, il che determina una struttura di grande
complessità.
La massima fioritura del mottetto isoritmico si ebbe nell'Ars nova, soprattutto ad opera
di Philippe de Vitry, come ad esempio il suo mottetto Garrit Galluse.
Anche Guillaume de Machaut, utilizza questo procedimento, e Guillaume Dufay fu
probabilmente l'ultimo grande compositore a scrivere mottetti isoritmici, l'ultimo dei quali è
Fulgens iubar, del1442
Guillaume de Machaut
La sua composizione musicale, riguarda più che altro generi profani, tra i quali spiccano 23 mottetti
in lingua francese anche a 4 voci. De Machaut aggiunge anche ulteriore complessità
tecniche all’isoritmia con una voce sotto il tenor, il contratenor.
L' opera più importante di de Machaut è senza dubbio La Messa de Notre Dame, con tutte le sue
parti. Questa fu l’importante novità cioè la messa intera composta da un unico autore. Prima
d’ora non ora mai avvenuto ciò.
Le critiche dell' Ars nova
Tali procedimenti sono oggetto più della vista che dell’ udito… così scriveva il teorico
fiammingo Boen nel ‘300. Si tratta dunque di un tipo di complessità formale che appagava i gusti
dell’ intenditore sofisticato con le esattezze strutturali di una determinata composizione .
Viene meno dunque l’utilizzo del mottetto dell Ars Nova del 300 negli ambienti liturgici, ma è
più apprezzato negli ambienti di corte come le grandi cerimonie pubbliche e celebrazioni varie.
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In questo periodo Gervais de Bus, scrisse Roman de Fauvel, che era un poema satirico contro la
corruzione papale del tempo, ed era sostenitore dell'Ars Nova.
Agli antipodi c'era Jacobus de Liegi, che nel trattato Speculum musicae, difendeva l'Ars Antiqua
sostenendo che le innovazioni dell'Ars Nova erano solo illusorie.
La Chiesa per altro, aveva già dichiarato la sua avversione verso questi nuovi orientamenti
musicali con la bolla Docta Sanctorum di Papa Giovanni XXII nel 1325, nella quale si proibiva
esplicitamente, l’introduzione nel servizio divino di forme polifoniche tecnicamente complesse.
Strumenti in uso nel tempo
Le autorità della Chiesa si pronunciarono in numerose occasioni, contro l’ammissione di menestrelli
e giullari, ed anche contro l' esecuzione di musiche strumentali e ad altri elementi profani nelle
chiese.
Solo a partire dal XIII secolo fu consentito l’impiego dell’ Organo, definito da de Machaut come il
Re di tutti gli strumenti. Pertanto tutti gli altri strumenti erano interdetti.
Diverso è il discorso per le composizioni non liturgiche. Numerosissimi dipinti del tempo,
raffigurano scene di danze e balli accompagnati da moltissimi tipi di strumenti.
Utilizzavano molto la Viella e la Ribecca che è un antenato del violino.
Numerosi erano anche i fiati, con trombe cornetti, flauti sia di legno sia di metallo, i quali venivano
adoperati per conferire pomposità e solennità a certe cerimonie religiose, oppure per accompagnare
il movimento delle truppe.
Tra gli strumenti a corda i più usati, ci sono l’arpa diatonica, il salterio e liuto.
Tamburi e tamburelli o nacchere invece venivano utilizzati per l’accompagnamento ritmico.
A partire dal ‘400 le parti del tenor spesso venivano sostituite dalla sola esecuzione strumentale.
Bibliografia:
M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica Occidentale Volume 1, Armando Roma 2008
pp.121-127, 141- 148, 173-174
E.Surian Manuale di Storia della Musica volume 1, Rugginenti Torino 2006,
pp.153-165, 173-177
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