il fascicolo informatico

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il fascicolo informatico
IL FASCICOLO INFORMATICO
Incontro di studio della SSM sul tema:
Il Processo Civile Telematico
(I° edizione)
Napoli, 10 maggio 2016
ANTONELLA DELL’ORFANOMAGRIF TRIBUNALE ROMASEZIONI CIVILI ORDINARIE
COSA SI INTENDE PER FASCICOLO
INFORMATICO?
Art. 12 del D.P.R. 13.2.2001, n. 123: l’esordio del
fascicolo informatico, indicato come «contenente gli atti
del processo come documenti informatici ovvero le copie
informatiche dei medesimi atti quando siano stati
depositati su supporto cartaceo».
Art. 2, 1° co., lett. h D.M. 44/2011, secondo il quale il
fascicolo informatico è la versione informatica del
fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come
documenti informatici, oppure le copie informatiche dei
medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto
cartaceo, ai sensi del codice dell’amministrazione
digitale.
La creazione del fascicolo informatico non ha
determinato alcuna soppressione del fascicolo
cartaceo (art. 12 DPR. 123/2001), che continua
ad esistere parallelamente al primo (si pensi, solo
per fare qualche esempio, ai procedimenti nati
cartacei e divenuti digitali solo successivamente;
o a quelli che, pur nati con il PCT obbligatorio,
abbiano visto costituzioni in giudizio delle parti
svolte in modo tradizionale etc.).
Ai sensi del DPR. 123/2001 gli atti processuali del giudice, delle
parti e degli ausiliari possono costituiti da documenti informatici
nativi, muniti di firma elettronica, e, quando sono invece stesi su
carta, che ne venisse effettuata scansione e questa viene inserita
nel fascicolo informatico
Le produzioni documentali cartacee vanno conservate nei
fascicoli e i documenti e gli atti del giudice e dell’ausiliario vanno
raccolti nel fascicolo d’ufficio (artt. 72-77 disp. att. c.p.c).
Il fascicolo informatico d’ufficio deve avere contenuto analogo a
quello su supporto cartaceo: gli atti delle parti e degli ausiliari
quando cartacei devono essere scansionati, quando informatici
devono essere stampati ed inseriti in copia nel fascicolo cartaceo.
Discorso parzialmente diverso per i documenti probatori, per i
quali il terzo comma dell’art. 12 del d.P.R. n. 123/2001 prevede la
scansione soltanto laddove non eccessivamente onerosa.
Le regole tecniche di cui al reg. n. 44/2011 non
riportano la regola del D.P.R. n. 123/2001 per cui
doveva essere comunque formato e conservato un
fascicolo cartaceo d’ufficio, contenente dunque le
stampe dei documenti informatici, ma prevedono
che «la tenuta e conservazione del fascicolo
informatico equivale alla tenuta e conservazione del
fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, fermi
restando gli obblighi di conservazione dei
documenti originali unici su supporto cartaceo
previsti dal codice dell’amministrazione digitale e
dalla disciplina processuale vigente».
E’ discusso se il dpr. 123/2001 possa ritenersi
abrogato da un regolamento governativo, quale il
Reg. n. 44/2011.
In ogni caso un fascicolo d’ufficio cartaceo va
comunque mantenuto e dovrà contenere gli atti
cartacei prodotti dalle parti nonché gli originali
unici cui fa riferimento il regolamento del 2011.
Art. 9 DM 44/2011 Sistema informatico di gestione del
fascicolo informatico
…..
4. Il fascicolo informatico reca l'indicazione: a) dell'ufficio
titolare del procedimento, che cura la costituzione e la
gestione del fascicolo medesimo; b) dell'oggetto del
procedimento; c) dell'elenco dei documenti contenuti.
5. Il fascicolo informatico e' formato in modo da garantire
la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi
contenuti in relazione alla data di deposito, al loro
contenuto, ed alle finalità dei singoli documenti.
L’elenco dei documenti presenti nel fascicolo informatico va
quindi redatto in maniera tale da consentire la facile reperibilità,
che è quanto prescrive il co. 5 dell’art. 9 cit., che fa cenno ad
alcuni metadati necessari e cioè la data del deposito, il contenuto e
le finalità dei singoli documenti.
Artt. 36, 74 e 87 disp. att. c.p.c., ogni singolo atto e ogni singola
produzione deve avere un indice e essere contenuta in separato
documento.
Le prescrizioni circa la produzione di documentazione
munita di indice devono valere anche per il fascicolo
informatico.
Ogni singolo documento informatico va quindi prodotto in
separato elenco, numerato e, laddove possibile collegato al
testo o all’indice mediante il link, oppure mediante il numero
e il nome della produzione, che devono essere riportati nel
nome del file; in caso contrario risulta quasi impossibile
reperire il documento.
Considerato che la reperibilità dei documenti è prescritta per
regolamento e l’elenco delle produzioni deve essere
comunicato alla controparte, laddove ciò non sia realizzato è
possibile individuare una violazione del diritto di difesa di
una parte e potrebbe anche configurarsi l’inidoneità dell’atto
a raggiungere lo scopo.
Il deposito telematico: il regime dell’obbligatorietà
L'art. 45 del D.L. 90/2014 ha disposto che il deposito telematico degli
atti endo-processuali – il deposito degli atti processuali e dei
documenti da parte dei difensori delle parti prece-dentemente
costituite …" (e non anche di quelli introduttivi e di costituzione, v.
art. 16-bis, comma 1, D.L. 179/2012) fosse graduale, indicando la
data del 30/6/2014 quale termine di demarcazione tra i procedimenti
già pendenti a tale data e quelli promossi successivamente.
Per i procedimenti nuovi, cioè iniziati successivamente al 30/6/2014,
il deposito telematico degli atti endoprocessuali era obbligatorio.
Per i procedimenti pendenti, cioè iniziati prima del 30/6/2014, il
deposito telematico degli atti endoprocessuali era facoltativo sino al
30/12/2014.
Dal 31/12/2014, infatti, il deposito telematico degli atti
endoprocessuali è obbligatorio per tutti i procedimenti.
Dal 30/6/2015 è stato reso obbligatorio il deposito telematico degli
atti endoprocessuali anche nei procedimenti in Corte d'Appello (art.
16-bis, comma 9-ter, D.L. 179/2012).
Tra le novità introdotte dal D.L. n. 83/2015 nell’art. 19 del decreto
in commento vi è l’inserimento nell’art. 16 bis, d.l. n. 179 del
comma 1 bis, il quale prevede che nell'ambito dei procedimenti
civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai
Tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle Corti
d'Appello è sempre ammesso il deposito telematico dell'atto
introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si
offrono in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente
di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio
personalmente, nel rispetto della normativa anche regolamentare
concernente la sottoscrizione la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona
esclusivamente con tali modalità.
Si tratta in definitiva del superamento di una delle principali
questioni aperte sul PCT, riguardante la legittimità del deposito
telematico dell’atto introduttivo nei Tribunali sprovvisti di decreto
ex art. 35, d.m. n. 44/2011 emanato da D.G.S.I.A.
UNA DEROGA PER I FUNZIONARI DELLE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI.
L’obbligo del deposito telematico rimane escluso per i dipendenti
di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in
giudizio personalmente (ad esempio i funzionari INPS nelle cause
di previdenza).
Il 2 comma dell’art. 44 del D.L. 90/2014 ha infatti aggiunto al 1
comma dell’art. 16-bis il seguente inciso “Per difensori non si
intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche
amministrazioni per stare in giudizio personalmente”.
Dall’obbligo del deposito telematico degli atti
processuali (c.d. PCT a binario unico), sono esclusi i
Giudici, i quali hanno l’obbligo di depositare
telematicamente
i
propri
provvedimenti
esclusivamente nell’ambito delle procedure monitorie
(art. 633 cpc e ss.) - art. 16 bis, co. 4, DL 179/2012-,
quindi, in difetto di un tale obbligo espressamente
previsto anche per loro in via generale così come per
le parti processuali, i Giudici possono continuare a
depositare sentenze cartacee (e provvedimenti
interlocutori in genere, ad es. ordinanze e decreti)
anche con riferimento a procedimenti civili
telematici.
Gli atti ed i documenti da depositarsi tramite PCT devono essere “privi
di elementi attivi” artt. 12 e 13 Provvedimento DGSIA 18 luglio 2011,
emanato in attuazione del DM Giustizia n. 44/2011 (Regole tecniche o
Regolamento) e succ. mod.
La ratio del citato divieto, che è quella di impedire che un file depositato
in giudizio tramite PCT possa subire delle modifiche (più o meno
automatiche) successive al deposito stesso, aggirando così le norme in
tema di preclusioni processuali e di tutela del contraddittorio; inoltre la
modifica automatica di un file successiva alla sua sottoscrizione farebbe
venir meno il valore della firma digitale (che dopo la modifica stessa
non sarebbe più verificabile).
ELEMENTI ATTIVI” SIGNIFICA “PARTI DEL TESTO POTENZIALMENTE
MODIFICABILI DA UNA SORGENTE ESTERNA”.
Per esemplificare, devono ritenersi elementi attivi vietati le macro e i
campi variabili.
Devono ritenersi invece ammissibili, ed anzi del tutto auspicabili, i link
ipertestuali, come i link interni o segnalibri (ad es., il rinvio ai vari
paragrafi dell’atto o ai documenti depositati con la stessa busta), che
rendono del tutto agevole l’esame e la lettura degli atti e dei documenti
ad essi allegati.
FORMA DEGLI ATTI
Su delega avente rango di fonte primaria Art. 16 bis DL n. 179/2012, la normativa
regolamentare del PCT stabilisce che:
– l’atto giudiziario (o atto principale) deve essere in pdf testuale Art. 11 DM n. 44/2011 e art.
12 Specifiche Tecniche 16/04/2014
– gli eventuali documenti possono essere in formato pdf, rtf, txt, jpg, gif, tiff, xml, eml o msg, e
nei formati compressi zip, rar, arj (purché contenenti file nei formati precedenti). Art. 12 DM
n. 44/2011 e art. 13 Specifiche Tecniche 16/04/2014.
QUALI SONO LE CONSEGUENZE IN CASO DI DEPOSITO DI ATTI CHE NON SIANO
CONFORMI ALLE SPECIFICHE DEI FORMATI DIGITALI?
Ipotesi più frequente: il deposito di un atto giudiziario in pdf immagine (cioè stampato e
scansionato) anziché pdf testuale (cioè “convertito” in pdf direttamente dall’editor di testo
Word, OpenOffice, ecc.).
LA GIURISPRUDENZA E’ DIVISA.
Accanto a pronunce secondo le quali un tale deposito sarebbe inammissibile, molte altre sono
di segno del tutto contrario.
Quest’ultimo orientamento pare maggiormente condivisibile.
Il vizio riguarda la forma dell’atto, l’eventuale nullità dovrebbe essere quindi espressamente
prevista dalla legge (art. 156, 1° comma, c.p.c.) e, quand’anche si ritenesse che sia stata
prevista una specifica forma degli atti ex art. 123 c.p.c., ogni invalidità sarebbe comunque
sanata per il raggiungimento dello scopo (art. 156, 3° comma, c.p.c.) , ed in ogni caso non
potrebbe comportare rigetto per inammissibilità dovendo infatti il Giudice disporre la
rinnovazione dell’atto nullo (art. 162 c.p.c.).
Il rigetto per inammissibilità dell’atto o documento, secondo l’opinione maggiormente diffusa,
deve ritenersi quindi abnorme ed illegittimo.
DEPOSITI TELEMATICI E SUCCESSIVI
MESSAGGI PEC
DEPOSITO CON RG ERRATO O EFFETTUATO DA SOGGETTO NON PRESENTE
NELL’ANAGRAFICA DEL FASCICOLO
Nell’ipotesi in cui il mittente indichi il numero di ruolo (all’interno dello stesso
registro) in maniera non corretta, l’ “esito dei controlli automatici” (la c.d. “terza
PEC”) riporta una “descrizione esito” di questo tenore: “Numero di ruolo non
valido: Il mittente non ha accesso al fascicolo. Sono necessarie verifiche da
parte della cancelleria”.
In tale ipotesi si ricade nella categoria “ERROR” indicata nella Circolare
28/10/2014 del Dipartimento Affari di Giustizia, punto 7, che così enuncia:“Le
cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno sempre
accettare il deposito, avendo cura, tuttavia, di segnalare al giudicante ogni
informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata.”
In mancanza di una norma di legge che sanzioni come invalido l’atto recante
un’errata indicazione del numero di R.G. l’operatore di cancelleria , pertanto,
deve provvedere d’ufficio alla correzione del dato errato: l’operazione,
oltretutto, è tecnicamente consentita dagli applicativi di cancelleria (SICID e
SIECIC) purché all’interno dei singoli registri.
MESSAGGIO PEC “ESITO CONTROLLI AUTOMATICI – IL MITTENTE NON HA ACCESSO AL
FASCICOLO”
Riguarda il caso del mancato inserimento dei dati del difensore nel registro
informatico di cancelleria, ad esempio laddove non vengano registrati a sistema
tutti i difensori in delega.
Anche questo genere di anomalia appartiene alla categoria “ERROR”, e la
Cancelleria deve “forzare” manualmente l’inserimento del deposito nel fascicolo,
come previsto dal sistema e dalla circolare sopra richiamata.
Nel caso in cui la Cancelleria, riscontrando un’anomalia di tipo WARN o ERROR,
non accetti il deposito in sede di controlli manuali, inibendo l’inserimento dell’atto
nel fascicolo informatico, vengono inserite, nella quarta PEC, all’atto del “rifiuto”,
delle note che rendano maggiormente comprensibile la ragione del rifiuto, con
oggetto (anche in caso di rifiuto) “ACCETTAZIONE DEPOSITO”, e una descrizione
del tipo: “Numero di ruolo non valido: Procedimento non trovato. Deposito su
Fascicolo errato. Atti rifiutati il –/–/―-”.
EFFETTO DEL RIFIUTO DELLA CANCELLERIA SULL’ATTO DEPOSITATO
La questione è dibattuta tra coloro che sostengono che detto rifiuto travolgerebbe la
“ricevuta di avvenuta consegna” (RdAC) prevista dall’art. 16-bis, comma 7, D.L.
179/2012, la generazione della quale individua il momento cui il deposito telematico
“si ha per avvenuto” e chi invece sostiene che l’azione manuale di rifiuto della busta
inviata telematicamente non può determinare alcun effetto sulla regolarità dell’atto,
che per legge risulta già depositato, ancorché non inserito nel fascicolo (e quindi non
visibile al Giudice e alle eventuali altre parti del giudizio).
Si sostiene che il rifiuto in questa sede sarebbe solo di “inserimento nel fascicolo”, e non
dell’atto in sé: ciò potrebbe dar luogo quindi solo ad un’esigenza di rettifica, ma fatta
salva ogni decadenza nel frattempo eventualmente maturata.
Sarà in ogni caso onere del mittente provvedere ad un nuovo invio (privo dell’errore
che ha generato l’anomalia), che la cancelleria questa volta accetterebbe, e inserirebbe
nel fascicolo.
Ove la lavorazione dell’invio corretto avvenga a termine decadenziale ormai decorso,
sarebbe possibile per l’Avvocato quindi formulare istanza di autorizzazione al deposito
rettificato, alla quale allegare la RdAC relativa al primo invio, chiedendo al Giudice di
dichiarare in ogni caso la validità e tempestività del primo deposito.
E’ discusso se trattasi però di “rimessione in termini”, della quale mancherebbero i
presupposti, in quanto se la RdAC del primo invio conserva la sua validità, la parte non
sarebbe incorsa in alcuna decadenza.
Deposito con indicazione del “Tipo Atto” errata o non specifica
Esempio: si invia erroneamente una memoria “183 n. 1” con il “TipoAtto”
previsto per la “183 n. 2”.
L’indicazione del tipo di atto può essere corretta o resa più specifica in sede
di lavorazione della busta; anzi, l’operatore di cancelleria è tenuto a
rettificare o integrare detta indicazione, ove necessario in caso di
indicazione errata, trattandosi di un errore materiale relativo a dati
accompagnatori rispetto all’atto, che potrà essere tutt’al più affetto da
irregolarità, di carattere meramente amministrativo e da sanarsi d’ufficio.
Nel caso in cui l’operatore di cancelleria “rifiuti” il deposito in questo caso
in sede di controlli manuali, vanno richiamate le considerazioni svolte al
punto precedente (il deposito non può che restare pienamente valido).
CIRCOLARE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 23.10.2015 ART. 7.1
Conseguenze dell’iscrizione della causa in un registro diverso da quello di pertinenza ai
fini del versamento del contributo unificato
Come noto, nell’ipotesi di iscrizione di una causa in un registro diverso da quello di
pertinenza all’interno dello stesso ufficio (ad esempio nel caso in cui una causa di lavoro
venga erroneamente iscritta al ruolo civile), il sistema informatico non consente ancora il
trasferimento del fascicolo telematico dall’uno all’altro registro.
Di conseguenza, nelle prassi locali, sono state adottate varie modalità operative finalizzate
a superare detta criticità e consentire l’effettiva iscrizione del medesimo atto introduttivo,
completo dei suoi allegati, nel ruolo individuato dal Presidente come tabellarmente
competente.
La cancelleria non potrà richiedere il versamento di un nuovo contributo unificato per
tale seconda iscrizione al ruolo (in quanto, come si è visto, nell’ipotesi sopra descritta è
solo avvenuto un passaggio del medesimo atto introduttivo da un ruolo ad un altro dello
stesso ufficio), ma soltanto l’eventuale integrazione dello stesso in conseguenza della
diversità del rito.
IL LIMITE DI 30 MB PER SINGOLO
INVIO
La dimensione massima della busta attualmente prevista per
l’invio telematico di un atto del processo è di 30 Megabyte
(articolo 13, comma 8, del Dm 44/2011 e articolo 14, comma III
delle “Specifiche tecniche” adottate con provvedimento 16 aprile
2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati).
Questo limite deriva dai livelli di servizio stabiliti per la posta
elettronica certificata (Dm 2 novembre 2005, articolo 12,
comma 2), che garantiscono l’invio di un messaggio «per il
quale il prodotto del numero dei destinatari per la dimensione
del messaggio stesso non superi i trenta megabytes».
L’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012 al co. 7, come modicato dal d.l.
n. 90/2014 all’art. 51, co. 2, stabilisce che se il deposito riguarda
file superiori al detto limite debbano essere inviati più messaggi.
CIRCOLARE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 28.10.2014 ART. 6
Ai sensi dell’art. 16 bis comma 7 d.l. n. 179/12, come modificato
dall’art. 51, comma 2, d.l. n.90/2014, laddove il messaggio di
PEC inviato dalla parte al fine di operare il deposito superi la
dimensione massima stabilita dalle specifiche tecniche del
responsabile per i sistemi informativi automatizzati del
Ministero della Giustizia, il deposito degli atti o dei documenti
può essere tempestivamente eseguito mediante l’invio di più
messaggi di posta elettronica certificata, compiuti entro la fine
del giorno di scadenza.
Ne consegue che le cancellerie potranno trovarsi nella
condizione di dover accettare più buste, relative a quello che,
sotto il profilo giuridico, costituisce un unico deposito di atti o
documenti.
ORARIO DI DEPOSITO E PROROGA DEI TERMINI
PROCESSUALI SCADENTI DI SABATO O DOMENICA
CIRCOLARE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 23.10.2015 ART. 6
L’art. 51, comma 2, D.l. n.90/2014 aggiunge, al termine dell’art. 16 bis,
comma 7, d.l. n.179/12, un periodo volto a rimuovere l’incertezza
interpretativa creatasi in merito al giorno in cui doveva ritenersi
perfezionato l’invio telematico alla cancelleria di un atto o documento,
nell’ipotesi di generazione della ricevuta di avvenuta consegna oltre le ore
14.
A seguito della modifica in esame, è stato definitivamente chiarito che “il
deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta
consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza”. La norma in
esame aggiunge, inoltre, che “si applicano le disposizioni di cui all’art. 155,
quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”. In tal modo si
chiarisce che si applica anche all’ipotesi di deposito telematico la proroga di
diritto del giorno di scadenza di un termine, laddove tale termine scada in
un giorno festivo, ovvero, in caso di atti processuali da compiersi fuori
udienza, di sabato.
CIRCOLARE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 23.10.2015 ART. 11
Accesso al fascicolo informatico del procedimento monitorio da parte di
soggetti non costituiti
Poiché gli atti e i documenti del procedimento monitorio devono essere
depositati in forma esclusivamente telematica, va garantita la visione di atti e
documenti al debitore ingiunto oltre che al difensore della parte, munito di
procura, che ancora non abbia iscritto a ruolo l’eventuale causa di
opposizione. Le cancellerie dovranno, dunque, predisporre adeguate modalità
organizzative al fine di consentire alle parti l’esercizio di tale prerogativa. La
mera visione del fascicolo informatico deve ritenersi gratuita, mentre per
l’estrazione di copia e per il pagamento dei relativi diritti varranno le regole
generali.
A tale proposito si segnala che il 25 giugno 2014, la Direzione Generale per i
Sistemi Informativi Automatizzati (DGSIA) ha rilasciato un aggiornamento
delle specifiche tecniche relative al deposito di atti, finalizzato a consentire a
soggetti non costituiti l’accesso temporaneo a singoli fascicoli in via telematica,
eliminando la necessità di un accesso fisico ai locali di cancelleria.