La riforma del 1969
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La riforma del 1969
La riforma del 1969 e il contesto dei primi anni settanta Nonostante gli allarmi lanciati da molti economisti circa la pesante situazione del sistema di welfare e dello scollamento, soprattutto nel settore previdenziale, tra contributi e prestazioni, viene varata la legge n° 153 del 30 aprile 1969, di importanza fondamentale nel nostro ordinamento pensionistico: la riforma Brodolini. 1969. Legge 30 aprile n° 153 Schematicamente, i principi stabiliti dalla legge Brodolini possono così sintetizzarsi: Abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione; Adozione generalizzata della formula retributiva per il calcolo della pensione; quest’ultima non dipende più dai contributi effettivamente versati, che fino a quel periodo venivano contabilizzati almeno in parte, con il metodo “contributivo” 1 ma viene legata alla retribuzione percepita negli ultimi anni di lavoro; sulla “retribuzione pensionabile”, calcolata sulla retribuzione dell’ultimo anno per i dipendenti pubblici (che tuttavia godevano già del metodo retributivo) e degli ultimi 5 anni per i lavoratori dipendenti privati, viene applicato un coefficiente del 2% per ogni anno di lavoro, fino a un massimo dell’80% per 40 anni di attività; in tal modo viene introdotto il concetto che la pensione è un “reddito di sostituzione” del reddito da lavoro. Questa riforma ha lasciato una pesante eredità al sistema pubblico che si è riverberata per molti anni fino alla grande riforma del 1992; L’erogazione di una pensione sociale ai cittadini ultra sessantacinquenni sprovvisti di assicurazione, che non avessero un minimo di reddito; L’istituzione della pensione di anzianità con trentacinque anni di contribuzione pur non avendo raggiunto l’età pensionabile; giova ricordare che intorno all’istituto della pensione di anzianità, che era stato già introdotto una prima volta nel 1965 (legge 21 luglio 1965, n. 903) e successivamente abrogato (D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488), si è svolto gran parte del dibattito recente sulle pensioni; L’estensione all’assicurazione di invalidità e vecchiaia, nei limiti della prescrizione decennale, del principio dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 del c.c. che garantisce il diritto alla pensione del lavoratore anche se i contributi non sono stati regolarmente versati dal datore di lavoro; La perequazione automatica delle pensioni, che consiste nella rivalutazione delle pensioni in pagamento in base all’indice dei prezzi al consumo (in precedenza la rivalutazione avveniva con appositi provvedimenti legislativi). In seguito, a partire dal 1975, la perequazione delle pensioni venne agganciata oltre che ai prezzi anche ai salari consentendo sia una tutela effettiva del valore reale delle pensioni sia del loro valore relativo rispetto ai salari ma comportando anche un aggravio pesantissimo sui conti pubblici; ciò sia per la non correlazione tra contributi versati e prestazioni, sia per le età estremamente basse di pensionamento. Questo doppio aggancio verrà abolito dalla riforma Amato del 1992. Il progressivo rilassamento delle fondamenta attuariali dell’assicurazione sociale (corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni) iniziato dopo la seconda guerra mondiale per nobili motivazioni sociali e per soccorrere una parte della popolazione non più in grado di lavorare, prosegue nonostante il continuo incremento della spesa. Il passaggio da iniziali formule contributive alle nuove retributive assesta un duro colpo alla previdenza pubblica: la pensione cessa gradualmente di essere vista come “ritorno” della contribuzione versata per diventare un meccanismo di prosecuzione della retribuzione, cioè un salario differito, diritto di ognuno; poco importa se a pagare il salato conto saranno le future generazioni coinvolte nel patto intergenerazione dal sistema a ripartizione. Nonostante questa difficile situazione prosegue l’istituzione di altre Casse ed Enti di Previdenza per diverse categorie: dirigenti d’azienda industriali,dipendenti delle Poste e in generale per tutte le libere professioni con albi; anche all’interno dell’Inps vengono istituite una pluralità di gestioni speciali. Tutte le gestioni presentano condizioni molto piùfavorevoli rispetto al fondo dei lavoratori dipendenti con la relativa proliferazione di regole e privilegi di categoria sponsorizzati dai sindacati di settore. Nasce la cosiddetta “giungla pensionistica”.