Un vigneto nuovo... di 100 anni
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Un vigneto nuovo... di 100 anni
Anno 1 - N° 2 - Giugno 2016 Un vigneto nuovo... di 100 anni Abbiamo molto riflettuto sulla necessità, graduale, di poter aumentare la nostra produzione. Dopo una lunga ricerca e aver visto diverse particelle di terreno, la nostra scelta è - convintamente - andata verso una vigna posta in strada Cavallara, molto vicino a Monzambano, ma facente parte il comune di Cavriana. La vite, un tempo, era solo uno degli alberi coltivati in un campo, pertanto non era importante la forma di crescita che veniva a formarsi Frazionare l'impegno tra Ponti sul Mincio e questo "nuovo" vigneto non è stata una scelta semplice. Da un lato vi era la legittima idea di espandersi in zone limitrofe, dall'altra la radicata convinzione che i vigneti non sono tutti uguali, ma frutto di esposizioni, vitigni, portainnesti e soprattutto terreno, diversi. Ci siamo fatti guidare dal cuore, sapendo che il tempo avrebbe giustificato anche con ragione la nostra decisione. Sette o otto chilometri sono poca cosa per le distanze a cui oggi siamo abituati, ben diverso è il discorso quando si tratti di organizzare la gestione del vigneto. Non vi erano pali di sostegno, gli aberi come i faggi, olmi e mandorli, venivano utilizzati come supporto per le viti. Ma ne vale la pena. Mi sono detto che la strada intrapresa era da percorrere fino in fondo. Se si vuole il massimo, non è prendendo in affitto il vigneto del proprio vicino, ma riflettendo sul massimo che un terroir possa offrire. Anche a costo di complicarsi la vita. Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine conferendo complessità alle uve e, successivamente, al vino. Sulla dorsale più inclinata troviamo una bella distesa di Merlot a cordone speronato, con 5 o sei gemme per pianta. Ci ha convinto particolarmente l'esclusione dei portainnesti classici della zona, ovvero il Kober o l’ SO4. Supporti che rispondevano a situazioni lontane, dove la quantità era l'unico parametro da seguire. Proseguiremo la nostra impostazione di non superare i 50 quintali per ettaro di uva fresca, al fine di avere prodotti eccellenti, dalle grandi caratteristiche organolettiche, escludendo ogni forzatura in cantina, ovvero la completa esclusione della chimica di sintesi e della temperatura controllata. Il grande capolavoro, "coup au coeur" viene però dal vigneto limitrofo, con le medesime condizioni di terroir: siamo di fronte ad un vero "phanteon" della viticultura gardesana. Una specie di grotta di Altamira del vino morenico: come il ritrovamento della stele di rosetta della viticoltura del basso Benaco. Il nuovo vigneto di Merlot a 175 metri di altezza. Nessun tipo di diserbo, qui in piena fioritura di tarassaco Un vigneto perfettamente integro impiantato nel 1922! Eccoci all'inizio di un nuovo progetto, altrettanto entusiasmante, quello di valorizzare due particelle diverse, accomunate da un'esposizione a pieno Sud, per cui diverse da quelle di Ponti sul Mincio. Siamo a 175 metri d'altezza, una delle più alte colline della zona, da un lato la chiesa parrocchiale del paese, dall'altro si scorge l'immancabile presenza del monte Baldo oltre la torre di San Martino ed un lessico ininterrotto di dolci gobbe moreniche, ed ancora più in fondo, alla fine dello sguardo tutta la dorsale delle alpi: il paesaggio è un elemento fondante in agricoltura biodinamica. Il terreno è perfettamente argilloso, creta bianca arida e molto compatta, sempre asciutta e davvero poco fertile, posto sulla vetta della collina provoca condizioni termiche ed idriche molto accentuate. La grande pendenza enfatizza i raggi solari, risultando una zona arsa dal sole, foriera di temperature estive altissime e di altrettanti sbalzi termici notturni, non appena il sole tramonti dietro la successiva collina. Questi giochi di coni d'ombra mutano repentinamente le temperature, specie d'estate o in pieno inverno, Vite piantate nel 1922 Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine Non esistevano veri "filari" e la distanza tra le file era assai ampia in quanto veniva coltivato nel mezzo. Proprio come un campo di grano o erba medica destinata alle colture seminative. Non si sprecava neppure un millimetro di terra! Inconsapevolmente, ma con la saggezza, la quale è dote assai più alta del sapere stesso, questa disposizione conferiva molta qualità alle uve, immergendo tutto il coltivato in quella che oggi chiamiamo "biodiversità", ponendo in seria competizione le varie specie. Le vigne erano intervallate a gruppi di 5 o 10 da un albero, spesso un faggio o un mandorlo, supporti vivi per il proto-filare. Frequenti erano le "alberate" ovvero le viti "maritate ad una pianta", manifestando la vera natura ampelografica dell'uva, ovvero quella d'esser una specie appartenente la famiglia delle liane. Tutta questa realtà è ancora presente in quella porzione di vigneto su in collina, sulla cima d'un monte d'argilla Le piante di vite venivano moltiplicate sotterrandone i sassosa esposto a Sud, avremo maniera di parlane rami, quindi si formava un nuovo albero, non innestato, diffusamente, per ora gustatevi queste immagini. a piede franco Un miracolo per il quale vogliamo qui ringraziare tutti coloro che da quasi un secolo, con passione e dedizione, se ne occupano. Generazioni di agricoltori di cui non conosciamo più il nome, gente che idealmente fa da ponte con l'antichità dell'enologia, la quale riappare sotto i nostri occhi con vigne secolari e - udite udite - a PIEDE FRANCO. Ora è presto per determinare con precisone i vitigni, anche se pare abbastanza confermata, cosi come correttamente accatastato presso il registro vinicolo nazionale - la presenza di Trebbiano, Bianca Fernanda (Cortese) e Rossanella. Di più non possiamo dire in questa fase, perché la In questa immagine si può notare la grande ampiezza dei stagione non ancora avanzata non permette di andare filari, i quali erano utilizzati come campo seminativo per nel dettaglio, è certa la presenza di vitigni ormai l’erba medica, il grano o più recentemente il mais scomparsi e che speriamo d'aver la forza di poter salvare. E salvaguardare. Non sorprenda il lettore questa pluralità, o meglio incertezza, nel descrivere i cultivar presenti in questo lembo di bel terroir morenico, infatti un tempo, fino alla seconda guerra mondiale, i vigneti non venivano piantati per monovitigno, così come facciamo ora. Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine Terroir Seconda parte Gli scogli nel vigneto Se dovessimo riscontrare direttamente la complessità lapidea dei terreni morenici, dovremmo aspettarci vini “verticali”, di grande complessità minerale. Invece sappiamo bene che le cose non sono così, infatti la rotondità unita al buon corpo sono le caratteristiche salienti del nostro terroir. Eppure la miscela caotica di sassi composta da granito, quarzo, dolomite, calcare, pietra e marmi di vario genere non è portatrice di quei toni sfaccettati che possiamo trovare in molte altre zone di vocazione. Il fatto è che non vi è alcun parallelo diretto tra la Carattere tufaceo di alcune pietre, memoria di passata presenza d’acqua composizione dei terreni e il gusto del vino. Sia ben chiaro: la terra è determinante nel bouquet e nella genesi delle componenti olfattive e gustative del vino, ma non c’è alcuna correlazione diretta tra il contenuto della bottiglia e il contenuto del terreno. I gusti e i profumi del vino sono generati da una somma davvero complessa di fattori. Del resto lo stesso termine “minerale” è entrato in uso in tempi piuttosto recenti e - consultati molti esperti non trova davvero una definizione comune. Alcuni sovrappongono tale significato con quello che un tempo veniva descritto, sensorialmente, come “canna di fucile”: a riguardo è interessante ricordare che in francese, questo aroma, è denominato come “pierre à fusil” (letteralmente: pietra da fucile). Il dizionario del vino cosi lo descrive: “cet arôme associé à la minéralité (silex chauffé), au fumé (poudre brûlée)”, ovvero “questo aroma associato alla mineralità (selce scaldata), al fumé (polvere bruciata)”. E in effetti se volessimo farci un fuoco sfregando due pietre, otteremmo strane esalazioni simili all’odore dello zolfo e della polvere da sparo. Il Merlot a Cavriana. Come si può notare la sommità del monte è la meno fertile: la migliore Altri, ancora, identificano la mineralità con l’acidità, quasi che un vino tendente “all’amabile” non possa esprimersi con note minerali. Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine La presenza di argilla è indice di bassa fertilità, un terreno con ph fortemente alcalino, ideale per la vite, l’ulivo e il fico La prevalenza di sassi rispetto all’argilla, tipicità morenica che dona corpo e rotondità ai vini I Reasling della Mosella, alfieri di tale caratteristica, La buona disponibilità di fosfati apporta ulteriore anche se talvolta vinificati con molti residui di anaerobiosi del terreno: le viti si sforzano di più per zuccheri (ad esempio quelli con predicato Kabinett o compiere il loro ciclo vitale. Spatlese) conservano bene la loro spina acida. Parafrasando un’espressione dialettale: le viti si I vini rossi morenici hanno normalmente un buon sforzano di più per “respirare”, ed il risultato di questo corpo coniugato a note tendenti ai profumi di frutti processo è il corpo dei vini al quale alludevamo prima. blu, ed i bianchi esprimono spesso le note floreali: una condizione succulenta che pare inspiegabile In questo sforzo di vita si avvia un’attività di alla luce delle moltissime pietre disseminate tra le concentrazione polifenolica, specie sui rossi, che nostre colline, ulteriore conferma della mancata porterà i vini a caratterizzarsi per dei tannini piuttosto tondi. I sentori di mora e mirtillo derivano da questi corrispondenza tra terra e risultati vinicoli. scambi fisici, portando a naturale esaltazione vitigni Dunque come si generano le caratteristiche del Garda come Merlot e Cabernet, i quali anche in affinamento Colli Mantovani? Una spiegazione va individuata nel mantengono il loro caratteristico Rosso Rubino, rapporto tra sassi e terra, rapporto che nelle nostre esaltando tutta il potenziale fruttato della Rondinella. colline è quasi paritario, se non addirittura favorevole È pertanto con sforzo che le nostre vigne ci consegnano alla componente sassosa. i vini del Garda. Lo sforzo della pianta è disposizione Il silice di derivazione organica è quasi assente, necessaria se il nostro intento è quello di produrre mentre trionfano argille ed altre componenti gessose: qualità. Lo stress è altro argomento, ma a nostro è un terreno poco permeabile all’aria, che in assenza avviso la vite nasce per adattarsi anche a terroir di di acqua diventa duro ed asfittico (ricordiamo che fino scarsa sostanza orgniza come il Garda (ma pensiamo alla fine degli anni ‘60 non vi era irrigazione e per alle crete senesi... forse che il Brunello e ancor più il Nobile di Montepulciano non siano grandi prodotti?). nostra filosofia da Josef non si irriga la vigna). Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine A mio modesto parere genera molto più stress alla vigna l’uso della chimica di sintesi. Quando s’introducono direttamente nella linfa della pianta prodotti sistemici, oltre all’alterazione del ciclo naturale della pianta, andiamo a compiere un atto contrario alla complessità gustativa dei vini. Insomma ogni alterazione agronomica è un’illusione all’estetica gustativa nel vino. I molti sassi dei Colli Morenici sono come scogli nel vigneto, senza contare che molta parte di essi, hanno caratteristiche di pietra tufacea e con il mare sono strettamente imparentati, ricordandoci il tempo in cui le nostre alture erano sommerse dal ghiacciaio, prima, e dalle acque del suo discioglimento, poi. Il caos geologico che ritroviamo sotto i nostri piedi mentre camminiamo le vigne moreniche è testimonianza del complesso percorso da cui i terreni sono stati generati. Ma il rapporto tra la parte gessosa e quella lapidea (pietre), è il vero responsabile di quasi tutte le caratteristiche che ci fanno riconoscere i nostri vini. Tutto il resto lo fa il Sole. Una pietra bianca ricca di gesso, componente maggioritaria nei terreni dei colli mantovani Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine Garganega 2015 Un brut nature dalle argille del Benaco I vini frizzanti sono stati sdoganati da un consumo trasversale, ed è venuto il momento di ragionarci sopra. Non volevamo fare un bianco qualsiasi, ed i nostri sforzi in cantina erano rivolti alla preparazione del Rubino. Detesto la definizione "bollicine", un vezzeggiativo che non riconosce merito al processo, complesso e delicato, che porta alla preparazione di un vino rifermentato. Se da un lato fa piacere il ritrovato interesse per i "metodo classico", i frizzanti sono ancora chiusi in un limbo intermedio, complice il fatto che larga parte del pubblico non sappia la diversità tra una bolla e l'altra. Eppure vi è un abisso tra le varie definizioni in un "vin pétillant". E dietro ogni definizione c'è una storia molto lunga. Progettare un Metodo Classico in questa fase iniziale era da escludere. Un grande spumante necessita di due cose: un luogo di stoccaggio ed affinamento particolare ma, soprattutto, tanti anni di riposo. Molto più in linea con il nostro percorso è un vino fermentato con i propri lieviti indigeni che svolge un'ulteriore fermentazione (detta rifermentazione) in bottiglia. Un vino frizzante di antica tradizione, anche se a me piace pensare che sia l'unico metodo possibile per la presa di spuma. Non amo i grandi tank di forzatura, le bolle devono formarsi l'una diversa dall'altra nella singola bottiglia. Questo ci permetterà di esprimere l'identità del territorio gardesano e morenico (come non ricordare a tal proposito i bianchi di Custoza, il lato sinistro del Mincio!). I Colli sono sempre stati identificati con vini di grande freschezza, disinvolti ed al tempo stesso adattabili in qualsiasi situazione. Ed io ho voluto inserirmi in questo solco, ma l'ho voluto fare con il mio singolo punto di vista. Sarà una Garganega in purezza, coltivata a Ponti Sul Mincio con esposizione nord (finezza): nel pieno dei rilievi argillosi. In questo millesimo abbiamo tenuto una resa davvero bassa (circa 35 q/ha d'uva). Il risultato è un vino di grande corpo, con profumi che evolvono. E' dotato in una particolare "spina acida" che lo accosta in maniera eccellente alle crutites di mare cosi come ad ogni cibo schietto, ad esempio i predatori d'acqua dolce: il luccio, il persico e la trota. Il vitigno potrebbe ricordare a qualcuno il ben più importante, commercialmente parlando, vino Soave. La differenza di terroirs incide molto sui vini che se ne ricavano: minerali le garganeghe vicentine, rotonde e fruttate quelle gardesane. Ponti sul Mincio - www.j osefwine.it - [email protected] - + 39 338 6281568 - www.facebook.com/josefwine Nessuna filtrazione per preservare quel legame con la storia, la terra ed il paesaggio che la parte in sospensione può esprimere. Un brut nature allevato a cordone speronato, rivolto verso il massiccio del Baldo, ad un paio di km dalle acque del Benaco. Applicando l'agricoltura Biodinamica, ci siamo messi in frequenza - anche noi - con il rimo dei pianeti. Coltivando nei momenti indicati, senza lasciare al caso proprio nulla, guardando ogni componente del campo come qualcosa di utile e connesso. Mentre assaggio nuovamente la Garganega 2015, penso di aver fra le mani un prodotto antico e poco conosciuto, il quale ha ambizioni grandi e umili al tempo stesso: ricordare i prati morenici ed il vento che vi spira appena finito il temporale. Al prossimo numero del magazine di Josef! 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