COMUNICATO STAMPA - Andamento dei prezzi e inflazione

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COMUNICATO STAMPA - Andamento dei prezzi e inflazione
Andamento dei prezzi, inflazione
e conseguenze sociali
Approfondimento a cura dell'ufficio Studi della Camera di commercio di Grosseto
Grosseto, 3 settembre 2008 L’argomento aumento dei prezzi da qualche tempo è uscito dalle chiuse
stanze dei centri studi per ricorre con inusuale frequenza sui mass media e tra la gente comune. Per questo
motivo è senz’altro utile approfondire, in modo più pratico che scolastico, alcuni aspetti dell’inflazione,
cioè dell’aumento generale e sostenuto dei prezzi, ed in particolare di quella che in questo periodo vive il
Paese.
Da una lettura degli aridi numeri diffusi l’11 agosto dall’ISTAT risulta tuttavia evidente chel’inflazione
non punisce tutti alla stessa maniera; vediamo perché.
Nell’ultimo anno (indice luglio 2008 rispetto all’indice luglio 2007) i prezzi al consumo sono aumentati del
4%, un valore di gran lunga superiore alla inflazione programmata (+1,7%).Un aumento di identica entità
si rileva considerando i prezzi relativi ai consumi tipici delle famiglie degli operai e impiegati (utilizzato per
le rivalutazioni monetarie, affitti ecc.). Qualcuno d’istinto potrebbe dire che il peggioramento c’è stato e
ha colpito tutti in modo uniforme; in realtà le cose sono un poco diverse.
La crescita dei prezzi: colpiti soprattutto i consumi quotidiani
Infatti, passando dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) all’analisi
dell’andamento dei prezzi dei diversi generi che concorrono al calcolo di tale indice, rileviamo che gli
aumenti hanno interessato molto di più i consumi quotidianidi quelli che avvengono più raramente o che
non riguardano beni di prima necessità.
Gli incrementi tendenziali (cioè confrontati ai prezzi dello stesso mese dell’anno precedente, in questo
caso luglio 2008 rispetto a luglio 2007)più elevati si sono infatti registrati nelle spese per abitazione,
acqua, elettricità e combustibili (+ 8,6% su base annua, cui si aggiunge un + 3,0 % nel settore mobili e
servizi per la casa), prodotti alimentari e bevande analcoliche (+ 6,3%) e trasporti (+ 7,1%).
Nello specifico, per quanto riguarda l’alimentazione, viene colpita la “dieta mediterranea” – pane,
pasta, verdura – da sempre consigliata per motivi di salute e di risparmio.
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In particolare nei bilanci delle famiglie a reddito più modesto, questi aumenti non possono essere
compensati dalla contenuta crescita dei prezzi dei servizi ricreativi e culturali (+1,3%) o
dell’abbigliamento e calzature (+1,8%) e neppure dalla diminuzione dei prezzi nel settore
“comunicazione”, in cui non sta solo la bolletta del telefono, ma il prezzo dei cellulari e dei computer: beni
che non si comperano (se si comprano) tutti i giorni e che, nel caso dei computer, non sono ancora
presenti in oltre la metà delle famiglie.
La percezione dell'inflazione
Il fatto che gli aumenti dei prezzi interessino soprattutto i beni di uso quotidiano può, in parte,
spiegare perché nella percezione della gente comune è diffuso il convincimento che l’inflazione è
molto più alta di quella rilevata in media. Chi fa la spesa tutti i giorni, od anche come sempre più spesso
accade una volta la settimana, ha un costante monitoraggio del prezzo del pane, della pasta, del latte, della
verdura, del detersivo, del caffè, del biglietto dell’autobus, del litro di benzina e così via. Grosso modo, è
in grado di dire quanto spendeva per gli stessi acquisti un mese o un anno fa; ciò non avviene invece per il
prezzo del cellulare o del televisore, tanto più che di questi ultimi prodotti cambiano velocemente
tecnologia e opzioni. Per questi motivi il confronto è più difficile ed inoltre , purtroppo, non si tratta solo
di percezione.
Aumenti dei prezzi così concentrati sui consumi quotidiani e di prima necessità non colpiscono tutti
alla stessa maniera ed in modo proporzionato. Chi più subisce tale situazione sono le famiglie a
reddito più modesto, con un bilancio già in partenza largamente destinato per far fronte ai bisogni
essenziali e quotidiani; a tali famiglie, indipendentemente dalla loro volontà, rimane ben poco (per non
dire niente) per i consumi culturali e di tempo libero e meno che mai per il risparmio.
Forse, per qualcuno, questi aumenti potranno anche innescare processi virtuosi di razionalizzazione e
contenimento degli sprechi ma è pur vero che certi strumenti di contenimento dei costi non sono sempre
alla portata di chi ne avrebbe più bisogno: gli hard discount (e qui si potrebbe aprire un discorso sulla
qualità…) non sono presenti nei piccoli centri e non sempre sono vicino casa; una dieta insieme nutriente
e poco costosa richiede più ricerca e tempo di una fettina veloce; chi vive da solo, come capita
forzatamente a molti pensionati a basso reddito, non può beneficiare degli sconti sul prezzo unitario (quali
i 3x2) e cosi via.
Riduzione dei consumi di base e del risparmio
Le famiglie con i bilanci compressi e vincolati dovranno allora tagliare dove possono nei consumi di
base: magari non mandando il bambino alla gita scolastica; non iscrivendo i figli alle scuole superiori fuori
comune, perché il costo dello stare fuori casa o del solo abbonamento all’autobus è troppo elevato; oppure
non andando dal dentista se non quando è troppo tardi; ecc. Infine avranno ancor meno di prima capacità
di risparmio, con ciò divenendo ancora più esposti alle emergenze impreviste che pure sono sempre in
agguato.
In buona sostanza la questione dei prezzi, così come quella dei salari, sta divenendo una questione non
solo di parametri economici ma anche di emergenza sociale. Una emergenza che investe categorie sociali
per le quali l’eliminazione dell’ICI sulla prima casa ha avuto un forte impatto simbolico e poco più. Di più
intensa ricaduta sarebbe invece una azione correttiva dei meccanismi di calcolo dell’andamento dei prezzi
accompagnata da interventi di politica sociale. Ma qui il discorso interessa altri ambiti.
Avvertenze
Le rilevazioni correnti sui prezzi al consumo svolte dall’Istituto nazionale di statistica danno luogo ad un sistema di indici
costituito da:
-indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC);
-indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (FOI);
-indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Ue (IPCA).
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I due indici nazionali, espressi entrambi in base 1995=100, sono calcolati anche al netto dei consumi dei tabacchi.
Nel mese di luglio 2008 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività comprensivo dei tabacchi è stato
pari a 137,8, registrando una variazione di più 0,5 per cento rispetto al mese di giugno 2008 e una variazione di più 4,1 per
cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; al netto dei tabacchi l’indice nazionale dei prezzi al consumo per
l’intera collettività, pari a 137,2, ha presentato nel mese di luglio 2008 una variazione congiunturale di più 0,4 per cento e
una variazione tendenziale di più 4,0 per cento.